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Un nuovo testimone delle "rime disperse"

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Academic year: 2022

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Un nuovo testimone delle "rime disperse"

SALVATORE, Tommaso

SALVATORE, Tommaso. Un nuovo testimone delle "rime disperse". In: Cremonini S. & Florimbii F. Il colloquio circolare: i libri, gli allievi, gli amici in onore di Paola Vecchi Galli.

Bologna : Pàtron, 2020. p. 507-514

Available at:

http://archive-ouverte.unige.ch/unige:143863

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SOMMARIO

Prefazione, di Stefano Cremonini e Francesca Florimbii ... p. 9 Bibliografia degli scritti di Paola Vecchi Galli, a cura di

Valentina Zimarino ... » 13

Gian Mario Anselmi, Boccaccio narratore e umanista... » 25

Giovanni Bàrberi Squarotti, «Ora e sempre» di Giovanni Pascoli: saggio di edizione ... » 33

Andrea Battistini, Un lettore esigente e puntiglioso: Galileo postillatore di Petrarca ... » 45

Bruno Bentivogli, Postilla carducciana (Ancora per Jaufré Rudel) ... » 55

Marco Berisso, Sulla tradizione del Tesoretto ... » 59

Claudia Berra, Lettere agli amici: Giovanni Della Casa 1525 ... » 69

Monica Berté, Due carmi latini attribuiti a Benintendi Ravegnani ... » 83

Concetta Bianca, Fare filologia in Santa Maria degli Angeli a Firenze ... » 95

Nicola Bonazzi, Strategie retoriche e finalità educative nelle novelle di Francesco Albergati Capacelli ... » 107

Andrea Campana, L’Arte poetica di Francesco Maria Zanotti ... » 117

Davide Canfora, Desiderio di conoscenza e senso del limite nel componimento Al Sole di Ugo Foscolo ... » 125

Bruno Capaci, L’irreparabile nei carteggi di Lucrezia Borgia ... » 133

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Sommario 6

Stefano Carrai, Vicende redazionali di una ballata quattrocentesca:

Tu non sai ancor, madre mia/Or udite, madre mia ... p. 157

Alberto Casadei, Pascoli riscrive Dante: da Belacqua a Giovannino ... » 165

Loredana Chines, Note in margine al Petrarca-Bellerofonte ... » 177

Andrea Comboni, Struttura e ordine del Canzoniere nella Lezione accademica petrarchesca di Giovanni Talentoni (1587) ... » 183

Donatella Coppini, Landino, Orazio e Petrarca: ‘artificiosi’ confronti ... » 191

Alfredo Cottignoli, Dante, Ilaro e l’enigma della Commedia latina ... » 207

Carlo Delcorno, Una predica fiorentina di Alessandro da Bologna ... » 215

Daniela Delcorno Branca, Fisionomia e circolazione di una raccolta di lettere spirituali del Quattrocento. Nuove testimonianze del Giardino novello... » 225

Enrico Fenzi, «Omnia cum lite fieri»: Petrarca, Rvf 360 ... » 239

Michele Feo, La gatta di Giambatista Roberti ... » 259

Pasquale Guaragnella, Poetica docens e poetica utens di Federico De Roberto. Su I vecchi, novella di Processi verbali... » 267

Giorgio Inglese, Ancora su Forese, “editore” della Commedia ... » 281

Giuseppe Ledda, Gli occhi d’Argo: osservazioni su un mito ovidiano nei canti del Paradiso terrestre (Purg. XXIX e XXXII) ... » 287

Caterina Malta, «un’ode curvata in ghirlanda». Il commiato dannunziano tra le carte di Pascoli ... » 299

Giuseppe Marrani, Tre sonetti amorosi di Cecco Angiolieri in veste commentata ... » 317

Fabio Marri, Dalle ultime sere di carnovale, una ‘nuova’ letteratura... » 329

Elisabetta Menetti, Boccaccio, Gerione e l’immaginazione dei poeti ... » 341

Cristina Montagnani, I canzonieri quattrocenteschi di area settentrionale: una possibile mappatura ... » 353

Juan Miguel Valero Moreno, El orden del caos. Artes y Letras en la Salamanca del Cuatrocientos ... » 365

Sebastiana Nobili, Il convegno Volta del 1934: testimonianze e documenti ... » 375

Pantaleo Palmieri, Il candore di Gino (noterella leopardiana) ... » 385

Alessandro Pancheri, Una ‘dispersa’ leopardiana: il Dialogo di un Lettore di Umanità e di Sallustio ... » 395

Italo Pantani, La guerra tra Ferrara e Venezia in un capolavoro elegiaco di Tito Strozzi ... » 411

Emilio Pasquini, Per l’autenticità dell’Epistola di frate Ilaro: ultime riflessioni ... » 423

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Sommario 7

Marco Petoletti, Per la tradizione manoscritta della ‘Novella del grasso

legnaiuolo’. Un nuovo testimone della versione palatina ... p. 433 Renzo Rabboni, Scrittura teatrale e critica militante nel 1720-1721

a Ferrara: dai carteggi di Cornelio Bentivoglio d’Aragona ... » 445

Silvia Rizzo, Letterati nelle Senili di Petrarca ... » 461

Vittorio Roda, La scoperta dell’ ‘altro’ nella ritirata di Caporetto ... » 479

Luca Carlo Rossi, Per un restauro verbale nella Traviata di Verdi e Piave ... » 489

Gino Ruozzi, Un’ostinata speranza ... » 497

Tommaso Salvatore, Un nuovo testimone delle ‘rime disperse’ ... » 507

Francesco Sberlati, Nuda filologia. Il codice riminese dei «Rerum vulgarium fragmenta» ... » 515

Andrea Severi, Un’altra possibile fonte umanistica per gli Emblemata di Alciato e le Symbolicae Quaestiones di Bocchi ... » 531

William Spaggiari, Napoli 1836: “the great moon hoax” (e Giacomo Leopardi) » 541 Gino Tellini, Dante in trincea ... » 551

Paolo Tinti, Letture portatili, lettori raffinati: un’aldina membranacea della Biblioteca Estense Universitaria (Orazio, 1501) ... » 563

Paolo Trovato, Perché le rime del Tebaldeo sono un canzoniere (e l’ordine della vulgata è “sbagliato”) ... » 577

Marco Veglia, Guardare, conoscere, narrare il Decameron. Una postilla su Panfilo ... » 585

Michelangelo Zaccarello, Nel giardino dei simboli. Lettura del canto XXXII del Purgatorio ... » 599

Tiziano Zanato, Nuovi ragguagli sul Canzoniere per Zucarina ... » 615

Indice dei nomi, a cura di Alex Ferrari ... » 631

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Un nuovo testimone delle ‘rime disperse’

Tommaso Salvatore

Cui dono lepidum novum libellum? A chi mai offrire un nuovo testimone di rime disperse?

Non è la prima volta che esprimo l’opinione che una esaustiva raccolta di dati sul testimoniale del Canzoniere petrarchesco restituirebbe elementi salienti e significati- ve novità. Se la Commedia di Dante è stata l’epicentro di un’ininterrotta tradizione catalografica, almeno a partire dalla pionieristica Bibliografia di Batines, un ‘secolare catalogo’ che tuttora perdura con un’imponente mobilitazione di forze, per Boc- caccio il censimento dei codici è stata impresa meno continuativa e collettiva, ma non meno decisiva, ancorata a date precise, quelle delle due Tradizioni delle opere di Vittore Branca, 1958 e 1991. Ma se invece si viene a Petrarca, la meritoria collana di cataloghi promossa da Billanovich ha reso disponibile una miniera di dati soprattutto per le biblioteche estere, meno agevolmente raggiungibili dagli studiosi, e solo recen- temente, per iniziativa di Gino Belloni, ha intrapreso con determinazione lo spoglio delle biblioteche d’Italia1.

Ingaggiato lo studio della ‘forma Malatesta’ del Canzoniere, mi sono imbattuto nei limiti posti dall’assenza di un censimento integrale, nell’impressione che l’incisi- vità delle valutazioni che era possibile formulare fosse compromessa dalla parzialità dei dati, e che i manoscritti con cui tradizionalmente si identificano le varie ‘forme’

fossero rilevanti sì, ma, compulsati da decenni di studi, prossimi all’esaurimento. Mi sono orientato in direzione opposta, con sondaggi nelle biblioteche o nei fondi meno

1 La collana Censimento dei codici petrarcheschi, fondata da Giuseppe Billanovich, diretta da Gino Belloni, Padova, Antenore, 1964-in corso.

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Tommaso Salvatore 508

battuti dai petrarchisti, persuaso che il censimento dei codici sia indispensabile per una piena intelligenza della tradizione del Canzoniere, che l’Originale conservato non basti a esimere dalla considerazione globale del testimoniale apografo, e che lo studio specifico del singolo manoscritto sia produttivo se contestualizzato nella diacronia del processo di trasmissione: gratuito o imprudente, invece, se isolato rispetto a una tradizione di cui non possediamo un quadro generale.

Di tali ispezioni sui codici del Canzoniere, è stato tratto come prima risultante un complemento di svariate unità dei testimoni rappresentanti la forma Chigi, mentre alcune altre notizie – segnalazioni di antiquiores fin qui poco valorizzati, certi distinguo per settori di tradizione che Wilkins indebitamente mescolava – si trovano in una tesi di dottorato2. Ma da questa borsa dei doni il cadeau più appropriato, più personale, per la studiosa di cui si festeggiano i settant’anni, è certamente un nuovo testimone delle ‘rime disperse’.

Scrutinando i codici del Canzoniere, infatti, risultano numerose nuove attestazioni di ben note ‘disperse’, certe particolarmente ricorrenti: esito prevedibile per chi con- sideri quanto frequente, fra Tre e Quattrocento, sia il caso di testimoni dei Rvf che integrano la sequenza, nel corpo o in coda, con unità supplementari. Di essi e di tale fenomeno ci si occuperà, con disamina sistematica, per il progetto diretto da Roberto Leporatti che intende procurare una nuova edizione critica delle rime disperse. Ma tra questi nuovi manoscritti con estravaganti alla spicciolata spicca un più ricco collettore, che l’acquisizione relativamente recente e il fondo ‘periferico’ cui appartiene hanno involato alle premure degli studiosi. Si tratta del ms. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Acquisti e Doni 356 (= L), un membranaceo di 98 fogli nella classica tipologia codicologica del ‘libro umanistico’, di medio formato e in umanistica libraria, sia pure un’umanistica non fiorentina e non canonica, larga e dal tratto mosso. Nel tipico frontespizio a bianchi girari il busto del poeta inghirlandato, che abita le aste del capolettera V, volge lo sguardo verso Laura in un clipeo nel margine destro, entro una cornice di tralci che, intrecciati a un listello d’oro, corrono intorno alla pagina popolati da puttini e uccelli. Al centro del margine inferiore quattro angioletti reggono un serto di lauro entro il quale è lo stemma che dovette essere del primo possessore:

di rosso, alla banda d’oro, accompagnata dalle lettere d’oro R F una in capo una in punta (famiglia Ansidei di Perugia?)3. Nel sec. XVI-XVII, poi, l’esemplare apparten-

2 T. Salvatore, Sondaggi sulla tradizione manoscritta della ‘forma Chigi’ (con incursioni pre-chigiane),

«Studi petrarcheschi», XXVII, 2014, pp. 47-105; Id., La ‘forma Malatesta’ e la ‘forma Queriniana’ dei

«Rerum vulgarium fragmenta». Studio della tradizione manoscritta, tutor Laura Paolino, Tesi di Dottorato di Ricerca, Università degli Studi di Salerno, A.A. 2015/16.

3 Nelle condizioni attuali, l’oro in foglia della banda pare asportato o semplicemente deteriorato, e se ne vede solo il bordo esterno, ma parla di “sbarra d’oro in campo rosso” anche la descrizione ottocentesca su cui vd. oltre. Un’araldica tanto elementare, naturalmente, identifica diverse famiglie, ma per l’area a cui è riconducibile il manoscritto mi sembra lecito avanzare l’ipotesi degli Ansidei di Perugia. Su di essi vd. Storia delle famiglie illustri italiane, a cura di F. Galvani et alii, 6.4, Firenze, Diligenti, 1882, ad

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ne a un «·w·domenecho·b·da·pesero», che a f. 10v appose la sua nota di possesso, trasversalmente, sul lato lungo, mentre nel XVIII secolo si trovava presso la Biblioteca del Monte a Perugia, come risulta dal timbro a f. 1r, 29r, 51r, 71r «biblio|thecæ

| montis | perusie». Nel passaggio delle raccolte librarie conventuali alla Biblioteca Comunale di Perugia il codice dovette andar disperso, e ritornare così in mano a privati: spettò al bibliofilo di Lipsia William Davignon (1867-1924), di cui reca l’ex libris su entrambe le controguardie, dall’alienazione delle collezioni di questo finì sul mercato antiquario, e qui nel 1931 fu acquistato, presso la libreria Seeber di Firenze, dalla Biblioteca Medicea Laurenziana.

Se il titolare dello stemma miniato è perlomeno in dubbio, e il quidam Domenico da Pesaro che scrisse il suo nome sarà inidentificabile, qualcosa si può aggiungere sul Convento del Monte a Perugia. Primo Studium generale dei francescani osservanti, il convento di Monteripido fu infatti prestigioso centro di formazione per lo studio della teologia e delle discipline ecclesiastiche, dal XV al XVIII secolo meta di illustri lettori.

Il ruolo e l’autorevolezza riconosciuti all’istituzione favorirono l’accrescimento dei fondi librari grazie a lasciti di collezionisti, studiosi, colti o facoltosi cittadini: alla fine del Settecento, la ‘libraria’ di San Francesco del Monte aveva assunto una consistenza imponente, come dimostra il catalogo in due volumi redatto nel 1790 e ’95. Con la soppressione delle corporazioni religiose in età napoleonica, nel 1810, secolarizzati i beni dei monasteri, le collezioni del Monte furono destinate alle Biblioteche pubbliche di Perugia, ripartite fra la Comunale Augusta e la Biblioteca dell’Ateneo. Si trattò di un trasferimento momentaneo, dacché già nel 1815, in seguito alla restaurazione del governo pontificio, Pio VII ordinò il rientro del patrimonio sequestrato; una seconda confisca da parte dello Stato unitario, nel 1865, lo avrebbe restituito alle biblioteche comunali4. Ma nello stesso 1810, appena prima del passaggio, l’erudito perugino Giovambattista Vermiglioli aveva esteso un catalogo manoscritto con una descrizione dei più pregevoli codici reperiti nelle biblioteche della città, che dovette aggiornare, poco tempo dopo, con l’indicazione delle loro nuove sedi di conservazione. Ebbene, a f. 680r-v del regesto si trova la scheda di un codice petrarchesco, che certamente, per la

vocem Ansidei di Perugia; G.B. Crollalanza, Dizionario storico-blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane estinte e fiorenti, Pisa, presso la direzione del Giornale araldico, 1886-1890, vol. I, p. 50. Non sono tuttavia in grado di attribuire a un personaggio in particolare le iniziali RF.

4 Sulla storia del convento di Monteripido, L. Giacometti, La Biblioteca storica del Monte: strumento di promozione culturale a ornamento della città di Perugia, in La ‘libraria’ settecentesca di San Francesco del Monte a Perugia. Non oculis mentibus esca, a cura di F. Sabba, Perugia, Fabbri, 2015, pp. 47-72. Si vedano anche, nello stesso volume, il contributo di A. Serrai a pp. 81-86 sul catalogo del 1790-95 (che è oggi Perugia, Biblioteca Comunale Augusta, Cat. 2 e Cat. 5), e quello di A. Iannotti a pp. 99-103 sulla composizione dei fondi manoscritti. Sulla storia dei manoscritti della biblioteca, sul loro passaggio in Biblioteca Augusta e la loro dispersione, sui cataloghi e gli inventari esistenti, è fondamentale M.G.

Bistoni Cicilioni, Catalogo dei codici del convento di Monteripido conservati nella Biblioteca Comunale di Perugia (sec. XII-XVI), «Archivum franciscanum historicum», LXVIII, 1975, pp. 111-196.

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corrispondenza dei dettagli, si identifica con L: la segnatura stessa con cui Vermiglioli individua l’esemplare, V.viii, si riscontra su L in calce a f. 1r.

«Classe V. (…) viii. Sonetti et Canzone del clarissimo Francesco Petrarca lau- reato poeta fiorentino.

Nelle lezioni, non vi abbiamo trovato grandi varietà dalle comuni, e buone edizioni. La prima pagina ha miniature di qualche eleganza e dorate con il ritratto del Poeta laureato, e con quello di Laura, e con uno stemma genti- lizio che ha una sbarra d’oro in campo rosso, e con le lettere R.F. ‹Al foglio 10 è scritto W. Domenecho. B. da Pesaro con uno stemma› (agg. in mg.).

Il codice è nitido, e bene scritto, sieguono in ultimo i Trionfi mancanti di qualche foglio.

Codice membranaceo in 4° del secolo XIV. ‹Fu› (agg. in intl.). presso i Padri del Monte. ‹Ora nella Pubblica Libreria› (agg.).»5

L dovette dunque far parte delle non poche unità che, nell’andirivieni fra gli enti re- ligiosi e le biblioteche comunali, inevitabilmente finirono disperse, fra «le turbolente vicende politiche e le manomissioni di disonesti impiegati»6.

Dalla scheda di Vermiglioli, intanto, abbiamo anche appreso che prima della rile- gatura moderna il codice si chiudeva con i Triumphi. Attualmente, invece, esso inizia e finisce con i Rerum vulgarium fragmenta, al cui interno si intromettono rime disperse.

La raccolta tuttavia non è completa: sebbene tutti i fascicoli siano integri, fra la fine del quinterno VII, f. 70v, e l’inizio del quinterno VIII, f. 71r, il testo dei fragmenta scivola da Rvf 238, v. 10, a Rvf 270, v. 91. Il richiamo a f. 70v è stato eraso, probabilmente da chi aveva interesse a nascondere la lacuna, ma è ancora possibile distinguere l’emi- stichio «& caramente», che avrebbe dovuto proseguire Rvf 238, v. 11. Fra f. 70 e f. 71 è insomma caduto un intero fascicolo: già una mano ottocentesca registrava a f. 70v

«desunt ff. 12» (che lo stesso Davignon avrà ricopiato a f. Iv: «Zwischen Blatt 70/71 fehlen etwas 12 Blätter Textes»), ma sarà da credere che il fascicolo caduto fosse piuttosto un quinterno, come tutti gli altri della compagine. Vista la sede della mutilazione, non è dato accertare se e con quali segnali questo Canzoniere strutturasse la bipartizione del macrotesto. Nondimeno, il contenuto del quinterno deperdito è agevolmente ricostrui-

5 Perugia, Biblioteca Comunale Augusta, ms. D 39 (“CCCCLX e più codici latini e greci e italiani anteriori al secolo XVIII, divisi in cinque classi, tratti dalla pubblica biblioteca e da altri luoghi della città di Perugia”), f. 680r-v. Cf. anche M.G. Bistoni Cicilioni, Catalogo dei codici del convento di Monteripido, op. cit., pp. 140-141.

Mi sembra presumibile che questo manoscritto e l’altro Canzoniere descritto di seguito, a ff. 680v-681r, corrispondano ai codici che nel catalogo del 1790-95 si trovano nella Scansia XI, Fila 1: «Petrarca, Francesco. Rime. 8°, 1 vol.»; «Petrarca, Francesco. Sonetti e canzoni. 8°, 1 vol.»: vd. M.G. Bistoni Cicilioni, Catalogo dei codici del convento di Monteripido, op. cit., p. 124; M. Pecugi Fop, La biblioteca di Monteripido: manoscritti e incunaboli, Santa Maria degli Angeli Assisi, Edizioni Porziuncola, 1976, nn. 137-8 a p. 27; La ‘libraria’ settecentesca di San Francesco del Monte, op. cit., nn. 2965-66 a p. 505.

6 L. Giacometti, La Biblioteca storica del Monte, op. cit., p. 67.

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Un nuovo testimone delle ‘rime disperse’ 511

bile. I componimenti sono infatti numerati da mano antica, parrebbe del copista stesso:

l’ultimo di f. 70v, Rvf 238, num. 246, mentre il primo di f. 71r, Rvf 271, num. 279, e dunque sono caduti nei dieci fogli mancanti trentadue componimenti, i trentadue fragmenta che corrono da Rvf 239 a Rvf 270. La numerazione prosegue poi fino in fondo al volume, dove il computo, date le intrusioni disperse, raggiunge 379, dunque maggiorato di tredici unità rispetto ai 366 testi del corpus canonico. Tredici sono infatti i componimenti allotrii racimolati da questo testimone:

1r-31r 1-95 Rvf 1-95

31r-v 96 CHe fortuna e la mia che debbio fare

32r-38v 97-123 Rvf 96-122

38v-39r 124 DOnna mi uene spesso nella mente [E 1]

39r 125 PErche leterno moto sopradicto [E 25]

39r 126 QUantera amata da Concio Cedippe [E 200]

39r-v 127 O Bestiuola che gia fusti impregio [E 182]

39v 128 SI come dalamadre di phetonte [E 27]

39v-40r 129 COnte Riciardo quanto piu ripenso [E 29]

40r 130 INgegno usato ale quistion profonde [E 19]

40r-88v 131-246, […], 279-352

Rvf 123-164, 167-168, 165- 166, 169-237, 238 (vv. 1-10), […], 270 (vv. 91-108), 271- 339, 342, 340, 351-353 88v-89r 353 O Monti alpestri o cispigliosi mai [E 110]

89r 354 ANima doue se che dora in ora [E 48]

89r-95v 355-374 Rvf 354, 350, 355, 359, 341,

343, 356, 344-349, 357-358, 360-364

95v 375 UN clima un zodiaco un orizonte7

95v-96r 376 NOn so nqual parte gliocchi mie son uolti [E 100]

96r 377 QUello augellin che nella primauera [E 129]

96r-98r 378-379 Rvf 365-366

7

La peculiare composizione di Rvf e rime aggregate, la selezione e la disposizione di queste ultime, corrispondono a una nota famiglia della tradizione delle disperse, quella che Cavedon chiama z1 (α per Piccini, g per Leporatti), di cui erano finora segnalati cinque rappresentanti8. Di seguito, compendiosamente, si dà un prospetto con la seriazione dei loro testi:

7 Rime disperse di Francesco Petrarca o a lui attribuite, a cura di A. Solerti, introduzione di V. Branca, postfazione di P. Vecchi Galli, Firenze, Le Lettere, 1997, p. 301.

8 A. Cavedon, Indagini e accertamenti su una crestomazia cinquecentesca di ‘disperse’, «Studi petrarcheschi», IV, 1987, pp. 255-311, a pp. 294-295; D. Piccini, Una ‘dispersa’ da sottrarre a Petrarca: «Il lampeggiar degli occhi alteri e gravi» e le rime di Matteo di Landozzo degli Albizzi, «Studi petrarcheschi», XVI, 2003, pp. 49-129, a pp. 92-94; A. Cavedon, Sillogi estravaganti, in Estravaganti, disperse, apocrifi petrarcheschi, Gargnano del Garda, 25-27 settembre 2006, a cura di C. Berra, P. Vecchi Galli, Milano, Cisalpino,

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Tommaso Salvatore 512

Carpentras, Bibliothèque Inguimbertine, ms. 392 (= Carp):

1, 3, 2, 4-95, Che fortuna è la mia? Che deggio fare, 96-122, Donna mi vene spesso nella mente [E 1], Perché l’eterno moto sopra ditto [E 25], Quant’era amata d’Aconzio Cidipe [E 200], O bestiuola, che già fusti in pregio [E 182], Sì come de la madre di Fetonte [E 27], Conte Ricciardo, quanto più ripenso [E 29], Ingegno usato a le question profonde [E 19], 123-164, 167-168, 165-166, 169- 171, 174-175, 178, 176-177, 179-339, 342, 340, 351-353, O monti alpestri, o cespugliosi mai [E 110], Anima, dove sei? ch’ad ora ad ora [E 48], 354, 350, 355, 359, 341, 343, 356, 344-349, 357-358, 360-364, Un clima, un zodiaco, un orizzonte [Rime disperse, a cura di A. Solerti, ed. cit.

p. 301], Non so in qual parte gli occhi miei son volti [E 100], Quell’augellin, che ne la primavera [E 129], 365-366.

Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vaticano lat. 4784 (= V4784):

[…], 23 (v. 125-169), 24-111, Di rider ho gran voglia [E 213], 112-191, 193-194, 192, 195-339, 342, 340, 351-353, O monti alpestri, o cespugliosi mai [E 110], Anima, dove sei? ch’ad ora ad ora [E 48], 354, 350, 355, 359, 341, 343, 356, 344-349, 357-358, 360-364, Un clima, un zodiaco, un orizzonte [Rime disperse, a cura di A. Solerti, ed. cit. p. 301], Non so in qual parte gli occhi miei son volti [E 100], Quell’augellin, che ne la primavera [E 129], 365-366.

Cologny, Fondation Martin Bodmer, Bodmer 131 (= Col):

1-88, 90, 89, 91-111, Di rider ho gran voglia [E 213], 112-120, Perché l’eterno moto sopra ditto [E 25], Quant’era amata d’Aconzio Cidipe [E 200], O bestiuola, che già fusti in pregio [E 182], Sì come de la madre di Fetonte [E 27], Conte Ricciardo, quanto più ripenso [E 29], Ingegno usato a le question profonde [E 19], 121-122, Donna mi vene spesso nella mente [E 1], 123-153, 155-158, 154, 159-251, Gli antichi e bei pensier convien ch’io lassi [E 64], 252-339, 342, 340, 351-353, O monti alpestri, o cespugliosi mai [E 110], Anima, dove sei? ch’ad ora ad ora [E 48], 354, 350, 355, 359, 341, 343, 356, 344-349, 357-358, 360-364, Un clima, un zodiaco, un orizzonte [Rime disperse, a cura di A. Solerti, ed. cit. p. 301], Non so in qual parte gli occhi miei son volti [E 100], Quell’augellin, che ne la primavera [E 129], 365-366.

Rimini, Biblioteca Civica ‘Gambalunga’, ms. 93 (= R):

[…], 43 (vv. 3-14), 44 (vv. 6-14 tagliati da lacerazione), 45, 46 (vv. 5-14 tagliati da lacerazione), 47-49, 50 (vv. 1-6), […], 61 (vv. 13-14), 62-88, 90, 89, 91-111, Di rider ho gran voglia [E 213], 112-120, Perché l’eterno moto sopraditto [E 25], Quant’era amata da Aconzio Cidipe [E 200], O bestiuola, che già fusti in pregio [E 182], Sì come de la madre di Fetonte [E 27], Conte Ricciardo, quanto più ripenso [E 29], Ingegno usato a le question profonde [E 19], 121-122, Donna mi vene spesso nella mente [E 1], 123-134, 135 (vv. 1-95), […], 139 (vv. 3-14), 140-153, 155-158, 154, 159-215, 218, 216-217, 219-236, 237 (vv. 1-32), […] 239 (vv. 23-39), 240-242, 121, 243-331, 332 (vv. 1-23, […], 72-75), 333-334, 335 (vv. 1-13), […].

Tours, Bibliothèque Municipale, ms. 2102 (= Tou):

1-95, Che fortuna è la mia? Che deggio fare, 96-122, Donna mi vene spesso nella mente [E 1], Perché l’eterno moto sopra ditto [E 25], Quant’era amata d’Aconzio Cidipe [E 200], O bestiuola, che già fusti 2007, pp. 219-232, a pp. 219-228; R. Leporatti, I sonetti attribuiti a Petrarca del codice Riccardiano 1103 per l’edizione delle ‘rime disperse’, «Studi di filologia italiana», LXXV, 2017, pp. 83-214, a p. 115.

(11)

Un nuovo testimone delle ‘rime disperse’ 513

in pregio [E 182], Sì come de la madre di Fetonte [E 27], Conte Ricciardo, quanto più ripenso [E 29], Ingegno usato a le question profonde [E 19], 123-164, 167-168, 165-166, 169-339, 342, 340, 351- 353, O monti alpestri, o cespugliosi mai [E 110], Anima, dove sei? ch’ad ora ad ora [E 48], 354, 350, 355, 359, 341, 343, 356, 344-349, 357-358, 360-364, Un clima, un zodiaco, un orizzonte [Rime disperse, a cura di A. Solerti, ed. cit. p. 301], Non so in qual parte gli occhi miei son volti [E 100], Quell’augellin, che ne la primavera [E 129], 365-366.

A una prima valutazione, L si mostra più prossimo a Tou e Carp (= ga), e si stacca invece dalla terna V4784 Col R (= gb). Quest’ultimo gruppo, infatti, inserisce fra Rvf 111 e 112 la frottola Di rider ho gran voglia [E 213], che manca del tutto in ga. Di contro il gruppo ga, incluso L, presenta due caratteristiche proprie, l’anticipo dei Rvf 167-168 dopo Rvf 164, e l’intromissione fra Rvf 95 e 96 del sonetto Che fortuna è la mia? Che deggio fare, già pubblicato come di Niccolò Malpigli9, ma di Alberto degli Albizi per l’edizione in fieri a cura di Claudio Giunta. Non sono fruibili, per una più precisa collocazione nel gruppo, le in verità non numerose lezioni caratteristiche individuate da Piccini e da Cavedon, perché tutte relative a testi di una serie finale adespota, successiva a Rvf 366 in Tou Carp V4784 Col, ma assente in L, che con la canzone alla Vergine si chiude. Dai testi pubblicati da Leporatti, invece, ci giova prele- vare la lezione individuata come propria di g nel sonetto O monti alpestri, o cespugliosi mai, ove l’errore di v. 4, o giardini, o parlar belli e sì gai ] perlai, ratifica anche su base testuale l’appartenenza di L alla famiglia10.

Di più si dirà, e su molti altri testimoni, negli studi contestuali all’edizione critica delle ‘disperse’; basti per ora aver segnalato questo primo recupero, di cui infine la descrizione:

Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Acquisti e Doni 356 Italia centrale (Perugia?), sec. XV terzo quarto.

Membr.; ff. IV, 98, IV’, bianco f. 98v. Cartulazione ottocentesca a penna di dieci in dieci nel margine inferiore destro, integrata da mano recente a lapis per tutte le cifre comprese fra le decine.

Fasc. I-IX10, X10-2: il fasc. X è un originario quinterno cui sono stati asportati gli ultimi due fogli, probabilmente bianchi. Fra i fascc. VII e VIII è caduto un fascicolo, presumibilmente anch’esso quinterno. Richiami verticali nel margine inferiore destro.

Mm. 272 × 172 = 27 [186] 59 × 22 [6 | 92 | 6] 46 (f. 14r); rr. 39 / ll. 39; rigatura a inchiostro.

Testo in una colonna.

Una mano, umanistica libraria.

Pagina ornata a f. 1r, con iniziale U (8 rr.) in oro in foglia abitata da ritratto dell’autore con libro, che rivolge lo sguardo al ritratto di Laura miniato in un clipeo nel margine destro; cornice di bianchi girari entro la quale si trovano uccelli e puttini, con al centro del margine inferiore

9 Rimatori bolognesi del Quattrocento, a cura di L. Frati, Bologna, Romagnoli-Dall’Acqua, 1908, n.

XXII a p. 36.

10 R. Leporatti, I sonetti del codice Riccardiano 1103, op. cit., pp. 192-194; l’errore occorre in L a f. 88v.

(12)

Tommaso Salvatore 514

quattro putti alati che reggono un serto di lauro con lo stemma del possessore: di rosso, alla banda d’oro, accompagnata dalle lettere d’oro R F una in capo una in punta. Iniziali ornate (3-4 rr.) a f. 92v e 96v, in oro su fondo colorato e fregio di motivi floreali. Capilettera semplici (2-3 rr.) in blu, rosso e oro alternati.

Legatura del sec. XIX ex. - XX in. in pelle con impressioni in oro e a secco su piatti sagomati in cartone; dorso a sei nervature con fregi in oro, nel secondo compartimento impresso in oro il titolo «sonecti et canzone del petrarcha»; labbri e unghiature con filetti impressi in oro e a secco; tagli dorati.

- ff. 1r-98r. Francesco Petrarca, Rerum vulgarium fragmenta, con ‘rime disperse’

Rubrica: «Sonecti et canzone del | clarissimo francisco | petrarcha laureato | poeta fiorentino»

inc. «Uoi chascoltate in rime | sparsel sono»

expl. «chaccolga il mio ultimo spirto impace | finis deo gratias Amen»

Possessori: Stemma miniato a f. 1r (sec. XV, Ansidei di Perugia?); «·w·domenecho·b·da·pesero»

(sec. XVI-XVII; nota di possesso scritta trasversalmente a f. 10v, con stemma abbozzato a inchiostro senza colori: di …, alla fascia di …, accompagnata da un monte di tre cime di … movente dalla fascia, e da un stella di … posta in capo); convento francescano di Monteripido di Perugia (sec.

XVIII; timbro a f. 1r, 29r, 51r, 71r «biblio|thecæ | montis | perusie», segnatura in calce a f. 1r

«V.viii»); William Davignon (1867-1924, ex-libris impressi in oro sulla controguardia anteriore e posteriore); scheda del ms. tratta da catalogo d’asta o di libreria incollata a f. Iv. Acquistato dalla Biblioteca Medicea Laurenziana nel 1931 presso la libreria antiquaria Seeber di Firenze.

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