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Mobilità e organizzazione delle commercianti tunisine

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Academic year: 2021

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Submitted on 22 Jan 2008

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Mobilità e organizzazione delle commercianti tunisine

Camille Schmoll

To cite this version:

Camille Schmoll. Mobilità e organizzazione delle commercianti tunisine. Asher Colombo, Giuseppe Sciortino. Stranieri in Italia. Un’immigrazione normale., Il Mulino, Bologne, pp.195-221, 2003. �halshs-00212029�

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MOBILITÀ E ORGANIZZAZIONE DELLE COMMERCIANTI TUNISINE di

Camille Schmoll1

Nuove forme migratorie e forme di organizzazione nelle migrazioni internazionali Nel quadro delle trasformazioni che hanno interessato in questi anni il fenomeno migratorio, l Italia costituisce un punto di osservazione privilegiato, in quanto paese di recente immigrazione. L aumento della mobilità delle persone, testimoniata tra le altre cose dal consolidamento delle pratiche di circolazione a livello internazionale, ha particolarmente attirato l attenzione degli studiosi (Appadurai, 1996; Dorai et al., 1998; Hily e Ma Mung, 2002; Mouhoud e Oudinet, 2002). Oltre a essere aumentate di intensità, le migrazioni internazionali hanno visto anche accrescere il proprio grado di complessità (Calvanese, 2000; Pugliese, 2002), segnalato ad esempio dalla spinta femminilizzazione dei flussi migratori, che ha portato in grandi città come Roma e Napoli a far registrare presenze femminili superiori a quelle maschili (Istat, 2002). Un altro aspetto dei mutamenti intercorsi nel fenomeno migratorio è da ricercare nella crescente importanza che assume oggi la piccola imprenditorialità migrante, in un contesto come quello italiano caratterizzato da una forte presenza di piccole e medie imprese e di lavoratori autonomi, spesso organizzati in modo informale sul territorio (Quassoli, 1999). Sotto questo profilo, vale la pena sottolineare come in Italia si vada sempre più prendendo coscienza del ruolo di paese di immigrazione, contemporaneamente alla scoperta dell importanza delle attività informali nel funzionamento dell economia nazionale (Semi, 2002).

Alla luce di questi cambiamenti, si rivela particolarmente utile adottare una lettura del fenomeno migratorio centrata sul ruolo svolto in esso dalle reti sociali, spesso di carattere etnico o comunitario. Si fa riferimento, in particolare, al concetto di capitale sociale, vale a dire a quel complesso di risorse che i potenziali migranti così come i non migranti possono trarre dalla partecipazione a delle reti sociali e a delle collettività mediante legami deboli, forti e simbolici (Faist, 1997, trad. mia). Anche se non si tratta di un fenomeno recente (Thomas e Znaniecki, 1918-1920), il funzionamento attraverso reti del fenomeno migratorio ha conosciuto una certa intensificazione all indomani della crisi del 1973, in seguito alle trasformazioni economiche e alle rivoluzioni nei mezzi di comunicazione legate a i processi di globalizzazione del sistema-mondo (Massey, 2002). Le reti sociali, sulle quali si strutturano le mobilità spaziali e professionali, permettono di sopperire, con la costruzione di uno specifico sapere migratorio (Sayad, 1999, Palidda e Reyneri, 1995), all indebolimento delle tradizionali istituzioni di reclutamento della manodopera e in genere di integrazione sociale (Tarrius, 1992, Ambrosini, 1999 e 2001).

L organizzazione di queste reti migratorie solleva alcune domande. In particolare, ci si chiede se ci si trovi di fronte alla riproduzione di solidarietà di villaggio o di quartiere, oppure a una riorganizzazione complessiva delle risorse nei processi 1 Scuola dottorale Vivant et Sociétés , Università di Parigi XIII, direttrice di tesi Prof. Colette Vallat. Un ringraziamento a Ugo Rossi per l attenzione rivolta a questo lavoro e l aiuto nella traduzione del testo.

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migratori. In altre parole, il problema risiede nello stabilire se le migrazioni contribuiscano a rafforzare i legami già esistenti nei paesi di partenza oppure, al contrario, a generare una forma di autonomizzazione da questi stessi legami.

Commercio e circolazioni transnazionali a Napoli

In questo lavoro, si cerca di mettere in luce le modalità attraverso le quali viene a costruirsi sul territorio il legame tra mobilità delle persone, funzionamento in reti delle migrazioni e imprenditorialità, a partire dal caso di un gruppo di commercianti transfrontaliere tunisine a Napoli. In questa città, le attività imprenditoriali dei migranti oggi si presentano particolarmente diversificate: dal lavoro per contoterzi alle attività di import-export, dal commercio ambulante e comunitario al commercio transfrontaliero (il cosiddetto commercio con la valigia ). Dagli anni Settanta in poi, infatti, la città è diventata un polo importante nell ambito delle circolazioni commerciali sia internazionali che interne, in quanto luogo cruciale di rifornimento per i commercianti ambulanti2 (Amato, 2000).

Le forme migratorie che oggi si osservano a Napoli inducono a prendere in considerazione le migrazioni in una prospettiva multiscalare di analisi, attenta a evidenziare le pratiche socio-spaziali che prendono forma tanto alla scala locale come a quella internazionale e globale. Le nozioni di transnazionalismo e di transmigrazioni , proposte da Basch, Szanton-Blanc e Glick-Schiller (1994), possono allora rivelarsi utili perché permettono di mettere in evidenza l esistenza di dinamiche di appartenenza sociale che vanno oltre i tradizionali quadri identitari. Un'altra caratteristica importante di questi circolanti commerciali è data dal carattere temporaneo del loro passaggio e insediamento nelle città: da questo punto di vista, è allora corretto parlare di loro come di migranti piuttosto che di immigrati, proprio per enfatizzare il carattere transeunte dei loro spostamenti (Tarrius, 1992). Per designare la condizione di questi migranti, Alain Tarrius (1992) ha adoperato efficacemente la metafora della formica come passeur (letteralmente colui che fa passare le merci o le persone da un territorio all altro). I movimenti di queste formiche producono infatti i loro propri territori, quelli che l autore denomina territori circolatori , ovvero degli ambiti di socializzazione di spazi che supportano le pratiche di circolazione (Tarrius, 1992, trad. mia).

Nell area urbana di Napoli, questi territori sono compresi in una varietà di spazi sociali: distretti produttivi, centrali di vendita all ingrosso, mercati cittadini. Questi spazi insieme arrivano a formare un dispositivo commerciale che ruota intorno al quartiere della stazione ferroviaria di Napoli. È in quest area, infatti, che si concentrano gli attori fondamentali della circolazione migratoria, i terminali delle principali linee di trasporto nazionali e internazionali, oltre alla maggioranza delle strutture alberghiere della città.

2 Napoli presenta una serie di condizioni economico-sociali che favoriscono l arrivo di imprenditori migranti: un fitto tessuto di economia informale, la comparsa di nuovi distretti produttivi e commerciali, la presenza di un area come quella della stazione ferroviaria ancora abbandonata al degrado, ma al tempo stesso anche ricca di funzioni e di attività. Questo quadro si è venuto a rafforzare in seguito all inasprimento delle politiche migratorie registratosi nei paesi dell Europa nord-occidentale, che ha avuto come conseguenza il declino di spazi commerciali ormai consolidati, come quello di Marsiglia in primo luogo, e il riorientamento dei flussi di commercianti verso altre città dell area mediterranea, come Napoli per l appunto.

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La presenza di questa realtà commerciale porta a riconsiderare il ruolo di Napoli nelle traiettorie migratorie, al di là della più comune immagine della città come semplice luogo di transito per i migranti clandestini e irregolari.

La visione che abbiamo dei migranti presenti nell area napoletana ne risulta così modificata. Attraverso le pratiche circolatorie, infatti, questi migranti si dimostrano in grado di agire attivamente sull organizzazione degli spazi urbani, arrivando anche a trasformare e rivitalizzare spazi depressi e marginali. Diventa allora opportuno richiamarsi alle considerazioni di Alejandro Portes, laddove egli invita a considerare questi migranti come degli individui capaci di reagire in maniera creativa alle situazioni di fronte alle quali essi vengono a trovarsi (Portes, 1999, 24, trad. mia).

Donne commercianti tra Napoli e la Tunisia

Nelle pagine successive di questo lavoro, ci si soffermerà ad analizzare l esperienza di un gruppo di quaranta donne provenienti da Sousse, una città del Sahel tunisino, che si sono specializzate nella vendita nel proprio paese di prodotti acquistati in Italia.

Essendo donne di età ormai matura (la loro età è compresa tra i 25 e i 54 anni, per una media di 43 anni), che si trovano a operare in uno spazio che è frequentato prevalentemente da uomini, la loro esperienza ha il significato di mettere in discussione la rappresentazione classica che abbiamo del migrante magrebino3. Queste donne

possono essere infatti considerate come delle vere e proprie trasmigranti, giacché esse dividono il proprio tempo di vita tra Napoli e la loro città di origine, in Tunisia. I soggiorni di queste donne in Italia, di frequenza all incirca mensile, durano in genere dai quattro ai dieci giorni.

Le loro pratiche migratorie, che possono essere viste come una sorta di semi-migrazione (Colombo, 1998), pongono alcune questioni di rilievo. In particolare, si deve comprendere quale sia l impatto esercitato dalla circolazione migratoria sulle organizzazioni socio-familiari di appartenenza, così come sugli spazi frequentati dalle donne; quale effetto la migrazione produca sulla posizione di queste donne nei rapporti di genere (Bjeren, 1997, Clifford, 1994); quali risorse vengano mobilitate nel commercio e nelle migrazioni; e come vengano a costruirsi le reti di relazioni sulle quali le donne si appoggiano; quali mutamenti, infine, in termini sia economici che di identità, siano prodotti da questi movimenti.

Per capire le pratiche e le strategie di queste donne prenderemo come punto di partenza l analisi delle motivazioni che giustificano le loro scelte migratorie. Essendo questo contributo una nota di una ricerca ancora in corso, non si pretende qui di 3 Questo testo trae origine da un inchiesta che svolgo da circa due anni sui luoghi d acquisto e di vita dei migranti di passaggio e non a Napoli, con particolare attenzione al quartiere della stazione ferroviaria intorno a piazza Garibaldi. Ho privilegiato una metodologia di tipo etnografico, combinando l osservazione partecipata ad alcune interviste semi-strutturate. Quaranta interviste sono state realizzate con commercianti magrebini. Altre venti sono state realizzate con le donne commercianti tunisine, la maggior parte in arabo, con l aiuto di un interprete, ma alcune anche in italiano o in francese. L inchiesta è stata completata da quattro soggiorni che ho trascorso in Tunisia, per una durata complessiva di due mesi, al seguito delle donne commercianti. Questo mi ha permesso di assistere in prima persona a scene di vendita in Tunisia e di partecipare alla vita domestica e quotidiana con gli altri membri della famiglia, che partecipano alle imprese commerciali. La conoscenza del punto di vista degli altri, essenzialmente i mariti e i figli delle commercianti, è stato molto importante perché mi ha permesso di capire il ruolo svolto da queste persone nei percorsi di vita delle donne. In questa sede, ho preferito utilizzare pseudonimi allo scopo di preservare l anonimato dei miei interlocutori.

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rispondere in maniera definitiva alle domande poste fino a questo momento. Si tratta, piuttosto, di offrire dei motivi di riflessione che possano fare luce sul significato di dinamiche migratorie come quelle di cui sono protagoniste le donne commercianti tunisine.

1. I registri delle necessità

Lontane cugine&

Nella letteratura sulle migrazioni femminili, la donna magrebina è in genere presentata come una migrante secondaria , il cui ruolo consiste semplicemente nel seguire il marito nel movimento migratorio, allo scopo del ricongiungimento familiare4. Le

ricerche sulle primo-migranti , vale a dire le donne che non praticano la migrazione a fini di ricongiungimento, si sono concentrate in Italia su gruppi nazionali diversi da quelli magrebini, come quelli somali, polacchi, filippini, nigeriani e capo-verdiani. Soltanto pochi di questi lavori si sono invece interessati alle donne commercianti, avendo preferito concentrarsi su attività più diffuse in Italia, a partire da quelle di assistenza domestica.

Le poche ricerche esistenti sulle primo-migranti magrebine nei paesi dell Europa meridionale hanno insistito sulla condizione di esclusione sociale di queste donne come motivazione essenziale alla migrazione. Ad esempio, Angeles Ramirez (1999 e 2002) ha mostrato come la scelta migratoria di molte donne magrebine, che decidono di recarsi in Italia e in Spagna, nasca in seguito a una reazione di queste donne nei confronti di situazioni socio-familiari estreme.

Un altra figura presente nella letteratura sulla migrazione femminile, che contrasta con quella della migrante secondaria, è rappresentata dalla commerciante internazionale africana, associata in genere alla figura della Nana-Benz, la grande commerciante togolese di Lomé, rivenditrice di pagnes [i tessuti utilizzati in Africa per confezionare i vestiti] che, viaggiando in Mercedes, è diventata sul continente africano il simbolo del riscatto femminile (Bredeloup, 2001, p. 83, trad. mia; si veda anche Humarau, 1997; Sengel, 2000; Bava, 2001). La Nana-Benz gioca abilmente con la propria sensualità femminile per sviluppare strategie di ascesa sociale, che la portano a impegnarsi in diversi matrimoni e relazioni coniugali.

Una necessità economica forte

Le donne commercianti incontrate nella ricerca sul campo si distanziano significativamente da queste figure della migrazione. Esse infatti sono di ambienti sociali modesti, non hanno perseguito studi secondari o superiori e spesso hanno padronanza soltanto del dialetto tunisino. Tuttavia, grazie al commercio, il loro ruolo nell economia familiare diventa di primo piano, arrivando fino a costituire la prima 4 La letteratura sulle migrazioni femminili si è sviluppata soltanto di recente (vedi Morokvasic, 1984). Tuttavia, secondo dati statistici disponibili fin dalla fine degli anni Ottanta, le donne rappresentano ormai la metà del numero complessivo dei migranti internazionali (Oso Casas, 2002, citato in Mozère, 2002). Sulle migrazioni femminili in Italia sono comparsi negli ultimi anni diversi contributi: vedi, ad esempio, De Filippo (2000); Salih (2000); Casella Paltrinieri (2001); Russo Krauss (2002); Macioti e Pugliese (2003).

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fonte di reddito nell ambito del nucleo parentale. I loro mariti sono per lo più impiegati pubblici, piccoli commercianti, operai o in alcuni casi anche disoccupati. Le donne intervistate motivano la propria scelta migratoria come una risposta data ai problemi di sussistenza materiale che caratterizzano la loro vita quotidiana. Tutti raccontano la stessa storia spiega Zohra, una delle donne interpellate: sono le condizioni di vita che ti portano verso il commercio al nero& nessuno ci può fermare perché c è una necessità concreta che ci spinge a uscire, ad aiutarci a vicenda, l uomo con la donna, per fronteggiare la fame (Zohra, 54 anni, 3 figli).

Il marito, presente e in disparte

La scelta migratoria si inscrive in un progetto domestico concordato da ambedue i coniugi. Si decide che siano le donne a partire, perché esse incontrano meno difficoltà rispetto ai propri mariti nell ottenere i documenti necessari al proprio ingresso sul territorio italiano, in quanto l opinione comune vuole che siano soprattutto gli uomini a emigrare. Al di là del fatto che tale situazione possa offrire o meno agli uomini un alibi per non partire, resta che quest impossibilità conferisce alle donne un proprio specifico potere migratorio , che esse realizzano attraverso i viaggi periodicamente svolti in Italia.

Questo potere migratorio conferisce alle donne anche un primato decisionale nell attività commerciale. Esse si pongono infatti alla testa dell impresa familiare, alla quale tutti i membri della famiglia (sia dunque il marito che i figli, in età adolescenziale o adulta) o anche altri parenti o stretti conoscenti partecipano in diversa misura. In particolare è il contributo del marito a essere di fondamentale importanza: egli infatti sovente accompagna la moglie nei luoghi pubblici di vendita, ovvero nella bottega o nel mercato settimanale (il cosiddetto suq), e provvede anche a sostituirla qualora essa sia in viaggio. A volte è responsabile della contabilità e in particolare della gestione dei crediti contratti con i clienti, oltreché degli oneri di carattere amministrativo. Succede anche che l uomo possa condurre dei viaggi d acquisto delle merci, qualora la moglie ne faccia esplicita richiesta. La partecipazione del marito ha anche la funzione di sancire il consenso dell uomo allo svolgimento dell attività commerciale. L equilibrio che viene raggiunto in questo modo nel rapporto coniugale favorisce il successo dell impresa commerciale, anche se le donne restano le prime responsabili dei destini dell impresa, come esse stesse tengono a sottolineare: se io e mia madre avessimo aspettato mio padre per arricchirci, staremmo qui ancora a dormire con le galline! , afferma con decisione Sabrina (25 anni).

- Hayet

Hayet, 46 anni, è sposata ed è madre di quattro figli. Ha fatto le sue prime esperienze di commercio con la valigia durante la seconda metà degli anni Ottanta, tra Damasco e Istanbul, e ha iniziato a lavorare in Italia a partire dai primi anni Novanta. I suoi primi viaggi a Napoli sceglie di compierli nei periodi di vacanza scolastica in Tunisia, in modo tale da assicurarsi la compagnia dei figli. Nel corso del tempo, arriva a consolidare il proprio capitale di partenza, aumentando in maniera progressiva la frequenza delle proprie visite in Italia, fino a costituire nel 1999 una società commerciale di import-export. Il ruolo del marito nell attività si limita a quello di semplice prestanome e non offre alcun contributo di rilievo nella gestione dell impresa. Le merci che acquista in Italia sono rivendute da Hayet, quattro volte alla settimana, sui suq tunisini, grazie anche all aiuto prestatole dalle figlie. Ella, inoltre, non lavora soltanto per la propria impresa, ma si occupa anche dell approvvigionamento di merci

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italiane e turche per altri commercianti del suq.

- Latifah

Tra le donne interpellate, Latifah è quella che ha raggiunto il successo economico più importante nella propria attività. Dopo aver accumulato un esperienza migratoria più che decennale insieme al marito, nel 1995 ella decide di far ritorno nel proprio paese, senza però perdere il permesso di soggiorno italiano. In Tunisia, Latifah e Abdelkader comprano un appartamento confortevole all interno di una residenza sorvegliata, realizzando così il loro desiderio di ascesa sociale. In seguito, nel 2000, grazie al prestito ricevuto da una cliente facoltosa, procede all acquisto di un negozio, che si impegna a gestire in prima persona con l aiuto della suocera. L attività registra immediatamente un buon successo di vendite, attirando i compratori con le ultime novità della moda italiana. Forte del suo successo, Latifah inaugura una nuova attività commerciale, questa volta specializzata in abbigliamento maschile, che viene affidata al marito e a Walid, un giovane vicino di abitazione di cui ella si prende cura. Latifah talora incarica il marito o anche il nipote, che possiede un permesso di soggiorno per l Italia, di compiere i viaggi di acquisto delle merci, anche se i risultati non sono sempre soddisfacenti, perché gli uomini non hanno gusto , come ella stessa dice.

Strategie di mobilità sociale

L attività imprenditoriale delle donne commercianti si pone anche l obiettivo di promuovere delle strategie di ascesa sociale a beneficio della famiglia di appartenenza. Anche se queste donne hanno una buona considerazione del lavoro da esse svolto, non rientra nei loro propositi espliciti l idea che i figli possano svolgere in futuro la loro stessa attività, perlomeno in maniera definitiva. Piuttosto, esse cercano di assicurare un futuro migliore ai figli attraverso l educazione scolastica e, segnatamente per le figlie, attraverso la costituzione di una dote. Ciò si può vedere nel caso di Halima, 50 anni, che con la sua attività sostiene gli studi di farmacia in Europa di suo figlio o in quello di Zohra, che ha riservato una stanza della propria casa al corredo della figlia. Su questo punto, Latifah dice: è fuori discussione che le mie figlie non condurranno la mia stessa vita. Io ho conservato il mio permesso di soggiorno italiano con l idea di farle vivere e studiare dove loro vogliono. Ad esempio, Imen, che ora ha 13 anni, vuole studiare moda in Italia: magari diventerà una famosa stilista! .

Oltre che ai figli, le donne destinano in genere i proventi delle loro attività commerciali all acquisto di un bene immobiliare, dove solitamente decidono anche di andare a vivere. Nell arredamento dell appartamento le donne cercano di imprimere il segno della loro ascesa sociale: il cosiddetto salotto europeo , che si aggiunge a quello tradizionale, è il luogo preferito per esibire i mobili e l oggettistica acquistati in Italia.

La migrazione inoltre permette alle donne di fare fronte alla forte instabilità che caratterizza l economia del proprio paese. Come ha sostenuto Douglas Massey (2002), infatti, non è la povertà in se stessa quanto la precarietà che permette di spiegare le forme e i modi delle migrazioni attuali, in particolare il loro carattere temporaneo e non definitivo e il fatto che esse nascano nei cosiddetti paesi di transizione , come i paesi del Maghreb e dell Europa orientale, e non in quelli più svantaggiati economicamente. La migrazione, in questa ottica, funziona come un vero e proprio dispositivo di difesa dalle congiunture economiche negative. Nel caso delle donne tunisine, la migrazione commerciale ha la funzione di fare fronte agli stati di incertezza che si vengono a creare nei momenti più difficili per l economia del paese. Recentemente, ciò lo si è potuto

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constatare in seguito all attentato di Djerba, del 11 aprile 2002, che ha rappresentato un duro colpo per il settore del turismo in Tunisia (che conta per circa un quinto della ricchezza nazionale) e, quindi, per la condizione economica dei ceti medi del paese. Per le donne migranti, il commercio transfrontaliero ha rappresentato, in questa fase, la migliore risorsa a loro disposizione per fare fronte alla situazione di crisi che si era venuta a creare nel paese, anche se il volume di affari si è venuto a contrarre drasticamente in conseguenza della generalizzata riduzione del potere d acquisto.

Il viaggio come atto di autonomizzazione

Per le donne, la migrazione è vista anche come uno strumento che consente loro di portare avanti una strategia di autonomizzazione progressiva dal proprio contesto socio-familiare di riferimento. La migrazione costituisce così una forma di affermazione di sé nella misura in cui permette di costruire un percorso di vita che non è definito esclusivamente dalla famiglia e dal marito (Massey, 1994, p. 180, trad. mia), allo scopo di negoziare una nuova posizione all interno della società di partenza, grazie soprattutto al proprio accresciuto potere economico. Come si vede dalla testimonianza di Hayet, le donne hanno dovuto negoziare gradualmente questa nuova posizione sociale: prima le donne non commerciavano al suq, perché era proibito. Le donne non erano accettate e quindi vendevano a casa. Da circa due anni, invece, è diventato possibile farlo. Personalmente, già lavoravo al suq da circa otto anni, insieme a mio marito e a mio figlio, ma da due anni lo faccio anche da sola .

Anche se le donne intervistate dichiarano di patire una certa stanchezza a causa dei continui spostamenti legati alla loro attività, peraltro non sempre ripagati in maniera adeguata da un punto di vista finanziario, esse si sentono al tempo stesso anche di manifestare uno spiccato gusto per il viaggio e, quindi, anche per il loro mestiere (la dimensione del viaggio e quella del commercio appaiono infatti sempre intimamente legate tra loro), definendosi come visitatrici , viaggiatrici , turiste , ma mai come immigrate . Da questo punto di vista, risultano essere messi in discussione i termini abitualmente adoperati per definire tanto la condizione dei commercianti che quella dei migranti.

Il gusto per il viaggio e per la pratica del proprio mestiere si traduce anche in un caratteristico senso del divertimento che queste donne mostrano di avere quando si trovano a parlare della propria attività. Così, esse si dilettano a giocare con l attitudine degli Italiani a dipingere i commercianti migranti in termini miserabilisti, ironizzando abilmente sulla propria particolare condizione di vu cumprà . Allo stesso modo, mostrano di aver bene appreso a rovesciare a proprio favore lo svantaggio iniziale di essere donne. Le perquisizioni doganali, ad esempio, rappresentano uno dei motivi principali di preoccupazione per queste donne, dal momento che esse praticano il commercio in maniera essenzialmente informale. Da questo punto di vista, l uso dell hijab (il velo islamico) viene opportunamente calibrato dalle donne nelle situazioni in cui esso possa tornare utile per imporre il rispetto di se stesse o per marcare una certa distanza del proprio interlocutore, come avviene rispettivamente quando esse devono avere a che fare con le autorità magrebine o italiane. In questo modo, l uso del velo, lungi dall essere applicato in tutte le situazioni in cui le donne appaiono in pubblico, è utilizzato in quelle occasioni nelle quali esso si può rivelare utile per superare determinati ostacoli (Cooper, 19975). A questo proposito, sembra opportuno richiamarsi

5 Barbara Cooper (1997) vede nel porto del hijab da parte delle donne di Maradi (Niger) uno strumento di mobilità della donna e un mezzo critico per superare i limiti interiori di uno spazio domestico (Cooper,

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all idea del ribaltamento dello stigma , di cui ha parlato Abdelmalek Sayad (1999, p. 405). Il marchio identitario diventa così oggetto di un abile tattica di raggiro dei dispositivi giuridici di controllo, definita sulla base dei propri interessi e dei fini che si sono prefissati in origine. Nelle pratiche della vita quotidiana, quindi, anche l abbigliamento può diventare uno strumento nelle mani dei più deboli (l arte del debole , per dirla con de Certeau, 1980) per trasformare una situazione sfavorevole a proprio vantaggio.

Nella gamma di motivazioni sociali che spingono queste donne a migrare, si trovano a convivere una molteplicità di registri delle necessità (Mozère, 2002), senza che essi entrino necessariamente in contraddizione tra loro. Sembra essere utile per definire l esperienza migratoria e professionale di queste donne l affermazione di Granovetter, secondo il quale gli individui non hanno solo obiettivi economici, ma ricercano anche la socialità, il riconoscimento degli altri, lo status e il potere (Granovetter, 1985, trad. mia).

Pertanto, al di là di una motivazione di partenza di natura meramente economica, rafforzata dalla impossibilità per il marito di partire, le scelte migratorie di queste donne sono spiegabili alla luce di altri obiettivi. Inscrivendosi nel quadro di un economia familiare, queste migrazioni aprono infatti la strada a dei percorsi di mobilità sociale di lungo o medio termine. Anche se questa scelta migratoria viene accuratamente negoziata con gli uomini, nell intento di evitare rotture di carattere definitivo sull ordine familiare, ciò non significa che il processo di autonomizzazione della donna migrante dal contesto familiare di appartenenza ne possa risultare in qualche modo compromesso. La donna, infatti, grazie alla scelta migratoria di cui si rende protagonista, acquisisce non solo autonomia finanziaria e potere di decisione in famiglia, ma getta anche le basi per la costruzione di un proprio percorso di vita al di fuori dei confini dello spazio domestico.

Per comprendere appieno le motivazioni che spingono queste donne alla migrazione, è utile ora riferirsi al contesto più generale di riassetto economico e sociale delle società magrebine, nel quale questi percorsi migratori hanno preso piede, come la diffusione territoriale del commercio transfrontaliero (Missaoui, 1995) e l evoluzione delle pratiche di consumo, a cui saranno dedicate le prossime sezioni di questo contributo.

2. La diffusione del commercio transfrontaliero: Difficoltà di valutazione ed effetti sui micro-spazi sociali

Generalizzazione della circolazione

Tra le giovani donne magrebine si va diffondendo l abitudine di costituire i propri corredi matrimoniali in Europa, recandosi lì di persona oppure rifornendosi dalle commercianti che fanno affari nei paesi europei. Così, gruppi di donne tunisine, sia future spose che commercianti, si ritrovano assieme sulle strade del commercio transfrontaliero, a bordo delle navi che collegano l Italia con la Tunisia.

La generalizzazione di questo fenomeno di circolazione commerciale può essere constatata a due livelli di analisi: da un lato, alla scala locale, essa è arrivata ormai a interessare le società magrebine nel loro insieme; dall altro, a una scala più estesa, essa 1997, trad. mia)

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riesce oggi a mettere in relazione un sempre più ampio numero di piazze commerciali del bacino mediterraneo. Volendo delineare una geografia del commercio informale in quest area si possono evidenziare, sulla riva nord-occidentale del Mediterraneo, i centri di Marsiglia, Genova, Alicante e Napoli, e su quella sud-orientale, i centri di Istanbul, Damasco, Aleppo, Tripoli, Nador e Casablanca. Sono diventati ormai parte integrante della geografia urbana di queste città quelli che potrebbero definirsi come dei veri e propri supermercati del Maghreb , nei quali i più sprovveduti e i più agiati si incontrano nello stesso movimento d acquisto (Tarrius, 2000; Péraldi, 2001). Le donne interrogate dimostrano di conoscere bene questi itinerari, essendosi recate in molte di queste piazze commerciali e, in alcuni casi, anche ben oltre, visto che molte di esse hanno dichiarato di essersi spinte fino a mercati lontani, come quelli di Dubai e della Tailandia.

Confusione dei flussi, confusione nelle strade

È difficile valutare con esattezza l effettiva consistenza di queste circolazioni, anche se i dati aggregati alla scala mediterranea restituiscono l impressione che negli ultimi anni vi sia stato un aumento delle pratiche di circolazione commerciale. Le difficoltà di valutazione nascono dal fatto che queste pratiche, per il loro carattere tipicamente transnazionale, non trovano riscontro negli indicatori abitualmente considerati nelle rilevazioni statistiche. Per avere un quadro più attendibile di questo fenomeno, bisognerebbe individuare una categoria statistica corrispondente alla figura del circolante commerciale, il che evidentemente è un operazione tutt altro che agevole (De Tapia, 2002). Ad esempio, dei diciottomila passeggeri che, secondo le rilevazioni dell autorità portuale di Napoli, transiterebbero ogni anno tra questa città e la capitale tunisina, appare arduo distinguere tra turisti, commercianti e migranti convenzionali , se così si vuole chiamarli.

Peraltro, la stessa condizione giuridico-legale dei commercianti varia considerevolmente: alcuni di essi viaggiano con visti di turismo o d affari, altri più fortunati invece possono disporre del tanto agognato permesso di soggiorno. Infine, a questa varietà di situazioni si aggiunge un problema ulteriore: il fatto cioè che, in molti casi, le situazioni ufficialmente dichiarate non coincidano con quelle poi effettivamente operanti, come si può vedere dalla vicenda di Loubna riportata qui di seguito.

Loubna dirige una società di import-export, con cui acquista bicchieri e sedie dall Italia, che poi provvede a rivendere a commercianti della sua città. Il volume di affari di Loubna è comunque piuttosto limitato, giacché ella riesce a realizzare soltanto due o tre container l anno. Per Loubna, si tratta di una sorta di vetrina , come ella stessa la chiama, utilizzata per coprire altre attività di carattere informale, e certamente più redditizie, ma che si rende necessaria per ottenere un visto che le possa permettere di commerciare con l Italia.

Un altro elemento che rende difficile cogliere la dimensione quantitativa del fenomeno è dato dal fatto che gli itinerari commerciali si dimostrano assai variabili e mutevoli, a seconda del quadro di costrizioni e opportunità che si presenta di volta in volta. Così, ad esempio, le migranti che commerciano con Napoli non esitano a imbarcarsi da altri porti (Genova, La Spezia, Trapani) e poi a transitare in paesi terzi, proprio allo scopo di non attirare su di sé l attenzione della polizia di frontiera. Hasnia e Fadila, su questo punto, raccontano come esse abbiano dovuto cambiare itinerario in seguito all intensificazione dei controlli al passaggio doganale verificatisi in Tunisia negli ultimi anni, scegliendo di far transitare la propria merce in Libia, grazie anche all intermediazione offerta da un

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imprenditore locale che faceva anche da prestanome. Accade, infatti, che i commerci più redditizi diventino rapidamente preda delle reti di mediazione e protezione politico-clientelari (Péraldi, 2002) e così la strategia migliore per le commercianti diventa quella della diversificazione incessante dei propri itinerari di viaggio e di vendita. Ciò non leva, comunque, che alcune di esse preferiscano talvolta ricercare la protezione politica di alcune figure, capaci di agevolare il passaggio delle merci. Da questo punto di vista, pertanto, si può vedere come siano complessi e intricati i rapporti che si stabiliscono tra le autorità ufficiali e le reti informali di commercio (Péraldi, 2001; Mozère, 2002).

Infine, l ultimo elemento che rende difficile una corretta valutazione del fenomeno è dato dal fatto che anche sui luoghi di acquisto, come nel caso di Napoli trattato nella prossima sezione, la maggior parte delle transazioni commerciali si realizzano in maniera informale.

Effetti della circolazione alla scala dei micro-spazi

A Napoli, le pratiche di scambio e le strategie commerciali si possono facilmente osservare a una scala micro-locale, rappresentata tanto dalle centrali di vendita disseminate per tutto il territorio, quanto dalla rete di alberghi, dove i commercianti trascoronno una parte significativa del proprio tempo. Nelle transazioni che si effettuano tra imprenditori locali e commercianti stranieri entrano in gioco anche importanti fattori che sono in relazione con l identità sociale e culturale dei partecipanti. Nelle strategie commerciali delle donne e dei loro interlocutori, ad esempio, l alterità culturale costituisce una risorsa importante nella costruzione dei legami economici (Hily, 2002). Ciò lo si può vedere bene nel caso del distretto vesuviano: nell area napoletana, il distretto vesuviano, specializzato nella produzione di biancheria intima, rappresenta attualmente uno dei principali luoghi di acquisto per i circolanti transnazionali e, in particolare, per i commercianti magrebini, anche se questi aspetti non sono stati finora messi sufficientemente in evidenza nelle ricerche sulla crescita industriale dell area (vedi ad esempio Aniello, 2001). La rapidità di adattamento dei grossisti italiani all arrivo di circolanti magrebini e le strategie che essi mettono in campo per attrarre le nuove clientele straniere (traduzione delle insegne e dei biglietti da visita in lingua araba, impiego di commessi e di altri lavoranti bilingui) sono a testimonianza delle opportunità offerte dalla presenza di questi attori. Ad esempio, nelle decorazioni murali che campeggiano nelle centrali di vendita risaltano immediatamente agli occhi sorprendenti accostamenti di icone, come quelle che rappresentano i versi del Corano e quelle che tratteggiano l immagine di Padre Pio.

Un altro segno dell influenza esercitata dall arrivo di questi circolanti transnazionali è dato dalle strategie di diversificazione dei prodotti adottate dagli imprenditori di questi distretti manifatturieri. Vengono cosi messe a punto delle gamme di prodotti esplicitamente destinate ai paesi magrebini oppure i grossisti cercano di rifornirsi di merci che sono particolarmente richieste dagli acquirenti nord-africani: coperte spagnole, tappeti belgi, cinesi e sauditi. Le commercianti tunisine intervistate dimostrano, per esempio, di aver maturato una certa familiarità con i grossisti italiani, con i quali hanno preso l abitudine a scambiare formule di cortesia nelle rispettive lingue nazionali.

Questi circolanti transnazionali, i cui soggiorni in Italia come si è detto restano sempre molto brevi, rappresentano ormai anche una clientela stabile per gli alberghi e le altre strutture ricettive. A Napoli, nel quartiere della stazione ferroviaria, molti alberghi si sono specializzati nell accoglienza dei circolanti e alcuni di loro si rivolgono

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specificatamente a una clientela femminile. Le donne commercianti tunisine, a loro volta, non nascondono di sentirsi a poco agio in un quartiere di immigrazione maschile comunemente stigmatizzato, temendo di essere identificate con le altre poche donne magrebine che frequentano la zona, ritenute in genere di facili costumi 6. Per questa

ragione, una volta conclusi gli affari, esse sono solite trascorrere le proprie giornate all interno delle stanze d albergo, per le quali pretendono che vi sia un arredamento confortevole. Le camere d albergo diventano, infatti, dei veri e propri mini-appartamenti, provvisti di piccole cucine e degli altri servizi che consentono alle donne di conservare una propria autonomia. In questo modo, le donne arrivano a conferire un proprio marchio identitario alle stanze dove esse sono alloggiate, trasformandole in veri e propri spazi domestici: casa mia è infatti la locuzione da esse più utilizzata nel riferirsi a questi luoghi. Tutto questo, unito alla frequenza delle loro visite, fa sì che le donne diventino capaci di influire in maniera consistente sull assetto e lo statuto dei luoghi frequentati.

3. Pratiche di consumo e strategie commerciali

L infatuazione per il prodotto italiano

La diffusione del commercio transfrontaliero deve essere messa in relazione anche con la comparsa di nuove pratiche e abitudini di consumo, segnalate in particolare dal generalizzarsi di un gusto sempre più pronunciato per i prodotti cosiddetti di importazione . Questo fenomeno è strettamente legato all emergere di nuovi ceti medi nelle società magrebine e in quella tunisina, in particolare, dove è aumentata sensibilmente la capacità d acquisto della popolazione. Dei prodotti italiani si apprezzano in modo particolare scarpe, vestiti, elettrodomestici e biancheria intima. Le donne commercianti incarnano bene questa nuova classe emergente di ceti medi. Esse infatti dimostrano di apprezzare in modo particolare i prodotti occidentali, di cui al loro ritorno in Tunisia portano un vasto campionario destinato a un uso personale. Così Sabrina, descrivendo i viaggi commerciali di sua madre, insiste sul fatto che ormai non sembra trattarsi che di una sorta di shopping internazionale necessario al mantenimento di un certo standard di vita: Adesso non è redditizio come prima. Prima abbiamo costruito la casa, comprato la macchina, fatto crescere i figli! No, adesso non possiamo più usare un prodotto tunisino. E più che un abitudine (& ) la cosa che viene da fuori e sempre richiesta da noi. Abbiamo il vizio, non c è proprio discussione » (Sabrina)

La preferenza per i prodotti italiani è legata da un lato alla presenza pervasiva che ha l Italia nella sfera culturale e mediatica della Tunisia e, dall altro, all effetto di moda e di distinzione creato dai migranti, specialmente attraverso quella che è stata chiamata la mercantilizzazione del dono (Gauthier, 2002), vale a dire la tendenza a 6 Per un analisi della dicotomia spazio pubblico / spazio privato e della sua associazione con la distinzione donna decente / donna indecente rimando al saggio di Linda McDowell (1999). Le donne tunisine rappresentano quasi un eccezione tra le donne magrebine, per il fatto di essere disposte a intraprendere senza la compagnia di un uomo il viaggio a Napoli, una città vista generalmente in cattiva luce. Le donne algerine, ad esempio, preferiscono recarsi in Turchia o in Siria, evitando di oltrepassare le frontiere del dar al islam, se non per recarsi in Francia e, in particolare, a Marsiglia. Questo riflette probabilmente anche la condizione della donna tunisina, che dimostra così di poter in parte godere di un maggiore grado di libertà rispetto a quelle algerine e marocchine.

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trasformare i doni offerti ai familiari e ai propri cari in un bene di scambio.

Le donne che viaggiano godono peraltro di un certo prestigio, che viene associato in genere alla conoscenza che esse hanno dell Europa: sono l italiana del quartiere. Tutti mi conoscono per questo. Quando torno da un viaggio le donne si precipitano al telefono per sapere prima delle altre che cosa ho portato , racconta Naima, che dal 1980 si sposta tra l Italia, la Turchia, il Marocco, l Arabia Saudita e la Siria.

Strategie commerciali: creazione di un intimità e arredamento dello spazio di vendita

Sul finire degli anni Novanta, lungo l asse stradale che conduce alla città del Sahel tunisino da dove provengono queste donne, hanno aperto più di cento botteghe specializzate nella vendita di biancheria e di articoli di arredamento di provenienza italiana. Questi esercizi commerciali, in genere gestiti da uomini, sono situati a pochi chilometri di distanza dai luoghi scelti dalle donne per vendere i prodotti da loro acquistati in Italia. Questa vicinanza ha ovviamente contributo a creare un rapporto di competizione tra queste due attività, alimentato dal fatto che i negozi gestiti dagli uomini praticano prezzi al di sotto di quelli di mercato.

Eppure, sembra che le donne siano riuscite nell intento di conservare la propria clientela. Infatti, come ha mostrato Michelle De la Pradelle nella sua etnografia di un mercato urbano della Provenza, le scelte del consumatore non sono puramente razionali, ma sono influenzate da fattori diversi da quelli riguardanti la qualità o il prezzo della merce. Il modo di presentare il prodotto e la capacità di creare una storia intorno a esso, insieme alla valorizzazione del rapporto faccia a faccia tra venditore e cliente, sono essenziali per comprendere queste scelte (De la Pradelle, 1995). Così, nel caso delle donne tunisine, il valore socialmente aggiunto al prodotto italiano è legato al modo in cui esso è messo in scena. Una delle strategie commerciali più frequentemente adottate consiste nel mascherare la provenienza di un prodotto per attribuirgli un origine più nobile : un vestito cinese acquistato a Napoli sarà così venduto come un prodotto autenticamente italiano7; oppure di un prodotto proveniente da Napoli si dirà che esso

proviene da Firenze, essendo quest ultima abitualmente considerata città di maggior prestigio.

È anche abitudine diffusa porre enfasi sul valore esclusivo di taluni prodotti. A questi prodotti vengono riservati luoghi di vendita considerati speciali, in genere degli spazi privati, siano essi appartamenti o semplicemente dei retrobottega, mentre il suq e la bottega vera e propria conservano una funzione di vetrina per il resto delle merci. Sabrina descrive in questi termini il suo comportamento con i clienti: Io penso sempre al cliente! Faccio del mio meglio per avere un prodotto veramente esclusivo, anche se questo dovesse costare di più. Se le mie clienti trovano qualcosa al suq io cerco di dissuaderle, le consiglio di non comprare quel prodotto& i consigli sono più preziosi dei soldi, i soldi non ti danno niente, ciò che ti rimane è il consiglio. Noi abbiamo delle clienti fedeli nel tempo, ringraziando dio. Ci portano anche le loro nipoti, le loro amiche, le loro parenti, le vicine di casa, capisci? Ciò che apprezzano di più i nostri clienti è il nostro gusto, il fatto che noi riusciamo a capire le preferenze di ciascuno di loro: se gli piace scollato, se vuole essere sensuale, se vuole colori vivaci, e così via. Mi 7 Dal 1998, più di 150 grossisti cinesi hanno aperto a Napoli nelle stesse zone dove i Magrebini si riforniscono dei prodotti da rivendere in Italia e altrove: nella zona intorno alla stazione centrale, nell area vesuviana e nell area nord-occidentale di Napoli. I prodotti, essenzialmente abbigliamento e piccola oggettistica varia, sono importati dalla Cina e sbarcano in Italia passando per il porto di Napoli.

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trovi sempre presente: mi sveglio di buon mattino, mi occupo della casa, sono sempre pronta a rispondere ai desideri dei clienti .

È molto importante per le donne commercianti conservare una presenza assidua al suq, per farsi vedere, conoscere o anche solo per non perdere il rapporto con la propria clientela ed evitare che essa venga conquistata da altri venditori. Tuttavia, si cerca di costruire un rapporto privilegiato con la clientela che compra a domicilio, rompendo così il tipico anonimato del mercato settimanale. Si tratta di una clientela fedele, della quale si ha una conoscenza diretta e approfondita, a cui si possono accordare i crediti. Così la maggior parte del giro di affari di queste donne si svolge nel chiuso delle stanze d appartamento, dove è anche più facile giocare con il valore dei prodotti. Latifah ha dedicato una parte del suo negozio a queste transazioni di valore speciale, arredandola come un vero e proprio spazio domestico (vedi box sotto).

La boutique di Latifah

Sulle mura della boutique di Latifah, campeggiano fotografie di modelle bionde che esibiscono tailleurs e pellicce, con vistose insegne che sottolineano la provenienza italiana dei prodotti. Siamo in pieno Ramadan e le botteghe restano aperte fino alla mezzanotte. Latifah si diverte a prendere in giro la bottega di fronte: dicono che vendono merce italiana, ma in realtà è turca: a chi credono di voler ingannare? . C è fermento nel negozio, e il telefono portatile di Latifah non smette un attimo di suonare: le clienti hanno saputo che è arrivata nuova merce e si contendono i capi. Durante un momento di calma, Latifah mi propone di visitare la stanza al piano di sopra, riservata alle clienti speciali. In dei grandi guardaroba vengono stoccati i vestiti più belli e richiesti. La stanza, interamente tappezzata di specchi, è arredata come un piccolo salotto, dove si può anche prendere il tè. Il tutto cerca di restituire un atmosfera calorosa e familiare, perché per Latifah si tratta soprattutto di onorare la sua clientela più fedele, con la quale ha iniziato a lavorare quando ancora vendeva a domicilio, prima di acquistare la bottega.

4. Le reti di relazione : vantaggi e limiti del viaggio in gruppo

Compagne di viaggio

Per il fatto di svolgere un attività commerciale che richiede particolari competenze e strategie, a partire dalla capacità di agire in contesti diversi da quelli di appartenenza, le donne devono anche cercare di creare condizioni favorevoli ai loro continui spostamenti. È così che esse sviluppano particolari capacità organizzative nella circolazione transnazionale, che poggiano in primo luogo sull idea che si debba evitare di viaggiare in solitudine, ma in gruppi di almeno tre persone, composti da quelle che si chiamano le compagne di viaggio (copines). Le compagne di viaggio possono variare da una spedizione all altra, ma sono sempre scelte in seno a un gruppo stabile di circa quaranta persone, intorno al quale gravitano anche altre donne che si recano periodicamente a Napoli per fare spese personali.

Anche se le alleanze tra queste donne iniziano a costituirsi nel paese di appartenenza, non è il comune luogo di provenienza il motivo fondamentale di intesa tra esse. In realtà, le ragioni che ispirano i loro incontri nascono in prima istanza dalla comune frequentazione del mercato settimanale e da legami affettivi che si sono venuti a creare a dispetto del luogo stesso di provenienza. Per entrare a far parte del gruppo di

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circolanti bisogna guadagnarsi la fiducia di una delle donne, che ha il compito di introdurre la nuova arrivata alle altre. Le solidarietà di gruppo possono anche essere consolidate da alcuni eventi di carattere speciale, come ad esempio il matrimonio tra una giovane commerciante e il figlio di un altra commerciante più anziana. Accade anche che l organizzazione di gruppo si riproduca nei suq, in Tunisia, dove le commercianti possono decidere di condividere lo stesso banco di vendita.

Conviene peraltro attenuare quest apparentemente inossidabile spirito di gruppo . Le reti di relazioni sono in realtà ben più aperte di quanto possa sembrare a prima vista, al punto che a chi scrive è stata avanzata in più occasioni la proposta di associarsi al gruppo. Inoltre, anche l idea che ogni donna possa sempre fare affidamento sull aiuto delle compagne di viaggio va relativizzata: ognuna di esse continua sempre a essere l unica responsabile della propria impresa, i profitti e i capitali non sono mai condivisi né esistono meccanismi di finanziamento comunitario, del tipo tontine (Ma Mung e Simon, 1990). Gli stessi rapporti tra le donne sono tutt altro che privi di tensioni e, in alcune situazioni, si può arrivare fino a mettere in campo pratiche decisamente sleali nell intento di danneggiare un altra commerciante. Qualcosa del genere può accadere anche all interno delle stesse famiglie, dove i rapporti tra coloro che partecipano all impresa commerciale possono conoscere motivi di tensione, anche se non si arriva mai a pervenire a una loro rottura definitiva.

Viaggiare in gruppo d altro canto non è sempre un vantaggio, perché può dare all attività commerciale una visibilità che non è sempre desiderabile. Così le donne ritengono opportuno prendere le debite contromisure, ad esempio nelle operazioni che concernono la scelta dei prodotti. Non è raro, in questi frangenti, che una delle commercianti possa pensare di assoldare degli intermediari commerciali operanti a Napoli, allo scopo di ottenere informazioni sul tipo di prodotto acquistato da una collega. La rete di compagne di viaggio esercita anche una funzione di controllo sul comportamento delle donne durante i trasferimenti, il che permette di rassicurare coloro che restano nel paese, segnatamente i mariti e i figli.

Resta il fatto, comunque, che le donne mostrano in genere di rimanere legate a questa forma di viaggio, in primo luogo per la dimensione ludica che essa garantisce, come si vede dal fatto che i viaggi sono spesso allietati da vere e proprie scene di feste e di divertimento collettivo. Tuttavia, al di là del carattere gradevole che esso assicura, il viaggio in gruppo ha il vantaggio di ridurre gli oneri economici dello spostamento (a partire dalla condivisione dei costi per le stanze d albergo e per le cabine passeggeri nelle navi, delle spese di noleggio delle automobili e dei furgoni necessari al trasporto delle merci). Si tratta di mettere in comune anche risorse immateriali, come possono essere la conoscenza degli itinerari da compiere, la familiarità con la lingua straniera e i legami con alcuni personaggi-chiave. Viaggiare in compagnia consente, in altre parole, di ridurre l impatto sociale rappresentato dal viaggio in Italia, giacché la maggioranza di queste donne non ha mai vissuto in un paese europeo. Inoltre, il fatto di essere in gruppo consente di affrontare meglio l incontro con contesti sociali difficili come quello del quartiere della stazione ferroviaria di Napoli. A dimostrazione di ciò, si può vedere come le donne che possono già contare su una propria esperienza migratoria non esitano a distinguersi e talora persino a distaccarsi dal gruppo di viaggiatrici. È questo il caso di Latifah, che ha scelto per l appunto di viaggiare da sola e che, interrogata su questo punto, non manca di parlare in toni sprezzanti delle altre commercianti.

Per queste donne, quindi, la partecipazione al gruppo di viaggiatrici rappresenta, più che un impresa comune, l adesione a una sorte di club, di gruppo di interesse ,

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all interno del quale si ha la possibilità di scegliere le persone ritenute più disponibili a intraprendere insieme un nuovo viaggio.

L osservazione del funzionamento in rete di queste associazioni informali di donne permette di evidenziare il formarsi di alleanze contingenti e puntuali e quindi di superare una visione poco dinamica delle solidarietà di gruppo (Riccio, 2000). Le trasmigranti di cui abbiamo raccontato le vicende non rappresentano delle ethnic business-women, nel senso che la sociologia americana dà a questo termine (Aldrich, Waldinger e Ward, 1990): più che una base comune di carattere etnico o culturale, sono le esperienze, le pratiche collettive, il gusto del commercio e gli obiettivi condivisi che creano i legami tra le donne (Hily, 2002, Manry, 2002). Si tratta, per dirla con Péraldi, di una solidarietà di circostanza : una costruzione del legame che avviene nelle circostanze stesse che scandiscono l esperienza condivisa dai viaggiatori (Péraldi, 2001, trad.mia).

Altri interlocutori

Nello svolgimento della propria attività, le donne dispongono di una rete di relazioni che non si limita soltanto al gruppo di viaggiatrici, ma arriva a coinvolgere altri membri del campo migratorio tunisino in Italia (con i quali si potranno contrarre debiti o operare scambi di valute), attori ufficiali e non delle fasi di passaggio della frontiera (doganieri, consoli, passeurs) e attori disparati (grossisti, proprietari e portieri di albergo, intermediari commerciali). Dai legami che si stabiliscono con questi attori scaturisce un patrimonio relazionale che le donne possono scegliere di mettere in comune con le altre compagne di viaggio oppure di conservare per sé.

In questo ventaglio relazionale, la figura dell intermediario commerciale è una di quelle più degne di attenzione, perché dimostra la capacità delle donne di incidere attivamente sull organizzazione sociale delle piazze commerciali da esse frequentate. Questa figura, infatti, è apparsa in seguito a un esplicita richiesta avanzata dalle donne in questo senso, alla ricerca di persone sulle quali fare affidamento durante i propri spostamenti. L intermediario svolge una funzione sia concreta che simbolica: egli infatti, da un lato, si prende carico degli aspetti logistici e organizzativi delle missioni, accompagnando le donne sui luoghi di acquisto, prenotando le stanze d albergo e ottemperando in prima persona alla funzione di interprete durante le transazioni commerciali. Dall altro lato, il suo ruolo si esplica anche su un piano simbolico, essendo egli una figura al punto conosciuta e rispettata nella piazza da potersi permettere di accreditarsi come garante delle operazioni. Il fatto che l intermediario sia in genere un migrante magrebino di lungo periodo, consente ad esso di costruire legami tra gruppi diversi, e in particolare tra sedentari (siano autoctoni o meno) e circolanti , a testimonianza del carattere cosmopolita ormai fermamente impresso nella geografia urbana di Napoli e di altre città del Mediterraneo.

Conclusioni

Magrebina, Tunisina, Musulmana. Trasmigrante e donna di casa. Madre, sposa, viaggiatrice di gruppo, capo d impresa, commerciante e passeuse: è sotto tutti questi aspetti che bisogna leggere le traiettorie, le carriere e le strategie di queste donne. I loro

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percorsi e le loro forme di organizzazione giocano quella funzione di specchio che Abdelmalek Sayad attribuisce alle migrazioni (Sayad, 1999).

Immagine speculare del paese di partenza, le migrazioni riflettono le posizioni degli uomini e delle donne nella società (Bjeren, 1997), ma contribuiscono allo stesso tempo anche a trasformarle. Da questo punto di vista, se è vero che la migrazione femminile trasgredisce il modello sociale tradizionale della donna (Ramirez, 1999), bisogna anche constatare come essa lo faccia con una certa gradualità, contraddicendo così un opinione comune che vuole ridurre la scelta migratoria a una mera reazione mossa nei confronti di condizioni di esclusione e di frustrazione sociale.

Lungi dall essere marginali, le vicende di queste donne si iscrivono a pieno titolo nelle dinamiche di cambiamento che attraversano oggi le società magrebine, in cui un ruolo fondamentale è giocato dagli attori che contano meno , con le loro strategie di mobilità sociale. Il prezzo che le donne devono pagare per mettere in campo queste strategie di mobilità sociale è peraltro limitato, almeno ai loro occhi, giacché il carattere temporaneo degli spostamenti e la peculiarità delle forme organizzative di gruppo da esse praticate permettono loro di ridurre i costi sociali della migrazione. Riuscendo a trarre beneficio dalle opportunità connesse alle loro scelte migratorie e a valorizzare le risorse materiali e immateriali offerte dalle relazioni da esse costruite, queste donne hanno dimostrato di saper utilizzare a proprio vantaggio e, al tempo stesso, di trasformare spazi distanti l uno dall altro, nel paese di origine e nel paese di arrivo.

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