SUL SIGNIFICATO DI
VULTUOSUS
IN CASSIODORO :
NOTERELLA LESSICALE*
N e ll’ E x p o s itio p s a lm o r u m di C a s s io d o ro 1, in p s. 2, 2 (p. 4 1 A ., 67-71), si leg g e la seg u en te d e fin izio n e di figura re to ric a : F igura est [...] q u a ed a m co n fo r
m a d o d ictio n is a c o m m u n io n e 2 rem ota, quae interioribus o cu lis v elu t aliq u id vu ltu o su m s e m p e r offertur, q u a m traditione m a io ru m o sten ta tio n em et habitum p o s s u m u s n u n cu p a re. Il sig n ificato g en erale d ella definizione, co m e an ch e la sua
a sc en d e n za te o ric a (Q u in til., IX 1, 1), non desta p artico lari p ro b lem i ; n ondim eno, il trad u tto re re sta c erto d u b b io so c irc a il reale significato da attrib u ire, in questo sp ecifico c o n te sto , a ll’a g g ettiv o vu ltuosum . Il significato trad izio n a le è am pia m en te illu stra to d al P o rc e llin i3 : « Vultuosus, a, urn, adject, cipiglioso, TtpoacoTTCûôriç (sic !), q u i n im iu s est in o stentando aliquo affectu contractione, re m iss io n e v u ltu s : u t si q u is in tris titia plus, q u am decet, vu ltu m co n trah at, quod q u id em efficere so ien t, u t tristio re s v id ean tu r ; aut in laetitia fro n tem n im is expor- rig a t », ch e alla d e fin izio n e fa seg u ire un n u trito corredo di p assi (C ic., Or., 1 8 ; A p u l., M et. I l i 13, 1 6 ; Q u in til., X I 3 ; Prud., p e r i steph., 171), c o m p ro b an ti tutti
* Q uesta nota nasce in m argine a un ampio lavoro sulla retorica in Cassiodoro da m e condotto negli ultim i anni e che, è uscito di recente (M. Agosto, Im piego e defini zione di tropi e schem i retorici nell ’ Expositio psalm orum di Cassiodoro, M ontella :
A ccadem ia Vivarium novum , 2003, 344 p.) ; per tale motivo, dunque, il presente contri buto prescinderà dalla discussione integrale dei passi cassiodorei presentati, limitandosi a ll’analisi esclusiva d e ll’aggettivo annunciato nel titolo.
1 Edizione di riferim ento : M. Ad riaen, CChL 97-98, Tumholti 1958.
2 N on nascondo un certo im barazzo di fronte a questa forma. N ell’àm bito della definizione generale degli schem i è chiaro che a communione debba significare lo stesso di a com m uni ratione di Q uintiliano IX 1, 1, quindi verosim ilm ente a com m u
nione serm onis. O ra, com m unio serm onis effettivamente si legge in Svetonio, Aug. 74,
m a significa « partecipazione a una discussione », non «linguaggio com une », né conosco luoghi in cui com m unio (oltretutto come term ine assoluto) abbia tale signifi cato. P ersonalm ente sono incline a pensare che a communione sia derivato da una abbreviazione non sciolta a com m uni o.ne, cioè a com m uni oratione.
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MAURO AGOSTOla spiegazione fornita4. Questo significato dell’aggettivo non è soddisfacente nel contesto cassiodoreo e la ricerca del valore esatto dell’espressione deve partire dalla precisa comprensione del passo in esame. Con l ’espressione in terio rib u s o cu lis la definizione cassiodorea rimanda a una nozione che, sotto la dizione
in co rp o rei o cu li, si ritrova anche in p s.
33,
4 (p. 29A., 86), nella definizione dello schema denominato energia, id e st im a g in a d o , q u a e a c tu m rei in co rp o réis o cu lis su b m in istra t ; incorporei (o in terio res) o c u li sono gli occhi della mente, ai quali laim a g in a d o, la rappresentazione vivida, presenta le realtà astratte e incorporee come fossero materiali e corporee. Per avere conferma dell’interpretazione di questo aspetto dottrinale occorre risalire a Quintiliano, che presentando la en a r- g e ia, la principale qualità di tutto Y o m a tu s, scrive (Inst. Or. V ili
3,
62) : M a g n av irtu s res de q uibus lo q u im u r clare a tq u e u t c ern i v id e a n tu r en u n d a re. N o n en im sa tis efficit neque, u t debet, p ie n e d o m in a tu r ora d o , si u sq u e a d a u re s valet, a tq u e ea sib i iudex de quibus c o g n o scit n a rra ri credit, n o n exp rim i e t o c u lis m e n tis o stendi. Degno di particolare nota è il sintagma o c u lis m e n tis, reso con in te rio ri b u s o cu lis da Cassiodoro, il quale nel termine o ste n ta d o richiama anche il verbo
o sten d i di Quintiliano. Evidentemente nel passo cassiodoreo il significato tradi zionale di vultuosus risulta estraneo al discorso, che è tutto incentrato sulla qua lità principe à t\Y ornatus, consistente nella capacità di narrare superando le doti basilari di chiarezza e verisimiglianza del racconto, per giungere a una vera rap presentazione sensibile dei fatti offerta allo sguardo dell’immaginazione. In soc corso dell’esegeta moderno viene il fatto che Cassiodoro usa ancora una volta l ’aggettivo in questione e in un contesto che non lascia dubbi sul significato che lo scrittore annette ad esso ; infatti commentando il salmo 141,
3
(p. 1269A.) : E ffu n d a m in co n sp ectu eius o ra d o n e m m e a m, scrive : D ic tu m e st autem , in c o n sp e ctu eius, q uia bonas o ra d o n e s v elu t a liq u id vu ltu o su m d ivin ita s in sp icit ; e t cu m volu n ta s n o stra ab h o m in ib u s n o n p o s s it con sp ici, a b illa tarnen c o n sta t intendi. Come sembra evidente da quest’ultimo passo, v u ltu o su s è l ’aggettivo che Cassiodoro adopera per qualificare un oggetto immateriale che, tuttavia, può esser visibile e stare al cospetto di uno sguardo spirituale (che può essere Dio, ma che nell’àmbito della retorica può corrispondere al c o n sp e ctu s a n im i di Cicerone, de or., Ili 40, 161 e alle espressioni sinonimiche già viste in uso presso Quintiliano e Cassiodoro stesso). Se ritorniamo dunque alla definizione cassiodorea di figura da cui abbiamo preso le mosse, pare fuor di dubbio che anche in quel contesto v u l tu o su m serva a indicare la qualità di un discorso capace di descrivere enti che per natura propria sono astratti, in modo tale che sembrino visibili, dotati di una per sona propria. La traduzione più aderente di vu ltu o su s, nei passi cassiodorei in questione, ritengo che sia « dotato di un v o lto » e la migliore descrizione del suo4 Si veda inoltre : C. d u FresneD. d u Ca n g e, G lossarium M ediae et Infim ae Lati- nitatis, Parisiis 1883-87, VIII, 397 : « vultuosus : superbus ; pulcher, cum gravitate ; tris-
tis ». Si consulti inoltre la voce vultus. vultuosus n e ll’ancora utilissim a opera di Io. Christ. Theoph. Ernestus (è questa la form a corretta del cognom e, non invece E m es- tius : cf. 0 . Nikitinski, De eloquentia latina saec. X V II et X V III dialogus, N eapoli
2000, p. 18, n. 13 e p. 71, n. 182), Lexicon technologiae Latinorum rhetoricae, Lipsiae 1797.
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significato mi pare offerta dalla so lid a e t expressa effigies di Cicerone (off., Ili 69). Questo significato rende bene il concetto di figura retorica che esprime la realtà dotandola di una sua fisionomia chiara e definita, capace non solo di essere astrat tamente compresa, ma di essere anche contemplata, stando al cospetto degli occhi della mente come un’immagine scolpita e massiccia.