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2. Basilea 3

2.1 Cambiamenti nei requisiti patrimoniali

Basilea 3 introduce norme più severe per quanto riguarda la definizione del capitale e si assiste ad una semplificazione delle varie categorie di capitale che possono appartenervi rispetto a Basilea 2, mentre il Common equity Tier 1 (patrimonio di qualità primaria) acquisisce un ruolo preponderante. Questa categoria di capitale viene così chiamata per la sua buona capacità di coprire le perdite.

Il patrimonio di vigilanza totale, che secondo Basilea 3 deve essere pari ad almeno l’8% delle attività ponderate per il rischio o RWA (risk-weighted asset), è composto da Tier 1 ( a sua volta pari al 6% delle RWA) e da Tier 2. A sua volta, il Tier 1 si divide in Common equity Tier 1 (pari al 4,5%

delle RWA) e Tier 1 aggiuntivo. Tra gli strumenti di capitale che possono far parte del Common equity Tier 1 rientrano, ad esempio, le azioni ordinarie emesse dalla banca e le riserve di utili,

mentre tra gli elementi computabili nel Tier 1 aggiuntivo sono presenti strumenti emessi dalla banca che soddisfano determinati criteri e non fanno parte del Common equity Tier 1. Oltre a questi aumenti quantitativi nei requisiti patrimoniali, Basilea 3 fissa regole più severe per l’inclusione di strumenti di capitale all’interno del Common equity Tier 1: ad esempio possono farne parte, a determinate condizioni, le azioni ordinarie e le riserve di utili che hanno una maggiore capacità di coprire le perdite (Haunreiter 2011). Per ogni categoria di capitale vengono infatti specificati i relativi criteri di computabilità, che contengono informazioni dettagliate sui requisiti necessari per l’inclusione degli strumenti di capitale nelle diverse categorie. Per illustrare meglio i nuovi requisiti patrimoniali e le relative categorie di capitale si presenta di seguito uno schema riassuntivo.

Fig. 1 Schema dei requisiti patrimoniali

(Fonte: schema elaborato dall’autrice)

Nel nuovo accordo di Basilea 3 si assiste ad un aumento sostanziale dei requisiti minimi rispetto a Basilea 2. Analizzando i cambiamenti qualitativi e quantitativi nei requisiti patrimoniali di Basilea 3 e ipotizzando un loro impiego al tempo di Basilea 2, alcune banche avrebbero presentato un patrimonio di qualità primaria pari solo all’1%. Questa situazione era causata da una percentuale più bassa di Common Equity Tier 1 e dalla possibilità di conteggiare all’interno del Tier 1 altre categorie di capitale che hanno una minore capacità di coprire le perdite. In particolare, all’interno del Tier 1 venivano ammessi per un massimo del 15% strumenti ibridi innovativi di capitale. Vista la scarsa capacità di copertura delle perdite, questa possibilità è stata rimossa in Basilea 3. Inoltre, in Basilea 2, il Tier 2 (patrimonio supplementare) era composto da due diverse categorie di capitale ed era previsto anche un Tier 3, utilizzabile solo a copertura dei rischi di mercato. Tale complessità

non ha contribuito a una reale ed efficace copertura dei rischi, causando poca chiarezza nella suddivisione degli strumenti appartenenti alle diverse categorie. Per queste ragioni Basilea 3 mira ad introdurre provvedimenti più severi dal punto di vista del Common Equity Tier 1, che però allo stesso tempo rendano più facile comprendere l’effettiva copertura dei rischi. (Haunreiter 2011;

CBVB 2011). In ogni caso, i nuovi requisiti patrimoniali di Basilea 3 verranno introdotti in maniera graduale, affinché si arrivi nel 2019 a una piena applicazione dell’accordo. Lo stesso principio vale per gli strumenti ibridi di capitale che erano ammessi nell’accordo di Basilea 2 e che sono invece stati eliminati in Basilea 3: la loro rimozione, iniziata nel 2013, avverrà gradualmente nell’arco di dieci anni (CBVB 2011).

Per ovviare ai problemi di copertura dei rischi, risultati evidenti nella regolamentazione di Basilea 2, l’accordo di Basilea 3 punta ad una chiara definizione dei rischi per stabilirne la ponderazione in modo efficace; in particolare sono stati introdotti requisiti più rigidi per il rischio di controparte9 e le partecipazioni nel capitale di altre banche e viene inoltre affrontato il problema della

“dipendenza” dalle agenzie di rating e del cosiddetto cliff effect, cioè improvvisi declassamenti nel rating di una banca (Haunreiter 2011).

Un’altra importante novità relativa ai requisiti patrimoniali è il buffer di conservazione del capitale, i cui scopi sono limitare la distribuzione degli utili nel caso di una situazione economica sfavorevole e fornire uno strumento che permetta di far fronte alle perdite in tempi di crisi, contenendo così la riduzione dei crediti concessi dalle banche. In Basilea 3 il buffer di conservazione del capitale va ad aggiungersi al patrimonio di vigilanza totale ed è stato fissato al 2,5% delle attività ponderate per il rischio. Inoltre deve essere costituito da patrimonio di qualità primaria. Questo nuovo buffer è uno strumento di vigilanza importante, poiché quando le banche non sono in grado di soddisfare i requisiti minimi del Common equity Tier 1 e quest’ultimo scende sotto la soglia del 7% (4,5 dei requisiti minimi più 2,5% di conservazione del capitale), vengono poste delle limitazioni alla distribuzione dei bonus e dei dividendi (Haunreiter 2011).

Nuova è anche l’introduzione del buffer anticiclico: tale buffer serve a controbilanciare gli effetti del ciclo economico sull’attività creditizia delle banche poiché viene attivato nelle fasi di espansione in caso di aumento eccessivo del credito aggregato. Infatti, quando ad una fase di eccessiva espansione del credito seguono periodi di flessione, le perdite per le banche tendono ad essere particolarmente marcate e possono avere ripercussioni anche sull’economia reale.

9Il rischio di controparte è una forma particolare di rischio di credito relativa agli strumenti derivati

(http://www.borsaitaliana.it/bitApp/glossary.bit?target=GlossarySearch, consultato il 30/11/15).

Attivando il buffer si disincentiva quindi una crescita eccessiva del credito e vengono create delle riserve per eventuali perdite future. In caso di attivazione del requisito, che può essere eliminato una volta superata la fase di eccessiva espansione, la riserva supplementare di capitale amplia il capitale di conservazione. Responsabili per il controllo del rischio sistemico e dell’espansione del credito sono le autorità nazionali, che determineranno anche l’entità del buffer anticiclico, compreso tra 0 e 2,5% delle RWA. In ogni caso, come avviene per il capitale di conservazione, tale requisito dovrà essere soddisfatto con Common equity Tier 1. Anche per questo buffer è prevista un’introduzione graduale e la piena operatività verrà raggiunta solo nel 2019 (CBVB 2011; CE 2013).

Nonostante i requisiti imposti da Basilea 2, le banche hanno tentato di limitare le riserve di Common equity Tier 1, che comporta costi elevati, e hanno utilizzato una leva finanziaria eccessiva.

Per far fronte a queste debolezze nella regolamentazione, nel nuovo accordo di Basilea 3 viene introdotto un indice di leva finanziaria. Questo indice, che non viene calcolato sulla base delle attività ponderate per il rischio, serve ad evitare che le banche aggirino la regolamentazione riguardante i requisiti di capitale (Haunreiter 2011). Il calcolo viene effettuato dividendo il patrimonio di un istituto per la misura dell’esposizione. L’applicazione dell’indice di leva finanziaria, fissato inizialmente al 3% per il Tier 1, prevede una fase di osservazione che durerà fino al 2017, ma già dal gennaio 2015 le banche sono tenute a pubblicare l’indice di leva e le sue componenti, secondo determinati requisiti di informativa pubblica. Inoltre a partire dal 2018 l’indice di leva finanziaria diventerà un requisito minimo e verrà integrato nel primo pilastro, dopo il periodo di osservazione ed eventuali modifiche che ne deriveranno (CBVB 2014b).