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Acquisto del papa Benedetto XIV maggio 1753

109 2. Artemide nel tipo Versailles

Roma

Musei Capitolini- Palazzo Nuovo Atrio n. 20

Inv. S. 62

Altezza: 194 cm Marmo grechetto.

Replica di età imperiale di originale di IV sec. a.C.

Stato di conservazione

Sulla testa, di sicuro non pertinente, sono di restauro in marmo la parte destra della mezzaluna e il naso e, in gesso, il mento. All‟attacco del collo è visibile la linea di frattura. Risultano intergrate anche le braccia, la faretra, l‟estremità del drappo svolazzante sulla parte destra e altre piccole porzioni della veste, mentre è frantumata la cresta di una piega del rotolo davanti al corpo e una del manto che scende in diagonale sul torso; due dita della mano destra sono spezzate. Le gambe sono integrate da sotto il ginocchio insieme al plinto con il puntello e il cane, del risultano integrate le orecchie, in gesso, e la parte anteriore del viso. Lo stucco rosa è utilizzato per alcune dita della mano destra e per il risvolto del chitone sulla coscia sinistra.

La condizione attuale è il risultato di interventi susseguitisi nel tempo. Nel cinquecento vennero intergrate la testa, le braccia, le gambe dai ginocchi in giù con il plinto e il cane e parti consistenti del panneggio. Al tempo dell‟acquisto di Benedetto XIV, Cavaceppi sostituì la testa cinquecentesca con una antica in suo possesso e il braccio destro rotto con uno realizzato da lui ex novo, del quale si nota la diversità del marmo. Riattaccò poi quattro parti del panneggio che si erano staccate e realizzò ex novo un pezzo di panneggio grande che mancava.

CONTO CAVACEPPI 1754: “Auerci staccato la testa moderna e messoci una testa anticha comprata del mio. Comessa e attaccata in detta Statua. leuatoci un braccio moderno già rotto e molto malfatto. Il d.o braccio riffatti di nouo fattoci prima il modello comesso e attaccato, riattaccati quattro pezzi di pieghe grandi. Per auer fatto un pezzo di piegha grande che manchaua, rimesso in piano la pianta in quatro che era molto malfatta stuccata nelle rotture antiche ripulita e dato l‟antico”.

110 Collocazione nella villa:

Dal 1572 la statua compare nella nicchia centrale in fondo alla Grotta di Diana. La presenza di una statua della dea era prevista già dal progetto del Ligorio. Nella DESCRITTIONE al n. 55: In questa grotta, la qale s‟è detto esser dedicata al piacer honesto et alla castità fatta di tre Nicchi gra‟di uno in faccia, et due dalle bande, benche qello, che riguarda verso Roma sia sfo‟dato per dar aria alla grotta sono due fontane una dedicata a Diana Dea della castità l‟altra a Hippolito giouane castisso.

Fino all‟acquisto di Benedetto XIV è citata nella stessa collocazione da tutte le fonti a disposizione. INVENTARIO 1572,[c.378V]: Una Diana di marmo bianco intiera con il cane e l‟arco; AUDEBERT 1576: une statue tres exellente, et beaucoup plus haulte que le naturel, estant tout au bout de la fontaine. Elle a son habit retrousse et tire de l'arc ayant le pied gaulche aduanc en auant, & le droict a demy hors de terre s'appuyant seulement sur le bout,

& pres iceluy est un Chien qui semble attentif a quand la beste sera blessee pour courir apres: La main gaulche d'icelle est esleuee tenant son arc, & la droicte est demeuree en l'air comme venant encores de tirer tout a l'heure, le bras estant tout ployd, le coude en l'air, et les deux doigts dont a estd tiree la corde demeurez encores recourbez, & le carquoys attache derriere se monstre par dessus l'espaulle, & ainsy elle semble attendante ou donnera le coup,

& sur la teste d'icelle y a un croissan. ZAPPI 1576, P.10: la Diana, similmente di marmo, con una veste succinta la quale tiene il suo archo in mano e faretra con il cane a piedi sopra di un monticello. DEL RE 1611, p. 43: si vede di simil marmo bianco la Statua di diana in piedi alta palmi otto, e tre quarti, calzata con bolzacchini a‟piedi, con chioma artificiosamente annodata su la testa, et vna mezza Luna crescente sopra. È coperta per tutto il busto fino al ginocchio di sottil manto, et vno asciugatoro, che piegato le cala dal collo con l‟estremità, le quali stanno mirabilmente rivolte intorno a‟ reni in vece di centura. Tiene la gamba sinistra innanzi, et la destra dietro co‟l carcasso di frezze dietro alla spalla dritta, et ambi li bracci ignudi, et arco alla mano sinistra, et in atto di voler scoccar l‟Arco dietro ad un lepre correndo”; FONTANIERE 1725,p.43:A‟ capo della croce, e in faccia dell‟ingresso vedesi la fontana principale Formata principale formata dalla statua di Diana, dá cui riceve la denominazione tutta la stanza. Qui dunque trovasi una nicchia lavorata á mosaico alta ventitré, e larga quattordeci palmi, e dentro ad‟essa sopra un grottesco fatto di pietre spongose, conchiglie marine, rami di coralli, ed‟altre rare pietre, si vede di simil marmo

111 bianco la statua di Diana in piedi alta palmi otto, e tré quarti, calzata con bolzachini né piedi, chioma artificiosamente annodata, ed‟ una mezza luna crescente sopra la testa. È coperta per tutto il busto sino al ginocchio di sottil manto. Tiene la gamba sinistra inanzi, e la destra dietro col turcasso dietro alla spalla destra, et ambi li bracci ignudi, et arco alla mano sinistra in atto di volerlo scoccare, correndo dietro ad un lepre; CARTIERI 1752, [c. 5v]:

Diana, figura maggiore del naturale, in piedi, in atto d‟aver scaricato l‟arco, col suo cane a‟

piedi. La testa et il cane sono moderni, e di altro scarpello, restando in dubio se sia antico il busto. Sta in veste succinta, che gli si rivolge a mezzo al petto, e scende in giù inegualmente.

È appoggiata ad un tronco. Opera mediocre e si stima scudi 60; STATUE DI MARMO ESISTENTI

1753: Statua di Diana cacciatrice in atto di camminare e scoccare intanto la Saetta contro una belva aggruppata con Cane à piedi in marmo pario scolpita da autore Greco e ristorata da mano moderna alta p.mi 8. 800 (scudi).

Descrizione

Artemide cacciatrice, vestita di chlanis e di corto chitone, cinto sotto il seno e con apoptygma, incede rapidamente verso sinistra, mentre afferra una freccia dalla faretra con la destra, mentre la sinistra impugna l‟arco. L‟impeto del gesto è rappresentato dal drappeggio svolazzante e dal piede destro ancora alzato. L‟impostazione e l‟iconografia della figura ricalcano dunque il tipo detto dell‟Artemide di Versailles o Diana à la biche dall‟esemplare più rinomato. Le riproduzioni che compongono la serie del tipo non costituiscono però mai copie perfette, trattandosi perlopiù di esemplari rimpiccioliti e radicalmente impoveriti. Uno de punti maggiormente discussi è la torsione verso destra del capo, più accentuata in alcuni esemplari, dalla quale dipende l‟angolo di visuale migliore della statua per lo spettatore. Altre contraddizioni sono inoltre le calzature indossate e l‟animale al suo fianco.

L‟originale, del quale quindi si sono tramandate le linee essenziali e le componenti di base, è datatabile nell‟ultimo trentennio del IV secolo soprattutto per lo schema della figura in corsa e con le vesti svolazzante e qualcuno, sulla base delle consonanze con l‟Apollo del Belvedere, lo attribuisce a Leocare.

Per alcuni invece la molteplicità delle prospettive, di marca già proto ellenistica, offerta dalla statua della Artemide, generata dal torso impostato obliquamente sulle gambe, non solo la distanzierebbe dall‟Apollo del Belvedere, ma anche daterebbe l‟originale nel II sec. a.C.

L „esemplare in questione denota nel torso un disegno preciso, seppur rigido negli orli delle pieghe, mentre le increspature della stoffa a trama ondulata sono fortemente banalizzate

112 rispetto agli esemplari più riusciti. Gli intenti coloristici evidenti nei solchi scavati dal trapano corrente inquadrano la replica nel periodo proto antoniniano.

La testa dichiarata dallo stesso Cavaceppi come antica, non è pertinente. La struttura del viso con le guance gonfie, un accenno di adiposità sotto la gola e la bocca piccola e carnosa rinviano a tratti ricorrenti dell‟imagerie antoniniana soprattutto per le consonanze con i ritratti dell‟epoca. Più in dettaglio il taglio degli occhi con iride incisa sormontati da sopracciglia molto distanziate e a largo arco si avvicina ai ritratti di Faustina Minor degli anni sessanta del II sec. d.C.

Provenienza:

La statua potrebbe corrispondere ad una delle statue rinvenute dal cardinale Carafa nel cosiddetto Stadio a Villa Adriana, in parte confluite in proprietà estense454, ma la provenienza dalla Villa Adriana non può essere accertata. Infatti tra gli acquisti di sculture registrati nei conti di Ippolito compaiono due statue di Diana, delle quali è attestato anche il trasporto a Villa d‟Este da Montecavallo nel 1569 e nel 1571. Il dato non corrisponde al fatto che nella Villa a partire dal 1572 è citata una sola statua di Diana.

Bibliografia

Bottari III. 1755, pp. 157–158, tav. 72; Mori I.1806, pp. 129–133, atrio tav. XXV; Tofanelli 1818, p. 13, n. 20; Clarac IV.1850, p. 47, n. 1224; Stuart Jones 1912, p. 44, n. 52, tav. 6;

Bieber 1977, p. 76, fig. 286; Raeder 1983, p. 198, V. 18; Baldassarri 1989, pp. 92–95, n. 40;

La Rocca, Parisi Presicce 2010, n. 24 (con bibliografia precedente).

454 Cacciotti 2010, p. 83; Ligorio 2005, pp. 181-182, c. 37, p. 184, c. 41; Baldassarri 1989, pp. 92-95, n. 40.

113 3. Satiro in riposo

Roma

Musei Capitolini - Palazzo Nuovo Sala del Galata

Inv. S 739

Altezza: 170,5 cm Marmo Lunense.

Replica di età imperiale da un originale di Prassitele

Stato di conservazione

L‟intera superficie del corpo è stata lucidata ad eccezione della capigliatura, della pelle di pantera e del tronco dell‟albero che appaiono porosi con resti della patina originaria. Sono di restauro il naso, due riccioli sopra l'orecchio sinistro; la parte inferiore del braccio destro con la mano e il flauto; il braccio sinistro, eccetto due dita della mano; tre dita del piede sinistro;

bordo del plinto; alcuni lembi della pelle, con parti del muso della pantera e sezioni del bordo del plinto. Tutti gli interventi e le integrazioni risalgono al restauro settecentesco.

CONTO CAVACEPPI 1754: La med.a riattaccata nelle Gambe con perni fondi in tre luoghi p.

auer fatto la base di nuovo. Alzata la figura con bilancia incassata in d.a base con perni e mistura. Nelle pieghe della pelle di Leone fatto tre pezzi grandi e scolpitoci la pelle. Fattogli la pelle della maschera di Tigre che parimente cade sopra il petto. Fatto il braccio destro con il ciufolo in mano. fatto il braccio sinistro con mano al fianco, comesso con molta dificoltà, perché incastra tra la pelle la mano attaccati e comessi con perni e d.e braccia fatti prima li modelli e formati.nelli piedi fatte tre punte di dita.la d.a Statua p.essere tutta corrosa e auerla ridotto con la pelle lustra, stuccata e dato il tartaro a tutto il moderno”. Pare che non procedette ad un lustratura della statua, tanto che per omogeneizzare il colore del restauro moderno, patinò le parti moderne.

Collocazione nella villa:

La statua del giovane satiro inizialmente fu esposta nel Giardinetto Segreto in pendant con una statua dello stesso soggetto, ma di fattura meno elevata, insieme alla statua di Venere nuda affiancata da un putto seduto sula testa un delfino. Probabilmente la collocazione originariamente prevista dal progetto per le due statue erano le nicchie a piano terra verso il

114 Vialone del Cenacolo. Nella DESCRITTIONE al n. 59: Cenacolo di muraglia conli conci di teuertino co‟ due nicchi per di fuori, et due fauni al naturale.

Nel Giardinetto rimasero fino all‟inizio del XVII sec. INVENTARIO 1572, [c. 379r]: Doi fauni ignudi a capo al giardinetto con doi nicchi”. Non sono citate da Audebert, che per il giardinetto parla genericamente di nicchie con statue citando solo il Liocorno, e nemmeno da Zappi che non descrive niente dell‟arredo scultoreo del palazzo.

Nel 1611 sono ancora descritte in due nicchie angolari delle alte mura del recinto del Giardinetto. DEL RE 1611, p. 27: statua di simil marmo alta palmi otto senza basetta di vn FAUNO ignudo tutto, eccetto, che con una pelle di Tigre, con la testa di essa pelle sopra la spalla dritta, et il resto della pelle li cinge dinanzi al petto, et entra sotto al braccio sinistro, et col braccio destro s‟appoggia ad un tronco d‟albero.

Nel corso del XVII secolo i due satiri trovarono nuova collocazione. Nella incisione di VENTURINI 1691,n.19 “Fontana di Proserpina contigua a quella della Civetta nel giardino estense in Tivoli” compaiono infatti insieme nelle nicchie laterali del prospetto della fontana ultimata in quegli anni. Dalla incisione si distinguono nettamente le differenze di impostazione tra i due esemplari del tipo.

Nelle stime settecentesche sono descritte insieme ad altre due statue di fauno, prelevate dalle nicchie del cortile dell‟Ovato, nel Cenacolo. CARTIERI 1752, [c. 9r]: Alla loggia detta della Mora […] Altro Bacco appoggiato ad un tronco con traversa su le spalle di pelle di tigre; gli manca il braccio dritto. STATUE ESISTENTI 1753: “Quattro statue moderne di marmo rappresentanti Fauni di grandezza al naturale. Alcune hanno le mani ed altre cose rotte”. Tra gli acquisti realizzati da Benedetto XIV nello STATO DELLE STATUE 1753: Statua di marmo rappresentante un Fauno mancante d‟un braccio.

Descrizione

Il giovane Satiro è immediatamente riconoscibile dalle orecchie appuntite e dalla pelle di pantera (pardalis) che attraversa in diagonale il busto, nonché dalla forma allungata degli occhi e dal tronco di albero che suggerisce l‟ambientazione silvestre. La figura, appoggiata con il gomito destro sul tronco che le fa da sostegno, è fortemente sbilanciata. La distanza piuttosto ampia tra figura e il suo appoggio enfatizza la inarcamento dell‟anca sinistra verso destra e la sensazione di rilassamento e sbilanciamento. La gamba sinistra è tesa in appoggio e la destra flessa e arretrata, con il piede sollevato e incrociato dietro all‟altra gamba; il braccio

115 destro appoggiato determina un leggero sollevamento della spalla corrispondente, mentre quello sinistro si appoggia con il dorso della mano sul fianco.

La pardalide scende trasversalmente dalla spalla destra, dove è fermata dalla testa della pantera resa per intero e minuziosamente, lasciando nudi la spalla sinistra e gran parte dell‟addome, mentre sul retro copre quasi per intero il tronco fino al bacino.

La testa larga è leggermente reclinata e piegata verso destra; la capigliatura di media lunghezza è trattenuta da una tenia all‟altezza delle tempie, al di sotto della quale folti ciuffi ben distinti incorniciano il volto e scendono verso la nuca, lasciando le orecchie appuntite scoperte.

Winckelmann fu il primo, seguito da Ennio Quirino Visconti, notando a Roma più di una trentina di statue raffiguranti giovani satiri dalle caratteristiche simili, ad attribuire il soggetto a Prassitele, attribuzione accolta tuttora dalla maggior parte degli studiosi.

Si tratta di uno dei tipi statuari maschili maggiormente documentato nella tradizione copistica;

si conoscono infatti più di cento esemplari del tipo concentrati soprattutto a Roma e in Italia.

La popolarità del soggetto ha indotto molti a riconoscere il prototipo nel satiro peribòetos citato da Plinio nella lista delle opere in bronzo di Prassitele. Una recente ipotesi identifica invece l‟originale con il satiro in marmo pario visto da Pausania a Megara nel tempio di Dioniso, avendo la figura una impostazione che meglio si adatta al marmo.

La soluzione del troco, adottata probabilmente già nel prototipo, non tanto come elemento statico, quanto come elemento narrativo, il flauto o doppio flauto tenuto nella mano destra, insieme alla tenia e alla pardalide collegano la figura all‟ambiente silvestre dei Fauni e a Dioniso. Il soggetto ben si adattava quindi all‟arredo di giardini, peristili e interni di rappresentanza e questo spiega le dimensioni ridotte di molti esemplari.

La replica capitolina, databile ad età adrianea, è forse la replica più pregevole tra quelle conosciute, sicuramente realizzata per una prestigiosa commissione e ispirata direttamente all‟originale.

La statua appartenne al gruppo di sculture cedute ai Francesi nel 1797 in seguito al trattato di Tolentino. Esposta nel Musée Central des Arts a partire dalla sua inaugurazione il 9 novembre 1800, fu restituita alle collezioni capitoline nel 1815 e nell‟anno successivo risistemata nel museo.

Nella Villa d‟Este era esposto in pendant con un statua dello stesso soggetto, ma diversa nell‟impostazione: la gamba flessa, arretrata e posta dietro all‟altra gamba nell‟esemplare capitolino, è invece spostata lateralmente. Esposte inizialmente nel Giardinetto segreto,

116 quando la Fontana di Proserpina fu ultimata nel corso del XVII sec., furono collocate nelle nicchie laterali del prospetto e poi spostate insieme ad atre due statue di fauno che decoravano le nicchie del recinto dell‟Ovato nella Loggia del Cenacolo per proteggerle dagli agenti atmosferici.

Non è possibile accertarne la provenienza. Una statua di Fauno era stata comprata il 13 novembre 1565 per Monte Cavallo da Messer Giuliano, un chirurgo che aveva una casa a Monte Giordano insieme ad una statua di Diana e una di Venere per il costo totale di 45 scudi e 50 baiocchi. Una seconda statua di fauno fu comprata nel 1568 dall‟abate di S. Sebastiano a Roma, tramite l‟antiquario Stampa, per 46,40 scudi455.

Bibliografia

Bottari III. 1755, p. 63; Stuart Jones 1912, pp. 350–351, n. 10, tav. 87; Helbig 1966, n. 1429;

Gercke 1968, p. 25, n. st.6; Haskell, Penny 1981, pp. 209–210; Pasquier, Martinez 2007, pp.

260–262, n. 60 (J.-L. Martinez); Corso 2010, pp. 42–69; La Rocca, Parisi Presicce 2010, pp.

446–451, n. 5 (M. Mattei); La Rocca, Parisi Presicce 2012, pp. 311–312, (A. Avagliano);

Dodero, Parisi Presicce 2017, pp. 339– 340, cat. W7 (E. Dodero); Todisco 2017, pp. 35–39.

455 Venturi, pp. 202–203.

117 4. Meleagro - Tondo con testa maschile ad altorilievo

Roma

Musei Capitolini Palazzo Nuovo Scalone

Inv. S 702

Marmo bianco a grana fine (tondo) e marmo lunense (peiduccio e cartilgio) Altezza 53,5 cm, con il pieduccio 71 cm

Opera rinascimentale della metà del Cinquecento

Stato di conservazione:

Le superfici si conservano intatte. La zanna destra della spoglia di cinghiale è spezzata, come pure la punta di quella sinistra. Di restauro sono la punta del naso fino a circa metà delle narici, le labbra con i denti e parte dei baffi, le orecchie della spoglia ferina, un piccolo settore del margine inferiore del busto, la cui lacuna è stata risarcita con un segmento di marmo che è solidale con il cartiglio. Ai lati della testa si osservano due incassi rettangolari praticati nel piano di fondo e destinati con ogni probabilità ad accogliere grappe metalliche che ancoravano il tondo ad una parete.

Al tempo del restauro di Cavaceppi il tondo è stato montato resecando un segmento della circonferenza su un peduccio modanato con cartiglio, dal quale prende avvio sul retro un sostegno verticale, finalizzato a consolidare l‟attacco tra i due elementi.

CONTO CAVACEPPI 1754: Ad una testa di Meleagro auerla ripulita fattoci una base con cartella e nel plinto scolpitoci le lettere, e attacata assieme alla Testa e sprangha p.maggior Fortezza e dato l‟antico456.

Collocazione nella villa

La testa è citata genericamente dall‟ INVENTARIO 1572: Al piano delle scale al paro della loggia insieme alle due statue di “consoli vestiti” e ad altre tre teste in marmo bianco (Commodo, Vitellio e Settimio) e una in marmo nero e alla Venere addormentata della fontana del cortile. Audebert si limita a citare le due statue di togati e la Venere. Del Re lo

456 La tipologia del peduccio e del cartiglio è tipica di Cavaceppi (Howard 1982, p. 222). La base è oggi priva del plinto, sul quale, stando al conto, Cavaceppi aveva scolpito “le lettere”, forse un’iscrizione commemorativa della munificenza pontificia.

118 colloca insieme a Vitellio e Settimio nelle nicchie sopra la porta di accesso alla sala del piano superiore457. DEL RE 1611, p. 10: Dal manco lato della testa di Vitellio in vn‟altra nicchia simile si vede una testa di simile marmo la quale è coperta di pelle del capro, et piedi dinanzi d‟vn porco seluatico detto cinghiale, et è Meleagro in atto di essalare il precario spirito; FONTANIERE 1725, pp. 62–63: Prima d‟entrare nell‟appartamento osservate trè busti che sono in alcune nicchie poste in varÿ luoghi di queste loggie. Quello sopra la Porta laterale à mano destra è di Settimio Severo. L‟altro presso la statua di Marco Aurelio è una bellissima testa di MELEAGRO in atto di esalare lo spirito, coperto della pelle del capo, e piedi d‟un cinghiale, e finalmente sopra la Porta della Sala maggiore è di vitellio Imperatore.

Rimasto nella stessa collocazione, il pezzo è considerato opera antica di eccezionale finezza

Rimasto nella stessa collocazione, il pezzo è considerato opera antica di eccezionale finezza