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OSTEOPOROSI

L'osteoporosi è caratterizzata da una perdita del patrimonio minerale osseo, con conseguente indebolimento dello scheletro e aumento del rischio di frattura.

Le osteoporosi si classificano in primitive, cioè non dipendenti da altre malattie e secondarie, causate da patologie di altri organi. Tra le primitive, l'osteoporosi più frequente è quella postmenopausale-senile, che compare dopo la menopausa nel sesso femminile e in tarda età in entrambi i sessi.

Si ritiene oggi che oltre il 50% delle donne di età superiore a cinquant'anni andrà incontro a una frattura da osteoporosi al polso, al femore o alle vertebre e tale rischio è nella donna stimato nella misura del 15% circa, cioè ben superiore a quello del cancro al seno, che è del 9% circa.

Tra le fratture, quella di femore è particolarmente temibile per l'invalidità e la mortalità ad essa associate.

In termini di qualità di vita, di sopravvivenza e di costi economici, l'osteoporosi appare una delle malattie socio-sanitarie di maggior peso, il cui impatto è destinato a crescere negli anni futuri per l'incremento della vita media dell'uomo COME SI DIAGNOSTICA L'OSTEOPOROSI

La diagnosi dell'osteoporosi è clinica. Troppo spesso ancora oggi la diagnosi viene erroneamente formulata solo sulla base della MOC (acronimo di mineralometria ossea computerizzata), tralasciando completamente tutti gi altri passi diagnostici, mentre la corretta diagnosi si fonda su una accurata anamnesi, volta a identificare i fattori di rischio della malattia e i sintomi della stessa, su una accurata visita medica per raccogliere i segni della malattia e su alcuni esami di laboratorio e strumentali. Nella raccolta dei sintomi e dei segni va posta attenzione all'identificazione del dolore osteoporotico, in modo da non confonderlo con quello di altre patologie osteodegenerative frequenti in età senile, come ad esempio l'osteoartrosi. Il paziente con osteoporosi riferisce tipicamente un dolore alla colonna, che si accentua in ortostatismo, dopo sforzi fisici anche banali, quali ad esempio quelli attinenti le attività quotidiane casalinghe e che tende ad alleviarsi in clinostatismo. All'obiettività si riscontrerà una limitazione dei movimenti di escursione del tronco nei vari piani (peraltro presente anche nell'osteoartrosi), ma soprattutto si osserverà una spiccata algia alla percussione delle apofisi spinose dorsolombari nel punto ove si è verificata la frattura da osteoporosi. Il paziente può inoltre presentare, rispetto alle visite di controllo precedenti, una significativa riduzione di altezza,

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segno di un cedimento vertebrale, che spesso nell'anziano avviene con una sintomatologia algica scarsa e confusa con quella osteoartrosica (ecco l'importanza di rilevare l'altezza del paziente a ogni visita).

In presenza di numerose fratture vetebrali, all'ispezione si nota una spiccata cifosi dorsale con addome prominente e si possono anche reperire le ultime coste a contatto con la cresta iliaca del bacino.

Il sospetto diagnostico di frattura da osteoporosi va poi confermato con una radiografia della colonna, una densitometria ossea (MOC), ed esami biochimici (su sangue e urine) al fine di riscontrare eventuali fratture, misurare la massa ossea e dosare i marcatori del metabolismo osseo, oltre a escludere altre cause di osteoporosi, quali ad esempio il mieloma multiplo, l'ipertiroidismo, l'iperparatiroidismo, le sindromi da malassorbimento intestinale.

Tra questi esami la MOC è il momento diagnostico più rilevante, poiché la resistenza meccanica dello scheletro allo stress è direttamente proporzionale alla densità minerale e la misura diretta di quest'ultima è il dato più significativo per quantificare in modo accurato e preciso la massa ossea e predire quindi il rischio di frattura. Possono essere prescritte altre indagini densitometriche, quali la densitometria TAC e la densitometria a ultrasuoni, ma queste sono meno precise e possono comportare un rischio radiologico maggiore.

I PRINCIPALI FATTORI DI RISCHIO PER L'OSTEOPOROSI I principali fattori di rischio per l'osteoporosi sono:

una frattura da fragilità nel gentilizio materno (frattura del femore);

l'età superiore a 65 anni

la menopausa precoce (prima dei 45 anni);

periodi di prolungata assenza di mestruazioni (amenorrea);

una frattura ossea da trauma banale nella propria storia medica;

l'abuso di alcool e caffè;

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il fumo;

l'uso di farmaci cortisonici;

malattie dell'apparato gastrointestinale;

malattie della tiroide e delle paratiroidi;.

la magrezza.

UN PO' DI PREVENZIONE

Le principali misure di prevenzione riguardano l'alimentazione, l'attività fisica e lo stile di vita.

È importante che l'assunzione di latte e derivati avvenga fin dall'infanzia, in modo da consentire una corretta maturazione scheletrica grazie a un sufficiente apporto di calcio: esso, infatti, è il “mattone” con cui viene “edificato” il nostro scheletro. Particolare attenzione va posta durante la gravidanza e l'allattamento, quando le esigenze di calcio sono aumentate per far fronte alle necessità del nascituro e del lattante. Anche nell'età senile è opportuna una corretta alimentazione, in considerazione del ridotto assorbimento alimentare del calcio.

Il movimento consente di stimolare la neoformazione ossea ed è fondamentale a tutte le età, ma in particolare nell'età avanzata, quando si è molto meno attivi.

Può essere utile in questo caso camminare di buon passo una mezz'ora al giorno.

Anche lo stile di vita svolge un ruolo importante nella prevenzione dell'osteoporosi o, quando questa sia già presente, della frattura.

Bisognerebbe evitare di fumare e assumere alcool e caffè in quantità limitate.

Una adeguata esposizione alla luce solare consente, inoltre, al nostro organismo di sintetizzare adeguate quantità di vitamina D (nota come vitamina antirachitica): è sufficiente esporre quotidianamente alla luce del sole pochi centimetri quadrati di pelle (il volto e le mani, per esempio). Imparare a sollevare e trasportare correttamente i pesi, come imparare a star seduti e ad alzarsi correttamente dal letto, a stirare e ad accudire alle faccende domestiche, consente di evitare quelle condizioni di postura ove più facilmente avviene la frattura.

È noto come condizioni di ridotta o assente gravità, come l'allettamento prolungato o i viaggi spaziali, causino una importante demineralizzazione ossea.

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I PRINCIPALI TRATTAMENTI PER L'OSTEOPOROSI Terapia farmacologica

La terapia farmacologica si basa sull'impiego di farmaci specifici che regolano il metabolismo osseo e che si possono classificare schematicamente in due gruppi:

1. farmaci attivi sugli osteoclasti, cellule deputate al riassorbimento del tessuto osseo;

2. farmaci attivi sugli osteoblasti, cellule deputate alla sintesi di nuovo osso.

Tra i farmaci più sperimentati ed efficaci nella cura dell'osteoporosi e nella prevenzione della frattura si annoverano gli estrogeni, i modulatori selettivi dei recettori degli estrogeni, i bisfosfonati, il calcio e la vitamina D, la calcitonina e ultimamente il teriparatide, l'ormone paratiroideo e il ranelato di stronzio.

La scelta di questi principi attivi va lasciata esclusivamente al medico curante o allo specialista, i soli in grado di valutare correttamente l'insieme dei sintomi, dei segni e dei risultati degli esami strumentali e quindi di operare la scelta terapeutica più oculata.

Le terapie si valutano sul lungo periodo di trattamento, usualmente di almeno due anni, con controlli clinici periodici.

Molte altre molecole sono in sperimentazione e rappresentano una concreta speranza di nuovi approcci alla cura dell'osteoporosi.

Terapia ortopedica

I principi elementari del trattamento ortopedico fanno riferimento alle fratture e alle loro conseguenze. La progressiva rarefazione del tessuto osseo, che si attua nell'osteoporosi, provoca una diminuita resistenza dello scheletro che si traduce in fragilità anche per traumatismi lievi. I distretti più colpiti sono: i corpi vertebrali, il collo femorale, il polso, l'estremo prossimale dell'omero, le coste e i metatarsali. L'indicazione al trattamento chirurgico è solitamente riservata alle fratture del collo femorale, anche se non vanno escluse totalmente le fratture omerali.

La "frattura-cedimento" di uno o più corpi vertebrali comporta trattamento ortopedico, con busto rigido, almeno durante la fase acuta dell'evento traumatico (solitamente 40-60 giorni). Rimosso il busto ortopedico si dovrà iniziare la rieducazione attiva. Le fratture di polso, costali e dei metatarsali

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solitamente non richiedono trattamento chirurgico, pertanto le fratture presenti verranno immobilizzate per i tempi previsti (età, sede, tipo di frattura ecc.).

Al trattamento chirurgico ortopedico, riabilitativo, sarà necessario affiancare una opportuna terapia medica di sostegno per migliorare il metabolismo osseo.

Ricordiamo, infine, che i tempi di guarigione nell'osteoporosi sono sovrapponibili al resto della popolazione sana

Terapia fisiatrica: riabilitazione e osteoporosi

L'attività fisica è uno dei maggiori fattori determinanti il rimodellamento osseo attraverso il costante alternarsi di stimoli biomeccanici compressivi e distrattivi, che si traducono in stimoli cellulari atti a mantenere un buon equilibrio a carico della formazione del tessuto osseo. L'esercizio fisico, quindi, opportunamente praticato, è stato suggerito come possibile elemento di profilassi contro l'osteoporosi.

Esso agisce anche sul sistema muscolare, che stimolato positivamente provocherà un ulteriore miglioramento del trofismo osseo e migliorerà il controllo posturale. L'indicazione agli esercizi motori dovrà però essere fornita da uno specialista del settore, per non creare carichi pericolosi su strutture compromesse.

Possiamo dividere la fisiochinesiterapia in due fasi:

1. fisiochinesiterapia preventiva;

2. fisiochinesiterapia riabilitativa.

La fisiochinesiterapia preventiva prevede un'attività fisica con attività motoria moderata, ma sufficiente a mantenere controllato il trofismo muscolare:

1. passeggiate;

2. nuoto;

3. bicicletta;

4. ballo;

5. golf.

La fisiochinesiterapia riabilitativa si attua invece secondariamente a un evento fratturativo o ai suoi esiti. Le fratture del collo femorale richiedono una riabilitazione legata alla ripresa progressiva del carico, in relazione al tipo di intervento effettuato (sintesi o protesi). Le fratture vertebrali richiedono una prima fase di relativa immobilizzazione della colonna (corsetti), seguita da una fase atta a recuperare attivamente le catene muscolari posteriori e anteriori della colonna. Le fratture di polso, spalla, metatarsali e coste seguono i protocolli riabilitativi legati al recupero attivo di tutti i segmenti fratturati.

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