APPROCCIO DIETETICO
NEL PAZIENTE DISFAGICO
Dott.ssa Maria Paola Rescio Università Campus Bio Medico di Roma
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LA DISFAGIA
patologia della deglutizione
sensazione di difficoltà o di ostruzione al
passaggio di cibo e bevande attraverso la bocca, la faringe o l’esofago
MECCANICA per alterazioni anatomiche
NEURO-MOTORIA per lesioni neurologiche
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CLASSIFICAZIONE
A seconda della fase di deglutizione alterata la disfagia è suddivisa in:
orale
faringea
esofagea
Le principali cause sono rappresentate da:
vasculopatie cerebrali, traumi cranici, sclerosi multipla o laterale amiotrofica, Morbo di
Parkinson..
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S
EGNI E SINTOMI(I)
La malattia può manifestarsi con sintomi clinici
evidenti o rimanere silente fino all’esordio delle complicanze.
1. perdita di saliva e scialorrea
2. ritenzione di cibo nella cavità orale
3. tosse che compare dopo la deglutizione
4. sensazione di corpo estraneo in gola
5. alterazione della mimica facciale
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S
EGNI E SINTOMI(II)
il medico e l’infermiera di reparto svolgono un ruolo chiave per identificare i sintomi di sospetta
disfagia!
colpi di tosse subito dopo o entro 2-3 minuti dalla deglutizione
velatura voce o raucedine dopo la deglutizione
fuoriuscita di liquido o cibo dal naso
presenza di febbre (37,5°-38°)
aumento della salivazione
presenza di catarro
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Chi soffre di disfagia:
non assume il cibo in quantità e qualità adeguata
rischia il passaggio del cibo nelle vie respiratorie con conseguenze anche gravi(polmoniti).
CONSEGUENZE (I)
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CONSEGUENZE (II)
malnutrizione proteico-calorica
perdita di peso
carenze vitaminico-minerali
disidratazione
Necessarie diagnosi precoce e collaborazione di un team multidisciplinare per avviare una
TERAPIA EFFICACE e appropriata con il massimo grado di efficienza e qualità per il
paziente.
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I
L RUOLO DELLA DIETISTADopo aver stabilito il quadro di disfagia è
opportuno dare le informazioni necessarie alla diestista che provvederà a impostare una dieta:
o ipercalorica
o iperproteica
o personalizzata
o specifica per grado e il tipo di disfagia,
o facilitante il riflesso della deglutizione.
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OBIETTIVI DELLA DIETA
1.
garantire la sicurezza del paziente evitando il passaggio di cibo nelle vie respiratorie
2.
evitare la malnutrizione
3.
mantenere l’idratazione
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TIPI DI DISFAGIA
per alimenti liquidi
per alimenti solidi
mista
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CARATTERISTICHE
FISICHE DEGLI ALIMENTI(I)
Dal punto di vista fisico distinguiamo gli alimenti in:
1. liquidi e soluzioni liquide (acqua, tè, camomilla..)
2. semiliquidi e semisolidi (come frullati o passati diverdure, oppure come mousse e formaggi cremosi)
3. solidi (pasta ben cotta e ben condita, sufflè)
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CARATTERISTICHE FISICHE DEGLI ALIMENTI
(II)
Il principale criterio di differenziazione e scelta della dieta oltre al tipo e al grado di disfagia è la
consistenza o densità degli alimenti.
Attenzione a:
o viscosità e scivolosità
o coesione
o temperatura del cibo
o volume del cibo
o sapore del cibo
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CARATTERISTICHE FISICHE DEGLI ALIMENTI
(III)
Per personalizzare ulteriormente la dieta sarà necessario:
• modificare lo stato fisico degli alimenti frullando i cibi come la carne o le verdure
• modificare la consistenza degli alimenti e
delle bevande aggiungendo addensanti (polvere neutra insapore e inodore priva di glutine e
lattosio, in commercio ve ne sono diversi tipi) o diluenti
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R
UOLO DELL’
INFERMIERA(I)
Al momento della consumazione del pasto è importante essere presenti per:
verificare la compliance alla dieta
prevenire eventuali ristagni nella cavità orale, nella faringe o nell’esofago
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R
UOLO DELL’
INFERMIERA(II)
evitare possibili fenomeni di aspirazione e passaggio di particelle di alimenti o liquidi nelle prime vie aeree
rendersi conto della quantità del cibo assunto (se nell’arco della giornata il pz consuma meno del 60% pensare a una integrazione per os, come il
NUTRIDRINK addensandolo)
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VALUTAZIONE PZ DISFAGICO (I)
1. Storia clinica
2. modalità di alimentazione (qualitative e quantitative) prima del ricovero
3. Indici dello stato nutrizionale:
a) peso,altezza, pliche
b) determinazione dell’IMC
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VALUTAZIONE PZ DISFAGICO (II)
4. Misurare a brevi intervalli il peso:
in caso di pazienti non deambulanti,allettati si prendono : peso ,plica
tricipitale e circonferenza braccio.
5. valutare eventuali inalazioni, affaticabilità, perdita di peso e disidratazione (un decremento ponderale del 5% in un mese è indice di malnutrizione in atto)
Dalla plica tricipitale e dalla circonferenza braccio si evidenzia la MALNUTRIZIONE:
- per difetto : < 25 perc.
- per eccesso:< 90 perc.
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DISFAGIA AI LIQUIDI
CONSIGLIATI:
alimenti
o a consistenza cremosa (aiutano a innescare un debole riflesso per la deglutizione)
o a consistenza semisolida (formano un bolo coeso che può essere deglutito in una sola volta)
PROIBITI:
alimenti
o liquidi
o a doppia consistenza,
o non compatti e che si frantumano o si sbriciolano o alimenti che si sciolgono in bocca come i gelati.
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DISFAGIA AI SOLIDI
CONSIGLIATI:
alimenti liquidi, le preparazioni devono essere liquide o semiliquide o cremose in base alla gravità della disfagia
PROIBITI:
cibi a doppia consistenza, non compatti o che si frantumano o si sbriciolano
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VALUTAZIONE PZ DISFAGICO (III)
Indici biochimici essenziali:
albuminemia
conta linfocitaria
…
normale mal.lieve mal.mod m.grave
albumina g/dl
3,5 2,8-3,5 2,1- 2,7 < 2,1
linfociti (x10alla9/L:
mm3)
>1500 1500-1200 1200-800 < 800
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C
ONSIDERAZIONI FINALINel paziente disfagico per impostare un protocollo dietetico bisogna:
valutare il rischio dovuto a cattiva deglutizione
Valutare il grado di autonomia e lo stato di nutrizione del paziente
In caso di disfagia completa si applica una
nutrizione enterale totale, se è presente una malnutrizione proteica l’inizio della NE deve
essere precoce.
Se il grado e il tipo di disfagia lo consentono si
applica la dieta progressiva per disfagia iniziando con alimenti e bevande a densità modificata.
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GRAZIE PER
L’ATTENZIONE!
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