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Profili della «risoluzione» nella emptio venditio e nella locatio conductio rei

Letizia VACCA

1. Alcune recenti dcerche sull'evoluzione dell' ambito di applicazione dell' actio empti1 mi hanno portato a ritenere che la giurisprudenza classica, mediante la determinazione concreta dei criteri del bonum et aequum, che reggono la vendita consensuale sinallagmatica e il relativo iudicium, sia giunta alla individuazione dei principi che re go lano le conseguenze dell'inadempimento, non solo sotto il profilo della responsabilità soggettiva del venditore, ma an-che sotto un profilo riconducibile alla problematica della ripartizione del ri-schio e ali' attuazione oggettiva delle implicazioni della sinallagmaticità, con riferimento sia al momento genetico sia al momento funzionale del rapporto, con una costruzione dommatica molto più am pia e più significativa di quanto la dottrina tradizionale ritenga2.

1 V. VACCA, La garanzia per evizione e le obbligazioni del venditore ne! sis tema romano e ne! sistema del codice civile italiano, in Scintillae iuris, Studi in memoria di G. Gor/a, II, Milano 1991, 1135 ss.; ID., Sulla responsabilità «ex empto» del venditore ne! casa di evizione seconda la giurisprudenza tarda classica, in Seminarios complutenses de derecho romano, 7, 1995, 297 ss.; ID., Ancora sull'estensione dell'ambito di applica-zione dell'«actio empti» in età classica, in corso di stampa in Jura, 45, 1994. Questi studi sono stati ripubblicati in Vendita e trasferimento della proprietà nell a prospettiva storico comparatistica. Materiali per un corso di diritto romano, a cura di L. VACCA, Torino 1997, rispettivamente 266 ss., 193 ss. e 221 ss. 1 richiami che seguono nella indicazione delle relative pagine fanno peraltro riferimento alla prima citazione.

2 Si deve soprattutto all'ampio respiro scientifico di Bruno Schmidlin e alla sua sensibi-lità insieme di storico e di giurista l'iniziativa e l'organizzazione scientifica di un re-cente Congresso dell' Aristec, (Associazione per la ricerca storico-comparatistica) sul tema «Le contrat inexécuté réalité et tradition du droit contractuel européen» -Genève 24-27. 9. 1997 (gli Atti sono in corso di stampa per i tipi dell'editore Giappichelli). Nella relazione tenuta in quella sede su «Risoluzione e sinallagma con-trattuale ne/la prospettiva della giurisprudenza classica» ho concentrato le mie osser-vazioni soprattutto sui problemi connessi all'inadempimento del venditore, in quanto la compravendita rappresenta indubbiamente il paradigma più complesso e ancora oggi più discusso nella dottrina romanistica dai punto di vista delle implicazioni della interdipendenza delle obbligazioni non solo ne! momento genetico, ma anche ne! mo-mento della esecuzione del contratto. Le conclusioni allora raggiunte in materia di rilevanza del principio sinallagmatico nella tutela processuale della emptio venditio che qui richiamo brevemente in quanto necessarie a chiarire il quadro di riferimento

LETIZIA VACCA

Come è noto, il principio consolidato ag li inizi dell' età classica vu ole che non si configuri responsabilità del debitore, nel senso che l'azione non puà essere utilmente esperita, laddove la sopravvenuta impossibilità dell' adempi-mento non sia «dipesa da lui». Questo principio era stato elaborato nell'am-bito delle le obbligazioni unilaterali di dare3, e viene inizialmente utilizzato anche nell'ambito delle obbligazioni bilaterali che comportino l'obbligo di

«darefacere praestare». L'estinzione di una obbligazione per l'impossibilità incolpevole della prestazione, con il conseguente venir meno della tutelabilità della pretesa del creditore, secondo la soluzione più antica non puà infatti incidere sulla vita dell'obbligazione corrispettiva, che è tutelata da azione autonoma.

Peraltro nel corso dell'età classica il rigore di questo principio venne in moiti casi attenuato4. Soprattutto a partire dalla giurisprudenza adrianea e in delle osservazioni che seguono- mi inducono ad estendere ora l'indagine alla locatio conductio, limitandomi per il momento alla problematica riconducibile allo schema della locatio conductio rei, che costituisce peraltro il contratto in rapporto al quale, secondo la stessa dottrina romanistica, i giuristi avrebbero individuato con maggiore chiarezza le implicazioni del cd. sinallagma funzionale.

3 Su questa Iinea evolutiva v. CANNATA, Sul problema della responsabilità nef diritto privato romano, Jura, 43, 1992 (ma 1996), 1 ss. e Jura 44, 1993 (ma 1997), 1 ss.

4 Gradualmente, e con riferimento a casi particolari, emergono infatti delle ipotesi in cui il bonum et aequum, quale criterio tecnico che impone la tutela dell'equilibrio delle obbligazioni contrattuali negli iudicia bonae ji dei, determina, secondo 1 'interpretatio giurisprudenziale, la necessità di salvaguardare il principio della corrispettività delle prestazioni anche laddove la prestazione del debitore sia divenuta impossibile per cau-sa a lui non imputabile: cosl, per esempio, in materia di compravendita, Celso (Pomp.

D.21,2,29 su cui VACCA, Sulla responsabilità cit., 302) con una motivazione che si ricollega esplicitamente al carattere di buona fede dell' iudicium empti, corregge la pre-cedente soluzione più rigi da di Nerva, secondo il quale, in caso di concursus causarum, avendo il compratore acquistato l'habere licere del bene, sia pure ex ali a causa, il venditore avrebbe potuto conseguire con 1 'actio venditi il pagamento del prezzo; proba-bilmente si deve invece a Giuliano, che anche in questo caso motiva la sua soluzione con la particolare natura di buona fede del iudicium empli, 1 'enunciazione del principio che permette al compratore, che abbia acquistato il bene ex alia causa, non solo di essere assolto nell' actio venditi, ma anche, ne! caso il prezzo si a stato pagato preceden-temente, di recuperarlo con 1 'actio empti (lui. D.30, 84, 5 su cui VACCA, Sulla respon-sabilità cit., 299 ss.) In questo caso, peraltro, l' actio empli viene concessa espressa-mente solo per l'ammontare corrispondente al prezzo pagato, analogaespressa-mente a quanto avverrebbe, dice ancora Giuliano, ne! caso il compratore avesse subito evizione. Nel-l'ambito della compravendita, a partire dalla giurisprudenza adrianea, appare quindi chiaramente delineato, almeno in relazione ad alcuni casi particolari, il principio del sinallagma funzionale, che vuole che, ove la prestazione del venditore sia divenuta impossibile, senza sua colpa, per evizione o per acquisto ex alia causa, non solo egli non possa esperire utilmente l'azione contrattuale diretta ad ottenere la prestazione corrispettiva, ma, ne! caso questa sia stata già eseguita, il compratore possa utilizzare l'azione contrattuale al fine di ottenere la condanna del venditore ad una somma di

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particolare grazie alle articolate soluzioni di Giuliano, nell'ambito dell'interpretatio prudentium emerge una sensibile rilevanza della causa sinallagmatica del contratto di compravendita e delle sue implicazioni nel momento della esecuzione del contratto. Sul piano sostanziale, questa rilevanza viene ad incidere non sulla validità del contratto, ma sui suoi effetti, per il riflesso del modificarsi del contenuto dell'azione contrattuale, che si evolve sia nel senso di non poter essere utilmente esperita- in determinati casi indi-viduati casisticamente- perla controprestazione ( ovvero, nel caso questa sia stata già eseguita, poter es sere utilizzata per la sua ripetizione) ove la presta-zione del creditore risulti a sua volta inadempiuta ( o adempiuta con modalità che incidono in modo essenziale sul soddisfacimento dell'interesse della con-troparte ri levante a live llo della causa contrattuale tipi ca) si a, infine, nel sen-sa di poter essere esperita per «risolvere» il contratto già eseguito da en tram-be le parti, ripristinando la situazione economica antecedente al contratto5.

denaro equivalente al prezzo pagato, in altri terrnini alla restituzione del prezzo, ripri-stinando l'equilibrio patrimoniale fra le parti in conformità alla buona fede, il che equi-vale a dire eliminando gli effetti del contratto. Queste soluzioni non sono peraltro circo-scritte ai soli casi di concursus causarum e di evizione: da alcuni testi giurisprudenziali (su cui in part. v. VACCA, Ancora su/l'estensione cit.) risulta infatti che l'actio empli viene concessa anche in relazione ad altre fattispecie, in cui, analogamente ai casi pre-cedentemente considerati, non configurandosi un inadempimento imputabile al vendi-tore sulla base dei criteri di responsabilità soggettiva, acquista autonomo rilievo l' esi-genza di tutela del compratore ove si configuri la lesione oggettiva del sinallagma contrattuale. V. ancora infra.

5 E' afferrnazione comune nell a dottrina romanistica (v. da ult. T ALAMANCA, v. Vendita in generale: a) Diritto romano in EdD, 46, 1993, in part. 393 ss. e lett. ivi cit.) che, pur essendo emerso in alcune soluzioni giurisprudenziali il paradigma della risoluzione sia per impossibilità sopravvenuta, sia per inadempimento, in cui si evidenzia il legame di sinallagmaticità funzionale presente nelle prestazioni relative ad alcuni contratti bilaterali, cio non implichi una utilizzazione consapevole e generalizzata di questi schemi concettuali. La dottrina dominante sembra infatti orientata a ritenere che l'emersione di questi principi sia rimasta in età classica circoscritta al campo della locatio conductio rei, mentre sia nella locatio operis ed operarum sia nella emptio venditio i giuristi classici non sarebbero giunti ad individuare una vera interdipendenza delle prestazioni:

cosi, per esempio, il CERAMI, v. Risoluzione, Il, Risoluzione del contratto: a) Diritto Romano, in EdD, 40, 1989, 1293 ss., rileva che nella compravendita classica la pura e semplice bilateralità contrattuale non legittima la risoluzione per inadempimento. Le prove sarebbero: a) il principio periculum rei venditae; b) il frequente ricorso alla lex commissoria; c) la risalente indipendenza delle obbligazioni del venditore e del com-pratore; d) il fatto che an cora in età dioclezianea l' actio venditi e 1 'actio empti (cfr. C.4,38,8; C.4,44,12; C.4,49,6; C.4,64,12) possono essere esperite in caso di inadempimento della controparte solo per ottenere la controprestazione e non per otte-nere la risoluzione del contratto. Devo preliminarrnente rilevare - al fine di chiarire il mio angolo visuale -che l'elemento riferito sopra sub d), che costituisce il cardine dell'idea che i giuristi romani abbiano costruito i problemi dell'inadempimento

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Indubbiamente, rispetto alla prospettiva dei giuristi romani puo risultare del tutto sovrastrutturato e in qualche misura fuorviante il tentativo di trac-ciare un netto confine fra le soluzioni giustificate dalla individuazione di una responsabilità soggettiva del convenuto, ovvero giustificate da principi ispi-rati a particolari regole di ripartizione del rischio contrattuale, ovvero ancora giustificate da criteri analoghi a quelli che nelle legislazioni moderne re go la-no la risoluzione del contratto6• Ho infatti avuto modo di rilevare7 come la circostanza che la tutela del creditore in determinati casi in cui l' inadempimento non è imputabile al debitore emerga nella prospettiva dell'ambito di applica-zione dell'aapplica-zione contrattuale8 porta indubbiamente i giuristi romani a co-struire i problemi relativi all 'aspetto oggettivo della mancata realizzazione della causa sinallagmatica pur sem pre come problemi concementi la rispon-denza processuale del debitore nell'ambito dell'azione per l'inadempimento9;

esclusivamente nella prospettiva della responsabilità soggettiva e non in quella delle conseguenze dell'inadempimento sul rapporto contrattuale sinallagmatico, mi sembra risenta di un equivoco, dovuto ad un'impostazione in termini più vicini alla normativa e alla dommatica moderna- che distinguono nettamente l'azione volta ad ottenere I'adempimento dall'azione volta ad ottenere la risoluzione del contratto- che alla problematica concretamente posta dalle fonti giurisprudenziali classiche e agli stru-menti concettuali di cui i giuristi si servono per pervenire alle soluzioni. V. ancora infra.

6 Su cui v. le importanti risultanze del Congresso di Ginevra cit. supra, nt. 2; per quanto riguarda in particolare le soluzioni normative del Codice Civile italiano v. infra, § 6.

7 V. VACCA, Sulla responsabilità cit., 297 ss.; ID., Ancora sull'estensione cit. passim.

8 E 'utile sottolineare che, come è peraltro ben noto, la prospettiva dei giuristi romani è una prospettiva prevalentemente processuale, ne! senso che la rappresentazione del contenuto e della vita delle obbligazioni nell'età classica non puà che essere indotta dai giurista modemo dalle soluzioni proposte dai giuristi in termini di ambito applicazione delle relative azioni e di determinazione delloro contenuto. Va anche considerato che il giurista classico, a partire dall 'età adrianea, opera in un sistema di «tipi cita» delle azioni contrattuali, per cui di norma, a fronte dell'emersione di nuove e più evolute esigenze di tutela, non puo ricorrere alla creazione di una nuova azione, ma deve via via individuare i casi che possono rientrare nella sfera di applicazione di quelle esistenti neii'Editto, coerentemente al tenore della relativa formula.

9 Nelle fonti del periodo classico non mi sembra peraltro affiorare nelle soluzioni giurisprudenziali una consapevole differente costruzione dommatica in relazione ai casi in cui il debitore è tenuto con l'azione contrattuale per l'inadempimento di una presta-zione ancora possibile (tutela di un rapporto di debito) e in relapresta-zione ai casi in cui, pur essendo divenuto impossibile l'adempimento, il debitore viene considerato tuttavia espo-sto all'azione (tutela di rapporto di responsabilità): in entrambi i casi, la questione posta è se, ne! momento in cui viene esperita l'azione, risulta I'esistenza di un'obbliga-zione a carico del convenuto, permane cioè il dovere della prestaun'obbliga-zione; se risulta, il convenuto dovrà essere condannato al quidquid dare facere praestare oportet ex fide bona. L'azione è in entrambi i casi un'azione volta a far valere la responsabilità per l'inadempimento, responsabilità che intesa in senso processuale non significa altro che

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nei differenti casi di impossibilità della prestazione il problema che si pone è que llo di stabilire non solo se, ma anche in quale misura la pretesa dell' attore sia tutelabile con l'azione contrattuale in relazione al contenuto tipico del-l' obbligazione del convenuto e alle circostanze che hanno determinato il man-cato adempimento10; in questo ambito viene introdotta la distinzione frai casi in cui l'impossibilità è determinata da un contegno doloso o colposo del de bi-tore, al momento della conclusione del contratto o al momento della sua ese-cuzione ed i casi in cui l' impossibilità non di pende da un a condotta «riprove-vole» del debitore. In relazione a questa seconda ipotesi si tratta di distinguere i casi in cui comunque la particolare struttura del rapporto obbligatorio ri-chiede che il debitore inadempiente debba considerarsi «tenuto» con l' azione contrattuale a rispondere del detrimento patrimoniale subito dal creditore in-soddisfatto, ed in rapporto a quali parametri vada valutato tale detrimento11,

riconoscimento della tutelabilità della pretesa dell'attore in relazione al contenuto del-l'obbligazione del convenuto e ascrivibilità del mancato adempimento al debitore. V., in senso differente, CANNATA, op. cit., 120.

IO Va sottolineato che, mentre, almeno in generale, l'actio venditi non puô che essere esperita per il pagamento del prezzo, considerando che la obbligazione del compratore è sempre quella di dare una somma di denaro, e che tale obbligazione sembrerebbe non potersi estinguere per impossibilità sopravvenuta (ma v. Lab. D.l9, 1,50 su cui VACCA,

Estensione cit., 241, e da ult. TALAMANCA, Lex ed interpretatio in Lab.4 post. a Iav.epit.

D.19, 1,50, in Nozione formazione ed interpretazione del diritto dall 'et à romana alle esperienze moderne. Ricerche dedicate al professor F. Gallo, Napoli 1997, 353 ss. con am pia letteratura), è altresl vero che 1' actio empti, considerato il carattere sem pre pe-cuniario della condanna formulare, non è mai esperita per ottenere la controprestazione, ma necessariamente per chiedere la condanna del venditore alla somma di denaro che costituisce la aestimatio pecuniaria del detrimento subito compratore per la mancata prestazione, secondai criteri del bonum et aequum. Nell'ambito di questa aestimatio il giudice puô anche ritenere di dover condannare il debitore solo alla somma corrispon-dente a quanta ricevuto come corrispettivo della prestazione, attribuendo co si ali' actio empti una funzione assimilabile a quella di un'azione di risoluzione. Le ipotesi in rela-zione alle quali emerge questa nuova funrela-zione dell' actio empti concernono in parti cola-re i casi prima tutelati esclusivamente mediante le azioni derivanti dall'assunzione di specifiche obbligazioni, o mediante stipulazioni accessorie volte a garantire i casi di evizione o di vizi della casa, ovvero, ne! casa delle garanzie per i vizi redibitori degli animali e degli schiavi, da specifiche norme edittali.

11 Nella giurisprudenza adrianea trova infatti ampia applicazione la soluzione seconda la quale il giudice, nella quantificazione del quidquid dare facere praestare oportet ex jide bona, deve tener canto della differenza frai casi in cui l'inadempimento è

ricondu-cibile ad una condotta riprovevole del debitore (il che si individua o nell'essere dipeso da! convenuto il non adempiere - o il non adempiere correttamente - una prestazione possibile, ovvero nell'essere dipesa da! convenuto la sopravvenuta impossibilità del-l'adempimento o dell'esatto adempimento) e i casi in cui l'azione puo essere utilmente esperita in quanta l'ordinamento o l'accorda fra le parti pongono comunque a carico di una parte l'avvenuto inadempimento, indipendentemente dalla «riprovevolezza» della

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dai casi in cui l'impossibilità della prestazione estingue ogni obbligazione del debitore. ln questa prospettiva si intreccia l' aspetto «sostanziale» relativo all'individuazione del contenuto delle obbligazioni che devono ritenersi deri-vanti «tipicamente» da un certo contratto, in relazione alla sua causa (in quanto dalla soluzione positiva circa la tutelabilità della pretesa attrice si induce che la causa tipica del contratto comporta che il convenuto deve considerarsi obbligato ad «assicurare» una determinata prestazione ), e l' analisi degli aspetti collegati alla definizione dei doveri di condotta dell'obbligato nell'adempie-re. In questa fase di elaborazione appare quindi ancora molto difficile perce-pire una diversa costruzione giuridica in rapporta ai casi in cui nei contratti a prestazione corrispettiva l' inadempimento viene ascritto al debitore- nel senso che si concede tutela al creditore insoddisfatto- in considerazione della og-gettiva lesione della causa sinallagmatica del contratto e in rapporta ai casi in cui la tutela viene concessa in considerazione della difformità della condotta concretarnente posta in essere nell'adempiere dai mode llo di condotta richie-sto dall'ordinamento.

L' analisi dei testi classici porta tuttavia a ritenere che i giuristi servendo-si degli strumenti offerti dalla flesservendo-sibilità del iudicium bonae fidei perla so-luzione dei delicati problemi di tutela degli equilibri di interessi delle parti contrattuali, problemi che, prima di essere dommatici, sono ovviamente pra-tici e concreti riescano non solo ad individuare criteri decisionali che, pur essendo differenziati in relazione alla diversità delle situazioni, si compongo-no in un sistema internamente logico e coerente, ma anche a formulare, come esplicazioni della tutela della buona fede contrattuale, i principi portanti in materia di interdipendenza delle obbligazioni e di equilibrio delle prestazioni che ancora oggi regolano questa materia.

E'indubbio che la concreta articolazione casistica delle soluzioni giurisprudenziali rende estremamente complesso il percepire il processo di elaborazione dommatica, che pure indubbiamente vi sottende. Mi sembra tut-tavia si possa indurre che questa evoluzione si sviluppa gui data soprattutto da cri teri «equitativi», da criteri cioè di equilibrio fra gli interessi delle parti, tecnicamente valutati . Questi criteri gradualmente si impongono e prevalgo-no nella valutazione delle differenti situazioni, estendendo ill oro ambito di

sua condotta (v. meglio infra). Che la interdipendenza delle prestazioni fosse stata dai giuristi elaborata mediante la determinazione dell'implicazione della natura di buona fede del iudicium emerge chiaramente per esempio da! principio enunciato da Giuliano:

Ulp. D.l9, 1, 11, IS ... neque enim bonae fi dei contractus hac patitur conventione, ut emptor rem amitteret et pretium venditor retineret, in materia di garanzia per evizione, e da Celso in materia di acquisto ex alia causa: Pomp. 11. ad Sab: ... quia nec bonae fidei conveniret et ego ex alia causa rem haberem.

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applicazione nel confronta analogico fra casi già risolti e tutelati secondo una determinata ratio decidendi e casi nuovi che presentano elementi qualificanti comuni. Cio non significa, come si è accennato, che queste soluzioni non siano sorrette da coerenti categorie concettuali (anche se ta li categorie posso-no risultare differenti- ma forse meposso-no di quanto possa risultare a prima vista -da quelle oggi elaborate per la soluzione degli stessi problemi), in quanto una «valutazione tecnica» non puo che essere effettuata mediante l'utilizza-zione di precisi cri teri dommatici 12

12 La storia dell'evoluzione del campo di applicazione dell'azione contrattuale si identifi-ca, come è ovvio, con la storia dell'evoluzione concettuale che porta da una concezione della compravendita consensuale come contratto bilaterale, che generava da un lato

12 La storia dell'evoluzione del campo di applicazione dell'azione contrattuale si identifi-ca, come è ovvio, con la storia dell'evoluzione concettuale che porta da una concezione della compravendita consensuale come contratto bilaterale, che generava da un lato