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I CASTELLI DELLE RIVOLTE

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Academic year: 2021

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HAL Id: hal-02054507

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Submitted on 1 Mar 2019

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I castelli delle rivolte: dalla piana di Partinico alla valle dello Jato (Palermo). Sulle tracce degli ultimi

musulmani in Sicilia occidentale

Antonio Alfano, Giovanni Polizzi

To cite this version:

Antonio Alfano, Giovanni Polizzi. I castelli delle rivolte: dalla piana di Partinico alla valle dello Jato (Palermo). Sulle tracce degli ultimi musulmani in Sicilia occidentale. Atti dei XLVIII e XLIX Convegno Internazionale della Ceramica: Cinquant’anni di studi sulla ceramica e il contributo del centro ligure per la storia della ceramica, Centro ligure per la storia della ceramica, pp.63-81, 2017.

�hal-02054507�

(2)

1 Antonio Alfano

1

– Giovanni Polizzi

2

I CASTELLI DELLE RIVOLTE.

DALLA PIANA DI PARTINICO ALLA VALLE DELLO JATO (PALERMO)

SULLE TRACCE DEGLI ULTIMI MUSULMANI IN SICILIA

OCCIDENTALE

Introduzione

A seguito delle campagne di scavo della fortezza ossidionale del

“Castellazzo” di Jato, si è resa necessaria una revisione dei materiali archeologici provenienti da scavo e ricognizione in tutti quei siti fortificati che hanno accolto la popolazione musulmana durante le rivolte tra ultima età normanna e epoca sveva. Si è così posta l’attenzione su almeno due fasi nella realizzazione di tali fortilizi, spesso semplici torri piuttosto che castelli veri e propri, corrispondenti all’inizio della dominazione normanna ed al periodo federiciano. Monte Palmeto, Monte della Fiera, Pizzo Mirabella, Castellazzo di Jato, Monte Pagnocco, La Vecchia di Corleone, sono alcuni di questi fortilizi che, insieme a quelli noti dalle fonti, Jato, Entella, Celso, Gallo, definiscono in modo chiaro l’articolazione del paesaggio rurale e soprattutto montano in questa porzione della Sicilia (fig. 1).

1 Specializzato in Archeologia Medievale presso la Sapienza Università di Roma. Lo studio costituisce la prima fase di un lavoro appena iniziato che mira ad ottenere un quadro più ampio possibile sul popolamento rurale nella Piana di Partinico e nella Valle dello Jato. Durante l’elaborazione del Sistema Informativo Territoriale (SIT) si è utilizzata la versione 2.12.2 del software QGIS Lyon.

2 Laureato in Archeologia presso l’Università degli Studi di Palermo.

Le ceramiche rinvenute mostrano un diretto rapporto con le produzioni palermitane oltre a prodotti provenienti dall’area messinese, come le pentole invetriate, o dalla Campania come le coppe decorate a spirale.

Concentreremo la nostra attenzione sui luoghi fortificati sorti tra la Piana di Partinico (Monte Palmeto e Monte Cesarò) e la Valle del fiume Jato (Monte della Fiera, Pizzo Mirabella, Monte Pagnocco, Castellazzo di Iato) tutti oggetto di ricognizioni di superficie tranne nel caso del Castellazzo dove ormai da cinque anni si svolge uno scavo archeologico regolare

3

. Ulteriore interesse suscita il rapporto tra questi siti forti ed il territorio circostante in cui l’insediamento aperto costituisce l’unica forma abitativa, sebbene le aree rurali subiscano una drastica diminuzione rispetto alla tarda età islamica o al periodo del regno normanno. È stata inoltre dedicata particolare attenzione all’analisi delle strutture murarie principalmente a Monte Cesarò; in Sicilia infatti si è ancora lontani da un atlante delle forme architettoniche o da un’analisi comparata delle murature medievali

4

. Ciò è vero anche per monumenti architettonici quali chiese e castelli medievali che, a centinaia sull’isola, sono testimoni di maestranze e scuole diverse ed il cui studio comparato

fig. 1:

3 MAURICI et alii 2014; MAURICI et alii 2014;

MAURICI et aliiin cds.

4 Questi argomenti sono trattati con ampia bibliografia in DI LIBERTO 2004 e DI LIBERTO 2010. Altri confronti utili al nostro studio provengono dagli scavi di Calatamauro, Segesta e Calathamet per cui si rimanda rispettivamente a CORRETTI –MICHELINI – VAGGIOLI 2009, MOLINARI 1997 e LESNES –POISSON

2012.

(3)

2

Castelli ed abitati tra età normanna e sveva (elaborazione GIS Antonio Alfano)

potrebbe di molto arricchire le nostre conoscenze. Parallelamente a questo si è iniziato lo studio dei materiali esposti presso la Biblioteca Comunale di Partinico provenienti sia dai siti castrali di nostro interesse che da abitati aperti localizzati nella Piana di Partinico

5

. Questo territorio, nonostante la ricchezza di risorse e la posizione strategica, non è stato ancora sottoposto ad uno studio sistematico ed i dati archeologici acquisiti risultano da vecchie raccolte che necessitano assolutamente di verifiche autoptiche

6

.

5 Si ringrazia il personale del Comune di Partinico per aver favorito la nostra ricerca. Si ringraziano il dott. S.

Vassallo, dirigente dell’U.O. V e le dottoresse R. M.

Cucco e A. M. G. Calascibetta della Soprintendenza ai BB.CC.AA di Palermo.

6 Va decisamente meglio per quanto riguarda gli studi di storia e viabilità cui si ricordano principalmente MAURICI 1986 e FILINGERI 2014. Diverse informazioni derivano dagli studi di Vittorio Giustolisi: GIUSTOLISI 1975; GIUSTOLISI 1976.

Le ultime resistenze musulmane e l’articolazione del paesaggio rurale

Parte del territorio oggetto del nostro studio è stato sottoposto a ricognizioni

intensive e

sistematiche che hanno rivelato, per quanto possibile, la

ricchezza e

l’eterogeneità degli insediamenti posti principalmente lungo gli assi viari e con uno spessore archeologico che attraversa molti secoli. Quelli che presentano una fase di vita medievale spesso recano tracce riferibili all’interno arco cronologico X-XIII, ad indicare la “persistenza rurale”

nonostante i vari cambi di potere al governo

7

(fig. 2). Molti tra i siti fortificati presentano poi, sulla base di dati acquisiti in modo stratigrafico o da ricognizione di superficie, una cronologia ben più antica rispetto alla loro prima attestazione nelle fonti scritte (fig. 3). Data la natura del contributo tralasciamo completamente le vicende storiche che hanno portato ad una forte presenza musulmana in questa porzione di Sicilia occidentale e rimandiamo alla vasta produzione

7 Nell’area dello Jato e del Belìce Destro, 23 insediamenti hanno una cronologia X-XII, 11 solo X- XI, 17 sono attivi tra XI e XII: ALFANO – SACCO

2014, ALFANO –SACCO 2015.

(4)

3 bibliografica in

merito

8

. Facciamo solo notare che la fondazione

dell’Arcidiocesi di Monreale ha costituito un ultimo tentativo da parte del regno normanno di Guglielmo II, di tenere sotto stretto controllo la popolazione residente,

certamente per la stragrande

maggioranza di religione islamica

9

. All’interno della Magna Divisa Jati, un macro distretto che si estendeva da Partinico ad

fig. 2: L’evoluzione dell’insediamento rurale nel medioevo tra il Belìce Destro e la Piana di Partinico (elaborazione GIS Antonio Alfano)

Altofonte fino ai confini con Corleone ad est e Calatafimi ad ovest, sono segnalati una serie di abitati, rocche, punti di vedetta, mulini e percorsi viari, tracce in parte individuate durante le ricognizioni. Le dinamiche dell’insediamento territoriale compreso tra la fine del XII e la prima metà del XIII secolo sono legate alle rivolte musulmane ed al ruolo di Jato come ultima roccaforte islamica di Sicilia.

Questo centro

8 ALFANO – SACCO 2014; MAURICI 1987;MAURICI

1995;MAURICI 1997;MAURICI 1998;MOLINARI 2012;

NEF 2011.

9 JOHNS 2002;MAURICI 1997, p. 264.

insieme ad Entella, Corleone, Calatrasi,

Calathamet, Guastanella e ad altri non

ancora identificati (Celso e Gallo),

assunse il ruolo di punto forte degli

ultimi contingenti di popolazione

musulmana di Sicilia. Nel nostro

territorio i siti di Monte Palmeto,

Monte Cesarò, Monte della Fiera, Pizzo

Mirabella, Monte Pagnocco,

Castellazzo di Iato presentano resti di

fortificazioni che associate alle

ceramiche di superficie

(5)

4

fig. 3: Tabella comparativa con le cronologie disponibili per i siti noti tra età normanna e sveva (elaborazione Antonio Alfano)

concorrono in una cronologia compresa tra la fine del XII e la prima metà del XIII secolo. Dopo la morte di Guglielmo II (1189) una serie di abitati saranno abbandonati, in favore di una concentrazione della popolazione nelle rocche appena descritte, segno ineluttabile del cambiamento sociale ed economico che l’intera Sicilia occidentale si apprestava a subire.

Procederemo nella descrizione dei siti partendo dalla piana di Partinico indicando i rinvenimenti per ogni luogo e passando poi, alla fine dell’elenco, al territorio rurale su cui gravitano questi fortilizi.

A.A.

Monte Palmeto

Si tratta di un rilievo calcareo alto nel punto più alto 567 metri, dove si trova la Montagnola occupata dai resti

cospicui di un insediamento

10

. L’area risulta circondata in diversi punti da una cinta muraria conservata in altezza per circa un metro; si tratta di pietre cavate in loco disposte a secco in filari irregolari con l’uso di pietrame più minuto per gli interstizi. Sul versante Nord, a valle del promontorio, si trova un acquitrino che potrebbe nascondere la presenza di una sorgiva. Non vi si è infatti traccia di acqua sul rilievo ma esistono almeno due cisterne. La prima, posta in cima, nei pressi della cinta muraria, misura 5.50*3.40 e presenta un rivestimento in malta idraulica; la seconda, più a valle verso nord-est più piccola ma non molto conservata sempre con lo stesso rivestimento in malta idraulica. In entrambi i casi diverse pietre che costituiscono le

10 MAURICI 1998, p. 40: l’autore ipotizza che il sito sia da identificare con uno di quelli in cui era distribuita la Cinisi medievale. Uno in basso, descritto anche dal geografo Idrisi, ed uno in alto frequentato solo in caso di pericolo. In ogni caso la presenza di materiali ben più antichi del periodo medievale, lascia immaginare l’esistenza di un insediamento strutturato di lunga durata.

(6)

5 cisterne ed il fortilizio sulla

Montagnola sono in arenaria, portate quindi dalla piana sottostante. La parte meridionale della Montagnola è poi occupata da abbondanti resti di edifici realizzati in pietra e coperti da coppi disposti in modo abbastanza regolare rispettando il rilievo naturale. Negli anni passati, ricognizioni mirate hanno portato al rinvenimento di alcuni oggetti che attestano ulteriormente la presenza di un abitato sul luogo

11

. Oggi, tra i materiali più interessanti si segnalano diversi frammenti di grossi contenitori per la conservazione dell’acqua (Tav. I, 1) o degli aridi (Tav.

I, 7). La maggior parte dei frammenti si rinviene tuttavia lungo il pendio occidentale nei pressi della cisterna più grande. I reperti sono molto eterogenei ed abbracciano un orizzonte cronologico compreso tra il II-III e la fine del XII secolo: si tratta di alcuni coppi a bordo ispessito, dell’orlo di un’anforetta di tipo siciliano con spesso ingobbio bianco

12

, e di numerosi reperti con rivestimenti vetrificati. Tra questi una ciotola emisferica con decorazione solcata (Tav. II, 7), alcune pentole invetriate di produzione messinese (Tav. I, 2 e 6), tazze e vasi miniaturistici (Tav. II, 10, 12, 13, 14), piatti con tesa a decorazione solcata (Tav. I, 8, 15), e numerosi catini a calotta ribassata ed orlo ingrossato (Tav. I, 11, Tav. II, 1, 3, 4, 5, 6). Tra i reperti più interessanti un catino emisferico con orlo indistinto di

11 Tra questi manufatti un frammento di lastra tombale con iscrizione in arabo: MAURICI –GIAMBONA 1997:

521;MAURICI 1999:367.I frammenti attestano una frequentazione del sito fino al XV secolo, sebbene dopo i primi del XIII secolo siano note solo delle monete.

12 RIZZO et alii2014;MALFITANA 2009.

produzione palermitana, ricoperto da una spessa vetrina di colore giallo all’interno e verde sull’orlo (Tav. III, 3) che trova riscontro tra i rinvenimenti delle ricognizioni sul fiume Jato

13

e a Palermo

14

. Altrettanto interessante una scodella con orlo a tesa sempre di produzione palermitana dipinta in verde sotto una spessa e lucida vetrina

15

. Alla produzione palermitana si ascrive inoltre un frammento di parete di anfora dipinta a tratti in bruno. Tra i materiali medievali più antichi, l’orlo bifido di un catino carenato decorato all’interno, nella parte sopra la carena, da tratti obliqui in bruno e databile tra fine X e metà XI secolo. Ad età islamica matura rimandano anche i frammenti di cavetto di altri catini ricoperti da vetrina trasparente e decorati in verde e bruno.

A Nord – Est delle strutture si doveva estendere un qualche tipo di abitato;

sebbene siano pochi i resti emergenti, si raccolgono anche qui frammenti ceramici databili soprattutto tra fine XI e fine XII secolo La qualità dei prodotti rinvenuti oltre a testimoniare il diretto rapporto con Palermo per quanto riguarda l’approvvigionamento ceramico, suggerisce l’esistenza di un abitato ben strutturato. Tra i rinvenimenti non ceramici, un eccezionale frammento di porfido ed una moneta di Federico II databile tra il 1209 ed il 1212. A.A – G. P.

13 ALFANO – SACCO 2015, p. 311, tav. 1, n.

VIUT85.152.

14 LESNES 1993,p. 585, fig. 8, n. 69; LESNES 1997,p.

58, n. 46.

15 Un’esemplare simile da Segesta: MOLINARI 1997, p.

120, III.3.9 e da Entella: CORRETTI 2010, p. 237, fig.

74 g.

(7)

6

(8)

7

(9)

8

(10)

9 Monte Cesarò

(fig. 4)

Dalla piana di Partinico,

immediatamente ad est dell’attuale abitato si erge il rilievo di Monte Cesarò, occupato nella parte più elevata, a Nord, da un castello

16

.

Non si

rinvengono frammenti al suolo a causa della folta vegetazione che ricopre l’area ad

esclusione di un catino emisferico con orlo indistinto e ricoperto da vetrina verde (Tav. I, 4), un orlo ingrossato di catino a calotta ribassata (Tav. I, 3) ed un orlo di anfora (Tav. I, 9). Anche in questo caso, ricerche operate nel passato hanno portato alla luce alcuni reperti di notevole interesse come un enkolpion

17

. Tra gli oggetti conservati presso la Biblioteca Comunale di Partinico si segnala un bottone in avorio decorato da cerchielli incisi (Tav. III)

18

.

Rispetto alle altre strutture che presenteremo in questo contributo è quello che conserva resti in elevato più imponenti e tali da riconoscere la planimetria generale. Passeremo alla descrizione delle strutture

16 AA.VV. 2001, pp. 347-348; MAURICI 1998, pp. 92- 93.

17 MAURICI –GIAMBONA 2000.

18 Il pezzo era stato già pubblicato dal Giustolisi:

GIUSTOLISI 1976, Tav. XIII, A.1.

fig. 4: Planimetria schematica delle strutture visibili su Monte Cesarò con indicazione delle campionature murarie descritte nel testo (elaborazione GIS Antonio Alfano)

evidenziando le apparecchiature murarie e le tecniche costruttive.

Cisterna (1 sulla carta).

Cisterna rettangolare semi-ipogeica orientata in senso Nord - Sud

19

, conservata sino allo spiccato della volta, probabilmente a botte, foderata con tre strati di malta:

malta di allettamento, aderente alla muratura, impasto grossolano, con inclusi in cocciopesto a grana grossa.

Spessore 3 cm; secondo strato, a grana più fine, con rilevanti quantità di cocciopesto. Lo spessore oscilla tra 0,07 e 0,09 m; terzo strato, a grana fine, con largo uso di inclusi calcarei e

19 Essendo l’asse Nord-Sud della cisterna leggermente spostato verso Est, per comodità si utilizzeranno i punti cardinali Nord, Sud, Est ed Ovest.

(11)

10 coccio pesto che dona alla superficie un

colore roseo. Lo spessore oscilla tra 0,12 e 0,2 m. Le guance Est ed Ovest della cisterna sono foderate in blocchi di forma rettangolare lisciati in faccia vista. La malta di allettamento tra i blocchi ha uno spessore che oscilla tra 0,15 e 0,25 m in orizzontale, e 0,2 m in verticale. L’altezza e la profondità dei blocchi sono costanti. Dimensioni medie dei blocchi: piccolo:

0,25x0,15x0,28 m; grande:

0,40x0,15x0,28 m; Lo spessore dei muri è di 0,9 m sul muro Nord, 3 m sul muro Ovest. I muri est e sud non sono riconoscibili perché interrati.

Mastio (2 sulla carta)

Struttura posta sulla sommità ed al centro del pianoro orientata come la cisterna che forma un rettangolo (12*8 m) e realizzata in blocchi calcarei regolari alternati a coppi tra gli interstizi. La tecnica di realizzazione dei muri rilevata presso l’angolo sud ovest è impostata su due filari di pietre squadrate alternate ad un filare di coppi vacuolati, allettati con abbondante malta a grana grossa con numerosi inclusi conchiliferi. Sulla parte sommitale si riconosce un blocco rettangolare di calcarenite ed un frammento di macina in pietra lavica.

L’angolo orientale ha un filare di pietre (altezza media 0,22/0,23 m) alternato ad un filare di coppi vacuolati, sistemati con uso abbondante di malta (A sulla carta).

Il muro sud ha uno spessore di 2,80 m, mentre il muro est è spesso 1,20 m. I muri nord e ovest non sono visibili. A Nord Est della struttura si trova un apprestamento quadrangolare realizzato a doppio paramento (spessore

paramento esterno: 0,35 m) con riempimento a sacco composto da pietre di medie dimensioni, coppi e malta con numerosi inclusi conchiliferi e cocciopesto. A Sud della struttura, a rinforzo del muro est dell’ambiente più grande, corre un contrafforte con profilo inclinato realizzato in blocchi di grandi dimensioni appena sbozzati posti in opera in filari regolari, allettati con abbondante malta.

Terrazzamenti ad Ovest del mastio La sommità del monte è sistemata a gradoni nel versante ovest, con ricorsi murari che formano due terrazzamenti.

Muro 3: delimita ad Ovest il terrazzo mediano, in cui forse è stato realizzato un passaggio. Ha una struttura con filari orizzontali di blocchi sbozzati (altezza 0,18 0,20 m), alternati a scaglie di pietra o blocchi più piccoli che creano superfici di allettamento orizzontali. Si notano pochi coppi e poca malta sul paramento esterno, mentre il riempimento del muro contiene abbondante malta

20

. Il paramento interno del muro ha la stessa tessitura di quello esterno, ma si caratterizza per l’abbondante malta in faccia vista.

20 Probabilmente la malta sulle superfici esterne ha subito una forte erosione da parte degli agenti meteorici.

(12)

11 Muro 4: Contrafforte (spessore 0,65 m)

realizzato con blocchi sbozzati di varie dimensioni e abbondante uso di malta.

Gli interstizi sono riempiti con coppi vacuolati. A Sud del muro 4 corre una scarpa realizzata in pietrame minuto.

Muro 5: delimita ad Ovest il terrazzo superiore sul quale si trova un ingente crollo relativo alle strutture del mastio.

fig. 5: Campionature delle strutture murarie su Monte Cesarò (foto e rilievi di Giovanni Polizzi)

Il muro è impostato sulla roccia viva,

con filari orizzontali di blocchi sbozzati

alternati a scaglie di pietra, mattoni e

blocchetti di piccole dimensioni che

creano superfici di allettamento

irregolari. Il legante è caratterizzato da

una malta ricca di calce ed inclusi

(13)

12 conchiliferi. La parte sommitale della

struttura è caratterizzata da un filare di mattoni. Questo muro è impostato sulla roccia viva che sembra non essere stata regolarizzata.

Strutture a Sud della sommità.

Sul versante Sud si trovano alcune strutture murarie che probabilmente difendevano il fianco del monte. Tra queste un impressionante muro che corre per circa 100 m (solo il tratto rilevabile attualmente) seguendo il pendio orientale del monte. I salti di quota sono superati con le murature che in alcuni tratti superano i tre metri di elevato, poggiano direttamente al suolo naturale ed inglobano in diversi punti la roccia. Nel punto più a valle, ad oriente, la struttura cambia orientamento formando un angolo retto con cui si lega al resto della cinta che prosegue in direzione Nord.

Muro 6: si tratta di una struttura realizzata con filari orizzontali di blocchi sbozzati di medie dimensioni, alternati a scaglie di pietra e blocchi di piccole dimensioni. Abbondante malta in facciavista e nel riempimento.

L’estremità orientale del muro, nel punto in cui esso volge a nord, è realizzata con una maggiore cura, con ricorsi regolari di blocchi impostati orizzontalmente e con un ordito più fitto. Lo spessore del muro varia tra 1 e 1,30 m.

Muro 7: tessitura a filari orizzontali con blocchi di grandi dimensioni alternati a scaglie di pietrame minuto, il tutto allettato in abbondante malta. Spessore:

0,95 m. La struttura è impostata sulla roccia viva non lavorata.

Il mastio e le due cinte murarie, sebbene presentino la stessa tecnica

costruttiva nonché contemporanea realizzazione, ci informano sulla qualità e sull’impegno tecnico di queste opere. L’uso comparato delle fonti scritte e l’analisi delle murature permette di riconoscere in queste strutture lo ḥiṣn di Idrisi

21

mentre l’assenza di coppe decorate a spirali lascia ipotizzare che il sito fu abbandonato entro gli inizi del XIII secolo, in relazione alle rivolte.

A.A. - G. P.

Monte della Fiera

Si tratta di un rilievo che si eleva fino a 971 metri posto sul versante settentrionale che circonda la Valle dello Jato. L’estremità occidentale del rilievo è cinta da un muro che si conserva per un’altezza di circa un metro e protegge un’area (circa 200 m

2

) occupata da altre strutture tra cui una cisterna in parte scavata nelle roccia calcarea. Il muro è realizzato in blocchi calcarei appena sbozzati, con uso di malta e di pietrame più minuto negli interstizi. La superfice dell’intero monte è cosparsa in diverse parti di frammenti relativi all’età arcaica quali tegole a listello e ceramica acroma o a vernice nera; solo l’area prossima al muro appena descritto presenta resti di ceramiche medievali databili alla fine del XII secolo. Si tratta di prodotti di fabbrica palermitana quali catini emisferici con orlo a breve tesa, catini con orlo ingrossato a calotta ribassata, di ceramica solcata e di alcune forme

21 La testimonianza dell’autore risale al 1150: AMARI

1880-81, I, p. 82

(14)

13 chiuse

22

. Come nei due siti precedenti,

l’assenza di alcuni indicatori archeologici, fa presumere un abbandono del sito tra la fine del XII ed i primissimi del XIII. Per quanto riguarda la natura dell’insediamento, sia nel caso dell’età arcaica che in quella medievale, possiamo immaginare l’esistenza di un insediamento fortificato di natura effimera utile esclusivamente al controllo visivo della valle dello Jato e della piana di Partinico. La notevole altitudine del rilievo permette inoltre di controllare il territorio fino ad Alcamo verso Sud-Est e fino a Camporeale verso Sud-Ovest.

Pizzo Mirabella

Sul punto più alto del rilievo di Pizzo Mirabella, a quota 1164 m e su un pianoro esteso per poco più di 400 m

2

, si trova un insediamento costituito da due strutture rettangolari coperte con volta a botte realizzate in pietra calcarea sbozzata e legate con malta.

Rispetto alle notizie pubblicate nel 1994

23

, constatiamo il disfacimento delle strutture e diverse buche sul terreno dovute all’attività di cinghiali che non rendono agevole la ricognizione al suolo. I frammenti ceramici, non raccolti, sono molto dilavati e poco indicativi; tuttavia segnaliamo anche qui la presenza di ceramica con rivestimenti vetrificati in verde e decorazione solcata. Come nel caso di Monte della Fiera, la presenza di grossi contenitori per le derrate lascia immaginare la natura dell’insediamento. La difficoltà di

22 LO CASCIO 2012, pp. 147-148. ALFANO –SACCO

2014, p. 20.

23 LO CASCIO –MAURICI 1994.

accesso sia attuale che nel passato, e la notevole altitudine, non lasciano dubbi sul ruolo strategico di questo punto di vedetta sia per la Valle dello Jato che per i monti della cintura palermitana.

Immediatamente a valle di Pizzo Mirabella, si trovano diversi insediamenti tardoantichi e medievali posti tutt’intorno alla Masseria Procura, luogo di sosta e pedaggio per la principale via che dallo Jato portava a Palermo

24

. Allo stato attuale, tuttavia, non siamo in grado di sostenere se il sito sia sorto già alla fine del secolo XI con l’arrivo dei Normanni o se abbia avuto frequentazione solo in età federiciana, durante le rivolte. La ceramica è infatti poco dirimente in questo caso. L’assenza di spiral ware o invetriata da fuoco va in favore di un abbandono già agli inizi del XIII.

Monte Pagnocco

Più chiara è la situazione del fortilizio noto su Monte Pagnocco. Ad una quota di 900 metri si trova la cima del monte caratterizzata da un’area pianeggiante di circa 600 m

2

completamente cinta da mura riconoscibili anche dalle foto aree sia storiche

25

che moderne

26

. La struttura segue il profilo del rilievo ed assume una forma oblunga con una torre in posizione decentrata verso est.

Purtroppo l’interro è notevole e le strutture esposte sono concentrate sul

24 Diverse le UT (Unità Topografiche) rintracciate durante le ricognizioni, il cui orizzonte cronologico più consistente comprende i secoli X e XII: ALFANO – SACCO 2014, pp. 14-16.

25 Si tratta delle foto IGM ’66-’68, Foglio 258, Strisciata, XX, fotogramma 647 e della foto del volo ATA ’87, Strisciata 44 B, fotogramma 28. Entrambe consultate presso il CRICD di Palermo.

26 Basta osservare le foto di Google Earth, anche quelle storiche a partire dal 2002.

(15)

14 lato settentrionale. Due filari di blocchi

calcarei sbozzati e legati da malta di terra argillosa costituiscono la traccia principale. Il sito era stato già individuato e segnalato negli anni ’90 e riconosciuto come uno dei possibili luoghi dell’accampamento militare fatto costruire da Federico II durante gli anni delle rivolte musulmane

27

. Oggi possiamo con buona attendibilità ipotizzare che il fortilizio costituisca uno dei luoghi fortificati da cui si condusse l’assedio alla musulmana Giato (in arabo Ğātū), verosimilmente realizzato per controllare gli eventuali rifornimenti in arrivo da Palermo

28

. Presenta infatti stessa tecnica muraria delle strutture del Castellazzo ed un recente smottamento ha posto in luce ceramiche e vetri databili alla prima metà del XIII secolo; coppe decorate a spirali, invetriata da fuoco di produzione messinese e grossi contenitori per liquidi. L’accesso al sito avviene ora come in antico da un sentiero che si snoda dalla Valle dello Jato. Il collegamento diretto tra il Castellazzo ed il fortilizio di Monte Pagnocco è invece difficilmente praticabile a causa delle asperità del terreno e probabilmente solo piccoli gruppi di individui lo percorrevano

29

.

27 MAURICI 1998, p. 43, nota 143.

28MAURICI –ALFANO –MURATORE –SALAMONE – SCUDERI 2014,p. 9; ALFANO 2015, incds.

29 Abbiamo effettuato più percorsi possibili che si inerpicano sulla montagna calcarea nel collegamento tra Monte Pagnocco ed il Castellazzo. Sono due i percorsi che si sono rivelati adatti ad una marcia a passo spedito: uno (1.52 Km) che cavalca le creste montuose ed un altro (1.61 Km) che sale direttamente dalle falde di Monte Pagnocco e segue il rilievo naturale. In entrambi i casi il tempo di percorrenza

Immediato è invece il collegamento visivo fra i due siti.

Castellazzo di Iato

Sul pianoro noto dalle fonti orali come “u Castiddazzu” si sono rintracciate e scavate le strutture del fortilizio di assedio realizzato nella prima metà del XIII secolo. Gli assedi avvennero tra gli anni 1223-1226 e nel 1246. L’esistenza di questo accampamento fortificato è attestata da una serie di documenti di Federico II dati in castris in obsidione Iati fra 1222 e 1224 e da un passo di una cronaca, per quanto riguarda l’assedio finale del 1246. Tale fortilizio d’assedio, in condizioni certamente migliori di quelle attuali, fu visto nella prima metà del XVI secolo dallo storico Tommaso Fazello. Allo stato attuale non è semplice distinguere fra la fase relativa al primo e quella relativa al secondo assedio anche per la presenza, negli stessi strati indagati, di monete databili ad entrambi i periodi, separati solo da una ventina d’anni durante i quali non sappiamo quale fu il destino del fortilizio. É ipotizzabile che il grosso della struttura fortificata non abbia subito cambiamenti di grande rilievo fra i due assedi. Le strutture occupano un’altura di modestissima modestissima altezza ma con ampia sommità pianeggiante posta di fronte alla porta orientale di Giato a ca. 400 m di distanza in linea d’aria, separata da un vallone relativamente profondo. Sono stati rinvenuti due tratti della cinta muraria che cingeva il rilievo, tre torri ed alcuni ambienti

minimo, calcolato anche in ambiente GIS, è stato di 25 minuti.

(16)

15 addossati alla cinta sul lato interno.

La tecnica muraria prevede l’utilizzo di pietra cavata o raccolta in loco ed utilizzata appena sbozzata usando come legante malta di terra argillosa. Due degli ambienti hanno pianta quadrata mentre uno è rettangolare; quest’ultimo si caratterizza per la presenza di due rocchi di colonna antichi con probabile funzione di arredo mobile.

Da questo ambiente vengono poi quattro dadi da gioco in avorio, diversi frammenti di bicchieri in vetro a bugne, fibbie e fermagli in bronzo ed ancora 25 monete. Solo qualche reperto riconducibile ad armi. Ciò ha indotto a ritenerlo un luogo con funzione di riposo e distrazione per gli assedianti o una parte privilegiata di essi. Dagli altri ambienti provengono infatti in massima parte resti di armi e oggetti di corredo militare, oltre che finimenti per cavallo. Si tratta di quadrelle di balestra, punte di freccia, fibbie per bardature, coltelli ed altri oggetti di chiaro carattere militare. Interessante anche la presenza di una sepoltura, appena fuori da un ambiente, forse relativa ad un musulmano che avrebbe potuto anche far parte della compagine militare dell’imperatore.

Oltre ad avere il cranio orientato a Sud- Est, presentava un elemento di corredo costituito da una piccola borchia in bronzo dorato ed inciso con la figura di un cavallo alato. Anche la ceramica, ad esclusione di alcuni reperti di età ellenistica relativi alla necropoli che

occupava l’area in precedenza, si ascrive tutta alla prima metà del XIII secolo. Si tratta nel 90% di frammenti relativi a coppe decorate a spirali in bruno e verde (spiral ware) di produzione campana e di forme da fuoco invetriate prodotte in area messinese. La prosecuzione delle indagini ha l’obiettivo di porre in luce il sistema fortificato della parte meridionale del pianoro dove si nota, anche dalle tracce di microrilievo, la presenza di una torre e di una rampa d’accesso ricoperta da un lastricato

30

. Il territorio

Come abbiamo già avuto modo di sottolineare il territorio rurale circostante i fortilizi descritti risulta essere ricco di testimonianze storiche ed archeologiche già dalle più antiche fasi preistoriche

31

. Durante il periodo finale delle rivolte musulmane, si riscontra tuttavia, come in altre parti della Sicilia, un forte abbandono e la nascita di piccoli insediamenti in luoghi che sembrano non avere avuto frequentazione più antica.

L’approdo di San Cataldo ha origini molto antiche ed il suo uso perdura fino al XIV secolo ed oltre.

Ceramiche di X – XIII secolo si conservano presso la Biblioteca Comunale di Partinico tra cui una scodella carenata di produzione palermitana decorata sul cavetto da una figura di animale (Tav. III, 9) ed un’anfora tipo Zisa D priva solo

30 Su tutto MAURICI et alii 2014; MAURICI et alii

2014a; MAURICI et aliiin cds.

31 ALFANO –SACCO 2014;ALFANO –SACCO 2015.

(17)

16 del fondo. Dall’insediamento di c.da

Raccuglia (1 sulla carta) provengono sia reperti di età antica che medievale, nello specifico catini emisferici con orlo a breve tesa decorata a tratti in bruno e coppe decorate a spirali databili tra XI e XIII. Una fase di XIII secolo è documentata anche sul Castellaccio di Partinico (3 sulla carta) immediatamente ad Ovest di Monte Cesarò con ceramica decorata a spirali ed anfore a larga imboccatura ed ansa a nastro. Tra gli altri reperti si segnala un elemento in bronzo con una decorazione a forma di croce latina (Tav. III). Da Case Adotta (4 sulla carta) proviene una scodella con rivestimento vetrificato trasparente su ingobbio databile tra fine XII e XIII (Tav. III, 8). A Sud – Ovest di Monte Cesarò si trova infine l’insediamento di c.da Santa Caterina (2 sulla carta) in cui si raccolgono sia ceramiche con rivestimenti vetrificati di età normanna che ceramica a spirali, graffite e smaltate di XIII – XV secolo. La presenza del porto di San Cataldo ha certamente favorito, sui siti della Piana di Partinico, il perdurare dell’insediamento contemporaneo a quelli di Monte Palmeto e Monte Cesarò. Situazione molto diversa nelle valli dello Jato e del Belìce Destro. Qui, la creazione dei fortilizi sul Monte Pagnocco e sul Castellazzo ed il clima di rivolta hanno provocato un abbandono delle campagne tranne

che in due piccolissimi insediamenti la cui fase di vita può tuttavia collocarsi agli inizi del XIII secolo, poco prima della fase finale dello scontro.

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