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LA MOTIVAZIONE:

Etimologicamente il termine motivare significa “mettere in moto”.

La motivazione è quel fattore psichico , sia esso consapevole od inconsapevole, che spinge l’individuo a compiere certe azioni o a tendere verso certi scopi.

In psicologia il termine motivazione è usato per indicare tutti i fattori, sia interni che esterni all’organismo, che causano il comportamento dell’individuo in un determinato momento.

In psicologia il termine motivazione è usato per indicare tutti i fattori, sia interni che esterni all’organismo, che causano il comportamento dell’individuo in un determinato momento.

Il bisogno che è sempre alla base della motivazione , si può definire come il “sentire la mancanza

“di determinati elementi nell’ambiente o in noi stessi.

Tutte le motivazioni riguardano una meta di cui il soggetto è o non è a conoscenza, e questa

è la principale differenza rispetto alle emozioni. Alcune mete sono vicine, facilmente riconoscibili e definibili, mentre altre , come quelle di certi comportamenti , sono più a lunga scadenza e spesso più difficili da determinare.

Una motivazione si manifesta quando per una qualsiasi ragione si è perso uno stato di equilibrio, e permane sino a quando l'equilibrio non si è ristabilito. P.es. dopo un certo numero di ore di digiuno intervengono dei meccanismi che ci segnalano la necessità di reintegrare il cibo metabolizzato.

In altre parole, la motivazione si riferisce:

1) agli stati di tensione (bisogni-desideri) che mettono in moto il comportamento, 2) al comportamento strumentale messo in moto da questi stati,

3) agli obiettivi di questo comportamento, volti a soddisfare il bisogno o a ridurre il desiderio.

Alcuni stati motivazionali sono essenziali per a sopravvivenza, fanno parte del nostro patrimonio biologico e sono universali (sete, fame). Altri sono legati alla cultura in cui è inserito un soggetto o anche alla sua storia personale.

Altri stati motivazionali in certi individui sono diventati permanenti e si possono considerare caratteristiche stabili della loro personalità come p.e l’aggressività.

Mentre di alcune motivazioni dei nostri comportamenti siamo consapevoli di altre non lo siamo , anzi a volte succede che attribuiamo un certo comportamento al motivo sbagliato.

Il termine motivo deve la sua ambiguità al fatto che viene usato con due significati . quello di BISOGNO e quello di OGGETTO DEL BISOGNO, cioè di fattore che può motivare un comportamento.

In generale esistono alcune teorie motivazionali che hanno cercato di interpretare e spiegare in che modo le pulsioni possono indirizzare il comportamento animale e d umano.

Teoria freudiana delle pulsioni:

Nella teoria Freudiana le ragioni che gli individui adducono per spiegare a se stessi e agli altri il proprio comportamento non sono sempre le vere cause motivanti. Le vere ragioni del nostro comportamento spesso stanno nella mente inconscia , e le ragioni consce che stanno che portiamo non sono che coperture che , razionalizzazioni plausibili, ma false che servono a giustificare a noi stessi.

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Secondo la teoria etologica ( Lorenz, Tinbergen), tutti i membri di una stessa specie producono infatti la stessa risposta di fronte a specifici stimoli ambientali.(risposta speciespecifica).

Questi comportamenti furono definiti schemi di azione fissi o azioni stereotipate, in quanto dipendono dall’eredità patrimoniale genetico, e che l’apprendimento può solo modificare parzialmente.

Lorenz parlerà più avanti di imprintig , uno speciale tipo di apprendimento permanente che

rimarrà stabile e immodificabile per tutta la vita.L’imprinting può avvenire solo in un determinato periodo periodo critico , molto limitato di apprendimento.

LE EMOZIONI:

Le emozioni sono un aspetto fondamentale dell’esistenza che, da lungo tempo, interessa ed affascina l’uomo in quanto consente di valutare l’esperienza in termini di “piacere” e di “dolore”. Il

termine “emozione” deriva dal latino.

Il termine “emozione” ha origine da “emotus”, participio passato di “emovere” che, letteralmente, significa “muovere da, allontanare”.

In senso traslato, il verbo significa anche “scuotere, sconvolgere”. La sensazione di essere mossi da ciò che si prova, e che sembra provenire dal nostro interno, è una caratteristica fondamentale dell’esperienza emotiva.

LA FUNZIONE DELLE EMOZIONI:

La funzione delle emozioni è tuttora un punto molto dibattuto in letteratura.

1) Alcuni autori sottolineano il ruolo comunicativo e relazionale delle emozioni.

2) Altri sostengono che le emozioni siano qualcosa di dirompente e irrazionale che interrompe il normale flusso cognitivo come, per esempio, negli stati di paura ed ansia.

3) Secondo altri, invece, le emozioni hanno una funzione adattiva e sono funzionali allo sviluppo e all’azione umana.

4) Da questo punto di vista, un aspetto particolare riguarda il valore delle emozioni in termini evoluzionistici.

5) Per Scherer (1984), la flessibilità comportamentale e adattiva dell’organismo dipende largamente dalle emozioni. Esse, infatti, si sono sostituite a comportamenti innati e rigidi quali i riflessi. In questo modo, hanno contribuito ad ampliare le possibilità di risposta comportamentale di fronte agli stimoli ambientali.

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COMPONENTI DELL' EMOZIONE:

Sulla base delle concezioni attuali possiamo sostenere che le emozioni sono caratterizzate da diversi livelli:

1) Livello espressivo: le emozioni, infatti, implicano cambiamenti nell’espressione facciale, nella postura e nel comportamento.

Mentre le espressioni facciali si ritengono innate e universali, si pensa che i gesti che manifestano particolari emozioni siano, invece, determinati dalla cultura di appartenenza.

Occorre sottolineare che non sempre un cambiamento dello stato emotivo accompagnato da un cambiamento espressivo, a seconda della situazione in cui ci troviamo tendiamo a dissimulare i nostri sentimenti.

2) Livello fisiologico o dell’attivazione: l’emozione implica cambiamenti relativi ai processi biochimici, per es. l’aumento del battito cardiaco che ci preparano all’azione.

3) Livello dei sentimenti: dato dalla consapevolezza dei nostri sentimenti.

4) Livello cognitivo: dato dal significato delle emozioni e dalla valutazione del contesto esterno e interno nel quale proviamo emozioni.

La grande varietà di approcci teorici nello studio delle emozioni porta a concezioni che non sono né onnicomprensive, né complementari tra di loro. Questo fatto determina un certo grado di confusione e la difficoltà nel definire in modo adeguato cosa è realmente un’emozione.

Tuttavia un esame attento del problema evidenzia che i diversi approcci, pur così diversi tra di loro, forniscono uno specifico punto di vista sulle emozioni e, nel complesso, ci danno una visione articolata dei fenomeni associati alle emozioni e dei meccanismi ad esse sottostanti.

Darwin:

Darwin sosteneva che l’espressione delle emozioni sia universale e adattiva finalizzata alla coesione del gruppo e alla sopravvivenza della specie.

Darwin sottolineò la continuità e somiglianza delle espressioni emotive umane con quelle del mondo animale, per es. l’espressione di rabbia degli esseri umani rassomiglia al mostrare i denti dei cani o dei gatti infuriati.

Gli istinti si collocano alla base della motivazione e implicano tensioni associate ai bisogni organici.

Le emozioni positive possono essere ricondotte agli istinti di vita, mentre le emozioni negative sono legate agli istinti di morte.

I primi rispondono alle esigenze di sopravvivenza dell’individuo e a quelle di propagazione della specie. I secondi sono associati alle tendenze verso la morte e la distruzione.

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delle emozioni.

Le interpretazioni cognitive delle emozioni sono numerose ed occupano un posto centrale nelle ricerche contemporanee.

Secondo le impostazioni teoriche cognitiviste, l’affettività deriva dal modo in cui il soggetto struttura ed interpreta gli eventi del mondo circostante, cioè, dipende dalle sue cognizioni.

Le emozioni, infatti, possono essere definite come degli stati di personalità che danno senso e colore alle esperienze individuali.

Tali stati possono essere vissuti, con diversi livelli di intensità, come positivi o negativi.

L’affettività e il comportamento sarebbero largamente determinati dal modo in cui il soggetto struttura il mondo e cioè dalle sue cognizioni (Beck, 1976).

Le emozioni sono caratterizzate da specifiche idee e cognizioni, hanno dei particolari correlati fisiologici, e influenzano il comportamento determinando un effetto retroattivo su quell’ambiente che in origine le aveva scatenate.

Vi sono dei fatti che hanno degli effetti emozionali sulla maggior parte delle persone. Come, ad esempio, una catastrofe naturale, in quanto è una minaccia per l’esistenza stessa.

Altri eventi, invece, hanno una valenza soggettiva che dipende dalle esperienze passate del soggetto, dalle sue motivazioni, dai suoi interessi ecc.

Secondo questa posizione, il fatto in sé non ha valenza emozionale.

Il valore emotivo, infatti, nasce dal modo in cui la persona lo interpreta.

È per questo che l’individuo può provare emozioni anche per fatti non reali, che lui si immagina o che si aspetta che accadano.

Le emozioni non sono semplici risposte agli stimoli situazionali, ma rispecchiano le implicazioni personali di un individuo, le sue conoscenze e la sua passata esperienza.

Sviluppi recenti:

Negli ultimi vent’anni, gli studi sulle emozioni sono aumentati notevolmente, ed hanno suscitato molte controversie.

Una problema cruciale riguarda la differenziazione e la relazione causale tra cognizione ed emozione e le connessioni con la loro base biologica.

Un contributo fondamentale all’analisi del problema è stato fornito dai recenti sviluppi delle neuroscienze.

La via o circuito sub-corticale collega l’amigdala al talamo, tale via sembra la diretta responsabile della valutazione automatica (e inconscia) degli stimoli. Si tratta di un circuito primitivo in termini evoluzionistici, ma molto efficace soprattutto in situazioni di pericolo (Anolli, Legrenzi, 2003).

Il circuito corticale implica connessioni tra amigdala, talamo e corteccia cerebrale.

Attraverso tale via, l’amigdala si connette ai lobi frontali importanti nella espressione e pianificazione comportamentale. Sempre attraverso questo circuito l’amigdala risulta implicata nei processi cognitivi superiori e nella valutazione e attribuzione di significato (consapevole) agli stimoli emotigeni

(Anolli, Legrenzi, 2003).

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Se è vero che l’emozione è legata all’interpretazione che gli individui danno del contesto, allora interpretazioni diverse porteranno ad emozioni diverse.

E dal momento che spesso le diverse culture interpretano gli eventi secondo criteri differenti, allora dobbiamo aspettarci una diversa elaborazione delle emozioni.

Ad esempio, nella cultura occidentale si da molto peso alla responsabilità individuale, mentre in quella indiana risulta centrale il concetto di destino.

Pertanto, di fronte ad eventi negativi è più probabile che un individuo in occidente reagisca con rabbia (l’evento negativo viene percepito come causato intenzionalmente da qualcuno). Mentre nella società indiana, è più probabile che si viva l’evento negativo con rassegnazione (l’evento, guidato dal destino, assume un carattere ineluttabile) (Anolli, Legrenzi, 2003).

Per gli occidentali, l’autostima è raggiunta attraverso la realizzazione di sé tramite le proprie capacità individuali (attraverso un processo basato sulla competizione).

Nelle culture orientali, invece, l’autostima è legata a modestia, e vicinanza relazionale ed emotiva e con gli altri (attraverso un processo basato sulla cooperazione).

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