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6. Discussione dei risultati dell’analisi

6.4 Osservazioni sulle normative nazionali

Per concludere è necessario fare qualche osservazione sull’uso degli anglicismi e sulla variabilità dei termini in italiano e in tedesco all’interno delle normative nazionali.

Se nella normativa tedesca i termini in inglese non sono mai presenti, nella normativa svizzera sono usati correntemente per i provvedimenti riguardanti la liquidità e in maniera sporadica per i requisiti patrimoniali; nella normativa italiana sono presenti sia per la liquidità che per i requisiti patrimoniali, ma sono impiegati sempre in modo occasionale. In ogni caso la funzione dell’inglese è quella di rinviare ai termini dei testi originali, in modo da fare chiarezza su quale sia il concetto a cui ci si riferisce. Inoltre le sigle “LCR” e “NSFR” vengono privilegiate nella normativa svizzera

19Secondo la teoria degli universali traduttivi vi sono alcune caratteristiche particolari all’interno di testi tradotti che permettono di distinguerli dai testi non tradotti, indipendentemente dalle lingue di partenza o di arrivo. Questa teoria, che è strettamente legata all’analisi dei corpora, è stata trattata da vari studiosi, tra cui Toury, Laviosa e Baker.

Quest’ultima ha proposto una classificazione basata su quattro universali: esplicitazione, semplificazione, normalizzazione e convergenza (Lind 2007).

anche per la loro brevità. Sebbene i riferimenti ai termini in inglese vengano utilizzati sia dalla normativa svizzera che da quella italiana, è importante fare qualche distinzione tra le due istituzioni:

mentre nella Circolare n°285 le espressioni in inglese corrispondenti in italiano sono presentate in modo non sistematico e non sono menzionate per tutti i provvedimenti, nelle ordinanze svizzere vengono inserite in modo sistematico sia nella versione italiana che in quella tedesca. Lo schema impiegato nella normativa svizzera (cfr. paragrafo 6.1) è molto utile perché guida il lettore attraverso il testo e gli permette di comprendere al meglio qual è il concetto a cui ci si riferisce. Il fatto di menzionare i termini in inglese è senz’altro positivo in entrambe le normative, soprattutto considerando che in italiano c’è molta variabilità nelle espressioni utilizzate. Tuttavia mettendo a confronto la normativa italiana con quella svizzera, quest’ultima utilizza un metodo più efficace e rende il testo maggiormente comprensibile per il lettore di quanto non avvenga nella Circolare n°

285. Il motivo della maggiore sistematicità nei testi svizzeri è da ricercare nel plurilinguismo che caratterizza la Svizzera, senz’altro più abituata dell’Italia a gestire la traduzione della legislazione (e non solo) in più lingue ufficiali.

Analizzando la variabilità dei termini in lingua italiana e tedesca nei documenti delle normative nazionali, in italiano la varietà di termini utilizzati appare certamente maggiore. Nella Circolare n°

285 sono presenti sia alcune espressioni dei testi BRI, sia alcune impiegate nella legislazione europea. In caso di divergenza tra le due istituzioni la Circolare usa più correntemente la terminologia europea. Questa preferenza non sorprende poiché il regolamento (UE) 575/2013 è direttamente applicabile negli stati membri, quindi la terminologia usata diventa ufficiale ed è naturale che venga ripresa anche nella normativa nazionale. Con tutta probabilità i termini utilizzati dalla BRI sono stati affiancati di tanto in tanto a quelli dell’UE per far comprendere al lettore che il concetto è lo stesso; anche in questo caso però non si tratta di un ricorso sistematico.

Nella normativa svizzera la versione in tedesco utilizza quasi sempre i termini presenti nelle altre istituzioni, mentre quella italiana presenta espressioni quasi sempre diverse, sebbene siano spesso simili a quelle della BRI. La differenza principale riguarda l’utilizzo di “fondi propri”, che viene reso nelle altre istituzioni con “patrimonio” o “capitale”. Tale differenza sembra dovuta all’influenza del francese: nella versione in francese, infatti, le espressioni usate per descrivere i requisiti patrimoniali presentano sempre il termine “fonds propres” e sono molto simili a quelle impiegate in italiano.

Conclusioni

L’analisi dei testi della BRI, dell’UE e delle normative nazionali in Italia, Germania e Svizzera ha permesso di rispondere alla domanda di ricerca iniziale, ovvero se ci sia coerenza tra queste istituzioni e se mettendo a confronto diverse lingue sia possibile osservare le stesse tendenze terminologiche. Dai risultati ottenuti è emerso che le tendenze terminologiche relative a Basilea 3 sono fortemente legate alla lingua e all’argomento trattato. In tedesco si rileva una certa coerenza tra le istituzioni nei provvedimenti sui requisiti patrimoniali, mentre la variabilità è più elevata nel caso della liquidità; in italiano invece non c’è coerenza né nell’ambito dei requisiti patrimoniali né nella liquidità, dove in ogni caso si osserva una variabilità maggiore rispetto al tedesco.

Le divergenze riscontrate riguardano sia l’utilizzo di termini in inglese, sia i termini in lingua italiana o tedesca. È proprio su questi due filoni di indagine che si è concentrata la ricerca delle ragioni di tali divergenze, analizzata nell’ultimo capitolo.

L’uso di termini in inglese sembra dovuto alla monoreferenzialità, caratteristica fondamentale delle lingue speciali. Ciò è importante soprattutto per i testi in italiano in cui, visto l’elevato numero di termini presenti, il rimando al termine in inglese è un riferimento essenziale per il lettore. In linea generale l’uso di anglicismi è stato riscontrato maggiormente nei provvedimenti relativi alla liquidità, per i quali vengono spesso impiegate le sigle in inglese (LCR, NSFR). In questo caso le sigle sono preferite probabilmente per la loro brevità rispetto alle soluzioni in italiano o tedesco;

inoltre poiché la liquidità è un argomento introdotto recentemente nella regolamentazione, i termini nelle altre lingue non si sono ancora affermati e il riferimento all’inglese sembra la soluzione più efficace.

Riguardo alle divergenze tra le varie istituzioni nell’uso di termini in italiano e in tedesco, mentre in tedesco si osserva coerenza nell’ambito dei requisiti patrimoniali, in italiano le soluzioni traduttive sono molto diverse. Nella trattazione degli altri argomenti, invece, sia il tedesco che l’italiano utilizzano termini diversi a seconda delle istituzioni considerate. In particolare per denominare i provvedimenti relativi alla liquidità vengono usate numerose espressioni in tutte e due le lingue.

Anche in questo caso il fatto che i provvedimenti sulla liquidità siano più recenti ha un ruolo non indifferente nelle scelte terminologiche: non essendoci termini affermati in italiano e tedesco, i traduttori hanno optato per soluzioni diverse.

Le differenze più interessanti sono state riscontrate tra i testi in italiano della BRI e quelli dell’UE, dai quali ci si sarebbe potuto invece aspettare una certa coerenza, poiché sono indipendenti da un uso della lingua legato a un determinato paese. Per giustificare tali differenze sono state passate al vaglio varie ipotesi, tra cui solo alcune possono essere considerate valide motivazioni: non essendo

stata trovata alcuna indicazione riguardo all’utilizzo di termini di altre istituzioni, è possibile che i traduttori dell’UE non abbiano preso in considerazione le traduzioni precedenti effettuate alla BRI e abbiano tradotto la terminologia ex novo; inoltre le differenze morfosintattiche tra lingue germaniche e lingue romanze potrebbero aver contribuito alla mancanza di coerenza terminologica.

Infine va giudicata positivamente la soluzione traduttiva utilizzata nella normativa svizzera: la sistematicità nella presentazione dei termini e il rimando al termine in inglese facilitano la comprensione, più di quanto non avvenga nella normativa italiana, in cui l’inglese è presente ma non in modo organizzato.

Sebbene i risultati dell’analisi siano piuttosto interessanti, è importante tenere a mente che si tratta di risultati parziali, poiché il numero di termini chiave presi in considerazione è piuttosto limitato e sono state esaminate le soluzioni traduttive di due sole lingue. In ogni caso i risultati di questa ricerca confermano che gli accordi di Basilea sono un terreno fertile per la ricerca terminologica in campo finanziario. Si potrebbe quindi continuare l’analisi inserendo anche altri termini, per avere una visione più ampia della terminologia impiegata nelle diverse istituzioni. La ricerca potrebbe inoltre proseguire prendendo in considerazione altre lingue e paesi, come ad esempio il francese, a cui corrispondono diverse normative nazionali, in modo da verificare se le tendenze osservate siano più simili a quelle dell’italiano o del tedesco.