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Ginevra, la Riforma e suor Jeanne de Jussie : la "Petite chronique" di una clarissa intorno alla metà del Cinquecento

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Ginevra, la Riforma e suor Jeanne de Jussie : la "Petite chronique" di una clarissa intorno alla metà del Cinquecento

SOLFAROLI CAMILLOCCI, Daniela

SOLFAROLI CAMILLOCCI, Daniela. Ginevra, la Riforma e suor Jeanne de Jussie : la "Petite chronique" di una clarissa intorno alla metà del Cinquecento. In: Pomata, G. I monasteri femminili come centri di cultura fra Rinascimento e Barocco. Roma : Ed. di storia e letteratura, 2005. p. 275-296

Available at:

http://archive-ouverte.unige.ch/unige:72882

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(2)

BIBLIOTECA DI STORIA SOCIALE __________ 33 ________ __

I MONASTERI FEMMINILI COME CENTRI DI CULTURA FRA RINASCIMENTO E BAROCCO

a cura

di

GIANNA POMATA- GABRIELLA ZARRI

ROMA 2005

EDIZIONI DI STORIA E LETTERATURA

(3)

DANIELA SOLFAROLI CAMILLOCCI

GINEVRA, LA RIFORMA E SUOR JEANNE DE JUSSIE.

LA

PETITE CHRONIQUE

DI UNA CLARISSA INTORNO ALLA MET À DEL CINQUECENTO

Nel 1611, lo stampatore Hubert Du Four presentava al principe di Sa- voia e ad un pubblico di lettori che immaginava «presi da lodevole curiosi- tà», une scrirto, «frutto dellavoro di una donna». Una storia - a suo dire-

<<tragica, fonte delluteranesimo, del calvinisme, del bezaismo e delle abre diecimila eresie sgorgate da questa cloaca»1L'artefice di questo lavoro era una monaca clarissa, che aveva <<Ïntessuto la sua opera in mezzo alle tene- bre dell'abominevole Ginevra», con uno· stile «spoglio e senza anificio di linguaggio, tale quale i suoi occhi e le sue orecchie le hatmo insegnato, tra le furie elementari di quegli Apostati rinnegati».

n

risultato era «Un sempli- ce, ma veritiero, quadro di quellievito che ha favorite la crescita rigogliosa ddle eresie disseminate ai quattro angoli dell'Europa»; l'editore lo aveva pubblicato in tutta la sua interezza, «per mostrare l'innumerevole varietà dei mostri ginevrini»z.

1 Le Levain du Calvinisme ou commencement de l'hérésie de Genève Faict par Reverende Sœur Jeanne de ]ume, /arr Religieuse ti Saincle Claire de Geneve, el oprer sa sortt"e Abbesse au Convent d'Anyssi, Chambéry, Frères Du Four, 1611; questa edizione è stata ristampata nd sc:colo XIX: Le Levain du Calvinisme, ou commencement de l'heresie de Geneve, a cura di Gustave Revilliod, Genève:, Jules-Guillaume: Fick, 1853 (da cui traggo le citazioni del testo);

«L'imprimeur au Lectc:um, p. 4 n.n.: «Esprits possedez d'une: loüable curiosité, qui de vos yeux ferez la reveue de ceste œuvre, tiree dessus le mestier d'une: femme:, vous trouverez une histoire: tragique, source: du Lutheranisme:, Calvinisme, Bezaismc:, et autres dix mil heresies, qui ont pullulé de ceste cloaque».

2 Ibidem, pp. 4-.5 n.n.: «Une dame: de Sainctc Claire vous en faict le rapport tout nud, sans fard de langage, td quels ses yeux ct ses oreilles le luy ont enseigné, parmi les c:lemc:ntaires furies de ces Apostats reniez [ ... ] La Maistrcssc qui a tissu cest ouvrage au milieu des tenebres de: l'abominable: Gcnve, est c:nroollee au Cathologuc: des bienheureux, franche: de: reproche [. .. ] Je n'y ay prc:sté que vingt cinq caractères diversement ajancez comme: les figures d'Euclides, pour vous monstrer l'innombrable diversité des monstres Genevois». Nella dc:dica a Vittorio Aimé, l'editorc: Hubert Du Four dcfinisce la cronaca

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276 DANIELA SOLFAROLI CAMILLOCCI

Nonostante il titolo dellibro faccia riferirnento ad un data, quelle del calvinisme, in realtà del tutte assente nel testa, che racconta eventi prece- denti all'arrivo di Calvino a Ginevra nel1536, illinguaggio barocco e le ag- gressive rnetafore dell'introduzione enfatizzano finalità polerniche già pre- senti in questa cronaca uscita dalle mura di un monastere femminile, per le cui ospiti era stata serina settanta anni prima.

Negli anni Quaranta del Cinquecento, la scrivana del monastere di San- ta Chiara di Ginevra aveva infatti composta una Petite chronique - come recita l'incipit del manoscritto- per lasciare rnemoria delle vicende che nel 1535 avevano costretto le clarisse ad abbandonare la città in seguito al suo passaggio alla Riforrna. L'anonima autrice di questa cronaca è da identifi- carsi con Jeanne de Jus sie, un a religiosa di origini aristocratiche apparte- nente ad una famiglia di}ussy-L'Evêque, un centro del territorio ginevrino.

Nata nel 1503, Jeanne frequente a Ginevra un istituto per l'educazione delle fanciulle e nel1521 prese i voti a Santa Chiara. Nel15.35 lascio il mo- nastere insieme alla sua comunità, che si ricostitul nella vicina città di An- necy, nel ducato di Savoia; a partire dai 1548 ricoprl per tredici anni la ca- rica di badessa nel nuovo monastere di Santa Croce, dave mod nel 1561.

La cronaca venne composta ad Annecy, tra 1541 e 1546; il resto sembra es- sere stato redatto sulla base di appunri e documenti raccolti precedente- mente, dai memento che all'epoca dei fatti narrati suor Jeanne ricopriva la carica di scrivana nel monastere ginevrinol.

TI fantasioso titolo dato alla Petite chronique nel passaggio dal mano- scritto alla stampa-

Le

levain du calvinisme, illievito, il fermento, del cal- vinisme- testimonia la volontà dell'editore di alimentare un mita negative proprio dell'apologetica cattolica, quelle della Ginevra calvinista come "si- nagoga di Satana", principale centra di diffusione dell'infezione ereticale in tutta la cristianità. La pubblicazione, infatti, coïncide con uno degli ultimi tentativi militari progettati dai Savoia per riportare Ginevra sotto la loro influenza. Nel contempo, essa si colloca negli anni centrali del vescovato di

«Un naif tableau du Levain, qui a donné sur-accroissement aux Heresies, ensemencees aux quatre coings de l'Europe»: ibidem, p. 2 n.n.

J TI manoscrÎUO SU cui basera l'analisi del tCStO diffcrisce in parte dalla stampa, che ne ab- brevia numerosi passaggi; conservato pressa la Bibliothèque publique ct universitaire di Gine- vra in duc cscmplari, uno dei quali autografo, è stato cdito nd 19% da H. Fdd:J. deJussie, Petite Chronique, Enlcitung, Edition, Kommentar von H. Feld, Mainz, Vcrlag Philipp von Zabcm, 1996, a cui rinvio anche per la bibliografia qui non citata e per i dati biografici sull'autrice, che correggono alcuni errori ddla letteratura precedente. Su questa edizione c i criteri di trescrizione adottati dall'editore cfr. tuuavia le osservazioni critiche di B. Nicollier, Jeanne de ]ussie, Petite Chronique, «Bibliothèque d'humanisme et renaissance», LVIII/ 3

(19%), pp. 761-765, di cui si terrà conto ndlc citazioni del testo.

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GINEVRA, LA RJFORMA E SUOR JEANNE DE JUS SIE 277

François de Sales, caratterizzati da una pastorale amiprotestante e antigi- nevrina ad ampio raggio, condorta da missionari gesuiti e cappuccini e gui- data in prima persona dallo stesso de Sales, vescovo di Ginevra residente nella vicina Annecy, dove sorgeva il monastero che aveva accolto la ricosti- tuita comunità delle clarisse ginevrine4• E proprio da un padre cappuccino, il confessore delle monache di Annecy, il manoscritto era stato riscoperro e consegnato allo stampatore di Chambéry perla pubblicazione'.

In quanta opera polemica e nello stesso tempo racconro drammatico di eventi vissuti in prima persona dall'autrice, Le levain du calvinisme ebbe grande successo: ristampato più volte nel corso del Seicento, in tempi a noi più vidni è stato utilizzato come fonte dagli storid ed è tuttora considerato uno dei principali documenti perle origini della Riforma a Ginevra6

Scritta nel patoiS franco-provenzale della regione, la cronaca di Jeanne de Jussie copre gli anni 1526-1536, mentre la conclusione fa memoria di avvenimenti databili tra 1541 e 1546, segnalando cosl gli anni della reda- zione definitiva del testo7• I ricordi fino al 1533 servono ad introdurre il nucleo centrale della cronaca: la narrazione degli ultimi tempi delle clarisse a Ginevra, la loro fuoriuscita e il viaggio fino ad Annecy, in un crescendo di eventi drammatici e miracolosi raccontati con un linguaggio vivace e uno stile ricco di riferimenti scritturali.

Nel 1529 Ginevra aveva abbandonato la sfera d'influenza del ducato di Savoia, alleandosi con Berna e Friburgo. Falliti i primi tentativi di ricon- quistare la città con le armi e dopo aver invano tentato di recuperare la maggioranza all'intemo del governo, tra 1530 e 1534 il vescovo e moiti cat- tolici fuggirono, mentre in città prendeva forza il partita protestante. Nel

~ Cfr. R. Kleinmann, Saint François de Sales and the Protesta!lls, Genève, Droz, 1%2, pp. 109-129.

'Come ricarda l'editote nella sua introduzione, <run Pere Cappudn en a esté le fidellc depositaire jusques à present, ie luy ay donné la lumiere, er pleine liberté parmy le monde»:

Levain, p. 5 n.n.

6 Cfr. E. Doumergue, Jean Calvin, les hommes et les choses de son temps, 7 voll., Lau- sanne, Georges Bride!, 1899-1927, III, pp. 350-64; H. Naef, Les origines de la ré/orme à Genève, 2 voll., Genève, Droz, 1968, I, pp. 255-56 e passim; M. Bossard, L. Junod, Chroni- queurs du XVI• siècle. Bo1tivard, Pierre/feur, Jeanne de Ju.rsie, Fromment, Lausanne, Payot, 1974, pp. 153-157; M. Bossard, Chroniqueurs du XVI• siècle, in Histoire de la littérature en Suisse romande, I, Du Moyen age à 1815, Lausanne, Payot, 1996, pp. 95-107. Perla cronolo- gia delle numerose edizioni della cronaca nd secolo XVII, cfr. Fdd, Einleitung, in Jussic:, Petrie chronique, pp. XXVI-XXVlll.

7 Ibidem, p. XXIV. La conclusione della cronaca ricarda il servizio prestaro alla corte di Carlo V da Emanude Filiberto di Savoia, tra 1541 e 1546.

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1535, poco dopo la disputa teologica che si svolse nel convento di Rive tra i due gruppi opponenti e che segnà la defin.itiva affermazione dei riformato- ri - sottolineata da disposizion.i del Consiglio che vietavano la celebrazione pubblica delle liturgie - gli ecclesiastici e i regolari ancora presenti si allon- tanarono8. ll monastere delle clarisse fu l'ultimo luogo sacra di Ginevra ad essere abbandonato, non prima che le sue ospiti avessero testimoniato la propria ferma opposizione al nuovo corso.

ll monastere di Santa Chiara, che ospitava l'unica comunità regolare femminile all'interno delle mura di Ginevra, era situaro nel centra della cit- tà ed apparteneva all'osservanza francescana promossa da Colette de Cor- bie nella regione agli inizi del XV secolo; era stato fondato dalla moglie del duca di Savoia alla fine del Quattrocento ed ospitava prevalentemente le figlie dell'aristocrazia savoiarda9• Cosl, di fronce alla rottura del patta poli- rico che legava Ginevra ai Savoia, la Petite chronique di Jeanne de Jussie intende riaffermare la lealtà politica del monastere; nel contempo, propane una lettura simbolica, a carattere religioso e morale, del dramma vissuto dalle clarisse per mantenersi unite e fedeli ad una Chiesa, che, al pari della stessa Ginevra, viene presentata come violata materïalmente e nella sua in- tegrità spirituale dall' operato dei protestanti. Nella sua ricostruzione degli evenri, Jeanne presenta infatti l'apostasia di Ginevra come frutto della vio- lenta aggressione alla compagine cimidina operata dai capi politici e reli- giosi degli «eretici»10• La predicazione di Guillaume Farel, Antoine Fro- ment e Pierre Viret disgrega la solidarietà sociale e spirituale della città, minandone le fondamenta politiche e insieme morali. Dopa essersi impa- droniri delle magistrature politicbe e dell'appararo militare, i protestantî-

8 Naef, Origines de la Ré/orme, II, p. 161 r: ss.

' Cfr. Ad.-C. Grivd, Notice sur l'ordre religieux de Sainte-Claire et sur la communauté des Clarisses de Genève, in J. de Jussie, Le leuain du calvinisme, ou commencement de l'heresie ii Genève, Genève, Frères Jullicn, 1865, pp. 267-93; 1b. Dufour, Notes sur le couvent de Sainte-Claire ii Genève, «Mémoires cr documents publiés par la société d'histoire et d'archéologie de Genève», 20 (1879-1888), pp. 119-145;

J .

Mercier, Notices sur les Cla- risses. de Ge11ève et d'Annecy, d'après des documents inédits, «Mémoires publiées par l'aca·

démic salesienne>>, Til (1881), pp. 1-70;

J.

Vu y, Jeanne de ]ussie et (es sœurs de Sainte-Claire, Paris-Genève, s.n.t., 1881; E. Ganter, Les Clamser de Genève: 1473, 1535, 1793, Genève, Editions de la société catholique d'histoire, 1949; I. Backus, Les clarisses de la rue Vert14ine, in Le guide des femmes disparues, Genève, Metropolis, 1993, pp. 20-39.

10 «Heretiques et secte lucterienne», cos! vengono definiti i protestami nd resto, senza che l'amrice differenzi la posizione dei riformatori svizzeri da qudla dei tedcschi: Jussie, Petite chronique, p. 3 et passim. Ricordando la battaglia di Kappd (ma non Zwingli), Jussie

inscris~ ndla cronaca una nota sulle origini della Riforma e sull'opera di Lurero, «le prin~

et grant heresiarque de celle damnable secte», pp. 48-53.

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presentati via via come «cani rabbiosi» o «lupi rapaci» -lacerano le fami- glie, devastano i luoghi sacri e provocano sanguinosi tumulti, prima nel ter- ritorio ginevrino e poi all'interno stesso delle mura cittadine11•

n

divieto di suonare le campane durante la quaresima del1529, disposi- zione che segna il passaggio della città all'alleanza con i riformati ma anche l'inizio del conflhto militare, immerge Ginevra in un'atmosfera <<strana» - come anni dopo ricarda la darissa - che faceva pensare al <<tempo delle te- nebre» dell'Apocalisse12In un elima di assedio e d~ foni tensioni politiche, le autorità iniziano a proibire le liturgie cattoliche e le manifestazioni religiose pubbliche; alla fine, ad assicurare il servizio divino in città resta solo il mona- stere delle clarisse, forte della sua clausura ancora inviolata e segretamente frequentato dagli ultimi cattolici rimasti, soprattutto da donne. Jeanne de Jussie sottolinea particolarmente il ruolo svolto, all'inizio, dalla comunità di Santa Chiara e dai suoi padri spirituali - il confessorc e qualche altro confra- tello - e in ultimo dalle sole monache, nella difesa, segreta ma tenace, degli esponenti del partita cattolico e delle pratiche di fede tradizionali13 •

La cronaca sembra dunque confermare indirettamente la principale ac- cusa espressa dai documenti ginevrini dell'epoca: quella cioè che le mona- che di Santa Chiara e i loro superiori cospirassero contra la città, a favore dei Savoia. La contemporanea testimonianza del riformatore Antoine Fro- ment sottolinea infatti il ruolo politico delle clarisse nel sostegno clandesti- ne al clero e la lora opposizione al Consiglio1~. Nel racconto che ne fa Jeanne deJussie,la questione della lealtà politica del monastere si ricollega invece alla reazione delle monache per la perdita della propria identità so- ciale. La cronaca ricarda come in un primo tempo le clarisse cercassero di mantenere le prerogativè comunitarie, in deroga alle norme che vietavano il

11 Ibidem, in particolare le pp. 14-19; 28·29; 33; 45-46; 86-87.

12 «Durant cc: temps fut dc:ffc:nduz à messieur des c:sglisc: cathedralle, parrochc: et con- vent estant dedens les franchises de: non point sonnez nulle: douchc-.s [ ... ] qui estoir bien estrange et rensenbloy le: temps de tepebres», ibidem, p. 11. Lurew è inoltre ricordato come

«dragon pesrifereulx [ ... ] à (/a) queulx vc:nymeuse», che: avvc:lena i fedeli. In alcuni passag- gi,Jussie defmisce i predicatori protestanti dcgli «anricristi», o «predicatori ddl'anticristo»:

ibidem, pp. 49, 51, 77, 1.37.

IJ Ibidem, pp. 22-23; 28; 35-37; 121; 141-142, 129-130; 210-12.

14 A. Froment, Les actes et gestes meroeilleux de la cité de Genève nouvellement convertie ii /'Evangille faictt. du temps de leur Reformation et comment ils l'ont recevue redigez. par escript en fourme de Chroniques Annales ou Hystoires commençant l'an MDXXXII, a cura di G. Revilliod, Genève, Jules Guillaume Fick, 1854, pp. 162-66. Froment, predicatorc: d'origi- ne francesc: conterranc:o di G. Fard, insic:mc: a questi c: a P. Viret è all'origine del passaggio di Ginevra alla Riforma. La sua cronaca, terminata intorno al 15.54 ma rimasta manoscrirta fino al sc:colo XIX, documenta l'azione dei riformarori c: ne giustifica l'operato.

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suono delle campane e la celebrazione pubblica delle liturgie, sollecitando ed ottenendo la protezione del Consiglio di Ginevra anche per la salva·

guardia della dausura, a garanzia dell'incolumità fisica delle sue abitanti.

Nel resto di una supplica inviata al Consiglio e trascritta nella cronaca, si fa riferimento alla funzione tradizionale della preghiera monastica, in parri- colar modo femminile, perla santificazione delle città:

Magnifici e onorati Signori, padri nostri e buoni protettori, avcndo saputo della venuta dei nemici di Dio nella vostra città, il male e le insolenze che commettono nelle chiese e contra le persane devote, abbiamo malta paura. Vi supplichiamo [ . .. ] Vi piaccia tenerci nella vostra salvaguardia e protezione, cosi che quei nemici di Dio non ci facciano alcuna violenza o molestia. Noi non vogliamo in alcun modo nessuna innovazione di fede o di legge, e neanche venir mena al servizio divino, ma siamo intenzionate a vivere e a morire nella nostra santa vocazione, qui nel vostro conven- to, pregando Nostro Signore perla pace e la conservazione della vostra nobile città, qualora piaccia alle Signorie Vostre conservarci e proteggerci interamente come i vo·

stri predecessori, o altrimenti vi piaccia permetterci di uscire fuori dai nostro con- venta e dalla vostra città, salve le nostre persane, per ritirarci altrove a compiere il servizio divino, del quale vi rîterremo partecipi come padri nostri11•

·Ben presto pero, la presenza delle clarisse divenne per Ginevra sem pre meno tollerabile. L'esistenza, all'intemo della stessa dnta urbana, di una comunità d'irriducibili "papiste", era percepita dalle autorità bernesi a ca- po dell'allcanza come una forma di disunione ed un'espressione di debo- lezza16. Tra 1533 e 1535 aumentarono le pressioni esteme sul monastero: le

provocazioni delle guarnigioni svizzere e dei comandanti bernesi, la propa·

U Jussie, PeLite chronique, p. 20: <<Magnifiques nos tres honnores seigneurs, nos peres et nos bons protetteurs, [après) avoir <:nt<:nJu la venue des ennemys de dieu en vostre cité, les maulx et insollence qui font en l'esglise de dieu et à gens de devocion, sonmc:s monlt pau·

rc:usc:s. Si vous supplions[. .. ] qui vous plaise nous tenir en vostre sauvegarde: et protection, que: ses c:nnemys de dieu ne nous fassent nulle viollancc: ny moleste. Car c:n nulle maniere: ne voilons nulle innovation de foy ny de loy, ne point declinez du divin service, mais sommc:.s deliberees vivre et moury en nostre saincte vocation ycit en vostre ~:onvent en prian nostre seigneur pour la paix et conselVatÎon de vostrc noble cité, si plaist à vous seignorie de nous il conserué et protegé en nostre entier cornent vos prcde~:esseur, ou si non, soy vostre bon plaisir nous permettre sortir hors de nostre convent et de vostre cité, sauve nos personne, pour nous retirees allic:ur pour faire le: divin service, auquel vous tiendrons participant corn·

ment nos peres, suppliant vostre bon plaisir et responce». Su quc:.sto aspetto tradizionale della preghiera ddle daustrali per la città, fortemc:ntc: sentito nei monastc:ri cinquecenteschi, cfr. G. Zarri, Recinli. Donne, clousura e matrimonio'tlello prima età moderna, Bologna, il Mulino, 2000, pp. 70-81.

16 La volontà delle autorità bernesi di porre ftne al confliuo politico-religioso dc:lla città, giungendo ad «unionc: di fede», viene ricordata a più riprese dai magistrati ginevrini e anche dai predicatori:Jwsie, Petite chronique, pp.173,183, 225,236.

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GII\'EVRA, LA RI FORMA E SUORJEANNE DE .TUSSIE 281

ganda dei predicatori contra la vita monastica, gli atti d'iconoclastia contra il monastere. lntorno alle clarisse venne stretto un vero e proprio assedic psicologico; di fronte alle loro proteste il Consiglio assunse un atteggia- mento sfuggente e contraddittorio, ora proteggendo le monache dalle ag- gressioni, ora esortandole a convertirsi. Cosl, in un elima di drammatico isolamento delle consorelle e dei lora superiori venne meno illegame che ancora univa il monastere alla città e ai suoi governanti.

Nella cronaca, l'episodio che segna tale separazione è la distruzione del- l'orto di Santa Chiara nel1534, durance i lavori di ampliamento della cinta muraria perla costruzione del nuovo sisrema difensivo ginevrino. La perdi- ta di questo spazio acquista per Jeanne de Jussie un forte valore simbolico:

è a questo punto, commenta, che le consorelle vengono prese dalla dispera- zione; comprendono infatti di «non avere più il conforta di qualcuno a cui ricorrere perché provvedesse a loro, dal momento che erano i governanti e superiori a fare cià»17.

Si apre cos'i il conflitto tra città e monastero18Le clarisse rifimano or- mai apertamente di sottostare agli ordini degli ufficiali cittadini, discono·

scendo di fatto l'autorità di un governo che ai loro occhi ha tradito empia- mente i patti con i Savoia e le tradizioni della fede. Nel maggio 1535, in oc- casione della disputa di Rive, il pubblico confronta teologico tra cattolici e protestanti che porto alla defi.uitiva affermazione della Riforma a Ginevra, solo le monache riescono a non prendervi parte, rifiutando di sottostare agli ordini del Consiglio che aveva ingiunto a rutti di essere presenti19

Di fronte ai rappresentanti del govemo latori dell' ordine, la vecchia ba- dessa ela più giovane e combattiva vicaria impiegano inizialmente tutte le ri- sorse offerte da quella "retorica della femminilità" che segnava abitualmente

i rapporti tra donnee gerarchia20Pur riconoscendo umilmcnte l'aurorità del

Consiglio come loro superiore civile, mettono infatti avanti le ragioni più for-

l7 Ibidem, p. 157: «Dont furent grandement desolee, et non sens cause, et ny avoir nulz reconfort de povoir rc:cory à personne pour elles mantenir, car les gouverneurs et superic:ulx faisoiens cela faire>).

18 E. M. Wengler, Women, Religion and Reform in sixteenth·cenJury Geneva, (Ph.d.

Dissertation), Boston, Boston College, Ann Arbor, 1999, pp. 81-141, ha analizzato la cro·

naca evidenziando gli aspetti culrurali del contrasta ideologico che sanziona la separazione tra la città riformata e il monastero. Nd rifiuto opposto dalle clarisse alla culrura protestante che le esorta al matrimonio, Wengler vcde, da parte delle religiose in quanta «corpo» cornu·

nitario, la volontà di non perdere un'autonomia sociale e individuale di cui la !oro verginità fisica era il conrrassegno.

19 Jussie, Petite chronique, pp. 181-89.

20 A. Weber, Teresa d'Avi/a ela reton'ca della femminilità, Firenze, Le Lettere, 1993.

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282 DANIELA SOLFAROU CAMTLLOCCI

ti della lora clausura, ricordando che «per tutta la vita siarno state obbedienti ai comandi delle Signorie Vostre in cio che era lecito. Ma a questo non dob- biamo obbedire, perché abbiamo fatto vota di santa clausura perpetua e la vogliamo osservare»21 E all'affermazione dei sindaci che la città doveva armai giungere «ad unione di fede>>, rispondono che cosl come non sperta alle donne disputare, la Chiesa viera anche agli illerterati di spicgare la Scrit- tura22. Le sottigliezze dialettiche di queste donne, che mentre si fanno forti del proprio obbligo al silenzio rintuzzano con abilità le argomenrazioni rcli- giose dei rappresentanti della città e mettono in discussione la loro autore- volezza nelle questioni teologiche, provocano la crescente irritazione dei pre- senti, che lamentano il rumore fatto da alcune consorelle per sostenere le lo- ro superiore. Ed è allora la vicaria a chiudcre la discussione, proclamando ironicamente che quella confusione non era poi gran cosa: «ne vedrete ben altra, se ci condurrete nella vostra sinagoga, perché quando sarema tutte in- sieme, faremo un tale rumore che rimarremo vincitrici>~'. Cosl, nonostante le minacce degli ufficiali, questo primo tentative delle autorità di convincere le clarisse ad uscire dal monastere fallisce e il giorno della disputa quelle «teste terribili» delle monache vengono lasciate dietro le grate, mentre illoro con- fessore, dopa avere meditato la fuga, rimane per proteggere il monastere, ma viene costretto a partecipare con la forza24

21 Jussie, Petite chronique, p. 182: «La mere abbesse et vicaire les (i stiuiact] saluerent humblement. Et il leur etirent, que infalliblement toutes fussent tenues par le com:mdemcnt de messieur de soit trouver à la dicte disputacion. Lesquelles respondirent hwnblement:

"Messieurs, vous nous aurés à perdonnes, car à ce ne pavons obeir. Toutes nostre vic avons esté ob.:dientes à vous seignorie et comandement en ce q\Ù nous estoit licite. Mais à ce ne dcpuons optempere, car nous avons voué saincte clausure perpetuelle et la volions obser- vez"». Nella sua risposta agli ufficiali,la superiora delle clarisse si fa dunque fanc, anche dai punto di vista terminologico, del limite posto al voto di obbcctienza nclla vita monastica, pardcolarmentc sottolineato nclla cultura francescana: l'eventualità, cioè, che un superiorc richicda qualcosa di illecito o di contrario alla regola. Cfr. Obbedien:r.a (vota), in Dizionan'o degli istiluti di perfezione, Roma, Edizioni Paoline, 1980, VI, coll. 494-559, 517.

22lhidem, p. 183: «dirent la mere abesse et vicaire. ace n'es pas le mcstier des femmes de dispmer, car l'estude n'es pas ordonné por les femmes. Vous ne trouvés pas, qu'elles day- vent disputer, quant mesme est deffenduz aux hommes non literce, es decrctalle de sainte esglise, ne ce doyvent mesler de declaree la saincte escripture, et que jamés femme ne fut appdler en ctisputacion pour tcsmoingnaige, porce ne volions encomensez et ne vous seroit pas honneur nous y volloir contraindre"».

2J Ibidem, p. 185: «Messieur, ce n'est pas grant chouse. Vous en ourrés bien d'aulne, cc vous nous menne en vostre sinagogue, car quant toutes serons ensembles, ferons telle noise, que demorrons maistre~se».

2~ Ibidem, p. 186: «Ûr dirent les santiques [= sindics): "Vos estes de terrible teste. Mais vous il vicndré". Respondit mere vicaire: "Non ferons"». Le pp. 188-190 ricordano poi gli scrupoli del confessore e la sua decisione fmale di rcstare in città e assistere alla disputa, per

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GINEVRA, LA RIFORMA E SUORJEANNE DEJUSSIE 283

Nella sua valutazione degli eventi, Jeanne de ] ussie coglie anche gli aspetti politici e sociali del conflitto che oppone Ginevra, alla ricerca di un'autonomia giuridica, al duca e ai suai alleati interni, che tentano di mantenere gli antichi diritti dei Savoia su una città cracevia, strategica dal punta di vista militare e dall'economia fiorente. L'incertezza del Consiglio sull'atteggiamenta da tenere ncl contrasta con Santa Chiara viene cosi in- terprerata come una forma di cautela diplomatica, a causa della protezione esercitata dal duca sul monastere e delle potenti famiglie savoiarde da cui alcune mona che provenivano2'.

Falliti i primi tentativi delle autorità di smorzare i toni della contesa, pro- muovendo una conversione di massa della comunità, nella cronaca si de- finisce sempre più la rappresentazione del monastere come una cittadella della fede assediata dagli eretici, che altemano lusinghe, violenze e minacce per separare le consorelle e corromperne gli animi. Jeanne de Jussie fa ab- bandante uso d'immagini militari, che nella sua scrittura assumono una pre- gnanza religiosa e confessionale particolarmente forte. Cosi, durante i tumul- ti o gli scontri tra fazioni, le monache, che vivono agni evente da dietro le gratc, tra incertezze e timori per la propria incolumità, apprestano le lora

«armi spirituali», vale a dire «armi di speranza e scudi di fede»: si raccolgono nella chiesa in atteggiamento penitente e pregano per la salvezza propria e dcl «pavera monde»- ciaè perla vittoria dei «buoni cristiani>>. Nei momenti più drammatici del confronte le superiore esortano poi le monache a mo- strarsi «cavaliere del Signore>> e «leali a Dio», a «cambattere virilmente», rea- gendo con fennezza ad eventuali aggressioni fisiche26Allo stesso modo, suor Jeanne ricarda come il suono della campanella di Santa Chiara e la recita nel coro del servizia divino fossero sentite dai militari e dagli oppositori come vere e proprie provocaziani delle clarisse. Nella cronaca sono annotate pun- tualmente le reazioni violentee le scaramucce tra fazioni provocate dal sua- no delle campane che segnavano lo svolgersi della pratica religiosa, per te- stimoniare che la drammatica condizione d'isolamento delle clarisse non era stata d'ostacolo alla lora professione di fede27

Anche la paura delle monache

di

perdere la propria verginità, costante- mente presente nel racconto agni qual volta all'intemo del chiostro giungono gli echi del conflitto annato, esprime la fedeltà delle religiose al carattere di- stintivo della lora unione spirituale con Gesù Cristo. In Jeanne de Jussie la

non lasdare sole le clarisse, seblxne la partc:cipazionc: in qualità dl spc:ttarori fosse sentira dai cattolid come compromissoria rispc:tto al partito protestante.

2' Ibidem, pp. 205-210.

26Ihidem, pp. 36-37,90,114,146,221,250.

27 Ibidem, pp. 12,22-23,154,163, 172-173, 176·177, 194,211-212.

(12)

284 DANIELA SOLFAROU CAMILLOCCI

sottolineatura di questo sentimento testimonia indubbiamente anche la vo- lontà di rispondere alle voci sui cattivi costumi delle clarisse ginevrine ali- mentate dalla propaganda religiosa, difendendo in cal modo l'onore sociale del monastero28• Ma l'inrenzione manifestata dalle autorità di Ginevra di di- videre la comunità e separare le consorellc, rimandando le anzianc alle lora farrùglie e desrinando le giovani al matrimonio, viene vissuta dalle clarisse con vero terrore, come irrimediabile recisione dellegame che le unisce a Cri- sto e alla sua Chiesa. Anche la propaganda contra il celibato viene presentata come un attentato al vota di castità delle religiose e le visite dei riformati al monastere sono ricordate come atti di violenza verbale. Nclla mcmoria che fa di questi episodi, Jeanne de J ussie sottolinea il carattere rituale e gestuale dell'opposizione ai tentativi di predicazione, a quello di Farel in particolare.

Per non udire parole che attentano alla lora verginità spirituale, alcune da- risse si tappano le orecchie con la cera; altre insorgono all'unisono su richie- sta della madre vicaria e, nonostante i tentativi della badessa e del confessore per richiamarle all'ordine, parlano insieme a voce alta, battono le mani, arri- vano a colpire con i pugni il riformatore e a sputargli addosson.

In questa identifi.cazione tra il rifiuto delle monache a cambiare il proprio stato di vita e la difesa della tradizione ecclesiastica e teologica in cui la co- munità si riconoscc emerge la sovrapposizione dei due piani, quello storico evenemenziale e quello simbolico, operata da Jeanne de Jussie nella sua cro- naca, dave la comunità delle clarisse assediate sembra proporre in controluce la figura della Chiesa, vera Sposa di Cristo, aggredita dall'Eresia. Tale so- vrapposizione culmina nd racconto della violazione del monastere da parte di un gruppo di cittadini armati, che nel1535 costringe idealmente le clarisse alla resa e apre una difficile trattativa per permetteme l'uscita dalla dttàl0•

28 Le voci che mettevano in discussione la buona vita dd monastero si erano diffuse a causa delle vanterie dei militari svizzeri; su un alrro piano, erano poi presenti ndla predica- zione dei minisui: Jussie, Petite chronique, pp. 159, 163, 172; anche A. Froment allude a le- garni sessuali rra le clarisse e illoro confessore: Id., Actes et gestes, pp. 163, 166. Dopo la fuoriuscita della comunità da Ginevra, nd corso della prima tappa dd viaggio verso An·

necy, i primi ospiti delle monache s'informarono sulloro stato fisico, chiedendo se avessero subito violenza. ]. de Jussie commenta che tutti si meravigliavano della !oro incolumità,

«Veule mal tallent que les heretiques avoiens sur elles»: Ead., Petite chronique, p. 283.

n Ibidem, pp. 195-199.

JO L'entrata degli armati nd monastero è l'episodio di maggiore tensione drammatica della cronaca; benché le suore non venissero aggredite fJSicamente, la descrizione della vio- lazionc della dausura e dcgli atti di iconoclastia ndla chiesa ricorda quella di una violenza sessuale. Al termine della devastazione, gli eretici, ricorda suor Jeanne, «se rassemblerenr et sortirent dehors uniement et laisserent tout le convent ouvert, que chascuns il povoit entré».

Quando i sindaci arrivano, su richiesta della badessa, affermano davanti alle monache in

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GINEVRA, LA RIFORMA E SUORJEANNE DEJUSSIE 285

Perduto il rifugio sicuro della clausura, che difendeva la vocazione comuni- taria delle clarisse e ne segnava visivamente la separazione dalla città passata alla Riforma, alle monache, per continuare a testimoniare la volontà di unie- ne che le contraddistingue, resta solo il proprio corpe.

Nella parte finale della cronaca cresce dunque l'attenzione per i gesti simbolici compiuti dai gruppo e per la postura stessa delle religiose. Suor Jeanne, che propane un'immagine della sofferenza patita dalle mona che come un'imitazione della passione di GesùH, sottolinea come illoro atteg- giamento fermo sia stato talvolta di edificazione per gli oppositori. Gli uffi- ciali della città, dopo aver separato ed interrogato una ad una le religiose - come «altri Caifa» - allo scopo di accertare la làro vera intenzione di resta- re alla vita monastica, sono infine costretti ad ammettere che parlavano tut- te «per una bocca» sola32Nella scrittura di Jeanne de Jussie, la rappresen- tazione del corpo, nella sua individualità, rimanda comunque all'immagine collettiva della corn unit à che lo accaglie: la miracalasa cansananza d'anima tra cansarelle si manifesta anche nellegame fisica che le unisce. Nella cro- naca le clarisse si mastrana sempre come un corpa unico. Abbracciate in- sieme, velate al punta che nessuno riusciva ad intravedeme le faitezze e a distinguere le giovani dalle anziane, nei momenti più drammatici le mona- che di Santa Chiara vengona esortate dalle superiare a presentarsi in pub- blico a capo china, ben strette tra laro e a camminare in coppia tenendosi per mano, le anziane all'estemo, per proteggere le più giovani)).

lacrime di non avere alcuna rc:sponsabilità, dal momento che erano stati degli «enffans de la ville» (la fazione ginevrina che appoggiava i riformatori) a rompere le porte della chiesa e a violare la clausura dc:l monastero, senza illoro consenso; dopo aver ammonito le monache sulla necessità di convertirsi, se ne vanno lasciando alcune guardie per custodire l'ingrc:sso.

Le discussioni con le aurorirà sorgono nei giorni successivi, intorno alla questione del mantenimento dc:i beni del monastero da parte della comtmità in partenza: cfr. Jussie, Petite chronique, pp. 213-217,224-227,262-265.

JI Sintetizzando le finalità della sua opera, ]. de Jussie afferma: «Et promest, que je ne escrip chose que je ne soie informee à la verité, et si ne escript pas la dizieme partie, mais seullement bien peu du principal pour memoire, affm que le temps à venir les souffrant pour l'amour de dieu en ce monde sachent, que nos predec:esseur ont souffert avant que nous, er nous après et tousiours de degree en degree à l'exemple de nostre seigneur er redempteur qui a souffert le premier et plus»: ibidem, p. 114.

J2 Ibidem, pp. 259-260: «Nostre seigneur et le saint espirit il ouvrerent miraculleusement, et miracle il fut monstré evident, digne de memoyrc ct grande louange à dieu, car toutes furent d'une mesme vollenté, d'une response et consentement, cornent si fust partir tome d'ung cueur er d'une voix, sens nulle difference. De quoy furent grandement mcrvdllié, cornent uniement estoiens d'une parolle et sens scavoir l'une de l'aultre, tant que les aulcuns c:n estoiens ennuyes, disant[ ... ]

n

semble, que tomes ne parlent que par une boche».

JJ In previsione della partenza, cosl la madre vicaria esorta le consorelle: «Menés vous

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286 DANIELA SOLF AROLI CAMILLOCCI

Cosl, anche la vicenda di suor Blaisine Varembert,l'unica tra le clarisse a passare alla fede riformata e ricordata percià nella cronaca come la «po- vera apostata», una «fîglia di perdizione», acquista un'importanza che tra- valica la questione del ritorno al secolo di questa giovane e del suo conflitto con le ex consorelle per la restituzione della dote34• Gli sforzi compiuti dalle superiore per non faria uscire dai monastere e mantenere cosi integro e unito tutto il «gregge» vengono infatti dipinti come esempi di fedcltà eroica alloro ufficio. Per portare via Blaisine, che pure non aveva alcuna intenzione di mantenere lo stato religioso, tanta da esprimere in varie occa·

sioni il proprio favore nei riguardi delle idee riformate, la sorella è costretta a tirarla via a forza dalle braccia della vecchia badessa, che la tiene nascosta in mezzo al gruppo, mentre la madre vicaria e alcune monache cercano di trattenerla e di respingere le guardie, ricorda Jeanne, a rischio della vita1'.

Nel descrivere gli uhimi disperati tentativi di convincere la giovane a resta- re nella comunità, Jeanne de

J

ussie mette in bocca alla superiora un accora- ta discorso d'addio, imbevuto d'immagini militari dalla forte carica religio- sa, intese a sottolineare la costanza di questa anziana monaca nel compiere i doveri propri del suo ruolo gerarchico:

Suor Blaisine, figlia mia, fino ad ora vi ho preservata. Vi prego, guardatevi dal separarvi dai gregge e mostratevi buona campionessa di Nostro Signore, perché in questa battaglia io non vi posso aiutare. Voi avete il vostro arbitrio di bene e di male. Nostro Signore sia nel vostro cuore[. . . ]36•

Benché toccate dalla defezione finale di Blaisine Varembert, le clarisse ottengono tuttavia il salvacondotto per \lSCÎre da Ginevra, lasciando alla città i propri beni.

n

monastero, ormai violato, ha perso il suo carattere di

toutes en belles ordonance, en devotion, prestes à partir, quant ses gens viendront, et vous meué deux et deux par la main fermement et tant pres l'une de l'aultre, que nul ne vous puisse separer. Et tené bonne silence, sens parler, por chose, que l'on vous die». Poi, sulla porta del convento, "affidan formalmente le monache più giovani alle !oro parenti anziane e dispone l'uscita del gruppo; cosl, le clarisse si mostrano alla folla che le aspetta «deux et deux par la main, bien bouché toute la face et bien religieusement ordonné et composer et en silence»: Jussie, Petite chronique, pp. 268, 273.

'4 Ibidem, pp. 202-204,208,216-224,228-235,245-251.

"Ibidem, pp. 216-224.

' 6 «Seur blaisine, mon enffant, jusque à mentenant vous ay presevés. Je vous prie, gardé de vous separer du tropeaulx et vous monstré bonne championne de nostre seigneur, car en ceste bataille ne vous puis aidé. Vous avé vostre arbitre de bien et de mal. Nostre seigneur soit en vostre cueur, et penser [. .. )>>. Con un abile espcdiente drammatico, suor Jeanne fa interrompcre questo discorso dall'intervento della sorella di Blaisine, che la scopre in mezzo al gruppo delle monache e richiama a gran voce gli ufficiali della città perché l'aiutino a portarla via: Jussie, Petite chronique, p. 221.

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Gli\'EVRA, LA RJFORMA E SUOR JEANNE DE .JUSSIE 287

spazio sacra e puà dunque venire abbandonato al suo destina dalle mona- che che, avendo contattato per tempo il duca di Savoia, hanna la garanzia di potere ricostituire la lora comunità in un luogo sicuro17 • Prima di an dar- sene le consorelle compiono perà due ultimi gesti, intesi a segnare la passa- ta sacralità delluogo che le ospitava e che stanno lasciando: si raccolgono nel chiostro davanti alle sepolture delle «sante madri trapassate» per un'ultima, accorata preghiera d'addio e chiedono poi agli ufficiali di uscire dalla porta del convento, per non passare attraverso la chiesa devastata dalla furia iconoclasta degli assalitorP8•

La lettura del conflitto religioso compiuta da Jeanne de

J

ussie nella sua cronaca non pare esclusivamente il frutto di un'interpretazione personale;

essa riflette idee e motivi che circolavano all'interno del monastere di Santa Chiara tra le monache e i lora superiori, che nella lora prospettiva polemi- ca servirono ad alimcntare l'identità religiosa della comunità nel sua con- trasta con i riformatori. La cronaca sembra testimoniare soprattutto l'influenza della produzione del confessore di Santa Chiara, il francescano Jean Gacy. Questo religioso, oggi poco nato ma ricordato perla sua attività letteraria anche da Froment, che gli attribuisce alcune poesie galanti trova-

te nelle celle delle clarisse19, è il primo autore francofono a prendere posi- zione contra la diffusione delle idee protestanti. Un suo dialogo polemico contra Lutera, le Trialogue, che vede protagonisti Zelo divine, Gerarchia ecclesiastica e Verità invincibile, è pubblicato a Ginevra nel1524~0In que- ste scritto, Gacy, che definisce Lutera <<precursore dell'anticristo, o vero anticristo», esprime il proprio timore perla diffusione delle sue idee tra i

n Ibidem, pp. 209-210.

JB Ibidem, pp. 269, 272. Di li a poco nd rnonastc:ro di Santa Chiara sorgerà l'ospedalc:

cittadino. La cronaca di A. Froment souolinc:a questo dato in una prospeuiva ideale com·

pletamc:nte rovesdata rispc:no alla Petite chronique: illuogo- un tempo sacro ma violato da- gli eretici nc:lla lettura di J. de Jussie- vienc: per Froment riformato dalle empietà del passa- ta grazie ad una carità cittadina che rivc:la uno spirito autenticamente evangdico: negli anni scguc:nti, l'ospedale manterrà le concubine degli ecdesiasdci e crescerà i loro figli, lasciad nc:lla miseria dai padri narurali in fuga: Froment, Actes et gestes, pp. 1.59-161,233-238.

J9 Ibidem, p. 166: Gacy avrebbe composta perle monachc: «belles ballades et rondeaux d'amourettes».

~o ]. Gacy, Trialogue nouveau contenant l'expression des erreurs de Martin Luther. Les doleances de ierarchie ecclesiastiques et les triumphes de verité invindble, [Ginevra, Wigand Kodn), 1524. Su Gacy si hanno scarse notizic:: originario di Cluses in Savoia, c:ra noto perle sue qualità oratorie e divenne confessore del monastero di Santa Chiara nd 1528: cfr. Th.

Dufour, Notice bibliographique sur le catéchisme el la confession de foi de Calvin (1537) el sur les autres livres imprimés à Genève et à Neuchâtel dans les premiers temps de la Réforme 1533·1540 (1878), Genève, Slatkine, 1970, pp. 136-138.

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288 DANIELA SOLFAROU CAMILLOCCJ

laici e fa allusione ad alcune «dame troppo curiose» che avrebbero mostra- to un eccessivo interesse per la nuova dottrina ereticale, arrivando a tra- durne dei testi dallatino. Gacy spiega perciè di aver scritto il dialogo per i fedeli illetterati, e perle donne in particolare, nell'intento di far compren- dere, grazie ad un linguaggio chiara e accessibile a tutti, quale pericolo spi- rituale si nasconda dietro a tali «invenzioni»~1

Gacy è anche aurore di un «compianto» in versi su Ginevra scritto pre- sumibilmente peril conforta delle clarisse e del gruppo, armai assottigliato e clandestino, dei lora sostenitori, ma stampato a Lione, poco dopa la par- tenza del religioso dal monastero~2In questo componimento la città viene rappresentata, sulla scia delle figure bibliche di Rachele, Naemi e Anna madre di Samuele, come una donna in lacrime, «la dolente Ginevra» che piange il disonore della violenza compiuta su di lei da «eretici maliziosi e sottili», ricordando con ·orrore la divisione della città in fazioni, gli ani di iconodastia e i tumulti scatenati dalla predicazione di Farel, Froment e Vi- ret. Nel testa le clarisse vengono rappresentare «ardenti come ceri nel-

~1 Gacy, Trialogue, «narrative de l'auteun>, p. Aiir. ll rdigioso ritoma più volte sul tema della «contaminazione» spirituale dei fedeli. W. G. Moore, lA Réforme allemande et la littérature française. Recherches sur la 110toriété de Luther en France, Strasbourg, Publica- tions de la faculté des lettres, 1930, pp. 245·47, 279-280 ha pc:r primo sottolincato l'impor- tanza di questo scritto e l'originalità del suo stile misto di prosa e poesia. Lo studioso ritene- va che Gacy polemizzasse contra alcune traduzioni di Lutera frurro dellavoro delle rcligio- se di cui aveva avuto la cura spirituale. Nel testo non si fa tuttavia riferimento a delle mona- che, ma piuttosto a «dame e damigelle cortigiane [ ... ] e principc:sse» che sarebbero state sedotte dalle nuove dourine (p. Eiür); un altro passaggio ricarda polemicamentc la diffusio- ne di traduzioni luterane ad opera di «dame curiose [. .. ] che ritcngono di poter sopraffare la Vcrità» e che Gacy richiama ai loro dovcri domestid. Si tratta di donne caltee al secolo, dai momento che il franccscano le invita a non leggerc: troppo, a lasciar pc:rdere Lutero e riprendere in mano l'aga, filare, impcgnarsi nd lavori domestici e àivenire «devocic:usc:s»

(p. Gilir-u). All'inizio dcgli anni Vcnti escono in Francia diverse traduzioni dai latino di Lutera, prodottc: nci circoli evangelici: F. Higman, ùs traductions françaises de Luther, 1.524·1555, {1984), orain Lire et découvrir. ÙJ circulation des idées au temps de la Réforme, Genève, Droz, 1998, pp. 201-232.

42

J.

Gacy, lA deploration de la cité de Genèue sur le faict des hereticques qui l'ont tiran- niquement opprimee, [Liane?, Pierre de Saints Lucie?, 1536]. D testo ha avuto duc riedizio- ni nel secolo XIX; più recc:nremente, F. Higman ha identificato in via ipotetica l'editore lionesc: della stampa e ha riprodotto, tradotto in inglese c: commentato il poemetto: Francis Higman, The origins of the Image of Geneua, in The identity of Geneua. The Christian Commonwealth 1564-1864, a cura di]. B. Roney, M. I. Klauber, Westport, Greenwood Press, 1998, pp. 21-38. Benché lo studioso ritenga che la srampa di quc:sto scritto sia sucees- siva alla fuoriuscita delle clarisse, il testa non sembra far riferimento all'abbandono del mo- nastere, ma solo alla resistenza delle monache. Cfr. infra, la nota successiva.

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GINEVRA, LA RIFORMA E Sl'OR JEANNE DE JUSSIE 289 l'amore di Dio» e difese perciè dalla sua mano contre i tentativi degli ereti- ci di attentare alla purezza, spirituale e fisica, delloro stato di vita~3

TI poemetto di Jean Gacy appare particolarrnente interessante, perché utilizza precocemente immagini polemiche che diventeranno in seguito cle- menti integranti della leggenda nera su Ginevra, quali illibertinismo sessuale dei protestanti e ·la loro propaganda religiosa come un'infezione corruttrice della fedee~. li discorso religioso di Jeanne de J ussie riecheggia alcuni dei te- mi letterari e teologici espressi nella produzione del suo superiore, in parti- colare la nozione polemica di «anticristo» applicata ai riforrnatori, la metafo- ra dcll'assedio, spirituale e materiale, stretto dall'Eresia intomo alla città e l'idea di un'aggressione religiosa che perverre la compagine social~'-

Questi motivi acquistano pero nella cronaca della clarissa una particolare intensità, sovrapponendosi a una riflessione spirituale assai personale sui te- rni della verginità e dell'obbedienza. Un altro elemento peculiare della scrit- tura di Jeanne deJussie sembra essere l'attenzione con cui nella Petite chro- nique viene sottolineata la reazione delle donne di Ginevra alla Riforma e al conflitto politico-religioso. La scrivana di Santa Chiara, tuttavia, condivide con le sorelle il ricardo dei drammatici eventi di cui è stata partecipe ed è per la memoria della sua comunità che scrive la cronaca. Mi sembra perciè che dai punto di vista storico questo teste possa essere lecto come una scrittura di genere, espressione di una cul tura monastica e femminile che, posta di fronte alla crisi religiosa, risponde con gli strumenti intellettuali, ideologici e lingui-

43 Gacy, Deploration, p. Büv: «Ces villains sacrilegc:s 1 Ont saccagé les couvc:ns et colle·

gc:s 1 et assailly les maisons virginalles 1 Pour exercer villaines baccanales 1 et plus lubriques que: fange: ne palludz 1 Plus que Epicure et Sardenapalus 1 Ont incité les Clarines pudiques 1 D'apostater devenir impudiques; 1 Mais de leur main Dieu a gardé ses Vierges 1 En son amour ardantes comme cierges>>.

~~ Nd poemetto si trova tra l'altro un ironico riferimento ad A. Froment: Gacy, giocan·

do sul significato del nome del riformatore, fa infaui dire a Ginevra «en ma farine blanche a mis le ferment 1 pour mieux corrumpre de foy toute la masse 1 toutes erreures accumule et amasse». La medc:sima immagine del Levain-del «fermento» dell'eresia- rorna nell'editore seicemcsco di J. de Jussie, ma evidentemc:nte si tratta di una metafora che, rovcsciando il dettato evangelico, risultava piuttosto efficace sul piano polemico. Sul miro (bifronte) di Ginevra, cfr. A. Dufour, «Le mythe de Genève au temps de Calvin>> (1959), in Histoire politique et psychowgie historique. Suivi de deux essais sur humanisme et réformation et k mythe de Genève au temps de Calvin, Genève, Droz, 1966, pp. 63-130.

4' Un altro epiteto di Gacy contro Lutc:ro che ritorna nella cronaca, è quello di

«dragon»: Gacy, Trialogue, pp. Aür, Bv; cfr. anche supra, n. 12. Per una rassc:gna deïtc:mi polemici che segnalano l'emergere dell'idc:ntità religiosa nei cronisti ginevrini, tra cui Jussie e Gacy, cfr. W. G. Naphy, •No his/ory can satisfy everyone•: Geneva's chroniclers tuld emerging reli'gious identifies, in Protestant Hirtory and Identity in Sixteenth-century Europe, ed. B. Gordon, Brookficld, Vf, Scholar Press, 1996, 1, pp. 23-38.

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290 DANIELA SOLFAROLI CAMILLOCCI

stici che le sono propri~6 Nel controbattere alla proposta filogama prove- niente dalla cultura riformata, la cronaca riaffenna con forza il valore spiri- tuale della vita seconda la regala; gli episodi che ricordano i tentativi di con- versione rappresenrano infatti altrettante prove di fedeltà alla disciplina mo- nastica, affrontate e superate vittoriosainente dalle monache.

Jeanne de Jussie intende giustificare ideologicamente e giuridicamente l'abbandono della città e, in taluni casi, delle famiglie di origine, da parte delle monache, con il venire mena dellegame d'obbedienza verso i supe- riori civili, dipinti come ambiguamente partecipi di una cultura ereticale che delegittima lo stato religioso e rifiuta lo scambio spirituale tra interna cd esterno dei monasteri. Ma nel resoconto degli eventi di cui le clarisse sono protagoniste, l'affermazione progressiva dell'autonomia del monastero rap- presenta un elemento problematico dal punto di vista religioso e disciplina- re, che suor Jeanne risolve sottolineando il valore di testimonianza offerto dall'ostinazione- talara dall'indisciplina- delle monache, guidate dalle Ioro superiore. TI rifiuto, verbale e fisico, opposto dalla comunità alla prcdicazio- ne contra il celibato esprime la volontà di non entrare in contatto con una proposta religiosa che, nell'attentare su diversi piani alla castità delle mo- nache, manifesta la volontà di divisione e di perversione propria dell'Ere-

46 Per una riflessione sul Levain du calvinisme come documc:nto della cultura monastica dc:lla sua autticc:, cfr. E. Berriot-Salvadore, Les femmes dons la société française de la renais- sance, Genève, Droz, 1990, pp. 429-432. L'c:spc:rienza di

J.

de Jussie presenta molti elcmc:nti comuni con quella quasi contemporanea di una darissa tedc:sca, Caritas Pirkheimer di Norim- berga, che nc:lle sue Memorie ricorda gli sforzi compiuti per difendere le ragioni della co- munità di cui era badessa contra la città passata ai luterani: cfr., anche perla bibliograf1a ivi citata, P. S. Datsko Barker, Con"tat Pirkheimer: afemale humanist coll/ronts the reformation,

«Sixteenth cc:ntury journal», XXVI 1 2 (199.5), pp. 2.59-272. Sulla scrinura memorialistica all'intemo dei monasteri femminili cfr. gli escmpi studiati da S. Evangelisti, Ange/ica Baitel/~ Ill storica, in &rocco alfemminile, a cura di G. Calvi, Roma-Bari, Laterza, 1992; Ead., Moral virtues and persona/ good.s: the double representation of fe mole mon as tic identity (Florence, 1 6th and llth centuries), in Women in the Religious Ufe, edited by O. H. Hufton, Firenze, European University lnstirute, 19%. Sul tema della ricettivirà - maggiore o minore - delle donne alla Rifonna, apc:rto per la Franda dagli studi importanti di Nancy Rodker e Natalie Zcmon Davis, è in ano un dibattito storiografico, in particolare tra studiosi anglosassoni, che s'intreccia con i terni del "rinascimento delle donne" e della questione del rapporta tra Chiese e modemità. Più reœntemente esso è scmbrato concc:nttarsi, in manit'.ra talvolta ripeticiva, sulla valutazione dd ruolo (positivo o negativo) della Rifonna nell'emancipwone fe~e:

cfr. in particolare Th. Head, The religion of the femmelettes: ideals and experience among women in fifteenth- and sixteenth-century France, in That Gentle Strength: Historical Perspectives on Women in Chn"stianity, a cura di L. L. Coon et aa., Charlottesville-London, University Press of Virginia, 1990, pp. 149-17.5; Ch. Blaisdell, Religion, gender, and closs: nuns and authority in early modern France, in Changing Iderttities in Barly modem France, a cura di Michael Wolfe, Durham-London, Duke University Press, 1997, pp 147-168.

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