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Il coinvolgimento della società civile: Mediterraneo come “spazio di cittadinanza”

mobilità, attori, politiche

3. Elementi di riconfigurazione dello spazio (politico) mediterraneo

3.3. Il coinvolgimento della società civile: Mediterraneo come “spazio di cittadinanza”

Mentre sul fronte politico-istituzionale il framework militare umanitario sta progressivamente perdendo la sua dimensione umanitaria in favore di una militarizzazione sempre più esplicita, sembra interessante focalizzare su alcune nuove attività che emergono dalla società civile. Di pari passo con l’emergenza del fenomeno della migrazione via mare singoli individui iniziarono a ricevere SOS dal mare. Il tipo di connessione che queste persone avevano con i migranti a bordo era variabile: diretto, di tipo familiare o amicale, o indiretto, nel caso di amici di amici residenti nel paese di destinazione. Durante gli anni, alcuni di questi individui divennero dei veri e propri punti di riferimento per i migranti in viaggio. Padre Mussie Zerai, Nawal Soufi, Helena Maleno costituiscono alcuni esempi: il primo, di nazionalità eritrea, è un riferimento per i migranti provenienti dal corno d’Africa (Eritrea, Etiopia, Somalia) e del Sudan; la seconda, rinominata dai media “Lady SOS”, ha un

legame particolare con la comunità siriana e siro-palestinese; l’ultima riceve SOS provenienti dal corridoio occidentale, tra Marocco e Spagna, dunque prevalentemente da migranti Sub-Sahariani. Quando ricevono un SOS, queste persone chiedono direttamente la posizione GPS ai migranti in mare e, se necessario, forniscono informazioni riguardo la modalità di individuazione della posizione, su telefoni satellitari (corridoio centrale) o smartphone (sul corridoio orientale; in seguito provvedono ad allertare le autorità competenti, dunque le Guardie Costiere, e si accertano che i salvataggi vengano realizzati. L’implicazione di queste persone è non-stop, specialmente durante l’estate, e il loro telefono è sempre accesso, di giorno e di notte.

Una delle ragioni che spinge i migranti a contattare queste persone, in aggiunta alle istituzioni competenti al salvataggio, è spesso la mancanza di interpreti di lingua Araba, Farsi, Tigrigna, Amarica o delle altre lingue Africane all’interno dei call center delle Guardie Costiere. Dalle interviste è inoltre emerso un secondo fattore causale nel fenomeno di richiesta di aiuto a singoli cittadini o associazioni: si tratta di una sorta di mancanza di fiducia nei confronti dei soggetti istituzionali, che si radica nel sapere comune riguardo i respingimenti.

Oltre ai singoli individui ci sono alcuni network transnazionali che si occupano di monitoraggio del Mediterraneo, di ricezione degli SOS, di facilitazione delle operazioni di salvataggio attraverso la mediazione tra migranti e autorità competenti. L’esempio più strutturato è quello dell’Alarm Phone, connesso con il progetto di monitoraggio del Mediterraneo – “Watch the Med”. L’Alarm Phone funziona sulla base del coinvolgimento di oltre 100 attivisti provenienti da diversi paesi europei e non: Germania, Francia, Italia, Svizzera, Olanda, Belgio, Spagna ma anche Turchia, Tunisia, Marocco, Giordania, Stati Uniti.

Attraverso l’organizzazione di turni (mattina, pomeriggio, notte) gli attivisti riescono a garantire un servizio di call centre 24 ore su 24 in cui rispondono al telefono, controllano le posizioni delle imbarcazioni e le comunicano alle Guardie Costiere. Ogni evento di richiesta soccorso e di salvataggio viene documentato, e monitorato, attraverso il contatto continuativo, ove possibile, con i migranti in difficoltà e con le autorità competenti al soccorso. Nei casi in cui alla richiesta di soccorso non segue il salvataggio dopo un ragionevole numero di ore viene lanciato un “big alarm”, che coinvolga ONG, giornalisti e molti altri attori, in modo da denunciare tempestivamente un possibile caso di “left-to-die” boat (Heller and Pezzani, 2013).

Infine, un terzo fenomeno interessante è rappresentato dai casi di navi private che si dedicano alla ricerca e salvataggio di migranti. Il MOAS (Migrant Offshore Aid Station) è stato il primo caso di “civili” impegnati in questo tipo di operazioni con la nave Phoenix,

seguito da Sea Watch Project;70 e finalmente MSF (Medici senza frontiere) che hanno attualmente due imbarcazioni impegnate nel Mediterraneo71, Dignity e Bourbon Argos, e collaborano con SOS Mediterranée a bordo della nave Aquarius.72

“We have decided to fight for the humanization of politics. Hospitality should once again be the norm. A civil sea rescue service must be created. The EU is not willing to do so. Therefore, we are taking the initiative. [Sea Watch, 2014]”

Ciò a cui si è assistito è dunque il coinvolgimento di attori non istituzionali in questioni di interesse sempre più militare, secondo un processo di cambiamento che si sviluppa dal basso.

Ciò costituisce un ulteriore spunto di riflessione in merito al tipo di cambiamenti che concorrono alla riconfigurazione dello spazio Mediterraneo. Essi sembrano svilupparsi lungo due direzioni opposte lungo una linea verticale. Da una prospettiva top-down, dall’alto verso il basso, una sorta di pressione sovra nazionale sembra spingere i paesi sud europei e i paesi terzi vicini, quali Turchia, Marocco, Egitto, Libia a mantenere “salvi” i confini europei, attraverso la riduzione dei flussi migratori in ingresso, in direzione di un vero e proprio annullamento. D’altra parte, secondo una prospettiva bottom-up, dal basso verso l’alto, è possibile identificare nuovi tipi di coinvolgimento politico, nuove forme di attivismo transnazionale e di cittadinanza, volti a restaurare la supremazia dei diritti umani e delle libertà civili che dovrebbero essere al centro delle politiche internazionali. La crescita del numero di morti alle frontiere sta diventando sempre più un problema di comune preoccupazione, che riguarda un numero sempre maggiore di individui. Nonostante i tentativi politici di oscurarla a volte, e di sovraesporla altre, in base alle esigenze politiche, sempre più persone sono interessate a monitorare la realtà dei fatti, e a proporre soluzioni alternative.

Nonostante la progressiva militarizzazione dello spazio Mediterraneo, individui e associazioni percepiscono la migrazione via mare come un fenomeno che li riguarda, e affermano in vario modo il loro diritto di osservare ed eventualmente intervenire in prima persona. Ed è in questa affermazione di un diritto di intervento che nella lettura di Arendt (1951) si potrebbe materializzare un esercizio della cittadinanza, come diritto ai diritti.

70 Vedi http://sea-watch.org/en/.

71 Vedi anche http://www.medicisenzafrontiere.it/notizie/news/le-operazioni-msf-di-soccorso-mare

72 http://sosmediterranee.org/?lang=it

Capitolo V

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