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EMESI E CHEMIOTERAPIA: L’ASSISTENZA INFERMIERISTICA NELLA RETE ONCOLOGICA DEL PIEMONTE E DELLA VALLE D’AOSTA

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA CORSO DI LAUREA IN INFERMIERISTICA

TESI DI LAUREA

EMESI E CHEMIOTERAPIA:

L’ASSISTENZA INFERMIERISTICA NELLA RETE ONCOLOGICA DEL PIEMONTE E

DELLA VALLE D’AOSTA

Relatore: Candidato:

Rosella Marchese Patrizia Micheli

Anno Accademico 2004/2005

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Alla mia famiglia e al mio compagno Roberto perché ho sempre potuto contare sulla loro fiducia e sul loro affetto, a Ida e Emilio perché senza di loro questo viaggio non sarebbe mai iniziato

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“Curare è anche una politica.

Può essere fatto con un rigore

di cui la dolcezza è il rivestimento essenziale.

Un’attenzione squisita alla vita che si veglia e si sorveglia.

Una precisione costante.

Una sorta di eleganza negli atti,

una potenza e una leggerezza, una presenza e una sorta di percezione molto attenta che osserva i minimi segni.

E’ una sorta di opera, di poema (mai scritto) che la sollecitudine intelligente compone”.

Paul Valery

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RINGRAZIAMENTI

Giunta al termine di questo lavoro, desidero sentitamente ringraziare tutti coloro che, in vari modi, hanno contribuito alla sua realizzazione. In particolare i miei ringraziamenti sono rivolti a:

" Rosella Marchese, D.D.S.I., Servizio Infermieristico Tecnico e Riabilitativo, IRCC di Candiolo, nonché relatore della presente tesi, per la professionalità e la simpatia con cui mi ha seguita facendo emergere da questa esperienza un valore aggiunto di indubbia rilevanza formativa sia dal punto di vista umano che professionale;

" tutti i Referenti Infermieristici della Rete Oncologica per la disponibilità offertami nel lavoro di reperimento delle informazioni;

" tutti i Coordinatori Infermieristici che, partecipando cordialmente all’effettuazione delle interviste, hanno dato il loro apporto significativo all’attuazione di questa ricerca;

" Paola Culotta, Infermiera di ricerca presso l’IRCC di Candiolo, per i consigli ed i suggerimenti sull’elaborazione del questionario dello studio;

" Dott.ssa Maria Michela Gianino, docente di “Management sanitario”, Dipartimento di Sanità Pubblica e Microbiologia, Università di Torino, per il materiale bibliografico fornitomi;

" Dott. Emanuele Davide Ruffino, Responsabile Controllo di Gestione, ASO S.Luigi di Orbassano (To), per la collaborazione nell’analisi dei dati raccolti;

" Dott. Enzo Ballatori, Professore ordinario di Statistica Sanitaria, Direttore della Scuola di Specializzazione in Statistica Sanitaria presso l’Università dell’Aquila, per l’invio del questionario “Functional Living Index Emesis”;

" Dott. Fausto Roila, Divisione di Oncologia Medica Policlinico di Perugia, per la squisita disponibilità a fugare i miei numerosi dubbi;

" tutti i docenti del Corso di Laurea in Infermieristica che hanno suscitato in me il giusto interesse per la professione e favorito il mio desiderio di apprendere, approfondire e ampliare le mie conoscenze;

" tutti i miei colleghi di corso con i quali ho condiviso un indimenticabile percorso di vita.

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INDICE

INTRODUZIONE...1

CAPITOLO 1 ΠEMESI E CHEMIOTERAPIA...3

PRINCIPIDICHEMIOTERAPIA ... 4

Classificazione dei farmaci ...6

Somministrazione della chemioterapia ...7

Finalità dell’azione farmacologica ...8

Terapie sperimentali ...8

Effetti collaterali ...9

DEFINIZIONEDIEMESI ... 10

TIPIDIEMESI ... 11

EZIOLOGIA... 15

FISIOPATOLOGIA ... 15

FATTORIDIRISCHIO ... 18

COMPLICANZE... 22

IMPATTOSULLAQUALITA’DIVITA... 24

CAPITOLO 2 Œ GESTIONE DELL’EMESI ...28

LAVALUTAZIONEDELPAZIENTE ... 30

LATERAPIAFARMACOLOGICAANTIEMETICA ... 33

INTERVENTINONFARMACOLOGICIPERILCONTROLLODINAUSEAE VOMITO ... 44

Massaggio ...46

Rilassamento ...47

Rilassamento muscolare progressivo ...48

Training autogeno ...49

Biofeedback ...50

Immagini guidate ...50

Musica ...51

Tecniche di distrazione...52

Ipnosi...52

(6)

Desensibilizzazione sistematica ...53

Agopuntura...54

Counselling ...55

Gruppi di auto-aiuto...56

Indicazioni dietetiche ...56

INTERVENTIINFERMIERISTICI... 58

CAPITOLO 3 Œ LA RETE ONCOLOGICA DEL PIEMONTE E DELLA VALLE D’AOSTA ...62

L’ATTUAZIONEDELPROGETTODIRETE... 62

GLIOBIETTIVIDELLARETE ... 63

IPROTAGONISTIDELLARETE ... 65

ILMODELLOORGANIZZATIVODELLARETE... 66

LASTRUTTURADELLARETE... 67

I Poli Oncologici ...69

Il Centro Accoglienza e Servizi ...69

Il Gruppo Interdisciplinare Cure ...70

L’Unità di Coordinamento Rete ...70

LARETEELECUREPALLIATIVE... 72

ILRUOLODEGLIINFERMIERIALL’INTERNODELLARETE ... 73

CAPITOLO 4 Œ INDAGINE SULLA GESTIONE INFERMIERISTICA DELL’EMESI DA CHEMIOTERAPIA NELLA RETE ONCOLOGICA DEL PIEMONTE E DELLA VALLE D’AOSTA ...85

INTRODUZIONE... 85

OBIETTIVI DELLO STUDIO... 86

DISEGNO DELLO STUDIO... 87

MATERIALI E METODI... 87

MODALITÀ DI ANALISI DEI DATI... 90

RISULTATI... 91

DISCUSSIONE... 107

CONCLUSIONI... 109

LIMITI DELLA RICERCA... 111

IMPLICAZIONI NELLA PRATICA... 111

(7)

BIBLIOGRAFIA...112

ALLEGATI...124

Allegato 1 - Alcuni strumenti di valutazione della qualità di vita ...125

Allegato 2 - Scala di valutazione dei Comuni Criteri di Tossicità (CTC) ...140

Allegato 3 - Strumento antiemesi MAT ...144

Allegato 4 - Intervista strutturata ...150

(8)

INTRODUZIONE

Il concetto di assistenza infermieristica racchiude in sé il “prendersi cura della persona nel rispetto della vita, della salute, della libertà e della dignità dell’individuo”, principio insito nel Codice Deontologico Professionale e fondamento del percorso formativo dell’infermiere.

Le motivazioni che mi hanno spinto ad approfondire lo studio sull’argomento di questa tesi nascono dall’interesse in me suscitato dalle lezioni inerenti l’area oncologica e soprattutto dalle esperienze di tirocinio presso l’IRCC di Candiolo e la F.A.R.O.1 attraverso le quali è emersa una mia particolare sensibilità ai bisogni dichiarati e impliciti del paziente oncologico.

E’ indubbio che la malattia neoplastica e la specificità dei trattamenti che essa comporta sconvolgono globalmente la vita del paziente nei suoi aspetti biologici, psicologici e sociali. Gli effetti collaterali della chemioterapia possono provocare una serie di sintomi fisici ed emozionali che si ripercuotono negativamente sulla qualità di vita del paziente. E’ per questo che la gestione dei sintomi diventa un aspetto di primaria importanza in tutto il percorso assistenziale, indispensabile per fornire una risposta qualificata ai bisogni individuali della persona.

Le considerazioni che hanno condotto all’obiettivo della ricerca partono dall’affermazione che la nausea e il vomito secondari a chemioterapia sono tra gli effetti collaterali più fastidiosi e temuti dai pazienti. Questa evidenza mi ha dato lo spunto per intraprendere una indagine descrittiva sulle modalità di valutazione e trattamento di tali sintomi adottate dagli infermieri della Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta al fine di fornire informazioni utili per migliorare l’appropriatezza e la qualità dell’intervento assistenziale.

Il lavoro è strutturato in quattro capitoli. Per i riferimenti riportati dalla letteratura è stata eseguita una ricerca di articoli pubblicati in lingua inglese dal 1980 al 2005 attraverso il database OVID su Medline, PubMed, Cinhal, Embase utilizzando le seguenti parole chiave opportunamente combinate: nausea, vomiting, emesis, chemotherapy, cancer, quality-of-life, antiemetics, behavioral intervention.

1 F.A.R.O. o.n.l.u.s., Fondazione Assistenza Ricerca Oncologica

(9)

La ricerca elettronica è stata integrata da una revisione manuale della bibliografia recuperata dalle referenze.

Nel capitolo 1 sono riportati cenni di chemioterapia e nozioni riguardanti la fisiopatologia, l’eziologia e le eventuali complicanze dell’emesi, con particolare attenzione all’impatto che tale sintomatologia ha sulla qualità di vita del paziente.

Nel capitolo 2 viene trattato il tema della gestione dell’emesi attraverso la valutazione del paziente e l’analisi dei possibili trattamenti, considerando quindi non solo la terapia farmacologica, secondo le più attuali linee guida antiemetiche, ma anche gli interventi non farmacologici di supporto ad essa.

Il capitolo 3 è dedicato alla descrizione della Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta evidenziandone la caratterizzazione filosofico-culturale, organizzativo-strutturale e clinico-metodologica, includendo una mappatura particolareggiata della Rete Infermieristica.

Nel capitolo 4 vengono esplicitati la metodologia e gli strumenti adottati per lo svolgimento dello studio e presentati, analizzati e commentati i risultati ottenuti tramite il questionario proposto ai coordinatori infermieristici delle unità operative di Day Hospital e Oncologia Medica di tutti gli ospedali afferenti alla Rete Oncologica.

In particolare, l’intervista strutturata si proponeva di analizzare le modalità infermieristiche di valutazione e trattamento dell’emesi, evidenziare eventuali disomogeneità metodologiche e fornire stimoli di riflessione finalizzati all’ottimizzazione degli interventi assistenziali.

Proprio questa parte del lavoro ha rafforzato in me la convinzione che l’impegno della professione infermieristica deve essere sempre più orientato all’utilizzo della ricerca. Questo strumento si dimostra valido per documentare e quantificare la prestazione, misurandone il grado di efficacia e di efficienza e aggiornando nel contempo le competenze del personale che deve erogarla.

A questo proposito, la progettazione formativa continua degli infermieri riguardo il sapere, saper fare, saper essere, appare in qualche modo la via maestra da percorrere per creare quelle opportunità di crescita professionale tali da dimostrarsi all’altezza delle sfide che l’assistenza infermieristica si propone di affrontare.

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CAPITOLO 1

EMESI E CHEMIOTERAPIA

La chemioterapia antitumorale è considerata un cardine del trattamento dei tumori e, in linea generale, il risultato di tale trattamento dipende da alcuni fattori legati sia alla biologia della cellula tumorale che alle caratteristiche dei farmaci antineoplastici somministrati.

Il possibile impiego della chemioterapia è stato ipotizzato nel periodo della seconda guerra mondiale quando si scoprì l’attività anticellulare delle mostarde azotate (Bonadonna et al., 2000). Tale terapia è tuttavia spesso associata ad una serie di effetti collaterali che incidono negativamente sulla qualità di vita dei pazienti (Lindley et al., 1992; Osoba et al., 1996).

Anche se negli ultimi 20 anni sono stati fatti notevoli progressi per contrastare questi sintomi, soprattutto in campo farmacologico, la chemioterapia rimane a tutt’oggi molto gravosa per il paziente, a volte riduce la sua qualità di vita a livelli giudicati ai limiti della tollerabilità e induce molti malati al suo rifiuto (Campos et al., 2001; Rhodes & Daniel, 2001).

Molteplici studi hanno identificato nausea e vomito come effetti collaterali comuni dei trattamenti antineoplastici (Bovbjerg et al., 1992; Coates et al., 1983;

Foltz et al., 1996; Hursti et al., 1992; Jenns, 1994).

L’importanza del controllo di nausea e vomito indotti da chemioterapia e gli studi clinici inerenti a questo problema sono progressivamente aumentati nel corso dell’ultimo ventennio sia per l’impatto che tale sintomatologia ha sulla qualità di vita del paziente e sia per i successi terapeutici recentemente ottenuti.

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Nonostante non è sempre certo che tali effetti collaterali indotti dalla terapia medica possano insorgere, né è scontato che si manifestino in misura intollerabile, quando presenti sono sicuramente un problema significativo per i pazienti.

Nausea e vomito non controllati, infatti, possono portare a serie complicanze quali malnutrizione, disidratazione, squilibri idro-elettrolitici, lacerazioni della mucosa gastrointestinale, deiscenza delle ferite oltre ad essere causa di peggioramento della qualità di vita con un effetto psicologico che va da una modesta astenia con stato d’ansia alla comparsa di nausea e vomito anticipatori e refrattari (Bender et al., 2002; National Cancer Institute, 2004; Schnell, 2003).

Il potenziale emetogeno degli agenti chemioterapici, i ripetuti cicli di trattamento e le caratteristiche individuali dei pazienti sono i principali fattori di rischio per lo sviluppo di nausea e vomito. Tuttavia, proprio a causa della variabilità di tali fattori, è difficile stabilire l’esatta incidenza di questo processo (Bender et al., 2002).

L’assistenza infermieristica alla persona che riceve terapia sistemica richiede pertanto un approccio metodico alla valutazione del singolo paziente. Un’accurata raccolta di informazioni prima dell’inizio della terapia è particolarmente importante affinché l’infermiere possa individualizzare l’assistenza prestata e prevenire, o ridurre al minimo, gli effetti collaterali del trattamento con appropriati interventi.

PRINCIPI DI CHEMIOTERAPIA

La chemioterapia consiste nell’utilizzo di farmaci di tipo antiproliferativo, attivi sulla riproduzione cellulare con vari meccanismi. Nasce nel 1943 con la somministrazione di mecloretamina (mostarda azotata) in pazienti con linfoma, ma i primi risultati importanti si sono avuti alla fine degli anni ’70, quando sono state introdotte la polichemioterapia e le somministrazioni a cicli intermittenti. La polichemioterapia è basata sull’associazione di più farmaci e la sua introduzione ha prodotto notevoli progressi in termini di incremento e durata del numero di risposte, di sopravvivenza e di numero di guarigioni (Bianco, 1999).

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Figura 1. Le fasi del ciclo cellulare (Fonte: Stevens, 1999)

La storia dei farmaci antitumorali continua ancora oggi con la ricerca di nuove molecole attive su quei tumori poco responsivi ai trattamenti convenzionali e, soprattutto, con la ricerca di nuovi meccanismi molecolari che possano funzionare da bersaglio per nuove molecole a proposito “disegnate” a tavolino (Carpanelli, 2002).

Comprendere il ciclo riproduttivo della cellula normale è necessario per capire come la chemioterapia distrugge le cellule cancerose dato che quasi tutti i farmaci antitumorali sono più attivi su cellule attivamente proliferanti.

Nel ciclo cellulare si possono distinguere cinque fasi (fig. 1):

G0: fase quiescente in cui si ha la differenziazione cellulare

G1: fase di preparazione alla sintesi di DNA

S : sintesi di DNA, la cellula duplica i cromosomi;

G2: fase successiva in cui la cellula si prepara alla divisione;

M: si ha la divisione della cellula (mitosi).

I farmaci antineoplastici agiscono sulle diverse fasi di questo ciclo e distruggono le cellule tumorali bloccando la sintesi del DNA o altre funzioni del ciclo cellulare.

Nuovo danno cellulare

Mitosi (divisione cellulare)

Sintesi (duplicazione DNA)

Inizio

ciclo Fattori di crescita, Oncogeni

Geni onco- soppressori Punto di restrizione

(di non ritorno)

Il ciclo cellulare

G0

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Classificazione dei farmaci

Le sostanze che generalmente sono impiegate in chemioterapia sono: gli agenti alchilanti, gli antimetaboliti, gli inibitori del fuso mitotico, gli antibiotici antitumorali e gli ormoni steroidi. Ciascun farmaco è classificato in base al suo effetto sul ciclo cellulare.

Gli agenti alchilanti sono farmaci molto utilizzati, si legano al DNA della cellula impedendone la duplicazione e uccidendo la cellula stessa. Ciclofosfamide, ifosfamide e mecloretamina sono esempi di agenti alchilanti. Alcuni (nitrosuree) sono liposolubili, caratteristica che permette di attraversare la barriera ematoencefalica. Carmustatina e streptozotocina sono esempi di nitrosouree.

Appartengono a questa categoria anche tutti i derivati del platino (cisplatino, carboplatino, oxaliplatino).

Gli antimetaboliti bloccano la crescita della cellula inibendo la sintesi del DNA. Tutti i farmaci di questa categoria attaccano la cellula durante la fase "S" del ciclo cellulare. Esempi sono il 5-fluorouracile (5FU), il metotrexate e la gemcitabina.

Gli antibiotici antitumorali in genere agiscono legandosi al DNA ed inibendo la sintesi dell’RNA. I farmaci comunemente usati in questo gruppo sono la doxorubicina, l’adriamicina, la mitomicina e la bleomicina.

Gli inibitori del fuso mitotico sono agenti antitumorali estratti dalle piante che agiscono specificamente per bloccare la divisione della cellula durante la mitosi (fase M del ciclo cellulare). Si dividono in due grandi sottoclassi: gli alcaloidi della vinca, a cui appartengono farmaci quali vincristina, vinblastina e vinorelbina e i taxani fra cui ricordiamo taxolo e taxotere.

Gli ormoni steroidei includono gli adrenocorticosteroidi, gli estrogeni, gli antiestrogeni, il progesterone e gli androgeni. Benché il loro specifico meccanismo di azione non sia ben chiaro, gli ormoni steroidi rallentano la crescita di alcuni tumori ormone-dipendenti. Il Tamoxifene, ad esempio, è utilizzato per la terapia del tumore della mammella dipendente dagli estrogeni.

La causa più frequente del fallimento della chemioterapia è l’acquisizione di resistenza ai farmaci antineoplastici e la probabilità di svilupparla è proporzionale

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alle dimensioni del tumore e al grado di mutazione del gene della farmacoresistenza, il cui prodotto è una proteina che impedisce l’accumulo intracellulare del farmaco.

Sono nati così i protocolli polichemioterapici che trovano il loro razionale nel fatto che agendo, come abbiamo visto, con meccanismi diversi, è più difficile che la neoplasia sviluppi resistenza a tutti. Ovviamente, non tutti i farmaci possono essere associati in regimi polichemioterapici (Fisher et al., 1993).

Somministrazione della chemioterapia

La manipolazione e somministrazione dei farmaci antiblastici è compito quasi esclusivo di infermieri adeguatamente preparati sulle procedure e le norme comportamentali da osservare per mantenere sempre elevati gli standard di sicurezza e di qualità del prodotto finale.

I farmaci chemioterapici possono essere somministrati per via orale, endovenosa (infusione sistemica) o in infusione loco-regionale, cioè direttamente in una naturale cavità del corpo (intracavitaria), nell'addome (intraperitoneale), nel polmone (intrapleurica), nel sistema nervoso centrale (intra-arteriosa) o direttamente sulla pelle (topica). La scelta della via di somministrazione dipende dal tipo di farmaco, dalla dose richiesta e dal tipo, localizzazione ed estensione del tumore.

Poiché molti agenti chemioterapici hanno effetto anche sulle cellule e sugli organi sani, è importante che prima dell’inizio della cura siano controllate le analisi cliniche del paziente includendo il numero dei globuli bianchi, l’emoglobina, l’ematocrito, la conta delle piastrine, la funzionalità renale. Saranno inoltre compiuti periodici accertamenti degli effetti del farmaco utilizzato. Alterazioni di alcuni di questi valori possono richiedere adattamenti della dose o la dilazione della terapia.

Generalmente la chemioterapia richiede un periodo da 4 a 12 mesi di trattamento. In aggiunta, l'intervallo tra le dosi dei farmaci deve essere tale da ottenere il più possibile la distruzione delle cellule tumorali, ma deve anche consentire la possibilità di un recupero alle cellule sane. Per consentire tale recupero, spesso, i pazienti ricevono la chemioterapia ogni 3 - 4 settimane.

La chemioterapia è spesso utilizzata in combinazione con altre terapie come la radioterapia e la chirurgia. In tal modo si hanno maggiori possibilità di controllo del tumore e quindi di guarigione (Brivio et al., 2002).

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Finalità dell’azione farmacologica

La chemioterapia può avere diverse indicazioni classificabili come:

• Chemioterapia adiuvante (o precauzionale): rappresenta l’uso della chemioterapia dopo che il tumore primitivo è stato controllato dalla chirurgia e/o dalla radioterapia; viene eseguita in pazienti senza evidenza di malattia con lo scopo do prevenire la recidiva o le metastasi della neoplasia.

• Chemioterapia neoadivante (o primaria): è effettuata prima del trattamento chirurgico allo scopo di ridurre le dimensioni della neoplasia e quindi limitare l’estensione della successiva terapia chirurgica o rendere asportabili radicalmente lesioni non operabili in prima istanza.

• Chemioterapia della malattia avanzata: è indicata in tutte quelle forme avanzate o metastatiche per le quali non esista una valida alternativa terapeutica. L’efficacia del trattamento viene valutata in base al grado di regressione della malattia misurabile o valutabile (Bianco, 1999).

Terapie sperimentali

L'identificazione e la realizzazione di nuovi farmaci antitumorali è un’attività in continuo sviluppo. Tradizionalmente, la sperimentazione di un nuovo farmaco passa attraverso tre fasi di ricerca, prima che il farmaco venga immesso sul mercato.

Gli obiettivi di queste fasi possono essere così riassunti:

- fase 1: valutare la tossicità acuta del farmaco - fase 2: valutare l’attività terapeutica del farmaco

- fase 3: valutare l’efficacia e l’utilità terapeutica del farmaco

La fase 1, quindi, è quella iniziale di investigazione clinica: un nuovo trattamento è valutato nei pazienti per la prima volta allo scopo di determinare gli effetti collaterali associati al farmaco, la dose massima tollerata e la strategia ottimale di somministrazione della nuova terapia. Nella fase 2 si valuta la nuova terapia (utilizzando la dose e il metodo di somministrazione definiti in fase 1) in pazienti con neoplasie diverse per determinare se e in quale tipo di neoplasia c'è un’effettiva efficacia del nuovo farmaco. Nella fase 3 l’efficacia dei farmaci sperimentali è confrontata con le terapie standard disponibili (Bianco, 1999).

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La partecipazione ad una sperimentazione clinica è una possibile scelta di trattamento, che può essere offerta ad alcuni pazienti durante la terapia.

Effetti collaterali

In generale, si definisce effetto collaterale quel sintomo o segno clinico indesiderato che insorge dopo la somministrazione dei farmaci ed è a questa collegato. La forte correlazione fra la dose e la possibilità di cura di tumori maligni giustifica la tossicità dei trattamenti aggressivi.

Classicamente gli effetti collaterali si possono classificare in:

effetti collaterali comuni, come l’alopecia, la depressione midollare, la mucosite, i disturbi dell’appetito e la nausea e vomito;

effetti collaterali specifici, come la nefrotossicità, la pneumotossicità, la cardiotossicità, la neurotossicità, la cistite emorragica, la congiuntivite.

Inoltre, gli effetti collaterali possono essere definiti locali come nel caso della flebite, della sclerosi venosa e delle ulcere e necrosi dei tessuti circostanti alla zona di stravaso.

Altri effetti collaterali sono invece definiti tardivi, sono irreversibili e possono manifestarsi dopo periodi più o meno lunghi dalla esposizione al farmaco e fra questi ricordiamo la sterilità, la carcinogenesi, la teratogenesi, l’osteoporosi, l’encefalopatia e la fibrosi epatica (Carpanelli et al., 2002).

Nella gestione degli effetti collaterali da farmaci antiblastici è fondamentale conoscere la probabilità di risposta tossica alla chemioterapia, avere un approccio sistematico incentrato su una valutazione individualizzata del paziente, sorvegliare accuratamente il paziente durante e dopo il trattamento e, infine, raccogliere e registrare le informazioni ottenute per poterne usufruire durante i trattamenti successivi.

La conoscenza dei più comuni sintomi e segni associati alla malattia neoplastica ed al suo trattamento è inoltre fondamentale per la gestione del paziente in quanto l’ansia e la sofferenza che possono generare peggiorano in modo sensibile la sua qualità di vita. L’assistenza infermieristica deve essere pertanto volta alla prevenzione, al riconoscimento precoce ed al trattamento di questi fenomeni.

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DEFINIZIONE DI EMESI

L’emesi è un fenomeno caratterizzato da tre componenti, vomito, nausea e conati che sono spesso, ma non sempre, correlati tra loro (AIOM, 2003).

La nausea è una spiacevole sensazione di imminente vomito, mediata dal sistema nervoso autonomo e spesso accompagnata da manifestazioni vegetative quali pallore, sudorazione fredda, aumento della salivazione, senso di oppressione epigastrica, tachicardia, astenia e malessere generale.

Il vomito è un evento riflesso tramite il quale sostanze presenti nel lume gastrico possono essere espulse forzatamente attraverso il cavo orale. Si accompagna a secrezione riflessa di saliva e a modificazioni del ritmo cardiaco e respiratorio e coinvolge contemporaneamente le attività viscerali autonome, il diaframma e una serie di muscoli, prevalentemente addominali. La fase dei conati è caratterizzata da contrazioni ritmiche di tipo spastico del diaframma e dei muscoli toracici e addominali senza emissione di contenuto gastrico (Morrow & Rosenthal, 1996;

Roscoe et al., 2000).

Compare vomito allorché il diaframma si abbassa, i muscoli addominali si contraggono per aumentare la pressione intragastrica e lo sfintere esofageo distale si rilascia per permettere l’espulsione del contenuto dello stomaco (fig. 2).

stomaco

Direzione delle contrazioni muscolari Flusso del contenuto gastrico

Figura 2. Contrazioni muscolari associate a nausea e vomito (Fonte: http://www.amdipharm.com/)

diaframma

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Sebbene il significato biologico del vomito sia quello di espellere dallo stomaco sostanze riconosciute come tossiche dall’organismo, l’emesi rappresenta, nella maggior parte dei casi, un evento indesiderato. Il manifestarsi di questo fenomeno con elevata frequenza o marcata intensità può inoltre determinare un deficit nel volume dei fluidi e squilibri elettrolitici. Il trattamento farmacologico del vomito trova quindi indicazione nei casi in cui la sua comparsa non abbia il significato di una reazione organica a carattere chiaramente difensivo.

TIPI DI EMESI

In letteratura nausea e vomito sono classificati in acuti, ritardati, anticipatori e refrattari in relazione alla somministrazione della chemioterapia, ciascuno con caratteristiche diverse e quindi oggetto di un diverso approccio profilattico e terapeutico.

Si parla di emesi acuta quando nausea e vomito insorgono entro le prime 24 ore dopo la somministrazione della chemioterapia (ASHP,1999).

Nella maggior parte dei pazienti non pretrattati la nausea ed il vomito insorgono in un tempo variabile da 1.5 a 3 ore dopo la somministrazione della chemioterapia (Bonadonna et al., 2000; p. 371) e il periodo di massima emesi spesso coincide con la 5°- 6° ora dall’inizio del trattamento (NCCN, 2001).

Incidenza e gravità del sintomo dipendono da vari fattori quali il potenziale emetogeno dei farmaci chemioterapici, la dose, la via e lo schema di somministrazione, le variabili soggettive dei pazienti e l’uso di protocolli antineoplastici polichemioterapici (ASHP, 1999).

E’ facilmente prevenuta e controllata dagli attuali farmaci antiemetici.

L’emesi ritardata, o tardiva, è arbitrariamente definita come l’emesi che insorge 24 ore dopo la somministrazione della chemioterapia e che può persistere per alcuni giorni e talora fino al ciclo successivo di chemioterapia (NCCN, 2001). E’

presente in circa il 40%-50% dei pazienti sottoposti a trattamento chemioterapico ed è più frequentemente associata alla somministrazione di farmaci a base di platino

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(Dranitsaris et al., 2001; Goedhals et al., 1998; Grunberg et al., 2004; Kris et al., 1998; NCCN, 2004). E’ generalmente meno intensa di quella acuta (Eckert, 2001).

Il principale fattore di rischio per l’insorgenza di tale sintomo sembra essere uno scarso controllo dell’emesi acuta e relativi fattori di rischio (Gralla et al., 1999;

Markman, 2002). Infatti, uno studio condotto da Italian Group for Antiemetic Research (2000) ha dimostrato che un efficace controllo di nausea e vomito acuti ha garantito il controllo di nausea e vomito ritardati nel 92% dei pazienti e che tra coloro che avevano avuto emesi acuta solo il 41% ha avuto il controllo completo per l’emesi ritardata.

Indipendentemente dal regime chemioterapico utilizzato, l’emesi ritardata presenta maggiori difficoltà di trattamento rispetto all’emesi acuta soprattutto a causa dei pochi studi clinici controllati che hanno finora esaminato il problema (Roila, 1999). Le conseguenze di tale sintomo sul paziente, sullo stato nutrizionale e sul calo ponderale possono essere rilevanti dal punto di vista clinico.

L’emesi anticipatoria è quella che compare prima della somministrazione della chemioterapia come risposta condizionata a precedenti stimoli emetizzanti, attivata da pensieri, immagini, odori o suoni associati ai luoghi di cura in cui viene effettuata la chemioterapia (Bender et al., 2002; Roila, 1999).

Nel 1981 Morrow, per primo, identificò e diede il nome a questo fenomeno (Morrow & Rosenthal, 1996). Lo sviluppo di nausea anticipatoria è descritto in termini di condizionamento classico, chiamato anche condizionamento Pavloviano dopo che lo scienziato russo è stato capace di indurre i cani a produrre saliva al suono di una campana. L’assunto fondamentale è che la nausea anticipatoria è una risposta indotta (Bender et al., 2002). Nel condizionamento classico, cioè, uno stimolo neutrale, chiamato stimolo condizionato, è inizialmente associato ad una risposta incondizionata ma, col tempo, produrrà invece una risposta condizionata (fig. 3).

Numerosi fattori di rischio sono associati allo sviluppo di nausea e vomito anticipatori, sintomi più frequenti nelle persone giovani (meno di 50 anni), ansiose, tendenzialmente propense a “sentirsi malate”, con una esperienza di alterazione del gusto durante la somministrazione farmacologica, che hanno assistito e/o visto altri

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pazienti vomitare ed infine che hanno già sperimentato la nausea e il vomito prima del trattamento (Bonadonna et al., 2000; p. 550).

Durante i primi trattamenti

Dopo alcuni trattamenti chemioterapici

Figura 3. Descrizione del condizionamento classico relativo alla nausea anticipatoria (Fonte: Eckert, 2001)

Studi fatti da Morrow & Rosenthal (1996) su più di 4.000 pazienti hanno dimostrato che nessun paziente ha sviluppato nausea anticipatoria senza prima aver provato almeno una volta nausea post-trattamento e che pazienti con quattro o più fattori di rischio hanno maggiori probabilità di sviluppare nausea anticipatoria dopo la prima somministrazione di chemioterapia.

Tuttavia, la teoria del condizionamento classico non può essere sufficiente a spiegare questo fenomeno (Bonadonna et al., 2000; p. 550).

Alcuni autori sottolineano l’importanza dell’ansia nello sviluppo di nausea e vomito anticipatori in quanto può rendere il paziente molto più sensibile agli stimoli dell’ambiente. Per contro, la presenza di nausea anticipatoria è associata in misura minore ad alcune caratteristiche personali quali l’età superiore a 45 anni, il sesso femminile e l’uso cronico di alcol (Eckert, 2001).

Dato che l’emesi anticipatoria insorge solo se il paziente ha precedentemente sofferto di nausea e/o vomito post-chemioterapia, il controllo ottimale dell’emesi acuta e ritardata è sicuramente la migliore prevenzione dell’emesi anticipatoria (Gralla et al., 1999).

Nessuna risposta

Risposta incondizionata (nausea/vomito)

Risposta condizionata (nausea/vomito) Stimolo

condizionato (infermiera)

Stimolo incondizionato (chemioterapia)

Stimolo condizionato

(infermiera)

(21)

Come dimostrato da Hickok et al. (2001), le aspettative dei pazienti giocano un ruolo fondamentale nell’insorgenza di nausea e vomito anticipatori e quindi, educare i pazienti ad una comprensione realistica dei possibili effetti collaterali della chemioterapia ed incoraggiarli al mantenimento di un atteggiamento positivo, sono sicuramente interventi assistenziali utili alla prevenzione del problema.

La nausea anticipatoria sembra presentarsi in circa il 29% dei pazienti che ricevono chemioterapia, mentre il vomito anticipatorio nell’11% dei pazienti (Morrow et al., 1998).

E’ stata riportata una maggiore frequenza di nausea anticipatoria (24-65%) rispetto al vomito anticipatorio (<20%) (Bonadonna et al., 2000; p. 563).

Uno studio pubblicato nel 1993 ha dimostrato che l’incidenza dell’emesi anticipatoria andava dal 18% al 65% a seconda di vari fattori, compreso il potenziale emetogeno dello schema polichemioterapico (Boakes et al., 1993). Un altro studio condotto da Morrow et al. nel 1997, ha valutato 1385 pazienti prima del quarto ciclo di chemioterapia ed ha dimostrato che la prevalenza della nausea anticipatoria era del 20%, e che circa 1/3 di tutti i pazienti manifestava i sintomi almeno una volta dal quarto trattamento in poi. Approssimativamente l’8% dei pazienti aveva almeno un episodio di vomito anticipatorio durante questo periodo (in: Roila, 1999; p. 26).

Poiché i pazienti sviluppano nausea anticipatoria in risposta allo scarso controllo della nausea post-trattamento chemioterapico, sembra ragionevole che il controllo della nausea acuta e ritardata riduca la prevalenza di nausea anticipatoria (Gralla et al., 1999). Tuttavia, una volta che la nausea anticipatoria si è sviluppata, gli interventi farmacologici non sono più efficaci (Eckert, 2001; Gralla et al., 1999;

Morrow et al., 1998). Interventi comportamentali come la desensibilizzazione sistematica, il decondizionamento e l’ipnosi sono stati maggiormente studiati e pertanto raccomandati per uso clinico individualizzato (Gralla et al., 1999).

L’emesi refrattaria, infine, definita come nausea e vomito presente nel precedente ciclo di chemioterapia, ma senza vomito prima del ciclo successivo (non vomito anticipatorio), non ha definizioni chiare e sono pertanto necessari ulteriori studi per poter stabilire l’efficacia dei farmaci antiemetici in questa condizione (AIOM, 2003).

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EZIOLOGIA

La nausea ed il vomito associati a chemioterapia possono essere causati da:

• gli specifici agenti chemioterapici usati;

• il dosaggio dei farmaci in quanto alte dosi di chemioterapia sono ritenute essere la maggiore causa di nausea e vomito;

• il programma, cioè la dose e la via di somministrazione del farmaco in quanto, se l’agente chemioterapico è somministrato con brevi intervalli, occorrerà meno tempo perché il paziente migliori dalla nausea e dal vomito prima che venga somministrato il successivo trattamento;

• la modalità di somministrazione in quanto, se il farmaco è somministrato per infusione endovenosa può causare nausea e vomito prima di quanto accade con la somministrazione orale in seguito al più rapido assorbimento;

• differenze individuali poiché non tutte le persone hanno la stessa reazione alla chemioterapia e quindi non tutti soffrono di nausea e vomito (NCCN, 2004).

FISIOPATOLOGIA

Nell’organizzazione anatomo-funzionale del riflesso emetico sono identificabili tre componenti maggiori:

1. sistemi di rilevamento degli stimoli emetogeni (fibre vagali afferenti, sistema labirintico-vestibolare, chemoreceptor trigger zone o CTZ nell’area postrema) 2. sistemi di integrazione (CTZ e centro del vomito nella formazione reticolare

del tronco dell’encefalo)

3. sistemi effettori (sistema nervoso autonomo).

La CTZ svolge una duplice funzione: 1) rilevamento di sostanze emetogene circolanti e trasmissione dell'informazione al centro del vomito; 2) integrazione di impulsi nervosi afferenti e modulazione dell'attività del centro del vomito.

Il centro del vomito coordina gli impulsi afferenti con le risposte neurovegetative efferenti, connettendo funzionalmente gli stimoli emetogeni con la complessa sequenza di eventi somatici e viscerali che compongono il riflesso emetico.

(23)

L’emesi è generata in parte da un meccanismo indiretto o periferico, per attivazione del nervo vago ad opera dello stimolo sulle cellule del piccolo intestino, ed in parte da uno diretto o centrale, tramite attivazione della chemoreceptor trigger zone o CTZ (fig. 4) (Berger et al., 2001).

Il meccanismo centrale è innescato dall’attivazione, ad opera dell’agente chemioterapico, di recettori di numerosi neurotrasmettitori (serotonina, sostanza P, dopamina, istamina, acetilcolina) presenti nella CTZ, il cui blocco farmacologico può condurre ad un efficace controllo del vomito (Bonadonna et al., 2000; p. 371).

La chemoreceptor trigger zone, situata anatomicamente nell’area postrema del midollo allungato a livello del quarto ventricolo cerebrale, è accessibile alle sostanze emetogene sia dal sangue sia dal fluido cerebrospinale essendo posizionata all’esterno della barriera ematoencefalica. Una volta attivata, la CTZ invia impulsi che attivano il centro del vomito, collocato all’interno della formazione reticolare del tronco cerebrale, il quale inizia e coordina i complessi eventi del vomito. Esso infatti riceve impulsi afferenti da siti diversi, compresi i chemocettori della trigger zone, il tratto gastrointestinale, la corteccia cerebrale e l’apparato vestibolare (Bender et al., 2002). Quest’ultimo non sembra giocare un ruolo particolarmente importante nell’emesi da chemioterapia e quindi non sarà ulteriormente citato.

Centri superiori del SNC

Chemioterapia

Aumento afferenze alla chemoreceptor trigger zone

e al centro del vomito Chemoreceptor

trigger zone

Centro del vomito Midollo

allungato

Intestino

tenue Danno

cellulare

Rilascio di agenti neuroattivi Attivazione dei nervi

vago e splancnico

Figura 4. Patogenesi di nausea e vomito (Fonte: Longo, 2004)

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Figura 5. Vie di nausea e vomito da chemioterapia (Fonte: Lindley,2003)

Il nervo vago e i nervi simpatici afferenti dal tratto gastrointestinale trasmettono lo stimolo della nausea e del vomito al centro del vomito tramite il nucleo del tratto solitario e, in minor misura, via chemorecettori della trigger zone.

Strutture più alte del tronco encefalico e corticali ricevono stimoli dagli organi di senso (vista, odorato, gusto) e memorizzano e comunicano queste informazioni al centro del vomito. Questo meccanismo di informazione del centro del vomito può essere particolarmente importante nello sviluppo della nausea anticipatoria. Il cervelletto rilancia stimoli dall’apparato vestibolare al centro del vomito ed è ritenuto il meccanismo principale di nausea e vomito da cinetosi.

Il centro del vomito riceve e integra gli stimoli di nausea e vomito provenienti da tutte queste fonti e invia impulsi efferenti ai centri della saliva, del respiro, al centro vasomotore e all’VIII e X nervo cranico. Questo porta all’attivazione dei molteplici muscoli e organi che partecipano alla nausea e al vomito (muscoli addominali, diaframma, stomaco ed esofago) (Berger et al., 2001; p. 2870). I recettori dei neurotrasmettitori coinvolti nel processo emetico sono disseminati tutto il percorso di nausea e vomito, illustrato schematicamente nella fig. 5.

Corpo calloso

Talamo. La CTZ rileva sostanze nocive nel sangue e nel liquor

IV ventricolo L’area postrema contiene la CTZ Cervelletto Apparato vestibolare cinetosi Midollo allungato Contiene il CV attivato da CTZ, corteccia cerebrale, nervo vago, nervi viscerali e apparato vestibolare Midollo

spinale Corteccia cerebrale

e sistema limbico Nausea e vomito anticipatori

Ipotalamo

Ponte

Intestino tenue

Serotonina rilasciata dalle cellule enterocromaffini attiva i recettori 5-HT3 sulle terminazioni delle fibre afferenti vagali con attivazione del riflesso emetico

Stomaco.

Nervo vago e nervi afferenti dal tratto gastrointestinale stimolano CTZ e CV

Stimolazione di CTZ e CV dal nervo vago tramite recettori della serotonina

Danno cellulare indotto da chemioterapia e radioterapia

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L’antagonismo di questi neurotrasmettitori o dei loro recettori interrompe l’innesco di tale sintomatologia ed è il meccanismo d’azione mediante il quale gli antiemetici prevengono e controllano l’emesi da chemioterapia (Lindley, 2003).

Per quanto riguarda l’emesi ritardata sono tuttora poco chiari i meccanismi fisiopatologici e neurofarmacologici di questo processo, ma il fattore di rischio più importante sembra essere il mancato controllo dell’emesi in fase acuta (Italian Group for Antiemetic Research, 2000).

I meccanismi alla base della nausea tardiva sembrano essere diversi rispetto a quelli della risposta acuta che si manifestano nelle prime 24-48 ore dopo la chemioterapia: in contrasto con l’importante ruolo della serotonina nella fase acuta, il danno gastrointestinale, l’irritazione e le alterazioni della motilità gastroenterica sembrano contribuire allo sviluppo dei sintomi tardivi in cui sembra determinante il ruolo della sostanza P (Bonadonna et al., 2000; p. 563). Questa fa parte di un gruppo di peptidi chiamati neurochinine (NK), che svolgono il loro ruolo legandosi al recettore NK1, di cui sono molto ricche l’area postrema ed il nucleo del tratto solitario. Essa è di gran lunga la neurochina più abbondante nel sistema nervoso centrale dei mammiferi ed è implicata nella patogenesi di diverse condizioni patologiche come l’asma, il dolore, l’ansia ed il vomito, soprattutto quello ritardato indotto da chemioterapia (Longo, 2004).

FATTORI DI RISCHIO

Le linee guida antiemetiche prodotte dal Multinational Association for Supportive Care in Cancer (MASCC) e pubblicate dall’American Society of Clinical Oncology (ASCO) suggeriscono, sulla base di studi clinici controllati, che il rischio di nausea e vomito da chemioterapia è influenzato dal potere emetogeno dell’agente chemioterapico e dalle caratteristiche personali del paziente (Gralla et al., 1999).

Prima, perciò, di trattare nausea e/o vomito è importante effettuare un accertamento completo per identificare le possibili cause ed i fattori di rischio, spesso evidenziati dall’anamnesi e dalla storia clinica del paziente (Twycross, 1999).

Nonostante il potenziale emetogeno del farmaco antineoplastico sembra essere il determinante più importante per il rischio di emesi, anche la dose e lo

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schema di somministrazione del farmaco, l’uso di protocolli polichemioterapici e di ripetuti cicli di trattamento o le caratteristiche del paziente (sesso, età, precedente esperienza di nausea e vomito da chemioterapia, uso di alcool, cinetosi) condizionano notevolmente tale rischio, aggravato dalla presenza contemporanea di più fattori (Gralla et al.,1999; Grunberg, 2004; Hickok et al., 2001; Osoba et al., 1997; Roila, 2004; Tonato et al., 1991).

Molti studi hanno infatti dimostrato che l’incidenza di nausea e vomito associati a chemioterapia aumenta in modo significativo con la coesistenza di più fattori di rischio (Osoba et al., 1997).

Recentemente (29-31 Marzo 2004) a Perugia si sono riuniti i delegati delle maggiori società scientifiche internazionali di oncologia (ASCO per l’America, ESMO ed EONS per l’Europa e AIOM per l’Italia), sotto l’egida della Multinational Association for Supportive Care in Cancer (MASCC), per aggiornare le linee guida sulle terapie antiemetiche, messe a punto per la prima volta nel 1997, avendo recepito le potenzialità degli antagonisti dei recettori NK1 nel controllare il fastidioso sintomo del vomito (Roila, 2004).

Nella tabella 1 sono riportate le classificazioni degli agenti antineoplastici, somministrati per via endovenosa, rispetto al loro potenziale emetogeno proposte nella Consensus Conference on antiemetic therapy (Perugia, 29-31 Marzo 2004):

ALTO ( >90% )

MODERATO ( 30%-90% )

BASSO

( 10%-30% )

MINIMO (<10%) Cisplatino

Mecloretamina Streptozotocina

Ciclofosfamide>1500mg/m2 Carmustina

Dacarbazina

Oxaliplatino Citarabina >1g/ m2 Carboplatino Isofosfamide

Ciclofosfamide≤1500mg/m2 Doxorubicina

Daunorubicina Epirubicina Idarubicina Irinotecan

Docetaxel Paclitaxel Mitoxantrone Topotecan Etoposide Metotrexate Mitomicina Gemcitabina Citarabina≤100mg/m2 5-Fluorouracile Cetuximab Trastuzumab

Bleomicina Busulfan 2-clorodeossi- adenosina Fludarabina Vinorelbina Vincristina Vinblastina Bevacizumab

Tabella 1. Classificazioni dei farmaci antitumorali somministrati per via endovenosa in base al loro potenziale emetogeno prodotte dalla Consensus Conference on antiemetic therapy Perugia, 29-31 Marzo 2004 (Fonte: MASCC, 2004)

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Nella tabella 2 è invece indicato il potenziale emetogeno dei farmaci antineoplastici somministrati per via orale:

ALTO ( >90% )

MODERATO ( 30%-90% )

BASSO ( 10%-30% )

MINIMO (<10%) Exametilmelamina

Procarbazina

Ciclofosfamide Etoposide Temozolamide Vinorelbina Imatinib

Capecitabina Clorambucile Idrossiurea

L-Fenilanina mostarda 6-Tioguanina Metotrexate Gefitinib

Tabella 2. Classificazioni dei farmaci antitumorali somministrati per via orale in base al loro potenziale emetogeno prodotte dalla Consensus Conference on antiemetic therapy.

Perugia, 29-31 Marzo 2004 (Fonte: MASCC, 2004)

La prima categoria di potenziale emetogeno, detto “alto”, comprende quei farmaci universalmente (>90%) riconosciuti come causa di emesi acuta e ritardata; la seconda, “moderato”, include quelli con significativo rischio di emesi acuta (30- 90%) ma con basso rischio di emesi ritardata; la terza o “basso” raggruppa agenti con basso rischio (10-30%) di emesi acuta e con rischio minimo o assente di emesi ritardata; la quarta, infine, “minimo”, si riferisce ai farmaci con rischio minimo (< 10%) o nullo di emesi sia acuta che ritardata (Koeller et al., 2002; Roila, 2004).

Tali classificazioni sono tuttavia arbitrarie perché di molti farmaci non si conoscono le caratteristiche emetogene (frequenza, durata, tempo di insorgenza dopo la somministrazione, ecc.) che variano anche in base alla combinazione di più farmaci e ad alcune caratteristiche dei pazienti (AIOM, 2003).

Il potenziale emetogeno di uno schema polichemioterapico è determinato dall’identificazione del farmaco maggiormente emetico compreso nello schema (ASHP, 1999).

Il rischio di nausea e vomito è determinato anche da fattori relativi al paziente. I pazienti con un’anamnesi positiva per nausea e vomito da chemioterapia particolarmente intensi hanno una maggior probabilità di avere nausea ai cicli successivi. Un’anamnesi positiva per abuso cronico di alcol (definito come più di 5 bevande alcoliche, o più di 100 g. di alcol, al giorno) riduce il rischio di nausea da chemioterapia. La predisposizione alla cinetosi sembra essere un fattore di rischio

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per lo sviluppo di nausea anticipatoria. Sebbene alcuni studi abbiano indicato che la nausea ed il vomito sono più comuni nelle donne, altri fattori, come il tipo di chemioterapia o la maggior introduzione di alcol propria dei maschi di questi studi, può aver influenzato i risultati. Sembra anche che i pazienti anziani abbiano meno nausea da chemioterapia dei giovani (< 30 anni) e dei bambini. Non è chiaro se questa osservazione rappresenti una reale differenza di incidenza di nausea/vomito o una differenza di risposta agli antiemetici correlata all’età. La differenza più evidente legata all’età può essere l’incidenza degli effetti collaterali degli antiemetici (Gralla et al., 1992; 1999; Grunberg, 2004; Osoba et al., 1997; Roila, 1996; 2004).

Esistono poi altri fattori di rischio associati allo sviluppo di nausea e vomito, correlati a particolari situazioni o alla malattia, che vengono riportati nel seguente schema riassuntivo (tab. 3) (Marek, 2003).

FATTORI DI RISCHIO CORRELAZIONE

Potenziale emetogeno del farmaco chemioterapico

Principale predittore di emesi associata a chemioterapia

Scarso controllo dell’emesi nella precedente chemioterapia

Associato con tutti i tipi di emesi

Sesso femminile Anche se in misura lieve, il sesso è associato ad emesi acuta, ritardata e anticipatoria

Giovane età Età < 45 anni è associata ad emesi anticipatoria;

età < 50 anni ad emesi acuta Storia di cinetosi Associata con tutti i tipi di emesi

Assunzione cronica di alcol Consumo di alcol < 100 g/die per alcuni anni è associato a basso rischio di emesi acuta; in generale, un maggior consumo è associato con minor rischio

Ansia per il trattamento Maggior associazione ad emesi anticipatorio; può essere difficile da trattare

Infezione in corso Associata ad emesi acuta, ritardata o persistente

Squilibrio metabolico Iperglicemia, ipercalcemia ed iponatriemia sono comuni;

possono provocare emesi o essere questi causati da essa Cibi tossici Associati a danno alle cellule enterocromaffini

dell’intestino tenue

Disfunzione epatica o renale Associate ad emesi acuta, ritardata o persistente Malattia o lesione del sistema

nervoso centrale

Tumore primario, metastasi o fattori legati al trattamento che stimolano la CTZ

Ostruzione gastrointestinale Stimola il rilascio di serotonina da parte delle cellule enterocromaffini che, in circolo, stimola la CTZ Tabella 3. Fattori di rischio associati a nausea e vomito (Fonte: Marek, 2003)

(29)

Gli infermieri hanno un importante ruolo nell’identificazione dei fattori di rischio per nausea e vomito attraverso una valutazione globale del paziente al fine di pianificare interventi appropriati per prevenire e controllare tali sintomi.

Nella scelta di uno specifico schema antiemetico, è necessario adeguare la potenza antiemetica al potenziale emetogeno dei farmaci o del protocollo polichemioterapico. La ricerca di uno schema antiemetico personalizzato è uno sforzo continuo nei pazienti in chemioterapia. L’efficacia antiemetica deve essere valutata durante la chemioterapia e negli intervalli tra i cicli (Richardson, 1994).

COMPLICANZE

L’effetto di nausea e vomito è multidimensionale (Marek, 2003). Se non controllati, tali sintomi possono portare a sequele fisiche assai gravi e spesso pericolose come una significativa perdita di peso, malnutrizione, disidratazione con conseguenti squilibri elettrolitici come ipopotassiemia, iponatriemia, ipomagnesemia e ipocloremia, oltre a polmonite da aspirazione e lacerazioni della mucosa gastrointestinale (National Cancer Institute, 2004; Schnell, 2003).

Spesso i pazienti evitano di mangiare e/o bere perché ritengono che questo possa maggiormente stimolare la nausea ed il vomito, non considerando il grave rischio di cachessia e disidratazione in un fisico già compromesso dalle conseguenze della malattia, dall’immunodepressione e dalla citotossità della chemioterapia (Marek, 2003).

Frequenti condizioni che possono inoltre aggravare tali squilibri sono rappresentate da diarrea, febbre, insufficiente alimentazione, tipo e quantità di liquidi somministrati per via endovenosa, farmaci (soprattutto diuretici), disordini metabolici sottostanti (come il diabete), insufficienza renale o epatica, scompenso cardiaco e pancreatite. Gli interventi assistenziali saranno pertanto rivolti alla prevenzione di ulteriori perdite di idrogeno, potassio e cloro ed al reintegro di liquidi ed elettroliti per via orale o endovenosa (Bender et al., 2002).

Nonostante ciò, è opportuno ricordare che prioritariamente a qualsiasi intervento assistenziale è fondamentale eseguire una attenta valutazione per identificare i segni e sintomi dello squilibrio idrico ed elettrolitico monitorando la

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gravità e la durata del vomito, il tipo e la quantità, la capacità di bere, il colore delle urine e l’escrezione urinaria, il rapporto tra introduzione ed eliminazione di liquidi, il dosaggio degli elettroliti sierici, i segni vitali e l’esame della mucosa orale e del turgore della pelle.

Il rimpiazzo dei liquidi per via endovenosa prevede un attento monitoraggio emodinamico, il controllo della velocità di infusione e la valutazione della risposta dei pazienti. Soluzioni elettrolitiche per via orale possono essere somministrate quando nausea e vomito si sono placati (Bonadonna et al., 2000; p. 563).

Le complicanze relative a deficit nutrizionali, squilibri elettrolitici e disidratazione possono costringere i medici a ridurre le dosi dei chemioterapici, con conseguente diminuzione della loro efficacia (Campos et al., 2001).

Un’altra grave complicanza del vomito è la polmonite ab ingestis, causata dall’inalazione del vomito nei bronchi con conseguente polmonite locale. E’ più frequente in pazienti anziani, debilitati, o con ridotto livello di coscienza. Può causare edema polmonare non cardiogeno, polmonite batterica secondaria, empiema, ascesso polmonare o formazione cavitaria, shock settico, insufficienza respiratoria o addirittura morte. I segni e sintomi della polmonite sono: aumento della frequenza respiratoria, tachicardia, febbre, tosse, presenza di escreato, ipossiemia, crepitii, cianosi, ipotensione, dolore al petto, modificazioni dello stato mentale ed astenia. La radiografia del torace può rivelare l’area infiltrata. (Rugarli, 2000).

L’assistenza infermieristica avrà come obiettivi la prevenzione del vomito, evitare l’eccessiva sedazione durante e dopo la chemioterapia, minimizzare la necessità di somministrazione di terapia antibiotica, ossigeno, liquidi e corticosteroidi per via endovenosa.

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IMPATTO SULLA QUALITA’ DI VITA

L’introduzione di terapie sempre più aggressive ha accentuato il problema degli effetti collaterali, in particolare nausea e vomito, che possono avere un notevole impatto sulla qualità di vita del paziente oncologico in quanto interferiscono con la capacità di adempiere le normali attività quotidiane (Lindley et al., 1992) oltre ad essere causa di ansia, depressione e riduzione delle funzioni cognitive (Lindley, 1989; Kraut & Fauser, 2001).

Dall'inizio degli anni 70 si è visto un aumento quasi esponenziale nell'uso della valutazione della qualità di vita (QoL dal termine inglese Quality of Life) come tecnica di ricerca clinica e la valutazione di questo parametro è stata introdotta nel 1985 dalla FDA (Food and Drug Administration) per l’approvazione dei nuovi farmaci antitumorali. Analogamente il National Institute of Health ed il National Cancer Institute dal 1990 promuovono iniziative per integrare la valutazione della qualità di vita nei trials clinici oncologici.

Si comprende quindi come l'oncologia rappresenti il principale campo di applicazione per la valutazione di questo parametro (Ciardi Duprè et al.,1998).

Con il termine "qualità di vita" esprimiamo un concetto multidimensionale che comprende un complesso di stati oggettivi e di percezioni soggettive della salute che si riferiscono al dominio fisico, psicologico e sociale (inteso come attività di vita quotidiana) di ciascuno (Bonadonna et al., 2000 p. 516; Ciardi Duprè, 1998).

Gli studi clinici su pazienti oncologici hanno confermato l’importanza della valutazione di questi fattori e di tutti i sintomi legati alla malattia. A tale scopo, negli ultimi anni, sono stati elaborati numerosi strumenti di valutazione della qualità di vita che considerano aspetti quali l’emotività, la socialità, la sessualità oltre alla presenza o meno di sintomi quali dolore, nausea e vomito, ecc. E’ il paziente stesso che valuta questi aspetti, quindi la misura della qualità di vita è sempre un criterio di valutazione soggettivo (Apolone et al., 1997).

La modalità più completa ed utilizzata per eseguire questa misurazione è costituita dai questionari che valutano i vari domini e le loro componenti con punteggi diversificati. I questionari possono essere diversi nella forma (brevi o più dettagliati, di autosomministrazione o con intervista diretta, telefonica o talvolta

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postale), costruiti diversamente a seconda del tipo di interlocutore (paziente, medico, personale di assistenza), generici o specifici per patologia.

In ambito oncologico sono stati messi a punto strumenti specifici allo scopo di aumentare la sensibilità degli strumenti per cogliere anche piccoli ma clinicamente significativi cambiamenti nello stato di salute dei pazienti.

Tra gli strumenti più utilizzati ricordiamo i seguenti:

• FLIC o questionario Functional Living Index-Cancer (Shipper et al., 1984), sviluppato in Canada alla fine degli anni ’70. Si compone di 22 domande e considera dimensioni di compromissione funzionale: Benessere fisico ed abilità, Benessere psicologico, Privazioni dovute al tumore, Benessere sociale e Nausea. Il punteggio totale si ottiene per semplice somma delle singole risposte e varia da 22 (massima compromissione funzionale) a 154 (minima compromissione funzionale) (Ballatori & Roila, 2003).

• FLIE o questionario Functional Living Index-Emesis (Lindley et al., 1992) (Allegato 1, pag. 126), con domande conformate a quelle del FLIC ma specificamente rivolte all’impatto che la nausea e il vomito da chemioterapia hanno sulle attività fisiche, sociali e psicologiche e sulla capacità dei pazienti di alimentarsi. Si compone di 18 domande con un punteggio totale che varia da 18 a 126 (Ballatori & Roila, 2003).

• EORTC QLQ-C30 o Core Quality of Life Questionnaire (QLQ-30) (Aaronson et al., 1993) (Allegato 1, pag. 132) dell’European Organization for Research and Treatment of Cancer (EORTC) che indaga, attraverso un approccio multidimensionale e 30 distinte domande a risposta multipla, una serie di domini: scale funzionali (attività fisica, cognitiva, limitazioni di ruolo, stato emotivo, attività socio-familiare), stato finanziario, sintomi (dolore, astenia, nausea e vomito), sintomi tumore-specifici (dispepsia, anoressia, diarrea, stipsi) e qualità di vita globale (condizione fisica, salute) (Apolone et al., 1997).

• TIQ o Therapy Impact Questionnaire (Tamburini et al., 1992) (Allegato 1, pag. 134) è stato messo a punto all’inizio degli anni ’90 da un gruppo di

ricercatori dell’Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori.

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E’ un questionario breve a 36 domande e risposte multiple (tipo Lickert) a 4 livelli. Nel complesso vengono valutate 4 dimensioni distinte: Effetti fisici concomitanti alla patologia ed ai relativi trattamenti, Stato funzionale, Effetti psicologici e Interazione sociale (Apolone et al., 1997).

• SF-36 o Short Form-36 Health Survey (Apolone et al, 1997) (Allegato 1, pag.

136), sviluppato negli USA negli anni ’80, che misura differenti concetti di salute selezionati tra quelli utilizzati dal Medical Outcomes Study. Attraverso 36 domande a risposta multipla i dati vengono aggregati in 8 scale che indagano Attività fisica, Ruolo e salute fisica, Dolore fisico, Salute in generale, Vitalità, Attività sociali, Ruolo e stato emotivo, Salute mentale; si aggiunge anche una domanda sul cambiamento dello stato di salute durante l’ultimo anno. E’ stata inoltre messa a punto una versione breve a 12 domande tradotta in italiano (SF-12) (Apolone et al., 2005) (Allegato 1, pag. 139).

In una revisione effettuata da Ballatori & Roila (2003) su studi clinici randomizzati che mettono a confronto differenti farmaci antiemetici per la prevenzione ed il controllo di nausea e vomito da chemioterapia, si può osservare come la valutazione della qualità di vita può dare utili informazioni per la scelta del trattamento ottimale.

Nello studio condotto da Osoba et al. (1997) per valutare l’impatto della nausea e del vomito, è stata misurata la qualità di vita prima e una settimana dopo la chemioterapia utilizzando l’EORTC QLQ-C30.

Pazienti con nausea e vomito presentavano un peggioramento dello stato fisico, cognitivo, della vita di relazione e della qualità globale di vita superiore rispetto a coloro che erano protetti dalla nausea e dal vomito. Inoltre presentavano maggiore astenia, insonnia e anoressia.

Lo studio evidenziava infine che anche i pazienti senza nausea e vomito presentavano un decremento in questi aspetti della qualità di vita rispetto a prima dell’inizio della chemioterapia.

Questi risultati permettono di comprendere meglio l’impatto dei trattamenti sul paziente e quindi scegliere più accuratamente il trattamento ottimale (Osoba et al., 1997).

(34)

Anche la Conferenza sullo “Stato della Conoscenza sulla Qualità di Vita”

della Oncology Nursing Society statunitense ha fornito le seguenti raccomandazioni per integrare la qualità di vita (QoL) nella pratica:

• capire che la QoL è una valutazione soggettiva individuale e un concetto multidimensionale;

• misurare routinariamente la QoL dei pazienti e dei loro familiari;

• aiutare pazienti e familiari ad identificare cosa migliora o peggiora la QoL;

• incoraggiare i pazienti a partecipare ad attività che migliorino la QoL;

• affrontare gli effetti collaterali del trattamento in quanto incidono negativamente sulla QoL;

• valutare i sintomi in relazione alla QoL e sviluppare e implementare interventi per ottenere un trattamento adeguato ai sintomi (Bonadonna et al., 2000; p. 515).

Il perché debba essere l'infermiere a svolgere un ruolo importante nello studio della QoL è dato dal rapporto che si instaura con il malato, che deve essere educato a capire l'importanza dello strumento che gli viene somministrato e in questo l'infermiere è la figura professionale che riesce a cogliere, forse più di chiunque altra, lo stato d'animo del paziente ed a comunicare con lui.

Il decreto legge 739/94 individua il profilo dell'infermiere professionale riconoscendogli l'autonomia riguardo la responsabilità generale dell'assistenza e le aree di intervento (prevenzione, cura, riabilitazione, educazione).

La qualità della vita diventa quindi il segnale ed il prodotto dell’incrocio della medicina con le altre scienze dell’assistenza, che conducono anche ad un modo diverso di pensare e guardare il paziente (Di Giulio, 1995).

L’intervento assistenziale, perciò, deve comprendere anche quella speciale forma di supporto che induca la persona a percepire di essere presa in carico, amata, stimata e considerata. Esistono tre categorie di supporto identificate nella letteratura:

- emozionale, che considera i sentimenti e ne incoraggia un’aperta espressione;

- strumentale, che consiste nell’offerta di materiale o di aiuto pratico;

- informativo, che aumenta la percezione del controllo e fornisce alla persona assistita metodi per gestire la malattia e adottare strategie di adattamento ai sintomi (Van Der Molen, 1999).

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CAPITOLO 2

GESTIONE DELL’EMESI

La gestione dei sintomi è un aspetto fondamentale nella cura della malattia neoplastica durante tutto il percorso di diagnosi, trattamento e palliazione. In letteratura il sintomo è descritto come un’esperienza soggettiva, spiacevole e stressante, con alcuni caratteri universalmente individuabili (Fu et al., 2004).

Molti studi che hanno considerato la qualità di vita dei pazienti oncologici si sono specificamente concentrati sul controllo dei sintomi di nausea e vomito indotti da chemioterapia (Lindley et al., 1992; Berry et al., 1992; Osoba et al., 1997).

Fino a 20 anni fa tali sintomi erano considerati dai pazienti come gli effetti collaterali più fastidiosi della chemioterapia (Coates et al., 1983).

Una migliore conoscenza della fisiopatologia dell’emesi e l’introduzione dei farmaci antiserotoninergici in combinazione con gli steroidi nella pratica clinica hanno permesso un miglior controllo di questi sintomi (Italian Group for Antiemetic Research, 1992).

A seguito di tali miglioramenti ottenuti in campo farmacologico, era importante verificare se questi progressi avessero modificato la percezione dei pazienti nei confronti dell’emesi indotta da chemioterapia.

In due studi condotti nel ’96 e nel ’97 rispettivamente su 155 e 197 pazienti, questi hanno classificato il vomito al 3° e 5° posto e la nausea al 1° posto tra gli effetti collaterali più sgradevoli associati alla chemioterapia (Griffin et al., 1996; De Boer-Dennert et al., 1997).

Ciò dimostra che, nonostante negli ultimi 15 anni si sia ottenuta una riduzione dell’incidenza e dell’intensità del vomito, dal punto di vista dei pazienti ciò non ha comportato una significativa migliore tolleranza soggettiva della chemioterapia (Roila, 1999).

Questo probabilmente è dovuto:

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