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P. Garbini (ed.), Boncompagno da Signa, De malo senectutis et senii

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Academic year: 2021

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2 9 4 ALBERTO BARTÒLA

i due testi normativi viene chiarito da tre Tabelle di confronto (pp. CXIII-CXIV : tra le consuetudini delle RC e quelle del LER, tra le consuetudini del LER e quelle delle RC, pratica del digiuno durante l’anno secondo gli Opuse. XIV e XV di Pier Damiani, le RC e il LER). Sono presenti Bibliografia (pp. CXV-CXXXI), indice dei nomi propri e di persona (pp. 111-115), dei nomi di luogo (pp. 117-119), degli studiosi (pp. 121-123), delle opere e delle citazioni (pp. 125-132), delle parole e dei concetti-chiave (pp. 133-

141), dei manoscritti e dei documenti (p. 143).

Alberto Ba r t ò l a

B o n c o m p a g n o d a S ig n a , D e malo senectutis et senii. Un manuale duecentesco sulla vecchiaia. Edizione critica e traduzione a cura di Paolo G a r b in i, Firenze : SISMEL • Edizioni del Galluzzo, 2004 (Edizione Nazionale dei Testi Mediolatini 10 - Serie II. 5), pp. LXXX-38.

L’edizione del De malo senectutis et senii di Boncompagno da Signa curata da Paolo Garbini — prima in assoluto da un punto di vista critico e filologico — pubblica con traduzione italiana a fronte il testo dell’ultima opera del più rappresentativo maestro di grammatica e retorica attivo tra la fine del see. xii e la prima metà del xm. Nella crono­ logia degli scritti di Boncompagno il D e malo si configura come una tarda e amara riflessione sulla vecchiaia scritta in contrapposizione ai temi del D e senectute di Cice­ rone «con cui si misura per antifrasi (...) rovesciando l’ottimismo ciceroniano con uno sguardo sul mondo che da irenico si fa ironico » (p. LUI). Sul piano dei contenuti il De malo va invece ricondotto, insieme con YAm icitia, la Rota Veneris (ca. 1194-1195) e il Liber de obsidione Ancone (in tre redazioni, tra il 1198 e il 1201), alla « produzione stra­ vagante » (p. XV) realizzata da Boncompagno non in funzione del suo magistero di retore esercitato a Bologna (dal 1194 al 1215, e di nuovo a partire dal 1235), a Vicenza (1206) e a Padova (1226 o 1227). L’esigua tradizione manoscritta del trattatello — dedi­ cato al vescovo di Firenze Ardingo (in carica dal 1231 al 1249), ma scritto «più a ridosso del 1235 che del 1240» (p. X) — è costituita da quattro testimoni : F (Firenze, Bibi. Naz. Centr., Conv. Soppr. B 9, 1780, ff. 11 Or-112r- datato al see. xiv, miscellaneo, appartenuto al convento servita della SS. Annunziata), S (Salamanca, Biblioteca Univer­ sitaria, 2613, ff. 126v-128v - datato al see. xiv e interamente dedicato a opere di Boncompagno [.Boncompagnus, Notule auree, Palma, X Tabule salutacionum, Brevilo- quium incompleto, De corona, Rota Veneris]), V (Venezia, Bibl. Naz. Marciana, lat. VI 67, ff. 84r-86v - composito e datato ai secc. xiv-xv, utilizzato da Francesco Novali nell’edizione del 1892 del De malo), e B (Brugge, Grootseminarie, 113/78, ff. 198r-202r - datato al see. xv e con attribuzione del D e malo a Petrarca).

L’attento esame di B — « latore di un testo che presenta tracce di una insistita rias­ settatura stilistica che, intervenendo soprattutto sulla sintassi e talvolta sul lessico mira a ripulire il dettato da ridondanze o involuzioni espressive, e insieme a sostituire elementi» (pp. LXI-LXII) — dà come conseguenza la sua eliminazione «per quanto concerne la restituzione del testo di Boncompagno » (p. LXV). L’edizione del D e malo viene pertanto condotta utilizzando i codici F, S e V, risultanti praticamente « tutti indi- pendenti l ’uno dall’altro » (cfr. I rapporti tra i manoscritti, pp. LXVII-LXIX : a p. LXVII e stemma codicum a p. LXIX). L’apparato viene organizzato in due sezioni: apparato di tradizione nel quale vengono registrati errori e varianti dei quattro testimoni ;

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CHRONIQUES ET COMPTES RENDUS 295

apparato delle fonti bibliche nel quale vengono indicate le citazioni esplicite e implicite della Scrittura. Per le scelte ortografiche l’editore si è basato su F e S — « i più vicini all’epoca di composizione del D e malo, sebbene trecenteschi » (p. LXXI) — e ha normalizzato i casi di oscillazione grafica secondo l’uso classico.

Tra i capitoli che introducono l’edizione merita un cenno particolare quello su Boncompagno e la medicina (pp. XXIX-LI). In queste pagine Garbini presenta l’inte­ resse « precoce e duraturo » (p. XXIX) di Boncompagno per la medicina e passa in rassegna tutti i casi in cui il retore ha descritto la vecchiaia ricorrendo a « spiegazioni fisiologiche» (p. XXIX). Nonostante il D e malo risulti essere « l’opera con la maggiore concentrazione di riferimenti alla cultura medica » (p. XLIV), l’interesse di Boncom­ pagno per la scientia physicalis viene messo in evidenza con la citazione di passi delle V Tabule salutationum (del 1194-95), del Tractatus virtutum (scritto intorno al 1197), della M irra (del 1201), dell'Amicitia (ca. 1204), della Rota Veneris, del Liber de obsi- dione Ancone (del 1201), del Boncompagnus (prima redazione del 1215, seconda del 1226) e della Rhetorica novissima (resa pubblica nel 1235). I riferimenti ai medici dell’Antichità (Ippocrate, Galeno e Ioannizio), ai medici della Scuola Salernitana (Costantino Africano, Mauro di Salerno e Matteo « Iperico »), alla fisiologia, alle pato­ logie, alle terapie e ai medicinali, rivelano invece un insieme di conoscenze mediche «non banali» e « rimarchevoli » (cfr. p. XLVII) presenti lungo tutto il corso della carriera e della produzione di Boncompagno. L’attenzione e l’interesse del retore per i testi dei physici e le problematiche mediche potrebbe poi essere maturato nel corso dei rapporti allacciati con i colleghi di insegnamento dell’università di Bologna, nonché in occasione dei contatti avuti a più riprese con la Curia pontificia, luogo di eccellenza del sapere medico della prima metà del Duecento. Le note al testo (pp. 23-28) evidenziano le fonti mediche di Boncompagno per le teorie della complessione (cfr. note a De malo, 11. 35-36, 100-101, 113-118) e delle età dell’uomo (note a 11. 49-56, 11. 108-112). Non meno interessante è poi il richiamo fatto a fonti lessicografiche come Isidoro di Siviglia, Papia e Uguccione da Pisa (cfr. le note alle 11. 47, 60, 66, 71, 104, 108-112).

Il libro è chiuso da un indice dei manoscritti (p. 31) e uno dei nomi, luoghi e opere anonime (pp. 33-36).

Alberto Bartòla

Stotz (Peter), Handbuch zur lateinischen Sprache des Mittelalters. I. Einleitung, Lexiko- logische Praxis, W örter und Sachen, Lehnwortgut, München : C.H. Beck’sche Verlagsbuchhandlung, 2002 (Handbuch der Altertums Wissenschaft, begründet von I. von Müller, erweitert von W. Otho, fortgeführt von H. Bengtson, 2e Abteilung, 5er Teil, 1er Band), XXVI-725 p.

Voici enfin, avec le quatrième volume paru (le premier dans l’ordre intellectuel) du manuel de Peter Stotz (voir ALMA, 54, 1996, p. 274-279 ; 57, 1999, p. 356-357 ; 59, 2001, p. 322-324), la preuve que la philologie médiolatine existe désormais, comme en témoigne cette œuvre monumentale.

Le volume comprend, avec l’introduction générale, les quatre premiers livres. Les renvois aux livres suivants, déjà parus, puisqu’il ne manque plus que les tables à cet ensemble, font désormais apparaître la cohérence et la complémentarité des différentes

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