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Le tecniche microchirurgiche vascolari e nervose

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Academic year: 2022

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Le tecniche microchirurgiche vascolari e nervose

Introduzione

Per "microchirurgia" si intende letteralmente "chirurgia supportata da microscopio". L'introduzione del microscopio in chirurgia ha aperto nuovi orizzonti in termini di procedure che sarebbero state impensabili con le metodiche tradizionali. In particolare è diventato possibile non soltanto

riconoscere, ma anche arrivare a lavorare su strutture e tessuti di piccolissime dimensioni (al di sotto dei 2 mm) con un livello di precisione fino a prima non ipotizzabile.

Oggi la microchirurgia rappresenta uno strumento di grande impatto e utilità su molte discipline chirurgiche, nel senso che molte specialità chirurgiche si avvalgono delle tecniche proprie della microchirurgia per aumentare le loro potenzialità di intervento e soprattutto di riparazione funzionale. In ambito ricostruttivo la microchirurgia ha portato a straordinarie realizzazioni nel campo del trapianto (Buncke, 1965; Chen, 1963; Cobbett, 1969; Kleinert, 1963; Malt, 1964) e nel trasferimento libero di tessuti (Daniel, 1973; Kaplan, 1973; Mc Lean, 1972).

Fig. 1: Microscopio monoculare utilizzato da Nylen nel 1821.

La strumentazione in microchirurgia

Il microscopio operatorio

Il microscopio operatorio è stato realizzato per la prima volta da Zeiss nel 1951. I primi modelli erano caratterizzati da grande ingombro, scarsa mobilità, ristretto campo visivo e limitata profondità di fuoco. Tutti questi aspetti sono stati migliorati nei modelli più recenti. Di fatto un buon

microscopio operatorio dovrebbe possedere una intensa illuminazione che porti ad un campo visivo senza ombre e con un sistema di raffreddamento che riduca o elimini l'essicazione del tessuto (luce fredda); un campo visivo ad ampio angolo con un range di ingrandimento compreso tra 6 e 40 volte.

Fondamentali sono anche i controlli per lo scan, lo zoom ed il focus di solito con comando a pedale per facilitare l'operazione a mani libere. La testa del microscopio dovrebbe essere mobile su tutti i piani per poter consentire un accesso a tutte le situazioni cliniche.

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Il sistema binoculare dell'assistente dovrebbe visualizzare lo stesso campo operatorio di quello del primo operatore e l'ottica dovrebbe consentire una buona profondità di fuoco (Vedi fig. 2) (Vedi fig. 3) .

Lenti oculari

In alcuni casi le lenti oculari (Vedi fig. 4) risultano più pratiche del microscopio nelle operazioni di microdissezione, che precedono la fase in cui è richiesta altissima risoluzione. Tali presidi ottici possono essere personalizzati a seconda dell'utilizzo e hanno diversi gradi di ingrandimento da 2* a 8*. Le lenti di moderna concezione sono state notevolmente migliorate in termini di distanza

operativa (20-40 cm), di peso (inferiore a 30 g), e di ampiezza di campo visivo (10 cm). Consentono di fatto una miglior libertà di movimento all'operatore, un guadagno di tempo in termini di

preparazione oltre a costi più limitati.

Strumentazione chirurgica

Gli strumenti necessari per le procedure microchirurgiche (Vedi fig. 5) includono sicuramente almeno due paia di pinze da gioielliere n.5 e n.2, due paia di microforbici di cui una ben appuntita e precisa per il taglio dei vasi e una con punta ben arrotondata per la dissezione smussa, e un porta- aghi con impugnatura arrotondata che facilita il passaggio dell'ago attraverso la parete del vaso girando lo strumento tra le dita. Fanno parte dello strumentario microchirurgico anche altri tipi di pinze vascolari, gli approssimatori microvascolari, che servono a mantenere adiacenti e senza tensione i monconi da suturare. Ne esistono di varie fattezze e dimensioni, adeguate ai vari calibri di vaso.

Elettrobisturi bipolare

Un elettrobisturi bipolare è di fondamentale importanza nella coagulazione delle collaterali dei piccoli vasi durante la dissezione. Conduce corrente tra le remme della pinza e consente una coagulazione sicura della collaterale lasciando indenne l'adiacente vaso principale che deve essere preservato. Elettrobisturi monopolari standard non dovrebbero mai essere utilizzati in

microchirurgia a causa della loro scarsa precisione di azione.

Doppler

Il Doppler è uno strumento che riesce a rilevare il flusso ematico al di sotto della cute. Esistono vari tipi di Doppler, equipaggiati con vari tipi di microsonde adeguate a rilevare flusso ematico in vasi di calibro inferiore a 1mm. Tale strumento è utilizzato sia nella identificazione preoperatoria dei vasi che alimentano il lembo microchirurgico pianificato, sia nel follow-up dopo il trasferimento dello stesso nella sede ricevente e la esecuzione delle anastomosi.

Microsuture

Risale al 1957 il montaggio del primo micro-ago su di un filo di seta 7/0. Da allora i produttori di materiale da sutura hanno sviluppato suture per microchirurgia in una vasta gamma di dimensioni (da 7/0 a 12/0), in materiale riassorbibile e non. Sebbene siano principalmente stati usati la seta, il nylon o il propilene, sono in corso di studio suture riassorbibili in polidiossano, acido poliglicolico, e poliglactina. La scelta della sutura dipende naturalmente dalle dimensioni e dalla consistenza del vaso che deve essere anastomizzato. Ad esempio per anastomizzare un vaso di calibro compreso tra 0.5 e 1 mm è necessario un ago di 60-80 micron di diametro con un filo di 20 micron.

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Inoltre occorre che non ci sia eccessiva sproporzione tra il calibro dell'ago e del filo. L'ago a sua volta può avere forma a 1/2 cerchio o a 3/8 di cerchio.

Fig. 2: Microscopio operatorio con ottiche contrapposte per microchirurgia ricostruttiva Zeiss S8, con il monitor per la visualizzazione del campo operatorio.

Fig. 3: Particolare del braccio e del gruppo ottico contrapposto del microscopio Zeiss S8

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Fig. 4: Casco frontale con occhiali telescopici per ingrandimento.

Fig. 5: Strumentario microchirurgico standard: soluzione salina, soluzione eparinizzata, Xylocaina, approssimatore vascolare doppio di Ikuta, clamp vascolari singole di Aucland, sutura di Prolene 9/0, forbici di diversa dimensione, 2 pinze da gioielliere lunghe e 2 corte, un portaghi.

Principi di microchirurgia vascolare

La pervietà nelle anastomosi dipende essenzialmente da cinque ordini di fattori, come sottolineato da Acland (Acland, 1979):

1. la precisione del chirurgo;

2. il calibro dei vasi;

3. il flusso ematico;

4. la tensione sull'anastomosi;

5. l'impiego di anticoagulanti e antitrombotici.

La abilità del chirurgo si traduce nella capacità di minimizzare i traumi a carico dei micro-vasi durante le fasi di dissezione-isolamento e di esecuzione della stessa anastomosi. Più un vaso ha un calibro ridotto con maggiore probabilità un trombo di piccole dimensioni è capace di occluderlo.

Analogamente un flusso ematico veloce si oppone alla coagulazione del sangue, che invece sistematicamente avviene là dove ci sia stasi.

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Inoltre un flusso ematico valido è capace di lavare via i metaboliti e quelle sostanze capaci di indurre aggregazione piastrinica che sempre vengono rilasciate quando si interrompe la continuità endoteliale. Anche la tensione sull'anastomosi è un fattore che promuove la trombosi. Infine l'impiego di anticoagulanti non è soggetto a consenso univoco nelle varie scuole di microchirurgia.

L'impiego di eparina durante l'intervento riduce l'aggregazione piastrinica, attiva l'antitrombina III e abbassa la viscosità del sangue. Il destrano, l'acido acetilsalicilico e l'emodiluizione sono presidi utili nel postoperatorio per limitare la formazione di trombi, che possano compromettere la vitalità del lembo.

Anastomosi termino-terminali

Dopo una attenta dissezione finalizzata all'isolamento dei vasi vengono posizionate le clumps doppie per liberare il sito di anastomosi da tensioni. Si eseguono ripetuti lavaggi con fisiologica eparinata per pulire accuratamente le estremità. Agenti dilatatori come la lidocaina o la papaverina sono utili applicate topicamente qualora compaia un vasospasmo. Dilatare delicatamente le

estremità del vaso è una manovra utile per rilasciare la muscolatura liscia e limitare lo spasmo nel periodo postoperatorio. Si esegue successivamente una avventiziectomia circonferenziale per esporre la tonaca media. La manipolazione dei vasi deve essere delicata ed eseguita pinzando solo l'avventizia. Si procede poi a posizionare le clumps in modo da avere circa la larghezza di un vaso di spazio tra le due estremità. Si applica poi uno sfondo per contrastare meglio la zona. I primi due punti vengono chiamati di sostegno e sono posizionati tra i 120° e i 180° e vengono tenuti come repere o annodati alle clumps vascolari (Vedi fig. 6) (Vedi fig. 7) . Altri 2 o 3 punti di coaptazione vengono applicati per terminare la parete anteriore. Le clumps vascolari vengono poi ruotate di 180° e un terzo punto di sostegno viene applicato a metà tra i primi due. Si procede

successivamente a terminare la sutura sulla parete posteriore (Vedi fig. 8) . Una metodica

alternativa che può essere applicata sia alle anastomosi arteriose che venose, consiste nell'effettuare la sutura iniziando dalla parete posteriore. Il primo punto viene posizionato centralmente, avendo cura che il nodo cada all'esterno del lume. I punti successivi vengono posti alternativamente ai lati del primo, fino al completamento di tutta la tutta la sutura, compresa la parte anteriore. Questa procedura evita di dover ruotare l'approssimatore di 180° per la sutura della parete posteriore, riducendo i tempi dell'anastomosi, nonchè ulteriori traumatismi del vaso .

L'anastomosi venosa viene eseguita con analoga metodica, anche se talvolta può risultare di più difficile esecuzione a causa della sottigliezza delle pareti (assenza di tonaca muscolare e avventizia minuta).

Anastomosi latero-terminali

Normalmente nel trasferimento microchirurgico di lembi vengono ricercati vasi riceventi di circa 1- 2 mm di diametro per essere anastomizzati con modalità termino-terminale. A volte tuttavia, soprattutto negli arti di persone anziane, il sacrificio di un vaso arterioso maggiore può provocare seri problemi di circolazione distale. In casi del genere può essere confezionata una anastomosi latero-terminale che preservi l'integrità e il territorio di distribuzione dell'arteria ricevente.

L'impiego di questo tipo di anastomosi rende più semplice il reperimento di una arteria ricevente e aumenta il numero delle possibili sedi in cui il lembo può essere trasferito (Ikuta, 1975). Inoltre l'anastomosi latero-terminale può essere eseguita quando i vasi sono di calibro molto dissimile tra loro oppure quando ci si trova in sedi frequentemente interessate da spasmo (vasi degli arti inferiori).

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La tecnica di esecuzione è stata descritta da diversi autori (Morrison et al., 1980). Previo posizionamento di clump sul vaso ricevente si procede a eseguire una piccola arteriotomia (Vedi fig. 9) .

La suddetta manovra può essere tecnicamente non semplice in vasi di piccole dimensioni, e se ci si trova a lavorare in sedi profonde. La parete posteriore viene di solito suturata per prima dall'angolo di sinistra all'angolo di destra con una sutura continua (Vedi fig. 10) (Vedi fig. 11) . Una volta suturata la parete posteriore risulta agevole suturare quella anteriore (Vedi fig. 12) . Qualora l'accesso alla parete posteriore sia agevole, risulta forse più rapido posizionare i primi due punti in corrispondenza degli apici opposti della arteriotomia a 180°.

Controllo di pervietà

Una serie di manovre di clampaggio e declampaggio possono essere eseguite per verificare il corretto flusso ematico attraverso l'anastomosi. Tali manovre devono essere effettuate dopo aver fatto trascorrere alcuni minuti dal rilascio delle clumps per avere un risultato attendibile.

Innesti venosi di interposizione

Qualora tra i due monconi da anastomizzare ci sia un gap spaziale eccessivo capace di produrre forte tensione sulla sutura, qualora la discrepanza di calibro sia particolarmente spiccata può diventare utile l'esecuzone di un innesto venoso. In chirurgia vascolare dei grossi vasi sono in atto studi continui sul possibile impiego di materiali protesici per innesti interposizionali. Studi

sperimentali hanno tuttavia dimostrato che in microchirurgia i migliori risultati in termini di pervietà si ottengono mediante innesti venosi autologhi.

Monitoraggio post-operatorio

Il post-operatorio immediato rappresenta una fase molto delicata per la sopravvivenza di un lembo microchirurgico. E' infatti in questa fase che con maggiore probabilità si possono verificare le temibili complicanze vascolari: ischemia e congestione venosa. La valutazione clinica da parte di personale esperto rimane forse sempre la metodica più attendibile capace di riconoscere

precocemente la complicanza e, di conseguenza, di proporre la giusta soluzione terapeutica. Diverse metodiche possono essere utilizzate come supporto alla clinica. Ricordiamo ad esempio il

monitoraggio mediante Doppler del flusso arterioso al lembo, la fotopletismografia, il monitoraggio transcutaneo dell'ossigeno, la termometria di superficie, il Laser Doppler e la più attuale

Microdialisi, che consiste nell'analisi delle concentrazioni di metaboliti (glucosio, lattato, piruvato) nel sangue capillare del lembo stesso.

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Fig. 6: Anastomosi termino-terminale. Applicazione del primo punto sulla parete anteriore.

Fig. 7: Anastomosi termino-terminale: applicazione del secondo punto a 120° dal primo.

Fig. 8: Anastomosi termino-terminale: sutura della parete posteriore dopo la rotazione delle clumps.

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Fig. 9: Anastomosi termino-laterale: esecuzione dell'arteriotomia.

Fig. 10: Anastomosi termino-laterale: applicazione del primo punto e inizio della sutura sulla parete posteriore.

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Fig. 11: Anastomosi termino-laterale: termine della sutura sulla parete posteriore.

Fig. 12: Anastomosi termino-laterale: sutura della parete anteriore.

Principi di microchirurgia nervosa

In un nervo normale le cellule di Schwann forniscono una plurilaminare guaina mielinica agli assoni mielinati e una doppia membrana basale alle fibre non mielinate. L'endonevrio rappresenta quel tessuto connettivo che che si interpone tra le fibre nervose e le divide in gruppi all'interno dei fascicoli secondari. Le fibre destinate ad una specifica regione sono poi spesso raggruppate in fasci, detti appunto fascicoli secondari, circondati da perinevrio. Il tessuto connettivo che circonda tutto il nervo viene detto epinevrio. Nell'ambito dell'epinevrio si trovano i vasi nutritizi del nervo stesso. Le fibre nervose durante il loro tragitto all'interno del nervo non restano costantemente inglobate nello stesso fascicolo (Vedi fig. 13) .

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Classificazione delle lesioni nervose

La classificazione delle lesioni nervose originariamente proposta da Seddon nel 1947 è stata recentemente ampliata a comprendere una sesta categoria formata dalle cosiddette lesioni eterogenee. Dal punto di vista pratico le lesioni di primo, secondo e terzo grado hanno un certo potenziale di recupero e non necessitano di intervento chirurgico. Le lesioni di quarto e quinto grado non recuperano se non con un intervento chirurgico, mentre le lesioni di sesto grado mostrano una ampia variabilità di comportamento.

1. Lesioni di primo grado (neuroaprassia): blocco localizzato della conduzione associato a demielinizzazione del segmento, spesso imputabile a trauma di modesta entità (tipo trazione). Recupero di solito completo entro le 12 settimane.

2. Lesioni di secondo grado (assonotmesi): completa interruzione degli assoni e delle guaine mieliniche senza interruzione dei tessuti connettivali di sostegno. E' lesione tipica delle compressioni da parte di strumenti non taglienti, che generano contusione senza produrre soluzioni di continuo dei tessuti molli perineurali. Il segmento di assone distale rispetto alla lesione va incontro a degenerazione walleriana. Le fibre prossimali rigenerano alla velocità di circa 1,5 cm al mese. Il recupero è completo a meno che a causa della distanza della lesione dalla placca motrice o dal recettore, non si produca un danno indotto su questi due elementi. La rigenerazione può essere seguita dalla progressione del segno di Tinel.

3. Lesioni di terzo grado: la degenerazione walleriana è accompagnata da fibrosi endoneurale.

Il recupero è incompleto in quanto la fibrosi endoneurale impedisce un corretto accoppiamento delle fibre rigenerate con gli organi terminali.

4. Lesioni di quarto grado: la lesione del nervo provoca un blocco completo della cicatrizzazione, la rigenerazione non ha luogo.

5. Lesioni di quinto grado (neurotmesi): il nervo è completamente tagliato. Se lasciata a sé la zona di sezione viene invasa da tessuto cicatriziale che impedisce la rigenerazione delle fibre nervose.

6. Lesioni di sesto grado: rappresenta una combinazione di ciascuna delle lesioni dei primi cinque livelli.

Riparazione dei nervi

La sutura perineurale dei singoli fascicoli in acuto rappresenta il metodo di scelta tranne che nelle ferite contaminate, in cui il riparo secondario è preferito (Morrison, 1980). Si deve eseguire un attento isolamento del nervo con rimozione dei tessuti devitalizzati, facendo attenzione a

mobilizzare meno possibile il nervo stesso per non perderne l'orientamento. La naturale posizione del nervo rappresenta la guida più importante per un corretto allineamento. Una volta identificati i due margini da suturare si procede a lavorare con ottica. La tonaca avventizia, in continuità con il mesentere, deve essere resecata a circa 5 mm dal margine, e non deve essere confusa con

l'epinevrio. Sul lato antimesenterico decorrono longitudinalmente i vasi epineurali. L'epinevrio deve essere resecato o retratto a sufficienza da esporre i fascicoli, ma non tanto da perdere l'orientamento degli stessi e da devascolarizzare il nervo. Prima di procedere alla sutura si deve detendere il più possibile la sede della riparazione mobilizzando opportunamente l'arto o le strutture muscolo tendinee adiacenti. In linea di principio devono essere usati pochi punti sottili capaci di mantenere un allineamento accurato. In un grosso nervo possono di solito essere definiti 4 o 5 gruppi di fascicoli. Il filo (nylon 10/0 ago rotondo è quello più usato) viene di solito fatto passare per il perinevrio o per il tessuto interfascicolare (che è anatomicamente epinevrio) dove ci sono gruppi di fascicoli. La sutura deve essere iniziata a partire dai fascicoli più interni per poi spostarsi verso la periferia. In assenza di tensione l'epinevrio può essere lasciato retratto, senza sutura.

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Se invece la sutura è sotto lieve tensione può essere consigliabile suturarlo come secondo strato.

La riparazione secondaria dei nervi è tecnicamente simile a quella primaria. Tuttavia ci si deve spesso confrontare con una dissezione molto più difficile per la presenza di tessuto cicatriziale e per un più accentuato sanguinamento. I fascicoli tuttavia presentano una maggiore tendenza a rimanere compatti di quanto non avvenga in un nervo appena lesionato a causa della fibrosi epineurale indotta cronicamente dal danno. Inoltre il neuroma prossimale deve essere resecato e questo fatto aumenta l'entità del difetto.

Innesti nervosi

L'innesto di nervo trova indicazione ogni qualvolta esista un "gap" spaziale tra i due monconi. Il gap può essere determinato o da una vera e propria perdita di sostanza o da una retrazione post traumatica senza perdita di sostanza a carico del nervo stesso. Gli innesti nervosi sono inoltre spesso impiegati per guadagnare lunghezza in tutti gli interventi di trasposizione nervosa (neurotizzazione del plesso brachiale con nervi intercostali, neurotizzazione diretta dei muscoli).

Fig. 13: Struttura microscopica di un nervo.

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