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Su Orelli che traduce otto versi di Lucrezio

2.2. Heidenröslein

Fissati i presupposti della ricerca e tracciato un primo schizzo in controluce dei rispettivi profili di Valeri e Orelli traduttori, procedo ora più speditamente nella disamina di altri casi esemplari.

Va in primo luogo chiarito che la verosimile influenza della silloge valeriana a livello macrostrutturale non ha rivoluzionato i criteri di ordinamento già vigenti nell’edizione Mantovani. Ovvero: si può ragionevolmente supporre che Orelli abbia aggiunto in O2 alcune traduzioni su impulso di una lettura agonistica della raccolta di Valeri. La suddivisione delle liriche in sezioni compatte per “genere”, temi o tono alla quale quest’ultima si attiene (in filologico ossequio all’Ausgabe letzter Hand)35 non l’ha convinto tuttavia a scompaginare la seriazione cronolo-gica adottata nel 1957 e coerentemente riproposta nel 1974.

Ciò non toglie che ad apertura dell’edizione mondadoriana si ponga, come in Valeri, la giovanile Heidenröslein; una ballata dalle agili movenze popolareg-gianti, ma dal non altrettanto spensierato simbolismo, che il Goethe del perio-do strasburghese aveva spacciato a Herder (forse davvero muovenperio-do da una fonte orale) per uno di quei Volkslieder tanto fervidamente collezionati dal più anziano sodale, e di cui solo in seguito si attribuì espressamente la paternità.36 A quanto dichiara Orelli, la versione di Heidenröslein compare in O2 per una sorta di omaggio a Caproni;37 in effetti, il testo ben s’intona con i freschi accenti ballatistici, da simulato folklore popolare, tipici della poesia caproniana. L’allu-sione a Caproni non esclude tuttavia un ricettivo “sfruttamento” della verL’allu-sione di Valeri, che sembra anzi aver lasciato qualche non trascurabile impronta nel lavoro traduttivo di Orelli.

Come per Meeres Stille, trascrivo prima l’originale tedesco e a seguire, l’una di fronte all’altra, le sue derivazioni italiane per mano di Valeri e Orelli. Anche in questo caso, l’itinerario interpretativo seguirà a tratti la falsariga di precedenti studi, allo scopo però di rifunzionalizzare in una prospettiva inedita le notazioni mutuate dalla bibliografia corrente.

Heidenröslein

Sah ein Knab ein Röslein stehn, Röslein auf der Heiden, war so jung und morgenschön, lief er schnell, es nah zu sehn,

sahs mit vielen Freuden. 5

Röslein, Röslein, Röslein rot Röslein auf der Heiden.

Knabe sprach: Ich breche dich, Röslein auf der Heiden!

Röslein sprach: Ich steche dich, 10

dass du ewig denkst an mich, aliCe sPinelli

und ich wills nicht leiden.

Röslein, Röslein, Röslein rot Röslein auf der Heiden.

Und der wilde Knabe brach 15

’s Röslein auf der Heiden;

Röslein wehrte sich und stach, half ihm doch kein Weh und Ach, musst es eben leiden.

punse e pianse, ma le offese non poté però evitar.

con gran gioia l’adocchiò. 5 Rosa, rosa, rosa rossa,

E il bimbo ignaro prese 15 la rosellina di macchia;

Come c’era da aspettarsi, Valeri si impegna in una decalcomania metrica quan-to più possibile aderente alla matrice. Ne scaturisce «uno schema strofico rigo-roso, quasi perfettamente sovrapponibile all’originale, fondato sull’alternanza di senari e ottonari rimati (rimano tra loro il primo, terzo e quarto v. di ogni strofe;

il quinto v. determina una rima strofica, sempre ottenuta mediante un troncamen-to)».38 A ben vedere, Valeri è qui più realista del re: conia rime tutte ineccepibili.

Per sovrimprimere al suo Lied una patina più genuinamente popolaresca, Goethe

“attraversanDo” valeri. il goetheDi giorgio orelli

sciorinava invece senza timore delle unreine Reime, con più o meno lieve escur-sione timbrica (stEhn: morgenschÖn : sEhn vv. 1 : 3 : 4; FrEUden : lEIden : lEIden vv. 5 : 12 : 19, rima strofica).

Nota ancora Barelli che «alla musicalità orecchiabile della versione di Valeri fa da contrappunto quella più complessa, benché sempre assai agile, di Orel-li».39 I versi plasmati da quest’ultimo – in una libera mistura di settenari e otto-nari – non sono infatti imbrigliati in un’armatura rimica costrittiva. Fatto salvo il vincolo dell’uscita tronca al quinto verso di ogni strofa, i legami fonici sono per così dire “facoltativi”, e talora più lassi della rima perfetta.40

Sul piano lessicale e sintattico, la “popolarità” del Valeri è in realtà fittizia e libresca, ricreata in vitro sulla scorta di un frasario poetico avito. Basti pensare alla dispositio anastrofica e alla forma abbreviata del modale in cogliere ti vo’ (v. 8); o alla nuova inversione dell’ordo verborum naturalis in vogl’io (v. 11), dove anche l’elisione del verbo congiura al sapore librettistico, quasi da melodramma verdia-no, del segmento strofico.41 Orelli aspira invece alla «creazione di un linguaggio poetico all’insegna della colloquialità popolaresca»,42 e a tal fine immette nella sua traduzione degli spaccati di un’oralità sgrammaticata e perciò tanto più credibile.

È il caso della consecutio temporum anacolutica sgranata tra i vv. 4 e 5 (corse in fretta, e l’ha vicina, / con gran gioia l’adocchiò),43 dove il subitaneo e reversibile passaggio dal perfetto al presente narrativo genera un «notevole effetto di spon-taneità e dinamismo».44 Altrettanto icastico l’impiego, al v. 11 in Orelli, del che polifunzionale,45 quel «“che” passe-partout tipico della sintassi popolare e perfet-tamente coerente con le scelte del poeta ticinese»46 (io ti pungo che per sempre/

dovrai pensare a me, vv. 11-12). Quella di Orelli è un’esibita ribellione contro le affettazioni di un’astratta “superlingua” letteraria: tanto che il voglio non marcato del v. 10 è da lui stesso assunto a bandiera dell’insubordinazione, in un’abiura di modi stanchi e antiquati che trova proprio nel famigerato vogl’io del Valeri il suo simbolico bersaglio – quasi l’ingombrante totem da abbattere.47

Eppure, questo stesso luogo da Orelli addotto a cartina al tornasole di una più fresca nouvelle vague espressiva è al contempo spia del parziale accoglimen-to di iniziative del Valeri. Ai vv. 10-12, l’archetipo tedesco articolava infatti in due momenti consecutivi (e coordinati da und, v. 12) la risposta della rosa allo Knabe intenzionato a coglierla: alla minaccia di una “memorabile” puntura (Ich steche dich, / dass du ewig denkst an mich, vv. 10-11) seguiva il piccato rifiuto a tollerare il dispetto (undichwillsnichtleiden, “e non voglio sopportarlo”, v. 12). Il v. 12 si correlava così, saldando il cerchio narrativo con la simmetria complementare di un subritornello contrappuntistico, al v. 19, suo omologo (anch’esso quinto verso della strofa, con rima identica leiden: Musstesebenlei

-den, “dovette proprio sopportarlo”). Valeri inverte le due fasi, aprendo la bat-tuta con un secco Però / non vogl’io (vv. 10-11) e posponendogli l’avvertimento della rosa, deterrente nei fatti vano (ti pungerò, / né mai più potrai scordar […], vv. 11-12). La risistemazione dei componenti frastici e soprattutto l’uso assoluto del modale (wills reggeva in Goethe leiden, mentre vogl’io non trova qui un suo complemento infinitivo) aboliscono la rispondenza “in rondò” col v. 19. La

aliCe sPinelli

resa orelliana condivide tutte queste alterazioni strutturali (Non lo voglio, / io ti pungo che per sempre/ dovrai pensare a me, vv. 10-12): una curiosa coincidenza maturata per via del tutto indipendente? Difficile da immaginare.

Pare più economico supporre che la traduzione valeriana sia servita qua e là, se non proprio da canovaccio per la rielaborazione di Orelli, almeno da filtro non del tutto trasparente: tanto più che dalla lezione del Valeri sembra residuare, in O2, anche qualche trouvaille ritmica. Beninteso, ciò non mette in discussione lo scarto di principio tra la concezione metrica “conservatrice” di Valeri e quella di Orelli, molto meno ligia a istituti secolari ormai pericolanti. Non è però di scarso interesse che Orelli abbia deciso di sopperire alla rima strofica imperfetta di Goethe (si ricordi: Freuden : leiden : leiden, vv. 5 : 12 : 19) con un’anomala

“rima ritmica” tra parole tronche (adocchiò, v. 5; me, v. 12; sopportar, v. 19). An-che nella traduzione di Valeri ricorrono nelle stesse sedi delle terminazioni ossi-tone, pur se, in più obbediente ripresa dell’originale, «con il surplus […] della rima strofica»48 (contemplar : scordar : evitar, vv. 5 : 12 : 19). In sostanza, Orelli rinuncia, a differenza di Valeri, all’omofonia piena; ma è probabile che proprio da lui abbia ricavato l’idea di una corrispondenza tra forme tronche, senz’altro adatta a evocare i ritmi squillanti e briosi di una ballata popolare. Va detto che la scelta, in relazione al Lied goethiano, era tutt’altro che “telefonata”: la rima femminile avrebbe più coerentemente dovuto dirigere verso esiti parossitoni, in comodo accordo con le dominanti consuetudini intonazionali dell’italiano.

Si aggiunga poi che in un caso, al v. 19, l’ossitonia è ottenuta da Orelli tramite l’apocope della desinenza infinitivale di prima coniugazione (sopportAR), come di regola nella terna di V, coagulata attorno ad una facile rima grammaticale (contemplAR, scordAR, evitAR).

Infine, qualche nota lessicale di rincalzo. Alla luce delle intersezioni accerta-te, non pare più fortuito il fatto che «entrambi i poeti concordino nel tradurre morgenschön, che letteralmente richiederebbe una forma perifrastica, con mat-tutina, supponendovi inclusa l’idea di bellezza».49 Né senza peso indiziario sarà, giacché comune alle due versioni, «il forzato spostamento semantico […] nella traduzione del termine che designa il protagonista maschile: Knabe in tedesco copre in effetti un’area di significati che comprende tanto il bambino quanto il ragazzo. Nessun vocabolo italiano consentiva di conservare questa ambiguità tanto efficace nel testo di Goethe: Valeri e Orelli traducono entrambi bimbo, con inevitabile sottrazione di potenzialità semantiche legate al tema della scher-maglia amorosa e al τόπος del carpe diem».50