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Lo statuto epistemologico della fede in Pierre Jurieu (1637-1713), teologo inconsapevolmente "difforme"

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Thesis

Reference

Lo statuto epistemologico della fede in Pierre Jurieu (1637-1713), teologo inconsapevolmente "difforme"

LEOPARDI, Raffaella

Abstract

À travers l'étude des sources principales, certaines peu connues, comme les thèses de Le Blanc de Beaulieu, théologien de l'Académie Sedan, ou les travaux et les réflexions de Jean Claude, célèbre pasteur et controversiste, l'on trace le parcours par lequel le théologien réformé Pierre Jurieu élabore sa doctrine sur l'origine et le fondement de la foi. S'opposant à l'intellectualisme des théologiens l'Académie de Saumur et surtout aux idées de Claude Pajon, mais aussi au rationalisme d'Arnauld et Nicole, Jurieu développe une théorie philosophique et anthropologique inspirée de saint Augustin et du philosophe cartésien Malebranche qui pose le plaisir au centre de la vie religieuse et morale. Il relie la voie d'examen au sentiment et au «goût de la conscience», sollicités par l'action immédiate de la grâce sur la volonté. La polémique avec les coreligionnaires, du philosophe Pierre Bayle à l'orthodoxe Élie Saurin, montre les difficultés auxquelles sa doctrine est confrontée.

LEOPARDI, Raffaella. Lo statuto epistemologico della fede in Pierre Jurieu

(1637-1713), teologo inconsapevolmente "difforme". Thèse de doctorat : Univ. Genève, 2019, no. L. 959

DOI : 10.13097/archive-ouverte/unige:128397 URN : urn:nbn:ch:unige-1283975

Available at:

http://archive-ouverte.unige.ch/unige:128397

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U NIVERSITÉ DE G ENÈVE - FACULTÉ DES LETTRES

Département d’histoire générale

Unité d’histoire moderne Institut d’histoire de la Réformation

2019

Lo statuto epistemologico della fede in Pierre Jurieu (1637-1713),

teologo inconsapevolmente «difforme»

Thèse de doctorat présentée à la Faculté des lettres de l’Université de Genève

sous la direction de la Prof.re Maria-Cristina Pitassi et comme président du jury de thèse le Prof. Frédéric Tinguely

par

Raffaella Donatella Leopardi Matr. 10-347-615

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Indice

Introduzione ……….. p. 6 Ringraziamenti ……….. p. 20 Capitolo 1. La dottrina riformata sulla conversione: l’illuminazione, il témoignage dello Spirito e le prove di divinità contenute nelle Scritture ……….. p. 22

1.1. Le facoltà dell’anima e la dinamica dell’assenso nella dottrina ortodossa sulla

conversione ……….. p. 22

1.2. La dottrina pajonista sulla conversione ………... p. 26 1.3. Jean Calvin e gli elementi fondamentali della dottrina ortodossa sulla conversione

……….. p. 28

a. L’illuminazione e il riconoscimento della verità e divinità dei testi sacri p. 29 b. Il témoignage du saint Esprit …………..………. p. 30 c. La certezza della fede e l’intervento dello Spirito ……… p. 35

d. Il repos della coscienza ………..……….. p. 39

e. Il sentiment della propria salvezza: la fede e la confiance ……… p. 40 f. Fede giustificante, fede “temporanea”, fede storica ………. p. 42 1.4. La confessione di fede gallicana e il Sinodo di Dordrecht sulla conversione p. 44 1.5. Cameron e Amyraut a Saumur ………... p. 46 1.6. Il magistero di Le Blanc de Beaulieu a Sedan ………... p. 50 a. L’autorità delle Scritture e la duplice azione dello Spirito ……… p. 50

b. L’instinctus dello Spirito ……… p. 55

c. Il primo parere di Louis Le Blanc de Beaulieu sul témoignage de l’Esprit p. 58 d. L’aporia della ragione nella ricerca di un fondamento evidente della fede p. 63 e. Il secondo parere di Beaulieu sul témoignage du Saint Esprit …………. p. 65 1.7. Le marques e l’azione dello Spirito ………. p. 69 a. L’immediatezza dell’operazione dello Spirito ………... p. 70 b. La colpevolezza dell’errore ………. .. p. 74

1.8. Sintesi del capitolo ………. p. 79

Capitolo 2. Il témoignage du saint Esprit e la certezza della fede ……… p. 83 2.1. La fede giustificante e il sentiment per Beaulieu ………. p. 83 2.2. Certezza ed evidenza: Anauld, Beaulieu e lo “scandaloso” sillogismo di Daillé p. 88

2.3. Beaulieu teologo eterodosso? ……… p. 89

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2.4. L’autodifesa di Beaulieu: l’atto di fede e la giustificazione ……….... p. 96 a. Le fede come assenso alle Scritture ………. p. 98 b. La confiance come effetto dell’assenso di fede ………... p. 99 c. L’atto proprio e specifico della fede giustificante ……… p. 101

d. La conclusione di Beaulieu ……….. p. 103

2.5. Il pensiero di Beaulieu e l’Accademia di Sedan ……….. p. 106 2.6. Jurieu difensore dell’ortodossia riformata ……… p. 110

a. Il concursus generale e le altre operazioni dello Spirito nella produzione della fede

……… p. 112

b. “Fede vera” e “vera fede” ……….... p. 114

c. I primi passi della conversione: il cambiamento del “pensiero dominante”e lo

Spirito di adozione ……… p. 115

d. La conversione e la perseveranza dei rigenerati: l’azione dello Spirito e la forza

delle passioni ……… p.117

e. La certitude du salut ………. p. 120

2.7. Il témoignage dello Spirito e il sentiment ……….... p. 122 a. Persuasione e predestinazione: la libertà della fede ………... p. 126

2.8. Sintesi del capitolo ……… p. 128

Capitolo 3. La “via di sentiment” e la comprensione delle Scritture ………… . p. 131

3.1. Le obiezioni di Pierre Nicole alla via d’esame riformata ………. p. 131 3.2. Jean Claude e la fede dei semplici: la “via d’impressione e di sentiment” p. 134 3.3. Claude e l’esame di se stessi: conoscenza e sentiment ………. p. 138 3.4. Le obiezioni di Pierre Nicole alla “via di sentiment”……… p. 151 3.5. Il sentiment e la verità della testimonianza per Jurieu……….. p. 157 3.6. Il “secondo tipo” di sentiment e la certezza del fedele ……… p. 160 3.7. La via di sentiment e la ragionevolezza della via d’esame ………... p. 163 3.8. L’evidenza delle verità di fatto e la Chiesa di Roma ……… p. 165 3.9. “Senso naturale” e senso letterale ………. p. 168 a. I sociniani e l’esegesi biblica ……… p. 172

3.10. L’esame “d’attenzione” ……… p. 177

3.11. La certezza della fede e il sentiment per Jurieu………. p. 181

3.12. Sintesi del capitolo ……… p. 187

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Capitolo 4. Pajon, Claude e il dibattito sulla conversione ……… p. 190

4.1. L’azione dello Spirito e la volontà di credere in Le Blanc de Beaulieu …… p. 190 4.2. Pajon e Amyraut: le obiezioni all’ “azione iperfisica” ……….. p. 195 4.3. Lo spettro del determinismo e la condanna di Pajon ………. p. 197 4.4. Il parere di Jean Claude sul concorso dello Spirito alla conversione …….... p. 202 a. Il nodo centrale: il peccato originale, la sua natura, i suoi effetti ……….. p. 204 b. L’impotenza umana e l’azione della grazia ………... p. 208 4.5. Jurieu, Pajon e il “caso d’Huisseau” ………. p. 211

4.6. Sintesi del capitolo ………. p. 217

Capitolo 5. La psicologia umana e l’assenso di fede in Jurieu: ragione e sentimento

……… p. 219

5.1. La svolta antipajonista: il peccato originale e la resistenza della volontà al bene p. 219 a. La seconda edizione del Traité de la dévotion e l’incontro con Malebranche p. 222 b. La volontà umana e la naturale sete di piacere ……… ……….. p. 224

c. Il cammino della devozione ……… p. 230

5.2. L’impotenza umana, il concursus e il problema del male: un complicato intreccio

di questioni teologico-filosofiche ………. p. 234

a. Il concursus e l’azione immediata ………. p. 236 b. La natura fisica dell’intervento immediato sulle creature ………. p. 238

c. Il problema della teodicea ………. p. 239

5.3. La libertà della volontà nell’espressione dell’assenso ……… p. 241 5.4. Le teorie di Jurieu sulla natura del peccato originale e sull’impotenza umana p. 246 5.5. L’operazione immediata dello Spirito sulla volontà: la conversione attraverso la

seduzione ………. p. 251

5.6. La capacità dimostrativa delle marques e la volontà di credere ………... p. 255 5.7. La difficile conciliazione della libertà della fede con l’oscurità delle ragioni di

credere……… p. 258

5.8. Sintesi del capitolo ……… p. 260

Capitolo 6. La questione epistemologica al centro delle controversie di Jurieu con l’autore del Commentaire philosophique e con Élie Saurin: un’incerta ortodossia ……….. p. 264 6.1. Jurieu e il Commentaire philosophique ……… p. 265 6.2. Il funzionamento della coscienza ……….. p. 273

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6.3. La disputa tra Jurieu e Élie Saurin sul fondamento della fede ……….. p. 281 6.4. Jurieu, Saurin e il valore dimostrativo delle marques ……… p. 284 6.5. L’evidenza delle Scritture e il sentiment ……… p. 289 6.6. La ragione e le “ragioni del cuore” ……… p. 300 6.7. L’autodifesa Jurieu: la funzione delle marques nella conversione secondo la dottrina

ortodossa……… p. 304

6.8. La conoscenza e lo slancio della fede ………... p. 307

6.9. Sintesi del capitolo ……… p. 311

Conclusioni ………. p. 315 Bibliografia ………. p. 322

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Introduzione

1. Il percorso di un teologo militante

Dopo le sanguinose guerre di religione in Francia e l’avvento al trono di Enrico IV, il quale, con l’Editto di Nantes, nel 1598 concesse agli ugonotti il diritto di praticare la religione riformata sulla base di un principio, se non di vera tolleranza, almeno di coesistenza, nel secolo successivo il dibattito teologico non perse tuttavia di forza né di intensità, anzi, le controversie tra cattolici e protestanti si inasprirono. Agli inizi del 1600, nei Paesi Bassi, nel seno stesso della Chiesa riformata, si aprì una grande controversia concernente la predestinazione, che contrappose gli arminiani, seguaci del teologo Jacobus Arminius, ai gomaristi, gli ortodossi capeggiati da Franciscus Gomarus: apparentemente risolta nel 1619 con la condanna dei primi e la definizione dell’ortodossia da parte del Sinodo di Dordrecht, la questione continuò in realtà a travagliare le coscienze. L’arminianesimo rimase vivo in Olanda e anche la teologia riformata in Francia ne fu influenzata, in particolare l’Accademia di Saumur.

Quanto alla controversia interconfessionale, le dotte discussioni su temi prettamente teologici, quali la grazia, il libero arbitrio e la predestinazione si trasformarono e si radicalizzarono: ravvivato dal confronto con il pensiero filosofico moderno (il cartesianesimo, lo spinozismo, le teorie politiche di Hobbes, il libertinismo, le correnti scettiche e il nascente pensiero scientifico), il dibattito teologico arrivò a porre in discussione i fondamenti stessa della teologia cristiana, mettendo in dubbio la possibilità di giustificare razionalmente la credenza nella veridicità della Bibbia.

Il XVII secolo fu dunque un periodo di crisi per il pensiero teologico, ma anche di rinnovato splendore: illustri pensatori come Blaise Pascal, Antoine Arnauld, Nicolas Malebranche, Pierre Bayle non esitarono a sottoporre la religione al vaglio dell’indagine razionale; così facendo, misero a fuoco le questioni insolubili, le contraddizioni e le aporie della fede, ma aprirono anche nuove prospettive, crearono nuovi sistemi, nel tentativo di rispondere alle domande che le nuove generazioni si ponevano.

La loro indagine filosofica e teologica, unita allo sforzo dei filologi e degli esegeti del testo biblico che li precedettero e li affiancarono in questa ricerca, ebbe l’effetto di trasformare l’impianto tradizionale della teologia scolastica e di precisare i limiti della ragione umana nella sua pretesa di attingere alla conoscenza del divino.

Fra i protagonisti del dibattito cui si è appena accennato, compare un pastore e teologo riformato fra i più noti a quell’epoca, Pierre Jurieu, un “celebre sconosciuto” di cui, poco dopo la sua morte, si era quasi persa memoria e che solo nel secolo scorso ha cominciato ad uscire dall’oblio. La sua rinascita è legata al rifiorire degli studi bayliani, che recentemente hanno avuto un nuovo impulso,

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da quando le vicende storico-politiche hanno riportato alla ribalta temi quali la tolleranza, la libertà di coscienza, il rapporto tra religione e politica o tra religione e scienza.

Nato a Mer, nel territorio di Orléans, nel 1637, discendente per parte di madre di una delle più celebri famiglie francesi riformate, i Du Moulin, e per parte di padre da una dinastia di pastori, Pierre Jurieu cominciò i suoi studi presso l’Accademia di Saumur e, dopo aver completato la propria formazione teologica all’Accademia di Sedan, ottenne in quest’ultima istituzione la cattedra di ebraico nel 1674, subentrando, nella cattedra di teologia, al suo maestro, Louis Le Blanc de Beaulieu1. Contemporaneamente svolse anche il ministero pastorale, dapprima a Mer (1659-1671), poi a Vitry-le-François (1672-1673) e infine a Sedan (1674-1681).

L’amicizia che lo legò a Pierre Bayle nacque proprio in quei primi anni d’insegnamento all’Accademia, ove il giovane Bayle nel 1675 aveva ottenuto la cattedra di filosofia anche grazie all’interessamento di Jurieu stesso2. Per più di dieci anni questi due uomini estremamente diversi quanto a origine sociale, temperamento, formazione, idee e orientamenti politici, si frequentarono quasi quotidianamente, stringendo un’amicizia che andava al di là di una semplice relazione professionale. Nel luglio 1681 l’Accademia di Sedan fu chiusa per decreto reale e Pierre Bayle trovò un posto presso l’Ecole Illustre de Rotterdam, un’istituzione, creata dall’influente politico della città Adriaan Van Paets appositamente per accogliere intellettuali rifugiati di grande prestigio.

Bayle invitò Jurieu a raggiungerlo a Rotterdam e si prodigò affinché potesse avere un posto in quella stessa scuola. Inimicatosi la Corona di Francia con un’opera, La politique du Clergé de France3, uscita anonimamente ma di cui l’autore fu presto individuato, in cui attaccava il clero francese e la politica delle conversioni forzate, Jurieu si risolse ad abbandonare la patria e a trasferirsi a Rotterdam con la famiglia, allettato anche dall’offerta di un posto come pastore della chiesa vallona della città. Poco dopo il trasferimento in Olanda, tuttavia, Jurieu cominciò ad allontanarsi da Bayle, in seguito a degli screzi che ebbe con il protettore di quest’ultimo, Van Paets.

Il teologo si schierò dalla parte avversa, fra i seguaci dello statholder Guglielmo d’Orange, di cui divenne intimo amico. Nel frattempo egli aveva acquisito fama come scrittore e polemista: dopo l’esordio non proprio brillante con un’opera che era incappata nel 1671 nella censura sinodale, l’Examen du livre de la Réunion du christianisme 4, avviò una produzione varia e molto vasta di

1 La fonte principale delle notizie biografiche su Jurieu è costituita dall’articolo a lui dedicato in J.-G. de Chauffepié, Nouveau Dictionnaire Historique et Critique, 4 vol., Amsterdam, Z. Chatelain et al., La Haye, P. de Hondt 1750-56, v.

II, art. «Jurieu»; cfr. anche Eugène ed Émile Haag, La France Protestante, 10 v., Paris 1846-1859, VI, p. 104-113;

Elisabeth Labrousse, Pierre Bayle, 2 v., v. I, Du pais de Foix à la cité d’Erasme [1963], II ed. con aggiunte, Dordrecht 1985; v. II, Hétérodoxie et rigorisme, La Haye 1964.

2 Cfr. Elisabeth Labrousse, Pierre Bayle, I, p. 131-132; F.R.J. Knetsch, Pierre Jurieu: Theoloog en Politikus der Refuge, Kampen 1967, p. 388 ; H. Bost, Pierre Bayle, Paris 2006, p. 111-112.

3 [P. Jurieu], La politique du Clergé de France, chez P. Marteau, Cologne [probabilm. A. Arondeus, La Haye] 1681.

4 [P. Jurieu], Examen du livre de la Réunion du christianisme : ou Traité de la tolérance en matière de religion, et de la nature et de l’étendue des points fondamentaux, s.n.s.l., 1671. È possibile che quest’opera sia stata pubblicata per la prima volta nel 1670, presso Rousselet a Orleans, stando a quanto afferma Chauffepié, Nouveau Dictionnaire, «Jurieu»

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opere politiche, devozionali, teologiche, impegnandosi in controverse con i più celebri teologi cattolici, quali Antoine Arnauld, Pierre Nicole, Jacques-Bénigne Bossuet. Alcuni suoi scritti, come il Traité de la dévotion (1675) 5, l’Accomplissement des prophéties (1686) 6, le Lettres pastorales (1686-95)7, possono essere considerati fra i più grandi successi editoriali dell’epoca.

Per alcuni anni Jurieu si trovò in una posizione di preminenza all’interno del Réfuge e indossò gli abiti di profeta e leader carismatico della resistenza alle persecuzioni di Luigi XIV. Tuttavia, nel clima di tensione e sospetto che cresceva all’interno del gruppo dei rifugiati quanto più la speranza di poter rientrare pacificamente in Francia cominciava a venire meno, si consumò la tragica rottura dell’amicizia tra Jurieu e Bayle, che nel frattempo aveva raggiunto se non superato per fama l’amico grazie ad alcune opere come le Pensées diverses sur la comète8 (1682) e al giornale da lui fondato, le Nouvelles de la République del Lettres9. A creare attrito tra i due intellettuali furono, secondo alcuni, l’invidia e il rancore di Jurieu di fronte alla crescente fama di Bayle; quel che è certo è che essi maturarono un profondo distacco in seguito a divergenze su questioni teologiche e politiche di fondamentale importanza. Nel Réfuge, Jurieu era divenuto una figura di spicco del partito degli “intolleranti”, di coloro cioè che, quanto alla politica interna, si dichiaravano favorevoli ad imporre l’uniformità religiosa e un rigido controllo sull’ortodossia, e, quanto a quella estera, si rifiutavano di cercare una soluzione di compromesso con la Francia cattolica, caldeggiando lo scoppio di una guerra mossa da un’alleanza di paesi protestanti. Bayle, invece, era considerato una delle figure più autorevoli dai fautori della tolleranza religiosa, i quali ritenevano che il lealismo e un atteggiamento disponibile a trovare un accordo tra le due confessioni avrebbero convinto il sovrano francese a ripristinare le garanzie dell’Editto di Nantes revocato nel 1685.

Ritenendo (come molti altri) che Bayle fosse l’autore dello “scandaloso” Avis aux réfugiés (1691) 10 Jurieu arrivò a denunciare l’ex-amico e collega al tribunale della città di Rotterdam accusandolo di ateismo e complotto ai danni del Paese ospitante. Scagionato dalla seconda accusa ma non dalla

, p. 58 e confermata da altri indizi: cfr. É. Kappler, Bibliographie critique de l’œuvre imprimée de Pierre Jurieu (1637- 1713), Paris 2002, p. 94-95.

5 [P. Jurieu], Traité de la dévotion, J. Lucas, Quevilly, 1675.

6 [P. Jurieu], L’Accomplissement des prophéties; ou La Délivrance prochaine de l’Eglise, A. Archer, Rotterdam, 1686.

7 Le lettere pastorali della prima serie (1686-1688) furono pubblicate in tre tomi, presso A. Archer, a Rotterdam, rispettivamente col titolo di Lettres Pastorales addressées aux fideles de France qui gemissent sous la captivité de Babylon (1686), Lettres pastorales addressées aux fideles persecutés de France (1687), Lettres Pastorales adressées aux fidèles de France qui gemissent sous la captivité de Babylon (1688). La seconda serie delle Pastorali fu pubblicata tra il 1novembre del 1694 e il 15 gennaio del 1695 e generalmente segue le lettere della prima serie.

8 [P. Bayle], Lettre à M.L.A.D.C. Docteur de Sorbonne, où il est prouvé […] que les comètes ne sont point le présage d’aucun malheur […], P. Marteau, Cologne [R. Leers, Rotterdam] 1682 ; [Id.], II ed., Pensées diverses écrites à un Docteur de Sorbonne, à l’occasion de la comète qui parut au mois de décembre 1680, R. Leers, Rotterdam 1683.

9 Nouvelles de la république des lettres, H. Desbordes, Amsterdam 1684-1687.

10 G. Mori, nell’edizione critica dell’Avis da lui curata, ha dimostrato convincentemente la paternità bayliana dell’opera:

P. Bayle, Avis aux réfugiés. Réponse d’un nouveau converti, Introduction et édition critique par G. Mori, Paris 2007, in part. p. 19-32.

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prima, nel 1693 il filosofo fu destituito dalla sua cattedra di filosofia all’Ecole Illustre e poté mantenersi solo con i proventi della sua fervente attività di scrittore.

Questa vittoria permise a Jurieu di dimostrare il credito di cui ancora godeva, grazie soprattutto all’appoggio di Guglielmo d’Orange (che aveva difeso apertamente all’epoca della sua successione al trono d’Inghilterra nel 1689 in seguito alla Gloriosa Rivoluzione), ma non gli impedì di trovarsi sempre più osteggiato dagli altri rifugiati, anche a causa dell’atteggiamento violento e intransigente nei confronti di chiunque non condividesse le sue opinioni. Via via più isolato dai compatrioti e abbandonato dalle autorità religiose, sulle quali aveva inutilmente cercato di far pressione perché legittimassero la propria dottrina sulla conversione e dichiarassero non ortodossa quella avanzata da Élie Saurin, pastore di Utrecht moderatamente aperto al razionalismo, Jurieu rallentò la sua produzione verso la fine del Seicento, ma ottenne ancora alcuni successi editoriali, ad esempio con La pratique de la dévotion ou traité de l’amour divin (1700) 11, con cui cercava di consolare i riformati perseguitati che resistevano ancora e quelli che la cui fede era stata scossa dalla persecuzione. Morì nel gennaio del 1713 e venne presto dimenticato.

Con l’affermarsi dell’Illuminismo, che vide in Pierre Bayle un precursore e quasi un “martire” della tolleranza, si affermò la “leggenda nera” di Jurieu, che da teologo impegnato, originale e spesso in attrito con le autorità sinodali, si trasformò nell’injurieux Jurieu, un bigotto fanatico e nevrastenico ai limiti della caricatura12. Paradossalmente, negli anni che precedettero la Rivoluzione francese, le sue idee a favore della sovranità popolare, ispirate al giusnaturalismo, ne fecero, invece, quasi un rivoluzionario ante litteram13. In un modo o nell’altro, insomma, le idee e la personalità di Jurieu sono state travisate ed è solo in tempi più recenti che si è potuto far luce su questo personaggio che ebbe un ruolo di spicco e grande influenza sui contemporanei.

2. Panoramica storiografica

L’idea di questa ricerca è nata dalla constatazione che, sebbene sia ormai stata riconosciuta la complessità del pensiero di Jurieu, e nonostante la relativa “riabilitazione” della sua figura da parte di alcuni studiosi, mancano ancora degli studi approfonditi che gli siano esclusivamente dedicati e che ne ricostruiscano il profilo culturale in modo autonomo. Gran parte della bibliografia che lo concerne è infatti costituita da studi dedicati a Pierre Bayle, in cui egli compare, di conseguenza,

11 P. Jurieu, La pratique de la dévotion ou traité de l’amour divin, 2 v., A. Archer, Rotterdam 1700.

12 Si veda la sezione che É. Kappler dedica alle opere satiriche scritte contro Jurieu: É. Kappler, Bibliographie critique de l’œuvre imprimée de Pierre Jurieu, p. 441-489.

13 A Jurieu è stata erroneamente attribuita l’opera Les soupirs de la France esclave, pubblicata ad Amsterdam nel 1689- 1690, che fu ripubblicata nel 1788 con il titolo Les Vœux d’un patriote: cfr. É. Kappler, Bibliographie critique, p. 424.

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solamente come personaggio di secondo piano14. Tra gli studiosi più recenti che si sono occupati di Jurieu in rapporto alla biografia e alle opere di Bayle e che hanno dato un valido contributo per comprendere meglio il pensiero del teologo, vi sono Elisabeth Labrousse15, Antony McKenna16 e Hubert Bost17. Estremamente rari, invece, sono i contributi che hanno cercato di rendere conto dell’intera opera e del pensiero di Jurieu, prendendolo come unico soggetto di studio. Uno scritto sintetico era stato dedicato al teologo a metà dell’Ottocento da C. E. Mégnin,ma la prima corposa monografia che lo riguarda apparve negli anni Sessanta del secolo scorso, quando Frederik R.J.

Knetsch gli dedicò la sua tesi di dottorato, purtroppo di limitata fruizione in quanto scritta in olandese, e successivamente un articolo che ne metteva in evidenza la particolarità rispetto agli altri membri del Refuge18.

Nello stesso periodo, Richard Popkin pubblicò un articolo su Jurieu focalizzato non sull’approccio politico ma piuttosto sulle teorie epistemologiche, ipotizzando che il suo fideismo estremo potesse essere stato fonte d’ispirazione per David Hume19. La replica di W. Rex20 a Popkin collega giustamente le dottrine di Jurieu al dibattico teologico-filosofico sulla dinamica delle facoltà, ma parte dal presupposto non del tutto esatto che per Descartes le verità evidenti suscitino automaticamente l’assenso della volontà, confondendo l’intellettualismo di stampo aristotelico adottato dalla scuola di Saumur con il cartesianesimo21. Quanto al pensiero teologico di Jurieu, Rex

14 Cfr.per esempio E. Haase, Un épilogue de la controverse Jurieu-Bayle, in P. Bayle, le philosophe de Rotterdam, a c.

di P. Dibon, Amsterdam-Paris 1959, p. 196-215; H.C. Hazewinkel, P. Bayle à Rotterdam, in P. Bayle, le philosophe de Rotterdam, p. 20-47 ; F.R.J. Knetsch, Jurieu, Bayle et Paets, in «Bullettin de la Société de l’Histoire du Protestantisme Français», 117 (1971), p. 38-61.

15 Cfr. E. Labrousse, Pierre Bayle; Ead., Les idées politiques du Réfuge: Bayle et Jurieu, in Ead., Conscience et conviction. Études sur le XVIIe siècle, Paris-Oxford 1996, p. 159-191.

16 Cfr. A. McKenna, La bataille entre Bayle et Jurieu : le contexte politique d’une manœuvre philosophique, in Orthodoxie et Hétérodoxie. Libertinage et religion en Europe au temps des Lumières, a c. di M.-H. Quéval, Saint- Etienne 2010, p. 33-49; Id., Protestantisme, théologie et politique en France et en Angleterre, Arras 2010; Id., Théologie et politique : le contexte politique de la bataille théologique entre Bayle et Jurieu, in Espaces de la controverse au seuil des Lumières (1680-1715), a c. di L. Burnand e A. Paschoud, Paris 2010, p. 75-95; Id. Bayle dans la tempête : la triple polémique qui l’oppose à Jurieu : stratégie européenne, philosophie religieuse et politique, in Pierre Bayle et la liberté de conscience, a c. di Ph. Fréchet, A. McKenna e O. Abel, Toulouse 2012, p. 265-300; Id., Questions de souveraineté chez Bayle et chez Jurieu : un contexte politique déterminant, in Religious Obedience and Political Resistance in the Early Modern World, a c. di L. Simonutti, Turnhout 2014, p. 363-392.

17 Cfr. H. Bost e A. McKenna, L’Affaire Bayle: la bataille entre Pierre Bayle et Pierre Jurieu devant le consistoire wallonne de Rotterdam, Saint-Etienne 2006; H. Bost, Pierre Bayle, Paris 2006.

18 C. E. Mégnin, Pierre Jurieu. Notice sur sa vie et écrits, Strasbourg 1854; F.R.J. Knetsch, Pierre Jurieu: Theoloog en Politikus der Refuge, (contenente un riassunto in francese); Id., Pierre Jurieu, réfugié unique et caractéristique,

«Bullettin de la Société de l’Histoire du Protestantisme Français», 115 (1969), p. 445-478.

19 Cfr. R. H. Popkin, Hume and Jurieu: Possible Calvinist Origins of Hume’s Theory of Belief, in «Rivista Critica di Storia della Filosofia», 4 (1967), p. 400-417 [rist. in The High Road to Pyrrhonism, San Diego 1980, p. 161-180].

20 Cfr. W. Rex, Bayle, Jurieu, and the Politics of Philosopy: A Reply to Professor Popkin, in Problems of Cartesianism, a c. di Th. M. Lennon, J. M. Nicholas, J. W. Davis, Kingston [Ont.] 1982.

21 Rex, inoltre, ritiene che l’accoglienza di un filocartesiano come Jean-Robert Chouet alla cattedra di filosofia sia una conferma dello spirito liberale e razionalista dell’Accademia di Saumur; un’interpretazione contraddetta da J.-P. Pittion, che ha dimostrato come la filosofia insegnata all’Accademia di Saumur sin dalla sua fondazione fosse sempre stata l’aristotelismo e come fossero stati dei contrasti interni tra i professori dell’Accademia a portare Chouet alla cattedra di filosofia (1664-1669). Chouet, d’altra parte, era stato sottoposto preliminarmente a un durissimo esame per comprovarne il possesso di una conoscenza approfondita della filosofia aristotelica (cfr. J.-P. Pittion, Intellectual life in the Académie of Saumur, 1633-1685, Ph. D. Dissertation, Trinity College Dublin 1969, p. 176 ss.). D’altra parte,

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non ne approfondisce le origini ma lo considera solo in rapporto alle sue posizioni contrarie alla tolleranza religiosa, riportando così il dibattito sulla questione politica.Anche l’articolo di Th. M.

Lennon22, che raccoglie il testimone della discussione cominciata da Popkin, coglie alcuni elementi delle dottrine di Jurieu sul sentiment come fondamento della fede (ad esempio il riferimento ai caratteri interni della Rivelazione), ma le considera sempre in rapporto alle idee bayliane e manca di una visione storica e organica che consenta di inserirle nel contesto del suo pensiero più generale. Il dibattito aperto da Popkin, quindi, non ha dato luogo ad uno studio più sistematico delle dottrine di Jurieu sulla fede e sulla conversione.

Pertanto, l’aspetto più noto e più studiato del teologo ugonotto finora resta il suo pensiero politico, in particolare la sua battaglia contro la tolleranza religiosa e la sua violenta opposizione al dispotismo di Luigi XIV, in controtendenza con il lealismo tradizionalmente adottato dagli intellettuali ugonotti sin dal regno di Enrico IV (per questo motivo egli è stato, talvolta, comparato ai monarchomaques).

Dopo l’importante libro di Guy Howard Dodge, The Political Theory of the Huguenots of the Dispersion23, pubblicato a metà del XX secolo, in cui l’autore analizzava le opere di Jurieu dal punto di vista della sua strenua opposizione al clero di Francia e alla politica assolutistica del Re Sole, e l’opera di Hartmut Kretzer24 che, a metà degli anni Settanta, ne studiava le teorie politiche nell’ambito delle posizioni espresse dalle Accademie rivali di Saumur e Sedan, negli anni Ottanta Robin Howells, autore anche dell’Introduzione alle Lettres pastorales contenute nel volume aggiuntivo delle opere di Bayle a cura di Labrousse, pubblicò un breve saggio in cui analizzava sommariamente la vita e le opere del teologo, cercando di interpretarne le posizioni religiose e politiche come spia di una sua fondamentale tendenza psicologica e religiosa all’antinomia25. Negli anni Novanta, invece, Knetsch è tornato ad occuparsi di Jurieu in merito al sostegno da lui dato alla causa valdese26, mentre verso la fine dello stesso decennio una studiosa italiana, Debora Spini, ha

all’Accademia di Sedan l’assunzione delle dottrine cartesiane che fanno dell’assenso un atto della volontà risale a più di dieci anni prima che Chouet introducesse il cartesianesimo all’Accademia di Saumur, come vedremo in questa tesi. Su Chouet e il cartesianesimo, cfr. Heyd Michael, From a rationalist theology to Cartesian Voluntarism: David Derodon and Jean-Robert Chouet, «Journal of the History of Ideas», v. 40, 1979, p. 527-542 ; Id., Between Orthodoxy and the Enlightment: Jean-Robert Chouet and the Introduction of Cartesian Science in the Academy of Geneva, The Hague e Jerusalem, 1982.

22 Th. M. Lennon, Taste and sentiment : Hume, Bayle, Jurieu and Nicole, in Pierre Bayle : la foi dans le doute, a c. di O. Abel e P.F. Moreau, Genève 1995, p. 49-64.

23 G.H. Dodge, The Political Theory of the Huguenots of the Dispersion, New York 1947.

24 H. Kretzer, Calvinismus und französische Monarchie im 17. Jahrhundert: Die politische Lehre der Akademien Sedan und Saumur, mit besonderer Berücksichtigung von Pierre du Moulin, Moyse Amyraut und Pierre Jurieu, Berlin 1975.

25 R.J. Howells, Pierre Jurieu: Antinomian Radical, Durham 1983; Id., «Introduction» a P. Jurieu, Lettres pastorales, in Oeuvres diverses de Pierre Bayle, a c. di E. Labrousse, 14 vol., Hildesheim-Zürich-New York 1964-2010, v.

supplementari, v. II, 1988 ; Id. The world upside-down : populism and providence in the Lettres Pastorales (1686-95) of Pierre Jurieu, in «Proceedings of the Huguenot Society of Great Britain and Ireland», n. 24, 1988, p. 493-507.

26 Cfr. F.R.J. Knetsch, Pierre Jurieu et les Vaudois (1686-1690), in Dall’Europa alle valli valdesi, a c. di A. de Lange, Torino 1990, p. 391-398; cfr. anche, sullo stesso tema, E. Balmas, Il «Glorioso Rimpatrio» alla luce del dissidio Bayle- Jurieu, in Dall’Europa alle valli valdesi, p. 399-408.

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dedicato un saggio allo studio di alcune opere politiche di Jurieu, in particolare le Pastorali, in relazione alla teologia federale e alle dottrine del diritto naturale27. Delle Lettere Pastorali si è interessata anche Henriette Goldwin28, nell’ambito degli studi sulla letteratura epistolare e clandestina. Jurieu è stato inoltre considerato nel contesto degli studi dedicati al Refuge e ai rapporti tra Francia e Paesi Bassi nel XVII secolo. Alla fine degli anni Sessanta del Novecento, F. R. J.

Knetsch29 ha tratteggiato il ritratto di Jurieu come rifugiato sottolineandone l’unicità; all’inizio degli anni Settanta ne ha considerato il pensiero teologico-politico alla luce dell’esilio30; negli anni Ottanta ha esaminato la sua reazione di fronte alla Revoca31. Agli inizi del nostro secolo, Nicolas Piqué32 si è interrogato sul mutamento delle idee politiche di Jurieu negli anni prima e dopo l’espatrio nel Refuge di Rotterdam e ha osservato un’evoluzione da un iniziale lealismo monarchico, prima dell’abbandono del paese natale, alla difesa della sovranità popolare e al diritto di disobbedienza33. Jean Hubac34 ha dedicato un articolo in particolare alle idee di Jurieu sulla tirannia e sulla figura del tiranno, mentre Pierre Bonnet35 ha considerato l’impegno teologico- politico di Jurieu nel Refuge di Rotterdam in rapporto al suo precedente periodo sedanense. Patrick Cabanel, mettendo a confronto le reazioni di Bayle e Jurieu di fronte alla Revoca, ha sottolineato la capacità del teologo di comunicare col pubblico cui si rivolgeva, i riformati di Francia privi dei loro ministri, che erano stati imprigionati o costretti ad espatriare, per sostenerli e incitarli alla resistenza36.

Per quanto riguarda il pensiero teologico di Jurieu, a metà del XX secolo alcuni studiosi se ne sono interessati soprattutto in relazione alla controversia confessionale, come R. Struman, che ha

27 D. Spini, Diritti di Dio, diritti dei popoli. Pierre Jurieu e il problema della sovranità (1681-1691), Torino 1997.

28 Cfr. H. Goldwin, Censure, clandestinité et epistolarité : les Lettres Pastorales de Pierre Jurieu, in Le savoir au XVIIe siècle, a c. di J. D. Lyons e C. Welch, Tübingen 2003, p. 285-294.

29Cfr. F.R.J. Knetsch, Pierre Jurieu, réfugié unique et caractéristique, «Bullettin de la Société de l’Histoire du Protestantisme Français», Genève, v. 115, 1969, p. 445-478.

30 Cfr. F.R.J. Knetsch, Pierre Jurieu, theologian and politician of the dispersion, «Acta Historiæ Neerlandica», n. 5, 1971, p. 213-242.

31F.R.J. Knetsch, Pierre Jurieu (1637-1713) face à la Révocation, in La Révocation de l’Édit de Nantes et les Provinces-Unies 1685, a c. di J.A.H. Bots, G.H.M. Posthumus Meyjes, Amsterdam -Maarsen 1986.

32 Cfr. N. Piqué, Du loyalisme monarchique à la souveraineté populaire : l’évolution théologico-politique de Pierre Jurieu, in Refuge et Désert. L’évolution des huguenots de la Révocation à la Révolution française, a c. di H. Bost e C.

Lauriol, Paris 2003, p. 55-66.

33 Delle idee di Jurieu sul diritto di resistenza si era occupato anche É. Kappler, Le droit à la résistance d’après Jurieu,

«Revue d’Histoire et de Philosophie Religieuses», n. 3, 1937, p. 201-246.

34 Cfr. J. Hubac, Tyrannie et tyrannicide selon Pierre Jurieu, «Bulletin de la Société de l’histoire du protestantisme français», v. 152, 2006, p. 583-610.

35 Cfr. P. Bonnet, Entre France et Hollande. La pensée théologico-politique de Jurieu autour de la Révocation : évolution ou involution ?, in Entre calvinistes et catholiques. Les relations religieuses entre la France et les Pays-Bas du Nord (XVIe-XVIIIe siècle), a c. di Y. Krumenacker, Rennes 2010, p. 275-293.

36 Cfr. P. Cabanel, Bayle et Jurieu : à tort et à raison, in Le rayonnement de Bayle, a c. di Ph. De Robert, C. Pailhès e H. Bost, Oxford 2010, p. 173-180. Mi permetto di rinviare anche al mio articolo sulle Pastorali di Jurieu, « Une voix qui crie dans le désert » : les Lettres Pastorales de Pierre Jurieu et la persécution des huguenots en France après la Révocation de l’Édit de Nantes, in La France et l’Europe du Nord au XVIIe siècle : de l’Irlande à la Russie : XIIe colloque du Centre International de rencontres sur le XVIIe siècle, Université de Durham, 26-29 mars 2012, a c. di R.

G. Maber, Tübingen 2017, p. 165-175.

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considerato il dibattito con Bossuet sulla perpetuità della fede, R. Voeltzel, che ha trattato di Jurieu in merito alla questione ecclesiologica, mentre più recentemente H. Bost si è interessato alla controversia con Arnauld sulla giustificazione37. Altri studi hanno approfondito alcune opere o tematiche specifiche, come le opere devozionali di Jurieu, di cui si sono occupati Jacques Le Brun38 e Hubert Bost39, o l’atteggiamento nei confronti del misticismo, trattato nell’articolo di V. Schmid sul Traité de l’Amour divin40 e in quello di Georges Bavaud relativo alla controversia sul quietismo41. Bavaud, all’interno di una letteratura di tipo confessionale, ha scritto alcuni articoli dedicati al confronto tra le dottrine sostenute da Jurieu e quelle cattoliche con riferimento ad alcuni misteri 42. In epoca relativamente recente, anche nell’ambito degli studi sulla tolleranza si è cominciato a prendere in considerazione Jurieu non solo come politico ma anche come teologo, con particolare riferimento alle dispute interne al Refuge in merito ai diritti della coscienza errante43. Hubert Bost ha notevolmente contribuito ad approfondire la figura e il pensiero teologico di Jurieu con i suoi articoli già citati, a cui possiamo aggiungere quelli relativi all’atteggiamento verso il profetismo44.

37 Cfr. R. Struman, La perpetuité de la foi dans la controverse Bossuet-Jurieu, 1686-91, in «Revue d’Histoire Ecclésiastique», Louvain, 37 (1941), p. 145-89; R. Voeltzel, Vraie et Fausse Eglise selon les théologiens protestants du XVIIe siècle, Parigi 1956, p. 54 ss.; H. Bost, Justification de la morale et morale de la justification. (La réplique de Pierre Jurieu aux attaques d’Antoine Arnauld), in Jansénisme et Puritanisme, a c. di B. Cottret, M. Cottret, M.J.

Michel, Paris 2002, p. 109-122.

38 Cfr. J. Le Brun, Les œuvres spirituelles de Pierre Jurieu, in A.A. V.V., Travaux de Linguistique et de Littérature, Mélanges offerts à R. Pintard, Strasbourg, 1975, p. 425-441 (anche in Id., La jouissance et le trouble, p. 339-362).

39 Cfr. H. Bost, Souffler le chaud et le froid sur les fidèles. Place du zèle et rôle du pasteur dans le Traité de la dévotion de Pierre Jurieu, in Critique du zèle : fidélités et radicalités confessionnelles : France XVIe-XVIIIe siècle, a c. di Ch.

Bernat e F. Gabriel, Paris 2013, p. 238-261. Cfr. anche la presentazione generale di J. Zuidema, The Devotional Theology of Pierre Jurieu (1637-1713), in The Theology of the French Reformed Churches : From Henri IV to the Revocation of the Edict of Nantes, a c. di M. I. Klauber, Grand Rapids 2014, p. 335-347.

40 Cfr. V. Schmid, Pierre Jurieu, un mystique en temps de crise: le Traité de l’Amour divin, in «Bulletin du Centre Protestant d’Etudes, 5 (2002), p. 3-27.

41 Cfr. Georges Bavaud, La controverse sur le quiétisme telle que la voit Pierre Jurieu, «Nova et vetera», n. 3, 1996, p.

53-69 .

42 Cfr. Georges Bavaud, Une controverse entre Bossuet et Jurieu sur le mystère de la génération du Verbe expliquée par les premier Pères de l’Eglise, «Nova et vetera», n. 2, 1992, p. 120-132; Id., Mémorial, sacrifice et présence réelle dans le mystère de l’Eucharistie, in «Nova et vetera», 69 (1994/2), p. 92-101; Id., Pierre Jurieu (1637-1713) : un calvinisme mitigé, in «Nova et vetera», 69 (1994/4), p. 255-268; Id., Le mystère de l’élection divine : le protestant Pierre Jurieu (1637-1713), adversaire résolu du pélagianisme, in «Nova et vetera», 72 (1997/1), p. 35-47.

43 Cfr. M. Turchetti, La liberté de conscience et l’autorité du magistrat au landemain de la Révocation. Aperçus du débat touchant la Théologie morale et la philosophie politique des Réformés: Pierre Bayle, Noël Aubert de Versé, Pierre Jurieu, Jacques Philipot et Elie Saurin, in La liberté de conscience (XVIe – XVIIe siècles), a. c. di H. Guggisberg e al., Genève 1991, p. 289-367. Legata alla battaglia di Jurieu contro il socinianesimo è la controversia con il pastore di Amburgo, Méhérenc De la Conseillère, di cui ha trattato É. Kappler, in La controverse Jurieu-De la Conseillère (1690),

«Bulletin de la Société de l’histoire du protestantisme français», v. 85, 1937, p. 146-173. Un contributo recente su Jurieu e Bayle in rapporto al dibattito sulla tolleranza è quello di L. Van Lieshout, Les querelles lexicales sur la lice de la tolérance : Pierre Jurieu attaqué dans le Dictionnaire historique et critique de Pierre Bayle, in The emergence of tolerance in the Dutch Republic, a c. di Ch. Berkevens-Stevelinck, J. Israel e G.H.M. Posthumus-Meyes, Leiden 1997, p. 199-212.

44 Cfr. H. Bost, Orthez ou le chant des anges. La VIIe Lettre pastorale de Jurieu, in «Bulletin de la Société de l’histoire du protestantisme français», 135 (1989/3), p. 403-423 ; Id., Entre mélancholie et enthousiasme : Pierre Jurieu, prophète de l’Apocalypse, in «Bulletin de la Société de l’histoire du protestantisme français», 147 (2001/1), p. 103-112..

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Una tappa fondamentale per la ricostruzione del pensiero non solo politico del teologo è costituita dagli studi di Anna Minerbi Belgrado, che, oltre a essersi occupata di Jurieu in rapporto a Bayle e al tema della tolleranza45, ha pubblicato nei primi anni di questo secolo una densa monografia dedicata al teologo. Affrancandosi dalla prospettiva generalmente adottata dagli altri studiosi, che hanno visto nelle dottrine teologiche di Jurieu il riflesso delle sue idee politiche, Minerbi Belgrado le ha invece interpretate alla luce della crisi della teologia filosofica nel Seicento. Individuando alcuni snodi fondamentali della riflessione sulla fede di Jurieu e dei suoi interlocutori, la studiosa ha analizzato i rapporti di affinità e di contrasto della sua teologia con alcune dottrine, come il pajonismo e l’occasionalismo malebranchista46.

In anni molto vicini a questi, la figura di Jurieu ha attratto alcuni giovani ricercatori, che se ne sono interessati, sebbene in relazione ad altri autori, fornendo validi contributi: Albert Gootjes47, che ha contribuito a chiarire la posizione di Jurieu nella seconda controversia che investì il teologo Claude Pajon; Mara Van der Lugt48, che, in uno studio dedicato al al Dictionnaire historique et critique di Bayle, si è concentrata in particolare sulla controversia che il filosofo intrattenne indirettamente con Jurieu attraverso gli articoli dell’opera; Élodie Argaud49, che all’interno della sua tesi di dottorato sul ritorno dell’epicureismo in rapporto con l’agostinismo in Bayle, ha dedicato alcune delle sue osservazioni alle opere devozionali di Jurieu; Thomas Guillemin50, che ha trattato di Jurieu nell’ambito della sua minuziosa ricerca dedicata al nipote di Claude Pajon, Isaac Papin, che ebbe una disputa con il teologo di Rotterdam a proposito dell’ispirazione degli autori dei testi sacri.

Da ultimo, una menzione speciale merita la Bibliographie critique de l’œuvre imprimée de Pierre Jurieu (1637-1713), curata da É. Kappler e pubblicata nel 2002, volume che contiene preziose indicazioni per il reperimento delle diverse edizioni delle opere del teologo51.

3. I nuclei tematici al centro della ricerca

45 Cfr. A. Minerbi Belgrado, Pierre Jurieu o le difficoltà dell’intolleranza, in H. Méchoulan, R. H. Popkin, G.

Recuperati, L. Simonutti, a c. di, La formazione storica dell’alterità. Studi di storia della tolleranza nell’età moderna offerti a Antonio Rotondò, Firenze 2001, II, p. 595-615 ; Ead., Bayle, Jurieu et la théodicée, in Les ‘Eclaircissements’

de Pierre Bayle, Édition des ‘Éclaircissements’ du ‘Dictionnaire historique et critique’ et Études, a c. di, H. Bost e A.

McKenna, Paris 2010, p. 173-192.

46 A. Minerbi Belgrado, Sulla crisi della teologia filosofica nel Seicento. Pierre Jurieu e dintorni, Milano 2008.

47 A. Gootjes, Claude Pajon (1626-1685) and the Academy of Saumur. The First Controversy over Grace, Leiden- Boston 2014, p. 204-217.

48 M. van der Lugt, Bayle, Jurieu, and the “Dictionnaire historique et critique”, Oxford 2016.

49 É. Argaud, Épicurisme et augustinisme dans la pensée de Pierre Bayle. Une affinité paradoxale, Paris 2019. Ho consultato questo lavoro nella sua versione di tesi di dottorato discussa nel 2015 all’Università di Saint-Étienne sotto la direzione del prof. Antony McKenna.

50 Th. Guillemin, Isaac Papin (1657-1709). Itinéraire d’un humaniste réformé, de l’École de Saumur au jansénisme, Thèse de Doctorat, Université d’Angers, sous la direction du prof. D. Boisson, 2015.

51 É. Kappler, Bibliographie critique. Molte opere di Jurieu sono ora anche accessibili su Internet in formato digitalizzato. Il corpus delle epistole di Jurieu, che Chauffepié aveva potuto consultare, è scomparso e fino ad ora non è stato ritrovato.

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Se tutte queste opere e articoli hanno contribuito ad approfondire la conoscenza del pensiero di Jurieu, il fatto che le sue idee siano state analizzate quasi sempre per contrasto con quelle di altri costituisce un limite che ha permesso di cogliere solo alcuni aspetti di un pensiero complesso e sfaccettato. Vero è che quel pensiero nasce e si struttura non in modo autonomo, da una riflessione solitaria, ma all’interno di un dialogo, anzi di uno scontro: scaturisce, infatti, dalla controversia interconfessionale, con Arnauld e Nicole in primo luogo, ma anche intraconfessionale, in particolare con Isaac d’Huisseau, Claude Pajon e Élie Saurin, senza dimenticare il socinianesimo et l’arminianesimo, bersagli polemici di predilezione che Jurieu combatte con un accanimento direttamente proporzionale alla loro diffusione tra i rifugiati. Consapevole che il pensiero filosofico e teologico di Jurieu si è costruito attraverso il confronto dialettico determinante con tradizioni e autori sia riformati che cattolici, ho dato ampio rilievo all’analisi di opere che non hanno fatto fino ad ora l’oggetto di studi approfonditi.

Data la vasta e variegata produzione di Jurieu, talvolta per certi versi anche ripetitiva, questo studio si è concentrato sulle opere edite più significative ed esplicative delle sue posizioni teologico- epistemologiche52, cercando di dimostrare come la teologia di Jurieu non dipenda da una sua presa di posizione politica, data come una sorta di apriori, ma si sia strutturata progressivamente all’interno delle dispute. Anche tra i suoi numerosi interlocutori, si è scelto di privilegiare le controversie che contribuirono maggiormente alla costruzione del suo pensiero sulla conversione:

da una parte quella con Arnauld, in cui Jurieu intervenne per difendere le dottrine riformate della giustificazione e della perseveranza, e con Nicole, sulla praticabilità della via d’esame per i fedeli più semplici; dall’altra, quella che coinvolse la dottrina sulla conversione formulata da Claude Pajon, il quale negava la necessità di un intervento immediato dello Spirito e l’affidava interamente alla capacità persuasiva della Parola; quella con l’anonimo autore del Commentaire philosophique, dietro cui si celava Pierre Bayle; e infine il contrasto con il pastore Élie Saurin, il quale aveva osato mettere in dubbio l’ortodossia delle tesi sostenute da Jurieu.

Il valore della riflessione di Jurieu sull’origine e il fondamento della fede non poggia tanto sulle conclusioni cui egli giunge, che pur sono interessanti, in particolare perché sono controcorrente rispetto alle tendenze degli altri celebri membri del Refuge, quanto sui problemi che esse sollevano.

Alla fiducia che andava diffondendosi sul finire del secolo XVII nella possibilità di fondare la certezza della fede e della via d’esame sulla ragione e sulle marques che provavano la divinità e la verità della Scrittura, Jurieu contrappone la sua lucida visione delle contraddizioni del cristianesimo, che descrive come “scandalo” per la ragione. Mentre acquistava credito la pretesa di

52 Fra tutte le opere di Jurieu che sono state consultate, particolarmente significative per questa ricerca (anche se non sono le sole ad essere citate) sono state il Traité de la dévotion (in part. la 2a ed., 1676), L’Esprit de Mr. Arnaud (1684), il Vray Système de l’Eglise (1686), le Lettres Pastorales della prima serie (1686-1688), il Traitté de la nature et de la grace (1687), la Défense de la doctrine universelle de l’Eglise (1695).

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conciliare ragione e fede, come dimostra la relativa “vittoria” di Élie Saurin, un tollerante moderato che non condivideva né il fanatismo di Jurieu né la la radicalità di Bayle, le dottrine di Jurieu persero credito anche perché mettevano in evidenza l’autoritarismo di una politica che utilizzava la religione per giustificare la propria legittimità. Per Jurieu, così come per Bayle, la religione non si fondava sulla razionalità e sulla affinità delle leggi e verità divine con le verità colte dal lume naturale, ma su un’esperienza interiore, ovvero su un contenuto colto nella sua autenticità

“istintivamente”, attraverso il goût e il sentiment, svincolato quindi da una logica dimostrativa.

Jurieu arriva a descrivere la fede come un credere non fondato su delle ragioni consapevoli e intellettualmente verificabili, ma motivato dalla volontà di credere e dalla sete innata di bonheur.

Bayle, però, al contrario di Jurieu, dall’inevidenza delle verità di fede e dall’invincibilità degli ostacoli costituiti dal temperamento, dall’educazione, dai pregiudizi, che non potevano essere sormontati senza l’aiuto della grazia, deduceva il diritto di obbedire in buona fede alla propria coscienza, anche se errante.

Il paradosso è che Jurieu, convinto di avere costruito un baluardo alla dottrina ortodossa sulla conversione e di avere dimostrato filosoficamente la necessità dell’intervento immediato dello Spirito, non colse la portata “innovativa” delle sue idee, anzi rifiutò le conclusioni che potevano esserne tratte e che gli vennero imputate: egli fu, insomma, un teologo “eterodosso suo malgrado”, che sfuggì a un condanna ufficiale da parte delle autorità religiose vallone solo grazie alla fama e alla protezione politica di cui godeva e che influenzarono le decisioni sinodali. E’ questa l’ipotesi interpretativa che ha costituito il punto di partenza della mia riflessione e che ho voluto mettere alla prova nella mia tesi, contro l’immagine, trasmessa dalla memoria storica e ancora in larga parte condivisa dalla storiografia, di un autore emblematicamente arroccato su posizioni rigidamente ortodosse.

La necessità di rintracciare le fonti che possono aver ispirato Jurieu mi ha indotta a dedicare una parte consistente della mia tesi a Louis Le Blanc de Beaulieu, maestro di Jurieu a Sedan praticamente dimenticato dalla storiografia. Mentre è molto nota la teologia sviluppata dall’Accademia di Saumur, e in particolare le dottrine concernenti la produzione e il fondamento della fede che risalgono all’insegnamento di John Cameron, della teologia insegnata all’Accademia di Sedan si sa ben poco. Mi sono dunque preposta d’individuare, innanzitutto, quali fossero le linee fondamentali della dottrina ortodossa sulla conversione, formalizzata nella Confessione di fede gallicana, il principale riferimento per un riformato francese, e nei Canoni del Sinodo di Dordrecht;

quindi, di confrontare le dottrine di Beaulieu sull’origine e il fondamento della fede con questa sistematizzazione, tenendo presenti anche le concorrenti dottrine contemporaneamente accolte, invece, a Saumur, per verificare la maggiore corrispondenza all’ortodossia attribuita ai teologi di Sedan.

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L’indagine sullo statuto epistemologico della fede in Jurieu tiene perciò conto delle principali questioni dibattute nell’ambito riformato, le quali concernevano le modalità con cui si forma la fede nell’anima e il fondamento della sua certezza. I due elementi cardine di questa disputa consistono, da una parte, nelle caratteristiche attribuite all’oggetto della fede, cioè i testi sacri e le verità in essi contenute: in questo ambito, i nodi focali della discussione sono la loro chiarezza, il loro accordo con il lume naturale, la presenza di marques che ne provino la divinità. Dall’altra parte, per quanto concerne il soggetto, la riflessione si articola intorno alla definizione dell’impotenza seguita al peccato originale e al ruolo della ragione rispetto all’intervento della grazia nella formazione della fede autentica. In questo ambito, assumono una particolare rilevanza le notæ divinitatis, con cui la Scrittura può provare da se stessa la propria credibilità, e la funzione che è attribuita al sentiment interiore, attraverso cui è percepito il contatto con lo Spirito che permette di rafforzare la credenza, facendone una certezza assoluta.

È attorno a questi nuclei tematici che si sviluppa la riflessione di Jurieu intorno alla conversione, la cui formazione è inscindibilmente legata alla controversia confessionale. Il confronto con i logici di Port-Royal, Arnauld e Nicole, obbliga il teologo a definire con maggior precisione i presupposti epistemologici della via d’esame, portandolo ad elaborare degli argomenti filosofico-antropologici a supporto della dottrina ortodossa sulla conversione che egli intendeva difendere sia dalle obiezioni dei pajonisti, sia dalle accuse di enthousiasme da parte dei cattolici. Per questo, parte di questa indagine è dedicata alla disputa che coinvolse Claude e Nicole sulla fede dei semplici, in cui Jurieu intervenne e da cui fu grandemente influenzato. Data l’importanza delle idee di Jean Claude sulla formazione delle dottrine di Jurieu, si è ritenuto opportuno approfondire la figura e il pensiero sulla conversione di quest’altro celebre riformato inspiegabilmente trascurato dalla ricerca storiografica.

Claude, per Jurieu, rappresenta un mentore e un alleato perlomeno sino agli anni dell’espatrio:

grazie a lui – oltre che, forse, a Bayle – il teologo di Sedan imbastisce una difesa della via d’esame focalizzata sull’importanza del sentiment, in contrapposizione al razionalismo pajonista ma anche a quello giansenista (o, per meglio dire, di Arnauld e Nicole, perché l’accento posto da Pascal sulle

“ragioni del cuore” ha potuto invece rappresentare una possibile fonte d’ispirazione).

Alle spalle della teologia di Jurieu, che tanto spazio lascia al sentiment e al goût, vi è tuttavia una riflessione teologico-epistemologica antecedente che trae origine e spunto dalla dottrina ortodossa sulla conversione: pur dovendo limitare l’analisi ad un numero ristretto di teologi (Daillé, Beaulieu, Claude), data l’ampiezza della ricerca, si è cercato d’individuare almeno alcune tappe salienti di questo processo che giunge alle sue estreme conseguenze in Jurieu.

4. La suddivisione in capitoli

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Poiché l’origine del pensiero di Jurieu sull’indipendenza della fede dalla conferma razionale è legata principalmente a una controversia – quella con Pajon – di natura non solo filosofica, ma anche e soprattutto teologica, il I capitolo sarà centrato sull’analisi dei principali elementi della dottrina riformata sulla conversione. Jean Calvin costituirà il punto di partenza obbligato, considerando che alcuni temi portanti della riflessione religiosa del Riformatore, come il ruolo delle marques di verità contenute nei testi sacri, il repos dell’anima come effetto della fede, la differenza tra fede storica, fede “effimera” e fede giustificante o l’immagine di Dio impressa nelle Scritture, hanno successivamente improntato tutto il dibattito riformato sulla fede. Senza volere né potere ricostruire nei dettagli le posizioni emerse su questi temi nell’ortodossia riformata della fine del

‘500 e degli inizi del ‘600, mi soffermerò sulla maniera in cui il maestro e predecessore di Jurieu, Louis Le Blanc de Beaulieu, ha affrontato e rielaborato questi nuclei tematici fondamentali, fornendo la base di partenza di alcune dottrine del discepolo, in particolare l’attribuzione dell’assenso di fede alla volontà, invece che al solo intelletto.

Il II capitolo sarà dedicato al rapporto tra conoscenza e sentiment come si è andato precisando nella controversia interconfessionale intorno alla metà degli anni Settanta dei Seicento: Arnauld rifiuta al sentiment un valore epistemologico capace di costituire un solido fondamento per la via d’esame, mentre Jurieu, Beaulieu e Claude rispondono distinguendo la certezza delle verità di fede contenute nelle Scritture da quella, soggettiva, concernente la propria giustificazione, ma sottolineano l’unitarietà di conoscenze e sentimenti in quell’esperienza individuale e interiore che è la fede.

Nel III capitolo si analizzeranno l’origine e gli sviluppi della dottrina di Jurieu sulla “via di sentiment”, il cui punto di partenza è la controversia tra Nicole e Claude sulla via d’esame e, in particolare, sulla fede dei semplici, cioè di coloro che sono privi degli strumenti intellettuali e culturali necessari per svolgere un esame approfondito delle Scritture. È riflettendo all’obiezione cattolica relativa all’impossibilità per la massima parte dei credenti di praticare un esame metodico della Bibbia che Claude formula l’ipotesi della “via di sentiment” come mezzo che permette di cogliere in modo immediato e non ragionato, quindi in maniera certa sebbene confusa, gli indizi di divinità e verità contenuti oggettivamente nei testi sacri. Il capitolo analizzerà come Jurieu, inserendosi nella controversia tra Claude e Nicole, riprenda e sviluppi quest’idea, individuando nel sentiment l’unico antidoto all’incredulità e allo scetticismo che costituirebbero l’esito della disputa, una volta accertata l’impossibilità di giustificare razionalmente la fede, sia quella cattolica sia quella riformata, sulla base di dimostrazioni fondate sull’evidenza razionale. Seguendo poi le varie tappe della controversia confessionale, in particolare sul tema dell’eucarestia, se ne analizzeranno i risvolti, mostrando il nesso tra la difesa della via dell’esame fatta da Jurieu e la denuncia della persecuzione subita dai riformati e negata dal clero francese.

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Nel IV capitolo saranno messe a confronto le opinioni sulle modalità di azione della grazia nella conversione che costituiscono il confronto più prossimo per Jurieu nell’elaborazione delle sue idee sull’origine e il fondamento della fede: si tratta della nozione di azione “iperfisica” formulata da Amyraut, forse il più celebre teologo dell’Accademia di Saumur; delle ipotesi sull’instinctus divino e sulla certezza di adesione espresse da Beaulieu rappresentante della linea di pensiero dell’Accademia di Sedan; e infine delle dottrine di Pajon e di quelle di Claude, ricavabili dai colloqui che essi ebbero a Parigi nel 1676 e che vertevano sul tema della natura del peccato originale e della corruzione delle facoltà che ne era conseguita, sulla natura dell’operazione dello Spirito per rimediare a tale corruzione e sul concursus con cui Dio suscita nell’anima la fede. Le obiezioni sollevate da Claude alle idee di Pajon, e forse anche la conoscenza di Bayle e l’approfondimento delle dottrine malebranchiane contenute nei primi volumi della Recherche de la Vérité, potrebbero essere tra i motivi che spinsero Jurieu ad interrogarsi più a fondo sulla questione.

Centrato sulla dottrina della conversione formulata da Jurieu, il V capitolo analizzerà il “sistema”

elaborato da Jurieu in contrapposizione a quello pajonista, mostrandone l’originalità ma anche le incongruenze interne, dovute a una sovrapposizione di elementi filosofici derivati dall’aristotelismo e altri di origine cartesiana e malebranchiana.

Infine, abbordando, attraverso le controversie con Pierre Bayle e con Élie Saurin, alcune questioni epistemologiche fondamentali, come il grado di evidenza delle verità bibliche e la difficile conciliazione dei presupposti adottati da Jurieu con l’asserita libertà e volontarietà dell’errore, l’ultimo capitolo esplorerà le difficoltà e le ambiguità della posizione di Jurieu.

Lo scambio polemico con degli avversari i quali, al di là delle loro differenze, saranno unanimi nell’accusarlo d’incoerenza e di eterodossia, obbliga il teologo ad interrogarsi sul ruolo del sentiment nella conversione e sul valore persuasivo dei caratteri di verità contenuti nelle Scritture, e a confrontarsi con il parere delle autorità sinodali, che attesta gli esiti della riflessione sul rapporto tra fede e ragione all’interno della teologia ortodossa.

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