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Acquisto di Giovanni Pierantoni aprile 1779

178 24. Statua colossale di Giove seduto in trono

Los Angeles Paul Getty Museum INV. 73.AA.32 Già Marbury Hall

Marmo di Afrodisia493 Altezza 207 cm.

Epoca romana del I sec. a. C. ispirata ad un protipo ellenistico del II a.C.

Stato di conservazione

Scheggiata buona parte delle sopracciglia e la larga ciocca destra che ricadeva sulla fronte.

Perduto il naso e il labbro inferiore. Importanti scheggiature delle creste delle pieghe che si inarcano in mezzo alle gambe. Perduto l‟alluce e il primo dito del piede sinistro e l‟alluce del piede destro.

Collocazione nella villa

La statua fu collocata inizialmente sotto il pergolato in legno che copriva il viale centrale che saliva dall‟entrata principale del giardino: INVENTARIO 1572, [C. 377V]: Nell‟intrata del giardino. Una statua chiamata Giove, manca le mani. ZAPPI 1576,p. 2: Dopo si tira più oltre e si trova una bellissima statua di marmo raffigurante Giove, alta più del naturale, seduta su una sedia, scolpito in maniera eccellente.

Prima del 1611 divenne elemento centrale dell‟allestimento della Fontana dei Draghi realizzato al tempo di Alessandro d‟Este. DEL RE 1611, p. 65: et questa è la nicchia principale d‟essa Fontana; dentro alla qual nicchia è posta in alto vna statua di marmo bianco di Giove assiso in sedia quadra, parte vestito, e parte ignudo, con le scarpe di fascie di corame, vagamente ligate a guisa di bolzacchini fin sopra i talloni; e con vn fulmine nella mano sinistra alzata. VENTURINI 1681,tavola n. 11, Fontana dei Draghi detta la Girandola sotto il vialone delle Fontanelle; FONTANIERE 1725:[…]dentro alla qual nicchia si vede posta in alto una statua di marmo bianco di giove assiso in sedia quadra, parte vestito, e parte ignudo, con un fulmine nella mano sinistra alzata.

493 Margolis, Showers 1990, p. 287, table 1, no. 11.

179 La lunga permanenza all‟esterno e il pessimo stato di conservazione della scultura influenzò la valutazione del perito Cartieri. CARTIERI 1752, [C. 5V] : Un Giove sedente di mediocre lavoro, moderno e di figura naturale et intiero, ma generalmente danneggiato. Scudi 20. Il pregio della scultura fu invece riconosciuto dalle stime redatte al tempo delle trattative con il papa. STATUE ESISTENTI 1753: Statua che si crede antica in marmo rappresenta Giove cò fulmini in mano ella è sedente alta circa p.8 situata nella Fontana detta della Pioggia vicino a quella della Girandola. 400 [scudi].

Era stata probabilmente inserita nella prima selezione delle 23 sculture scelte dal papa Benedetto XIV. Al n.16 della VALUTAZIONE DELLE INFRASCRITTE STATUE:Statua antica di Giove Sedente col fulmine in mano di X palmi circa, di buona maniera. 400 […]. Così come nella STIMA PANNINI 1753: Giove sedente. 500 [scudi].

Esclusa alla fine dalla compravendita compare tra le sculture rimaste nella villa nello STATO

DELLE STATUE 1753:Statua antica di Giove sedente co‟ fulmini in mano 400 [scudi].

La statua fu acquistata dallo scultore Giovanni Pierantoni nel 1779 dopo essere stata valutata 300 scudi. STIMA VALLE 1779: Figura di un Giove sedente collocata nella villa sotto un portico che comparisce una grotta, molto maltrattata dall‟acqua che presentemente cola sopra, mancante delle braccia con molti pezzi di pieghe di panni e parte della pianta.

La vendita trova conferma nella MEMORIA 1788: Altre tre vendute nel 1779 allo scultore Pier Antoni per scudi 905.80 vedi Cassa seg.ta 37772. Sono una figura nell‟Appartam.to a terreno, una Figura di Femmina appoggiata a un piccolo Pilastrino, una Ninfa con un vaso sopra la spalla in un ripiano del Giardino, una Figura di un Giove sedente (?) nella Villa sotto un portico.

Descrizione

Ritratto come un uomo maturo barbato, Zeus siede in trono nel suo ruolo di re degli dei.

Originariamente reggeva i suoi attributi: uno scettro nella mano sinistra e un tuono nella destra. La statua di epoca romana risale al I secolo d.C. ma alcune caratteristiche, specialmente nella lavorazione del viso e dei capelli, rivelano che esso riproduce una precedente statua di epoca ellenistica, probabilmente della scuola di Pergamo del I secolo a.C.

Ovviamente l‟iconografia rimandava generalmente alla statua in avorio e oro realizzata da Fidia per il tempio di Olimpia.

Da Giovanni Pierantoni la statua fu ceduta a Henry Tresham che a sua volta la cedette a Gavin Hamilton. Dopo i primi tentativi di vendita a Charles Townley e all‟imperatrice Caterina II di

180 Russia, alla fine riuscì a venderla a James Hugh Smith Barry per 600 sterline nel 1781 per la Marbury Hall in Inghilterra494. Al British Museum è conservato un disegno dalla collezione Townley che raffigura la statua dotata dell‟integrazione delle braccia e del naso. Sul retro Townley ha annotato le informazioni sulla scultura ricavate dalle lettere di Hamilton: [his statue of Jupiter was placed in the Villa d'Este at Tivoli in the middle of the great fountain, which played upon it, till it was removed by Mr Gavin Hamilton, who purchased it the latter end of ye yr. 1778. its height sitting is six feet nine inches from ye plant of the feet to the top of the head. it wants all the nose, part of both eyebrows, a little bit of the underlip, both hands, a few bits of folds of the drappery, part of the great toe and of another; the chair and figure are unfished behing [behind?]. the greatest part of the marbles placed in the Villa d'Este were found in Hadrians Villa, and this Jupiter probably is of the number] 495.

Bibliografia: Michaelis 1875, p. 44, n. 1 (sotto Marbury Hall), Michaelis 1882, p. 501, n. 1;

Vermeule 1977, pp. 43–44; Raeder 1983, p. 197, no. V13; Vaughan 1987, pp. 10–11, figg. 8–

9; Vlizos 1999, pp. 129–130, cat. M.1, pl. 14,1 (Flavian); Coltman 2009, p.130, fig. 43; Palma Venetucci 2010, pp. 64 e 68; Cacciotti 2010, p. 77.

494 Cfr. le lettere di Hamilton a Townley del 17 aprile del 1779 con il disegno (TY 7/631), quella del 24 luglio TY 7/634, quella del primo agosto (TY 7/635) e quella del 18 settembre (TY 7/636).

495Disegno a penna e inchiostro con lavaggio grigio, con il marchio della collezione Taylor Combe per Charles Townley. Conservato presso il British Museum, Greek & Roman Antiquities department, n. 2010,5006.1674. si tratta di una copia del disegno inviatogli da Hamilton, che Townley realizza prima di restituire l’originale.

181 25. La ninfa Myrtoessa

Stockholm

Gustav III´s Museum of Antiquities Inv. NM Sk 8

Altezza totale completa del plinto 1,69; altezza del plinto 0,08.

Marmo bianco a grossi cristalli. Restauri in marmo bianco con venature grigie a grana fine.

Replica traianea di un originale di età tardo classica o primo ellenistica.

Stato di conservazione

Di restauro la parte inferiore del collo, entrambe le braccia e le spalle, la ricaduta del panneggio dalla mano sinistra e il seno destro. È una integrazione moderna anche la parte inferiore del panneggio scolpito nello stesso pezzo con il piede destro e il plinto. Sul retro una grappa in metallo assicura la connessione tra la scultura e il plinto moderno. Un buco riempito da un perno in marmo è probabilmente parte del sistema per assicurare le braccia. La sommità delle spalle, il retro, il petto e le pieghe che interessano l‟area delle anche sono profondamente rovinate dalle intemperie.

La testa antica, ma non pertinente, potrebbe risalire al restauro settecentesco (cfr. infra). Si tratta di una replica del tipo dell‟Afrodite Louvre – Napoli datata in età giulio – claudia.

Collocazione nella villa

Originariamente era esposta in pendant con una replica dello stesso tipo nella stanza del piano inferiore che dava accesso al Giardinetto segreto. INVENTARIO 1572, [c. 379r]: Nella grotta del giardinetto […]Una mirtressa di marmo vestita con un vaso in spalla. Una statua di una Hirroe vestita con un vaso in spalla.

Nel Seicento le due statue furono collocate simmetricamente all‟entrata orientale della Fontana della Civetta. DEL RE 1611, pp. 63–64: L‟vscita da questo luogo verso Leuante ha due statue di marmo bianco di Donne, vna per lato con vn vaso, che butta acqua sù la spalla, alte palmi sette, e mezzo. Quella da mano destra è alquanto curua con le chiome annodate dietro al testa, con bracci ignudi, et vestita di veste doppia, et ha la sottoscrittione infrascritta: MYRTOESSA, nella basetta. […] et ciascuna di esse stà rileuata alquanto da terra sopra vn vaso quadrangolo di pietra Tiburtina, dentro al quale cade l‟acqua, ch‟esce

182 dal vaso, che tiene sopra la spalla. Sono visibili in primo piano nella tavola n. 18 “Teatro e Fontana della Civetta con diversi giochi d‟acqua” di VENTURINI 1681.

Le due statue rimasero nelle due nicchie fino al Settecento. FONTANIERE 1725,pp. 17–18: Per fine appoggiate á quella parte di muro, che serve di termine alla Piazza nell‟ingresso del Viale, vedrete DUE STATUE ANTICHE DI MARMO BIANCO, rappresentanti due Donne alte palmi sette, e mezzo per ciasched‟una. Sotto quella á mano destra leggesi nella piccola base la seguente inscrizione MYRTOESSA, e sotto l‟altra á man sinistra leggesi quest‟altra ANCHIRROE. L‟una, e l‟altra poi reggono sú le spalle un vaso pure di marmo, dá cui versano acqua in una tazza appoggiata al piedistallo.

La lunga esposizione alle intemperie le ridusse in un pessimo stato di conservazione sottolineato dalle stime settecentesche. CARTIERI 1752: Doe statoe simili [aggiunta di altra mano: ideali] di marmo totalmente rovinate. STATUE ESISTENTI 1753: Due statue di marmo si credono moderne e rappresentano due ninfe che sostengono l‟urna sulle spalle, donde escono le acque, alte al naturale, situate vicino alla fonte della Civetta, sono di altezza naturale, mancanti e rotte in varie parti. 80 [scudi]. STATO DELLE STATUE 1753: Due statue di marmo che rappresentano Ninfe presso la fonte della Civetta. 80 [scudi].

La statua fu acquistata da Giovanni Pierantoni insieme al Giove colossale sedente e una statua femminile semi panneggiata. Nella stima redatta in occasione della vendita vengono elencate tutte le parti rotte o mancanti della scultura, valutata 140 scudi. DELLA VALLE 1779:un'altra figurina di una ninfa con un vaso sopra la spalla sinistra collocata in un ripiano del giardino in un sito, che non vi è troppo praticato, mediante una fontana, che presentemente è molto mal‟andata, perciò manca alla med.a la testa, e le due braccia, come anche parte delle spalle, una mammella, e mezza gamba con parte della pianta, e moltissimi tasselli nelle pieghe.

Descrizione

La figura indossava un peplo con lungo apoptygma e ampio giromanica, originariamente privo delle maniche aggiunte sulle braccia di restauro. Al di sopra della sottile veste è disposto obliquamente un mantello. Due dei lembi sono appoggiati sulla spalla sinistra, mentre il bordo superiore arrotolato attraversa il seno e passa sotto l‟ascella destra. Più sotto la porzione mediana è raccolta in un secondo rotolo che ripete un andamento simile al primo sul torso. Il mantello è così accorciato in modo da non pendere oltre la schiena.

183 Protesa in avanti, avanza con la gamba destra, mentre la sinistra regge in suo peso. La mano destra raccoglie e solleva un lembo della lunga veste che intralciava il passo. Il braccio destro sollevato sulla testa bilancia il movimento in avanti, ma il gesto di afferrare il lembo del mantello che risale dalla schiena è sicuramente una aggiunta di Pierantoni496 che male interpreta il soggetto visto che reduplica il lembo originale ancora visibile appoggiato e pendete dalla spalla sinistra.

Il tipo, molto popolare in età romana, è attestato da più di venti repliche che però si differenziano tra loro per stile e dettagli iconografici, tanto che è difficile trarre conclusioni certe circa l‟originale greco497. La figura è stata interpretata dalla critica moderna o come rappresentazione di ninfa che avanza per entrare in acqua o come rappresentazione della musa Erato in atto di danzare498.

Nella Villa d‟Este le due repliche sostenevano un vaso sulla spalla dal quale scendeva acqua nella vasca antistante che le identificava, insieme all‟iscrizione sulle basi con i nomi di Myrtoessae di Anchiroe, come ninfe.

Incerta resta l‟originaria identificazione delle due statue in età romana, visto che sia il vaso sia l‟iscrizione, con cui sono attestate alla Villa, potrebbero essere state moderne e risalire al restauro cinquecentesco. L‟antichità della iscrizione non è accertabile, visto che il plinto della statua in questione risale al Settecento, mentre divergenti sono le opinioni sulla originari età dell‟iscrizione sul plinto dell‟Anchyroe, oggi a Liverpool (cfr. infra).

La statua acquistata da Pierantoni, che forse svolse solo un ruolo di mediazione, fu subito ceduta, insieme alla statua di Giove in trono, a Henry Tresham che aveva in quegli anni499 aveva già acquistato tre statue di muse e una di Apollo da Gavin Hamilton, con l‟intento di ricostruire l‟intero gruppo500. È possibile quindi che il restauro di Pierantoni, che privò la figura del vaso e dispose il braccio sinistro a sollevare il mantello, per reinterpretarla come musa danzante fosse dettato dalle esigenze del nuovo acquirente.

Fallito nel tentativo, il pittore e collezionista irlandese vendette le muse e la statua di Apollo in suo possesso a Giovanni Volpato che, completato il gruppo lo vendette al re Gustavo III di Svezia nel 1784 insieme ad una statua di Apollo, una Diana cacciatrice e una vestale501. La

496 Cfr. infra.

497 Pinkwart 1965, pp. 199 – 202; Bieber 1977, p. 125; Leander Touati 1998, pp. 144 – 147.

498 Esistono prove che l’esistenza di entrambe le interpretazioni (Leander Touati 1998, p. 144).

499 Il pittore irlandese risedette a Roma tra il 1775 al 1789

500 La composizione era stata iniziata da Hamilton sotto la spinta del famoso rinvenimento del tempo del gruppo di muse della cosiddetta villa di Cassio a Tivoli del museo Vaticano. Sulla influenza del rinvenimento sul gusto dell’epoca cfr. Palma Venetucci 2003, pp. 282–283.

501 Leander Touati 1998, pp. 111–114.

184 provenienza dalla Villa d‟Este e il restauro di Pierantoni per una delle muse sono ricordati nella Lettera sulle Muse che Francesco Piranesi invia a Carl Fredric Fredenheim dell‟ottobre del 1792502 per illustrargli, al fine di svalutarne il pregio, l‟origine diversa delle singole sculture che componevano il gruppo acquistato dal re503.

All‟interno del gruppo la musa estense era stata erroneamente identificata con la statua di Calliope504, l‟unica seduta, sulla base della notizia dell‟esistenza di una figura di ninfa seduta in una nicchia della Fontana dei Draghi.

I dati di archivio invece escludono che possa trattarsi della scultura di ninfa visto che fu acquistata da Vincenzo Pacetti solo nel 1788, ben tre anni dopo l‟arrivo del gruppo a Stoccolma505e dimostrano, grazie alla notizia della mediazione di Pierantoni per l‟acquisto della Myrtoessa e alla dettagliata descrizione dello stato di conservazione della scultura contenuta nell‟atto di vendita, che la statua proveniente dalla collezione estense è quella restaurata come Tersicore. Le parti restaurate coincidono infatti perfettamente con quelle dette mancati o rotte all‟epoca dell‟acquisto506.

La testa antica, ma non pertinente, è probabilmente stata aggiunta la tempo del restauro settecentesco, visto che è detta mancante mancate nella perizia dello scultore Della Valle del 1779.

Bibliografia

Fredenheim, Ex Museo Regis, pl. 8; Pinkwart 1965, p. 200; Brummer 1973, p. 22; Leander Touati 1998, pp. 144–147, n.12, fig. 49 (con bibliografia precedente).

502 Le lettere sul tema sono due, una dell’11 luglio del 1792 e una del 27 ottobre 1792, in cui corregge alcune informazione date nella precedente(Nationalmuseum Archives, MS H II A, s. v. Gustav III). È sulla base di queste annotazioni del Piranesi che Fredenheim compila in suo catalogo.

503 Il gruppo era stato composto da contesti differenti e non sempre l’accostamento stilistico e delle dimensioni tra le statue era stato fatto al meglio e una parte di esse non era stata originariamente una musa me era stata restaurata come tale. Francesco Piranesi, che stava tentando al tempo di vendere al re la collezione del padre, aveva tutti gli interessi a screditare il gruppo di Volpato.

504 Così in Leander Touati 1998, pp. 134 e 136, con bibliografia precedente.

505 Le muse giunsero partirono da Roma il 15 aprile del 1785 per essere imbarcate a Livorno sulla nave da guerra svedese Gripen, che arrivò a Stoccolma il 1 settembre 1785. Il re e Fredenheim assistettero all’apertura delle casse d’imballaggio; si erano rovinate soltanto una musa, che ebbe il collo spezzato e una statuetta alla quale si ruppero le gambe (Lumetti 1990, p. 100).

506 Cfr. Leander Touati 1998, fig. 49, in cui sono evidenziate le parti risalenti al restauro moderno.

185 26. Statua femminile semi panneggiata del tipo della “Venere marina”

Dispersa.

Marmo bianco.

Collocazione nella villa

L‟arredo scultoreo dell‟anticamera al Giardinetto segreto, detta nel‟inventario del 1572 grotta del giardinetto fu stravolto prima del 1611. Le due statue di Eros con l‟arco furono esposte nella Sala del Piano Nobile, mentre le statue di Anchiroe e Myrtoessa furono spostate all‟entrata della fontana della Civetta. Al loro posto furono collocate due statue femminili, affiancate da un pilastrino su cui poggiava un vaso da cui scorreva acqua, quella in questione semi panneggiata l‟altra interamente vestita.

Potrebbero essere state introdotte nella collezione al tempo di Alessandro d‟Este, visto che non è possibile individuarle con certezza nella documentazione cinquecentesca a meno che non coincidano con qualcuna delle sculture citate in maniera del tutto generica nell‟inventario del 1572.

Le sculture rimase esposte nella sala fino a loro acquisto nella seconda metà del XVIII sec.

DEL RE 1611, p. 26: Ne‟ lati di questa Fontana, et conca sono due STATVE di donna di simil marmo, e grandezza, dritte, con vn vaso sotto al braccio, per lo quale buttano acqua verso la conca della Fontana. La statua à mano sinistra tiene il crine raccolto, et aggroppato dietro la testa, et è dall‟ombelico in giù, et nel braccio manco coperta. La statua compare nella incisione n. 6 “Fontana di Venere in una delle camere ultime del palazzo” di VENTURINI

1681.

FONTANIERE 1725, p. 60:Ne‟ lati di questa Fontana, ed‟ urna stanno ritte in piedi due antiche statue di donna di marmo bianco con un vaso sotto il braccio, per cui gettano acqua verso la conca della fontana; CARTIERI 1752, [c. 11r]:A canto vi sono due statue di donne incognite panneggiate. Una però è seminuda con vaso in mano dritta di mediocre maniera. Figura naturale. Si valutano scudi 30 l‟una; STATUE ESISTENTI 1753: Nelli lati della Fonte vi sono due statue paludate […], l‟altra in marmo pario, che rappresenta Venere seminuda, con accomodatura particolare di capelli à somiglianza di qualche ogetto incognito, opere antiche ristorate; STATO DELLE STATUE 1753: Due statue palludate di Giunone e Venere colli loro Piedistalli; DELLA VALLE 1779: Figura collocata nell‟appartamento terreno nell‟ultima stanza che vi è una fontana che presentemente non ha acqua, vi è posta alla manca di detta

186 fontana una figura di femina appoggiata a un piccolo pilastrino; vi manca di antico alla med.a figura la testa, ed il braccio destro, e moltissimi pezzi alle pieghe, ed ha la pianta scollocata.

Descrizione

Acquistata da Giovanni Pierantoni, fu probabilmente ceduta a Henry Tresham insieme alla statua di Ninfa e di Giove colossale. Non è stato possibile rintracciare la collocazione attuale della statua.

L‟iconografia, ricostruita nelle linee essenziali dalle fonti scritte, può essere apprezzata nei dettagli nella incisione del Venturini. La figura semi panneggiata poggiava il suo peso sulla gamba sinistra, mentre la destra era flessa e leggermente avanzata e scartata lateralmente, con il piede appoggiato davanti al pilastrino che fungeva da sostegno. Il braccio sinistro, coperto da un lembo del mantello, era piegato con la mano appoggiata al fianco. Il destro si appoggiava su un vaso, sostenuto dal pilastrino, da cui sgorgava acqua. La testa leggermente voltata a destra.

Il mantello, che avvolgeva le gambe fino alle caviglie lasciando scoperta leggermente quella sinistra, aveva l‟orlo superiore ripiegato che ricadeva sul panneggio principale attraversandolo diagonalmente.

Del tipo si conoscono ventisette tra repliche e varianti di cui due esemplari da Ostia conservano la testa originaria. Alcune repliche presentano un delfino al posto del pilastrino, ma ci sono ragioni per credere che, mentre il pilastrino era parte integrante della composizione originaria, il delfino sia una aggiunta dei copisti romani. Le forme del corpo giovanili e il vaso spingono ad interpretare il tipo, che è stato datato nella seconda metà del II sec. a.C, più come una rappresentazione di ninfa che come una Venere.

Bibliografia

Sul tipo Schröder 2004, pp. 172–175, n. 129.

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