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Introduction par M. le Dr.Ruegger, Ministre de Suisse à R o m e

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La Chaux-de-Fonds, Jeudi 23 Mai 1940. Le numéro 25 et. Cinquante-cinquième Année. — N ° 21

ORGANE de la CHAMBRE SUISSE DE L'HORLOGERIE, des CHAMBRES DE COMMERCE, des BUREAUX DE CONTRÔLE, des ASSOCIATIONS PATRONALES de l'INFORMATION HORLOGÈRE SUISSE et de la FIDUCIAIRE HORLOGÈRE SUISSE (Fldhor)

- *

M. le Dr. P. Ruegger

NUMERO SPECIAL DESTINE À L'ITALIE ET SON EMPIRE

ET AUX PAYS BALKANIQUES

Introduction par M. le Dr.Ruegger, Ministre de Suisse à R o m e

Sono ben lieto di poter introdurre presso il pubblico italiano il numéro speciale che è specialmënte dedicato ai rapporti italo-svizzeri.

In se stessa, l'orologeria svizzera non ha bisogno di alcuna parola di presentazione, anzi ogni parola puô sembrar vanä e di scarsa portata in confronto al pres- tigio che essa ha acquistato attraverso il tempo, attra- verso lo spazio, per occupare infine, corne lo occupa oggi, uno dei posti preminenti, non solo fra le indus- trie nazionali svizzere, ma anche fra quelle arti appli- cati di cui la storia assegna la cura a moite nazioni, pur riconoscendo spes- so un primato (con una descriminazione che non è affidata al caso), ad un determinato paese. La notra orologeria, f'ondata su una lunghissima tradi- zione, è da tempo un vanto nazionale délia Svizzera.

Quasi sei secoli or sono, meno di un secolo dopo la firma del primo Patto fédérale svizzero del 1291, l'arte dell' orologeria nasce e cresce in terra

svizzera. Nel Seicento, le corporazioni degli orologiai, organizzate nelle città, estendono la loro attività nelle campagne, costituiscono l'armatura esterna dello sviluppo di un'arte che portera la fama délia precisione del lavoro svizzero al di là délie frontière. Nell'Ottocento i rappresentanti dell'antica Arte affrontano con risolutezza il periodo di industrializza- zione che caratterizza 1'Europa del secolo scorso e salvano, anzi riaffer- mano i criteri artistici nella produzione mondiale su vasta scala. Percor- rendo le strade di moite città dell'Italia vicina ed arnica, si vedono di fréquente le insegne dell'«orologeria svizzera». Confido, anzi sono certo, che il présente numéro speciale dedicato ad un'industrialrappresentativa di un Paese col quale fra le Nazioni europee, i rapporti del Regno d'Italia sono,-secondo una parola altamente autorevole espressa poche settimane or sono, «particolarmente intensi» —, incontrerà l'intéresse e la simpatia del lettore italiano, sensibile all'opera costruttiva altrui, corne è a ragio- ne conscio délia grandezza del proprio patrimonio artistico.

Ministro di Svizzera

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144 F E D E R A T I O N H O R L O G E R E S U I S S E N" 21. — 23 .Mai 1940

N U M A J E A N N I N . F L E U R I E R S U I S S E

MAISON FONDEE EN 1906

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N ° 2 1 . — 2 3 Mai 1940 F É D É R A T I O N H O R L O G È R E S U I S S E 145

A la Chambre Suisse de l'Horlogerie, Rue de la Serre 58

LA CHAUX-DE-FONDS

Je constate avec un plaisir très sincère que l'exportation suisse des montres destinées à l'Ita- lie est en augmentation. C'est la meilleure preuve que le niveau de la vie de la population ita- tienne a pu — grâce au Fascisme — marquer une ultérieure ascension. Cette augmentation de l'exportation suisse pourraient être encore inten- sifiée, si la Suisse voulait augmenter ses impor- tations de l'Italie. Le public suisse doit se con- vaincre que tout en achetant de la marchandise suisse, étant donné que — sous le régime du clearing — tous les francs suisses qui se paient pour de la marchandise italienne, restent en Suisse et servent à payer la main d'œuvre pour l'exportation suisse en Italie. Par conséquent, plus la consommation suisse des marchandises italiennes augmentera, plus il sera possible à la Suisse d'augmenter ses exportations vers l'Italie.

L'industrie horlogère suisse — si justement renommée dans le monde entier — a pu dé- montrer, dernièrement aussi au sein de l'Expo- sition Nationale de Zurich, qu'elle détient tou- jours fermement la première place sur le marché international. Elle est étroitement liée aussi et particulièrement avec le marché italien.

C'est pourtant avec amitié et sympathie que je félicite la Chambre Suisse de l'Horlogerie pour le numéro spécial qu'elle a bien voulu consacrer à l'Italie et à son Empire.

Carlo BIANCHI,

Président de la Chambre de Commerce Italienne pour la Suisse.

Gli scambi

A giusto titolo, la Camera Svizzera dell'Oro- logeria ha deciso di dedicate all'Italia il primo fra i numeri délia « Fédération Horlogère Suisse » che saranno consacrati aile relazioni délia Svizze- ra oon Stati esteri. I rapporti reciproci italo- svizzeri, tanto politici quanto culturali e oommer- ciali, si sono infatti andati sviluppando oon ritmo crescente in questi ultimi decenni, per cui la collaborazione fra i due Paesi non puô che in- tensificarsi vieppiù in awenire, in quel clima di mutua comprensione e di amicizia che non venne mai meno e che le circostanze attuali accen- tuano ancora maggiormente.

In questo fascicolo di indole prettamente tec- nico-commerciale, ci asterremo dal rifare la bella cronaca deU'amicizia italo-svizzera; délie influen- ze sottili délia cultura italica suÜa nostra vita intellettuale; dell'accoglienza entusiasta che in ogni tempo la Svizzera ha riservato agli artisti, all'arte, all'opera, alla scienza i tali ana; délia sim- patia con la quale abbiamo accolto le numero- sissime collettività italiane nei nostri centri.

Ricorderemo perô con gratitudine gli apporti preziosi délia mano dopera italiana a moite délie nostre grandi opère pubbliche e, con fierezza, il grande contributo che molti industriali sviz- zeri — la cui memoria deve essere da ambo le parti sinonimo di riconoscenza — hanno dato in ogni tempo allô sviluppo dell'industria ita- liana, sin dal suo nascere. La cronaca degli ap- porti cosi importanti délie collettività svizzere in Italia si trova del resto consegnata, in forma quasi compléta, nella pubblicazione « Svizzeri in Italia» che la Caméra di Commercio Svizzera a Milano licenzio alla Stampa nell'estate ultima.

Le correnti di simpatia, di amicizia e di affari che nascono dal continuo trapiantarsi dei figli dei due paesi sut territorio dell'altro, sono senza dubbio di una importanza considerevole in or- dine agli interessi reciproci, per cui io non posso che augurarmi che questa migrazione reciproca, purtroppo appena sensibile oggi giorno, ma pure cosi piena di conseguenze, possa essere come la fonte perenne che si opponga all'inaridirsi del grande tronco dal quale zampillano le molte- plici correnti di interessi diversi eppur cosi essen- ziali alla collaborazione che vogliamo alla base dei rapporti italo-svizzeri.

Gli scambi commerciali italo-svizzeri sono esa- minati ampiamente nel corso di questa pubbli- cazione. Basta qui dunque ricordare che la Sviz- zera ha sempre costituito per 1 Italia uno dei mercati migliori; che la bilancia commerciale ita- lo-svizzera è sempre stata attiva per l'Italia, anche quando la bitancia del commercio estero italiano

Alla Camera di Commercio dell'Orologeria, LA CHAUX-DE-FONDS

E' oon sincero piacere che constate rhe l'es- portazione svizzera di orologi destinati all'Italia è in aumento. Ciô rappresenta la miglior prova clie il tenore di vita délia popolazione italiana ha poputo — grazie al Fascismo — segnare un' ulteriore ascesa. Un taie incremento dell'esporta- zione svizzera potrebbe ancora essere intensi- ficato, se la Svizzera aumentasse le sue importa- zioni dall'Italia. Il pubblico svizzero si deve convincere che comprando merce italiana è corne se comprasse merce svizzera, in quanto — in regime di clearing — tutti i franchi svizzeri che si pagano per merce italian rimangono in Svizzera e servono a pagare la mano d'opéra per le esportazioni svizzere in Italia. Per conse- guenza più aumenterà il consumo svizzero di merci italiane e più sarà possibile alla Svizzera di accrescere le sue esportazioni verso l'Italia.

L'industria svizzera degli orologi — cosi gius- tamente famosa in tutto il mondo — ha potuto dimostrare anche ultimamente in seno all'Espo- sizione Nazionale di Zurigo, come essa tenga ancora fermamente il primo poste sul mercato mondiale. Essa è legata strettamente anche a specialmente con il mercato italiano.

Salute pertanto con amicizia e simpatia il nu- méro speciale che la benemerita Caméra Svizzera dell'Orologeria ha volute dedicare all'Italia ed al suo Impero.

Carlo BIANCHI,

Présidente délia Camera di Commercio Italiana per la Svizzera.

accusava, a carico del Regno, un déficit di fronte a tutti gli altri paesi, oon qualche eccezione appena degna di riuevo; che quest'anno ancora la bilancia degli scambi reciproci italo-svizzeri dei primi undici mesi — malgrado il regime di clearing — porta all'Italia il considerevolissimo attivo di ben 47 milioni di franchi, cioè di più di duecento miUoni di hre. La Svizzera ha im- portato, nei primi undici mesi del 1939, per circa 515 milioni di lire, di merci italiane. Se ci refe- riamo al 1937, la Svizzera, con soli 4 milioni di abitanti, ha comperato aU'Italia per 507 milioni di hre, mentre la Germania e l'Àustria insieme, gli Stati Uniti, l'Inghilterra, hanno comperato all'Italia, respettivamente, per 791 milioni, 783 milioni e 640 milioni di lire. Nel 1938, le espor- tazioni italiane erano di 773 milioni di lire verso gli Stati Uniti, di circa due miliardi verso la Germania (il quale paese aveva perô esportato per tre miliardi in Italia), di 580 milioni verso l'Inghilterra e di 489 milioni verso la Svizzera.

Le esportazioni italiane in Svizzera raggiunge- ranno nel 1939, quasi il totale délie esportazioni totali dell'Italia verso la Gran Bretagna, nel 1938.

Bastano queste sole eifre che pongono il nos- tro paese fra i primissimi client! dell'Italia, a documentare l'importanza del mercato svizzero per l'esportazione italiana.

Fra le esportazioni svizzere in Italia, l'orolo- geria occupa naturalmente uno dei posti di onore.

È del reste naturale che sia cosî, dato che nessun paese ove allignano classi di una deter- minata elevatura sociale puo sottrarsi al fascino che esercitano i magnifia prodotti dell'arte sviz- zera, da far parte per cosi dire essenziale délia guisa in una délie più belle regioni délia Sviz- zera, da far parte per cosi dire essenziale délia fisionomia e del volte di quella regione stessa.

L'orologio svizzero, capolavoro di teenica e di estetica, non conosce barrière, specialmente là dove — come in Italia — l'alta meccanica unita alia bellezza delle forme artiro in ogni tempo gli spiriti, sin da quando Leonardo da Vinci si riposava del pennello col compasso. L'arte dell' orologio in Svizzera è un poco come l'antica arte degli arazzi nelle Fiandre, e dei vetri a Murano. Trasmessa dai padri ai figli, per gene- razioni e generazioni, essa si serve ormai di artefici nell'abilità dei quali entra un elemento di tradizione che invano si ricercherebbe altrove, Ecco perché la Svizzera ha potuto esportare annualmente dai venti ai trenta milioni di oro- logi e movimenti finiri, ubbidendo di anno in anno a imprescindibili imperativi di progresso e di miglioramento nella qualità.

S O M M A I R E

Introduction par M. le Dr. Ruegger 143 Lettres de M. Carlo Blanchi 145 Gli Scambi de M. Mario Fumasoli 145 Saggio storico sui rapporti commerciali del

1 orologeria svizzera con l'Italia, M. Fallet . . . 147

Italia paese del gusto fine ed elegante 148 Avis de l'Information Horlogère Suisse 148 Les relations commerciales de I'horlogerie-bijouterie

suisse avec les Balkans du XVIe a u XXe siècle M. Fallet

Esiste ancora il « meraviglioso scientifico »,

Alfredo Chapuis Der Schweizer Pavillon an der Budapester

Internationalen Messe 1940, Fried. Born . La formazione professionale dell' orologiaio Cotes

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149 150 150 151 154 155 15ft 157 159 159 160 160 160 160 160 160 161

Nel 1938, per esempio, l'Italia ha importato orologi da tasca per circa 58 milioni di lire.

Quasi la totalità (57.944.000 lire) di questi arti- coli proveniva dalla Svizzera. D valore intrinseco di questa cifra, a parte il fatto che essa ci rivela la qualità di unici fornitori dell'Italia, documenta l'importanza del mercato italiano per la nostra orologeria.

** *

Nella tormentata epoca présente, il nostro Paese deve tendere con ogni sforzo alia con- servazione dei suoi traffici normali e tradizionali.

Per fortunate circostanze di fatto, i traffici italo- svizzeri sono normalmente destinati ad accres- oersi e i due Paesi si sono date reciproche prove dei loro intendimenti in questo senso. Una sola ombra si projetta sugli scambi reciproci, quella dell'ingolfamento del clearing. Non dubitiamo perö che nel clima della mutua comprensione e del reciproco intéresse, questo inconveniente porrà essere superato.

Mario FUMASOLI, Consigliere di Legazione Incaricato degli Affari Commerciali.

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146 F É D É R A T I O N H O R L O G È R E S U I S S E N° 21. — 23 Mai 1940

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N ° 2 I . - 23 Mai 1040 F É D É R A T I O N H O R L O G È R E S U I S S E 147

Saggio storico sui rapporti commerciali delF orologeria svizzera

con ritalia

AU'inizio del Quattrocento, il capo di Buona Speranza n o n era ancora stato doppiato. L'Italia, in quci tempi, era il centro di smistamento del commercio tra l'Occidente e l'Oriente. Vi si importavano dagli Scali del Levante merci délia Siria, délia Persia, dell'lndia, persino délia Cina, che i negozianti italiani vendevano all'Europa.

Venezia, Genova, Pisa, Lucca, Firenze, ecc.

dovevano al commercio e aH'industria la loro favolosa ricchezza.

L'Italia era per eccellenza il paese dell'ele- ganza, del lusso raffinatissimo e ricercato; le arti vi erano giunte a d un grado squisito di per- fezione. La prosperità délia nazione e la rivalité délie numerose e brillanti Corti dei Principi erano u n o stimolo per l'estro degli artisti. I G r a n d i si facevano un vanto di comprendere le arti e di incoraggiarle con le loro protezioni.

Grazie a craesto ooncorso di circostanze l'oro- logio portatile fece ben presto la sua apparizione nella Penisola. D a questa evoluzione usci l'oro- logio da tasca. L'industria orologiaia svizzera, ancora ai suoi primi passi, ne trasse molti van- taggi.

Rapporti commerciali degli orologiai-orefici ginevrini con I'Italia

Secolo X V I °

ï e o d o r o di Bèze, amico e continuatore di Cal- vino, scriveva nel 1553 al riformatore Bullinger, collaboratore e successore di Zwingli a Zurigo:

« T a n t i esuli accorrono a Ginevra da tutte le parti délia Francia e dell'Italia, che con molta difficoltà la città riesce a racchiudere nelle sue mura una cosi g r a n d e moltitudine ». T r a questi rifiugiati italiani ci sono alcuni orologiai che, nella seconda meta del secolo X V I ° , furono i primi a d introdurre l'orologeria in Ginevra. U n orologiaio di Foligno, presso Perugia, Evange- lista di Marco, ricevette per primo l'otto maggio 1559 il permesso d i abitare Ginevra.

I memhri délia colonia italiana ginevrina — che ebbero per molto tempo la propria chiesa e la facoltà di celebrare il loro culto — mantennero con il paese d'origine relazioni che facilitarono la penetrazione in Italia del commercio orolo- giaio ginevrino fin dai suoi primi sviluppi.

I padri dell'orologeria, i maestri del Cinque- cento, venderono personalmente i propri p r o - dotri. Ma il mercato locale era troppo ristretto.

Fin dal principio, la nuova industria fu avviata verso l'esportazione. M a n mano che essa si sviluppava, la costituzione di u n a corporazione s'imponeva.

Molto prima delFintroduzione dell'industria . orologiaia in Ginevra, commercianti ed artigiani

ginevrini intrattenevano rapporti regolari con le principali piazze commerciali europee, e in ispecie con i porti. In Italia come altrove, i fabbricanti di passamanterie, di taffetà, di velluto, gli orefici, ecc. avevano già importanti sbocchi mercantili.

Parecchi commissionari e sensali ginevrini si erano stabiliti in quelle piazze, specialmente a Venezia e a Genova. Commerciavano con I'Ita- lia su larga scala e frequentavano regolarmente le grandi fiere délia Penisola: quelle di Milano, di N o vi, di Venezia, la quale ultima era il centro del commercio con gli Scali del Levante, quelle d i Genova e di Livorno; perô le fiere in Ales- sandria délia Paglia e r a n o le più frequentate.

Gli orologiai i quali, all'inizio, e r a n o piuttosto degli artigiani che n o n dei commercianti, si val- sero dei servizi di questi sensali di merci.

Tuttavia, alcuni maestri orologiai a b b a n d o - n a r o n o la fabbricazione per dedicarsi esclusiva- mente al commercio. Al di sopra degli artigiani délia Fabbrica, come si chiamava a Ginevra l'in- dustria delForologeria-oreficeria, si sovrapposero importanti negozianti, veri e proprï industriali:

i montatori. Il primo regolamento délia corpo- razione degli orologiai, istituita nel 1601, stabi- lisée già una distinzione tra i maestri, mercanti orologiai ed i semphei artigiani, cioè tra quelli che lavorano nelle botteghe e quelli che lavorano in casa. I primi h a n n o u n negozio di vendita, una bottega, e fanno anzi tutto il commercio di orologi e di gioielli. La nécessita li obbligô a cercare e a trovare degli sbocchi. I montatori operavano la vendita diretta nelle grandi fiere

intcrnazionali: si recavano anche dai negozianti nelle grandi città, perfino nelle Corti dei Principi.

Un terzo metodo commerciale si rivelô anche esso efficace: in alcuni paesi e in certe piazze furono create colonie ginevrine in cui gli orolo- giai erano in maggioranza; talora diventavano vere colonie orologiaie, i cui soci evano gli emis- sari del commercio orologiaio délie madré patria.

Orologiaio svizzero non ginevrino in Italia Verso la fine del Cinquecento, un orologiaio di Lucerna, Spycher, si stabilisée a Roma.

I Ginevrini e I'Italia nel '600 e 7 0 0 Sin dal principio del Seicento, l'industria gine- vrina dell'orologio e dei gioielli è in pieno svi- luppo. I Ginevrini proseguono i loro metodi di penetrazione dei mercati italiani ove riescono facilmente a vendere i bei pezzi délie loro colle- zioni.

U n fatto è caratteristico délia Fabbrica nel '700: il molto lavoro e la facilita degli sbocchi, cosi fino alla Rivoluzione francese. Le grandi fiere italiane continuano ad essere uno strumento importantissimo per gli scambi internazionali e l'orologeria-oreficeria ginevrina vi occupa un otti- mo posto.

Nelle grandi città, come pure in quelle più piccole, délia Penisola, i mercanti orologiai gine- vrini stabiliscono una rete di rapporti durevoli con negozianti in orologeria o per lo meno con semplici negozianti. Orologiai riparatori si sta- biliscono in Italia, e degli Italiani vengono a Ginevra per farci il loro tirocinio d'orologiai riparatori. Perô le tre piazze più importanti sono quelle di Venezia, Napoli e Livorno.

Livorno era il porto degli Stati del G r a n Duca di T o s c a n a e n o n era inferiore per il commercio n e a Venezia, n e a Genova. T u t t e le nazioni di qualsiasi religione, vi godevano di u n a larghissi- ma libertà. I modici diritti d'entrata che si paga- vano (la meta délia merce entrava in franchi- gia) facevano affluire le genti di ogni paese.

C'erano non solo dei Francesi, Inglesi, Olandesi, ma ancora degli Armeni, degli Ebrei e dei T u r - chi. Questi ultimi, pero, vi capitavano soltanto di passaggio.

D o p o if trattato di pace, di commercio e di navigazione concluso a Costantinopoli il 7 di aprile 1740, tra il Regno di Napoli e di Sicilia e la Porta O t t o m a n a , Napoli diventô uno dei centri più importanti de! commercio orologiaio- orafo ginevrino.

Venezia, Napoli e Livorno furono anche centri di riesportazione dei prodotti dell'orologeria e oreficeria svizzera a destinazione degli Stati balcanici e degli Scali del Levante.

D'altra parte gli Italiani, frequentando le celebri fiere di Beaucaire, vi s'incontravano con mercanti orologiai che facevano anche il com- mercio orafo.

Mercato orologiaio di prima importanza, I'Ita- lia, quale cliente dell'orologeria svizzera, supe-

rava già allora la Francia. Nelle sue relazioni con la Penisola — erano molteplici — la bi- lancia del commercio era favorevole a Ginevra.

Maurizio, podestà di Ginevra quando essa era sotto la dominazione francese, diceva nel- l'anno secondo délia Repubblica, nel suo giudizio retrospettivo sull'industria ginevrina del florido periodo del 700: « T u t t o dipendeva dalle grandi fiere d'Italia e del N o r d : quando queste erano frequentate, le commissioni affluivano e m a n - cavano gli opérai; nel caso contrario, la Fabbrica Iavorava un p o ' meno ».

Rapporti commerciali degli abitanti di Neuchâtel con I'Italia

Secolo XVIII°

AU'inizio gli orologiai del cantone di N e u - châtel strinsero relazioni con I'Italia per mezzo di negozianti di Neuchâtel-Città e di Ginevra.

P u r e nel 1752, Daniele Gagnebin, uno dei nego- zianti di orologi più noti délia C h a u x - d e - F o n d s e le cui relazioni, specie con Napoli, erano a b - bastanza intense, d à m a n d a t a alla ditta Bordier fie Bérard di Ginevra di richiedere ai Signori Faisant, Dallègre & Cia, mercanti a T o r i n o , il pagamento del saldo dei conti « per merci in orologeria» (orologi e pendole) da lui fornite.

Nel 1755 il célèbre Pietro Jaquet-Droz, con Federico Perret-Gentil, T e o d o r o Robert ed i fratelli Dubois, che sono in quell'epoca tra i n e - gozianti orologiai più conosciuti délia C h a u x - d e - F o n d s , incaricano Erhard Borel, negoziante a Neuchâtel (Borel possedeva carrière, trafi- lerie e u n a fonderia di metalli a Serrières) di incassare i loro crediti presso Carlo M o y a n n a , mercante di orologi a Milano.

M a sin dalla meta del '700, i mercanti-oro- logiai di Neuchâtel entrano risolutamente in scena per conquistare il loro posto nel mercato italiano. F a n n o spesso viaggi d'affari nella P e n i - sola, n e frequentano le fiere, stabiliscono da Como e Domodossola a Palermo e da Trieste a Genova u n complesso di relazioni con una clientela di orologiai e negozianti. Il loro unico pensiero fù di creare relazioni più dirette che possibile allô scopo di procurare al loro paese n o n solo il guadagno industriale, ma anche l'utile commerciale.

Lo spirito di famiglia ha avuto una parte importantissima nella organizzazione dell'espan- sione orologiaia, tanto nella stessa Italia, quanta in altri paesi. M e n t r e alcuni membri délia fami- glia curavano la produzione, gli altri si fissavano all'estero per conquistarvi e lavorare i mercati.

I figli e i nipori délia stessa famiglia espatriavano volontariamente per creare nei paesi vicini o lontani succursali délia casa madré. II loro com- pito era quello del venditore, ma anche quello del viaggiatore di commercio, poichè u n a volta stabilita la propria sede, essi percorrevano anche le regioni vicine. T a i e è il metodo commerciale

(Suite page 161.)

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Nessuna soddisfazione p u ô essere più gradita al creatore délie novità in orologeria di quella di vedere apprezzati dai rivenditori e d a l pubbli- co le sue creazioni. Il lavoro fatto si valorizza allora p e r lui spingendolo verso nuovi studi e nuovi sforzi.

Chi h a avuto la fortuna di viaggiare in Italia, questo meraviglioso paese colmo di tesori artis- tici antichi e moderni, comprende bene come quest'atmoslera artistica créa u n a richiesta spe- ciale p e r i prodotri délia nostra industria orolo- giaia, che n o n sono soltanto il risultato di u n a teenica e di u n a fabbricazione quanto mai precise e perfette, m a anche u n a creazione sempre r i n n o - vata per soddisfare i gusti comprensivi delTarte moderna e délie b u o n e proporzioni.

Più che in nessun altro paese, l'orologio è sempre stato considerato in Italia u n oggetto pregiato e di valore che classiiica chi Io porta.

In Italia méridionale è tradizione c h e i lidanzati prima délie nozze si scambino regali fra i quali n o n deve mancare l'orologio. S e oggi, per le signore si d à l'orologio moderno, per gli uomini è ancora sovente d i moda l'orologio d'oro da tasca a vetro o saponetta riccamente decorato di ceselli, di ori di diversi colori e di quadranti ricchi con o r e a relievo in o r o . P e r avère tutto il suo pregio questo orologio deve essere di marca conosciuta.

L'orologio d a tasca h a perso oggi délia sua importanza passata, m a rimane tuttora l'orolo- gio classico indispensabile p e r il vestito da sera.

E altresi apprezzato per le sue prerogative: meno esposto agli urti dell'orologio d a polso, con movi- mento d a maggiore dimensioni viene considerato lo strumento di precisione a d a t t o a l'uomo d i - namico.

Le forme dell'orologio d a tasca h a n n o avuto un'evoluzione assai più lenta che l'orologio da braccio. Nessun dubbio che in questo campo moite possibilità sussistono p e r il creatore délie novità orologiaie.

L'uomo italiano, trascinato dall'impulso di vita che d a u n ventennio anima particolarmente il suo paese, doveva essere il primo a valutare esat- tamente il tempo nella vita m o d e r n a e difatti per primo h a riconosciuto il grande valore del cronografo d a braccio. Lo sportivo lo utilizza per controllare il risultato dei suoi sforzi e per seguire le manifestazioni sportive senza dipendere dall'arbitro. Sotto le armi, nell'interesse del suo paese, il cronografo è il migliore compagno del soldato italiano. L'aviatore cronometra la durata délie batterie nemiche e d in tutte le altre armi l'impiego quasi iQimitato del cronografo è délia massima utilità. Amatore del hello, l'ltaliano sa scegliere i suoi modelli, ma prelerendo i c r o n o - grafi di grandi dimensioni prova il suo senso pratico che valuta i vantaggi di questo strumento di precisione, di letrura più facile in quanto è più grande il quadrante.

Nell'orologio normale il suo gusto lo spinge ugualmente verso forme semplici, rotonde con quadranti b e n srudiati e fini. In questo campo l'ultima novità è l'orologio superpiatto che mal- grado lo spessore ridotto contiene u n movimento di misure normali e d à le stesse garanzie di b u o n funzionamento dell'orologio abituale. L e belle forme quadrate o rettangolari in a r m o - niosa continuità col cuoio trovano molti a m a - tori. Sarebbe del resto errato di volere limitare le forme apprezzate in Italia, la n o r m a generale essendo che l'orologio di misure b e n propor- zionate e di buon gusto nella presentazione piace, allorchè tutto quanto è imperfetto o m e - diocre viene rifiutato.

La Signora Italiana, d i bellezza e d eleganza rinnomota, più dell'uomo ancora, esige del bello e del nuovo. Q u a l e sprone è per il creatore dell'orologio di pensare c h e lui h a p e r iscopo di abbellire ancora e d o r n a r e belle d o n n e di supe- riore raffinatezza. Il risultato degli ultimi anni prova c h e la varietà dei modelh è molto estesa, quasi illimitata, talmente c h e è quasi impossibile parlare d i forme preferite in orologi d a donna.

In questo campo la fantasia è taie che raggiunge perfine il r a n g o di gioiello. L a cassa dell'orologio farta a mano d a u n artista in proporzione al-

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N ° 2 1 . — 23 Mai 1940 F É D É R A T I O N H O R L O G È R E S U I S S E 149

Les relations commerciales de l'horlogerie-bijouterie suisse avec les Balkans du XVI

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siècle

(Turquie, Grèce, Bulgarie, Roumanie, Yougoslavie, Albanie) Dès la lin du X V e siècle, l'art o c c i d e n t a l i u t très apprécié par la Porte ottomane. L'an 1504, Michel-Ange avait eu l'idée d'aller en Turquie, où le sultan lui faisait offrir par les Francis- cains de venir à Constantinople pour cons- truire un pont à P é r a ; en 1519, il fut en rela- tions avec le seigneur d'Andrinople (alors la capitale de l'Empire ottoman), qui lui demandait d e venir exécuter pour lui des peintures. O n sait que Léonard de Vinci a aussi été tenté de

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asser en Turquie. A cette époque, la Sublime orte était fort accessible au luxe européen.

Le commerce s'était ressenti du mouvement général de la Renaissance; il a une plus grande activité. En ce qui concerne les marchands français, Claude de Seyssel écrivait sous Louis XII (1402-1515) qu'ils faisaient alors moins de difficultés d'aller à Rome, à Naples et ailleurs au-delà de la mer qu'ils n'en faisaient autrefois d'aller à Lyon ou à Genève. Le sultan Soli- man II dit le G r a n d (1520-1566) cherche à se rapprocher de l'Europe occidentale. Des rela- tions s'établissent entre l'Empire ottoman et l'An- gleterre, la Hollande, la France et l'Allemagne.

En ce même XV le siècle, la France inau- gura les traditions diplomatiques dans ses rela- tions avec la Turquie. François 1er (1494-1547) s'unit même aux Turcs avec lesquels il fit une alliance pour maintenir l'équilibre européen con- tre l'empereur Charles-Quint, lequel rêvait d'une hégémonie mondiale. L'ambassadeur français Jean d e la Forêt, visita le sultan Soliman II en Méso- potamie et conclut avec lui le traité de Bel- grade (1535). D e là les capitulations de la France avec la Sublime Porte, capitulations qui devaient ouvrir au commerce français les routes et les débouchés du Levant. E n vertu du traité de Belgrade, les navires français pouvaient commer- cer librement dans tous les ports turcs et ceux des autres Etats européens seulement sous le pavillon français. Economiquement parlant, les Français étaient assimilés aux Turcs. Ils b é n é - ficiaient encore d'autres prérogatives spéciales.

La France obtint le libre exercice de la religion pour tous ses nationaux et la protection des lieux saints lui fut confiée; elle exerçait en quel- que sorte u n protectorat sur les chrétiens éta- blis dans le Levant. U n e des bases séculaires de la politique française dans le Proche-Orient était désormais établie.

Marseille fut déclaré port franc pour les rela- tions avec les Echelles du Levant, l'Egypte, les Côtes d e Barbarie et l'Empire ottoman e n par- ticulier. «Les marchands français, disait en 1558, l'illustre jurisconsulte, magistrat et philosophe Jean Bodin, tiennent boutique à Alexandrie, au Caire, à Beyrouth, à Tripoli aussi bien que les Yénétiens et les Génois, et nous n'avons pas moins de crédit à Fez et au Maroc que l'Espa- gnol ».

Le X V I e siècle, est la période où l'influence politique et commerciale de la France fut p r é - pondérante dans les Etats du G r a n d Seigneur ottoman.

A u XVIIe siècle, le commerce français avec le Levant se faisait principalement à Constanti- nople, à Smyrne, Alep et Alexandrie. La F r a n - ce, dans ces ports, lutta longtemps sans infério- rité avec l'Italie, la Hollande et l'Angleterre.

Colbert rétablit le commerce des Echelles; la Compagnie française du Levant fut organisée l'an 1670. E n 1673, Colbert obtint de n o u - velles capitulations qui diminuaient les droits d'entrée et donnaient à la France tous les pri- vilèges de la nation la plus favorisée. La Su- blime P o r t e avait alors besoin de la protection d e la France contre les ambitions de l'Autriche et d e la Russie qui tendaient au démembrement d e l'Empire ottoman. L'Angleterre n e tarda pas à s'associer à la France.

A u XVIIIe siècle, le Père de toutes les Rus- sies, Pierre le G r a n d , joua le rôle de libérateur des peuples balkaniques. Déjà l'Autriche avait pénétré en Bosnie et en Serbie, Venise conquit la Dalmatie. L'alliance que les Russes conclurent, e n 1726 avec l'Autriche était dirigée contre la Turquie. C'est alors que l'ambassadeur français à Constantinople, de Villeneuve, inaugura une activité diplomatique à la fois magistrale et bril-

lante. Il fut l'âme de la résistance à Constan- tinople. Ses efforts conduisirent à la conclusion, en 1739, du traité de paix autrichien-turc et à l'alliance défensive suédoise-turque contre la Rus- sie. E n 1740, la Turquie renouvela les capitula- tions avec la France; les privilèges des mar- chands français furent élargis.

Les relations commerciales des horlogers-bijou- tiers genevois avec la Turquie

Toujours très au courant des événements de France d'ordre politique et économique, pous- sés d'ailleurs par la nécessité de trouver à leurs produits des débouchés sûrs, la Turquie solli- cita rapidement l'intérêt et l'activité des horlo- gers-bijoutiers genevois, bien que les voyages fus- sent longs et périlleux. Vers 1592 s'établirent à Constantinople les premiers fondateurs de la colonie genevoise dans cette ville alors lointaine.

Dix ans plus tard, le mouvement des affaires horlogères y est déjà considérable. La colonie plaça les produits de la Fabrique dans toutes les Echelles du Levant. Elle ne tarda pas à fon- der une seconde colonie à Smyrne. C'est de Constantinople et de Smyrne que les montres et bijoux genevois trouvèrent le chemin de l'Egypte, de la Syrie, Mésopotamie, de la Perse et même des Indes.

Dès lors des négociants e n horlogerie-bijou- terie n e cessèrent d e faire le voyage d e Turquie, emmenant avec eux des compagnons et des a p - prentis horlogers. Ils engagèrent surtout des arti- sans horlogers chargés de reviser et réparer les montres à Constantinople et à Smyrne.

En 1709, la communauté genevoise d e C o n s - tantinople comptait une cinquantaine d e per- sonnes; en 1725, o n y recensa 85 Genevois formant 20 familles; ils étaient presque tous ci- toyens et bourgeois de Genève et travaillaient à l'horlogerie comme à la joaillerie. E n 1737, la colonie groupait 160 personnes. Elle avait son église et son école, son pasteur et son régent.

La colonie était autonome et possédait un r è - glement propre.

T o u t cela grâce aux capitulations d e la France avec la Sublime Porte. Les Genevois d e C o n s - tantinople, assimilés aux Français, étaient trai- tés sur le même pied; ils jouissaient d'une liberté d e commerce presque absolue. Les droits qui frappaient leurs marchandises à l'entrée en T u r - quie n'étaient que de 3 °/o. Les Echelles du Levant furent un des débouchés les plus im- portants d e Genève. L'Ambassade de France à Constantinople protégea longtemps la colonie genevoise; elle passa dans la suite sous la p r o - tection des ambassadeurs d'Angleterre et des Pays-Bas, qui étaient protestants.

Jusqu'à la fin du XVIIIe siècle, des horlo- gers-bijoutiers genevois n e cessent d'être établis à Constantinople et d'y jouer u n rôle bien en vue dans le négoce d e la montre et la pendule d e luxe. Ils forment même des associations e n vue d e ce négoce. D a n s le quartier des marchés de Constantinople, des magasins d'horlogerie- joaillerie-orfèvrerie nombreux et superbes étaient entourés d'une forte muraille d e six pieds d'é- paisseur et se fermaient toutes les nuits par qua- tre portes doubles.

Incomparable était le faste du Harem ou Sé- rail. Grâce à un d e ses amis, qui était « joail- lier du G r a n d Seigneur et du Sérail, u n voya- geur put visiter, en 1719, la Salle du Harem où il vit parmi d'autres meubles de grand prix

« des montres d'or e n dôme toutes couvertes de diamants, des pendules de pièces rapportées d'écaillé, de nacre, où l'or brille de toutes parts».

Dans u n e des cellules du Harem il vit sur une table d'argent « u n e pendule à l'anglaise dont la caisse était de pièces rapportées d'écaillé, de nacre, d'or et d ' a r g e n t » .

E n 1792, Jean-Frédéric Leschot, qui avait été pendant de nombreuses années le collaborateur et l'ami des Jaquet-Droz, envoya à la maison Pinel frères & C o . à Constantinople, par l'in- termédiaire de Pierre Viala d e Genève, u n e pendule astronomique, avec jeu de serinette et canari.

Il y avait à Constantinople des horlogers- joailliers qui suivaient la cour, parmi lesquels figurent, aux XVIIe et XVIIIe siècles, des G e - nevois. Les horlogers-bijoutiers de Genève éta- blis à Stamboul avaient leurs entrées au sérail.

Isaac Rousseau, le père de Jean-Jacques, fut d e ceux-là.

Cependant, Venise, Trieste et Naples furent des centres de réexportation de l'horlogerie-bi-

jouterie genevoise e n Turquie. D'autre part, les Arméniens faisaient à Constantinople et à Smyr- ne un grand négoce entre l'Occident, la Perse et les Indes; parmi les articles de leur commerce figurent des montres.

Les relations d e l'horlogerie neuchâteloise avec la T u r q u i e

Longtemps, les belles pendules, les montres et tabatières à musique, etc., d e fabrication neu- châteloise, et à destination d e Constantinople, se vendirent par l'intermédiaire de Genève, d e Paris, d e Londres, voire d e Francfort et de Leipzig, Vienne, Venise et Naples.

Mais à partir du dernier quart du XVIIIe siècle surtout, les Neuchâtelois firent un effort persévérant pour nouer des relations directes avec le marché turc. Les Jaquet-Droz et la mai- son Josué Robert & fils, à La C h a u x - d e - F o n d s , furent parmi les pionniers d e cette pénétration commerciale. Leurs inventaires mentionnent de grandes montres en argent à secondes coulées avec cadran à la t u r q u e ; des pendules à sonnerie à heures et 3U, boîtes à demi-colonnes en cui- vre d o r é e n or moulu, avec cadran turc à n o m : des pendules à sonnerie, avec boîte de cheminée en fonte, ovale, sans figure, nommées à la tur- que. O n construisit aussi à La C h a u x - d e - F o n d s de grands cabinets de pendules à 4 colonnes, avec vase sur le soc, n o n dorées, destinées à la Turquie.

P e n d a n t la tourmente révolutionnaire et la, période napoléonienne, les Neuchâtelois cher- chèrent à intensifier leurs débouchés en Turquie et dans les autres Etats balkaniques. La « mon- tre à la turque » devint résolument une spécia- lité d'horlogers du Val-de-Trav ers et des M o n - tagnes neuchâteloises. L'an 1800, H e n r y - D a v i d Gindraux des Bayards alla s'établir à Constan- tinople. E n 1818, un économiste qui a visité le canton d e Neuchâtel écrit ce qui suit au sujet de la montre turque: « O n vous présente d e grosses montres e n cuivre doré ou en argent, avec d e faux étuis en chagrin et des cadrans à chiffres turcs: c'est un envoi destiné pour la T u r q u i e ». Ces pièces étaient à deux platines et à roue d e rencontre.

Encore vers 1860, David Lebet & fils Victor à Buttes travaillaient pour la T u r q u i e ; ils avaient à Constantinople u n e raison sociale identique.

Alphonse Lebet, décédé au commencement de 1892. fut le chef d e cette maison d'horlogerie turque, qui était e n même temps une banque.

N é à Buttes, e n 1819, il s'était établi à C o n s - tantinople e n 1845; il ne tarda pas à y acqué- rir u n e réputation bien méritée comme homme d'affaires.

Depuis, les relations de l'horlogerie neuchâ- teloise comme de l'horlogerie-bijouterie gene- voise avec la T u r q u i e n ' o n t cessé d'exister.

Mais les genres de fabrication et les méthodes commerciales se sont largement modifiées; de traditionnelles elles sont devenues modernes.

Relations horlogères suisses avec les Etats balkaniques autres que la Turquie O n pense généralement que le commerce hor- loger suisse avec les Etats balkaniques autres que la Turquie est ancien et que ces relations commerciales o n t été d e tout temps des relations directes. C'est ignorer l'histoire des pays bal- kaniques et surtout leur passé politique et éco- nomique.

A u X V e siècle, la Grèce fut conquise par les T u r c s et son indépendance a été reconnue en 1830 seulement à la Conférence de Londres.

Ancienne province de la Turquie, la Bulgarie a été érigée e n u n e principauté vassale par le Traité d e Berlin, e n 1878; elle est devenue un royaume indépendant en 1908. L'an 1885, elle

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8 GRANDS PRIX

ULYME NARDIN

LE LOCLE

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150 F É D É R A T I O N H O R L O G È R E S U I S S E N° 21. — 23 Mai 1940

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Les chiffres i n t é r e s s a n t l a Suisse s o n t l e s s u i v a n t s : Importations de produits suisses Exportations de produits turcs en Turquie à destination de la Suisse 3me trimestre 3me irimestre 1939 I93S 1939 1938

par 1000 £ T par 1000 £ T

— — 4 5 9 2 6 1

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Esiste ancora il

« meraviglioso scientific«) » ?

In ogni tempo l'uomo per isfuggire dall'am- biente monotono e banale di tutti i giomi, délie piccolezze sempre ripetute délia vita, dai suoi pensieri e dai suoi dolori, si è sempre compia- ciuto nel sogno, nelle poesia e nel meraviglioso.

Il meraviglioso è ciô che puö suscitare alle volte una grande ammirazione, la sorpresa ed anche il timoré.

Sono state le prime civiltà a d aver espresso con la massima perfezione il meraviglioso, nella mitologia, nei libri santi, nelle epopee primitive;

la letteratura deve a d esso molti capolavori. Al principio la religione n e fù la sorgente féconda, ma presto vi si mescolarono altri elementi creati dalla fantasia dei poeti e dal gusto del sopranna- turale.

Il meraviglioso ispirô anche opère bellissime, quantunque meno ingenue, alle civiltà minori:

meraviglioso artificiale, spesso simbohco. Nel Ri- nascimento, e più avanti, n e l S e t t e c e n t o , scoppiô la controversia tra il « meraviglioso pagano » e il « meraviglioso cristiano ». Boileau negava il isecondo e ci vollere Chateaubriand ed il R o m a n - ticismo per mettere in onore il meravighoso cristiano e per creare miti nuovi e simboh filoso- fici.

Il romanticismo sorto dal narratore tedesco Hoffmann fece nascere u n meravighoso originale:

il fantastico, cioè il meravighoso che incute paura, che allucina e che troveremo per esempio in E d g a r d o Poe. Giulio Verne, nei suoi primi scritri, vi si compiacerà anche lui.

Il meraviglioso rimarrà sempre u n o dei bisogni délia natura umana. Esso affascina l'uomo come

— strana contradizione — Io affascina il bisogno di capire e di sapere. Ci piace comprendere e n o n comprendere, essere stupiti e trovare la causa del nostro stupore. Osservate il bambino che per u n p o ' di tempo s'estasia dinanzi al suo gioccatolo meccanico, ma presto stancato di quel mistero, vuole finalmente scoprirne la causa, d o p o di c h e l'oggetto n o n avrà più nessun inte- resse per lui. Ricordo aver comprato u n topo di cera, piccolo e bianco, che mi saltellava legger- mente nella mano, sull'orlo del cappello, se n o n altro lo pareva. L'artificio era semplicissimo : un capello o u n filo attacato, d a una parte, al bot- tone del panciorto e dall'altra parte, alla coda del topo, il quale in realtà, rimaneva fermo, nonostante la sua folle corsa. E r a u n a meravi- glia, ma appena il trucco spiegato, ognuno faceva una smorfia disprezzante.

E ' meraviglioso soltanto ciô che n o n capiamo o che capiamo in parte solamente. I furbi di tutti i tempi se n e sono resi conto. T u t t i sanno la storia di quell'esploratore che, per impaurire dei negri selvaggi, si toise la denttera, e Ciô basto per farh fuggire. P e r ô mezzi più comphcati furono adoperati già dalla più alta antichità per mera- vigliare il volgo crédule o per soggiogarlo. I taumaturghi, cioè i « facitori di miracoli » usa- r o n o il meravighoso per aumentare la loro p o - tenza, provocare esplosioni, suscitare apparizioni.

Per esempio, le statue articolate degli Egiziani che apparivano nelle cerimonie sacerdotali d'ini- ziazione, oppure pronunciavano oracoli con un cenno del capo, facendo mosse che sembravano dirette d a u n a volontà divina.

Sta qui, senza dubbio, l'origine del meravi- ghoso creato dalla scienza, a cui venne spesso ad aggiungersi un elemento occulto. Il Medio Evo, con l'aiuto dell'alchimia e délia magia nera, tentô di creare esseri artificiali, come il Solem di Praga, al fine di proteggere il popolo ebreo.

M a la leggenda, più délia scienza, colpiva con tali mezzi l'immaginazione del volgo.

Sul principio dei tempi moderni si credeva molto meno al meraviglioso, mentre invece sem- pre più alla onnipotenza délia scienza. Il Sette- cento specialmente vide l'apologia del progresso scientifico e dello spirito sperimentale. Le scienze matematiche soprattutto avevano fatto progressi stupendi. Lagrange riduceva tutta la meccanica a d u n solo principio. P e r ô l'intéresse per le cu- riosità rimaneva pure vivissimo, soltanto che n o n c r a n o più presentate come miracoli, ma come prodotri -dell'intelligenza umana, senza pertanto svelarne i segreti. E r a l'epoca in cui i grandi si- gnori o riccni borghesi possedevano «gabinetti di curiosità » che essi facevano vedere ai loro

ospiti. E r a n o esibiti diversi pezzi meccanici e tafvolta automi, la cui voga stava proprio per incominciare.

Nello stesso ordine d'idée è n a t a l'arte degli illusionisri. M a il pubblico che assiste a feno- meni « meravighosi » ci crede poco. Alcuni dei giochi di prestigio che presentavano e presentano ancora oggi quei moderni ciarlatani hanno tratto alla scienza; altri (e sono la maggioranza) a p - partengono solo alla ciarlataneria. Verso la fine del Settecento, alcuni di quegli illusionisti av- viluppavano aile loro esibizioni una pretesa scien- za indovinatrice, oppure anche scienze occulte, per esempio il famoso Cagliostro e qualche altro illustre a w e n r u r i e r e délia stessa razza.

L'Ottocento, preparato dai secolo di Voltaire, vide lo slancio délia scienza sorto ogni forma;

ciô che essa rivelô sembrô incommensurabile, le sue possibilità sembrarono infinite. La scienza stava per trasformare il m o n d o intero; essa che doveva risolvere tutti i problemi, compreso il problema sociale, suscitô enrusiasmi grandissimi.

Accanto ai filosofi délia scienza corne Augusto Comte, ci furono i letterati délia scienza clie precorsero i risultati e fecero vedere ciô che essa doveva e poteva produrre nell'awenire. T u t t a l'opéra del Verne è ispirata d a questa idea.

I più di 40 anni sono u n a generazione nutrita ed ispirata in parte da quello scrittore. Talvolta sono statt a w i c i n a t i E d g a r d o P o e e Giulio Verne. Il genio del primo corrisponde, è vero, aile tendenze più intuitive del secondo; fascino dell'Inconoscibile, curiosità del numéro, scienza del linguaggio cifrato, interesse per gli sperimenti bizzarri, e, prima di tutto, tendenza a scoprire la spiegazione lucida, a d interpretare le enimme più difficili. M a E d g a r d o Poe, di molto supe- riore in quanto poeta, n o n teme (come alcuni altri autori moderni) di trasgredire aile leggi più elementari délia fisica, mentre il romanziere fran- cese controllava le sue più ardite speculazioni col criterio délia scienza.

P e r t a n t o Giulio Verne n o n si è basato solo sulle scoperte délia scienza e sulle sue possibilità.

Le ha esagerate, e talvolta, è giunto anche lui alla grandezza ed alla poesia, specie in due romanzi: « L e Capitaine H a t t e r a s » (II Capitano Hatteras) — glorificazione degh esploratori del Polo — e « Le Château des Carpathes » (Il Castello dei Carpazi) — libro troppo sconosciuto che contiene, oltre lo sviluppo romanesco e p r e - dizioni scientifiche che stupiscono, l'incanto del mistero.

Q u e s t o grande animatore dichiarava che tutto ciô che egli potrebbe immaginare rimarrebbe sempre al di sorto délia verità, poichè a w e r r à u n momento in cui le creazioni délia scienza prevaleranno su quelle dell'immaginazione. «Tutto quello che un uomo è capace d'immaginare — diceva ancora Giulio Verne — altri uomini lo possono realizzare.

Difatri Giulio Verne creava nell'integrale ; emetteva ogni tanto le più vertiginose ipotesi, di cui alcune che venivano canzonate dai suoi contemporanei sono proprio diventate realtà: gli aerobus, la pubbhcità aerea, il trasporto dell'e- nergia, la trasmissione istantanea délie immagini a distanza. Parecchi dei suoi libri ci svelano u n a profonda fede nei progressi délia scienza. E ' il caso di « Robur le Conquérant » (Robur il C o n - quistatore) che diventa il simbolo délia scienza futura.

La scienza ha ispirato altri romanzieri, tra i quali il celeberrimo Wells, questo Verne pessi- mista e triste, le cui anticipazioni h a n n o visto, anch'esse, il giorno; nel seguito, perô, si è alzato ad una originalissima, se n o n sempre consolante filosofia délia storia.

T r a gli altri bisogna mettere in particolare rilievo Villiers d e l'isle d'Adam, parente in alcuni punti de! Poe. La sua « Eve future » che potrebbe essere stata creata d a un Edison, riposa, o

piuttosto sembra riposare sulla scienza, ma questa è tutta a w o l t a di misticismo. Mai la scienza e la poesia si sono fuse cosi bene per creare il meraviglioso.

Di più récente, Maurizio R e n a r d ha ripreso la tradizione del V e r n e e immaginato ottimi r o - manzi d'avventure strane, taie «L'homme tru- qué ». La Libreria Hachette ha istituito u n prezzo Jules Verne che viene dato ogni a n n o all'au- tore del migliore romanzo scientifico. T r a quelli che abbiamo avuto occasione di leggere, pochi ci sembrano giungere allô spirito del « demiurgo dei libri d a regalo » messo a parte « L'Ether- Alpha » di Alberto Bailly.

Molti autori tendono a creare un meravighoso puramente filosofico, da cui la vera scienza è in realtà esclusa. Vengono esposti, nel présente o nell'awenire, dei fatri del tutto utopici, come alcune volte l'ave va già fatto Wells. Nel « Règne du bonheur » per esempio, Alessandro A r n o u x suppone una specie di cilindro, u n proiettile sidérale che lanciato attraverso lo spazio stellare (non si spiega per nulla con quale mezzo) ricade sulla terra dopo due anni. Nel frattempo il mon- d o si è fatto vecchio di due secoli, e l'eroe di quel romanzo ritrova una umanità evoluta in cui si svolge la sua vita sentimentale. N o n c'è, in questo racconto fantastico, nessuna reale anti- cipazione scienrifica.

Anticipazione? Le scoperte della scienza n o n ,superano oggi l'immaginazione, abneno in alcuni campi? Robur il Conquistatore assicurava poter fare il giro del m o n d o in duecento o r e ; oggi questo tempo è già stato battuto da parecchi aviatori americani. Nessun romanziere aveva pen- sato alla possibilità di una Radio. E quante altre scoperte potremmo citare che superano la fin- zione!

Giulio Verne perô era stato non solo un anti- cipatore, ma anche un animatore. Qualche a n n o fa, il Sig. d ' O c a g n e interrogava i suoi colleghi che si dichiararono tutti debitori del grande romanziere francese: Laubeuf, creatore del primo sommergibile; Luigi Lumière, inventore del cine- matografo; Giovanni Charcot, l'esploratore del Polo, e parecchi altri grandi colonizzatori.

I contemporanei di Giulio Verne credevano pure al meraviglioso scientifico, o meglio si a p - passionavano delle scoperte possibili, di cui egli parlava con esaltazione. N e usci persino una estetica nuova, i cui protagonisti furono Chester- ton e Whitmann, ed anche Zola con « La Bête humaine» (La Bestia umana).

Q u e s t o movimento avrà seguito oppure m o - rirà? In un articolo intitolato « L e Mythe des forces industrielles » (Il M i t o delle forze indus- triali) u n autore francese, Enrico Clouzot, osser- vava e notava che la nostra generazione h a visto nascere più invenzioni che tutti i millenari precedenti. M a cosa a w e r r à della generazione di domani, che n o n avrà più la stessa sorpresa:

« Ci sarà per lei ancora u n meravighoso scien- tifico? »

Possiamo persino farci questa d o m a n d a : «Gli uomini di oggi ci credono ancora? » La scienza n o n ha suscitato recentemente profondissime delusioni?

Prima di tutto, nell'ordine morale, ci inde- gniamo, come Brunetière che proclamava il falli- mento délia scienza, q u a n d o vedeva quale uso ne facevano gli uomini. Ci disgustiamo délie sco- perte che i popoli cosiddetri civili a d o p e r a n o a dei fini di guerra e di strage, delle invenzioni che diventano strumenti di schiavitù. Si p u ô parlare, n o n senza ragione, come già l'aveva fatto Michelet, di « scienza barbara » oppure di trionfo della materia sullo spirito, q u a n d o le mec- caniche perfezionate o le nuove combinazioni chimiche servono finalmente a ridurre al nulla i capolavori lentamente edificati, o a distruggere una parte dell'umanità.

(Seg. pag. 153.)

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N°2I 23 Mai 1940 F É D É R A T I O N H O R L O G È R E S U I S S E 153

(Seg. délia pag. 151.)

Il meraviglioso scientifico, ci diceva un esule, non esiste più che per i contadini russi di qual- che villaggio, che rimangono cogli occhi strahma- ti davanti ad un motore, ad una tranvia, corne lo faceva la gente del Settecento, dinanzi alla macchina a vapore di James Watt.

Nel suo hellissimo lihro, uscito poco tempo fa,

« Les deux Infinis », Marcello Boll risponde a questi rimproveri formulati contra la scienza ed il progresso scientifico. La scienza, dicono, puô servire tanto il maie quanto il bene: strana con- fusione tra l'azione e il pensiero. «La scienza non centra per nulla, e se questa accusa puô riferirsi alla tecnica, la ragione primordiale sta nell'immenso e fatale ritardo délia conoscenza umana nei suoi confront! con lo sviluppo délia materia». Detto con altre parole: Mentre la scienza si sviluppava con una rapidità prodigiosa, l'uomo nella sua men talità è rimasto taie e quale.

Lo squilihrio proviene dal fatto che il livello morale non è pari all'intellettuale.

« La scienza, scrive Leone Brunschwig, si pré- senta agli individui come una minaccia, soltanto se indtvidui e popoli si pongono al di fuori délia scienza, simili a quei selvaggi di cui parla Mon- tesquieu, i quali per appagare la loro fame, ab- battono l'albero di cui desideravano cogliere i frutti ».

Se d'altra parte gli uomini moderni si mera- vigliano meno, oppure non si meravigliano più, è per mancanza di riflessione. L'indifferenza da- vanti aile più incredibili scoperte, non è altra cosa che l'ignoranza. Cosi tanta gente è simile a quei negri africani a cui si parlava dell'inven- zione dei velivoli e che rispondevano molto stu- piti e insomma delusi: «Ma corne, i bianchi non Phanno sempre potuto fare? ».

Mentre viviamo in una magnifica epoca dove innumerevoli vie si aprono dinanzi ai nostri passi, tanti non sanno vedere altro che la bana- lità nel présente, hanno la nostalgia perche non sanno uscire da loro stessi.

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«Ah! quanta monotona è la vita!» sospirava un Laforgue. Altri rimpiangono, con più ra- gione, la vita primitiva e la solitudine, e dimen- ticano che il savio puô giungere all'una ed al- l'altra anche nella complessità délia vita di oggi,

E' vero che con la radio e col cinema, «il mondo intero è diventato présente ». Queste invenzioni hanno dato all'uomo l'ubicazione, cioè la facoltà di essere in parecchi luoghi alla volta.

Ma non entra cosi Pessere umano in un universo nuovo che si puô rendere meraviglioso? Il cine- ma: macchina da far sognare! La potenza del- l'esattitudine e del fantastico gli è resa possibile.

D'altra parte la fantasmagoria del disegno ani- mato vince l'immaginazione dell'uomo medio, lo conduce a limiti che vanno oltre l'impossibile e, talvolta, oltre l'assurdo.

l^c magnifiche realizzazioni di oggi sono do- vu te tanto al lavoro dell'uomo quanto alla scien- za, questa conduce quello : « Il genio del lavoro

— dice P. Hamp — fa attuare tutti i grandi sogni dell'uomo. L'uomo al lavoro è più potente degli eroi mitologici e degli irati dei ».

Se l'immaginazione délia gioventù non trova più piacere ai racconti fantastici di Giulio Verne o di Wells, è per causa délie realizzazioni scienti- fiche attuate da un mezzo secolo; ma essa è pure affascinata, sedotta dalla esaltazione verso il nuovo, perche capisce che queste stupende scoperte segnano il principio di un'epoca, délia iqualc solo i primi passi sono stati compiuri. Alla parola « meraviglia » per loro è stata sostituita quell'altra: «possibilité».

Perô ci sono campi a cui l'immaginazione potrà sempre dedicarsi, dove essa presto si sperde, dove il meraviglioso scientifico serba ogni suo diritto: questo è il campo, con altri, defl'infini- tamente grande e deU'infinitamento piccolo. Si legga per esempio « La grande féerie » di Mae- terlinck, e si renda conto, per ciô che spetta rinfinitamente grande, di quello che rimane da sapere, da supporre, nonostante le vastissime sco- perte dell'astronomia. Scienza che, mentre ci sprofonda nel passato, giunge perô alla scoperta del più lontano awenire. Sappiamo che fra dieci miliardi di secoh, il sole avrà perduto una note- vole frazione délia sua massa e délia sua energia.

Allora la temperatura délia Terra si sarà abbas- sata di 30 gradi, e l'acqua non esisterà più se non allô stato di ghiaccio. Quindi abbiamo anco- ra un miliardo e cinque cento milioni di anni da vivere... «Quello che stupisce — scriveva Ana- miliardo e cinque cento milioni di anni da sia cost vasto, ma che l'uomo l'abbia misurato !»

Eppure, ciô che l'uomo ha potuto scoprire e misurare è soltanto una infima parte del giardino dell'universo. Ciô che la natura e l'universo riserbano ancora alla scienza umana è più miste- rioso, più affascinante di tutto quello che l'imma- ginazione dei romanzieri abbia potuto mai con- cepire. I ftituri Verne potranno darsi si alla pazza

gioia: La scienza si trova solo alla soglia del paese délie meraviglie.

Alfredo CHAPUIS.

Italia paese del gusto (ine ed elegante (Seg. délia pag. 148.)

l'alto valore del movimento raggiunge il massi- mo sviluppo artistico. L'aggiunta di brillanti o rubini permette ancora di arricchire questi gioiel- li dimostrando che l'orologio non è più soltanto uno strumento per segnare le ore, ma un oggetto decorativo che verra sviluppato con successo dall'industria orologiaia. Se malgrado tutto si dovesse indicare qualche dettagho dell'orologio moderno per Signora si puo segnalare corne i verri di forma fantasia hanno grande successo quale elemento nuovo di decorazione; le cinghie piatte rimpiazzano sovente i cordoncini anche negli orologi gioielli, e segnalare pure gli orologi sportivi con casse più pesante, ma di forme uguaï- mente armoniose. Il pubblico Italiano senza dub- bio occupa il primo posto nella classifica „ corne scegliere un orologio'' ed il suo gusto svilupa- tissimo lo piazza in testa dei compratori di oro- logeria moderna di alta fantasia. E per questa ragione che il cliente italiano influisce assai utilmente sullo sviluppo délia moda orologiaia.

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