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Helicobacter pylori

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Academic year: 2022

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Helicobacter pylori

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A partire dal 1983, per merito di Warren e Marshall, è stata individuata la presenza nella mucosa gastrica di microrganismi spiraliformi Gram–,

cui è stato dato il nome dapprima di Campylobacter pylori e, in seguito,

di Helicobacter pylori, proprio in relazione alla loro forma elicoidale.

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H. pylori è un batterio Gram–, spiraliforme, curvo o al massimo con 3 spire e con 3-7 flagelli unipolari.

Più recentemente è stato dimostrato che anche nell’uomo è possibile che lo stomaco venga infettato da un’altra specie microbica, H. heilmannii, un batterio spiraliforme trovato più comunemente in cani, gatti, maiali e primati non umani.

La prevalenza di questa infezione negli esseri umani è di circa lo 0,5% e le conseguenze sono sostanzialmente le stesse di quelle descritte per H. pylori.

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Fisiopatologia.

La presenza di questo microrganismo riveste grande importanza, tenendo conto del fatto che, solitamente, l’ambiente gastrico è poco propizio alla colonizzazione batterica per la sua acidità.

Per altro, H. pylori possiede tre caratteristiche che permettono al batterio di sopravvivere all’interno del lume, normalmente sterile, dello stomaco,

di penetrare all’interno della mucosa e di svilupparsi in essa colonizzandola:

la produzione di grandi quantità di ureasi, un alto grado di motilità per la

presenza dei flagelli e una notevole capacità di aderire alle cellule epiteliali.

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In particolare H. pylori è in grado di scindere l’urea grazie all’enzima ureasi di cui è provvisto: perciò, a partire dall’urea presente nella secrezione gastrica, viene prodotta ammoniaca, la quale alcalinizza l’ambiente immediatamente circostante il batterio, neutralizzando l’HCl, e determina lo sviluppo di condizioni adatte alla sopravvivenza di questo microrganismo all’interno della mucosa dello stomaco.

L’ureasi catalizza l’idrolisi dell’urea con produzione di ammoniaca e

carbammato; quest’ultimo si scinde spontaneamente formando un’altra

molecola di ammoniaca e acido carbonico.

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Qui la virulenza di H. pylori si esprime mediante l’adesione all’epitelio gastrico, proprietà, questa, che dipende dall’azione di alcune molecole presenti alla superficie del microrganismo, tra le quali la meglio caratterizzata è una molecola di 78 kD, denominata Bab-A.

Sembra che lo stesso processo di adesione sia rilevante nel determinare l’entità del danneggiamento gastrico.

Tuttavia, una volta che è avvenuta l’adesione, la maggior parte dei ceppi di

H. pylori agisce sull’epitelio gastrico producendo un’esotossina, che è una

proteina di 95 kD chiamata Vac-A.

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Questa si inserisce nella membrana epiteliale e forma dei canali esamerici, voltaggiodipendenti, attraverso i quali bicarbonati e anioni organici possono essere rilasciati dall’interno delle cellule, contribuendo alla nutrizione dei microrganismi.

Le cellule sottoposte all’azione di Vac-A sviluppano al loro interno dei

vacuoli e risultano danneggiate.

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La risposta immunitaria dell’ospite nei riguardi della infezione da H. pylori dipende tanto dall’immunità innata che da quella adattiva, ma non è molto efficace nel distruggere il microrganismo, mentre può contribuire a danneggiare la mucosa gastrica.

Le stesse cellule dell’epitelio gastrico possono produrre, come risposta all’infezione, quelle citochine proinfiammatorie che ordinariamente sono rilasciate dai macrofagi.

Tra queste sono particolarmente importanti l’interleuchina-1, l’interleuchina- 6, l’interleuchina-8 e il tumour necrosis factor .

L’interleuchina-8 è una chemochina che ha un potente effetto di attrazione sui

granulociti neutrofili e apparentemente ha un ruolo centrale nell’evoluzione

dell’infezione.

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Clinica.

L’infezione da H. pylori può interessare prevalentemente l’antro pilorico (gastrite a prevalenza antrale, che è anche la forma più comune);

lo stomaco intero (pangastrite non atrofica); o il corpo gastrico(gastrite atrofica).

La prima forma è caratterizzata da iperacidità, la seconda da acidità normale e la terza da ipoacidità.

Gli effetti più importanti dell’infezione consistono nella predisposizione allo sviluppo di altre e più importanti malattie.

La più comune gastrite a prevalenza antrale predispone allo sviluppo di ulcera duodenale.

In effetti, la maggioranza delle ulcere peptiche è dovuta all’infezione da H. pylori.

Il rischio di sviluppare un’ulcera peptica nel corso della vita è stata stimata intorno al 3% negli USA e al 25% in Giappone. Questo rischio si riduce drasticamente se si provvede all’eradicazione del microrganismo.

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La diagnosi è pertanto, anche in questo caso, fondamentalmente istologica e quindi si avvale soprattutto della gastroscopia, indispensabile anche per la differenziazione della gastrite dalle neoplasie della regione antro-pilorica,

nei confronti delle quali, comunque, questa affezione sembra avere il significato di lesione precancerosa.

Per quanto riguarda H. pylori, i test per la diagnosi di questa infezione possono

essere distinti in: 1) invasivi e 2) non invasivi, a seconda che sia necessario o

meno l’esame endoscopico.

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1. Metodiche invasive

a) Istologia. Questa tecnica è fondata sull’osservazione diretta di H. pylori dopo prelievi bioptici eseguitia livello gastrico; i frammenti bioptici vengono colorati, di regola, con ematossilina-eosina o con Giemsa, oppurecon colorazioni all’argento (colorazione di Warthin-Starry). Il metodo possiede ottime sensibilità e specificità e permette di rilevare sia la carica batterica sia la gravità della gastrite.

b) Test rapido all’ureasi. Il metodo sfrutta il fatto che questo microrganismo è in grado di produrre grandi quantità di ureasi; il test consiste nell’immergere il campione bioptico in apposite provette contenenti un mezzo di coltura ricco di urea che viene scissa con produzione di ammoniaca. L’aumento del pH che ne consegue viene rilevato da un indicatore (per es., impiegando brodo di carne, il colore passa dal giallo-bruno al rosa).

Il viraggio del colore avviene entro 30-60; il test è molto semplice e viene eseguito direttamente dall’endoscopista; sensibilità e specificità sono intorno al 90-95%.

c) Coltura. Certamente è l’indagine diagnostica più precisa, ma è eseguita assai di rado per i costi elevati e la complessità del suo allestimento; infatti, H. pylori è un germe difficile da coltivare, che richiede un accurato prelievo bioptico, la semina in appositi terreni di coltura e specifiche condizioni ambientali.

Nella pratica clinica la coltura viene richiesta quando si vuole testare la sensibilità dei vari ceppi microbici agli antibiotici (per es., in caso di resistenza alla terapia); la specificità

è del 100%.

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2. Metodiche non invasive

a) Sierologia.

L’infezione da H. pylori determina una risposta immunitaria che persiste per tutta la sua durata: tale risposta è caratterizzata dall’iniziale transitoria produzione di IgM cui fa seguito un aumento, in poche settimane, di IgG e IgA. Il titolo delle Ig rimane persistentemente elevato in presenza di gastrite cronica attiva e tende lentamente a ridursi dopo l’eradicazione del batterio.

Esso viene determinato mediante tecniche immunoenzimatiche (per es., ELISA) dotate di discreta sensibilità e specificità (95%), tuttavia il titolo da assumere

come limite di significatività per definire un soggetto infetto (cut-off) può variare nei diversi laboratori.

Esistono anche test rapidi che sono basati sulla determinazione di anticorpi IgG e/o IgA (specie anti-Cag-A) su sangue intero (una goccia di sangue capillare da un dito introdotta nel “pozzetto” del test; risposta entro 10; sensibilità e specificità: 90%).

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b) Breath test.

Il test si basa sulla capacità dell’ureasi prodotta da H. pylori di scindere l’urea marcata con carbonio radioattivo (13C) somministrata per os al paziente.

La scissione dell’urea libera anidride carbonica marcata con 13C che passa nell’aria espirata e viene rilevata nei campioni raccolti ad intervalli di 10 mediante

gascromatografo.

Il test si esegue somministrando al paziente, tenuto a digiuno, 100 mg di urea marcata con 13C in 50 ml di acqua: il risultato è positivo se nei campioni di aria espirata il rapporto CO2 13/CO2 12 è > 5.

Questa metodica è in grado di rilevare anche piccole tracce di ureasi e, quindi, di mettere in evidenza infezioni batteriche di minima entità; il test è innocuo, ma i costi sono piuttosto alti e la metodica è eseguibile soltanto in centri specializzati.

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Il fondamento della terapia medica è la somministrazione simultanea di due antibiotici, insieme a un farmaco che riduca l’acidità gastrica, la quale potrebbe menomare la loro attività antibatterica. I trattamenti più diffusi perciò utilizzano un inibitore della pompa protonica e, a questo riguardo, si è visto che è adeguata la

somministrazione per 2 volte al giorno, per tutta la durata della terapia, di 20 mg di omeprazolo o di dosi equivalenti di un altro farmaco della stessa classe.

Per quanto riguarda gli antibiotici, più comunemente viene consigliata l’associazione di claritromicina (500 mg 3/die) con amoxicillina (1 g 2-3/die), oppure con metronidazolo o altro nitroimidazolo (500 mg 2/die).

Anche la tetraciclina è efficace nei riguardi di H. pylori, ma è stata impiegata in misura assai minore.

La durata della terapia consigliata è di 1 settimana in Europa e 2 settimane negli USA.

Una meta-analisi ha indicato che una terapia di 2 settimane ottiene l’eradicazione del

TERAPIA MEDICA

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