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NANOTOSSICOLOGIACONCETTI E APPLICAZIONE

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Tecnologia

NANOTOSSICOLOGIA

CONCETTI E APPLICAZIONE

AUTORI*

* Luigi Manzo, Giovanni Bernardini, Cesare Castellini, Tommaso Renieri, Nicola Trevisan, Mario Di Gioacchino, Enrico Sabbioni

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L

e nanotecnologie hanno attratto interesse crescente e notevoli investimenti per il loro enorme potenziale di innovazione. Negli ultimi anni sono andati però aumentando i timori sui rischi che esse potrebbero determinare a seguito delle molteplici applicazioni previste. L’esigenza diffusa di avere informazioni chiare ed obiettive su questo importante problema ha portato al rapido sviluppo di una nuova disciplina, la nanotossicologia, impegnata ad estendere le conoscenze sui fenomeni che si svolgono all’interfaccia tra nanomateriali e sistemi biologici. Alla nanotossicologia si riconosce oggi un ruolo centrale come riferimento scientifico per la prevenzione dei rischi e per lo sviluppo re- sponsabile di un settore tecnologico considerato vitale in ragione delle attese ricadute industriali e socio-economiche [1, 2].

Nanomateriali e nanotecnologie

Le nanotecnologie permettono di fabbricare materiali e sistemi che assumono particolari proprietà in virtù delle loro minute dimensioni. Al diminuire delle dimensioni, a scala nanometrica (1-100 nm), le particelle modificano le proprie caratteristiche (magnetiche, ottiche, termiche, elettriche e quan- to-meccaniche) e possono dar vita ad entità del tutto nuove; ad esempio, le particelle di biossido di titanio, tipicamente di colore bianco, diventano incolori quando la loro dimensione si riduce sotto i 30 nm. La capacità di modulare le caratteristiche fisico-chimiche conferisce grande versatilità e per- mette in pratica di realizzare una gamma quasi in- finita di materiali e di soluzioni tecnologiche [3].

Dalle nanotecnologie la società si attende benefici nei settori più disparati [4]: materiali più efficienti e prodotti commerciali vantaggiosi rispetto a quelli oggi disponibili, soluzioni innovative nel settore energetico e nei trasporti, tecnologie d’avanguardia applicabili nelle più disparate aree (sistemi di co- municazione, sistemi di sicurezza, industria alimentare e cosmetica, risanamento ambientale, depurazione dell’acqua, migliori strumenti per la diagnosi e la cura delle malattie). Alcune di queste innovazioni

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In apertura: Moon express lunar lander vehicle - by estropico website

Sopra: laboratorio del Joint Research Center Nanotecnologia e medicina - lipossigenasi

sono già una realtà; gli esempi in campo medico comprendono alcuni sofisticati dispositivi diagnostici e sistemi speciali di drug delivery proposti di recente per la terapia mirata dei tumori [5]. Sono inoltre già reperibili sul mercato oltre mille prodotti di consumo dove sono presenti nanomateriali (http://www.nanotechproject.org): cosmetici, filtri solari, prodotti per l’igiene personale o per usi do- mestici, integratori alimentari, articoli sportivi, ... I nanomateriali sono anche contenuti in tessuti, batterie, additivi di carburanti, supporti di cataliz- zatori, vernici, pigmenti, rivestimenti anticorrosione, prodotti per l’edilizia, plastiche ad elevata efficienza ecologica, toner per stampanti, componenti per autovetture, pneumatici ed altro [4]. Le nanotec- nologie sono un importante oggetto di studio anche in campo militare [6, 7]. Si parla insomma di un’area che rappresenta il più vasto e competitivo settore della ricerca applicata, su cui oltre 60 paesi nel mondo hanno avviato programmi scientifici di rilevanza strategica nazionale. Il mercato globale del nanotech ha raggiunto un valore di dimensioni straordinarie: oltre 250 miliardi di dollari nel 2009, valore che si prevede aumenterà di 10 volte già in questo decennio [4].

Rischi dell’esposizione a nanomateriali

Non diversamente da quanto si è verificato con l’avvento di altre innovazioni (biotecnologie, na-

vigazione aerea, elettricità, ecc.), lo sviluppo delle nanotecnologie sta ponendo dubbi ed interrogativi sull’aspetto della sicurezza. I nanomateriali sono entità del tutto nuove, dalle caratteristiche poco conosciute, capaci di produrre effetti biologici talora non prevedibili, disegnati spesso per impieghi che li portano a diretto contatto con l’uomo e con l’ambiente. E’ legittimo perciò domandarsi quale impatto essi potrebbero avere in caso di esposizione involontaria dell’uomo e di immissione incontrollata nell’ecosistema. Per affrontare questo tema, si deve innanzi tutto avere un quadro preciso delle conoscenze sugli effetti dei nanomateriali e dei prodotti che li contengono, distinguendo bene le evidenze empiriche dalle ipotesi. Sul tema sono stati già pubblicati migliaia di studi scientifici, dai quali emerge un data base abbastanza ampio, idoneo però solo per una prima valutazione d’in- sieme. Sappiamo con certezza che le caratteristiche fisico-chimiche (dimensione, forma, area superficiale, solubilità, stato di aggregazione ed agglomerazione, ecc.) modulano la tossicità ed i processi di trasporto dei nanomateriali sia negli organismi viventi che nell’ambiente [8]. La dimensione e l’area superficiale hanno speciale importanza sotto il profilo tossi- cologico: diminuendo le dimensioni delle nano- particelle, aumenta l’area superficiale e, quindi, la quota di atomi o molecole esposti sulla superficie piuttosto che quelli presenti all’interno della par- ticella stessa. Atomi e molecole di superficie pre- sentano una marcata reattività chimica e biologica

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e ciò può comportare l’acquisizione o l’amplificazione di proprietà tossiche. Il binomio dimensione “nano”

e reattività biologica ha molteplici riscontri speri- mentali. Tuttavia, in un contesto tossicologico, la dimensione ha importanza non esclusiva, nel senso che gli effetti del nanomateriale sono de- terminati anche da altri fattori quali la composizione chimica, lo stato di aggregazione delle particelle e le modalità di esposizione. E’ da tener presente che la denominazione di nanomaterialeraccoglie una miriade di entità diverse l’una dall’altra, aventi spesso in comune solo l’intervallo dimensionale nanometrico. In base a struttura e composizione, possiamo classificare i nanomateriali in quattro generali categorie (Tabella 1). Spesso, tra una classe e l’altra (ma anche tra composti della stessa classe) si rilevano più differenze che analogie riguardo al profilo degli effetti tossici. Il rischio tossicologico differisce da una categoria all’altra anche quando consideriamo la classificazione basata sull’origine (Tabella 2). Le specie naturali (Categoria A) sono ubiquitarie nell’ambiente (acqua, aria, suolo, sedimenti). Sono prodotte da materiali fossili, agenti microbici, processi di combustione, attività vulcanica e mobilizzazione da sedimenti acquatici. Al loro studio si dedica una speciale di- sciplina, la nanogeochimica [9], che ha avuto finora poche interazioni con la componente biologica delle nanoscienze ma che ha, come ve- dremo, indubbia importanza anche per gli aspetti tossicologici. Le nanoparticelle antropiche incidentali

(Categoria B) sono state oggetto di molti studi sperimentali ed epidemiologici, volti principalmente a definire il ruolo di queste particelle nelle patologie respiratorie e cardiocircolatorie collegate all’in- quinamento atmosferico [10, 11]. I nanomateriali ingegnerizzati (Categoria C) costituiscono forse la realtà più importante del ventunesimo secolo in termini di innovazione tecnologica. A causa delle proprietà “nano” (reattività chimica, diffusione attraverso membrane biologiche, ecc.) sono an- ch’esse materia di ricerca tossicologica per i possibili effetti indesiderati sugli organismi viventi.

In un contesto tossicologico, nanomateriali inge- gnerizzati e incidentali vanno tenuti distinti poiché configurano situazioni non comparabili in termini di rischio. I nanomateriali ingegnerizzati hanno composizione e proprietà fisico-chimiche abbastanza definite e costanti. La loro azione va considerata nel quadro di un ciclo di vita e di scenari d’espo- sizione che, almeno in prospettiva, si ritiene possibile caratterizzare, quantificare e mettere sotto controllo. Le nanoparticelle incidentali hanno invece natura chimica variabile e si trovano miscelate in forma complessa con le altre frazioni del particolato atmosferico (PM2.5 e PM10). La composizione relativa di queste miscele è difficil- mente quantificabile e varia molto in rapporto a fattori esterni, es. fattori climatici e atmosferici.

Inoltre, queste particelle incorporano spesso altri tipi di inquinanti (metalli, idrocarburi policiclici aromatici, ecc.) di per sé capaci di indurre tossicità.

Tabella 1 - Classi di Nanomateriali

• Materiali a base di carbonio: contengono principalmente carbonio e possono avere forma sferica o ellittica (fullereni) oppure tubulare (nanotubi di carbonio).

• Materiali a base di metalli: contengono oro, argento, ossidi metallici (es. biossido di titanio, ossido di ferro). Questa classe annovera anche i quantum dots (alla lettera punti quantici), semiconduttori cristallini con dimensioni tra 2 e 10 nm.

• Dendrimeri: composti polimerici costituiti da una sola specie chimica. Hanno strutture altamente ramificate di forma globulare, costruite in modo iterativo, che si possono variamente disegnare per conferire specifiche funzioni.

• Compositi: si tratta di nanomateriali dove si combinano tipi diversi di nanoparticelle oppure nanoparticelle e materiali convenzionali.

Tabella 2 - Classificazione dei nanomateriali in rapporto all’origine

• Nanomateriali naturali: virtualmente ubiquitari nell’ambiente; originano da comuni fenomeni naturali, es., processi di combustione, emissioni vulcaniche, mobilizzazione spontanea dall’ambiente terrestre o acquatico.

• Nanomateriali antropici incidentali (particelle ultrafini): nanoparticelle polidisperse, anch’esse ubiquitarie; sono immesse nell’ambiente per effetto di attività industriali, quali processi di combustione ad alta temperatura, traffico autoveicolare, impianti di riscaldamento, produzione e conversione dell’energia, ecc.

• Nanomateriali antropici intenzionali (ingegnerizzati): sono i prodotti delle nanotecnologie fabbricati dall’uomo con l’obiettivo di trarre vantaggio dalle peculiari caratteristiche che i materiali assumono nella dimensione nanometrica.

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Occorre ricordare che la nanotossicologia ha le sue basi storiche proprio nello studio delle nano- particelle incidentali [12], anche se oggi l’ambito di competenza della disciplina viene individuato specificamente nel campo dei nanomateriali in- gegnerizzati [13].

La ricerca tossicologica su nanomateriali. Attuali esperienze

La ricerca in nanotossicologia è talora equiparata ad una “battuta di pesca nel mare dell’incertezza”:

poche conoscenze sugli effetti biologici dei nano- materiali, incertezze sui metodi di studio, regola- mentazione non chiara, assenza di controlli capillari, dati imprecisi e frammentari sui nanomateriali presenti in prodotti di consumo, ecc. Esiste però un settore, quello della nanomedicina, dove la tossicologia dei nanomateriali è già materia di studi regolari e di una consolidata esperienza riguardo agli studi sulla sicurezza. Per definizione, la nanomedicina è l’area in cui i nanomateriali sono posti deliberatamente a contatto con l’uomo, spesso in forme idonee a de- terminare il massimo assorbimento di particelle nell’organismo. In questo campo, la tossicologia co- stituisce da tempo non solo uno strumento di co- noscenza ma anche una affidabile pratica di controllo che risponde a requisiti regolatori e alla concreta esigenza di garantire la sicurezza dei prodotti destinati ad impieghi nell’uomo. Gli studi tossicologici hanno dato un contributo decisivo per l’approvazione di agenti diagnostici o terapeutici che sfruttano le nanotecnologie [14]. Essi hanno consentito di (i) verificare i requisiti di safety attraverso la speri- mentazione pre-clinica e clinica, (ii) dimostrare l’as- senza o la presenza di effetti collaterali nell’uomo, (iii) valutare la maneggevolezza del farmaco alla posologia clinicamente raccomandata, e così via.

Sappiamo perciò che un prodotto nanotecnologico disegnato ad usi clinici deve essere biocompatibile, non deve innescare o favorire effetti di significato tossicologico quando viene a contatto con l’organismo, deve mantenere la necessaria stabilità dopo l’assor- bimento ed infine deve essere facilmente e comple-

tamente rimosso dall’organismo una volta completata l’azione richiesta. La valutazione tossicologica dei prodotti medicinali ottenuti dalle nanotecnologie poggia su metodi rigorosi e costituisce un filtro dalle maglie assai strette. Basti pensare che, a fronte di un migliaio circa di brevetti depositati, solo una quarantina di farmaci contenenti nanomateriali hanno ricevuto finora l’approvazione per usi clinici, dopo approfonditi studi condotti anche su volontari sani e su pazienti. Alcuni di questi nanofarmaci sono usati da oltre un decennio, ad indicare che la loro sicurezza ha riscontri anche nell’esperienza clinica e nei controlli della farmacovigilanza post- marketing. Alla luce dell’esperienza, si può dire che la principale barriera allo sviluppo di prodotti nano- tecnologici di interesse clinico è venuta non dall’in- certezza in materia di safetye di metodi per la sua verifica, quanto piuttosto da carenze nei processi di fabbricazione, caratterizzazione e standardizzazione del nanomateriale [15]. Per la valutazione tossicologica dei nanomateriali proposti in medicina, le agenzie regolatorie raccomandano metodi di indagine tra- dizionali. Test integrativi sono richiesti quando dalla sperimentazione emergano effetti particolari o risposte inattese collegabili alla struttura in nanoscala [14]. Ciò può riguardare, ad esempio, il riscontro di fenomeni imprevisti di internalizzazione nelle cellule, captazione da parte dei macrofagi e del sistema re- ticolo endoteliale, trasferimento indesiderato attraverso membrane biologiche, fenomeni di precoce degra- dazione, agglomerazione o de-agglomerazione delle nanoparticelle, cambiamenti indotti nella confor- mazione di proteine, ecc. In questo campo, il quadro delle conoscenze è in rapida evoluzione. La comunità scientifica è oggi impegnata ad affinare gli studi tossicologici sui nanomateriali, al passo con l’avan- zamento delle tecniche e delle moderne acquisizioni [8, 16, 17].

Aree di incertezza

Come già sottolineato, il termine nanomateriale identifica oggetti che acquistano nuove proprietà fisico-chimiche correlate alle loro piccole dimensioni.

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Al momento non è chiaro quanto si debba effet- tivamente scendere nella scala nanometrica perché un certo materiale acquisisca proprietà rilevanti ai fini della tossicità. La definizione ISO, che considera “nanomateriale” un oggetto con una, due o tre dimensioni esterne aventi ordine di grandezza tra 1 e 100 nm, non offre di per sé alcun riferimento, in quanto risponde a pure esigenze di classificazione. Il limite inferiore (1 nm) è stato introdotto per evitare che con il termine di nanomateriali si arrivi ad identificare le stesse molecole. Il limite superiore (100 nm) è un valore arbitrario, proposto prudentemente onde poter includere nella definizione qualsiasi entità che potenzialmente abbia caratteristiche di na- nomateriale. Alcuni ritengono che cambiamenti di proprietà associati alla comparsa di effetti biologici tipici della nanoscala si raggiungerebbero al di sotto di 30 nm (Auffan et al., 2009[18]). In realtà, questo concetto ha pochi riscontri empirici e appare indefinito se consideriamo che i meccanismi di tossicità sono molteplici. In certi casi, gli effetti biologici delle nanoparticelle variano più in rapporto a cambiamenti di forma, stato di aggregazione e funzionalizzazione che con la grandezza delle particelle. Le caratteristiche fisico-chimiche di un nanomateriale ingegnerizzato possono variare anche nel tempo e da un lotto all’altro in rapporto al metodo usato per la fabbricazione. Anche la valutazione tossicologica richiede una approfondita

conoscenza delle proprietà fisico-chimiche e dei loro rapporti con le risposte biologiche [19]. Im- portante area di incertezza è anche la tossicità dei nanomateriali contenuti nei prodotti. Se si escludono i farmaci, la ricerca in nanotossicologia ha finora considerato quasi esclusivamente na- nomateriali “modello”, presi allo stato puro o quasi. La situazione reale, quella che va considerata per i prodotti commerciali, è indubbiamente più complessa. Studi recenti suggeriscono che il profilo tossicologico, quale emerge dalle indagini su na- nomateriali puri, è poco indicativo o addirittura irrilevante per la stima dei rischi di esposizione ai prodotti [20]. Il problema ha evidente importanza non solo concettuale ma anche per le implicazioni pratiche: la legislazione comunitaria (Regolamento REACH) prescrive che la sicurezza delle sostanze debba essere valutata sui prodotti specifici che le contengono, considerando gli effettivi scenari di esposizione. In tale ottica, il quadro di cui oggi di- sponiamo è assai incerto.

Come sottolineato da autorevoli esperti [21], sono poche le categorie di nanomateriali ingegnerizzati per i quali vi sia dimostrazione o ragionevole sospetto della capacità di causare danni nell’uomo.

Ciò ovviamente non significa escludere che problemi possano emergere in futuro. Vi sono prove con- vincenti che alcuni tipi di nanoparticelle sono fa- cilmente assorbite nell’organismo; dalla sede di assorbimento (es. polmone) o di contatto (es.

Applicazioni del futuro - by estropico website Nanomateriali

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cute) esse possono traslocare in organi secondari (es. rene, fegato ecc.) che, di conseguenza, diventano potenziale bersaglio di tossicità. L’esposizione ina- latoria è probabilmente quella più comune per l’uomo; nella valutazione dei rischi occorre tuttavia considerare anche l’esposizione per via ingestione e per via cutanea, oppure, nel caso della nanome- dicina, per iniezione. Le nanoscienze, in particolare la nanomedicina, stanno evidenziando una miriade di meccanismi che controllano la tossicità, i processi fisiologici di difesa, la vulnerabilità indi- viduale, la capacità di smaltimento dall’organismo e così via. È da ciò evidente che la semplice presenza di nanoparticelle rilevata in un organo o in un tessuto umano, anche nel caso di soggetti cui sia stata diagnosticata una certa patologia, non è di per sé un segnale di significato tossicologico né tanto meno costituisce la prova che la patologia sia imputabile alle stesse particelle. Questo concetto trova evidenti riscontri nell’esperienza della na- nomedicina dove, come già ricordato, le nano- particelle vengono somministrati deliberatamente nell’uomo dopo che rigorosi studi preclinici e clinici ne hanno dimostrato l’innocuità.

D’altra parte, proprio la medicina ci insegna che la verifica del nesso di causa tra agenti patogeni e malattie è un esercizio complesso, che richiede non solo capacità cliniche (es. pesare gli elementi anamnestici e le varie possibili cause di malattia) ma anche familiarità con specifici metodi di valu- tazione. Nell’analisi del rischio da nanoparticelle occorre inoltre verificarne il background. Infatti, nel caso di agenti ambientali che sono fattori di rischio tossicologico (es. metalli), fisico (es. rumore) o biologico (es. virus, batteri), il concetto di “valore di fondo” e di livello-soglia rientra ormai nelle co- noscenze consolidate. Nel caso delle nanoparticelle, il tema è ancora poco studiato, ma sarebbe improprio non tenerne conto data anche la presenza ubiquitaria delle nanoparticelle d’origine geochimica a cui si è prima accennato. Oggi, i segnali d’allarme più consistenti riguardo ai po- tenziali rischi per l’uomo sono riferibili all’esposizione inalatoria a nanotubi di carbonio [22] e alla

tossicità di nanoparticelle metalliche non degradabili, quali argento, biossido di titanio ed ossido di zinco [23, 24]. Queste ultime sono spesso presenti in prodotti per i quali non si richiedono al momento verifiche tossicologiche approfondite: cosmetici, prodotti per l’igiene e la cura della persona, detersivi ed altri prodotti per la casa. Nanoparticelle vengono anche addizionate ad alimenti o bevande per migliorarne l’aspetto o come integratori dietetici e conservanti [25].

Nanotossicologia e sviluppo responsabile delle nanotecnologie

E’ ragionevole ritenere che la ricerca in nanotos- sicologia dia certezze e renda meno aleatorio lo sviluppo industriale dei prodotti nanotecnologici, rendendo quindi disponibili per la collettività prodotti che altrimenti, nell’incertezza, si ferme- rebbero allo stadio delle aspettative. La nanotos- sicologia è destinata ad assumere un ruolo im- portante anche come guida per mitigare la tossicità dei prodotti, ad esempio per lo sviluppo di materiali innovativi meno tossici dei prodotti convenzionali o di farmaci più maneggevoli di quelli già in uso [26]. Abbiamo dunque un motore per la ricerca di soluzioni innovative con cui sostituire materiali che risultano problematici in termini di sicurezza.

La ricerca in questo campo servirà anche ad indi- viduare metodi idonei per lo studio di particolari prodotti nanotech attesi per il prossimo futuro, ad esempio materiali di combinazione e prodotti ottenuti mediante tecnologie convergenti.

In sintesi, la nanotossicologia potrà assumere un ruolo centrale nelle scienze della prevenzione se saprà darsi basi scientifiche solide ed imporsi nel contesto globale come disciplina responsabile ed indipendente. In tale prospettiva si collocano le priorità di ricerca elencate nella Tabella 3. Lo sviluppo delle conoscenze, le applicazioni, la go- vernance e le aspettative del pubblico potranno trovare nella nanotossicologia un terreno comune con una forte valenza propulsiva per l’innovazione tecnologica.

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Le nanotecnologie offrono prospettive rilevanti ma il loro sviluppo deve essere controllato onde evitare che i benefici attesi si accompagnino a rischi inac- cettabili per la salute e per l’ambiente. I prodotti nanotecnologici sono talora materia di dibattito (“angeli o demoni”, “entità prodigiose o pericolose”), spesso condotto con evidente superficialità se si considera che solo pochi prodotti, in particolare quelli usati dai ricercatori come modello per i loro

esperimenti, hanno finora ricevuto una preliminare valutazione tossicologica. All’interno di ciascuna classe di nanomateriali, troviamo un’ampia varietà di composti che differiscono l’uno dall’altro per le caratteristiche fisico-chimiche e, verosimilmente, anche per il potenziale di tossicità. Per una corretta disamina del tema, occorre perciò evitare genera- lizzazioni e visioni preconcette, partendo dal pre- supposto che gli eventuali pericoli dipendono da Tabella 3 - Nanotossicologia e sicurezza dei nanomateriali. Priorità di ricerca

Riferimenti: [4, 27, 28, 29]

Strumentazione, metodi analitici e metrologia

• Sviluppare metodi per la determinazione di nanomateriali in matrici biologiche, nell’ambiente e nei luoghi di lavoro.

Nanomateriali standard

• Realizzare materiali di riferimento certificati utilizzabili come standard per la verifica delle caratteristiche fisico-chimiche dei nanomateriali ingegnerizzati.

Nanomateriali e salute

• Esplorare i meccanismi cellulari e molecolari che determinano la tossicità ed i rapporti tra caratteristiche fisico-chimiche e tossicità

• Definire l’effettiva dimensione al di sotto della quale compaiono le nuove proprietà tipiche della nanoscala; ammesso che questo cut- off sia individuabile, verificare se esso vale indistintamente per qualsiasi tipo di nanomateriale

• Migliorare la conoscenza sui processi che governano assorbimento e trasporto dei nanomateriali nell’organismo umano

• Sviluppare metodi per lo studio della dose interna, anche attraverso indicatori biologici

• Sviluppare test validati per la valutazione tossicologica dei nanomateriali in vitro, in vivo e in silico

• Determinare le specificità negli effetti e nel meccanismo d’azione delle principali classi di nanomateriali

• Caratterizzare la tossicità dei nanomateriali nei prodotti di consumo che li contengono

Esposizione umana

• Caratterizzare processi e fattori che determinano l’esposizione a nanomateriali in sottogruppi della popolazione, nei lavoratori e a livello individuale

• Censire i processi produttivi e le realtà industriali che comportano esposizione professionale o ambientale a nanomateriali ingegne- rizzati

• Identificare l’esposizione del pubblico a nanomateriali presenti in prodotti di consumo

Nanomateriali e ambiente

• Caratterizzare gli effetti dei nanomateriali sulle varie componenti dell’ecosistema

• Identificare le fonti di rilascio ambientale di nanomateriali, i meccanismi di rilascio dai prodotti e gli scenari di esposizione

• Determinare fattori e meccanismi che governano il trasporto di nanomateriali nell’ambiente

• Identificare le eventuali trasformazioni che i nanomateriali subiscono nell’ambiente durante l’intero ciclo di vita (sviluppo, produzione, utilizzo, fino allo smaltimento finale).

• Identificare gli eventuali passaggi che i nanomateriali possono avere lungo la catena trofica degli organismi.

• Studiare le dinamiche dei nanomateriali lungo la filiera alimentare.

Risk management

• Integrare i dati su pericolosità, esposizione e modellizzazione dei rischi nell’analisi sulla sicurezza

• Sviluppare metodi di caratterizzazione dei rischi basati sulle proprietà fisico-chimiche dei singoli nanomateriali

• Integrare i dati di risk assessment nei processi decisionali per il controllo dei rischi

• Elaborare protocolli per il controllo dell’esposizione negli ambienti di lavoro, la sorveglianza sanitaria e la prevenzione dei rischi nei soggetti esposti

• Integrare i dati relativi all’intero ciclo di vita nei processi di risk assessment and management

• Sviluppare la conoscenza per l’implementazione di buone pratiche nei luoghi di lavoro (fabbricazione, controlli ambientali, ecc.)

• Sviluppare strategie per la comunicazione dei rischi come parte integrante del processo di risk management

• Sviluppare basi legislative comuni tra i vari paesi per la regolamentazione della produzione,della commercializzazione e dell’ uso dei nanomateriali

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un insieme di complessi fattori, oltre che dalle mo- dalità di impiego e dai relativi scenari di esposizione.

In termini di rischi tossicologici, un nanomateriale che si somministri all’uomo con finalità diagnostiche o terapeutiche configura una situazione totalmente diversa da quella di un nanomateriale usato per fabbricare, ad esempio, racchette da tennis. Nel dibattito pubblico e nelle discordanti opinioni sulle politiche con cui regolamentare e mettere sotto controllo i possibili rischi collegati alle nanotecnologie, si riconosce a volte una eccessiva semplificazione alla cui origine troviamo in primis una carente cultura tossicologica.

Il problema va dunque affrontato sul piano scientifico, con un’analisi basata su evidenzeche parta da una rigorosa selezione e valutazione dei dati significativi, ad esempio quelli di (i) studi pubblicati dopo ap- provazione di revisori indipendenti, (ii) studi che riportano le caratteristiche fisico-chimiche del ma- teriale-test nonché dettagli tecnici sufficienti per poter ripetere l’esperimento, (iii) studi con robusto impianto metodologico (es. dosi realistiche, modelli

appropriati) e risultati correttamente elaborati sul piano statistico. Occorre insomma produrre cono- scenza ed analizzare le esistenti informazioni con criteri che garantiscano appropriatezza, attendibilità e qualità scientifica.

In sintesi, la nanotossicologia ha obiettivi ben definiti: (i) ottenere informazioni sugli effetti avversi dei nanomateriali e sulle possibili vie di contatto con l’uomo e con l’ecosistema; (ii) elaborare adeguate linee di indirizzo della ricerca (programmi scientifici, studi sul campo, ecc.), (iii) assicurare una base scientifica e ridurre i margini di incertezza del risk assessment (iv) imporsi come strumento autorevole e credibile per la comunicazione dei rischi e per l’attuazione delle misure di controllo.

In particolare, la nanotossicologia deve tenersi lontana da due estremi: farsi tramite di una infor- mazione superficiale, destinata a richiamare l’at- tenzione dei media o dell’opinione pubblica o a suscitare diffidenza nei confronti delle nanotecnologie per ragioni ideologiche e comunque non scientifiche;

dall’altro, restare muta di fronte alla condotta im-

Trapianto di genoma artificiale Pictures of Balb3T3 cells exposed to 100 µM Co-nano for 4 hours - by Wires website

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Riferimenti Bibliografici

prudente di operatori industriali interessati a com- mercializzare prodotti di consumo che non hanno ricevuto i necessari controlli. Come ci si può attendere per una disciplina molto recente, la na- notossicologia soffre oggi di obiettive carenze sul piano metodologico. Nel breve termine, in attesa che si arrivi ad acquisire evidenze certe sull’attività biologica e tossica dei nanomateriali, occorre affidarsi al principio di precauzione come strumento di tutela da integrare nelle politiche sociali ed in- dustriali attinenti alle nanotecnologie. In concreto, il principio di prudenza deve tradursi in norme tec- niche e comportamenti responsabili (codici di con-

dotta, buone pratiche di fabbricazione e di controllo, lavorazioni a ciclo chiuso, utilizzo di dispositivi di protezione individuale, ecc.) che già oggi è possibile applicare. Il concetto vale non solo per i processi, ma anche per i prodotti basati sulle nanotecnologie.

Se per i nanomateriali usati in medicina è accettabile, entro certi limiti, la presenza di effetti collaterali, la tolleranza deve essere minima, o nulla, per i prodotti di consumo ai quali la nano- tecnologia conferisce vantaggi scarsi o insignificanti.

Questi dovrebbero entrare nel mercato solo quando sia certa l’assenza di rischi per la salute e per l’ambiente. 

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