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Lezioni di Geometria Proiettiva

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Academic year: 2022

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Texte intégral

(1)

Lucian B˘adescu

(2)
(3)

Introduzione

Mηδ´ις αγωµτρητoς ισ´´ ιτω

3

(4)
(5)

1. Piani proiettivi

In questo capitolo inizieremo lo studio della geometria proiettiva dal punto di vista assiomatico.

SianoXun insieme non vuoto eDun sottinsieme non vuoto dell’insiemeP(X) delle parti diX. Gli elementi diXverranno chiamatipunti, mentre gli elementi diDrette. I punti verranno in generale denotati con lettere latine maiuscole A,B,C, . . . (a volte anche con lettere greche maiuscoleΩ,∆, . . .), mentre le rette con lettere latine (o greche) minuscolea,b,c,d, . . .(risp.α, β, γ, . . .). Se un puntoAappartiene alla rettaddiremo che il puntoAgiace sulla rettadoppure che la rettadpassa per il puntoA.

Definizione 1.1. Si dice che la coppia (X,D) `e unastruttura di incidenzase vale il seguente assioma:

(P1) Per ogni coppia di punti distintiA,B∈Xesiste un’unica rettad∈Dtale cheA∈deB∈d.

Se (X,D) `e una struttura di incidenza e seA,B∈X,A,B, allora la retta individuata dai puntiAeB verr`a denotata conAB. Dalla definizione segue immediatamente che l’intersezione di due rette di (X,D)

`e o una retta (se le due rette coincidono) o un punto o l’insieme vuoto.

Definizione 1.2. SiaYun sottinsieme non vuoto diX. Si dice cheY`e unasottovariet`a linearedi (X,D) se per ogni coppia di punti distintiA B∈Yla rettaAB`e contenuta inY. In altre parole,Y`e una sottovariet`a lineare se la coppia (Y,D0) `e una struttura di incidenza dove conD0abbiamo denotato l’insieme delle rette diDche sono contenute inY. Il sottinsieme vuoto∅diX, i punti e le rette di (X,D) sono esempi di sottovariet`a lineari.

Definizione 1.3. Siano (X,D) una struttura di incidenza eA,B,C∈Xtre punti. Si dice cheA,B,Csono allineatise esiste una rettad ∈ Dtale cheA,B,C ∈ d. In altre parole, A,B,Csono allineati se e solo se C∈AB.

Definizione 1.4. Sia (X,D) una struttura di incidenza. Si dir`a che (X,D) `e unpiano proiettivose (oltre all’assioma (P1)) valgono i seguenti due assiomi:

(P2) Per ogni coppia di retted,d0∈Dallorad∩d0,∅.

(P3) Esistono quattro puntiA,B,C,D∈Xa tre a tre non allineati.

Esempi 1.5.

1. SianoXl’insieme soggiacente al piano affine standardA2(K) su un campoK,Dl’insieme di tutti i sottospazi affini di dimensione 1 diA2(K). Allora la coppia (X,D) `e una struttura di incidenza che non verifica l’assioma (P2), quindi non `e un piano proiettivo nel senso della Definizione 1.4 (sono verificati solo gli assiomi (P1) e (P3)).

2. Consideriamo l’insiemeX={1,2,3,4,5,6,7}e sia

D={{1,2,6},{2,3,4},{1,3,5},{1,4,7},{2,5,7},{3,6,7},{4,5,6}}.

Allora (X,D) `e una struttura di incidenza. Inoltre si verifica facilmente (esercizio per il Lettore) che (X,D) rappresenta un piano proiettivo che si chiama ilpiano di Fano(si veda la Figura 1.1).

Partendo dall’ Esempio 1 (con K = R) possiamo costruire un esempio di piano proiettivo nel modo seguente. SiaD0l’insieme di tutte le rette affini diA2(R). SuD0consideriamo la relazione

5

(6)

Figura 1.1:

7

2 3

6

1

5

4

d’equivalenza seguente: due retted,d0∈D0sono equivalenti se e solo seded0sono parallele (i.e.

d = d0 o d∩d0 = ∅). `E ben chiaro che questa `e una relazione d’equivalenza. Denotiamo con ω l’insieme quoziente. Sed∈D0allora denoteremo con [d] la classe di parallelismo (o la “direzione”) della rettad. Per esempio sedha equazione

y=mx+n, m,n∈R, ogni altra retta parallela adha equazione

y=mx+n0, n0∈R.

In altre parole, la “direzione” did`e data dal coefficientem. D’altro canto, le rette parallele all’asse Oyhanno equazioni della forma

x=a, a∈R,

perci `o possiamo dire che hanno la pendenza m = ∞. Possiamo dire che l’insieme di tutte le

“direzioni”ω:={[d]|d ∈ D0}si identifica con l’insiemeR∪ {∞}. Con queste notazioni poniamo X:=R2∪ω(unione disgiunta). PertantoXcontiene come sottinsieme il piano affine standardA2(R) (i cui punti verranno chiamati punti propri); i punti diωverranno chiamati i “punti all’infinito” di X. Per ogni rettaddiD0poniamo ˜d:=d∪ {[d]}. Allora ˜d⊂Xe poniamo

D:={d˜|d∈D0} ∪ {ω}. Per il Lemma 1.6 la coppia (X,D) `e un piano proiettivo.

Lemma 1.6. La coppia(X,D), costruita nell’Esempio 1.5 3, `e un piano proiettivo.

Dimostrazione

. Per verificare l’assioma (P1) sianoA,B∈X,A,B. SeA,Bsono punti propri, allora esiste un’unica retta affined∈D0passante perAeB. Allora ˜d`e l’unica retta diDpassante perAeB. Se A`e punto proprio eB∈ω, alloraB=[d], cond∈D0, allora per l’assioma delle parallele esiste un’unica rettad0parallela alla rettadpassante per il puntoA; ne segue che la retta ˜d0`e l’unica retta diDpassante perAeB=[d]=[d0]. Infine, se entrambi i puntiAeBsono punti all’infinito (i.e.A,B∈ ω) alloraω`e unica retta diDpassante perAeB.

Verifichiamo ora l’assioma (P2). Consideriamo dapprima due rette distinte diDdella forma ˜de ˜d0, cond,d0 ∈D0; vi sono allora due possibilit`a: o le retteded0non sono parallele, i.e.d,d0ed∩d0 ,∅ (quindi a fortiorid˜∩d˜0 , ∅), o d `e parallela ad0 (i.e. [d] = [d0] =: A). In quest’ultima caso possiamo supporre, evidentemente,d,d0e allora abbiamo ˜d∩d˜0={A}. Infine, ogni retta della forma ˜d, cond∈D0, interseca la retta all’ infinitoωnel punto [d] all’infinito.

La verifica dell’assioma (P3) `e ovvia dal momento che esistono quattro punti (inA2(R)) a tre a tre

non allineati.

(7)

Figura 1.2:

d

e A

A0

•P

Lemma 1.7. Sia(X,D)un piano proiettivo e siano A, B, C∈Xtre punti non allineati. Allora X= [

FBC

AF .

Dimostrazione

. Ovviamente, dobbiamo dimostrare solo l’inclusione⊆. Sia alloraD ∈ X,D, A.

Per l’assioma (P2),AD∩BC,∅. Quindi esiste un puntoF∈AD∩BC. AlloraD∈AF, conF∈BC.

Lemma 1.8. Siano(X,D)un piano proiettivo e d, e∈Ddue rette arbitrarie. Allora esiste una bigezione d e e.

Dimostrazione

. Sed =enon c’`e niente da dimostrare. Supponiamo quindid,e. Affermiamo che esiste un puntoP∈X\(d∪e). Questo fatto segue dall’assioma (P3). Infatti, seA,B,C,D∈Xsono quattro punti a tre a tre non allineati, allora affermiamo che almeno uno di questi punti non appartiene all’unione d∪e(altrimenti, dall’assioma (P3) seguirebbe che due di questi, ad esempioAeB, apparterebbero ad\e, mentre gli altri due,CeD, apparterebbero ae\d; allora l’intersezioneAD∩BCsarebbe un puntoP∈X non appartenente ad∪d0).

Fissiamo quindi un puntoP∈X\(d∪e). Allora possiamo definire l’applicazione f:d→etale che f(A)=A0, doveA∈deA0:=AP∩e(l’esistenza diA0segue dall’assioma (P2), si veda Figura 1.2).

L’applicazione f `e bigettiva perch`e possiamo definire l’applicazione inversa g:e → d tale che g(B0)=B, conB0∈eeB:=B0P∩d. `E chiaro cheg`e l’inversa di f (si tenga conto dell’assioma (P1).

Consideriamo ora i seguenti due assiomi referiti a una struttura di incidenza (X,D):

(P03) Ogni rettad∈Dcontiene almeno tre punti.

(P003) Esistono tre punti diXnon allineati.

Dimostriamo la seguente

Proposizione 1.9. Sia(X,D)una struttura di incidenza. Le seguenti condizioni sono equivalenti:

i) (X,D)verifica gli assiomi(P2)e(P3) (i.e.(X,D)`e un piano proiettivo).

ii) (X,D)verifica gli assiomi(P2),(P03)e(P003).

Dimostrazione

. i)⇒ii). Evidentemente l’assioma (P3) implica l’ assioma (P003). D’altra parte, siano A,B,C,D∈Xquattro punti a tre a tre non allineati. Allora l’intersezione delle retteADeBC(che `e non vuota per l’assioma (P2)) `e un puntoEdella rettaBCdiverso sia daBche daC. In particulare, la retta BCha almeno tre punti distinti. Per il Lemma 1.8 ogni altra retta ha almeno tre punti distinti, quindi (P3) implica (P03).

(8)

Figura 1.3:

G

B C

F

A

E

D

ii)⇒ i). Per l’assioma (P003) esistono tre puntiA,B,C∈ Xnon allineati. Per l’assioma (P03) la retta BCcontiene un puntoEdiverso sia daBche daC. Per lo stesso assioma la rettaAEcontiene un punto Ddiverso sia daAche daE. Allora i puntiA,B,C,Dsono a tre a tre non allineati e l’assioma (P3) `e

verificato.

Definizione 1.10. Siano (X,D) e (X0,D0) due piani proiettivi. Un’applicazione f:X → X0 si chiama isomorfismo di piani proiettivise f `e bigettiva e se per ogni tre punti allineatiA,B,C∈X, i punti f(A),f(B) e f(C) sono parimenti allineati inX0). Il piano proiettivo (X,D) `e isomorfo al piano proiettivo (X0,D0) se esiste un isomorfismo di piani proiettivi f:X→X0.

La seguente proposizione prova che la relazione di isomorfismo tra piani proiettivi `e simmetrica.

Proposizione 1.11. Se f:X→X0`e un isomorfismo di piani proiettivi, anche f1:X0→X`e un isomorfismo di piani proiettivi.

Dimostrazione

. Dobbiamo dimostrare che se A0,B0,C0 ∈ X0 sono tre punti allineati, allora A :=

f1(A0),B:= f1(B0),C:= f1(C0) sono parimenti allineati (inX). Supponiamo per assurdo cheA,B,C non siano allineati. SiaP∈Xun punto arbitrario. Proveremo che f(P)∈d0, doved0 `e retta determinata daA0= f(A),B0= f(B) eC0= f(C), cosa che contrasta con la surgettivit`a di f (d0 ,X0). SeP=Aallora l’affermazione che f(P)∈ d0 `e chiara. Supponiamo quindiP , A, tenendo conto dell’assioma (P2), sia D:=AP∩BC. Tenendo conto che f `e un isomorfismo si ha f(D)∈ B0C0=d0(poich´eD∈ BC) e quindi

f(P)∈ f(A)f(D)⊆d0.

L’Esercizio 1.1 mostra che il piano di Fano ha la propriet`a che ogni retta contiene esattamente tre punti. La seguente proposizione dimmostra la validit`a dell’affermazione Viceversa.

Proposizione 1.12. Sia(X0,D0)un piano proiettivo con la propriet`a che ogni retta diD0contiene esattamente tre punti. Allora(X0,D0)`e isomorfo al piano di Fano(si vedano l’Esempio 1.5, 2e l’Esercizio 1.3).

Dimostrazione

. Utilizzando il Lemma 1.7 e l’ipotesi che ogni retta contenga esattamente tre punti, si vede immediatamente cheX0 `e un insieme formato esattamente da sette punti. SianoA,B,C∈X0tre punti non allineati. I restanti punti sono come nella Figura??. Allora definiamo f:{1,2,3,4,5,6,7} → {A,B,C,D,E,F,G}con f(1) = A, f(2) =B, f(3) = C, f(4) =D, f(5) = E, f(6) =Fe f(7) =G. Si verifica immediatamente che l’applicazione f cos`ı definita `e un isomorfismo di piani proiettivi (si confronti con

la Figura 1.1).

Esercizi

Esercizio 1.1. Dimostrare che se in un piano proiettivoXesiste una retta costituita dam(m≥3) punti distinti alloraX`e costituito dam2−m+1 punti distinti.

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Esercizio 1.2. Nelle ipotesi dell’Esercizio 1.1 si dimostri che per ogni punto diXpassano esattamentem rette distinte.

Esercizio 1.3. Nelle ipotesi dell’Esercizio 1.1 si calcoli il numero degli elementi dell’insieme seguente {(A,B,C)∈X×X×X|con A, B, C non allineati}.

Esercizio 1.4. Dimostrare che la struttura di incidenza dell’Esempio 1.5, 2. `e un piano proiettivo (il piano di Fano).

(10)
(11)

2. Spazi proiettivi

In questo capitolo definiremo la nozione generale di spazio proiettivo. I piani proiettivi introdotti nel capitolo precedente sono casi speciali di spazi proiettivi.

Definizione 2.1. Sia (X,D) una struttura di incidenza che soddisfa l’ assioma (P003) (cio`e esistono tre punti non allineati). (X,D) si chiamaspazio proiettivose inoltre `e soddisfatto il seguente assioma:

(P4) Per ogni tre punti non allineatiA,B,C∈Xesiste una sottovariet`a lineareYdi (X,D) che contiene i puntiA,B,Ce che `e un piano proiettivo (i.e. la struttura di incidenza (Y,D0), conD0:={d∈D|d⊂ Y}, soddisfa gli assiomi (P2) e (P3)).

Se (X,D) `e uno spazio proiettivo e seA,B,C∈Xsono tre punti non allineati, dal Lemma 1.7 segue che ogni piano proiettivoYche contiene i puntiA,B,Ccoincide (come insieme di punti) con S

PBC

AP. In particolare,Y`e univocamente determinato da ogni tre punti non allineatiA,B,C∈Y, e verr`a chiamato ilpiano proiettivo passante per i punti A, B, C, e sar`a denotato conABC.

Ne segue che ogni spazio proiettivo soddisfa l’assioma (P03). In altre parole, ogni retta di uno spazio proiettivo contiene almeno tre punti distinti. D’altra parte, l’assioma (P2) non `e in generale soddisfatto da certi spazi proiettivi. Ogni piano proiettivo `e un esempio di spazio proiettivo (in tal caso l’assioma (P2) `e soddisfatto). Viceversa, se uno spazio proiettivo (X,D) soddisfa l’assioma (P2) allora (X,D) `e un piano proiettivo.

Uno spazio proiettivo che non `e un piano proiettivo contiene quattro puntiA,B,C,Dtali cheA,B, Cnon sono allineati eD<ABC. In generale, quattro punti di uno spazio proiettivo (X,D) che non sono contenuti in un piano proiettivo (oppure, semplicemente, piano, se non c’`e pericolo di confusione) di (X,D) si chiamanopunti non complanari. Ne segue che quattro punti non complanari sono a tre a tre non allineati.

Spazi proiettivi associati a uno spazio vettoriale su un campo K

SiaVuno spazio vettoriale di dimensionen+1 (conn≥2) su un campoK. Faremo vedere come aVsi pu `o associare in un modo naturale uno spazio proiettivo nel senso della Definizione 2.1. Denoteremo con Xl’insieme di tutti i sottospazi vettoriali di dimensione 1 suK. Dare un siffatto sottospazioWequivale a dare un vettore non nullov∈W(un tale vettore `e automaticamente una base diW). Per ogni altro vettore non nullov0∈ Wesiste uno scalare non nulloλ∈ Ktale chev0 =λv(poich´e dimK(W)=1). Viceversa, a un dato un vettore non nullo v ∈ V possiamo associare il sottospazio vettoriale di dimensione 1, W:=Kv=h{v}i, generato dav. In particolare,X,∅.

Definiamo ora il sottinsiemeD ⊆P(X) dell’insiemeP(X) delle parti diX, i.e. l’insieme delle rette diX. SiaWun sottospazio vettoriale di dimensione 2 (suK) diV(tali sottospazi esistono inVpoich´e dimK(V)=n+1≥3). A un tale sottospazio si pu `o associare il sottinsiemedWdi tutti i sottospazi vettoriali di dimensione 1 (suK) contenuti inW. In altre paroledW :={Kv | v∈W, v,0V}. Allora poniamo

D:={dW|Wsottospazio vettoriale diV, dimK(W)=2}. Denotiamo conP(V) :=(X,D). Con queste notazioni abbiamo:

11

(12)

Teorema 2.2. Con le notazioni di sopra,P(V)=(X,D)`e uno spazio proiettivo nel senso della Definizione 2.1.

Dimostrazione

. Verifichiamo innanzitutto cheP(V) :=(X,D) `e una struttura di incidenza, i.e. che

`e verificato l’assioma (P1). SianoA,B∈ Xdue punti distinti. In altre paroleAeBsono due sottospazi vettoriali della formaA=KveB=Kw, conv,w∈Vvettori non nulli. Il fatto cheA,Bequivale al fatto che i vettoriv,wsono linearmente indipendenti suK. Sia alloraWil sottospazio vettoriale diVgenerato davew. Ne segue che dimK(W)=2, quindiWdefinisce una rettadW∈D, che contiene evidentemente i puntiA,B∈X. Pertanto l’esistenza nell’assioma (P1) `e dimostrata. Per l’unicit`a, siaW0un sottospazio vettoriale di dimensione 2 diVtale cheA,B∈dW0, i.e.v,w∈W0. Poich´e dimK(W0)=2,v,w∈W0ev,w sono linearmente indipendenti (suK), ne segue cheW0 `e generato dai vettorivew, i.e.W0 =W, da cui l’unicit`a nell’assioma (P1).

QuindiP(V)=(X,D) `e una struttura di incidenza. Nel prosieguo avremo bisogno del seguente:

Lemma 2.3. SupponiamodimK(V)=3. AlloraP(V)=(X,D)`e un piano proiettivo.

Dimostrazione del

Lemma 2.3

.

La verifica dell’assioma(P2).SianodWedW0due rette diP(V), con W eW0sottospazi vettoriali di dimensione 2 di V. SeW = W0alloradW = dW0, e quindi non c’`e niente da dimostrare. Supponiamo oraW,W0. Poich´e dimK(V)=3 eWeW0sono sottospazi vettoriali di dimensione 2 distinti,W+W0=V. Per la formula di Grassmann per gli spazi vettoriali otteniamo

dimK(W∩W0)=dimK(W)+dimK(W0)−dimK(W+W0)=2+2−3=1, quindiW∩W0`e un punto diXcomune alle rettedWedW0.

La verifica dell’assioma(P03).SiadW ∈Duna retta, conWsottospazio vettoriale di dimensione 2 di V. Bisogna dimostrare cheWcontiene almeno tre sottospazi vettoriali di dimensione 1. Siav1,v2una base diWsu K. Allora `e facile vedere che i vettoriv1,v2 ev :=v1+v2 sono a due a due linearmente indipendenti, quindi definiscono tre punti distinti della rettadW.

La verifica dell’assioma(P3).Siav1,v2,v3una base diVsuK. Allora i sottospazi vettoriali di dimensione 1Wi :=Kvi,i=1,2,3 definiscono tre punti diXnon allineati (essere allineati equivale, per esempio, a W3⊆W1+W2, ci `o che contraddice la lineare indipendenza dei vettorilv1,v2,v3).

Torniamo alla dimostrazione del Teorema 2.2. Il Lemma 2.3 dimostra il teorema nel caso n = 2.

Supponiamo quindin ≥ 3, i.e. dimK(V) ≥ 4. Il ragionamento della dimostrazione del Lemma 2.3 per verificare l’assioma (P003) rimane lo stesso anche in questo caso, perch`e utilizza solo la lineare indipendenza dei vettoriv1,v2,v3. Rimane quindi da verificare l’assioma (P4); siano alloraA,B,Ctre punti non allineati diX, i.e. tre sottospazi vettoriali di dimensione 1 diV:A=Kv1,B=Kv2eC=Kv3 tali che i vettoriv1, v2ev3siano linearmente indipendenti suK. Denotiamo conWil sottospazio vettoriale diVgenerato da v1,v2,v3. Poich´e dimK(W)=3, possiamo applicare il Lemma 2.2 per dedurre cheP(W) (il cui insieme soggiacente `e l’insieme di tutti i sottospazi vettoriali di dimensione 1 diVche sono contenuti inW) `e un piano proiettivo. Pertanto la sottovariet`a lineare della struttura di incidenzaP(V) generata dai punti non allineatiA,BeCsi identifica con un piano proiettivo. In questo modo il Teorema 2.2 `e dimostrato.

Definizione 2.4. Lo spazio proiettivoP(V) dato dal Teorema 2.2 si chiama lospazio proiettivo associato allo spazio vettoriale V sul campo K.

Definizione 2.5. SeK `e un campo, consideriamo lo spazio vettoriale standardV=Kn+1 di dimensione n+1 (n ≥ 2) suK. Allora lo spazio proiettivo P(V) = P(Kn+1) si chiamaspazio proiettivo standard di dimensione n sul campo Ke sar`a denotatoPn(K). Consideriamo lo spazio vettoriale standardKn+1, in modo analogo possiamo parlare dispazio proiettivo standard di dimensione n su K, denotato conPn(K).

La costruzione di sopra ha senso anche nel caso in cuiV `e lo spazio vettoriale standardK2 suK, nel qual caso l’insiemeP1(K) di tutti iK-sottospazi vettoriali di dimensione 1 diV = K2 si chiama la retta proiettiva standardsul campoK. Se il campoK`e commutativoP1(K) si chiama semplicemente laretta proiettiva standardsul campoK.

D’ora innanzi prenderemo in considerazione soprattutto gli spazi proiettivi standardPn(K) (n≥1) su un campoK. Poich´ePn(K),n≥2, sono esempi molto importanti di spazi proiettivi, bisogna esplicitare le precedenti definizioni nel caso degli spazi proiettivi standard.

(13)

Un punto di Pn(K) `e dunque un sottospazio vettoriale di dimensione 1 diV = Kn+1; quindi un sottospazio della formaKv, conv=(x0,x1, . . . ,xn)∈Kn+1\ {0}, dove 0 :=(0K,0K, . . . ,0K), con 0Kl’elemento zero di K. Due vettori non nulli v = (x0,x1, . . . ,xn) e w = (y0,y1, . . . ,yn) di Kn+1 generano lo stesso sottospazio vettoriale diKn+1 de dimensione 1 se e solo se esiste uno scalare non nulloa∈K\ {0K}tale cheyi=axi,∀i=0,1, . . . ,n.

Segue che l’insiemeXsoggiacente aPn(K) (n ≥1) si pu `o descrivere nel modo seguente. Poniamo X:=Kn+1\ {0}. Sull’insiemeXconsideriamo la seguente relazione d’equivalenza: sex:=(x0,x1, . . . ,xn), y := (y0,y1, . . . ,yn) ∈ X sono due elementi arbitrari allora poniamo per definizione (x0,x1, . . . ,xn) ∼ (y0,y1, . . . ,yn) se esistea ∈ K\ {0K}tale chexi = ayi,∀i = 0,1, . . . ,n. Poich´eK `e un campo si verifica immediatamente che in questo modo si ottiene una relazione d’equivalenza sull’ insiemeX.

L’intepretazione geometrica `e simplice:xeysono equivalenti se e solo se i punti (dello spazio affine An(K))x,ye 0 sono allineati.

Denotiamo conXl’insieme quozienteX/∼. Quindi un punto diX`e una classe di equivalenza ˆxdi un elementox=(x0,x1, . . . ,xn)∈X=Kn+1\{0}, mentre (x0,x1, . . . ,xn) saranno chiamate lecoordinate omogenee del puntoxˆ∈X. Lo stesso punto ˆx∈Xpu `o essere rappresentato anche da un altro sistema di coordinate omogenee (i.e. le coordinate omogenee dixnon sono univocamente determinate). Pi `u precisamente, due sistemi di coordinate omogenee (x0,x1, . . . ,xn)∈Xe (y0,y1, . . . ,yn)∈Xdefinescono lo stesso punto inX se e solo se esiste uno scalare non nulloa∈Ktale chexi=ayi,∀i=0,1, . . . ,n. D’ora innanzi un punto di Xrappresentato dalle coordinate omogenee (x0,x1, . . . ,xn)∈Kn+1\ {0}sar`a denotato con [x0,x1, . . . ,xn] (in luogo di ˆx). Quindi abbiamo [x0,x1, . . . ,xn]=[y0,y1, . . . ,yn] (con (x0,x1, . . . ,xn),(y0,y1, . . . ,yn)∈Kn+1\ {0}) se e solo se esistea∈K\ {0K}tale chexi=ayi,∀i=0,1, . . . ,n.

Esplicitiamo ora il concetto di retta inPn(K) (n≥2). SianoA=[x0,x1, . . . ,xn] eB=[y0,y1, . . . ,yn] due punti distinti diPn(K). La condizioneA,Bequivale al fatto che la matrice (a coefficienti inK)

Φ:= x0 x1 · · · xn

y0 y1 · · · yn

!

sia di rango 2. Allora il sottospazio vettorialeWdiKn+1generato dai vettori (x0,x1, . . . ,xn) e (y0,y1, . . . ,yn) non dipende dalla scelta di (x0,x1, . . . ,xn) nella classe [x0,x1, . . . ,xn] (resp. di (y0,y1, . . . ,yn) nella classe [y0,y1, . . . ,yn]) ed `e di dimensione 2. Allora ogni punto della rettadW = ABdeterminata daW `e della formaa(x0,x1, . . . ,xn)+b(y0,y1, . . . ,yn), conaebscalari diKnon entrambi nulli. In altre parole, si ha

AB={[ax0+by0,ax1+by1, . . . ,axn+byn]|(a,b)∈K×K\(0,0)}. (2.1) L’eguaglianza (2.1) ha senso anche nel cason=1; per `o in questo caso c’`e solo una “retta” diP1(K) ed

`e lo stesso spazioP1(K). SeA,B∈Pn(K) (n≥2) sono due punti distinti come sopra, allora l’applicazione f:P1(K)→Pn(K) definita da

f([λ0, λ1])=[λ0x01y0, λ0x11y1, . . . , λ0xn1yn]

`e (ben definita e) iniettiva e la cui immagine `e la rettaAB.

Questo modo di descrivere i punti e le rette dello spazio proiettivo standardPn(K)=Pn(K) (n≥2) suK `e quindi indipendente dal linguaggio degli spazi vettoriali. In questo senso sarebbe interessante dimostrare chePn(K) soddisfa gli assiomi di spazio proiettivo utilizzando solo elementi di teoria dei sistemi lineari a coefficienti in un campo commutativo, con cui il Lettore `e gia familiarizzato. Supponiamo quindi cheKsia un campo.

Prima bisogna verificare la correttezza della definizione di retta inPn(K), i.e. bisogna dimostrare che per ogni (a,b) ∈ K×K\(0,0) non si haaxi+byi = 0, ∀i ∈ {0,1, . . . ,n}. Infatti, in caso contrario avremmoa=b=0 poich´e il rango della matrice delle coordinate omogenee diAeB`e 2. Inoltre, bisogna anche verificare che la definizione `e indipendente dalla scelta del sistema delle coordinate omogenee, i.e. seA=[x00,x01, . . . ,x0n] eB=[y00,y01, . . . ,y0n] allora il membro destro di (2.1) non cambia. Utilizzando le eguaglianzex0i =cxiey0i =dyi, conc,d∈K\ {0}, la verifica `e immediata.

Verifichiamo ora l’assioma (P1). Il sottoinsiemeABdiXcontiene evidentemente i puntiAeB(se si ponea=1 eb=0, rispettivamentea=0 eb=1). Per quanto riguarda l’assioma (P1) rimane da verificare l’unicit`a. SianoC,D∈X,C,De supponiamo cheA,B∈CD. Bisogna dimostrare l’eguaglianzaAB=CD.

(14)

SianoA=[x0,x1, . . . ,xn],B=[y0,y1, . . . ,yn],C=[z0,z1, . . . ,zn] eD=[u0,u1, . . . ,un]. Il fatto cheA, B∈CDimplica l’esistenza di due coppie (a,b), (c,d)∈K×K\ {(0,0)}tali che si abbia:

xi=azi+bui, yi=czi+dui, ∀i=0,1, . . . ,n, o anche, in forma matricialeΛ·Ω = Φ, dove

Ω:= z0 z1 · · · zn

u0 u1 · · · zn

!

, Λ:= a b

c d

!

Verifichiamo prima cheAB⊆CD. SiaP=[p0,p1, . . . ,pn]∈ABun punto arbitrario. Dalla definizione diABsegue che esistono (α, β)∈K×K\ {(0,0)}tali chepi=αxi+βyi,i=0,1, . . . ,n. Deduciamo allora che pi=(αa+βc)zi+(αb+βd)ui∀i=0,1, . . . ,n, quindiP∈CD.

Per l’inclusione opposta osserviamo che, poich´e rang(Ω) = 2 e rang(Φ) = 2 (C , D e A , B) l’eguaglianzaΛ·Ω = Φimplica facilmente rang(Λ)=2, i.e.Λ`e una matrice invertibile. SeΘ = Λ1allora l’ ultima eguaglianza si scriveΩ = Θ·Ω. A questo punto per dimostrare l’inclusione oppostaCD⊆AB si procede esattamente come nel caso precedente.

In questo modo abbiamo dimostrato chePn(K) `e una struttura di incidenza. Come prima abbiamo bisogno del seguente:

Lemma 2.6. P2(K)`e un piano proiettivo.

Dimostrazione

. Abbiamo gi`a verificato l’assioma (P1) (anche pern ≥ 2). L’assioma (P3) `e ovvia- mente soddisfatto dai puntiA=[1,0,0],B=[0,1,0],C=[0,0,1] eD=[1,1,1].

Consideriamo ora due rette distinteAB={[αa0+βb0, αa1+βb1, αa2+βb2]| (α, β)∈ K×K\(0,0)}e CD={[γc0+δd0, γc1+δd1, γc2+δd2]|(γ, δ)∈K×K\(0,0)}, doveA=[a0,a1,a2],B=[b0,b1,b2],C=[c0,c1,c2] eD=[d0,d1,d2] sono quattro punti tali che le matrici

Λ:= a0 a1 a2

b0 b1 b2

!

, Γ:= c0 c1 c2

d0 d1 d2

!

abbiano entrambe rango 2. Per verificare l’assioma (P2) (i.e. cheAB∩CD,∅) bisogna dimostrare che il sistema omogeneo di equazioni lineari (de tre equazioni nelle incogniteα,β,γ,δ)

αai+βbi=γci+δdi, i=0,1,2

ammette una soluzione tale che (α, β),(0,0) e (γ, δ),(0,0). In ogni caso, questo sistema ammette una soluzione non nulla (α, β, γ, δ),(0,0,0,0). Se per esempioγ=δ=0 allora il sistema si riduce a

αai+βbi=0, i=0,1,2,

che ammette solo la soluzione nulla, il che contraddice il fatto che il sistema abbia una soluzione non

nulla.

Torniamo ora alla dimostrazione del fatto che Pn(K) `e uno spazio proiettivo. Il Lemma 2.6 ci dimostra il teorema nel cason=2. Supponiamo quindin≥3. SianoA=[a0,a1, . . . ,an],B=[b0,b1, . . . ,bn] eC=[c0,c1, . . . ,cn] tre punti diPn(K). Affermiamo cheA,BeCnon sono allineati se e solo se la matrice

Λ =







a0 a1 · · · an

b0 b1 · · · bn

c0 c1 · · · cn







ha rango massimo (=3).

Per dimostrare questo fatto osserviamo che se C ∈ AB, esiste (λ, µ) ∈ K×K\(0,0) tale che ci = λai+µbi,i=0,1, . . . ,n. In altre parole, la terza riga diΛ `e combinazione lineare delle prime due, da cui rang(Λ)≤2.

Viceversa, supponiamo che A, B e C sono non allineati e tuttavia rang(Λ) ≤ 2. Poich´e A , B, rang(Λ)=2. Esiste quindi un minore di ordine 2 non nullo diΛ. Supponiamo per esempio che un tale minore sia

(15)

Φ = a0 a1

b0 b1

!

(quindi det(Φ),0). Dalla teoria dei sistemi lineari deduciamo che ogni soluzione del sistema lineare a0x0+b0x1 =−c0x2, a1x0+b1x1=−c1x2

soddisfa le equazioniaix0+bix1 =−cix2,i=2, . . . ,n. Poich´e le eguaglianzec0 =c1 =0 sono impossibili (altrimenti esisterebbe uni≥ 2 tale checi , 0 e poich´e det(Φ),0, risulterebbe rang(Λ)= 3), il nostro sistema ammette una soluzione della forma (λ, µ,1), con (λ, µ),(0,0). In altre parole,C∈AB, quindi i puntiA,BeCsarebbero allineati. Questo dimostra la nostra affermazione.

Partendo quindi dai punti non allineatiA,B,C ∈ Pn(K), allo scopo di verificare l’assioma (P4), consideriamo l’applicazione f:P2(K)→Pn(K) definita mediante la formula:

f([x0,x1,x2])=[a0x0+b0x1+c0x2, a1x0+b1x1+c1x2, . . . ,anx0+bnx1+cnx2].

Bisogna prima verificare che la definizione di f `e ben posta. Prima bisogna dimostrare che le eguaglianze

aix0+bix1+cix2=0, i=0,1, . . . ,n

non possono valere simultaneamente. Infatti, in caso contrario, queste eguaglianze definirebbero un sistema lineare omogeneo din+1 equazioni a tre incognitex0,x1,x2, con la matrice del sistema di rangi massimo 3 (poich´eA,B,Csono non allineati). Risulterebbe allora che il sistema avrebbe solo la soluzione banalex0=x1=x2 =0, ci `o che `e evidentemente impossibile poch`ex0,x1,x2sono le coordinate omogenee di un punto diP2(K).

A questo punto bisogna verificare che la definizione di f non dipende dalla scelta del sistema di coordinate omogenee. Sia quindi [x0,x1,x2] =[y0,y1,y2]. Allora esisteλ ∈ K\ {0}tale che yi =λxi, i=0,1,2. Ne segue cheaiy0+biy1+ciy2 =λ(aix0+bix1+cix2),i=0,1, . . . ,n. Quindi la definizione di f `e ben posta.

Dimostriamo ora che f `e iniettiva. Siano dunque [x0,x1,x2], [y0,y1,y2]∈ P2(K) due punti tali che f([x0,x1,x2]) = f([y0,y1,y2]), i.e. esiste λ ∈ K\ {0} tale che aiy0+biy1 +ciy2 = λ(aix0+bix1 +cix2), i=0,1, . . . ,n. Queste ultime eguaglianze sono equivalenti a

ai(y0−λx0)+bi(y1−λx1)+ci(y2−λx2)=0, i=0,1, . . . ,n.

Utilizzando di nuovo il fatto che la matrice del sistema `e di rango 3 segueyi−λxi=0,i=0,1,2, i.e.

[x0,x1,x2]=[y0,y1,y2], ci `o che dimostra l’iniettivit`a di f.

Denotiamo ora con ABCl’immagine f(P2(K)) dell’applicazione f. `E facile verificare che ABC `e una sottovariet`a lineare della struttura di incidenza Pn(K) tale che A, B, C ∈ ABC (A = f([1,0,0]), B = f([0,1,0]) e C = f([0,0,1])). Ne segue che ABC (con la struttura di incidenza indotta da quella di Pn(K)) `e essa stessa una struttura di incidenza tale che esiste una bigezione f:P2(K) → ABC. Per dimostrare cheABC `e un piano proiettivo sar`a sufficiente (utilizzando il Lemma 2.6) provare che per ogni triplaP=[p0,p1,p2],Q= [q0,q1,q2],R=[r0,r1,r2]∈ P2(K) di punti diP2(K), alloraP,QeRsono allineati inP2(K) se e solo se f(P), f(Q) e f(R) sono allineati inPn(K). In altre parole dobbiamo provare che f definisce un isomorfismo di piani proiettivi.

Supponiamo innanzitutto cheR ∈ PQ; allora esiste (α, β) ∈ K×K\(0,0) tale cheri = αpi+βqi, i=0,1,2. Ne risulta immediatamente che

ajr0+bjr1+cjr2=α(ajp0+bjp1+cjp2)+β(ajq0+bjq1+cjq2), j=0,1, . . . ,n,

i.e. f(R) ∈ f(P)f(Q). Viceversa, se supponiamo che f(R) ∈ f(P)f(Q) allora esiste una coppia (α, β) ∈ K×K\(0,0) tale cheajr0+bjr1+cjr2=α(ajp0+bjp1+cjr2)+β(ajq0+bjq1+cjq2), j=0,1, . . . ,n. Queste eguaglianze si possono riscrivere

aj(r0−αp0−βq0)+bj(r1−αp1−βq1)+cj(r2−αp2−βq2)=0, j=0,1, . . . ,n.

(16)

Ne segue cheri−αpi−βqi,i=0,1,2 rappresenta una soluzione del sistema lineare omogeneo ajx0+bjx1+cjx2=0, j=0,1, . . . ,n

din+1 equazioni in tre incognitex0,x1ex2. Come prima la matriceΛ(e quindi anche la sua trasposta, che `e la matrice del nostro sistema) ha rango 3. Ne segue che questo sistema possiede solo la soluzione banale. In particolare,ri−αpi−βqi=0,i=0,1,2, i.e.R∈PQ.

In questo modo abbiamo fatto vedere cheABC `e un piano proiettivo, ci `o che dimostra il teorema

senza utilizzare gli spazi vettoriali.

Definizione 2.7. SiaKun campo. La costruzione dell’insieme soggiacente diPn(K),n≥2, come insieme quozienteKn+1\ {(0,0, . . . ,0)}modulo la relazione d’equivalenza

(x0,x1, . . . ,xn)∼(y0,y1, . . . ,yn)⇔ ∃λ∈K\ {0}, yi=λxi, ∀i=0,1, . . . ,n, ha ovviamente senso anche nel cason=1. Denotiamo con

P1(K) :=(K2\ {(0,0})/∼.

Come gi`a detto sopra,P1(K) si chiama laretta proiettiva standard su K. Un elemento della forma(x[0,x1)∈ P1(K) verr`a denotato (come nel caso diPn(K)) con [x0,x1]. Si ha che [x0,x1]=[y0,y1] se e solo se esiste λ ∈ K\ {(0,0)}tale che y0 = λx0 e y1 =λx1.x0 ex1 saranno ancora chiamate coordinate omogenee di [x0,x1]∈P1(K).

Se d `e una retta dello spazio proiettivo standard Pn(K) di dimensione n ≥ 2 su K, e se A = [a0,a1, . . . ,an] e B = [b0,b1, . . . ,bn] sono due punti distinti di d, allora (come gi`a osservato sopra) l’applicazione f = fA,B:P1(K)→Pn(K) definita mediante

f([λ, µ]) :=[λa0+µb0, λa1+µb1, . . . , λan+µbn]

`e iniettiva e la sua immagine coincide con la rettad. In altre parole, per ogni rettaddiPn(K) esiste una bigezione f:P1(K)→d.

Osservazione 2.8(Legame tra Geometria Affine e Geometria Proiettiva). SiaPn(K) lo spazio proiettivo di dimensionen≥1, conKcampo. Per ognii=0,1, . . . ,nconsideriamo l’insieme

Hi:={[x0,x1, . . . ,xn]∈Pn(K)|xi=0} (vedremo dopo cheHi`e un iperpiano diPn(K)), e poniamo

Ui:=Pn(K)\Hi={[x0,x1, . . . ,xn]∈Pn(K)|xi,0}. Definiamo la mappaϕi:An(K)→Uimediante la formula

ϕi(x1, . . . ,xn)=[y0,y1, . . . ,yn], conyj=









xj+1, j=0, . . . ,i−1, yi=1,

yk=xk, k=i+1, . . . ,n ,

∀(x1, . . . ,xn)∈An(K). Per esempio,

ϕ0(x1, . . . ,xn)=[1,x1, . . . ,xn], e ϕ1(x1, . . . ,xn)=[x1,1,x2, . . . ,xn],

∀(x1, . . . ,xn)∈An(K). Viceversa, per ognii=0,1, . . . ,ndefiniamo la mappaψi:Ui→An(K) mediante la formula

ψi([x0,x1, . . . ,xn])=(x0

xi, . . . ,xi1

xi ,xi+1 xi , . . . ,xn

xi),

∀[x0,x1, . . . ,xn]∈Ui. `E facile vedere che la definizione `e ben posta. Per esempio, ψ0([x0,x1, . . . ,xn])=(x1

x0, . . . ,xn

x0), e ψ1([x0,x1, . . . ,xn])=(x0

x1,x2

x1, . . . ,xn

x1).

(17)

`E facile vedere cheϕi◦ψi=idUii◦ϕi=idAn(K). Ne segue che l’insiemeUisi pu `o identificare (attraverso la mappa bigettivaϕi) con l’insieme soggiacente dello spazio affineAn(K), per ognii=0,1, . . . ,n. Infatti, si pu `o dire molto di pi `u: seA,BeCsono tre punti diUi, alloraA,BeCsono allineati inPn(K) (cio`e nel senso proiettivo) se e solo se i puntiϕi(A),ϕi(B) eϕi(C) sono allineati inAn(K) (cio`e nel senso affine).

In particolare, questo fatto fa vedere che c’`e un stretto legame tra la Geometria Affine e la Geometria Proiettiva. La verifica di questa affermazione `e facile ed `e lasciata al Lettore come esercizio.

Definizione 2.9. Siano (X,D) e (X0,D0) due spazi proiettivi. Un’applicazione bigettiva f: X → X0 si chiama isomorfismo di spazi proiettivi se per ogni tre punti A,B,C ∈ X le affermazioni seguenti sono equivalenti:

i) A,BeCsono allineati inX;

ii) f(A),f(B) e f(C) sono allineati inX0.

Dalla Definizione 2.9 segue immediatamente che un isomorfismo f:X→X0di spazi proiettivi `e perfettamente caratterizato dalle seguenti propriet`a:

i) f:X→X0 `e un’applicazione bigettiva;

ii) siaY⊆Xun sottinsieme diX, alloraY`e retta inX(i.e.Y∈D) se e solo se f(Y) `e una retta inX0(i.e.

f(Y)∈D0).

In altre parole, f:X→X0 `e isomorfismo di spazi proiettivi se e solo se le seguenti propriet`a sono soddisfatte:

i’) Per ogni tre punti allineatiA,B,C∈X, i punti f(A), f(B) e f(C) sono allineati inX0.

ii’) Esiste un’applicazioneg:X0→Xcon le seguenti propriet`a:g◦f =idX, f◦g=idX0, e per ogni tre punti allineatiA0,B0,C0∈X0, i puntig(A0),g(B0) eg(C0) sono allineati inX.

Definizione 2.10. Sia (X,D) uno spazio proiettivo di dimensione≥2. Un isomorfismo f:X→Xdi spazi proiettivi si chiamaautomorfismodi (X,D), o semplicemente diX, e sar`a denotato con Aut(X). Come `e facile provare, la composizione di due automorfismi diX`e ancora un automorfismo diX, e Aut(X) diventa un gruppo (in generale non-commutativo) rispetto alla composizione degli automorfismi. Questo gruppo sar`a denotato ancora con Aut(X).

Proposizione 2.11. Sia f:V → V0 un isomorfismo di K-spazi vettoriali di dimensione finita(≥ 3). Allora f induce un isomorfismo canonico f˜:P(V)→P(V0)di spazi proiettivi.

Dimostrazione

. L’applicazione ˜f:P(V) → P(V0) si definisce nel modo seguente: siaW = Kvun K-sottospazio vettoriale de dimensione 1. Poich´e f `e un isomorfismo di spazi vettoriali, f(v) , 0V0, quindiW0:=K f(v) `e un sottospazio vettoriale di dimensione 1 diV0suK. Allora poniamo ˜f(W) :=W0. La bigettivit`a di ˜f segue immediatamente dalla bigettivit`a di f. D’altro canto, dire che tre sottospazi vettorialiW1=Kv1,W2=Kv2eW3=Kv3definiscono punti allineati inP(V) equivale a dire che i vectori v1,v2,v3sono linearmente dipendenti suK. Poich´e f `e un isomorfismo diK-spazi vettoriali, quest’ultimo fatto equivale alla dipendenza lineare dei vettori f(v1), f(v2),f(v3), cio`e al fatto che ˜f(W1), ˜f(W2), e ˜f(W3)

definiscono punti allineati inP(V0).

SiaVuno spazio vettoriale di dimensionen+1 ≥ 3 suK, e sia {e0,e1, . . . ,en}una base diVsuK.

Allora l’applicazione f:V→Kn+1definita da f(a0e0+a1e1+· · ·+anen) :=(a0,a1, . . . ,an) `e un isomorfismo diK-spazi vettoriali. Quindi per la Proposizione 2.11 otteniamo:

Corollario 2.12. Ogni spazio proiettivoP(V)associato a uno spazio vettoriale V di dimensione n+1≥3su K `e isomorfo(come spazio proiettivo)con lo spazio proiettivo standardPn(K)di dimensione n su K.

(18)

Sottospazi du uno spazio proiettivo

Definizione 2.13. Sia (X,D) uno spazio proiettivo. Un sottinsiemeYdello spazio proiettivoXsi chiama sottospazio proiettivo, o semplicemente,sottospaziodiX, seY`e una sottovariet`a lineare della struttura di incidenza soggiacente aX. In altre parole,Y `e un sottospazio diXse per ogni due punti distintiA,B appartenenti aY, la retta AB `e contenuta inY. Conveniamo che i punti diX, il sottinsieme vuoto eX stesso sono esempi di sottospazi proiettivi (o sottospazi) diX.

Esempi 2.14. 1. SeX`e un piano proiettivo allora i sottospazi diXsono: il sottinsieme vuoto, i punti diX, le rette diXe il pianoXstesso.

2. SiaYun sottospazio dello spazio proiettivoX. SeD `e l’insieme delle rette dello spazioXponiamo DY:={d ∈D|d⊆Y}. Allora la coppia (Y,DY) `e uno spazio proiettivo nel senso della Definizione 2.1 se il sottospazioYcontiene almeno tre punti non allineati (i.e. non `e un punto o una retta). Se inveceY`e un punto o una retta conveniamo di dire cheY`e uno spazio proiettivo (di dimensione 0 seY`e un punto, o di dimensione 1 seY`e una retta).

Lemma 2.15. Sia {Yi}iI una famiglia arbitraria (finita o no) di sottospazi proiettivi dello spazio proiettivoX.

AlloraT

iIYi`e un sottospazio proiettivo diX.

Dimostrazione

. La dimostrazione segue subito dalle definizioni.

Il Lemma 2.15 permette la seguente:

Definizione 2.16. SiaM un sottinsieme di uno spazio proiettivoX. Se chiama sottospazio generato dal sottinsieme M, denotato conhMi, l’intersezione di tutti i sottospazi diXche contengonoM.

Per il Lemma 2.15,hMi `e un sottospazio di X, pi `u precisamente, il pi `u piccolo sottospazio diX (nell’ordine dato dall’inclusione sull’ insieme di tutti i sottospazi diX) che contiene il sottinsiemeM.

Siano oraY1eY2due sottospazi diX. Denoteremo conY1+Y2il sottospazio generato daY1∪Y2. Il sottospazioY1+Y2si chiamasommadei sottospaziY1eY2. Il sottospazio sommaY1+Y2 `e quindi il pi `u piccolo sottospazio diXche contiene siaY1cheY2. SeM={A1, . . . ,Am}allora il sottospazio proiettivo hMiverra denotato conA1+· · ·+Am.

Per esempio, seA,B∈Xsono due punti distinti allora il sottospazioA+Bcoincide con la rettaAB.

Sed1ed2sono due rette del pianoXallorad1+d2coincide conXsed1,d2e con rettadsed:=d1=d2. Il teorema seguente, che `e una generalizzazione del Lemma 1.7, sar`a molto utile per descrivere esplicitamente i punti della somma di due sottospazi.

Teorema 2.17. SianoY1eY2due sottospazi non vuoti dello spazio proiettivoXtali che l’ insiemeY1∪Y2abbia almeno due punti distinti. Allora si ha la seguente eguaglianza

Y1+Y2= [

A1Y1,A2Y2,A1,A2

A1A2. (2.2)

Dimostrazione

. Denotiamo con X0 il membro destro di (2.2). Si ha ovviamente X0 ⊆ Y1 +Y2 e Y1∪Y2⊆X0. Per dimostrare (2.2) sar`a sufficiente provare cheX0`e un sottospazio diX.

Consideriamo dunque due punti arbitrariP1,P2 ∈ X0,P1 ,P2. Esistono allora i puntiAi,Bi ∈Yi, i=1,2, tali cheA1,A2,B1,B2,P1∈A1A2eP2∈B1B2. Sono possibili due casi:

a) I puntiA1,A2,B1eB2sono complanari, i.e. il sottospazioA1+A2+B1+B2 `e contenuto in un piano Z. Se i puntiA1,A2,B1eB2stanno su una rettarallora non c’`e niente da dimostrare poich´eP1P2coincide conr(che `e contenuta in entrambi i sottospaziY1eY2). Altrimenti si ha l’eguaglianzaA1+A2+B1+B2=Z.

Per l’assioma (P2) applicato aZle retteA1A2eB1B2 si intersecano in un puntoR ∈Z. SeP`e un punto arbitrario della rettaP1P2, allora per lo stesso assioma la retta (P2) interseca le retteA1B1eA2B2nei punti C1eC2rispettivamente (si veda la Figura 2.1).

Poich´eYi,i=1,2, sono sottospazi, alloraCi ∈ Yi,i=1,2, eP∈ C1C2. Quindi nel caso a) abbiamo verificato che la rettaP1P2 `e contenuta inX0.

(19)

Figura 2.1:

R

A1

P1

A2

B1 P2 B2

C1

P C2

Figura 2.2:

B1

C1

A1

P1

A2

C2

B2

P2

P

Q

(20)

b) I punti A1,A2,B1 e B2 non sono complanari. Come nel caso precedente, sia P ∈ P1P2. Per l’

assioma (P4) possiamo considerare il pianoA1A2P. Poich´eP1,P ∈A1A2P, alloraP1P =P1P2 ⊂A1A2P, quindiP2 ∈A1A2P. Per l’assioma (P2) applicato a questo piano si deduce l’esistenza di un puntoQtale cheA1P∩A2P2=Q(si veda la Figura 2.2).

Si haQ∈A2P2 ⊂A2B1B2, quindi per l’assioma (P2) applicato al pianoA2B1B2esiste un puntoC2

tale cheB1Q∩A2B2 =C2. Infine, poich´eQ∈B1C2 ⊂A1B1C2eP∈A1Q⊂A1B1C2, lo stesso assioma (P2) applicato al pianoA1B1C2implica l’esistenza di un puntoC1 tale cheC2P∩A1B1 =C1. In conclusione abbiamo ottenuto i puntiC1∈A1B1eC2∈A2B2(quindiC1∈Y1eC2∈Y2poich´eY1eY2sono sottospazi) con la propriet`a cheP∈C1C2. In questo modo abbiamo dimostrato cheX0 `e un sottospazio, e quindi il

teorema `e dimostrato.

Abbiamo visto che ad ogni spazio vettorialeVdi dimensione≥3 su un campoKsi pu `o associare uno spazio proiettivoP(V). Siaπ:V\ {0V} →P(V) l’applicazione canonicaπ(v) :=Kv. Per ogni sottospazio proiettivoYdiP(V) poniamoVY:=π1(Y)∪ {0V}. Con queste notazioni abbiamo:

Teorema 2.18. La corrispondenza Y → VY tra l’insieme di tutti i sottospazi proiettivi non vuoti di P(V) e l’insieme di tutti i sottospazi vettoriali di dimensione≥1di V su K, `e bigettiva e preserva le inclusioni.

Dimostrazione

. SiaYun sottospazio proiettivo non vuoto diP(V). Verifichiamo prima cheVY`e un K-sottospazio vettoriale. Sianov1,v2 ∈ VY; se almeno uno di questi due vettori `e nullo allora `e chiaro che v1+v2 ∈ VY. Supponiamovi , 0V,i= 1,2; alloraπ(vi) =Kvi,i = 1,2 definiscono due punti diY.

Se questi due punti coincidono, i.e. Kv1 = Kv2, allorav1,v2 ∈ Kv1, quindiv1+v2 ∈ VY. Supponiamo allora cheKv1 , Kv2; poich´eY `e un sottospazio proiettivo, la retta determinata da questi due punti `e contenuta inY. Secondo la definizione delle rette diP(V) risulta che questa retta coincide con l’insieme di tutti i sottospazi vettoriali di dimensione 1 del sottospazio vettoriale (di dimensione 2)Kv1+Kv2, da cuiv1+v2∈VY. Siano orav∈VYeλ∈K; bisogna dimostrare cheλv∈VY. Seλ=0Kalloraλv=0V∈VY. Seλ,0Kallora `e chiaro cheKv=K(λv), quindi di nuovoλv∈VY.

Ora `e chiaro che l’applicazioneY→VYconserva le inclusioni. Verifichiamone ora la bigettivit`a. Sia dunqueW unK-sottospazio vettoriale di dimensione≥1 diV. Se dimK(W)= 1 alloraW definisce un punto ben determinatoA∈P(V) tale cheVA =W. SeWha dimensione 2 alloraWdefinisce una retta ben determinataddiP(V) tale cheVd=W. Supponiamo quindi dimK(W)≥3. Allora lo spazio proiettivo P(W) associato aWsi identifica con un sottospazio proiettivoYWdiP(V) (cio`e con il sottinsieme di quei sottospazi vettoriali di dimensione 1 diVche sono contenuti inW) con la propriet`a cheVYW =W. Questo fa vedere che l’applicazioneW→YW `e l’applicazione inversa dell’applicazioneY→VY. Definizione 2.19. Nelle ipotesi e notazioni del Teorema 2.18, seY`e un sottospazio proiettivo non vuoto diP(V), allora definiamo

dim(Y) :=dimK(VY)−1,

dove la dimensione del secondo membro `e la dimensione vettoriale del sottospazio vettorialeVYsuK.

In particolare, dim(P(V)) := dimK(V)−1, e quindi dim(Pn(K)) =n. `E chiaro che per ogni sottospazio proiettivo non vuoto Y si ha dim(Y) ≥ 0, con eguaglianza se e solo se Y `e un punto. Sar`a comodo considerare anche il sottospazio proiettivo vuotoY=∅. In questo casoVY=0, ed `e naturale definire

dim(Y)=−1, seY=∅.

Con la Definizione 2.19 si ha il seguente risultato importante:

Corollario 2.20. i) SiaYun sottospazio proiettivo diPn(K). Alloradim(Y)≤n. Pi `u generalmente, seZ`e un altro sottospazio proiettivo diPn(K)tale cheY⊆Z, alloradim(Y)≤dim(Z), e, inoltre,dim(Y)=dim(Z) se e solo seY=Z.

ii) Si ha la formula di Grassmann proiettiva

dim(Y∩Z)+dim(Y+Z)=dim(Y)+dim(Z).

Dimostrazione

. Tutto segue dal Teorema 2.19 e dai ben noti analoghi risultati per i sottospazi vettoriali, tenendo conto delle formule seguenti (conseguenze facili delle definizioni):

(21)

1. VY+Z=VY+VZper ogni due sottospazi proiettivi diP(V).

2. VYZ =VY∩VZper ogni due sottospazi proiettivi diP(V).

Definizione 2.21. Un sottospazio proiettivoYdello spazio proiettivoP(V) di dimensionen≥3 si chiama:

•rettase dim(Y)=1,

•pianose dim(Y)=2, e

•iperpianose dim(Y)=n−1,

Ecco alcune conseguenze immediate della formula di Grassmann proiettiva:

Corollario 2.22. SianoYeZdue sottospazi proiettivi diP(V).

i) SeY`e una retta eZun iperpiano, alloraY∩Z,∅. Se inoltreY*ZalloraY∩Z`e un punto.

ii) SeY`e un piano eZun iperpiano, alloradim(Y∩Z)≥1. Se inoltreY*ZalloraY∩Z`e una retta.

iii) SeYeZsono due iperpiani distinti alloradim(Y∩Z)=n−2.

Dimostrazione

. Dimostriamo per esempio i). Se Y ⊆ ZalloraY∩Z = Y , ∅. Se invece Y * Z, alloraZ(Y+Z. Poich´e dim(Z)=n−1 ne segue che dim(Y+Z)>n−1, e quindi dim(Y+Z)=n(i.e.

Y+Z=P(V)). Allora per la formula di Grassmann proiettiva otteniamo

dim(Y∩Z)=dim(Y)+dim(Z)−dim(Y+Z)=1+(n−1)−n=0,

e quindiY∩Z`e un punto.

Osserviamo che seB0,B1, . . . ,Bmsonom+1 punti (m≥0) dello spazio proiettivoP(V) allora

dim(B0+B1+· · ·+Bm)≤m. (2.3)

Infatti, seBicorrisponde al sottospazio vettorialeKvidi dimensione 1,i=0,1, . . . ,m, allora VB0+B1+···+Bm=Kv0+Kv1+· · ·+Kvm,

e quindi dimK(VB0+B1+···+Bm)≤m+1, da dove otteniamo (2.3).

Definizione 2.23. Sia{B0,B1, . . . ,Bm}un sottinsieme dim+1 punti (m≥0) dello spazio proiettivoP(V).

Si dice che{B0,B1, . . . ,Bm}`eproiettivamente indipendente(o semplicemente,indipendente) se dim(B0+B1+

· · ·+Bm) = m. In caso contrario (i.e. dim(B0 +B1 +· · ·+Bm) < m, per quanto detto sopra) diremo che{B0,B1, . . . ,Bm}`eproiettivamente dipendente(o semplicemente,dipendente). Diremo che{B0,B1, . . . ,Bm}

`e un sistema di generatori di un sottospazio Y di P(V) (o che {B0,B1, . . . ,Bm} genera il sottospazio Y) se Y=B0+B1+· · ·+Bm. Un sottinsieme finitoBdello spazio proiettivoP(V) di dimensionensi chiama base diP(V) seB `e proiettivamente indipendente e seB`e un sistema di generatori dello spazioP(V).

Per quanto detto sopra, seBi=Kvi,i=0,1, . . . ,m, otteniamo:

1. L’insieme dei punti{B0,B1, . . . ,Bm}diP(V) `e proiettivamente indipendente se e solo se l’insieme dei vettori{v0,v1, . . . ,vm}diV`e linearmente indipendente suK.

2. L’insieme dei punti{B0,B1, . . . ,Bm}diP(V) `e un sistema di generatori perP(V) se e solo se i vettori v0,v1, . . . ,vmgenerano lo spazio vettorialeVsuK.

3. L’insieme dei punti{B0,B1, . . . ,Bm}diP(V) `e una base perP(V) se e solo se i vettoriv0,v1, . . . ,vm

sono una base dello spazio vettorialeVsuK.

4. Due puntiB0,B1 ∈P(V) sono proiettivamente indipendenti se e solo seB0 ,B1, mentre tre punti B0,B1,B2 ∈P(V) sono proiettivamente indipendenti se e solo se non sono allineati.

(22)

5. Ogni sottinsieme di un insieme finito proiettivamente indipendente di uno spazio proiettivoP(V)

`e ancora proiettivamente indipendente. Se un sottinsieme finitoΛ⊂P(V) generaP(V) e seΩ`e un sottinsieme finito diP(V) che contieneΛallora ancheΩgeneraP(V). SiaΛun sottinsieme finito di uno spazio proiettivo de dimensionen. SeΛ `e proiettivamente indipendente alloraΛha al pi `u n+1 punti, mentre seΛgenereaP(V) alloraΛha almenon+1 punti. In particolare, ogni base di P(V) han+1 punti. Ogni spazio proiettivo di dimensionenammette almeno una base.

Teorema 2.24. SiaP(V)uno spazio proiettivo di dimensione n≥2.

i) Ogni sottinsieme proiettivamente indipendente diP(V)si pu`o completare ad una base diP(V).

ii) Da ogni sottinsieme finito diP(V)che generaP(V)si pu`o estrarre una base diP(V).

Dimostrazione

. Segue immediatamente da quanto detto sopra e dai risultati analoghi per gli spazi

vettoriali.

Corollario 2.25. SiaXuno spazio proiettivo di dimensione finita. SiaBun sottinsieme finito diX. Le affermazioni seguenti sono equivalenti:

i) B`e un sottinsieme proiettivamente indipendente massimale(rispetto all’inclusione)diX.

ii) B`e un sistema di generatori minimale diX.

iii) B`e una base diX.

Dimostrazione

. Tutto segue immediatamente dal Teorema 2.24.

Corollario 2.26. Siano Ai=[ai0,ai1, . . . ,ain], i=0,1, . . . ,m, m+1punti dello spazio proiettivo standardPn(K) di dimensione n su un campo K. Allora l’insieme{A0,A1, . . . ,Am}`e proiettivamente indipendente a se e solo se la matrice

Ω(A0,A1, . . . ,Am) :=













a00 a01 · · · a0n

a10 a11 · · · a1n

... ... ... ...

amn am1 · · · amn













ha rango(massimo)m+1.

Proposizione 2.27. Sia {A0,A1, . . . ,Am} ⊂ Pn(K) (con K campo) un sottinsieme di m+1 punti, con Ai = [ai0,ai1, . . . ,ain], i=0,1, . . . ,m(m≥1), tale che la matriceΩ(A0,A1, . . . ,Am) (si veda ilCorollario 2.26)abbia rango m+1. Allora per ogni[x0,x1, . . . ,xm]∈Pm(K)la formula

f([x0,x1, . . . ,xm])=







m

X

i=0

ai0xi,

m

X

i=0

ai1xi, . . . ,

m

X

i=0

ainxi





.

definisce un’applicazione iniettiva f:Pm(K)→Pn(K)tale che f(Pm(K))=A0+A1+· · ·+Am. Inoltre tre punti X, Y e Z diPm(K), sono allineati inPm(K)se e solo se f(X), f(Y)e f(Z)sono allineati inPn(K).

Dimostrazione

. Affinch`e f:Pm(K)→Pn(K) sia ben definita bisogna verificare i due fatti seguenti:

– Il sistema omogeneo din+1 equazioni conm+1 incognite Xm

i=0

ai jxi=0, j=0,1, . . . ,n ha solo la soluzione nulla.

– Se [x0,x1, . . . ,xm]∈Pm(K) e seλ∈K\ {0}allora

m

X

i=0

ai jλxi

m

X

i=0

ai jxi, ∀j=0,1, . . . ,n.

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