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La malattia di Dupuytren

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Academic year: 2022

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La malattia di Dupuytren

Introduzione

La malattia di Dupuytren, o fibromatosi palmare, è una lesione fibroproliferativa cronica e progressiva della aponeurosi palmare superficiale, normalmente tesa a ventaglio dal legamento trasverso del carpo fino alla radice delle dita, ed è clinicamente espressa con la flessione di uno o più dita della mano.

Fig. 1: Barone Guillaume Dupuytren (05-10-1777 07-02- 1835)A. Curcio, Grande enciclopedia Curcio, Vol. VII, Ed. A. Curcio 1966, pag. 376

Frequenza

La malattia di Dupuytren si presenta raramente nella razza nera (2% dei pazienti), e quasi esclusivamente nella razza caucasica (42% dei pazienti) 19, in particolare sui popoli del nord Europa, dove è stata evidenziata una eredità di tipo autosomico dominante a penetranza incompleta.

Il motivo geografico si ritiene sia legato alle migrazioni del popolo dei Vichinghi, i cui geni sono considerati responsabili di una predisposizione alla malattia. L'incidenza aumenta con l'aumentare dell'età ed è praticamente assente nei bambini; gli uomini hanno un rischio da 7 a 15 volte più alto delle donne, le quali sviluppano una forma benigna di malattia in età tarda e sembra abbiano una tendenza alla radializzazione della malattia.

Generalmente la malattia è bilaterale, con una mano più coinvolta rispetto all'altra; comunque, non c'è una dominanza di una mano sull'altra, a meno di motivi occupazionali. Il paziente può avere uno, due o tre dita coinvolte, nella mano più severamente colpita: principalmente è il IV raggio digitale, (70% dei casi), poi il V, il III, il II ed il I con frequenza decrescente.

Con il termine di Diatesi di Dupuyren (Hueston - 1950) si descrive il fenomeno di rapida e precoce fibromatosi progressiva in soggetti giovani, con storia familiare, interessamento bilaterale e diffuso coinvolgimento dermico.

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Questa grave forma di fibromatosi palmare ha un alto indice di recidiva dopo l'intervento ed appare anatomicamente più estesa rispetto alla fibromatosi classica. Altre fasce possono essere

contemporaneamente coinvolte dalla fibromatosi: quella plantare (malattia di Ledderhose, 5% dei pazienti), quella peniena (malattia di La Peyronie, 3% dei pazienti), quella del dorso delle

articolazioni interfalangee prossimali (noduli di Garrod, < 1%).

Eziologia

Pregressi interventi chirurgici alla mano, lesioni da schiacciamento, iperestensioni forzate delle dita, possono essere responsabili di microfratture della aponeurosi, da cui si sviluppa la fibromatosi.

Esistono inoltre fattori di rischio generici associati alla malattia:

1. Abuso di alcool 2. Fumo di sigarette 3. Diabete mellito 4. Epilessia 5. Ereditarietà

6. Disendocrinie (tiroidee e paratiroidee) 7. Carenza di Vitamina E

Non è stata ancora identificata una precisa relazione causa-effetto con l'abuso di alcool: c'è comunque un'alta incidenza della malattia in soggetti alcoolisti, con epatopatia alcolica.

Il ruolo del tabacco e del diabete mellito entra in relazione con le modificazioni microvascolari che si determinano in tutti i distretti del corpo (e quindi anche nella mano), ed in particolare con la microangiopatia, responsabile d'ischemia localizzata e quindi del rilascio dei radicali liberi dell'ossigeno, i quali stimolano la proliferazione dei miofibroblasti.

L'associazione con l'epilessia è dovuta alle alterazioni metaboliche causate dalla terapia farmacologica con sedativi a base di acido barbiturico; il processo patologico infatti si arresta allorchè la somministrazione viene interrotta.

I pazienti affetti da artrite reumatoide non presentano fibromatosi palmare, probabilmente ciò è dovuto ai farmaci antinfiammatori nella cura della artrite.

Esistono dei fattori molecolari che entrano in gioco nella genesi della malattia di Dupuytren, in particolare:

1. Citochine e fattori di crescita con i rispettivi recettori: Trasforming Growth Factor (TGF- Beta, TGF-Alfa), Epidermal Growth Factor Receptor (EGF-R), Platelet Derived Growth Factor (PDGF), Granulocyte Macrophage-Colony Stimulating Factor (GM-CSF).

2. Radicali liberi.

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Il concetto di cellula in grado di produrre e secernere fattori di crescita che successivamente vanno a legarsi ai recettori esposti sulla sua superficie rappresenta una modalità di controllo autocrino della crescita cellulare. Esiste un complesso sistema di diversi fattori di crescita bilanciati tra loro che possono funzionare individualmente o in associazione con altri. Caratteristica del normale processo riparativo indotto dai fattori di crescita è che una volta che l'omeostasi è stata raggiunta, i

meccanismi autocrini e/o paracrini ritornano alla condizione di normalià . Un classico esempio di questo processo è la riparazione cicatriziale.

Diversi studiosi hanno dimostrato che la malattia di Dupuytren e le fibromatosi in genere sono il risultato di una abnorme e alterata proliferazione dei fibroblasti, legata ad un anomala espressione dei fattori di crescita stessi. Probabilmente i fattori in grado di stimolare la crescita dei fibroblasti sono anche in grado di indurre la loro differenziazione in miofibroblasti, e stimolare la produzione di matrice extracellulare. Con queste premesse, i più probabili candidati al controllo della crescita cellulare dei miofibroblasti della fascia palmare sono le cosiddette citochine fibrogeniche: il TGF- Beta, il TGF-Alfa, il PDGF ed il GM-CSF. In più, molte di queste citochine inducono la

proliferazione delle cellule endoteliali, permettendo un altro importante processo per la crescita e la riparazione tessutale che è l'angiogenesi.

I) TGF-BETA

Il TGF-Beta fa parte di una famiglia di proteine regolatrici della proliferazione, inibizione proliferativa e differenziazione di una grande varietà di cellule.

Una recente ricerca dell'Università Rochester di New York condotta su campioni di tessuto palmare patologico e sano ha dimostrato che:

1. Il TGF-Beta 1 è presente in alta concentrazione nei miofibroblasti e fibroblasti in tutti gli stadi della malattia di Dupuytren.

2. Anche i fibroblasti normali della fascia palmare esprimono TGF- Beta 1, ma a concentrazione più bassa.

3. Il TGF-Beta 2 è localizzato dentro i miofibroblasti di pazienti nella fase proliferativa, ma assente nei fibroblasti della fase residua e in quelli della fascia palmare normale.

4. L'aggiunta di TGF-Beta 1, Beta 2 o di entrambi a terreni di coltura contenenti

miofibroblasti, aumenta significativamente la proliferazione di queste cellule soprattutto in aree con più alta densità cellulare. In ogni modo è il TGF-Beta 2 ad avere l'effetto più efficace sulla proliferazione.

E' noto che il TGF-Beta induce effetti significativi sia in vitro sia in vivo nei modelli di riparazione cicatriziale, quali l'aumento del collagene di tipo III e della sintesi di glicosamminoglicani,

l'eccessiva formazione di tessuto granulomatoso (fibromatosi), e lo stimolo all'angiogenesi, similmente a quello che si riscontra nella malattia di Dupuytren. Date queste similitudini, un approccio nella cura della fibromatosi di Dupuytren potrebbe coinvolgere l'inibizione della proliferazione dei miofibroblasti indotta dal TGF-Beta, nella fasi precoci della malattia. Questa modalità d'intervento potrebbe realizzarsi dopo aver raggiunto una completa conoscenza del

recettore per il TGF-Beta espresso dai miofibroblasti, dei secondi messaggeri e dello stimolo per la sintesi del collagene.

Di recente è stata valutata la possibile predisposizione genetica alla malattia di Dupuytren:

interessanti risultano alcune ricerche biomolecolari che hanno messo in evidenza la relazione esistente tra la proteina ZF9 e la sintesi del fattore di crescita maggiormente coinvolto nella eziopatogenesi della fibromatosi cioè il TGF- Beta.

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La proteina ZF9 è un fattore di trascrizione sintetizzato all'interno del nucleo cellulare il cui ruolo principale consiste nel legarsi alla sequenza promoter del gene del TGF-Beta 1, del TGF-Beta 2, e dei loro rispettivi recettori, promovendo la trascrizione dell'RNA-messaggero di questi fattori.

Controlla pertanto direttamente la sintesi di tutte queste molecole. In uno studio sperimentale su 138 persone (119 uomini, 19 donne) tutte affette da fibromatosi palmare, è stato dimostrato che nei pazienti il gene della proteina ZF9 sintetizza una forma instabile di questa molecola la quale sarebbe direttamente responsabile della aumentata sintesi del TGF-Beta 1, del TGF-Beta 2, e dei loro recettori, a livello sierico e tessutale.

II) TGF-ALFA E EGF-R, PDGF, GM-CSF

Esiste una anomala espressione del TGF-Alfa e dell' EGF-R nelle diverse fasi della fibromatosi.

Entrambi sono presenti nei miofibroblasti dei noduli ipercellulari della fase proliferativa, mentre scompaiono dai noduli ipocellulari e fibrotici delle fasi involutiva e residua. Questo si spiega perchè i miofibroblasti producono e rilasciano il TGF-Alfa, il quale, con meccanismo autocrino e paracrino (legandosi all' EGF-R), stimola la proliferazione cellulare (fase proliferativa), con conseguente aumento del numero delle cellule e formazione delle aree di ipercellularità ; dopo, fattori inibitori del TGF-Alfa, non ancora noti, ne riducono l'espressione con conseguente ipocellularità; la capacità contrattile dei miofibroblasti determinerà la retrazione palmare.

Si conosce da tempo l'associazione tra il PDGF ed i miofibroblasti. Alcuni autori suppongono che esso sia in grado di indurre la proliferazione di queste cellule. E' stato dimostrato sperimentalmente un aumento dell'espressione di questo fattore di crescita in corrispondenza delle aree fibromatose della malattia di Dupuytren e di altre fibromatosi, nelle quali si riscontra un'elevata espressione di TGF-Beta. Da qui l'ipotesi che gli effetti mitogeni del PDGF siano controllati, a mezzo di un meccanismo paracrino, dal TGF-Beta stesso, il che suggerisce ancora una volta un ruolo di primissimo piano di questo fattore di crescita.

Studi compiuti sulla fibrosi epatica e renale hanno suggerito un possibile ruolo da parte del GM- CSF (fattore stimolante la formazione di colonie granulocito-macrofagiche), conosciuto per i suoi effetti proliferativi sulle cellule ematopoietiche e sul processo infiammatorio.

Fino ad oggi il TGF-Beta ed il GM-CSF sono le sole citochine in grado di indurre la sintesi di alfa- actina in miofibroblasti della cute in vivo, e quelle che probabilmente attivano i miofibroblasti nella malattia di Dupuytren, anche se non ci sono ancora dati riguardo ad una possibile relazione tra il GM-CSF e la fibromatosi palmare.

In conclusione, tra tutti i fattori di crescita e le citochine che fino ad ora sono state studiate allo scopo di rilevare una loro possibile partecipazione nello sviluppo della malattia di Dupuytren, il TGF-Beta sembra svolgere un ruolo fondamentale, mentre il PDGF e le altre un ruolo minore o comunque dipendente dal TGF-Beta.

III) RADICALI LIBERI

I vasi capillari restringendosi con l'età, il fumo ed altri fattori ambientali causano una ipossia localizzata. Questo meccanismo determina un aumento dei livelli di xantina-ossidasi che catalizza la conversione dell'ipoxantina a xantina, dalla quale ha origine l'acido urico ed i radicali liberi.

Questi ultimi causano la proliferazione di fibroblasti e la deposizione di collagene, portando così alla formazione di tessuto fibromatoso. Studi sperimentali sull' allopurinolo che inibisce la xantina- ossidasi e previene la formazione dei radicali liberi, tuttavia, non hanno portato a risultati

significativi.

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E' divenuto chiaro che la fibromatosi palmare è un complicato processo che comprende una serie di eventi molecolari e cellulari a cascata, in cui il TGF-Beta giuoca un ruolo essenziale. Una volta che questo processo è iniziato, segue un feed-back con autoinduzione del TGF-Beta. Secondariamente l'aumento della fibromatosi porta ad una locale ipossia, che amplifica l'espressione del TGF-Beta.

Di questo complesso meccanismo può far parte anche la sintesi di radicali liberi. Elementi quali l'alto numero dei miofibroblasti a livello della aponeurosi, il fumo, l'epilessia, il diabete, sono storicamente importanti, ma fino ad ora non sono stati utili al fine d'individuare un possibile trattamento non chirurgico per la malattia di Dupuytren. Molti processi sono ancora poco chiari e differenti quesiti attendono ancora una risposta. Non è chiaro, ad esempio, l'innesco degli eventi a cascata i quali portano alla eccessiva proliferazione dei fibroblasti e alla sintesi di matrice cellulare;

ci si chiede ancora se la malattia di Dupuytren è simile alle malattie fibrotiche, se è possibile modulare il meccanismo dell'apoptosi dei miofibroblasti, se il processo fibromatoso inizia con una ipossia locale, come sembra, o per ripetuti microtraumi che stimolano una risposta infiammatoria con macrofagi e/o piastrine producenti specifiche citochine fibrogeniche, o ancora se si tratta di un difetto genico con alterazione del meccanismo apoptotico. Attualmente le ricerche sperimentali si concentrano sulla terapia genica locale con la quale sarà possibile controllare l'espressione di alcuni fattori di crescita, attraverso l'uso di anticorpi che blocchino il loro legame con i rispettivi recettori oppure, quando il legame sia già avvenuto, attraverso il blocco del complesso molecola-recettore.

L'applicazione locale di anticorpi contro il TGF-Beta ha dimostrato un decremento della evoluzione cicatriziale sui ratti e la valutazione istologica del tessuto, ha mostrato una riduzione del numero dei macrofagi, dei vasi sanguigni, un minore contenuto di collagene e di fibronectina. Nonostante molto si sia scoperto su questa malattia rispetto ai primi studi condotti da Guillaume Dupuytren, circa 170 anni fa, l'intervento chirurgico rappresenta ancora il trattamento d'elezione.

Anatomia della regione

L'aponeurosi palmare superficiale riveste il palmo della mano subito al di sotto della cute e del sottocutaneo. Piuttosto esile in corrispondenza dell'eminenza tenar ed ipotenar, la fascia acquista a livello della porzione centrale del palmo (aponeurosi palmare media) una precisa individualità anatomica: ha consistenza fibrosa ed una forma triangolare con apice prossimale rivolto verso il legamento traverso del carpo, e con base distale che raggiunge la metà inferiore del palmo, ove si espande su ciascuna delle ultime quattro dita, mentre si arresta a 10-15 mm dagli spazi interdigitali (Vedi fig. 2) .

E' costituita da due principali tipi di fibre, longitudinali e trasversali.

Le fibre longitudinali formano un ventaglio aperto verso la radice delle ultime quattro dita e si raccolgono in quattro nastri fibrosi detti benderelle pretendinee, disposti davanti alle guaine dei tendini flessori. A livello delle teste metacarpali, dai margini laterali delle benderelle pretendinee, si distaccano le fibre sepimentali e le fibre perforanti: le prime si approfondano, contribuendo alla formazione di un ingegnoso sistema di tunnel osteo- fibrosi in cui decorrono i tendini flessori, i vasi ed i nervi; le fibre perforanti attraversano la fascia palmare profonda, terminando a livello del dorso della mano, sulla guaina fibrosa del tendine estensore del dito corrispondente.

Le fibre trasversali della fascia, invece, separate in due gruppi, costituiscono il legamento palmare traverso, che si estende dalla commessura interdigitale del pollice alla porzione distale dell'eminenza ipotenar; ed i legamenti interdigitali a livello della commessure.

Queste fibre non sono mai interessate dalla malattia di Dupuytren, in quanto la loro disposizione non le sottopone a trazioni e possibili rotture.

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Fig. 2: Aponeurosi palmare media

Anatomia patologica

Negli stadi iniziali della malattia uno o più noduli si sviluppano in corrispondenza dei punti in cui le fibre longitudinali sono unite a quelle sepimentali e perforanti: in questa sede i traumi e gli

stiramenti della fascia palmare si ripercuotono maggiormente.

Successivamente queste fibre si ispessiscono fino a divenire corde che, attraverso una trazione continua a livello delle loro inserzioni, portano alla progressiva flessione delle articolazioni metacarpo-falangea e interfalangea prossimale ed occasionalmente della distale.

Si riteneva che il processo fibromatoso iniziasse con la comparsa de novo dei noduli, che poi sarebbero diventati corde. In realtà le corde ed i noduli rappresentano due differenti forme di

espressione della malattia: le corde hanno origine dalla fascia palmare, mentre i noduli originano de novo.

Nel 1959 Luck distinse la malattia da un punto di vista istologico in tre stadi evolutivi, ancora oggi riconosciuti:

stadio proliferativo: il primo, che corrisponde clinicamente alla formazione dei noduli (Vedi fig. 3) ed è caratterizzato da un intensa proliferazione dei miofibroblasti.

stadio involutivo: il secondo, in cui i miofibroblasti si dispongono lungo linee di tensione longitudinali, circondati da fasci di collagene.

stadio residuo: il terzo, in cui il tessuto diventa acellulare e rimangono soltanto delle spesse bande di collagene avascolare.

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Le corde fibromatose si distinguono in palmari e digitali:

1. Corde palmari: corda pretendinea e corda natatoria

2. Corde digitali : corda spirale, corda centrale, corda laterale

Come detto precedentemente, le fibre longitudinali dell'aponeurosi palmare si raccolgono in 4 nastri fibrosi posti al davanti del tendine flessore superficiale, detti benderelle pretendinee. La benderella pretendinea dà origine alla corda pretendinea (Vedi fig. 4) e successivamente porta alla flessione dell'articolazione metacarpo-falangea. I fasci neuromuscolari di solito non sono alterati nè spostati dalla formazione di questa corda in quanto, di norma, decorrono dorsalmente al tessuto patologico.

Il legamento natatorio, o trasverso intermetacarpale, è posto trasversalmente il corrispondenza degli spazi interdigitali e controlla l'abduzione delle dita. Il suo ispessimento dà origine alla corda

natatoria, che riduce l'estensione degli spazi interdigitali e limita l'abduzione delle dita stesse.

La corda spirale ha un'origine multipla:

1. Estensione distale della banda pretendinea 2. Fascia laterodigitale

3. Fibre spirali

4. Legamento di Grayson.

Il progressivo ispessimento fibroso di questa corda è responsabile della graduale flessione della articolazione interfalangea prossimale e dello spostamento mediale, prossimale e superficiale del fascio vascolo-nervoso.

La corda laterale origina dalla fascia laterodigitale e dal legamento di Cleland, ed è responsabile della flessione della articolazione interfalangea prossimale e distale.

Infine una corda centrale, che non ha precursori fasciali ma è di solito un prolungamento della corda pretendinea, può formarsi intorno al tessuto fibromatoso localizzato tra le bande

neurovascolari. Questa corda è la principale causa della flessione dell'articolazione interfalangea prossimale, e solitamente non sposta le bande neurovascolari.

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Fig. 4: Esposizione della corda pretendinea

Clinica

La diagnosi della malattia di Dupuytren negli stadi iniziali può essere difficile. Molti casi hanno un'espressione clinica soltanto quando la malattia ha raggiunto uno stadio avanzato.

Nella classica presentazione, uno o più noduli si sviluppano nei punti in cui le fibre longitudinali sono unite a quelle sepimentali e perforanti. E' in questa sede che i traumi e gli stiramenti della fascia palmare si ripercuotono maggiormente.

In una fase successiva i noduli aderiscono al derma sovrastante e ciò comporta la comparsa di modificazioni cutanee con pliche ed ombelicature sul palmo della mano. In uno stadio più tardivo le fibre longitudinali, in rapporto con i noduli, si mutano in cordoni simili a tendini che gradualmente si accorciano, esercitando una trazione a livello della loro inserzione alla base delle falangi, e provocando così una progressiva flessione irriducibile e deformante delle dita. Poichè la trazione di queste corde aumenta con l'accorciamento delle fibre longitudinali, è facile che avvengano altre rotture e nuove retrazioni, così che infine il processo si diffonde a tutta la mano.

Il coinvolgimento da parte della fibromatosi di alcune strutture quali i legamenti interdigitali, i setti interossei, gli spazi intermetacarpali, è responsabile di una limitazione dei movimenti delle

articolazioni digitali che può condurre a vere e proprie forme d'anchilosi articolare.

La diagnosi è basata sul riconoscimento di tre elementi:

Presenza del nodulo

Presenza dei cambiamenti caratteristici della cute Presenza della progressiva flessione della articolazione

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La diagnosi differenziale include tutte la patologie nodulari e le contratture della mano:

1. Tenosinovite sclerosante 2. Cisti incluse

3. Ipercheratosi occupazionali 4. Formazioni callose

5. Tumori a cellule giganti dei tessuti molli 6. Sarcomi epitelioidi

7. Modificazioni cutanee ed articolari indotte dall'artrite reumatoide.

8. Camptodattilia.

Esistono differenti classificazioni cliniche della malattia di Dupuytren; le più utilizzate sono quella di Iselin che suddivide la malattia in 5 stadi, e quella di Tubiana e Michon, che suddivide la fibromatosi palmare anch'essa in 5 stadi, ad ognuno dei quali è affidato un coefficiente numerico.

CLASSIFICAZIONE DI ISELIN

Stadio 0 (o N): presenza di noduli cutanei in assenza di altre lesioni.

Stadio 1: flessione isolata della prima falange di uno o più dita ed estensione delle altre falangi.

Stadio 2: è presente anche la flessione della seconda falange.

Stadio 3: è presente la flessione di tutte e 3 le falangi.

Stadio 4: è presente la flessione della seconda falange ed estensione o iperestensione della della terza, dovuta ad interessamento da parte del processo fibromatoso dei legamenti interossei e del tendine estensore.

CLASSIFICAZIONE DI TUBIANA E MICHON

Stadio 0 (o N): presenza del nodulo senza alcuna flessione delle dita (½ punto).

Stadio 1:angolo di flessione tra l'asse della articolazione metacarpo-falangea e quello della falange distale < a 45 gradi (1 punto).

Stadio 2: angolo di flessione compresa tra 45 e 90 gradi (2 punti).

Stadio 3: angolo di flessione compresa tra 90 e 135 gradi (3 punti).

Stadio 4: angolo di flessione compresa tra 135 e 180 gradi (4 punti).

Il range entro cui è possibile identificare uno stadio della malattia è quindi compreso tra ½ punto e 20 punti (nel caso in cui tutte e 5 le dita siano affette dalla flessione di grado maggiore).

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Principi di terapia chirurgica

La chirurgia costituisce l'unico trattamento efficace nella malattia di Dupuytren. Obiettivo della chirurgia è restituire funzione alla mano, non curare la malattia. Il grado di fastidio e l'invalidità personale sono i criteri principali nel determinare la necessità di sottoporsi all'intervento. L'età del paziente, eventuali condizioni morbose, le aspettative, la volontà a seguire un programma di

riabilitazione post-chirurgico sono importanti fattori che devono essere considerati. Il chirurgo deve rivolgere la sua attenzione alla limitazione funzionale in quel paziente, per cui nessun caso è uguale all'altro, ma ognuno dovrà essere valutato singolarmente.

E' preferibile non eseguire l'intervento troppo precocemente (stadio 0) e neanche tardivamente (stadio 4), quando le eccessive aderenze e le forti retrazioni cicatriziali non rendono possibile una completa ripresa funzionale.

Piano di trattamento :

1. studio del caso selezionato (anamnesi, patologie associate, inquadramento classificativo);

2. valutazione delle aspettative del paziente, in relazione alla sua professione;

3. scelta del tipo d'intervento chirurgico;

4. realizzazione di un programma di riabilitazione post-operatorio.

L'anestesia plessica brachiale è preferita a quella generale in quanto permette di eseguire l'intervento in regime di Day- Hospital.

A) CORDOTOMIA

L'intervento riduce la tensione della fascia palmare, tramite l'incisione dei soli cordoni retratti.

Esiste un'aponeurotomia sottocutanea, una a cielo aperto, ed una percutanea con ago sottile.

1. Metodo sottocutaneo: si esegue una incisione cutanea lateralmente al cordone retratto, si introduce quindi un tenotomo orizzontalmente per scollare la cute dalla corda fibrosa. La lama viene poi ruotata verticalmente e si procede alla sezione della corda. Questa operazione dovrebbe essere riservata a soggetti anziani e defedati.

2. Metodo a cielo aperto: si avvale di multiple incisioni cutanee che espongono la corda, che viene sezionata.

3. Cordotomia per cutanea con ago sottile: l'intervento consiste nella introduzione di un ago di calibro molto piccolo attraverso la cute palmare, in corrispondenza della corda fibromatosa, e nella rottura progressiva delle sue fibre, fino a completa estensione del raggio digitale coinvolto.

Indicazioni: negli stadi avanzati della malattia, con deficit cutaneo in cui l'intervento di aponeurectomia richiederebbe un innesto, con alterazione del drenaggio linfatico ed edema ricorrente.

Vantaggi: rapidità con precoce ripresa funzionale.

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A distanza di due mesi circa si può eseguire in genere l'intervento di aponeurectomia selettiva con un incisione lungo la piega distale del palmo, per eliminare la corda residua (Vedi fig. 5) (Vedi fig. 6) (Vedi fig. 7) (Vedi fig. 8) (Vedi fig. 9) . Il rischio di recidive e di lesioni vascolo-nervose è alto, soprattutto per l'aponeurotomia sottocutanea.

B) APONEURECTOMIA

Consiste nella asportazione della fascia palmare, se ne distinguono due tipi:

radicale (Kocher, Lexer, Iselin, Kock, Mc Indoe, Gosset, Mason, Brunelli, Vigliani, Rodighiero) si rimuove l'aponeurosi in tutta la sua estensione, ed è riservata a pazienti che presentano una fibromatosi estesa anche alle fibre trasversali oltre che longitudinali, con grave stravolgimento del sistema dei tunnel fibrosi del palmo, oppure a pazienti che presentano delle recidive.

selettiva (Barron, Conway, Hueston, Skoog) viene praticata per asportare solo quelle aree della fascia palmare interessata dalla lesione, risparmiando le altre. Rappresenta il tipo di intervento più frequente.

Scelta dell'incisione cutanea

L'incisione deve permettere una esposizione di tutto il campo operatorio, non deve dare luogo a cicatrici longitudinali, deve consentire alla fine dell' intervento un'agevole distensione delle dita. E' possibile praticare molte incisioni che differiscono in relazione al tipo di intervento che il chirurgo vuole eseguire. L'incisione di Skoog è una delle più utilizzate (Vedi fig. 10) .

Chiusura della ferita

Per la sutura si utilizzano monofilamenti non riassorbibili, 4/0 oppure 5/0. Le incisioni sulle dita vengono chiuse, come di norma, con plastiche a "Z" multiple al fine di evitare la formazione di cicatrici longitudinali che, contraendosi, potrebbero riprodurre la deformità in flessione (Vedi fig.

11) (Vedi fig. 12) (Vedi fig. 13) (Vedi fig. 14) (Vedi fig. 15) .

Bendaggio

Un bendaggio moderatamente compressivo viene posto al centro del palmo per esercitare la

pressione nel punto in cui essa è maggiormente richiesta. Le dita operate sono fissate su una stecca in estensione, mentre le dita non operate restano libere.

Cure post-operatorie

Se è stato introdotto un drenaggio, la medicazione si effettua dopo 24 ore, altrimenti dopo sette giorni. La benda compressiva va tenuta nelle successive medicazioni fino all'ottava, nona giornata.

Tolti i punti di sutura, dopo dieci giorni circa, il paziente si sottoporrà ad un intenso periodo di rieducazione motoria attiva e passiva che favorisce l'assorbimento dell'edema post-operatorio.

C) DERMOFASCECTOMIA

Consiste nell'asportazione delle lesioni fibromatose insieme alla cute sovrastante che è adesa fortemente alle bande e ai noduli fibrotici. La dermoaponeurectomia è indicata in pazienti giovani affetti dalla Diatesi di Dupuytren, nei quali la malattia presenta un' evoluzione rapida ed aggressiva.

La parte di cute asportata deve essere sostituita da un innesto.

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Trattamento non chirurgico

L' esistenza di casi con regressione e completa guarigione spontanea senza alcun trattamento chirurgico ha indotto a ricercare soluzioni alternative all'operazione, quali la radioterapia, l'uso di creme a base di vitamina E, dimetilsulfossidi, farmaci ipouricemizzanti, e terapia con ultrasuoni, ma questi interventi non portano ad alcun miglioramento clinico, nè sono in grado di stabilizzare la malattia a lungo termine. Qualche risultato è stato ottenuto con la lenta trazione continua

dell'articolazione, o con l'infiltrazione di sostanze bloccanti i canali del calcio, l'iniezione di steroidi e di gamma-interferone.

Miglioramenti si ottengono anche con la aponeurotomia enzimatica percutanea, con la quale 10.000 unità di collagene diluito in acido cloridrico vengono iniettate nelle corde attraverso la cute:

si riportano discreti risultati in più del 90% di contratture dell'articolazione metacarpo-falangea, e in più del 66 % di contratture dell'articolazione interfalangea prossimale.

Attualmente non si conoscono risultati a lungo termine con i trattamenti medici sopra elencati, di conseguenza la escissione chirurgica rimane ancora l'intervento d'elezione nella cura della malattia.

Fig. 5: Malattia di Dupuytren, IV raggio, mano destra

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Fig. 6: Cordotomia percutanea con ago sottile.

Fig. 7: Cordotomia percutanea con ago sottile.

Fig. 8: Cordotomia percutanea con ago sottile: controllo a 6 mesi di distanza

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Fig. 9: Cordotomia percutanea con ago sottile: controllo a 6 mesi di distanza

Fig. 10: Incisione cutanea di Skoog

Fig. 11: Malattia di Dupuytren, III raggio, mano sinistra

Fig. 12: Malattia di Dupuytren, III raggio, mano sinistra: disegno dell'incisione cutanea secondo la tecnica di Skoog

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Fig. 13: Aponeurectomia selettiva: immagine intraoperatoria

Fig. 14: Aponeurectomia selettiva: sutura cutanea

Fig. 15: Controllo post-operatorio a 6 mesi di distanza

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Trattamento postoperatorio

E' una componente importante nella cura della malattia di Dupuytren, infatti da essa dipende il 50%

dei risultati degli interventi chirurgici. Il trattamento post-operatorio consente di ripristinare più velocemente la funzionalità della mano e di monitorare lo sviluppo delle complicanze che potrebbero compromettere il risultato finale. La riabilitazione dovrebbe iniziare dopo la fase infiammatoria precoce (intorno al terzo, quinto giorno dopo l'intervento), quando la ferita può tollerare i movimenti senza che questi incrementino la risposta infiammatoria.

La riabilitazione post-operatoria prevede:

1. Mobilizzazione attiva 2. Tutore statico

3. Tutore dinamico

4. Prevenzione dell'edema

5. Trattamento precoce della Distrofia Simpatica Riflessa 6. Drenaggio dell'ematoma

La mobilizzazione attiva include la flessione e la estensione di tutte le articolazioni digitali senza causare tensione sulla ferita. Questo esercizio deve essere praticato per brevi periodi di tempo, in dieci, quindici ripetizioni, quattro sei volte al giorno. Anche il tutore statico ha un ruolo importante nella riabilitazione, questo tipo d'immobilizzazione è indicata quando con l'operazione è stata ottenuta la piena estensione dell'articolazione interfalangea prossimale. La iniziale

immobilizzazione dovrebbe ottenere una flessione di dieci o venti gradi della articolazione metacarpo-falangea, con una estensione di quella interfalangea prossimale, così da permettere il massimo allungamento della ferita. Con il proseguimento della guarigione della ferita, si può portare l'articolazione metacarpo-falangea alla posizione neutrale. L'articolazione interfalangea prossimale viene lasciata libera dall'immobilizzazione per consentire un range di movimenti e migliorare l'escursione del tendine. Quando la correzione dell'articolazione interfalangea

prossimale è completa, l'acquisizione della massima estensione potrebbe richiedere l'applicazione di uno tutore dinamico. All'inizio dovrebbe essere utilizzato costantemente per otto o dieci settimane e rimosso solo per le medicazioni e per gli esercizi. Dopo la guarigione della ferita e la rimozione della sutura, si inizia un trattamento per ammorbidire il tessuto cicatriziale: prima un terapista praticherà dei massaggi alla mano, dopo il paziente, adeguatamente istruito, seguirà un programma di massaggi specifico, due o tre volte al giorno. Adiuvanti di questa terapia sono la pressione nella regione volare, il calore umido e la terapia con ultrasuoni.

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Complicanze

Un valido intervento chirurgico non previene lo sviluppo di complicanze, la cui incidenza è alta, tra il 17 e il 19 %, soprattutto in quei pazienti in cui la severità della malattia richiede un intervento chirurgico molto esteso.

Le complicanze intraoperatorie includono:

1. Lesione accidentale dei nervi

2. Alterazione della circolazione ematica digitale.

Normalmente i vasi ed i nervi non vengono coinvolti direttamente dal processo patologico, tuttavia sono inglobati e strozzati dai cordoni fibrosi che ne determinano notevoli ed imprevedibili

dislocazioni con conseguente grave rischio di danneggiamento durante l'intervento chirurgico.

La perdita della circolazione digitale può essere causata oltre che per accidentale lesione dei vasi, anche per uno spasmo della arteria digitale secondario allo stiramento indotto dalla flessione articolare. La percentuale di lesioni arteriose o nervose è di circa il 3 %, con una maggiore prevalenza per le arteriose.

Le complicanze post-operatorie si dividono in immediate e tardive.

Le immediate sono:

1. Ematoma 2. Infezione 3. Edema

L'ematoma può essere prevenuto con l'uso di una medicazione moderatamente compressiva effettuata prima della rimozione del tourniquet. Se si sviluppa un ematoma, deve essere immediatamente drenato, per evitare il rischio di infezioni e di necrosi del tessuto circostante.

L'edema post-operatorio va combattuto con l'elevazione dell'arto subito dopo l'intervento; se dovesse persistere lo si può controllare attraverso l'uso di bendaggi elastici.

Le tardive (che compaiono a distanza di 2-3 mesi) sono:

1. Distrofia Simpatica Riflessa 2. Retrazioni cicatriziali

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La Distrofia Simpatica Riflessa (DSR), detta anche Algodistrofia, è una condizione sintomatologica che compare a distanza di qualche mese a carico della mano, dopo un intervento chirurgico o un trauma perfettamente guariti.

Fattori di rischio: la presenza di una lesione persistentemente dolorosa al palmo della mano, una predisposizione individuale, un anomala reattività del Sistema Nervoso Vegetativo, iperemotività.

Diagnosi: clinicamente la malattia si caratterizza per alcuni sintomi e segni che nell'insieme consentono di poter fare diagnosi. Essi sono:

1. Violento dolore 2. Edema tessutale

3. Alterato colorito cutaneo (pallore e/o cianosi) 4. Rigidità articolare.

Eziologia: in un substrato di predisposizione alla algodistrofia, possono essere considerate causa della malattia le seguenti condizioni:

1. Manovre chirurgiche non correttamente eseguite o eseguite in analgesia anzicchè in anestesia.

2. Bendaggio troppo stretto

3. Mancato drenaggio degli ematomi

4. Inadeguato trattamento antiedemigeno ed antalgico 5. Suture in tensione.

La terapia: s'avvale della somministrazione d'antiedemigeni, ansiolitici ed analgesici. La fisioterapia rappresenta un ottimo coadiuvante della terapia farmacologia nella cura dell'algodistrofia (Vedi fig.

16) .

Fig. 16: "Le musée Dupuytren" Paris 1898

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