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www.slidetube.it- NSTEMI ANGINA INSTABILE/NSTEMI DEFINIZIONI:

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Academic year: 2022

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ANGINA INSTABILE/NSTEMI

DEFINIZIONI: L’angina instabile /NSTEMI costituisce una sindrome clinica, facente parte della sindrome coronaria acuta, che è di solito, ma non sempre, causata da aterosclerosi con associato rischio incrementato di morte cardiaca e IMA. Nello spettro delle sindromi coronariche acute l’angina instabile /NSTEMI è definita, nell’ECG, da depressione dell’ST o da T prominenti e invertite e/o positività degli enzimi cardiaci, il tutto senza elevazione dell’ ST. La sintomatologia è caratterizzata da dolore toracico o equivalente anginoso. Studi angiografici dimostrano che

l’angina instabile /NSTEMI parte da una distruzione di una placca aterosclerotica instabile con trombosi e riduzione del flusso ne vasi coronarici epicardici. I pazienti decedono per morte improvvisa o per evoluzione verso l’IMA. Diventa importante individuare tali pazienti sulla base dei primi sintomi anche se spesso questi pazienti non manifestano aterosclerosi coronarica. Inoltre è difficile differenziare sulla scorta dei sintomi una angina instabile dall’ IMA. Spesso tali pazienti vengono etichettati come “ possibili sindromi coronariche acute “.

In questo caso il paziente viene subito inserito in un ambulatorio monitorizzato, entro 10 minuti viene eseguito e interpretato un ECG: fondamentale è escludere un ST sopra. Alla fine i pazienti possono essere inseriti in queste categorie:

 STEMI ↔ Fibrinolisi o PCI

 NSTEMI

 Angina instabile

 Patologia cardiovascolare non ischemica ( es. pericardite acuta)

 Patologia non cardiovascolare (es. spasmo esofageo )

 Patologia sconosciuta

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La diagnosi tra angina instabile e NSTEMI si può fare solo sull’enzimogramma ( due campioni di troponina I o troponina T e CKMB a distanza di 6 ore uno dall’altro ) . In caso di negatività

enzimatica con segni ischemici all’ ECG si parla di angina instabile, in caso di positività enzimatica di NSTEMI.

PATOGENESI DI UA/NSTEMI : non c’è un unico meccanismo ma una sindrome con più meccanismi possibili

 Il meccanismo più frequente è la distruzione di una placca aterosclerotica in arteria

coronarica con formazione di trombo subocclusivo. ( può essere pure occlusivo ma ci deve essere un valido circolo collaterale ). Una causa di distruzione della placca è un processo infiammatorio arterioso da ossidazione di lipidi o da processi infettivi che possono portare a ingrandimento, destabilizzazione e rottura della placca. I macrofagi attivati e i linfociti T portano all’espressione di enzimi che distruggono la placca.

 Un meccanismo più raro è lo spasmo muscolare con stenosi coronarica funzionale, che può associarsi pure a una rottura di placca. La genesi può essere da alterazioni muscolari o endoteliari.

 La terza causa di UA/NSTEMI è un progressivo restringimento del lume coronarico da placca aterosclerotica senza rottura o dopo intervento di PCI da restenosi.

 La quarta causa di UA/NSTEMI e la dissecazione coronarica, in particolare nelle donne in post partum.

 La quarta causa di UA/NSTEMI é estrinseca al letto coronarico ed è detta angina instabile secondaria, anche se si può manifestare su una angina stabile. Le cause scatenanti sono:

l’ipossia, ipoperfusione, la tireotossicosi, l’anemia, la tachicardia e la febbre, tutte condizioni che aumentano il fabbisogno di ossigeno miocardico.

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SINTOMI DI PRESENTAZIONE DELL’ ANGINA INSTABILE: ci sono tre tipi di presentazione di angina instabile:

1. angina a riposo

2. inizio impetuoso di angina severa

3. peggioramento dell’angina come intensità, durata e/o frequenza

SINTOMI DI PRESENTAZIONE DEL NSTEMI: si presenta con un episodio intenso di angina a riposo.

EVITARE LA UA/NSTEMI: è fondamentale la prevenzione primaria e secondaria. Ipertensione, dislipidemia, fumo, familiarità e diabete sono fattori fondamentali nella stratificazione del rischio.

Pazienti con 2 o più fattori di rischio hanno alta probabilità di insufficienza coronarica nei prossimi 10 anni, ma anche un solo fattore di rischio è importante. Occorre incoraggiare i pazienti a ridurre i fattori di rischio. L’ASA è indicato solo con un fattore di rischio ischemico miocardico > 10% a 10 anni.

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RICONOSCERE I PRIMIO SINTOMI: ancora un alto numero di pazienti si presenta tardivamente con sintomi tipici di insufficienza coronarica acuta. Inoltre spesso il sintomo non è il dolore toracico ma la dispnea, la sudorazione, il dolore mandibolare. Tali presentazioni anomale sono più frequenti tra le donne, gli anziani, i diabetici e i pazienti con precedenti di scompenso cardiaco.

Attenzione quindi nel valutare le donne, gli anziani, i diabetici e i pazienti con precedenti di scompenso cardiaco e quelli con dolore toracico e pacemaker che altera l’ECG.

VALUTAZIONE INIZIALE

Visto che angina instabile , NSTEMI e STEMI hanno sintomi simili, noi parliamo di sindrome coronarica acuta ( SCA ) nelle prime valutazioni.

Il pazienti con sintomi tipico di SCA deve essere visto rapidamente . Il medico deve rispondere a due domande:

1. il dolore riferito è tipico per SCA?

2. se sì, qual è la prognosi ?

Per aiutarsi il medico deve posizionare immediatamente il paziente in un ambulatorio con possibilità di monitorizzazione l’ ECG e un defibrillatore . Un ECG a 12 derivazioni deve essere eseguito entro 10 minuti.

Un capitolo controverso è la autosomministrazione di nitroderivato sublinguale all’ inizio dei sintomi su informativa medica. Si è visto che spesso questo ritardava i soccorsi. Per cui viene sempre consigliato di chiamare il 118 dopo aver assunto 1 compressa di nitroderivato anche se il

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dolore si riduce; solo se il paziente ha diagnosi di angina stabile può assumere altre 2 compresse a distanza di 5 minuti una dall’altra e poi chiamare il 118 se il dolore permane.

In un paziente con sintomatologia a rischio di SCA deve essere fatto subito un profilo del rischio di coronaropatia ostruttiva e del rischio di eventi cardiovascolari maligni ( morte o IMA ). Un ECG deve essere eseguito entro 10 minuti e ripetuto per valutare alterazioni dell’ ST.

Contemporaneamente devono essere richiesti i cardioenzimi ( la troponina è il marcatore preferito ).

I cardioenzimi devono essere sempre eseguiti alla 6° - 8°- 12°ora dall’inizio dei sintomi. Non si devono mi trascurare nella diagnosi cause non ischemiche miocardiche di toracalgia.

STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO: è fondamentale per prendere decisioni terapeutiche e di ricovero

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Queste due tabelle sono però troppo semplici per dare un valore preciso al rischio cardiovascolare che è invece una somma di più variabili. Si sono allora tre score : TIMI, GRACE, PIRSUIT.

Il TIMI score è formato da 7 variabili e il punteggio ottenuto porta al rischio di eventi cardiovascolari a 14 giorni.

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Il PIRSUIT score dà il rischio di morte o reinfarto a 30 giorni.

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GRACE SCORE: dà la percentuale di morte a sei mesi dalla dimissione

ELETTROCARDIOGRAMMA: in tutti gli score è fondamentale la valutazione dell’ ECG. Una alterazione dell’ ST che scompare a paziente asintomatico è altamente significativa di ischemia, per lo più da coronaropatia aterosclerotica. Spesso è utile un confronto con precedenti ECG.

Un ST sopraelevato di 1 mm in due derivazioni contigue nel 90% dei casi diagnostica un IMA ai cardioenzimi e impone la fibrinolisi o la PCI primaria.

Un ST sottoelevato pone diagnosi di angina instabile o NSTEMI a secondo dei cardioenzimi e non ha indicazione la fibrinolisi e la PCI primaria. Anche T invertite sono indicative di angina instabile o NSTEMI.

T negative giganti ( > 2 mm ) in anteriore indicano stenosi della discendente anteriore. Il riscontro ecocardiografico di ipocinesia del setto e della parete anteriore è segno di alta mortalità che non beneficia della sola terapia medica.

Depressione dell’ST< 0.5 mm e inversioni della T < 2 mm sono meno indicative di angina instabile o NSTEMI.

Un ECG normale in un paziente con dolore toracico non esclude una angina instabile o NSTEMI.

Si è dimostrato che l’1% ha uno NSTEMI e il 4% una angina instabile.

Esistono però diagnosi alternative: per l’ST elevato: ripolarizzazione precoce, miocardite, pericardite,WPW, aneurisma del ventricolo sinistro.

Un’ IMA da stenosi della circonflessa sinistra può presentasi con ECG nei limiti. Circa il 4% di pazienti con IMA ha un ST sopraelevato nelle derivazioni posteriori V7-V9.

Nell’ ST elevato inferiore, le derivazioni destre e posteriore aggiungono ulteriori informazioni prognostiche.

Recenti studi hanno dimostrato che onde R in V1 V2 sono segno di IMA della parete laterale del ventricolo sinistro mentre Q in D1 e AVL ma non in V6 sono segni di IMA della parete anteriore media.

L’ECG è una fotografia statica di un processo dinamico, utile è quindi l’uso seriato di tale metodica con particolare attenzione al segmento ST.

ESAME OBIETTIVO: serve ad escludere patologie che possono peggiorare una angina instabile o NSTEMI come l’ipotensione , l’anemia, un sanguinamento in atto. Oppure ad escludere una

dissecazione aortica o a diagnosticare uno shock cardiogeno che nel 30% dei casi si associa a

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NSTEMI. Da ricordare che il 75% dei pazienti > 30 anni con sintomi suggestivi di IMA non hanno , al termine degli accertamenti, una diagnosi di ischemia miocardica.

MARKERS DI CITOLISI MIOCARDICA: il marker più utilizzato è la troponina. Si pone diagnosi di IMA per un incremento della troponina superiore al 99esimo percentile. Un incremento della troponina è da considerarsi dovuto a IMA se è associata a alterazione dell’ ST e dell’onda T, a una fase post PCI, a BBsx di nuova insorgenza, all’evidenza di aree di miocardio ipocinetiche.

CK-MB: sono carrier citoplasmatici di fosfati ad alta energia Con l’avvento della troponina hanno perso importanza diagnostica Sono ancora validi per il reinfarto a breve distanza dal primario per la loro emivita più breve della troponina.

TROPONINA: ne esistono 3 subunità: I, T , C. La C è espressa nel muscolo cardiaco e scheletrico, la I e T solo nel cardiaco. Quindi per troponina cardiaca selettiva si intende TnT e TnI. Il test per la TnT è il più efficace e quello più usato. Solo in caso di persone con anticorpi del complesso

Troponinico ci possono avere falsi negativi.

USO CLINICO: la troponina può essere trovata nel plasma dopo 2-4 ore ma pure dopo 12 ore come la CK-MB, ma persiste per 5-14 giorni. Esiste una relazione tra dosaggio della troponina e

mortalità, anche se non è il solo marker di gravità; infatti alcuni pazienti con troponina negativa rimangono ugualmente ad alto rischio di vita. Inoltre una quantità elevata di troponina non informa sulla causa della lisi cellulare che può avere cause non ischemiche come:

 contusione miocardica

 scompenso cardiaco

 tachiaritmia

 ipertrofia ventricolare sinistra

 insufficienza respiratoria

 ictus cerebri

 embolia polmonare

 chemioterapia

 insufficienza renale

Quindi per fare diagnosi di IMA la troponina deve essere usata assieme ad altri segni di ischemia miocardica. L’uso della troponina I o T è uguale tranne nell’insufficienza renale dopo livelli elevati di troponina I nei non ischemici è inferiore al 10% contro i 15-53% della T . Il perché

nell’insufficienza renale la troponina è elevata non è chiaro ( riduzione della clearance? ),

comunque la mortalità per patologie cardiovascolari negli insufficienti renali con troponina elevata è maggiore di quelli con troponina nella norma. Purtroppo una terapia aggressiva negli insufficienti renali ha una efficacia minore.

La troponina è pure utile nello stadiare pazienti ad alto rischio in cui sono utili particolari terapie:

 i pazienti con troponina elevata beneficiano degli inibitori GP IIIa/IIb, mentre quelli con troponina nei limiti hanno effetti avversi

 i pazienti con troponina elevata beneficiano dell’eparina a basso peso molecolare

 i pazienti con troponina elevata beneficiano della tripla antiaggregazione : ASA, clopidogrel e inibitori GP IIIa/IIb

USO CLINICO DEI MARKERS: un metodo per escludere o confermare un IMA con ECG nei limiti a 6 ore dai sintomi è quello di misurare la differenza di valore dei cardioenzimi in 2 ore invece di attendere la classica determinazione oltre le 6 – 8 ore e iniziare la terapia anche quando i cardioenzimi non sono del tutto significativi.

Purtroppo non è ancora definita in modo preciso questa differenza in quanto dipende dai metodi usati nei singoli laboratori. Si rimanda a studi personalizzati per ogni UTIC.

USO DI TEST RAPIDI A DOMICILIO: hanno il vantaggio di essere utili ma qualitativi o semiquantitativi. Il laboratorio è meno pratico ma dà risultati quantitativi in un tempo che non dovrebbe superare i 60 minuti.

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MIOGLOBINA: non è cardiospecifica in quanto è presente pure nella muscolatura striata non cardiaca ma è in circolo dopo circa 2 ore. Rimane dosabile per circa 24 ore. Quindi il riscontro di valori elevati di mioglobina con ECG nei limiti identifica un paziente da osservare attendendo gli altri enzimi cardiospecifici.

Tuttora la troponina è considerata il markers migliore nella diagnosi di IMA. Nella successiva tabella si elencano i vantaggi e svantaggi di ogni test.

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ALTRI MARCATORI E APPROCCIO MULTIMARKERS: sono in studio altre sostanze che sono implicate nel processo di insufficienza coronarica acuta. In particolare si cerca di capire se sono utili per il trattamento e per l’effetto del trattamento sulla patologia. E’ stato avanzato che la simultanea determinazione di PCR, troponina e BNP sia migliore della singola determinazione della troponina ma altri studi sono necessari. I componenti della coagulazione come DDimero, fibrinogeno sono elevati durante una ischemia miocardica ma sono poco specifici. Anche i fattori della cascata infiammatoria sono attivati nell’ischemia miocardica ed hanno significato prognostico. Pazienti con dolore toracico con cardioenzimi negativi ma PCR elevata oppure pazienti con pregressa ischemia e PCR elevata dopo un mese hanno prognosi peggiore. Una parte importante la sta ottenendo il BNP.

E’ il peptide natriuretico tipo B emesso dai miociti durante stiramento. Viene eliminato come proBNP e poi trasformato in BNP. Inizialmente usato per diagnosticare uno scompenso cardiaco con anamnesi ed esame obiettivo dubbio, è ora usato per individuare il rischio di evento avverso nelle cardiopatie ischemiche ( angina instabile, NSTEMI, STEMI ).

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TRATTAMENTO INIZIALE

I pazienti con angina instabile/NSTEMI devono essere ricoverati e sottoposti a terapia conservativa o invasiva secondo queste modalità:

Tutti i pazienti con angina instabile/NSTEMI devono ricevere, salvo controindicazioni, la seguente terapia:

 ASA

 Betabloccanti

 Terapia anticoagulante

 Inibitore delle glicoproteine IIIa/IIb

 Una tienopiridina ( può essere differita finché non si decide la terapia invasiva o conservativa)

La decisione critica è se eseguire una strategia invasiva o conservativa. Attualmente se si intraprende una strategia invasiva si esegue la coronarografia nelle prime 24 ore visto l’effetto protettivo sulle manovre che ha la terapia anticoagulante e antiaggregante.

In alternativa esiste la terapia conservativa che impone una coronarografia solo in caso di dolore anginoso ricorrente o test da sforzo ad alto rischio nonostante terapia medica adeguata.

In ogni caso uno studio della funzionalità miocardica è fondamentale visto che una FE ridotta nonostante betabloccanti, ACEI e, se vi è scompenso o diabete, antagonista dell’aldosterone impone una coronarografia.

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TERAPIA ANALGESICA E ANTI ISCHEMICA: due sono gli scopi della terapia per angina instabile /NSTEMI:

 Risolvere l’ischemia

 Prevenire gli eventi avversi ( morte e reinfarto)

Quindi iniziare una terapia antischemica e antitrombotica mentre si esegue una stratificazione del rischio. Se il rischio è medio - alto o se la terapia non ha dato risultati subito intraprendere una strategia invasiva.

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FARMACI ANTISCHEMICI

Sono i nitrati, i ßbloccanti, i calcioantagonisti, i bloccanti il sistema renina-angiotensina-aldosterone NITRATI : causa dilatazione venosa con riduzione del preload e arteriodilatazione con riduzione dell’afterload; entrambe le azioni riducono il consumo di ossigeno miocardico. Inoltre dilatano i vasi coronarici epicardici anche aterosclerotici con aumento del flusso nelle aree ischemiche. Ha una azione antiaggregante con meccanismi non noti.

Si inizia con 1+1+1 compresse sublinguali da 0.4 mg prese ogni 5 minuti e, se non ci sono controindicazioni, betabloccante per os o iv. Solo se non si ha riduzione del dolore si inizia nitroglicerina iv. Si somministrano pure in caso di scompenso cardiaco e ipertensione. Sono controindicati in ipotensione e dopo l’uso di sildenafil nelle ultime 24 ore. Il sildenafil blocca la fosfodiesterasi che degrada il GMPc; quest’ultimo ha una azione miorilassanti mediata dall’ossido nitrico con potenziamento dei nitrati.

Il dosaggio iv parte da 5 mcg / minuto e viene incrementato ogni 3-5 minuti di 10 mcg/minuto fino al raggiungimento del fine terapeutico. Gli effetti collaterali sono cefalea e ipotensione. Va quindi evitata per pressioni sistoliche < 90 mmHg. Il dosaggio massimo non è stabilito ma si è visto che si possono somministrare 300-400 mcg/minuto per settimane senza metemoglobinemia.

Nei pazienti senza segni ischemici ma che necessitano di terapia antianginosa cronica è utile l’uso di nitrati orali o topici. La tolleranza ai nitrati si manifesta dopo 24 ore di infusione continua con necessità di incrementare la dose, per cui uno sforzo per ridurre il dosaggio iv e, se possibile, iniziare con terapia topica o per os deve essere tentato dopo che per 12-24 ore il paziente è senza dolore. Se invece il dolore si ripresenta il dosaggio iv deve essere incrementato ma appena i sintomi

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cessano si deve tentare la riduzione. Non è utile continuare i nitrati iv a paziente asintomatico, passando a una somministrazione intermittente libera da tolleranza.

Non ci sono studi randomizzati che dimostrano l’efficacia dei nitrati sulla mortalità. Il razionale è quindi solo fisiopatologico

MORFINA: è un agente ansiolitico e analgesico utile se le 3 cp di nitroglicerina sublinguale e la terapia con nitrati iv non toglie il dolore. Ha inoltre attività vasodilatatrice e bradicardizzante

tramite ipertono vagale. Gli effetti collaterali sono l’ipotensione ( trattabile con la semplice manovra di trendelemburg e bolo salino ) e la bradicardia ( trattabile con atropina) Rara è la bradipnea

trattabile con naloxone 0.4-2 mg iv bolo. Nel 20% dei casi compare vomito e nausea. In caso di allergia si possono usare altri narcotici. Studi con vari bias hanno evidenziato un aumento di mortalità nei pazienti trattati per cui la classe di raccomandazione è passata da I a IIa. Si attendono studi randomizzati ulteriori.

Dosaggio: 1-5 mg iv bolo ogni 15 minuti

BETABLOCCANTI : bloccano in modo competitivo i recettori beta cellulari. I recettori ß1 sono a livello miocardico: il loro blocco crea una bradicardia, una riduzione della contrattilità miocardica e una conduzione rallentata a livello del nodo AV. Portano quindi a una riduzione del consumo di ossigeno. I recettori ß2 si trovano a livello bronchiale e vascolare e il loro blocco causa vaso e broncocostrizione. Quindi l’azione ß1 bloccante è la migliore nel ridurre il consumo di ossigeno miocardico. L’assunzione, se non esistono controindicazione, deve essere immediata. La

somministrazione iv può essere giustificata in caso di dolore persistente, tachicardia e ipertensione.

Studi randomizzati hanno però evidenziato nessuna riduzione della mortalità a 30 giorni con incremento di casi di shock cardiogeno nei pazienti con scompenso cardiaco o emodinamicamente compromessi. Quindi l’uso iv viene consigliato solo nei pazienti a basso rischio di shock

cardiogeno. Ad alto rischio di shock cardiogeno sono le donne, gli anziani, una killip class elevata, una ipotensione con tachicardia. In queste linee guida si consiglia l’uso orale nelle prime 24 ore con attenzione per pazienti instabili o bradicardici. La scelta del ßbloccate dipende dalla

farmacocinetica. Non ci sono studi che testano i vari ßbloccanti ma quelli senza attività simpaticomimetica sono da preferire. In acuto sono stati provati l’atenololo, il metoprololo, il propanololo. Il carvedilolo viene usato in fase post acuta. In fase cronica sono stati testati più farmaci e allo stato attuale si possono fare le seguenti considerazioni:

 Nello scompenso cardiaco il carvedilolo, un α e ßbloccante, è il più efficace; viene poi il metoprololo, il più selettivo ß1 bloccante.

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 Nell’ipertensione l’atenololo è il più usato

I pazienti con blocco AV, grave scompenso cardiaco, asma bronchiale, ipotensione ( PAS < 90 mmHg ) o a rischio di shock (vale dire i tachicardici o i killip class II – III ) non devono assumere ßbloccante nella fase acuta. Ma in fase cronica a tutti è consigliata la terapia con ßbloccante:

 negli scompensati cronici compensati

 negli asmatici iniziando a bassa dosaggio con un ß1bloccante selettivo come il metoprololo ( 12.5 mg die)

In assenza di queste condizioni il ßbloccante può essere dato in acuto per via venosa e poi continuato per os. Questo è uno schema consigliato:

Metoprololo 5 mg in 1-2 minuti iv ripetuto ogni 5 minuti fino a 15 mg in toto. Se ben tollerato dopo 15 minuti iniziare la terapia per os con 25-50 mg ogni 6 ore per 48 ore. Successivamente 100 mg 2 volte die.

In alternativa

Propanololo 0.5-1 mg iv bolo seguito da 40-80 mg ogni 6 ore per os

Durante l’infusione deve essere monitorato l’ECG, la pressione arteriosa e il broncospasmo Se l’infusione iv non è sicura iniziare con la terapia per os.

Il carvedilolo viene iniziato 1-2 gg dopo l’episodio acuto al dosaggio di 6.25 mg due volte die per un mese e poi aumento fino a 25 mg due volte die, riducendo mortalità e reinfarto.

CALCIOANTAGONISTI: bloccano l’azione del calcio che ha azione vasocostrittrice e favorisce la depolarizzazione del nodo seno-atriale e atrio-ventricolare. Quindi i calcioantagonisti causano vasodilatazione e riduzione della conduzione e contrattilità miocardica. La nifedipina e amlodipina hanno attività solo vascolare, il verapamil e il diltiazem hanno attività miocardica e sulla

conduzione. Tutti 4 i farmaci hanno attività coronarodilatatrice. Non è stata dimostrata la validità di uno sull’altro nell’angina instabile/NSTEMI. Gli effetti positivi sono dovuti alla ridotta contrattilità

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miocardica con riduzione del consumo di ossigeno. Gli effetti collaterali sono l’ipotensione , il blocco AV, lo scompenso cardiaco. L’indicazione terapeutica è la seguente:

 Pazienti con dolore nonostante nitrati e ßbloccante

 Pazienti che non possono assumere uno fra nitrati e ßbloccante

 Angina variante

Un calcioantagonista short acting come la nifedipina deve essere evitato se non si assume ßbloccante per i gravi effetti avversi.

Verapamil e diltiazem devono essere evitati in caso di scompenso e, ipotensione Amlodipina e felodipina sono ben tollerati in caso di scompenso cronico.

Riassumendo l’uso dei calcioantagonisti nell’ angina instabile/NSTEMI è relativa al dolore, in alternativa al ßbloccante. L’uso contemporaneo verapamil-diltiazem + ßbloccante è da vedere con attenzione per un pericoloso sinergismo. I calcioantagonisti short acting come la nifedipina sono da non usare senza ßbloccante.

INIBITORI DEL SISTEMA RENINA ANGIOTENSINA ALDOSTERONE : Gli ACEI hanno la capacità di ridurre la mortalità :

 negli IMA in fase cronica

 negli IMA in fase acuta con funzionalità de ventricolo sinistro depressa

 nei diabetici con funzionalità de ventricolo sinistro depressa

 nei pazienti con funzionalità de ventricolo sinistro normale ma a rischio di patologia aterosclerotica coronarica

I bloccanti il recettore per l’angiotensina ( sartanici) hanno dimostrato avere gli stessi effetti degli ACEI ma ACEI + sartanici aumentano gli effetti collaterali senza aumentare la sopravvivenza L’ antagonista per il recettore dell’aldosterone eplerenone aumenta la sopravvivenza negli IMA scompensati e nei diabetici. Anche lo spironolattone riduce la mortalità negli IMA fortemente scompensati.

FARMACI ANTIANGINOSI IN CORSO DI VALUTAZIONE: sono farmaci che devono essere usati in casi di dolore anginoso intrattabile

NICORANDIL: è un farmaco che agisce aprendo i canali del potassio ATP dipendenti favorendo il rilasciamento muscolare . In un unico studio ha evidenziato riduzione del dolore e delle aritmie maligne

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RANOLAZIME: ha un meccanismo d’azione ancora ignoto ma probabilmente agisce sui canali del potassio come gli antiaritmici di classe II , quindi allunga il QT. Riduce sensibilmente il dolore ma non sembra modificare la storia clinica della malattia ischemica. Si somministrano 500 mg 2volte die per os aumentando fino a 1000 mg due volte die.

TERAPIA ANALGESICA : visto l’incrementato rischio nei pazienti in terapia con COX2 e FANS, questi devono immediatamente essere sospesi.

FARMACI ANTIAGGREGANTI/ANTICOAGULANTI

Le tre tabelle successive guidano la strategia terapeutica antiaggregante/anticoagulante nel paziente con NSTEMI/angina instabile

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Una terapia antitrombotica riduce la morte e il reinfarto nelle patologie coronariche da rottura di placca. Si somministra ASA, un anticoagulante e a volte un farmaco antipiastrinico addizionale. La tripla terapia si usa nei pazienti con dolore continuo, ad alto rischio e in quei pazienti orientati verso la strategia interventista. I pazienti in terapia con warfarin devono ricevere ugualmente la terapia antiaggregante, mentre la terapia anticoagulante deve essere posticipata finché il TP INR <

2.0. Se è indifferibile l’intervento chirurgico e il TP e sovradosato deve essere somministrato plasma fresco.

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FARMACI ANTIAGGREGANTI ( acido acetilsalicilico, ticlopidina, clopidogrel )

ACIDO ACETILSALICILICO (ASA): inibisce in modo irreversibile il COX-1 nelle piastrine impedendo la sintesi del tromboxano A2. Inibisce quindi l’aggregazione piastrinica attraverso questa via ma non da altre. I benefici dell’asa sono a attribuire a questo meccanismo che è attivo nelle piastrine a bassi dosaggi. Il dosaggio testato va dai 75 ai 1500 mg die con beneficio

antiaggregante uguale ma tra 75 mg e 162 mg e un rischio di sanguinamento gatrointestinale < 2%.

Nella fase acuta va somministrato immediatamente a un dosaggio di 162-325 mg . L’azione protettiva dell’asa si mantiene per almeno due anni, studi su tempi superiori non sono disponibili per cui si è d’accordo di continuarlo indefinitivamente. Per chi assume asa e ibuprofene attendere 30 minuti per assumere l’ibuprofene dopo l’asa. Controindicazioni all’assunzione sono:

 sanguinamento attivo

 emofilia

 allergia

 sanguinamento retinico attivo

 ulcera peptica attiva

 ipertensione arteriosa severa intrattabile

 sanguinamento gastrointestinali e urinari severi

E’ stata proposta una interazione negativa sugli ACEI che avrebbero minore azione visto che l’asa blocca la sintesi di prostaglandine, non sembra comunque interferire sulla mortalità.

ANTAGONISTI DEI RECETTORI DELL’ADP : il clopidogrel e la ticlopidina sono antagonisti dell’ ADP. La loro azione è irreversibile ma impiegano alcuni giorni per il massimo effetto . Se si inizia con una dose iniziale elevata si riduce tale periodo.

Visto che asa e antagonisti dei recettori dell’ ADP hanno meccanismi diversi esiste un beneficio additivo. In pazienti con gastropatia l’utilizzo di asa o ticlopidina induce la contemporanea assunzione di inibitori della pompa protonica.

La ticlopidina è utile nella prevenzione secondaria di stroke e Ima ma ha svariati effetti collaterali:

 neutropenia ( remissione in 3 settimane dopo sospensione ma può essere fatale)

 porpora trombotica trombocitopenica ( rara ma richiede plasmaferesi immediata )

 diarrea, vomito, coliche addominali

Il clopidogrel ha una azione preventiva simile all’asa ma molti meno effetti collaterali della

ticlopidina, seppur 11 casi di porpora trombotica trombocitopenica sono stati evidenziati, 1 mortale.

E’ usato nella prevenzione secondaria e in sostituzione all’asa in caso di allergia o sanguinamenti gastrointestinali recenti. Ovviamente non ha un effetto antiaggregante immediato come l’asa ma è preferito alla ticlopidina perché ha meno effetti collaterali. Per avere un effetto antiaggregante più rapido si usano 300 mg per os ma il dosaggio non è stato ben indagato. I pazienti con NSTEMI/UA da sottoporre a PCI devono assumere clopidogrel prima dell’intervento e per un anno dopo

l’intervento oltre all’asa. Quando viene posizionato uno stent secernente farmaci per rallentare la riepitelizzazione, questo riduce il rischio di stenosi ma aumenta il rischio di trombosi anche tardiva (dopo l’anno). Questo ha reso necessario usare il doppio farmaco antiaggregante quando si

posizionano tali stent che devono essere proseguiti almeno per un mese. In caso di intervento chirurgico in tale periodo è alto il rischio di stenosi per cui o si pospone l’intervento o si mantiene l’asa e si sospende il meno possibile la ticlopidina. Oltre all’asa e al clopidogrel in pazienti ad alto rischio ( ad esempio con livelli di troponina elevata ), prima della PCI è utile una infusione di abciximab 0.25 mg/Kg bolo e 0.125 mg/Kg/minuto per 12 ore successivamente l’intervento.

Visto l’aumentato rischio di sanguinamento con la doppia antiaggregazione bisogna sospendere il clopidogrel 5 gg prima della CABG e per i 7 gg successivi. Quindi quando si ha un dubbio che il paziente possa essere sottoposto a CABG il clopidogrel non dovrebbe essere somministrato. Se però il paziente è instabile il clopidogrel deve essere somministrato e il chirurgo sopporterà un aumentato rischio di sanguinamento con necessità di maggiori trasfusioni ma non una incrementata mortalità.

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FARMACI ANTICOAGULANTI La scelta dell’anticoagulante dipende da:

 familiarità individuale

 efficacia comprovata

 rischio di sanguinamento

 presenza di un antidoto in caso di sanguinamento

 rischio di intervenire chirurgicamente Le possibili scelte sono:

 EPARINA NON FRAZIONATA ( UFH ): agisce, legandosi a varie proteine ematiche e endoteliari, aumentando l’attività dell’antitrombina inibente la troponina , il fattore IX e X impedendo la formazione e l’evoluzione del trombo ma non la sua lisi.

 EPARINA A BASSO PESO MOLECOLARE ( LMWH ): sono molecole polisaccaridiche con meno di 18 saccaridi che hanno attività di inibizione in particolare sul fattore Xa. Hanno una emivita maggiore con necessità di 1-2 somministrazioni e minori sanguinamenti rispetto all’UFH.

 BIVALURIDINA: inattiva la trombina

 FONDEPARINUX: inattiva il fattore Xa

La bivaluridina e il fondaparinux non hanno antidoti e in caso di sanguinamento si deve interrompere la somministrazione e somministrare plasma fresco.

EPARINA NON FRAZIONATA ( UFH ):ha un grosso limite che è nel legame aspecifico a cellule e proteine, creando grossa variabilità di risposta tra i pazienti. Questo costringe a un costante monitoraggio dell’ aPTT che testa la via intrinseca , in particolare l’attività dei fattori IIa, Xa e IXa.

Il dosaggio è di 60U/Kg bolo e 12U/kg/h mantenendo un valore di aPTT di 60-80 secondi. Inoltre a parità di dosaggio interferisce l’età, il sesso ( più elevato aPTT) , diabete e fumo ( più basso aPTT ).

Inutili e dispendiosi i continui riscontri dell’ aPTT: deve essere eseguito dopo 6 ore da ogni

aggiustamento terapeutico, dopo 24 ore se due determinazioni successive sono nel range prefissato e immediatamente dopo un dubbio emorragico. Una determinazione giornaliera delle piastrine deve essere eseguita giornalmente per la trombocitopenia da eparina che compare dopo 4-14 giorni dall’inizio della terapia. Valori < 100000/ml compaiono nell’1-4% dei casi. Nell’ 0.1% dei casi compare una trombocitopenia da eparina autoimmune più grave perché crea trombosi: compare immediatamente dopo la prima infusione e raramente è tardiva. Proprio per queste complicanze la terapia nello NSTEMI/angina instabile dura dai 2 ai 5 gg anche se una durata precisa non è mai stata indagata.

EPARINA A BASSO PESO MOLECOLARE ( LMWH): in svariati studi si è mostrata la validità rispetto il placebo o la UFH. La dalteparina a 120 U /Kg due volte die riduceva la mortalità. Visto che l’attività anticoagulante non può essere facilmente testata i cardiologi preferiscono usare l’

UFH prima della PCI o della CABG.

LMWH contro UFH: i farmaci testati nei vari trials sono l’enoxaparina, la nadroparina e la

dalteparina. Solo l’enoxaparina ha dimostrato ridurre la mortalità rispetto all’ UFH. In tutti i trials si dimostra una riduzione della piastrinopenia e una maggior praticità d’uso della LMWH senza necessità di monitorare la coagulazione. I sanguinamento minori sembrano essere più frequenti con la LMWH mentre i maggiori sono sovrapponibili.

I dosaggi usati nei vari trials sono i seguenti:

FARMACO DOSAGGIO

UFH ( eparina sodica 5000U/cc iv) 60 U/Kg bolo iv e 12 U/Kg /h su valori APTT Enoxaparina ( clexane fl ) 1 mg/kg sc 2 volte die

Dalteparina ( fragmin fl 2500-5000-7500- 10.000-12500-15000-100000 U)

120 U /kg sc 2 volte die Nadroparina ( fraxiparina fl 2850-3800-5700- 86 U/Kg sc 2 volte die

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7600-9500 U)

INIBITORI DIRETTI DELLA TROMBINA: la bivaluridina al dosaggio di 0.1 mg/Kg in bolo e 0.15 mg/kg/h non deve essere data in modo isolato ma associata a una tienopiridina e a un inibitore delle glicoproteine IIb IIIa.

INIBITORI DEL FATTORE Xa: la fondaparinux viene somministrata sottocute una volta a dì al dosaggio di 2.5 mg. Attenzione all’insufficienza renale grave con clearance < 30 ml/min. Deve essere sempre aggiunto, sia in un trattamento medico che invasivo la UFH 60 U/kg/ in bolo.

ASSOCIAZIONE CON WARFARIN: la associazione ASA a basso dosaggio ( 75 mg/die),

clopidogrel e warfarin ha alti rischi emorragici ed è da eseguire solo per brevi periodi in pazienti ad alto rischio embolico.

ANTAGONISTI DEI RECETTORI PIASTRINICI GP IIb IIIa: i recettori GP IIb IIIa sono abbondanti sulla superficie piastrinica e durante i processi coagulativi subiscono delle

trasformazioni tali da aumentare l’affinità per i fibrinogeno e altri legandi. Rappresenta la via finale dell’aggregazione piastrinica. Studi sperimentali hanno dimostrato che il blocco dell’80% dei GP IIb IIIa e dei recettori per l’ADP ha un potente effetto antiaggregante. Ogni farmaco antagonista dei recettori delle GP IIb IIIa ha farmacocinetica diversa.

ABCIXIMAB: è un anticorpo contro i recettori, ha breve emivita ma alta affinità per i recettori.

L’aggregazione piastrinica torna normale dopo 24-48 ore.

EPTIFIBATIDE e il TIROFIBAN hanno una sequenza aminoacidica simile al fibrinogeno, sono in equilibrio tra parte legata e libera , hanno una emivita di 2-4 ore e il ritorno alla normalità si ha dopo 4-8 ore.

Plurimi trials hanno studiato questi 3 farmaci, tutti riducono la mortalità in corso di NSTEMI/UA aumentando il rischio emorragico.

STRATEGIA CONSERVATIVA O INVASIVA ? RACCOMANDAZIONI CLASSE I :

 Tutti i pazienti con instabilità emodinamica o dolore persistente devono essere sottoposti a terapia invasiva

 Tutti i pazienti stabili con alto rischio di morte intraospedaliera devono essere sottoposti a terapia invasiva

RACCOMANDAZIONI CLASSE IIB :

 Tutti i pazienti stabili con alto rischio di morte intraospedaliera possono essere inizialmente sottoposti a terapia conservativa se questa è la preferenza di parenti e paziente.

 Una strategia invasiva può essere utile in pazienti con insufficienza renale cronica RACCOMANDAZIONI CLASSE III :

 I pazienti con comorbilità ( ad esempio neoplasie ) sono ad alto rischio per interventi invasivi.

 I pazienti con dolore toracico dubbio per insufficienza coronarica non devono essere sottoposti a terapia invasiva

La terapia invasiva può essere intrapresa urgentemente o nelle successive 4-24 ore. I pazienti instabili devono essere sottoposti rapidamente a PCI pur iniziando ugualmente la terapia medica con antiaggreganti e anticoagulanti, riservando il bloccante le glicoproteine IIb-IIIa e il clopidogrel nella fase pre interventistica a cura del medico operatore.

Molti trials hanno studiato il rapporto tra terapia conservativa e invasiva.

A favore della terapia conservativa ci sono:

 Bassi costi

 Permette di eseguire una ecocardiografia ed eventualmente un test ergometrico per stratificare i pazienti

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 Grazie alle terapie più aggressive si è ridotta la mortalità in tale gruppo e alcuni trials non hanno evidenziato differenze con la strategia invasiva nella mortalità a 30 giorni.

A favore della terapia invasiva:

 Una stratificazione invasiva del rischio cardiovascolare permette di individuare un 10-20%

di pazienti che necessitano di CABG e un 10-20% di pazienti con coronarie indenni a cui si risparmia una terapia inutile.

Esistono poi due strategie invasive: una angiografia in tempi rapidi( due ore ) o in tempi più dilazionati ( 12-48 ore ). Non esistono dati sicuri ma dagli ultimi trials sembra che la mortalità e il re-infarto si riducano con una strategia invasiva precoce.

Ci sono poi alcuni sottogruppi particolari:

 Pazienti con recente PCI e con NSTEMI/UA sono ad alto rischio di restenosi e devono eseguire una strategia invasiva precoce

 Pazienti sottoposti a CABG con NSTEMI/UA in cui la valutazione è difficile senza una rapida coronarografia

LA STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO PRIMA DELLA DIMISSIONE CLASSE I:

 Tutti i pazienti asintomatici a riposo o ai minimi sforzi e senza segni di scompenso per 12- 24 ore con rischio basso-intermedio di evento sfavorevole devono essere sottoposti a stratificazione del rischio con test ergometrico

 L’uso de TE dipende dall’ECG a riposo e dalla capacità del paziente di eseguire una attività fisica.. In caso di presenza nell’ECG a riposo di alterazioni dell’ST, di alterazione della conduzione intraventricolare, di tossicità digitalica il TE non è eseguibile. In tal caso si esegue un ecostress.

Anche l’ ECG a riposo è un indicatore del fattore di rischio di un paziente L’uso di algoritmi a punteggio come il TIMI e il GRACE sono utili.

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CHI SOTTOPORRE A CABG E CHI A PCI ?

TERAPIA DOPO LA DIMISSIONE

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GRUPPI SPECIALI

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SESSO FEMMINILE: nessuna particolare indicazione diversa dagli uomini ma nella categoria a basso rischio la terapia conservativa è consigliata

DIABETICI:

CLASSE I : tutte le indicazioni sono simili a quelle di tutti i pazienti. Particolare attenzione al controllo glicemico mantenendo la glicemia pre-prandiale < 110 mg% e il valore massimo < 180 mg%. Dopo la dimissione la HbA1C deve essere mantenuta < 7%. Gli inibitori piastrinici IIb/IIIa hanno particolare beneficio nei diabetici.

CLASSE IIa : nell’interessamento multivasale la CABG è preferita alla PCI. E’ plausibile una terapia insulinica aggressiva per mantenere una glicemia < 150 mg% nelle prime 3 ore dal ricovero.

ANZIANI:

CLASSE I : devono avere lo stesso atteggiamento terapeutico dovuto ai giovani, ma con attenzione sullo stato cognitivo e fisico più che sul cronologico. Attenzione a dosaggio e farmacocinetica dei farmaci e all’aumentato rischio di sanguinamento. La strategia invasiva è più rischiosa rispetto ai giovani ma i benefici sono uguali e forse maggiori dei giovani. Ogni decisione deve essere presa in presenza dei parenti.

INSUFFICIENZA RENALE CRONICA:

CLASSE I : il dosaggio dei farmaci eliminati per via renale deve essere modifica in base alla creatininemia. Durante la coronarografia sono da preferire i mezzi iodati isosmotici.

USO DI COCAINA E ANFETAMINA

CLASSE I : nitroglicerina e calcioantagonisti sublinguali o endovena sono indicati in pazienti con dolore toracico e ST elevato o sottoslivellato all’ ECG. Se l’ ST permane elevato è utile la

coronarografia e la PCI se si trova un trombo occlusivo. Se la coronarografia non è eseguibile è utile la fibrinolisi se non ci sono controindicazioni

CLASSE IIa : nitroglicerina e calcioantagonisti sublinguali o endovena sono indicati in pazienti con dolore toracico e ST minimamente alterato all’ ECG o con ECG normale. La coronarografia è probabilmente utili in pazienti con dolore che non sparisce dopo nitroderivato e calcioantagonisti e lieve sottoslivellamento dell’ ST o con T invertite.

CLASSE IIb : l’uso di α e β bloccanti come il labetalolo è indicata in caso di pressione sistolica >

150 mmHg o in caso di FC>110 se nell’ultima ora sono stati somministrati vasodilatatori come la nitroglicerina.

CLASSE III: l’angiografia non è indicata nei pazienti senza alterazioni dell’ ECG e con test da sforzo e enzimi cardiaci nei limiti.

ANGINA VARIANTE DI PRINZMETAL: è una variante di angina instabile che compare improvvisamente con elevazioni transitorie dell’ ST che regrediscono spontaneamente o dopo nitroglicerina. Raramente evolve in IMA. Gli spasmi possono essere singoli o plurimi. La

coronarografia di tali pazienti spesso evidenzia placche aterosclerotiche non invasive. Gli attacchi avvengono spesso a riposo, ma anche sotto stress, freddo, esercizio fisico e per questo mimano una UA/NSTEMI. Compaiono più spesso alla mattina. I pazienti sono più giovani e senza fattori di rischio. Gli episodi raramente evolvono ma sono stati segnalati casi prolungati con IMA, blocco AV e morte improvvisa. La diagnosi si basa su un dolore toracico che compare a riposo, al mattino , non riproducibile con lo sforzo, e con un ST elevato che regredisce dopo nitroglicerina. Lo spasmo può avvenire su coronarie integre o con placche subocclusive. Quindi la coronarografia è parte della diagnosi. Utile alla diagnosi è pure la telemetria che mostra elevazione dell’ST durante la crisi dolorosa regredendo con nitroglicerina e l’ecocardiografia che mostra durante la crisi dolorosa sofferenza miocardica. Esistono vari test provocativi eseguiti durante angiografia che testimonia l’avvenuto spasmo: l’iperventilazione per 6 minuti oppure il freddo, la provocazione farmacologia con acetilcolina è ora stata abbandonati per elevata mortalità. La terapia è a base di nitroderivato a lunga emivita e calcioantagonisti. Si consiglia verapamil 240 a 480 mg al di, diltiazem 180 - 360 mg al di, o nifedipina 60-120 mg al dì. Pazienti particolarmente resistenti possono richiedere combinazione di nitroderivato, calcioantagonisti diidropiridinico e non diidropiridinico. Anche gli

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α litici sono utili in casi resistenti alla terapia. La prognosi è buona per i pazienti a coronarie indenni ma peggiore per quelli con patologie vasali. In alcuni pazienti si è dovuto impiantare un

defibrillatore per FV recidivanti o un pacemaker per frequenti BAV totali. In casi refrattari la denervazione simpatica del miocardio è stata eseguita con marginali benefici.

“SINDROME X” CARDIOVASCOLARE: i pazienti hanno dolore toracico da sforzo con alterazioni dell’ ST ma hanno una coronarografia negativa o con lesioni non significative. E’più frequente nelle donne. La causa non è chiara. Si suppone una alterazione endoteliare o una

alterazione nella percezione del dolore. La diagnosi si fa con la triade: dolore anginoso, alterazioni dell’ST e coronarografia non significativa. La prognosi non è del tutto benigna visto che studi hanno dimostrato una mortalità del 3% dopo 7 anni. La terapia si basa sull’uso di β bloccanti e calcioantagonisti. La nitroglicerina è attiva nel 50% dei casi. L’Imipramine 50 mg è usata nei dolori cronici compresa la sindrome X con il 50% dei successi.

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