A NNALI DELLA
S CUOLA N ORMALE S UPERIORE DI P ISA Classe di Scienze
L EONIDA T ONELLI
Su alcuni concetti dell’analisi moderna
Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa, Classe di Scienze 2
esérie, tome 11, n
o1-2 (1942), p. 107-118
<
http://www.numdam.org/item?id=ASNSP_1942_2_11_1-2_107_0>
© Scuola Normale Superiore, Pisa, 1942, tous droits réservés.
L’accès aux archives de la revue « Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa, Classe di Scienze » (
http://www.sns.it/it/edizioni/riviste/annaliscienze/) implique l’accord avec les conditions générales d’utilisation (
http://www.numdam.org/conditions). Toute utilisa- tion commerciale ou impression systématique est constitutive d’une infraction pénale.
Toute copie ou impression de ce fichier doit contenir la présente mention de copyright.
Article numérisé dans le cadre du programme Numérisation de documents anciens mathématiques
http://www.numdam.org/
di LEONIDA TONELLI
(Roma).
Nell’Analisi moderna hanno assunto una notevole
importanza
i concetti di funzione a variazione limitata e di funzione assolutamente continua. Ilprimo
di essi fuposto,
per laprima volta,
e per le funzioni di una sola varia-bile,
da CAMILLEJORDAN,
in una Nota deiComptes
rendus del1881,
e subitodopo
nel suo « Coursd’Analyse » ;
il secondo è dovuto a GIUSEPPEVITALI,
che lo
introdusse,
per le funzioni di una solavariabile,
nel1905,
in una Notadella R. Accademia delle Scienze di
Torino,
eche,
nel1908,
ne indicò ancheuna estensione alle funzioni di
più
variabili.Di
questi concetti,
cheriguardano
le funzioni reali di variabilireali,
intendodi
parlare qui,
trattando tanto le funzioni di unaquanto quelle
dipiù
variabili.Consideriamo una funzione
f(x),
reale della variabilereale x,
per tuttigli
x diun intervallo
(a, b).
Sesupponiamo
che laf(x)
siacontinua, l’equazione y=f(x) possiamo interpretarla
comel’equazione
di una curva r.Questa
curvapotrà compiere
una o
più
od anche infiniteoscillazioni, ;
e le sue oscilla-zioni
potranno
esserepiù
omeno
ampie.
Si
comprende
subito comepossa riuscire
importante
per certequestioni
1’ avere unamisura della totalità di
queste
oscillazioni. Una tale misura sarà necessariamente un numero il
quale
dovràdipendere
e dal numero delleoscillazioni compiute
dalla r edall’ampiezza
diciascuna oscillazione.
(1) Conferenza tenuta, il 23 febbraio 1942-XX, all’ Istituto Matematico della R. Università di Bologna.
Un’ idea si
presenta qui
molto naturalmente per ottenere la misura in que- stione. Si consideri laproiezione
della curva r sull’asse delle y. Noiimmagi-
neremo, per
semplicità,
che il sistemadegli
assi x e y sia cartesianoortogonale,
eintenderemo di
parlare
diproiezione ortogonale
della r sull’asse delle y.Questa proiezione,
per il caso dellafigura
che abbiamodisegnata,
si riduce ad unaspezzata, ripiegata
su sèstessa,
eprecisamente
allaspezzata,
a latirettilinei,
e la misura cercata
possiamo
assumerla come data dalla lun-ghezza
dellaspezzata
cosottenuta, lunghezza che, evidentemente, dipende
dalnumero delle oscillazioni della curva r e
dall’ampiezza
di ciascuna oscillazione.La misura cos
definita,
cioèuguale
allalunghezza
dellaproiezione ortogo-
nale sull’asse delle y della curva h
rappresentata dall’equazione
y=f(x),
la diremovariazione totale della funzione
f(x)
nell’ intervallo(a, b) ;
e sequesta
variazionetotale risulterà
finita,
diremo chef(x)
è a variazione limitata in(a, b).
È
evidenteche,
se la curva r ha soltanto un numero finito dioscillazioni,
la
f(x)
risulta a variazionelimitata ;
ma la funzionef(x) potrà
risultare a varia -zione limitata anche nel caso di una curva r avente infinite
oscillazioni, purchè queste
infinite oscillazioni abbiano uno smorzamento sufficientementerapido. Se, invece,
lo smorzamento non sarà abbastanzarapido,
le infinite oscillazioni faranno s che la non risulti a variazione limitata.Le definizioni di funzioni a variazione limitata e di variazione
totale,
che abbiano date in forma
geometrica, corrispondono
esattamente alle defini- zioni in forma analitica delJORDAN ;
equeste
definizioni in formaanalitica,
se da un lato restano
più
lontane dal fattogeometrico
che essetraducono,
dal-l’altro si
applicano
anche senza supporre, come noi abbiamofatto,
che la fun- zionef(x)
sia continua.JORDAN defin le funzioni a variazione
limitata, che,
in unprimo tempo,
aveva chiamate funzioni ad oscillazione
limitata,
nelseguente
modo. Consi- derata unaqualsiasi
funzionef(x),
definita in(a, b),
si suddividaquest’ inter-
vallo in
parti,
in numerofinito,
mediante ipunti
e, per
ogni parte (a1",
si formi il valore assoluto1 f(a,-+~) - f(a,) 1
dellavariazione subita dalla funzione nel passare dall’ascissa a,, ad ar+i ;
e si sommino tutti
questi
valoriassoluti,
cioè si costruisca la sommaSe
questa
somma,qualunque
sia la suddivisione di(a, b)
mediante ipunti
a1,,. yresta sempre inferiore ad un numero
positivo fisso,
la è detta da JORDANa variazione
limitata ;
e il confinesuperiore
di tale somma, vale a dire ilpiù
piccolo
numero che non è maisuperato
daquesta
somma, è detto da JORDAN variazione totale dellaf(x)
in(a, b).
Secondo le definizioni di
JORDAN,
nonpuò
essere a variazione limitata unafunzione che non sia limitata in
(a, b) ;
ma possono risultare a variazione limitata anche funzionidiscontinue,
come, peresempio,
la funzioneuguale
ad 1nei
punti precedenti
2 euguale
a 2negli
altri.Si dimostra
però
cheogni
funzione avariazione limitata
può
ammettere soltanto discontinuità di laspecie,
ed alpiù
inun’ infinità numerabile.
Nel caso di una funzione
continua,
ledefinizioni di funzione a variazione limitata
e di variazione totale da noi date inizialmente
equivalgono perfettamente
aquelle
di JORDAN,.Per le funzioni a variazione
limitata,
JORDAN mise in luce una molto sem-plice proprietà caratteristica, quella
dipoterle
scrivere sotto forma di diffe-renza di due funzioni ambedue non decrescenti. Stabilito un modo di scrivere
una funzione a variazione limitata in
questa forma,
ne risultano subito infinitialtri ;
e, fra tuttequeste rappresentazioni
della funzioneconsiderata,
ve n’è unaspeciale
che costituisce la cos dettadecomposizione
canonica di Jordan : èquella
in cui le due funzioni non decrescentiche,
con la lorodifferenza,
dànnola funzione
considerata,
sono ambedue nonnegative,
crescono con la minorerapidità possibile
e assumono, per x=a, ipiù piccoli
valoripossibili.
Se la funzione data
è,
oltre che a variazionelimitata,
anchecontinua,
i ter-mini della differenza che dà la
decomposizione
canonica sono anch’essi continui.Un’altra notevole
proprietà,
di caratteredifferenziale,
delle funzioni a varia-zione limitata fu
scoperta
da H. LEBESGUE nel1904,
conl’ipotesi supplemen-
tare della
continuità, ipotesi
che fupoi completamente
rimossa da altri. Si ha cos cheogni
funzionef(x)
a variazione limitata ammettequasi dappertutto
derivata
f’(x) finita;
in altreparole,
ipunti
di(a, b)
in cui la derivataf’(x)
non esiste od è infinita si possono rinchiudere in un numero finito od al
più
in un’ infinità numerabile di intervalli di
lunghezza complessiva piccola quanto
si vuole. Oltre a
ciò,
la derivataf’(x)
di una funzione a variazione limitata èintegrabile
in(a, b), l’integrazione
essendo intesa nel senso delLEBESGUE;
evale la
disuguaglianza
dove V indica la variazione totale della
f(x)
in(a, b).
Lo stesso JORDAN indicò due
importanti applicazioni
del concetto di funzionea variazione limitata. La
prima
di esse lo condusse alla caratterizzazione ana-litica delle curve
rettificabili,
ossia delle curve alunghezza
finita. Consideratauna curva
continua,
data nella formay=f(x)
oppure inquella più generale y=y~(t),
conf(x), g(1), y(1)
funzionicontinue,
JORDANprovò
checondizione necessaria e sufficiente affinchè tale curva sia rettificabile è che la
f(x),
nel
primo
caso, e leg(t), y(t),
nelsecondo,
siano funzioni a variazione limitata.Un’altra
applicazione
si ha nel campo delle serie di FOURIER. JORDAN dimo- strò che una funzionef(x)
a variazione limitata nell’ intervallo(O, 2yr),
e definitaper mezzo della
periodicità,
diperiodo 2c,
in tutto l’intervallosviluppabile
in serie di FOURIER, nel senso che la sua serie di FOURIER è ovunqueconvergente,
con sommauguale
al valore dellafunzione,
ovequesta
.
L IL . /’(.K-}-0)+/’(.C20130)
d .. L. L.. t.
è
continua,
euguale
alla semisomma2
dei suoi valori limiti a 2destra ed a sinistra
di x,
ove la funzione è discontinua.Il concetto di funzione assolutamente continua fu
posto,
per le funzioni di una solavariabile,
nel 1905 dalVITALI,
per caratterizzare le cos dette fun- zioniintegrali.
Data ancora in
(a, b)
una funzione realef(x),
essa dicesi assolutamente continua se, preso comunque un numeropositivo e,
èpossibile
di determinarneun altro b in modo
che,
perqualsiasi
gruppo di intervalli nonsovrapponentisi
di
(a, b) : (a1, bi), (a2, b2)...., (an, bn),
dilunghezza complessiva
di
b,
si abbiaminore
Si rifletta
che,
se il numero ndegli
intervalli(ai, bi)
fossefissato, ogni
funzionecontinua risulterebbe assolutamente
continua ;
ma il numero n, nella definizioneora
posta,
non è fissato epuò
assumerequalsiasi valore,
per modo che ladisugua- glianza
sopra scritta deve valerequalunque
sia il numerodegli
intervalli con-siderati, purchè
nonsovrapponentisi
e dilunghezza complessiva
minore di ~.Per
questa ragione
esistonodelle
funzioni continue che non sono assolutamente contin1£e.Ogni
funzione assolutamente continua è a variazionelimitata,
epertanto
è deri-vabile
quasi dappertutto,
con derivata finita eintegrabile;
e si ha esattamentee
Inoltre, poichè
dallaprima
diqueste uguaglianze
segue, perogni x
di(a, b),
ossia
risulta che
ogni
funzione assolutamente continua è una funzioneViceversa,
si dimostra cheogni
funzioneintegrale
è assolutamentecontinua,
e si ottiene cos che continuità è la
proprietà caratteristica
dellefunzioni
integrali.
Dell’assoluta continuità io mi
servii,
nel1908,
per risolverecompletamente
il
problema
dellarappresentazione
dellalunghezza
di una curva rettificabile mediante il notointegrale
classico. Per unaqualunque
curva continua retti-ficabile, rappresentata
analiticamente dal sistemaio
provai
chel’integrale
classicoesiste sempre finito
(l’integrazione essendo
intesa nel senso delLEBESGUE)
eche esso è sempre minore od
uguale
allalunghezza
L della curva. Dimostraipoi
che la condizione necessaria e sufficiente affinchèvalga
la formulaè espressa dall’assoluta continuità delle funzioni
x(t), y(t)
ez(t).
Dell’assoluta continuità io
feci,
inseguito,
un’altraapplicazione,
che costi- tuisce il fondamento necessario per la nuova teoria del Calcolo delle Variazionicon lo-
quale
io hopotuto
dar vita aquella
cheoggi
è chiamata la Scuola ita- liana di Calcolo delle Variazioni.Nella teoria classica del Calcolo delle
Variazioni,
le curvey=y(x),
che siconsiderano per lo studio
degli integrali
curvilinei in forma ordinariasono
supposte
atangente
variabile in modo continuo o tutt’alpiù
con un numerofinito di
punti angolosi;
si suppone cioè che la sia continua e che abbia la derivatay’ (x)
continua o con alpiù
delle discontinuità di 1 aspecie
in numerofinito.
Io, invece,
nella mia teoriaallargai
notevolmente la classe delle curveprese in
considerazione, supponendo semplicemente
lay(x)
assolutamente con-tinua. Con tale estensione
potei
ottenere notevoli teoremi di esistenza del minimo.Si
poteva
pensare,dopo
diciò,
diallargare
ancorpiù
la classe delle curveconsiderate;
ma il LAVRENTIEFF dimostrò chequesto
non èpossibile, perchè
con un’ ulteriore estensione i
problemi
di Calcolo delle Variazioni non ammet-terebbero,
ingenerale,
soluzione Con ciò restaprovato
che le funzioniy(x)
asso-lutamente continue costituiscono la classe
più ampia
di funzioni che possanoessere utilmente considerate nel Calcolo delle Variazioni.
Sempre
nel Calcolo delleVariazioni,
nellaparte
cheriguarda gli integrali
curvilinei in forma
parametrica
io ho
potuto
provare che il valore diquesto integrale
èindipendente
dalla rap-presentazione
adottata per lacurva C, purchè
talerappresentazione
sia fattacon funzioni assolutamente
continue,
eche,
ingenerale,
si ottiene perl’integrale
un valore diverso se si abbandona tale restrizione.
* * *
Vediamo ora come i concetti di funzione a variazione limitata e di funzione assolutamente continua siano stati estesi alle funzioni di
più
variabili. Per sem-plicità
ci limiteremo a considerare soltanto le funzioni di due variabili.Per
quanto riguarda
le funzionia variazione
limitata,
sono stateproposte
varie definizioni per le funzioni dipiù variabili ;
ma effet-tivamente due soltanto fra tali defi- nizioni hanno dimostrato di riuscire veramente utili.
Una
prima
estensione si è avutaprendendo
in considerazione l’incre-. mento
doppio
di una funzionef(x, y).
Supponiamo
che laf(x, y)
sia defi-nita in tutti i
punti
di unrettangolo R
a latiparalleli agli
assi x e y, e, considerati duepunti (x, y)
e(x’, y’)
diR,
formiamol’espressione
che chiameremo incremento
doppio
dellaf(x, y)
relativo alrettangolino’
r alati
paralleli agli
assi e di verticiopposti (x, y)
e(x’, y’).
Ciò premesso, imma-giniamo
di dividere ilcampo R
in un numero finitoqualunque
direttangoli,
a lati
paralleli agli
assi x e y, e facciamo la somma dei valori assolutidegli
incrementi
doppi
dellaf(x, y)
relativi a tutti irettangoli
della suddivisione. Sequesta
somma,qualunque
sia la suddivisioneoperata
del campoR,
nel modoindicato,
resta sempre inferiore ad un numeropositivo fisso,
diremo che laf(x, y) è,
inR,
a variazionedoppia
limitata. Le funzioni a variazionedoppia
limi-tata sono
quelle
cheVITALI, LEBESGUE,
DE LA VALLÉE POUSSIN edaltri,
chia-marono funzioni di due variabili a variazione limitata.
In connessione con
questa definizione, gli
Autorigià
citati chiamarono asso-lutamente continue
quelle
funzionif(x, y),
definite inR,
chegodono
dellaseguente proprietà:
preso ad arbitro èpossibile
determinare uno>0
in modoche,
considerato in .R unqualsiasi
gruppo direttangoli
non sovrap-ponentisi,
a latiparalleli agli assi,
e di area totale minore di 0, risulti sempre minore di - la somma dei valori assolutidegli
incrementidoppi
dellaf(x, y)
relativi a tutti i
rettangoli
del gruppo considerato.Queste
funzioninoi,
per distin-guerle
daquelle
che definiremo fra poco, le diremo funzionidoppiamente
asso-lutamente continue.
Le definizioni di funzione
f(x, y)
a variazionedoppia
limitata edoppiamente
assolutamente continue sono state
poste
per lo studio delproblema degli
inte-grali doppi;
ed aquesto
scopo servonoegregiamente, perchè
le funzionidop- piamente
assolutamente continuepermettono
di caratterizzare le funzioniintegrali
di due variabili.
Le funzioni
doppiamente
assolutamente continue sono anche a variazionedoppia limitata,
e tuttequeste
funzioni ammettonoquasi dappertutto, finita,
laderivata
superficiale regolare.
Tale derivata è definita nel modoseguente:
considerato un
punto (x, y)
diR, sia q
unquadrato,
a latiparalleli agli
assi coordi-nati,
contenente(x, y),
e si formi il rap-porto
fra I’ incrementodoppio
dellaf(x, y)
relativo a q e l’area di q.
Se,
al tenderea zero dell’area di q, il
rapporto
indicatoha un limite
finito,
tale limite si chiama dérivatasuperficiale regolare
dellaf(x, y)
nel
punto (x, y).
Per una
qualsiasi
funzione a variazionedoppia limitata,
la sua derivatasuperficiale regolare
èintegrabile,
nel senso delLEBESGUE.
Inoltre,
se la funzione a variazionedoppia
limitata è anche a varia- zione limitata come funzione della sola x su uno dei lati delrettangolo R paralleli
all’asse delle x ed è pure a variazione limitata come funzione della sola y su
uno dei lati di R
paralleli
all’assedelle y, allora, quasi dappertutto
inR,
esistonofinite ambedue le derivate miste del secondo ordine
fi§
efyx .
Tutto ciò mostrache le funzioni a variazione limitata ammettono
quasi dappertutto
un elementodifferenziale del 2° ordine.
* * *
Nel caso delle funzioni di una sola
variabile,
i concetti di funzione a varia-zione limitata e di funzione assolutamente continua hanno
servito,
fral’altro,
arisolvere il
problema
delle funzioniintegrali
equello
della rettificazione dellecurve.
Questi
dueproblemi
hanno i lorocorrispondenti
nel campo delle funzioni di due variabili. Ilcorrispondente
delprimo
è ilproblema
delle funzioni inte-grali
di duevariabili,
e perquesto problema
servono ottimamente i concetti di funzione a variazionedoppia
limitata e di funzionedoppiamente
assolutamente continua. Ilcorrispondente
del secondo è ilproblema
dellaquadratura
dellesuperficie ;
ma perquesto
non servono i concetti ora indicati e occorre trovare un’altra forma di estensione delle definizioni di funzione a variazione limitata e di funzione assolutamente continua.Nel caso delle funzioni
integrali
in una variabile e inquello
della rettifica- zione delle curve, ci troviamo di fronte aproblemi
cheriguardano
tutti e dueelementi differenziali dello stesso
ordine,
eprecisamente
del 1° ordine : la deri- vata di una funzioneintegrale
in una variabile è un elemento differenziale del 1°ordine,
e nelproblema
della rettificazione delle curveintervengono
soltantodelle derivate del 1° ordine.
Per una funzione
integrale
in duevariabili,
la derivatasuperficiale regolare
è un elemento differenziale del 2°
ordine,
mentre invece nelproblema
della qua- dratura dellesuperficie intervengono
soltanto delle derivate del 1° ordine. Dun- quequesti
dueproblemi impongono
la considerazione di elementi differenziali di ordinediverso;
ed èqui
laragione profonda
del fatto chequell’ estensione
a due variabili dei concetti di funzione a variazione limitata e di funzione asso-
lutamente
continua,
che serve per ilprimo
dei dueproblemi indicati,
nonpuò
servire per il secondo.
D’altronde, ripensando
aquanto
si dice nei Corsi ordinari di Analisi Mate- matica sull’area dellesuperficie,
ci si convince subito che il concetto di funzione di due variabili a variazionedoppia
limitata nonpuò
servire a caratterizzare lesuperficie quadrabili (cioè
ad areafinita)
date nella formaz=f(x, y).
Edinfatti,
nei Corsiindicati,
si prova che unasuperficie
diquesta forma,
conf(x, y)
continua insieme con le sue derivate
parziali
del 1°ordine,
ha areafinita,
dataprecisamente
dal notointegrale
classico.Orbene,
perqueste superficie
non si faalcuna
ipotesi
circa l’esistenza di elementi differenziali del 2° ordine per laf(x, y),
mentre invece l’esistenza di uno di tali elementi è
implicita
nella definizione di funzione a variazionedoppia limitata ;
cosicchè si intravvede l’esistenza di fun-zioni
f(x, y) che,
pur essendo continue con le loro derivateparziali
del 1° or-dine,
non sono a variazionedoppia
limitata. Edeffettivamente,
si possono costruire funzioni di talespecie;
e ciò prova che non tutte lesuperficie quadrabili
dellaforma
z=f(x, y)
hanno laf(x, y)
a variazionedoppia
limitata.Vogliamo aggiungere
su ciò un’ultima considerazione. Il concetto di funzionea variazione
doppia
limitata èlegato
all’orientamentodegli
assi x e y, mentre laquadrabilità
di unasuperficie
è un fattoindipendente
da tale orientamento.Quel
concetto nonpuò dunque
servire a caratterizzare lesuperficie quadrabili.
Allo scopo
precisamente
di risolvere ilproblema
dellaquadratura
delle super- ficierappresentate
daun’equazione z=f(x, y),
io hodato,
nel1926,
le defini-zioni di funzione di due variabili a variazione limitata e di funzione di due variabili assolutamente
continue,
concetti che si sonopoi
rivelati molto utili in diverse altrequestioni.
Supposto,
persemplicità,
che il campo di definizione della funzionef(x, y)
sia ilquadrato Q,
di verticiopposti (0, 0)
e(1, 1),
daròprima
la definizione di funzione a variazione limitata in formageometrica,
riserbandomi di dare
quella
analitica in un secondotempo.
Consideriamo la
superficie 8 rappresentata,
per(x, y)
inQ, dall’equazione z=f(x, y),
ove supporremola
f(x, y)
continua.Ispirandoci
aquanto
abbiamo detto per definiregeometrica-
mente le funzioni di una variabile a variazione
limitata,
consideriamo l’area dellaproiezione ortogonale
sulpiano (x, z)
essendoortogonale
in O alpiano (x, y))
dellasuperficie S,
e pure consideriamo l’area dellaproiezione
orto-gonale
della stessasuperficie
sulpiano (y, z).
Sequeste
due aree risultanoambedue
finite,
diremo che laf(x, y)
è a variazione limitata inQ.
Come si calcola l’area della
proiezione
di S sulpiano (x, z) 2 Questa proie-
zione è una
superficie
ingenerale ripiegata più
volte su sèstessa,
e la suaarea si calcola
integrando rispetto
ad x sull’ intero intervallo(0,1)
lalunghezza
della
proiezione ortogonale
sulpiano (x, z)
della sezione dellasuperficie 8
colpiano parallelo
alpiano (y, z) passante
per ilpunto x
dell’asse delle x. Epoichè
tale
lunghezza
è data dalla variazione totaleYy(x)
della funzionef(x, y),
consi-derata,
per un fissato valore di x, come funzione della sota variabile y, laproie-
zione di S sul
piano (x, z)
risulta datadall’ integrale
Parimenti,
laproiezione ortogonale
di S sulpiano (y, z)
risulta data dadove
Vi(y)
è la variazione totale dellaf(x, y)
considerata come funzione della sola x,quando
sia fissato un valore di y.Ne viene
dunque che,
affinchè laf(x, y)
sia a variazionelimitata,
le duevariazioni totali
Vy(x)
e devono essere finite perquasi
tuttigli
x di(O, 1),
la
prima,
e perquasi
tuttigli
y di(O, 1)
laseconda,
ed inoltre tali variazioni totali devono risultareintegrabili.
Sigiunge
cos alla definizione analitica delle funzioni a variazionelimitata,
definizione che vale per le funzioni continue ed anche perquelle
discontinue : laf(x, y)
dicesi a variazione limitatain Q
sele variazioni totali e sono
quasi dappertutto
finiterispettivamente
per x e y in
(O, 1),
e se,inoltre,
esse sonointegrabili,
nel senso delLEBESGUE,
in tale intervallo.
Da
questa
definizione risulta subitoche,
se laf(x, y)
è a variazione limitata inQ,
inquasi tutto Q
esistono finite le due derivateparziali f,,’
efy’,
e taliderivate risultano
superficialmente integrabili
inQ.
La forma
geometrica
della definizione di funzione a variazione limitata rende intuitiva laproposizione,
da mestabilita,
secondo laquale
la condizione neces-saria e sufficiente affinchè la
superficie
continua siaquadrabile
è che laf(x, y)
risulti a variazione limitata. In
questa proposizione
laquadrabilità
è intesasecondo la definizione
generale
di area data dalLEBESGUE,
onde l’area di unasuperficie
è il minimo limite delle aree dellesuperficie poliedriche
tendenti allasuperficie considerata;
e siccome laquadrabilità
è un fattoindipendente
dal-l’orientamento
degli
assi x e y, ne viene che il concetto di funzione a varia- zione limitataè, per le
funzionicontinue, indipendente
alla direzionedegli
assicoordinati.
Per le funzioni
discontinue, invece,
il concetto di funzione a variazione limi- tata non risultaindipendente dagli
assi x e y : è ciò che hanno mostrato con unesempio
ADAMS e CLARKSON.Peraltro,
come ha fatto vedere ilCESARI,
unalieve modificazione della definizione da me data rende tale definizione di fun- zione a variazione limitata sempre
indipendente
dalla direzionedegli
assi x e y.Le nuove funzioni che cos vengono
definite,
e che io hoproposto
di chiamare funzioni di due variabiligeneralmente
a variazionelimitata,
sonoquelle
per le
quali
esiste inQ
un insieme dipunti E,
di misurasuperficiale nulla,
tale
che, quando
si calcolino le variazioniV’y(x),
trascurandocompleta-
mente i valori che la
f(x, y)
assume neipunti
dell’ insiemeE, queste
variazionirisultino finite
quasi dappertutto
eintegrabili
in tutto l’ intervallo(O, 1).
Perquanto riguarda
le funzionicontinue,
la nuova, classe di funzioni cos definitacoincide con
quella
delle funzioni a variazionelimitata;
ma essa risultapiù ampia
nel campo delle funzioni discontinue.Del concetto di funzione di due variabili a variazione .limitata io mi
giovai,
nel
1927,
pergiungere
ad un teoremagenerale
di convergenzariguardante
leserie
doppie
diFOURIER,
teorema dalquale
discendono tutti ipiù importanti
criteri di convergenza fino ad allora
noti ;
inparticolare potei
cos ottenere laprima
dimostrazionerigorosa
di un criterio moltosemplice,
enunciato alprin- cipio
diquesto
secolo dalCERNI,
ilquale
assicura la convergenza ovunque della seriedoppia
di FOURIER di una funzionelipschitziana,
definita in unquadrato
a lati
paralleli agli
assi coordinati e dilunghezza
2n. Del mio teoremagenerale,
il CESARI diede un’estensione che io
poi
estesi a miavolta,
ottenendo un enun-ciato in forma molto
generale
esemplice.
Equi
merita di esser ricordato unaltro risultato del CESARI secondo il
quale
laserie, doppia
di FOURIER di unafunzione
periodica
diperiodo rispetto
ad x e ad y,quasi
continua e gene- ralmente a variazionelimitata,
convergequasi dappertutto
verso la funzione me-desima,
e ciò tanto se s’ intende la convergenza perrettangoli quanto
se s’ in-tende la convergenza per linee o per colonne.
* * *
Passiamo ora alle funzioni di due variabili assolutamente continue. Io ho chiamate cos le funzioni continue che sono a variazione limitata e
che,
dipiù,
suquasi
tutte leparallele
all’ asse delle x risultano assolutamente continuecome funzioni della sola x, e su
quasi
tutte leparallele
all’ assedelle y
risul-tano assolutamente continue come funzioni della sola y.
Una funzione
f(x, y) continua,
con derivateparziali
delprimo
ordine con-tinue,
è certamente assolutamentecontinua ; pertanto,
in virtù diquanto
abbiamogià detto,
esistono delle funzioni assolutamente continue che non sono a varia- zionedoppia
limitata equindi
neppuredoppiamente
assolutamente continue.D’ altro
lato, ogni
funzionef(x, y),
definitain Q
e a variazionedoppia limitata, può
sempredecomporsi
nella somma di una funzione a variazione limitata e diuna funzione del
tipo + y(y) ;
edanalogamente, ogni
funzionef(x, y),
defi-nita in
Q,
edoppiamente
assolutamentecontinua, può
sempredecomporsi
nellasomma di una funzione assolutamente continua e di una funzione del
tipo )+).
Del concetto di funzione di due variabili assolutamente
continua,
che risulta anch’essoindipendente
dalla direzionedegli
assi x e y, mi sono servito per risolverecompletamente
ilproblema dell’espressione
mediante il notointegrale
classico dell’ area di una
superficie
continuaz=f(x, y), quadrabile. Infatti,
come. ha
provato
il mio allievoLAMPARIELLO,
se lasuperficie
indicata èquadrabile,
esiste finito
l’ integrale
classico(inteso
nel senso delLEBESGUE)
ed io ho dimostrato che tale
integrale
è sempre minore oduguale
all’ area dellasuperficie. Inoltre,
ho anche dimostrato che la condizione necessaria e sufficiente affinchè l’ area siaproprio uguale all’ integrale
scritto è espressa dall’ assoluta continuità della funzionef(x, y).
Cos il
problema
dellaquadratura
dellesuperficie
continue della formaz=f(x, y)
risultapienamente
risolto.Resta, dopo
diciò,
da trattare lo stessoproblema
per lesuperficie
continue date in formaparametrica : questione
anch’ essa assaiardua,
che richiedeprofonde indagini
di naturatopologica
eche finalmente è stata ora felicemente risolta dal CESARI per la
quadrabilità
intesa nel senso
generale
del LEBESGUE.Dirò, infine, che, analogamente
aquanto
feci nel Calcolo delle Variazioni pergli integrali
curvilinei della forma per mezzo dell’ assoluta con- tinuitàpotei
costruire una teoriagenerale degli integrali doppi
prendendo
in considerazione la classe delle funzioniy)
assolutamente con-tinue ;
ed anchequi
sussiste il risultatoanalogo
aquello
delLAVRENTiEFF,
ecioè che la classe di