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Definizioni in inglese e in italiano di subprime

Sub-prime mortgages. A mortgage typically granted to an individual with a low credit rating and a high risk of default. The interest rate on the mortgage will be higher than on a mortgage granted to an individual with a higher credit rating in order to compensate the lender for a higher risk of default. (Oxford Dictionary of Economics 2012)

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Subprime. Sono prestiti immobiliari concessi a soggetti a rischio ovvero a debitori che sono stati già insolventi o che non danno garanzie circa i propri redditi o le proprie attività. (Il nuovo ABC dell’economia, Il Sole 24 Ore)

Origine e sviluppo del termine

Come è possibile evincere dalla descrizione dell’evolversi della crisi, a differenza degli altri termini analizzati subprime rimanda a una realtà prettamente statunitense.

Subprime (o sub-prime) è un aggettivo inglese composto da prime e dal prefisso sub-. Prime deriva dal latino primus, “primo”, e significa “di prima qualità”, “di primaria importanza”.

Letteralmente subprime vuol dire “sotto il primo” e a differenza di prime, che presenta diverse accezioni, è usato solo nel mondo del credito. I subprime mortgages si contrappongono ai prime mortgages, ovvero i mutui di qualità primaria, concessi a debitori con un merito di credito più solido.

L’aggettivo subprime, altamente eufemistico, ha origini recenti. È in uso nella lingua inglese solo dal 1978 anche se si è imposto soprattutto a partire dal 1996 quando ha sostituito l’espressione, fino ad allora preferita, below-prime (etymonline.com/subprime, Safari 2007).

Nel 1977, infatti, negli Stati Uniti è stato varato il Community Reinvestment Act (CRA), mirato a incoraggiare la concessione di mutui anche a persone a basso reddito. Nella seconda metà degli anni Novanta il CRA sortisce i suoi effetti e si assiste a una progressiva crescita nella concessione di prestiti subprime, continuata ininterrottamente fino al collasso finanziario del 2007.

Fino al 2005 l’aggettivo subprime è rimasto un termine relegato al settore bancario. A partire da quell’anno, però, con i primi segnali di instabilità sui mercati finanziari il termine inizia un’altra scalata: quella dei media. Agli inizi del 2007 la parola è ovunque: sono proprio questi mutui a innescare una crisi finanziaria senza precedenti. Il termine diventa così frequente nella lingua inglese che l’American Dialect Society lo vota parola dell’anno per il 2007. Dopo lo scoppio della crisi non tarda a essere introdotto anche nella maggior parte dei dizionari: se nell’edizione del 2005 del NOAD e in quella del 2007 del CD il lemma non figurava, nelle edizioni successive, rispettivamente del 2010 e 2009 esso è stato aggiunto.

Come abbiamo potuto osservare nel capitolo 5, i mutui subprime cartolarizzati hanno interconnesso la finanza mondiale, esponendo banche di tutto il mondo al rischio insolvenza.

Quando quest’ultimo si è concretizzato, i problemi non hanno riguardato solo gli Stati Uniti, dove questi mutui erano stati concessi e utilizzati per creare strumenti derivati, ma anche gli altri Paesi con un effetto domino senza eguali. Seppur l’Italia fosse meno esposta a questi

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rischi, l’entità della crisi è stata tale da non lasciare neanche il nostro paese all’oscuro di questo termine che non ha tardato a diffondersi.

Esso è entrato nella lingua italiana proprio con lo scoppio della crisi. Nella banca dati del Sole 24 Ore vi sono alcune occorrenze per subprime negli anni precedenti ma sono rarissime: 13 tra il 2002 e il 2006. Il termine è stato assorbito senza alcun adattamento anche se è entrato non solo come aggettivo, ma anche come sostantivo. Esso è stato usato con elevata frequenza anche nella nostra lingua e nel 2009, per esempio, viene introdotto nei vocabolari DO e

69 Stringhe di parole cercate: “mutui usa/americani/statunitensi”, “mutui ad alto rischio”, “mutui a rischio”,

“prestiti usa/americani/statunitensi”, “mutui spazzatura”, “mutui immobiliari + a rischio”, “mutui immobiliari + ad alto rischio”, “mutui ipotecari usa/americani/statunitensi”, “mutui residenziali usa/americani/statunitensi”,

“mutui tossici”. Sono state computate solo le occorrenze in cui si fa effettivamente riferimento ai mutui subprime ed escluse quelle in cui l’espressione è corredata dall’aggettivo subprime.

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delle pubblicazioni ufficiali hanno un minor margine di manovra. Non è un caso, infatti, che per la prima volta nel quadro della presente analisi, essi ricorrano più frequentemente al termine inglese che a perifrasi descrittive endogene.

La turbolenza si è diffusa rapidamente ad altri paesi, in particolare a quelli europei, dove numerosi intermediari detenevano in portafoglio prodotti finanziari strutturati basati su mutui sub-prime statunitensi. (Bollettino della Banca d’Italia, dicembre 2007)

All’origine di queste tensioni vi era l’accresciuta incertezza sulla natura e sull’entità dell’esposizione degli intermediari finanziari ai rischi di credito e di liquidità, generati in particolare dal mercato statunitense dei mutui subprime e da connessi strumenti derivati70. (Bollettino economico della BCE, gennaio 2008)

Tuttavia, come negli esempi riportati sopra, il termine è sempre scritto in corsivo.

Questo espediente tipografico denota una presa di distanza dall’anglicismo e segnala al lettore l’uso di un tecnicismo nuovo e alloglotto.

I dati raccolti evidenziano però una differenza degna di nota tra i testi della Banca d’Italia e quelli della BCE. Nei secondi, infatti, sono piuttosto numerosi anche i casi in cui l’estensore ha tentato di fornire una versione italiana del termine, mentre nelle analisi della Banca d’Italia è usato quasi esclusivamente l’aggettivo inglese subprime. Il corrispettivo italiano che si ritrova nelle traduzioni della BCE è quasi sempre lo stesso, ovvero di qualità non primaria.

Dietro a questa uniformità terminologica si nascondono linee guida ben definite. Nel manuale per la traduzione delle pubblicazioni della BCE, infatti, viene indicata una resa precisa per subprime mortgage market, ovvero mercato dei mutui di qualità non primaria. Ciò non ha certo frenato l’impiego dell’anglicismo ma ha favorito da una parte un uso abbastanza frequente anche di un equivalente italiano e dall’altra una pressoché perfetta univocità nelle soluzioni traduttive. Solo una volta si trova un’alternativa, che si discosta comunque poco da quanto consigliato: di bassa qualità.

Nel corso del 2007 i mercati finanziari sono stati scossi dalle notizie che erano rapidamente aumentate le inadempienze per i mutui ipotecari di qualità non primaria concessi nel 2005 e nel 200671. (Bollettino mensile della BCE, agosto 2007)

Nei mesi successivi il cambio con lo yen ha mostrato ampie variazioni che hanno in generale riflesso il rapido mutare delle aspettative circa la volatilità dei prezzi delle attività, riconducibile soprattutto alle tensioni sul mercato dei mutui statunitensi di qualità non primaria e agli effetti indiretti delle stesse su altri segmenti di mercato72. (Bollettino mensile della BCE, marzo 2008)

70 These tensions have emerged as a consequence of heightened uncertainty regarding the nature and extent of financial intermediaries’ exposure to credit and liquidity risks, notably stemming from the US sub-prime mortgage market and associated derivative instruments.

71 In the course of 2007, financial markets were shaken by the news that delinquencies in subprime mortgages extended in 2005 and 2006 had increased rapidly.

72 In subsequent months, the euro-yen exchange rate fluctuated widely, broadly reflecting swift changes in market expectations about asset price volatility, originating mainly from strains in the US sub-prime mortgage market and their spillover effects to other market segments.

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Si noti tuttavia che l’uso del fraseologismo italiano è concentrato principalmente nel 2007 a fronte di un uso limitato di subprime. Dal 2008 si osserva un’inversione di tendenza: il primo diminuisce notevolmente per non essere poi più usato a partire dal 2010, mentre il secondo prende il sopravvento già a partire dal 2008. L’uso di subprime cala con l’avvento del 2010, ma ciò è dovuto semplicemente al fatto che la questione dei mutui subprime da quell’anno sia diventata meno rilevante. Questa osservazione permette di concludere che se inizialmente, quando il fenomeno era nuovo, si è tentato di dare una traduzione in italiano, la graduale conoscenza della questione nel mondo economico e finanziario ha fatto abbandonare questo atteggiamento addomesticante lasciando che prendesse piede l’inglese.

Nelle pubblicazioni della Banca d’Italia i casi in cui viene usata una locuzione endogena anziché subprime sono solo 6 e le soluzioni sono diverse tra loro: (mutui ipotecari) statunitensi, ad alto rischio, (mutui ipotecari) esposti al rischio di insolvenza.

Dallo spoglio degli articoli del Sole 24 Ore è emerso che anche in questi ultimi vengono talvolta usate locuzioni italiane al posto di subprime, sebbene il loro uso sia estremamente limitato rispetto alla frequenza dell’anglicismo. Non vi è un corrispettivo unico dal momento che probabilmente ogni giornalista dà la propria traduzione. Ricorre tuttavia abbastanza frequentemente l’uso di a rischio o ad alto rischio.

«Non abbiamo nessun fondo che investa nel settore dei mutui americani a rischio» hanno sottolineato dagli uffici di via Minghetti a Roma. (Il Sole 24 Ore, 10.08.2007)

A livello mondiale, svalutazioni e perdite sui crediti causate dalla crisi dei mutui statunitensi ad alto rischio hanno raggiunto 245 miliardi di dollari […]. (Il Sole 24 Ore, 11.04.2008)

È interessante notare come la scelta traduttiva effettuata per le pubblicazioni della BCE guardi alla qualità, mentre quella prediletta dai giornalisti ponga l’accento sul rischio. Come in molti altri casi, è possibile riconoscere in questa scelta la maggior oggettività e precisione dal punto di vista economico delle pubblicazioni ufficiali, e la preferenza per soluzioni a effetto del gergo giornalistico. L’espressione a rischio ha infatti un peso connotativo più forte rispetto a di qualità non primaria. Altre due locuzioni utilizzate più volte sono mutui tossici e mutui spazzatura.

A contribuire a questo nuovo primato britannico in Europa ci sono i maxi-salvataggi delle banche della City trascinate dal crollo dell’immobiliare e dai mutui spazzatura, mentre il Belpaese può vantare, nel suo attivo, banche più solide e prudenti e un’economia più articolata nel manifatturiero. (Il Sole 24 Ore, 25.06.2009)

L’istituto [Anglo Irish Bank] alle prese con il conferimento di asset tossici al National Asset Management, […], deve gestire 35 miliardi di euro di mutui tossici. (Il Sole 24 Ore, 19.06.2010)

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Inoltre, di frequente gli autori degli articoli generalizzano e usano mutui usa/americani/statunitensi per indicare il comparto subprime, una scelta imprecisa che rischia di essere fuorviante. Nel passaggio seguente sembra per esempio che la crisi sia stata scatenata dall’intero mercato del credito ipotecario.

La fuoriuscita da un lato dai titoli azionari, dall’altro dalle obbligazioni societarie che hanno perso molto terreno per la crisi scatenata dai mutui americani, ha fatto dirottare la liquidità sui titoli di Stato, tornati a rappresentare un “bene rifugio”. (Il Sole 24 Ore, 16.09.2007)

La stessa imprecisione si riscontra anche nelle pubblicazioni della Banca d’Italia, ma un’unica volta. Le restanti perifrasi descrittive utilizzate negli articoli del quotidiano non si ripetono. Di seguito alcuni esempi: mutui usa non solvibili, mutui usa di minor qualità, mutui americani concessi a persone poco abbienti, mutui americani ad alto rischio di insolvenza, mutui americani poco affidabili, rischiosissimi mutui usa, ecc.

Questa strategia traduttiva rimane tuttavia limitata e a imperare è l’uso dell’anglicismo. Dal momento che subprime non solo è un termine esogeno, ma descrive anche un concetto inesistente in Italia e fino a non molti anni fa poco conosciuto, ci si aspetterebbe di ritrovare negli articoli del Sole 24 Ore abbondanti spiegazioni del termine volte a guidare il lettore.

Eppure se ciò è vero fino all’estate del 2007, tra i giornalisti subprime non tarda ad essere dato per conosciuto. Prendiamo in considerazione a titolo esemplare il 2007: prima del 9 agosto, quando ancora la crisi dei mutui subprime non era scoppiata e il fenomeno era conosciuto solo dagli esperti del settore, delle 260 occorrenze per subprime, 110 presentavano una glossa esplicativa (più o meno precisa), ovvero quasi la metà.

Wall Street, a marzo, ha dovuto fare i conti con i tracolli, in appena due mesi, di una ventina di istituti di credito specializzati nell’erogazione di mutui sub-prime, ovvero a clienti con caratteristiche di solvibilità finanziaria individuale inferiori agli standard migliori. (Il Sole 24 Ore, 24.03.2007)

«Il problema dei subprime, i mutui più fragili, schiaccia il dollaro», ha commentato Jens Nordvig, di Goldman Sachs. (Il Sole 24 Ore, 13.07.2007)

Dopo il 9 agosto, con lo scandalo BNP Paribas e il concretarsi della crisi, l’uso del termine aumenta significativamente, incluso nei mass media, mentre in una logica inversamente proporzionale le spiegazioni si fanno improvvisamente più rare: sui 1222 articoli che trattano di subprime apparsi tra il 9 agosto e il 31 dicembre 2007, solo in 42 viene spiegato di cosa si tratta. Vi è tuttavia da chiedersi se il fatto che un argomento sia di grande attualità vada sempre di pari passi con un’effettiva conoscenza dello stesso.

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Negli Stati Uniti lo stock dei subprime rappresenta poco più del 10% del mercato totale: solo nel 2005 e nel 2006, secondo Lehman brothers, sono stati stipulati mutui subprime per un totale di 800 miliardi. (Il Sole 24 Ore, 19.08.2007)

I subprime hanno prodotto un effetto a cascata: anche per le operazione in precedenza finanziate normalmente ora è scattata la diffidenza. (Il Sole 24 Ore, 04.02.2008)

Nelle traduzioni della BCE vi sono solo 7 casi in cui viene data una spiegazione per subprime, mentre nelle pubblicazioni della Banca d’Italia 5.

Sia nelle pubblicazioni della Banca d’Italia che nelle traduzioni della BCE subprime è impiegato pressoché sempre in funzione di aggettivo, come in inglese, per qualificare innanzitutto i mutui, ma anche i mutuatari e il comparto in questione. Solo in 3 casi è usato come sostantivo. A utilizzarlo abbondantemente in questo modo, in quello che possiamo definire un prestito decurtato per subprime mortgages, è invece la stampa dove in circa la metà delle occorrenze è impiegato in funzione di sostantivo.

In un’intervista al Sole 24 Ore, l’amministratore delegato di Bnp Paribas, Baudouin Prot, difende le scelte della banca francese che il mese scorso ha temporaneamente congelato tre fondi esposti verso i subprime: «Abbiamo tutelato i risparmiatori». (Il Sole 24 Ore, 08.09.2007)

In ottobre la Federazione degli istituti di credito nigeriani ha comunicato che le banche del Paese non sono al momento influenzate dalla crisi dei mercati finanziari statunitensi e europei, non avendo partecipato al mercato dei subprime. (Il Sole 24 Ore, 28.10.2008)

Seppure nella maggior parte dei casi il sostantivo subprime indichi i mutui, è altresì comune che si riferisca ai mutuatari o all’intero settore del mercato del credito ipotecario in questione.

In quest’ultimo caso si ritrova pertanto al singolare. Come per le pubblicazioni ufficiali, gli stessi usi si ritrovano anche quando è usato in funzione di aggettivo.

E soprattutto per le insolvenze tra i subprime (mutuatari meno affidabili) e il rischio di fallimento di chi ha investito nei derivati costruiti sui mutui più scalcinati. (Il Sole 24 Ore, 23.06.2007) Fece una premessa di carattere macroeconomico: che il mercato immobiliare americano era in bolla speculativa, che i prezzi delle case sarebbero caduti nei mesi successivi e che tantissimi mutuatari subprime non sarebbero stati più in grado di pagare le rate. (Il Sole 24 Ore, 20.04.2010)

In alcuni casi le società potrebbero, tra i crediti, possedere diverse tranche di notes, con diversi livelli di seniority e con differenti livelli di esposizione al sub-prime. (Il Sole 24 Ore, 04.03.2009) Contrariamente a quanto molti credono, l’esposizione di Northern Rock al settore subprime era e resta estremamente limitata. (Il Sole 24 Ore, 25.03.2008)

Nelle pubblicazioni ufficiali si osserva una maggiore tendenza a contestualizzare il concetto di subprime, in altri termini viene quasi sempre specificato che questa categorica di mutui appartiene alla realtà statunitense. Al contrario, negli articoli sul Sole 24 Ore accade spesso

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che ciò venga tralasciato e dato per scontato anche quando, come nel caso del primo esempio, nell’articolo non si accenna in alcun modo al paese oltreoceano.

Certo la vicenda dei mutui subprime non è servita a niente se il Presidente dell’Antitrust pensa, proponendo strane autentiche bancarie, di istituzionalizzare una situazione di grave conflitto di interessi in cui il consumatore sarebbe abbandonato a se stesso. (Il Sole 24 Ore, 21.02.2008) I mercati finanziari italiani, caratterizzati fino allo scorso luglio da condizioni distese, hanno risentito nella restante parte del 2007 delle tensioni mondiali innescate dal mercato dei mutui ipotecari subprime statunitensi. (Relazione annuale sul 2007, Banca d’Italia)

Le collocazioni più frequenti sono principalmente tre: mutui ipotecari s. (e varianti: mutui s., mutui residenziali s., mutui immobiliari s., prestiti s., crediti ipotecari s.), crisi dei mutui s. (e varianti: crisi dei s., crisi s.) e comparto/settore/mercato dei mutui s. (e varianti:

comparto/settore/mercato dei s., comparto/settore/mercato s.).

Con la crisi dei subprime il giochino di indebitarsi a breve (con tassi più bassi) per finanziare a lungo (a tassi più alti) è finito. (Il Sole 24 Ore, 11.10.2011)

Le turbolenze finanziarie iniziate ai primi di agosto del 2007 a seguito della crisi dei mutui subprime statunitensi hanno creato una situazione di incertezza nei mercati finanziari […]73. (Bollettino economico della BCE, novembre 2008)

La politica le [Freddie Mac e Fannie Mae] ha sempre spinte ad abbassare i criteri di acquisto, fino ad entrare anche nel mercato dei subprime, e di altri mutui a rischio. (Il Sole 24 Ore, 29.04.2009) L’incidenza degli avvii di procedure esecutive sui mutui residenziali in essere è ancora aumentata nel secondo trimestre, soprattutto per quelli a tasso variabile e non solo nel comparto subprime.

(Bollettino economico della Banca d’Italia, ottobre 2008)

Conclusioni

Il confronto tra i tre corpus ha fatto emergere diverse strategie per la resa di subprime, un termine privo di equivalenti in italiano. La prima è quella osservata nelle traduzioni della BCE dove all’uso di subprime si accompagna quello di un’unica equivalenza descrittiva stabilita a monte. La seconda consiste nella non traduzione dell’anglicismo che viene mantenuto nella lingua di partenza; contraddistingue le pubblicazioni della Banca d’Italia, gli articoli del Sole 24 Ore e, in un secondo momento, anche le traduzioni della BCE. Infine, sul quotidiano e, in misura minore, nelle analisi della Banca d’Italia, si nota un uso non regolamentato di svariate traduzioni del termine. Questa pluralità terminologica crea tuttavia un effetto confuso e rende la comprensione più nebulosa. A questo punto, se non è possibile garantire una certa uniformità traduttiva come nel primo caso, è forse meglio lasciare il termine nella lingua di partenza.

73 The financial turmoil which started in early August 2007 as a result of the US sub-prime mortgage crisis has led to uncertainty in financial markets, […].

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Il tentativo di normazione promosso dai traduttori delle pubblicazioni della BCE non ha avuto il successo probabilmente sperato in un primo momento, poiché è stato presto sostituito dal termine d’origine. Possiamo supporre che la lunghezza della perifrasi ne abbia pregiudicato la funzionalità.

Dato il pubblico di esperti, nelle pubblicazioni ufficiali il termine raramente è spiegato ma è generalmente accompagnato da specificazioni che possono guidare il lettore nella comprensione (specificazione che si tratta di un fenomeno statunitense, esplicitazione del termine a cui fa riferimento). Diversamente, negli articoli del Sole 24 Ore, dove sarebbero auspicabili maggiori chiarimento e aiuti al lettore, le glosse esplicative sono poche, spesso subprime è utilizzato come sostantivo sottintendendo a cosa faccia riferimento e non sempre è specificato che si tratta di un fenomeno prettamente americano. In altri termini vengono forniti meno aiuti alla comprensione.