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Rapporto sulle città, Metropoli attraverso la crisi

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Academic year: 2021

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Marco Cremaschi. Rapporto sulle città, Metropoli attraverso la crisi. [Research Report] Società Editrice il Mulino. 2015, pp.52. �hal-02290526v2�

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Metropoli

attraverso la crisi

con il sostegno di

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Urban@it – Centro nazionale di studi per le politiche urbane è un’associazione che si è costituita il 15 dicembre 2014 e ha sede a Bologna. E’ promossa da sette università (Università di Bologna, Politecnico di Milano, Università IUAV di Venezia, Università di Firenze, Università Roma Tre, Università Federico II di Napoli, Politecnico di Bari), a cui se ne sono aggiunte altre due (Università La Sapienza di Roma, Università Milano Bicocca), e da altri tre soggetti (ANCI, Società Italiana degli Urbanisti e Laboratorio Urbano).

Il Centro si propone di contribuire a stabilire un rapporto forte e di reciproca alimentazione tra il mondo della ricerca, le istituzioni, il mondo produttivo e finanziario, la cittadinanza attiva attorno al tema delle politiche urbane.

Il Presidente è il prof. Alessandro Balducci, ordinario di Pianificazione e politiche urbane al Politecnico di Milano; la Vicepresidente è la prof. Valentina Orioli, associato di Tecnica e pianificazione Urbanistica all’Università di Bologna. Il Presidente del Comitato scientifico è il prof. Marco Cremaschi, associato di Urbanistica all’Università di Roma Tre, docente all'Università Sciences Po di Parigi dove dirige il Cycle d’Urbanisme. Il delegato per i rapporti con le città del sud e l’Agenzia per la coesione è il prof. Giovanni Laino, associato di Tecnica e pianificazione Urbanistica all’Università Federico II di Napoli. Il Direttore esecutivo è il dott. Walter Vitali di Laboratorio Urbano.

www.urbanit.it

Edizione

2015

Rapporto sulle città

Metropoli

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è da attribuirsi a:

Presentazione, Alessandro Balducci Introduzione, Marco Cremaschi

Capitolo I, Valeria Fedeli, Camilla Perrone, Giovanna Marconi, Stefano Munarin, con la collaborazione di Renato Bocchi, Adriano Cancellieri, Lorenzo Fabian, Elena Ostanel Capitolo II, Valentina Orioli, Nicola Martinelli, Daniela De Leo

Capitolo III, Gabriele Pasqui, Paola Briata, Giovanni Laino Capitolo IV, Francesca Gelli

Costituiscono parte integrante del Rapporto i Background Papers

che numerosi autori hanno prodotto per Urban@it e che sono pubblicati in http://www.urbanit.it

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1 Presentazione. L’Agenda urbana

5 Introduzione. La città è la soluzione 17 Capitolo I

Conoscenze. Le trasformazioni delle città italiane 23 Capitolo II

Innovazioni. La riforma del governo locale 29 Capitolo III

Risorse. Fondi comunitari per le città metropolitane 35 Capitolo IV

Modelli. Le Agende urbane nazionali ed europea 38 Riferimenti bibliografici

40 Elenco dei Background Papers del Rapporto 2015 43 Gli autori e i collaboratori

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Questo Rapporto costituisce un primo contributo che Urban@it vuole offrire alla costruzione dipolitiche perle città italiane.

Urban@itè un centro nazionale distudicostituito in forma direte disoggettiattivi suitemidelle politiche urbane:università,centridiricerca,l’Associazione nazionale comuni italiani (Anci), società scientifiche e centri di iniziativa come la Società italiana degli urbanisti(Siu)e Laboratorio urbano diBologna.

Tre sono le ragioniche cihanno spinto alla sua costituzione:

sollecitare,ma anche supportare,governo e parlamento nell’indirizzare verso le città una rinnovata attenzione progettuale e risorse adeguate,cosìcome indicato nellungo percorso di avvicinamento alle tematiche urbane da parte della Commissione europea.E’un percorso che dimostra una nuova consapevolezza della centralità della città nelprogetto diintegrazione europea,insieme alla persistente difficoltà degli statimembria investire su diessa riconoscendone ilruolo essenziale perla coesione delle società e deiterritori;

• mettere in rete le miglioriesperienze distudio e le miglioriproposte suitemidelle politiche urbane sviluppate neicentridiricerca delnord e delsud delpaese,e che a partire da uno sguardo ravvicinato sulle situazionilocalipossono contribuire alla costruzione dilinee diindirizzo per politiche veramente nazionali.Appare infatti fondamentale e urgente alimentare reti di produzione di conoscenza capaci di mettere a fuoco le complesse e molteplici facce della questione urbana contemporanea, specchio dei contrasti e dei processi di sviluppo divergenti che attraversano ilnostro paese;

costruire occasioni di scambio e di formazione che accorcino le distanze tra conoscenza e azione,tra ricerca,istituzionie società,stimolando chifa ricerca alla produzione diuna conoscenza utilizzabile e chifa politiche,o agisce nelle città,a costruire decisionimeglio informate.Da tempo questo legame appare indebolito per l’esiguità delle risorse dedicate alla ricerca,perla tendenza ad un uso poco attento e

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semplificato della conoscenza esperta da parte deidecisoripolitici,ma anche peruna difficoltà deiricercatoria confrontarsicon itemiderivantidalla pratica e a suggerire possibilisoluzioni.

Obiettivo di Urban@it è quello di costruire reti,dialimentarle e diallargarle, contribuendo a far uscire isingoli dipartimenti universitari e i centri di ricerca da una relazione spesso limitata alloro contesto regionale.Nello stesso tempo ilcentro sipropone e diaiutare chisioccupa dipolitiche nazionaliad avvicinarsialla specificità deicontestilocali pervalorizzare ilcontributo che le politiche urbane possono dare alla soluzione deiproblemi delpaese,dialogando con la ricerca sia in sede dipolicydesign che divalutazione deirisultati.

Ilcentro sirivolge anche almondo dellavoro e dell’impresa,alsistema delcredito,al terzo settore e alla cittadinanza attiva,tuttiprotagonistifondamentalidella vita della città,per contribuire a metterli in relazione con le istituzioni e la ricerca nell’individuazione dei problemie delle possibilirisposte.

Questi sono gli obiettivi del lavoro avviato da Urban@it sull’Agenda urbana nazionale.Queste sono le ragioniper le qualile sue attività prendono avvio con ilprimo Rapporto sulle città che propone alla riflessione pubblica la complessità e l’urgenza ditale sfida.

IlRapporto è curato da Marco Cremaschie sceglie uno specifico punto divista, l’istituzione delle città metropolitane,in uno specifico momento,quello attuale in cuiilpaese cerca diuscire dalla crisieconomica,sociale e,sipotrebbe aggiungere,anche politica in cui versa da alcunianni.

Sitratta diuna sfida importante che propone diverse occasionie opportunità rivolte aisaperi,alle politiche e alle istituzioni.Esse riguardano ilmodo in cui sicostruisce la conoscenza,ilmodo in cuisidisegnano e siimplementano le politiche,ilmodo in cuisi organizza ilgoverno urbano compresila sua forma e isuoiconfini.

E’una sfida diparticolare complessità.La città,in generale,è rimasta a lungo in secondo piano nella discussione pubblica,nonostante la condizione urbana sia la matrice caratteristica delnostro paese e le cronache quotidiane ciraccontino delle problematicità e delle difficoltà delle città nelfare iconticon glieffettidella crisisulle famiglie e sulle imprese. Bastipensare airecenticonflittisulla casa,alle immaginideimigrantiassiepatinelle stazioni,alle fortitensioniche sisviluppano sia nelle grandiaree urbane che neipiccolicentri attorno altema della loro accoglienza temporanea.O alla perdurante ristrettezza delle risorse pubbliche,alla discussione in corso sulla tassazione locale sulla prima casa,alla complessa relazione tra stato e comunisulnodo deifinanziamentie delpareggio dibilancio.

La città sembra rimanere sullo sfondo,come fosse ilpalcoscenico in cuile questioni emergono piuttosto che un attore centrale di tutte queste vicende. Come il Rapporto evidenzia siamo in una condizione particolarmente precaria nella quale tuttora mancano politiche organiche per le città,viè una scarsa attitudine a valutare irisultatidelle azioni intraprese e viè scarsa attenzione alla ricerca suitemiurbani.

Ciò contribuisce a far sìche anche la recente riforma amministrativa appaia sempre all’inseguimento dei problemi senza dare l’impressione di poter fornire un contributo

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Nazioniunite,che siavviano verso la Conferenza HabitatIII del2016 dedicata all’Agenda urbana globale, appaiono lontane mentre nei diversi contesti territoriali si evidenziano, accanto ad alcunisegnalidiinnovazione,altridiparticolare problematicità.

Tutto questo in Italia è vero da tempo,ma è ilcronicizzarsidella situazione che diventa un problema sempre più serio.Dobbiamo mettere alcentro la città,smettere di tenerla sullo sfondo della ricerca scientifica, delle politiche e dell’agenda delle riforme amministrative e istituzionali.

Sitratta diproblemiche,come evidenzia ilRapporto,sono in parte similie in parte diversia quellidelpassato.Cisono le questionida tempo note e ancora irrisolte come il consumo disuolo,la crisidell’edilizia e ilpatrimonio abitativo invenduto,la mobilità esplosa e l’inquinamento,iconflittie le crescentidiseguaglianze sociali,ilritardo infrastrutturale, l’invecchiamento e la rarefazione della rete deiservizi.

Ma cisono anche novità importanti.E’la città stessa ad apparire trasfigurata,diversa dalpassato,a risultare sfuggente e incomprensibile se sipretende dicontinuare a guardarla con icanonitradizionali,come ilmondo della ricerca segnala da tempo.

Anche in Italia,seppurcon caratteristiche policentriche che non trovano riscontro in altricontestieuropei,citroviamo difronte all’emergere divere e propriregioniurbane,nelle qualiè sempre più difficile rintracciare le caratteristiche delle città tradizionalie siaffacciano nuove formediurbanità insieme a nuove domandedicittadinanza.

Ogginon esistono istituzioniin grado didare risposte adeguate alle dinamiche in corso. La stessa riforma che ha dato nuovo impulso alla istituzione digovernimetropolitanisembra solo in parte capace dirispondere a questa nuova configurazione dell’urbano.Essa ammette la possibilità disuperare ivecchiconfiniamministrativie disperimentare nuove politiche e visioni strategiche per tali contesti, ma non fornisce ancora un quadro chiaro per la riorganizzazione delle politiche e dei livelli di governo territoriale. Occorrerebbe invece alimentare ulteriormente la cooperazione tra le amministrazionilocaliattuando gliindirizzi provenientidalla Unione europea che spingono ad una nuova attenzione verso le dinamiche metropolitane.

E’una situazione che rischia difarciperdere,o quantomeno dilasciare deperire,la grande risorsa storica sulquale può contare l’Italia come altricontestiin Europa:l’armatura urbana delpaese.

La città italiana,cosìcome la città europea,è stata ilmotore dell’economia,della società,della politica e della democrazia.Senza le sue città l’Italia e l’Europa sarebbero ben diverse.Ne è un’ulteriore dimostrazione ilfatto che molte delle innovazionipiù interessanti degliultimiannisono state ancora innovazioniurbane,come ad esempio isindacieletti,le politiche place-based e la partecipazione aiprocessidipianificazione territoriale.

Eppure,nonostante irisultatiottenutinelle situazionilocali,queste innovazioninon hanno generato un vero e proprio processo dicarattere nazionale.A livello centrale cisarebbe molto da imparare dalle città, e l’innovazione prodotta in determinati luoghi potrebbe essere riprodotta altrove.Anche da questa diversa prospettiva le città meritano attenzione,per i tentativiintrapresie le soluzioniinnovative che hanno messo in campo in questianni,che contengono suggerimentipreziosiper affrontare le sfide delrinnovamento complessivo del paese.

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Proprio perquesto occorre saperragionare tra passato e futuro,salvaguardare la città e ilsuo ruolo in un contesto rinnovato,nelquale la città stessa è profondamente cambiata e va guardata,amministrata e trasformata in modo nuovo.

L’ipotesiche ilRapporto propone è che la città possa essere la risposta a molte delle difficoltà attraversatedalnostro paese,cosìcome lo è stata in passato.

Dianno in anno ilRapporto sulle città intende evidenziare cosa funziona e cosa non funziona nell’Italia urbana,selezionando temirelativialle conoscenze,algoverno deiprocessi e alle politiche.Esso sipropone dicostruire relazioninuove,superando la frammentazione e contribuendo a riscoprire la città e a metterla alcentro dell’attenzione,senza dare nulla per scontato.

Non è scontato infattiche cosa sia oggila città in Italia,né è scontato che cosa potrebbe essere e che cosa effettivamente essa diventerà. Ma è scontato che se non le prestiamo l’attenzione dovuta essa non riuscirà a contribuire in maniera significativa alfuturo delpaese.

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Questo Rapporto suggerisce che la politica in Italia dovrebbe occuparsidipiù delle nostre città,a cominciare dalle città metropolitane,e che questo produrrebbe beneficiper tutto ilpaese,come raccomandato peraltro dall’Unione europea e dalle agenzie internazionali. E questo nonostante che l’Italia sia un’eccezione nelpanorama mondiale,non tanto perché molto urbana,l’eredità storica delle cento città,ma,alcontrario,perché diversamenteurbana.

Ognigiorno,infatti,le agenzie internazionalicertificano la dominanza delmodo di vita urbana,la crescita dell’urbanizzazione e la concentrazione negliagglomeratiurbanidi una parte crescente e maggioritaria della popolazione delpianeta.Inoltre,le città delmondo hanno sovente messo mano negliultimitrent’annia grandiinterventie grandicantieridi futuro,nuove opere e nuovicodicisociali.Quando ilcantiere ha coinciso con la produzione di nuovi codici – come Londra negli anni Sessanta, Los Angeles negli anni Ottanta, Singapore o Shanghaiin seguito,Abu Dhabio Dubaiancora più recentemente – le città hanno dato un impulso determinante alcambiamento globale.

Queste sono le città che trionfano nelmondo.Un continuo metropolitano dove sicurezza e garanzie socialisono beniscarsi,come in gran parte delle megalopoliafricane, asiatiche e latino-americane.Nuoviartefatticolossali e automatici,dove trionfa però un immaginario tecnologico che ha già dato scarsa prova in precedenza,e altempo stesso lo stato didiritto è riservato solo ad alcuni;è ilcaso delle new townsarabe e deipaesidelgolfo.E di regionimetropolitaneche propongono un inimmaginabile salto discala e diqualità,come a Pechino che sta organizzando, con treni veloci, autostrade multi corsie ed enormi investimentipubblici,una rete urbana per 70 milionidiabitanti.Siamo insomma lontani dalle città delmito europeo,che rivendica le originineicomunimedievalie nella polisgreca. Ma siamo lontanianche dalla meno scintillante realtà della attuale austerity,dove le città di medie dimensioni,fortemente legate alproprio territorio,faticano ad agganciarsiaivagoni delcircuito finanziario globale.

E’curioso in fondo che iltrionfo della urbanizzazione,delmodello universale divita urbana,coincida con la crisidell’idea tradizionale dipolis.La diffusione mondiale delle città

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appare inarrestabile,con lo schema ripetitivo delle granditorridivetrocemento e l’infinito tappeto dicasette intorno (dibaracche neipaesiin via disviluppo).

Queste nuove città sollevano un nuovo problema diconvivenza e cittadinanza.La forma della città è cambiata:sono cambiatianche inuovicittadini? Non sidà una risposta facile a questa domanda,anche se alcunistudiosihanno aperto squarcidiriflessione su territori pressoché interamente da esplorare, dalle forme di cittadinanza translocale, agli assemblage diterritoriche attraversano glistati-nazione. La città europea invece era e resta figlia diun patto politico faticosamente conquistato neisecoli,ma suggellato nelXIX secolo dall’alleanza tra lavoratorie capitalismo produttivo nella forma della città industriale.Però non sono più iproduttoriicittadinipereccellenza:users,turisti,marginali,ecc.una varietà di diverse popolazioniè venuta ad occupare nicchie diquesto habitaturbano.La città europea soffre diconseguenza della stessa debolezza che Delors attribuiva all’Europa:anche la città appare oggiun «oggetto politico non identificato».

Questa domanda è alcuore della riforma metropolitana,a maggior ragione in Italia dove,ancorpiù che in Europa,le città sono ditaglia ridotta,complementarie altempo stesso inestricabilidalterritorio che le circonda.Un’Italia dunque diversa,ancor più diversa che l’Europa,dalmainstream urbano delpianeta sempre più urbanizzato.Diversa dalla diffusione delle megalopoli,che costringe ipaesiin crescita a sforzispettacolari.Un’Italia dove la nuova istituzione metropolitana resta finora l’elemento più concreto delle riforme istituzionaliche dovrebbero permettere diaffrontare la crisieconomica e irischiepocali.

Ilbanco diprova diquest’atteggiamento sarebbe l'esplicitazione diun’Agenda urbana delpaese,alla realizzazione della quale Urban@itsiè posta a servizio.Com’è noto,l'Italia non ha finora avuto una politica urbana unitaria e centralizzata,anche se a più riprese sono state assunte iniziative didiverso spessore e continuità.

A livello locale infatti alcune città hanno goduto di attenzione e risorse anche cospicue,a volte con risultatisignificativi.Spesso è stato segnalata l’assenza diun quadro di valutazione comune diqueste iniziative.Solitamente,però,la richiesta di nuove politiche pubbliche avviene di fronte alla denuncia di problemi e rischi collettivi: l’ambiente in pericolo,la disoccupazione,la povertà crescente,ecc.

Alcontrario,le città hanno la capacità didare risposte aiproblemiurbanie,più in generale, del sistema Italia. La crisi del capitalismo finanziario e l’affermazione dell’urbanizzazione planetaria sono due fattiche vanno relazionatie lettiinsieme.Da questa sovrapposizione potrebbero nascere soluzioni ai problemi che la globalizzazione e la finanziarizzazione della economia non riescono ad affrontare,in particolare la stagnazione economica e la crisiambientale.IlRapporto sostiene che la città può essere la risposta sia all’una che all’altra.

Questo anno,a seguito deilavoripromossida altrettantigruppiche riuniscono ricercatori,studiosie decision makers,ilRapporto presenta uno stato dell’arte ragionato sulla Agenda urbana e,in particolare,sulle aree metropolitane.I capitoliche seguono riguardano infatti:a)le conoscenze disponibili;b)le innovazioniistituzionali;c)le risorse e glistrumenti; d)imodellie gliesempiche civengono dall'estero.

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Quale Agenda?

L’Unione europea preme perché le città mettano in opera con l’Agenda urbana le diverse iniziative orientate alraggiungimento degliobiettivigenerali.Alle radice dell’Agenda urbana europea sta la convinzione che l’innovazione tecnologica può cambiare la natura della economia delcontinente e far ripartire isistemiproduttivi.L’Agenda è dunque agenda di innovazione.

Perché Agenda? Fin dalla scelta terminologica,la nozione diAgenda richiede una qualche precisazione,un’aggiunta disenso,quasila sua introduzione implichiilsuperamento dialtriterminio obiettivi.In che differisce,peresempio,la nozione diAgenda da quella di strategia? A volte sienfatizza l’opposizione apparente tra idue termini,che sembrano poter alludere a due concezioni opposte dell’agire. La strategia sembra riferita al passato, alla rigidità statuale,mentre l’Agenda sembra riferita alpresente,alla flessibilità pragmatica e operativa.Invece,come suggerito in questo Rapporto [Giardini2015],conviene guardare a questi termini come nuove combinazioni tra mezzi e fini,che assumono probabilmente alcune configurazioniricorrentinelle società globali.Agenda quindicome uno degliintrecci tra autorità e autonomia possibilinelle attualicondizioni.

Ma essa è anche Agenda urbana,perché l’innovazione è per definizione urbana. Infatti, una lunga e complessa riflessione ha portato sul finire dello scorso secolo ad evidenziare ilruolo delle componenticulturalie immaterialidella produzione e delconsumo nelsistema capitalistico.Questa riflessione ha investito direttamente le città sottolineando gli aspettisimbolicidell’economia urbana.

La crisirecente ha messo in luce alcuniaspetticriticidiquesto ciclo diragionamenti. La cosiddetta economia creativa non può distribuire beneficiin modo egualia tutti;e la crisi colpisce più le partidebolie non garantite della società e,in modo vistoso,le città e igiovani. In particolare [Cremaschi 2014] è stato fatto notare che l’economia creativa non abbia sostituito altre forme tradizionalidiproduzione e scambio.Peraltro,promuovere delle città innovative non vuole dire necessariamente diffondere la tecnologia dappertutto, né tantomeno promuovere esclusivamente attività terziarie.

A fronte diqueste domande,la politica nazionale per le città è un’assente cronica, come questo Rapporto indica;non solo,manca anche una cornice strutturata distudio sul fenomeno urbano.Questa carenza è evidenziata anche dalla agenzie internazionali,che da tempo dedicano una crescente attenzione altema per ipaesiin rapida crescita:«A national urban policy isa coherentsetofdecisionsderived through a deliberate government-led processof coordinating and rallying variousactorsfor a common vision and goalthatwillpromote more transformative,productive,inclusive and resilienturban developmentfor the long term» [ Un-Habitat 2014]. A maggior ragione sarebbe opportuna nei paesi di antica e robusta urbanizzazione come ilnostro.

Per operare questo promettente incrocio occorrerebbe però una regia comune,una politica nazionale che,a differenza dialtripaesi,manca in Italia:non c’è un ministero,anche se le competenze più rilevantisono delministero delle Infrastrutture e deitrasporti,un assessorato regionale,un’agenzia dedicata.Cisono iniziative che divolta in volta vengono prese, come il Piano città o i bandi per le smart cities, ma manca ogni forma di coordinamento.

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All’interno delgoverno sono state prese importante iniziative:pochiannifa è stato varato un Comitato interministeriale per le politiche urbane (Cipu) e successivamente siè costituita l’Agenzia perla coesione territoriale.Neidocumentipromossiin quella occasione, l’Agenda urbana nazionale avrebbe dovuto sostenere «una nuova politica a carattere ordinario perle città».Anche in questo caso sisottolineava che l’Agenda avrebbe dovuto coordinare le diverse iniziative,strumentie priorità che insistono sulmedesimo territorio.

Ma come iprecedentitentatividicostituire una politica nazionale,anche questo ha ottenuto modestirisultati.Nonostante che alcune iniziative localiabbiano avuto successo – per esempio il Giubileo del 2000 a Roma, le Olimpiadi invernali del 2006 e il Piano strategico a Torino,l’Expo 2015 a Milano – la città resta assente daigrandiprogrammi nazionalidiinvestimento come pure daidiscorsielettorali;o peggio,viene menzionata perle frettolose urgenze legate, di volta in volta, a periferie, insicurezza, immigrazione, competitività.

Eppure, proprio le città negli ultimi venti anni sono stati uno straordinario laboratorio di politiche e di politica. E il sindaco è l’istituzione riformata dalla seconda repubblica che meglio funziona.Non è un caso che oggiipoliticinazionalirivendichino e ricerchino ilruolo disindaco,contrariamente alla liquidatoria immagine delle centopadelle usata aitempidella prima elezione diretta deisindaci.

Alcune riflessionisono state prodotte negliannida Cittalia e da Anci,o da istituti come Inu,Istituto ambiente Italia,Siu attraverso propricanali,alimentate con risorse proprie e che apportano conoscenza diretta sulle città italiane.

Non molto tempo fa,ilLibro Bianco sulle città redatto da un gruppo distudiosiriunitidal Consiglio italiano per le scienze sociali(Css) ha messo a fuoco alcune sfide interpretative e progettualirilevanti[Dematteis2011].

Più recentemente,ilGran Sasso science institute (Gssi)dell’Aquila ha avuto ilmerito diprodurre una prima raccolta distudi[Calafati2014] con numerose riflessionispecifiche sulla questione urbana in Italia,insistendo sulle diverse declinazionimetropolitanepresentiin Italia alle qualiadattareilprocesso diriforma.Questa iniziativa segue una riflessione originale che ha enfatizzato l’urgenza della questione urbana che in Italia rappresenta «una delle principaliragionideldeclino economico delpaese» [Calafati2009].

Da questo non irrilevante accumulo disuggerimenti,pur vasto ed eterogeneo,si colgono delle costanti che una politica nazionale potrebbe allora mettere a sistema. La condizione è uscire dalla logica delle emergenze e affrontare le questioniordinarie sollecitate dalla gestione deiservizi,mobilità,territorio e governance[Vitali2014].

Entro questa prospettiva assumono un ruolo sostanziale le agende urbane legate alle risorse e specificità deiterritori.Sitratta diun insieme dipriorità,questionie azioniche la pianificazione strategica e territoriale può contribuire sostanzialmente a collocare entro un duplice orizzonte,grazie all’esplicitazione diobiettividitrasformazione spaziale (insieme ai programmie aiprogetti) ma,soprattutto,attraverso la costruzione diuna visione condivisa delfuturo quale premessa per l’azione comune aidiversi,eterogeneie talvolta conflittuali attoriurbani.

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Le conoscenze

I passati decenni sono stati caratterizzati dal riemergere di alcune questioni territorialmente specifiche ‒ ilnord,le grandicittà,l`immigrazione,la difesa delsuolo,il deficit infrastrutturale – che hanno sovente prodotto effetti ingenti sul linguaggio e l`immaginario delle politiche.Quanto questo siaccompagnia conoscenze approfondite resta da vedere,anche se non è mancato ilcontributo della ricerca scientifica proprio sultema delle forme territorialidelnostro paese.

Se si guarda al periodo recente, le ripercussioni della crisi sull’università hanno ulteriormente penalizzato la ricerca in generale.Ciononostante,la rassegna offerta dalprimo capitolo delRapporto mostra deglispuntiinteressantitrattida tre grandiprogettiin corso finanziatidalministero dell’Istruzione,dell’università e della ricerca,su temicrucialie di attualità:l’urbanizzazione metropolitana,la diffusione deimigrantineicomuniminorie il riciclo come orizzonte generale delle politiche territoriali.

Appare evidente la rilevanza e l’interesse potenziale di questi temi per l’agenda pubblica. Una domanda più critica, che incontra forse una risposta meno confortante, riguarda invece l’uso delleconoscenzeprodotte dalla ricerca da parte deipolicymakers.

Non sfugge a nessuno,peresempio,che da tempo la diffusione insediativa è divenuta ilmodo in cuile città cambiano e crescono:la popolazione deiborghiperiferici,spesso comunidiprima e seconda cintura,è cresciuta più che alcentro degliagglomeratiurbani. Con ilconseguente cambiamento degliassie della intensità deglispostamentimetropolitani. Va ammesso che lo sprawl ‒ pur deprecato dai documenti europei e da alcuni governi nazionali ‒ è frequentemente sostenuto da misure fiscali e normative, da iniziative di deregolazione e da incentivisettoriali.Ma proprio lo studio deglieffettidello sprawlha aperto in più diun caso una riflessione innovativa suiprocessidiformazione diun nuovo stato insediativo in between;regioniurbane più vaste che riarticolano irapportitra spaziapertie urbanizzati; green networks di scala continentale e, in generale, un diverso approccio al paesaggio.Le città europee non solo sidisperdono,ma sirestringono,con la conseguenza di costruire alcune politiche e non altre.

Anche deldeclino urbano,della riduzione della taglia dialcune città sottoposte a processidishrinking,sono state date letture diverse,riscoprendone le radicilontane in cicli storicidinon breve periodo.Un tema ambivalente dove in alcunicasisiriscopre un migliore

IlRapporto evidenzia:

• la necessità dicoordinamento delle diverse politiche settorialie deidiversi attoripubblicie privatiche investono sulle medesimiaree e territori;

• la mancanza diuna regia nazionale e la sostanziale inattività delCipu; • irischiaiqualiqueste incertezze espongono iniziative recenticome la riforma

metropolitana e ilProgramma operativo nazionale per le città metropolitane delciclo diprogrammazione deifondistrutturali2014-2020 (Pon metro).

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equilibrio ma non dirado siconstata glieffettipermanentidirelegazione e dimortificazione dello sviluppo.In ognicaso,tuttiquestielementipongono un sostanziale problema diriuso dell’esistente,a volte diintere regioniurbane,in ognicaso diinvenzione dinuoviapprocci anche dalpunto divista tecnico.

Infine,siprofila un’altra questione:la crescente divisionesocialeinterna che era invece venuta riducendosi nelcorso delnovecento.Mentre l’ideale dell’eguaglianza dello scorso secolo era sostenuto da un processo diriduzione delle disparità economiche,iltimore della nuova disuguaglianza si accompagna ad un incremento delle differenze culturali. Invecchiamento e immigrazioneagiscono in modo diverso ma con effetticongiuntisulpatto sociale delle nazioniwelfariste.Per esempio,la domanda diservizialle persone è destinata a crescere; se continuasse, per esempio, ad essere assolta da badanti immigrate ospitate a domicilio,la geografia delle città ne risulterebbe alterata.

I granditemidunque – la forma insediativa,ilriuso immobiliare,i trend soci o-demografici– sono in via diridefinizione.Ma chiguardasse alla vicenda delle città italiane,a partire daglianniOttanta,incontrerebbe non pochistudima non moltibilancie ancormeno confrontifertilicon imodidiazione delle politiche nazionali.IlRapporto propone alcune piste diriflessione a questo proposito a partire dalconfronto tra tre grandiprogettidiricerca che hanno coinvolto numerose sediuniversitarie.

La conclusione principale va aldilà della scontata osservazione della complessità dei territorimetropolitani;o della dispersione deimigranti;o della crescente necessità delriuso e riciclaggio diedificie suoli.Sitratta con evidenza difenomenimultiformi,multilocalie multiscalari.Fenomeniche altempo stesso simanifestano contemporaneamente,in forme diverse ma non alternative,e spesso sovrapposte.

Anche solo limitandosiaitemiapprofonditinelsecondo capitolo,appare evidente che imigrantisiinsediano neipiccolicomuniproprio quando questiiniziano a dialogare con una nuova idea dimetropoli,in parte inedita e innovativa,spesso in coincidenza con vasti processidiriuso.Ilfrequente recupero dicentristoriciabbandonatiaimarginidell’area metropolitana diRoma da parte dimanovalie piccoliimprenditorirumeniben esemplifica l’intreccio delle opportunità e deiproblemi[Cremaschie Fioretti2015].

Altempo stesso,ilmedesimo intreccio tra scale e problemirende manifesto che i fenomeniin corso non sono contenibilineiconfiniamministrativiabituali,e trascendono la capacità diazione delle amministrazionilocali.Dipendono sia da cause vicine che lontane; pongono al tempo stesso problemi locali e specifici; come pure problemi generali e di struttura.Richiedono capacità dicomprensione e diiniziativa che vanno aldilà delle risorse disponibilia singoliattorie a singole istituzioni,e impongono quindiforme discambio e cooperazione spesso senza precedenti.

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Le innovazioni

La riforma metropolitana è una giovane riforma che, come cantava Gigliola Cinquettiin Giovane vecchio cuore,diassettistabili«ne ha amatipochie conosciutitanti». Sebbene isuoieffettisiesplicheranno nelprossimo futuro,già fin d`ora siriconosce un processo didifferenziazione degliesiti.

Un recente lavoro comparativo sulle aree metropolitane in Italia e in Francia [Aa.Vv. 2015]afferma la coincidenza degliesitidella questione metropolitana con quella della crisi,e cioè la somma deipur variegatieffettididue processiben diversi:illento e storicamente radicato corso diriforme delle istituzionilocalida un lato;e dall’altro,la recente e brusca esplosione della bolla economica, e quindi la crisi finanziaria che segue il processo di globalizzazione.

Una delle novità istituzionalidiquestianniè l’istituzione delle città metropolitane. L’idea non è nuova: sperimentata in diversi paesi europei, oggetto di dibattito fin dal dopoguerra,era già stata avviata agliinizideglianniNovanta con la legge n.142 del1990 Ordinamento delleautonomielocali,e ulteriormente corretta all’epoca della riforma delTitolo V della Costituzione nel2001 che afferma all’articolo 114:«La Repubblica è costituita dai Comuni,dalle Province,dalle Città metropolitane,dalle Regionie dallo Stato».Solo nel 2014 con la legge n. 56 si riprende il tema in occasione della riforma delle province introducendo delle novità nel loro processo di costituzione. Le città metropolitane individuate sulterritorio nazionale sono quattordicialfine dipromuovere la pianificazione e la gestione deiservizicrucialidelle maggioriaree urbane.

Una riforma simile è avvenuta in parallelo in Francia,che disponeva diquattro livelli amministrativi(comuni,intercommunalité,dipartimentie regioni)con competenze suddivise ma una complessità notevole. La riforma dell’azione pubblica prevede la riduzione del numero delle regioni e l’unificazione degli enti intercomunali, alcuni con esperienze pluridecennali,nelle nuove metropoli.Uno statuto particolare è previsto perla Grande Parigi a partire dal2016,perLione ed Aix-Marseille-Provence;uno ordinario è introdotto nel2015 per le altre diecicittà,oltre a Nizza già esistente.In Francia le metropolihanno competenze esclusive su un certo numero dimaterie,tra cui:lo sviluppo economico (zone diattività, infrastrutture,attrezzature socio culturali);la pianificazione delsuolo,della mobilità e dei

IlRapporto evidenzia:

• icontributiche ilsistema della ricerca universitaria ha dato più volte alla conoscenza delle problematiche urbane;

• recenti e importanti approfondimenti sulla forma dell’urbanizzazione, la diffusione dell’immigrazione e le priorità delriciclo;

• i gravi problemi ancora da affrontare soprattutto in relazione a traffico, trasporti,alloggi,energia e coesione sociale.

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trasportipubblici;la politica sociale e deglialloggi;la gestione diservizidiinteresse collettivo, comprese le retie iserviziperl’ambiente.

Anche se icapitolidiquesto primo Rapporto disegnano una mappa ancora parziale, che verrà completata man mano che Urban@itsvilupperà le sue attività,già permettono una prima conclusione:la storia italiana (non solo recente) siriassume in una dialettica non sempre costruttiva tra nostalgie centraliste e ideologie localiste. Anche quando sono stati declinaticon le miglioriintenzioni,e non è sempre stato ilcaso,queste due approccihanno esaurito le intenzionidiriforma in un gioco a somma zero.

Infatti,la questione metropolitana sipone oggi,e non solo in Italia,sullo sfondo articolato e lento di una ricomposizione istituzionale, di intrecci scalari e di sviluppi territorialiche occupano gliultimidue decenni,se solsiconsidera l'aspetto istituzionale;o gli ultimiquattro,se sitiene conto dell'insieme delprocesso diprogrammazione territoriale.

Ilcentro nazionale ha talvolta alimentato e talvolta smorzato l’autonomia anche impositiva dei comuni, ma non è capace di sostenere una propria capacità strategica e progettuale;anche quando investe sulle grandiopere (sulle qualisarebbe forse opportuno dichiarare una moratoria),cade facilmente prigioniero nella trappola deisuoifornitorio concessionari. Le città hanno alimentato dei cantieri strategici, e certo sono le uniche depositarie di saperi e competenze regolative, indispensabili per un grande programma nazionale dimanutenzione e miglioramento;ma non hanno potuto costruire degliorizzonti stabilie certi.

Se sipensa che sia ilmomento didare un segnale diverso,occorrerebbe cambiare decisamente impostazione.Certo,una forma dicooperazione,una missione congiunta tra governo nazionale e locale sembrerebbe condizione necessaria per costruire uno scenario condiviso,per integrare la varietà diiniziative disgiunte,per connettere scale distinte di azione.Forse sono premesse che richiedono un cambiamento politico;sivedrà.Ma questi sono criteriperuna nuova stagione,mentre nessun cambiamento sarebbe opportuno se non realizzasse almeno alcune condizioniimmediate.

Quale sarà l’esito della riforma metropolitana? Uno dei principali contributi è l’introduzione diun Piano strategico che,pur nella variabilità deicontenutie delle formule, dovrà affrontare localmente le priorità dell’Agenda nazionale.

Un esempio pertutti,itrasportie la mobilità.Come è noto ‒ peresempio secondo i datiIstat [2014] ‒ la maggior parte deglispostamentigiornalieriin Italia avviene in auto (61%),solo il15,8% va a piedied il3,3% usa la bicicletta.Iltrasporto collettivo a vario titolo ha una fetta modesta (13,4% a cuivanno aggiunti,tra autobusaziendalie scolastici,un altro 2,9%).Secondo indaginirecenti,iltrasporto pubblico registra una quota maggiore nei comuni capoluogo delle città metropolitane e si attesta al 23,5% nel 2013, come pure salgono a 23% glispostamentia piedio in bici,mentre il53,5% simuove in auto [Isfort 2014]. In altre parole, gli spostamenti nelle grandi città sono un poco più sostenibili nonostante che il45% dichisimuova in auto non percorra più di5 km,e un altro 40% non più di20 km [Isfort2014].

Neivent’annitrascorsi,però,le città metropolitane hanno perso imprese,che in parte sono state sostituite da nuove attività centrali,in parte sisono delocalizzate,in parte

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nelle cinture esterne creando una completa ristrutturazione deipercorsicasa-lavoro.Inutile dire che questa ristrutturazione delle economie realinon è stata seguita da una coerente riarticolazione delle infrastrutture,le qualimeno ancora hanno saputo anticipare e guidare le trasformazioni.Da qui,la perdita diproduttività e la mancanza diattrattività digran parte deisistemiurbaniitaliani.

Strumentie risorse

Ilritorno delle città è stato alcentro della crescita demografica ed economica a partire almeno daglianniNovanta.La coincidenza tra globalizzazione e millennio urbano è infatti un refrain ripetuto con successo dagli studi di sociologi e urbanisti. I dati demografici confermano che la fuga dalle metropoliiniziata in Europa neglianniCinquanta-Settanta siè interrotta.Gliinvestimentiin attrezzature e infrastrutture urbane sono all’ordine delgiorno. Inoltre,nella riqualificazione urbana sisono incanalate le risorse sia deigrandipromotoriche delle famiglie,con conseguente bolla immobiliare e creazione dirapide ricchezze.

Il tema delle politiche urbane arriva a compimento di un lungo periodo di sperimentazione e gestazione di iniziative politiche da parte della Commissione e del Parlamento europeo,molto spesso con scambifecondicon le politiche nazionali.Fin dalle origini,nelTrattato diRoma del1957,viene espressa una preoccupazione per le disparità regionaliche porterà nel1975 alla creazione delFondo europeo perlo sviluppo regionale.La politica regionale crescerà dipeso e assumerà progressivamente la forma attuale dipolitica di coesione,in particolare con le regole diprogrammazione introdotte neglianniOttanta con l’allargamento aipaesimediterranei.

NeglianniNovanta ifondiregionalisostengono iniziative specifiche perlo sviluppo sociale delle città che raccolgono ilmeglio delle esperienze sviluppate daglistatimembrinei decenniprecedenti,e lo generalizzano inizialmente come progettipilota urbanidurante il periodo diprogrammazione 1989-1994,proseguendo in seguito con le iniziative comunitarie Urban I e II (1994-2006). Al tempo stesso prende avvio una specifica riflessione sull’ambiente urbano,l’inquinamento e l’energia,a cominciare dalLibro verde del1990.Nei due decennisuccessivisiinfittiscono sia idocumentidiorientamento che le iniziative di riferimento [Cremaschi 2005], spesso programmi di scambio di best practices, reti di

IlRapporto evidenzia:

• l’eterogeneità delle situazionicreatesicon la coincidenza diprovincia e città metropolitana,con gliestremidiFirenze e Torino;

• l’attuale delicato momento di attuazione della riforma delle città metropolitane e ilcarattere ancora interlocutorio delle soluzioniindividuate; • la rapidità della redazione e adozione deglistatutimetropolitani,in anticipo

rispetto alla definizione delle leggiregionalidiriordino istituzionale; • l’interesse perla sperimentazione delPiano strategico metropolitano.

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cooperazione qualiUrbact,fino alla generalizzazione deltema urbano nella programmazione dei fondi regionali e ai più recenti interrogativi sulla opportunità dell’Agenda [Balducci 2014].

Ma rispetto aglianniNovanta le aspettative sono cresciute:neirecentidocumenti della Unione europea,le città sono elevate alrango dimotore economico della ripresa dopo la crisidel2008.E,soprattutto,sono posizionate come illaboratorio diuna nuova modalità di convivenza e prosperità,come suggerisce l’ultimo rapporto diUn-Habitat[2013].L’Agenzia delle Nazioniunite pergliinsediamentiumanista anche promuovendo una Agenda urbana mondiale che verrà discussa nella Conferenza Habitat III dell’ottobre 2016,per la quale anche ilnostro paese dovrà impegnarsi.

In altripaesi,peresempio in Francia,Germania,Olanda,Gran Bretagna,la politica della città è da tempo alcentro delle scelte disviluppo e dicoesione.Non sifa innovazione tecnologica senza le città;non sifa coesione sociale aldifuoridelle città.Le politiche urbane sono parte importante delle strategie diquestipaesi.Realisticamente,permitigare glieccessi di sviluppo dei campioni nazionali come Londra o Parigi; per aiutare la formazione di partnership miste laddove il mercato è efficiente ma necessita coordinamento, come in Olanda;per rafforzare l’innovazione quando icontestimetropolitanisono vetusti,come in Germania.

Nelperiodo più recente,la strategia Europa 2020 e l’enfasisulla crescita,la creazione dilavoro e l’innovazione,riorienta in parte le politiche urbane sulcambiamento climatico, l’innovazione sociale,l’innovazione tecnologica,le politiche energetiche.

Il Rapporto verifica questa varietà principalmente nel quadro delle politiche di programmazione dei fondi strutturali, e in particolare del nuovo Programma operativo nazionale 2014-2020 dedicato alle città metropolitane (Pon metro).E` indubbio invece che uno sforzo importante sia stato fatto,almeno in linea diprincipio,per individuare nuove risorse e nuovimodidifare le politiche urbane.Anche in questo caso,sipotrebbe azzardare, ognirealtà fa caso a sé.Dove,inoltre,entrano in gioco arene o risorse inedite ma importanti, come ifondistrutturalieuropeio le politiche culturalitransfrontaliere,avvengono processidi apprendimento e crescita interessanti,che mobilitano attorie iniziative trasversalialle scale e alle istituzioni.

In cosa consiste allora la questione metropolitana,vero crocevia diquestionialtempo stesso irrisolte ed emergenti? IlPon metro identifica tre sfide principali:economica,con priorità alle politiche digitali;ambientale e climatica,dando prevalente attenzione alle misure diefficientamento energetico e alsostegno della mobilità sostenibile;e infine ilcontrasto al disagio e alla povertà abitativa.

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Modellied esempi

La riflessione sulle politiche nazionaliper le città è segnata all’origine dalconfronto tra gliStatiunitie ipaesidell’Europa occidentale;e presto dall’iniziativa della Comunità europea.La caratteristica diquesto confronto a distanza è l’elaborazione diun nuovo modello diintervento;o,se sivuole,è proprio la riflessione suidisparatieffettilocalidelle politiche urbane nazionali che conduce ad una riflessione critica della decisione razionale della programmazione tecnico-scientifica.Sin dall’inizio,quindi,le politiche urbane hanno rimesso in gioco i saperi esperti e la capacità di rappresentanza. A lungo, questa riflessione ha alimentato un’autocritica e una maggiorconsapevolezza delpolicymaking.

Inoltre,uno degliaspetticomunia queste prime esperienze è un modello classico che accoppia marginalità sociale e degrado urbano.Questo primo elemento ha storicamente condotto a esitiopposti,che sisono spesso alternatiin successione:demolizioniradicalie gentrification da un lato; inclusione sociale, miglioramenti incrementali e decentramento dall’altro.

Cosa succede quando altripaesicon problemie priorità diverse maturano l’esigenza dipolitiche urbane nazionali?La varietà deiproblemie delle piste possibilicresce a dismisura, anche se spesso tendono ad affermarsiglistessimodellidiintervento.

Sarebbe difficile infattisottovalutare le differenze tra lo stato delle città in Europa o negliStatiUnitie quello delresto delmondo.E’noto che l’armatura urbana europea è antica,diffusa e articolata su numerose città didimensionicontenute.NegliStatiUnitile città sono molto più dinamiche e variegate,ma condividono una sedimentazione diregole, poterie conoscenze.Nelmondo,la questione urbana sipone in terminidicrescita rapida e diseguale e solleva questioni politiche e ambientali diimportanza planetaria,come pure enormiproblemidicittadinanza e sostenibilità.

Nella fase più recente,diventa più chiara la differenza tra gliinterventiprevalentiin Europa, che sono di rigenerazione fisica ed economica dopo una fase prolungata di

IlRapporto evidenzia:

• una fase incerta delle politiche urbane nelnostro paese,prive da sempre diun indirizzo coerente;

• ilPon metro prende le mosse sia dall’identificazione della centralità delle città nella definizione diprocessidiuscita dalla crisieconomica e sociale,sia dal riconoscimento della profonda diversità dicondizionidipartenza deicontesti metropolitaniitaliani;

• l’attuale delicato momento di attuazione della riforma delle città metropolitane, i gravi problemi di traffico, trasporti, alloggio, energia e coesione sociale da affrontare;

• l’opportunità di inserire i programmi italiani nel processo aperto dalle istituzioniinternazionali.

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stagnazione,e quelliin altripaesiche programmano inuoviassettiproduttiviattraverso l’espansione spesso modulare e ripetitiva della rete dicittà.

In questo contesto,le agende dipaesidiversimostrano puntidiconvergenza e al tempo stesso sensibilità molto diverse.Lo sviluppo urbano sostenibile assume declinazioni diverse a seconda che siassocialla produzione,alle nuove tecnologie,all’ambiente o alle conseguenze sociali. Il coordinamento tra attori che agiscono su livelli e scale diverse, l’integrazione funzionale, la partecipazione delle comunità sono dappertutto oggetto di sperimentazione.

L’impulso alle iniziative urbane dato finora dalla Unione europea ha per esempio compensato le lacune tecnocratiche delpolicy making comunitario.La partecipazione diretta delle città alla costruzione dell’Agenda assicurerebbe una forte accentuazione delcarattere democratico delprogetto dell’Unione,oltre che una garanzia diefficacia e specificazione delle misure.Ma certo l’Agenda urbana europea ha finora saputo costruire un discorso euna policy discorsiva tra gliaddettiailavoripiù che un nuovo equilibrio deipoteri.Inoltre,ildiscorso sull’Agenda urbana è germogliato in un contesto di sospensione o attenuamento della macropolitica degliinteressinazionali,che è ritornata negliultimianniprepotentemente sulla scena.

La conclusione è aperta.L’Agenda urbana europea dichiara soprattutto la volontà di coordinare l’azione delle diverse istituzionie attoriche operano suglistessiterritoridisnodo; è un principio funzionale e politico,ma è soprattutto una giustificazione prudente che fa appello all’economia diconsenso e risorse.Nell’assenza diuna visione unificante,forse non si potrà fare dipiù.Ma risulta facile pensare all’esempio delle politiche regionali,che sono state la risposta, circa quattro decenni fa, all’allargamento alle isole britanniche e alla deindustrializzazione. Alla stessa stregua e con la stessa ambizione, le politiche urbane potrebbero oggigarantire una via diuscita dalconflitto governativo e un percorso disviluppo condiviso.

IlRapporto evidenzia:

• la varietà dei paesi del mondo che hanno adottato e stanno realizzando politiche urbane;

• ilruolo svolto da organismiinternazionalie sovranazionalineldiffondere modellie farcircolare esempie conoscenze;

• ilruolo crescente deipaesidirecente urbanizzazione anche nella elaborazione dinuoviinterventi;

• ilcarattere innovativo e sperimentale dimolte esperienze anche se diminor peso o geograficamente marginali.

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La sfida:un nuovo rapporto tra ricerca e azione per capire e affrontare la questione urbana contemporanea

La città è illuogo in cuisiconcentra ormaipiù del50% della popolazione mondiale [Oecd 2012] e più dell’80% della popolazione italiana [Dematteis 2011]. Il mondo contemporaneo,sipotrebbe dire,è un mondo sempre più urbano:non solo perché nelle città siconcentra la porzione più consistente della popolazione mondiale ma perché la superficie terrestre è sempre più urbanizzata. In altre parole, territori e contesti apparentemente tutt’altro che urbanivivono,secondo alcuniosservatorie studiosi,in una relazione che è di fatto prossima con ciò che tradizionalmente classifichiamo da secolicome urbano [Brenner 2014],mentre siassottiglia sempre dipiù la differenza tra urbano e non urbano.Per vari motiviappare dunque ogginecessario tornare a osservare la città.Sitratta infatti,da un lato, diriflettere su una condizione diurbanità diffusa e plurale che mette in discussione la natura stessa dell’urbano e rimanda a sfide inedite,dalpunto divista della ricerca e della teoria,delle politiche e delgoverno,delle pratiche individualie collettive.Dall’altro,dicapire in che misura sia ancora -se non più che mai-opportuno e attuale riflettere sulla questione urbana come sinonimo o specchio della questione sociale contemporanea;in altriterminise non solo osservare la città,isuoiproblemi,sia ancora essenziale percapire la società e le sue sfide,ma se l’urbano abbia o meno un ruolo centrale nella questione sociale del ventunesimo secolo[Donzelot2006].

Difronte a questiinterrogativiè inevitabile registrare in Italia l’assenza,per alcuni versiormaiquasicronicizzata,non solo diuna politica nazionale per le città,come questo primo Rapporto diricerca evidenzia,ma anche diuna cornice strutturata e permanente di osservazione e riflessione sulfenomeno urbano.Esistono è vero,alcuniosservatorilocalio di un qualche respiro sovralocale,supportatidalle città stesse e dalle loro reti,e alimentaticon le proprie forze.Sipensiad esempio alle risorse dispiegate da Cittalia e da Anciattraverso i propridiversie recentemente rinnovaticanali,alimentatida risorse proprie e che apportano

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conoscenza diretta sulle città italiane. Non esiste però di fatto da tempo uno spazio organizzato e istituzionalizzato in cui sidepositila conoscenza necessaria per alimentare politiche e progettualità. Anche lo stesso sforzo promosso da Istat recentemente con la formulazione dell’indicatore dibenessere urbano appare interessante,ma evidenzia alcune delle difficoltà tipiche diuna rilevazione statistica legata ancora aiconfiniamministrativi tradizionali,difficoltà evidenziata dalla letteratura internazionale [Brenner 2014].Un primo importante nodo problematico che questo Rapporto evidenzia è dunque proprio l’assenza di uno sguardo organizzato e sistematico sulla realtà urbana italiana promosso e alimentato dalle istituzioni,in particolare a livello nazionale.

Esistono in realtà una numerosa (quanto invisibile e talvolta frammentata) serie di progettidiricerca qualitativie quantitativi,condotticon le proprie limitate forze da gruppidi ricerca nelle università italiane o dalle associazioni scientifiche e professionali, che si confrontano con la letteratura internazionale,interrogando ilcontesto nazionale nella sua problematicità e specificità.In particolare tra 2011 e 2012 ilLibro Bianco sulgoverno delle città [Dematteis2011]denunciava la condizione diassenza diuna attenzione specifica delle politiche pubbliche suitemiurbanie metteva a fuoco alcune sfide interpretative e progettuali rilevanti-tanto rilevantida essere ormaiineludibili.Tra le altre,ilcosiddetto paradosso delle grandicittà trascurate.Una condizione,cioè,che mette sullo stesso piano comunipiccolie grandicittà,senza alcuna capacità diregistrarne progettualmente,oltre che istituzionalmente, le differenze;cosìcome la debolezza o l'assenza dipolitiche dirigenerazione della città come infrastruttura e risorsa essenziale anche per ilriequilibrio democratico.Più recentemente un testo collettaneo,esito diun seminario distudio [Calafati2014],ha riproposto una serie di riflessionipuntualie da puntidivista scientifico-disciplinaridifferentisulla questione urbana in Italia,fornendo una panoramica a più vocisullo stato della ricerca e deglistudiurbani. Dunque,gli ultimi annisegnano un ritorno di attenzione e di lavoro sulla dimensione urbana, a fronte del quale appare alquanto problematica l’assenza di un investimento permanente e strutturato suitemiurbani,sia dallato dell’osservazione delle trasformazioniin corso che dallato delle politiche,tanto in terminididesign che divalutazione.

A fronte diquesta assenza,una opportunità è proprio quella offerta dalla ricerca accademica e non.Appare oggi,infatti,quanto maiopportuno investire sulle potenzialità del rapporto città-università, inteso come un rapporto di reciproca alimentazione in cui l’università può costituire una risorsa critica a supporto della città -non solo un assetper la competizione urbana -e la città,le città,possono sollecitare una ricerca orientata all’azione, alle pratiche,alla produzione diun nuovo ciclo dipolitiche.Tale rapporto in Italia appare però da tempo indebolito.Da un lato,infatti,alimentano la ricerca universitaria solo limitati finanziamenti, sempre più ridotti, sporadici e incostanti - quei finanziamenti ordinari e straordinari,che in altriangoli delmondo,consentono alla università diinterpretare in maniera significativa e produttiva ilproprio ruolo e riflettono l’interesse verso le città da parte degliattoripubblici,ma anche privati.Dall’altro,la ricerca prodotta in università rimane spesso inutilizzata,inascoltata,spesso per la difficoltà che a volte la contraddistingue a farsi ascoltare e capire,ma anche a causa della difficoltà diconciliare itempie imodidella riflessione teorica con itempie imodidelle decisionie delle pratiche -difficoltà che siriflette

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vaniirisultatie ridotto in maniera consistente l’apprendimento prodotto nell’ambito di stagionirecentidisperimentazione.L’obiettivo diquesta sezione delRapporto è proprio quello ditornare ad alimentare in maniera significativa la relazione tra città e università, costruendo uno spazio di confronto e dialogo fertile tra progetti di ricerca di rilevanza nazionale attualmente in corso nelcampo deglistudiurbanie riflessione su un nuovo ciclo di politiche urbane, al quale la ricerca accademica può e dovrebbe contribuire in maniera significativa.

Questo capitolo delrapporto presenta con queste intenzione tre progettiselezionati dalMinistero dell’Istruzione,dell’università e della ricerca scientifica (Miur)tra 2010 e 2011 nell’ambito delle ordinarie modalità di finanziamento alla ricerca universitaria – Prin, Progettidirilevante interesse nazionale –,avviatinel2012 e oggigiuntialterzo anno,e quindiin chiusura: Territori post-metropolitani come forme urbane emergenti:le sfide della sostenibilità,abitabilità egovernabilità,coordinato dalPolitecnico diMilano,prof.Alessandro Balducci;Piccolicomuniecoesionesociale.Politicheepraticheurbaneperl’inclusionespazialee socialedegliimmigrati,coordinato da Università IUAV diVenezia,prof.Marcello Balbo e Re -cycle Italy. Nuovi cicli di vita per architetture e infrastrutture della città e del paesaggio coordinato da Università IUAV diVenezia,prof.Renato Bocchi.Uno spazio in cuifare convergere la comune tensione verso la produzione diimmaginiinterpretative innovative,ma anche difrontitangibilie operatividiinnovazione nelle politiche che accomuna taliprogetti, insieme al comune orientamento a incidere sulla condizione urbana contemporanea rinnovando la relazione tra università e città. Sitratta infattidiprogettiche cadono in un momento chiave del cambiamento spaziale-sociale-economico delle città e del territorio italiano e che,a partire da selettive ipotesidiricerca,sipropongono non solo diconcentrare l’attenzione attorno ad alcune nuove questionie temidirilievo scientifico,ma anche di generare possibile innovazione progettuale oltre che teorica nelcampo delle pratiche e delle politiche. In tale senso essirappresentano un campione potenzialmente significativo della strategicità dell’investimento delle università e delmondo delle ricerca sultema urbano e della rinnovata interazione tra ricerca e istituzioni e rimandano ad alcune importanti esperienze delpassato più o meno recente con iqualihanno in comune l’intenzione di incidere suiprocessidecisionalie sulle politiche pubbliche.

Evidentemente la scelta dipresentare icontenutie le principaliipotesie risultatidi taliprogettisconta un duplice limite,ma anche alcune potenzialità.Da un lato restituisce infattiin maniera parziale ilpanorama della ricerca in corso,e consente diintercettare solo alcune specifiche ipotesi e questioni, quelle isolate e formulate dai gruppi di ricerca promotorialmomento della candidatura nel2010.Alcontempo ilfatto che taliprogetti siano statifinanziatia livello nazionale potrebbe consentire diconfrontarsicon programmidi lavoro che sono staticonsideratidiinteresse nazionale a livello ministeriale e rispetto aiquali sarebbe naturale aspettarsiesitie risultaticapacidialimentare le politiche pubbliche:in questo senso sipropone diinterpretare la definizione dirilevanteinteressenazionale,non solo nell’ambito della ricerca,ma nella sfera delle politiche pubbliche a livello nazionale1.

1 Ilcapitolo delRapporto nelquale sono sviluppate le questionianticipate in questa sintesisicompone ditre tipi dimateriali:

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Tre sguardisulla città in Italia:inputperuna nuova Agenda urbana

Itre progettidirilevante interesse nazionale analizzatirestituiscono una istantanea in movimento deitemie delle questioniche sono state e sono alcentro della attenzione e della riflessione diuna parte consistente delle comunità scientifica italiana in essicoinvolta.

In primo luogo ciconsentono dipuntare l’attenzione in forma non univoca sul fenomeno urbano e in fondo,accostati,non fanno che confermare l’ipotesiche ilmondo sia sempre più urbano e che l’urbano sia sempre più differenziato e complesso anche in Italia.I tre progettiinfatticiparlano didiverse e interagentiforme diurbano,cosìcome diuna diversa e differenziata questione urbana,o meglio diun fascio diquestioniurbane.

Ci parlano,a partire dalla finestra della immigrazione,dell’urbanità in tensione dei piccolicentriitaliani:apparentemente piccolicomuni,in realtà piccole città,attrattivicome le città,problematicicome le città,ricchicome le città,densidiincontrie diversità come le città.Luoghidell’incontro-scontro ravvicinato con l’altro,della fatica delfare società più che della offerta dicomunità e diintimità,e che eppure riescono a mantenere attraverso,e grazie, alle loro piccole dimensioniuna significativa capacità diprodurre ed offrire urbanità,di reagire in modo innovativo aglistimolie alle contraddizionidella società contemporanea.Ma anche luoghiimmersiin retilunghe,quelle globalidichiviene da lontano,ma anche quelle medio-lunghe dei loro itineranti cittadini, abituati a muoversi per accedere a servizi e funzioni,diffuse sulterritorio dicuisono parte.

Ciparlano della urbanità in tensione delle grandiregioniurbane:iterritoridelpost -metropolitano in cuigrandie piccole città collaborano,più o meno consapevolmente,a intessere quelle relazioniinscindibilisu cuisifonda ilfunzionamento diuna regione urbana, e senza le qualisicostruiscono solo brandellidicittà.Regioniurbane complesse e articolate, che sireggono su mobilità e flussi,scambie circolazioni,in bilico tra la solidità delle antiche armature urbane e la fragilità diframmentate rilocalizzazionifunzionali.Campiin cuisi alternano conferme e smentite della condizione di cittadinanza dei propriabitanti:tutti cittadinidiuna grande città senza cittadinanza e alcontempo orgogliosamente radicatinella identità storiche dell’Italia delle piccole città.

Ciparlano infine della urbanità diffusa e delle diverse geografiedelriciclo,ovvero dei territoridelle infrastrutture della mobilità,deiterritoridella produzione,deiterritoridelle infrastrutture che fanno funzionare le piccole e grandicittà diItalia e dicome talimateriali invitino ad una diversa interpretazione dell’urbano passato e futuro attraverso l’idea diriciclo. Deitasselliche compongono una realtà urbana continua,in cuiappare necessario rimettere

• diquale/icittà sioccupano idiversiPrin e perché? qualiforme di urbano mettono a fuoco e quali elementiineditihanno individuato?

• diquale aspettidella questione urbana in Italia sioccupano e qualiscelte metodologiche hanno fatto peroccuparsene?qualiproblemie temihanno individuato?

• quali input per una nuova agenda urbana si propongono di produrre e quali prodotti intermedi mettono già a disposizione?qualicontributiritengono dipotere fornire alle politiche e alle pratiche? 2)una descrizione articolata deiprogettidiricerca che ne illustra in forma originale obiettivi,modalità dilavoro,e ne anticipa alcuniesitirilevantiaifinidiquesto rapporto;

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in gioco e ripensare le matricistoriche e più recenti,alla ricerca dinuoviruolie significati, pergarantire l’urbanità delpresente e delfuturo.

Tre forme dell’urbano non alternative, ma sovrapposte, intrecciate, scomposte e ricomposte quotidianamente dalle pratiche dei propri abitanti e dalle politiche – e non politiche - deiproprigovernanti,che meritano una concettualizzazione nuova,accorta e aggiornata,capace diregistrarne le sfide della interdipendenza,della convergenza e della divergenza,della somiglianza crescente e della persistente differenza.In questo senso itre progetti rispondono idealmente a quelparadosso messo a fuoco dal citato Libro bianco [Dematteis2011]sulgoverno delle città:ragionare su queste condizioniin terminididiverse forme diurbano infattipotrebbe permettercidisuperare la contrapposizione tra piccolo comune e grande città,tra urbano e non urbano,in parte riproposta nelle ultime politiche nazionali- quando ancora sidistingue un fuoco sulle aree metropolitane e uno sulle aree interne,e uno sulle infrastrutture,mentre invece questitre elementiappaiono strettamente interrelatinelproporre la nuova questione urbana in Italia.

In secondo luogo queste tre diverse forme diurbano,ciraccontano non tanto e non solo diproblemidiversi,ma dinodiproblematiciche,traguardaticontemporaneamente, dipingono una questione urbana multiforme,multilocale e multiscalare:che come tale va letta e affrontata,allo scopo ditrovare una soluzione adeguata alle domande da essa poste. Una questione urbana in cuila scala dell’urbano conta più diun tempo.Conta in primo luogo in terminidigenerazione deiproblemi.Da un lato,infattistanno ipiccolicomunie le loro incomparabiliproblematicità e capacità diazione:questioniche travalicano iconfini amministrativie la capacità diazione e reazione delle amministrazionilocali.Questioniche muovono da lontano,che portano lontano,che richiedono cooperazione e capacità nuova di osservazione e interpretazione deifenomeni,ma anche diinvenzione disoluzioni.Ma anche, dall’altro lato,ritroviamo le sfide poste dalle grandiregioniurbane e la distanza incolmabile con soluzionisemplicie stabilialla dimensione transcalare deiproblemidicittadinanza,cioè diriconoscimento deisoggetticapacididare risposta aiproblemi,deinuoviterritoridelle politiche,che cambiano significato e connotazione proprio in funzione diquesta natura multiforme,multilocale e multiscalare.In entrambiicasisievidenzia una condizione di incommensurabilità tra iconfiniamministrativie le geografie dinamiche dei processi in corso.In altre parole all’esplosione dell’urbano fa da sponda una esplosione deiconfini,ma anche una esplosione della governancedeiprocessi:emergono nuoviattori,nuove geografie, nuove retie iconfiniistituzionalinon sono capacididare loro risposte e soluzioni.Dunque la scala conta anche nella capacità - o incapacità - di trovare una geografia univoca di trattamento delle dinamiche e deiprocessiin corso.È anche l’assenza diuna governance adeguata a costruire una parte rilevante degliattualiproblemidell’urbano in Italia.

In terzo luogo, la lettura trasversale dei tre progetti, evidenzia la necessità di alimentare le relazionitra programmidiricerca scientifica e mondo delle pratiche e delle politiche e alcontempo la disponibilità da parte delmondo accademico.Ilviaggio in Italia proposto dal Prin Recycle,l’Atlante deiterritoripost-metropolitani,gliaffondilocalie la riflessione generale sui piccoli comuni e sulla immigrazione, evidenziano un rinnovato interesse a costruire quadriinterpretativideiprocessi,delle dinamiche e delle tensioniche scuotono l’urbano in Italia. I tre progetti alludono tutti alla necessità di importanti

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ritematizzazioni e riconcettualizzazioni dell’urbano, ma anche delle politiche urbane: propongono nuove modalità di riflessione sul futuro, sperimentando la costruzione di scenari;nuove modalità dipolicydesign,rilanciando la necessità diripensare la questione della integrazione e della intersettorialità; infine provano ad affrontare anche la dimensione normativa,la necessità e la opportunità diprodurre nuove regole per assecondare e guidare l’innovazione urbana.Dunque la ricerca universitaria,l’università guarda alla città e aisuoi problemi,individuando nella città un nodo significativo della attuale questione sociale,ma anche una possibile risposta aiproblemidella società contemporanea.In che misura le città guardano alla università e cosa siaspettano,rimane una questione rilevante,laddove da tempo l’accademia e la ricerca scientifica non hanno saputo entrare con forza neldibattito sul futuro delpaese e hanno finito pergiocare un ruolo deltutto marginale nella costruzione di una agenda pubblica,se non semplicemente deldibattito pubblico.Anche da quiappare opportuno ripartire perrimettere la città alcentro delle priorità nazionali.

Riferimentibibliografici Brenner,N.(a cura di)

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2014 La costruzione dell'agenda urbana europea e italiana,in Calafati,A.G.(a cura di), Città tra sviluppo edeclino.Un'agenda urbana perl'Italia.Roma,Donzelli.

Dematteis,G.(a cura di)

2011 Le grandicittà italiane:società e territorida ricomporre. Padova,Marsilio/Consiglio italiano perle scienze sociali(Css).

Donzelot,J.

2006 Quand la villesedefait.Paris,Seuil. Oecd

2012 Redefining "Urban" Areas. A New Way to Measure Metropolitan Areas. [online] http://www.oecd-ilibrary.org/urban-rural-and-regional-development/redefini

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ng-Questa parte delRapporto esamina ilprocesso diriforma,iniziato con l’emanazione della legge n.56 del2014,la cosiddetta legge Delrio,che è attualmente in corso,neltentativo di tracciarne un primo provvisorio bilancio. Questo obiettivo è reso difficoltoso dalla mancanza diun Osservatorio nazionale,almeno perle diecicittà metropolitane istituite dalla legge nelle regionia statuto ordinario.Ancora più complessa risulta la situazione neiterritori non metropolitani che – nonostante la loro rilevanza quantitativa e qualitativa nelcontesto urbano italiano – sembrano relegatia un ruolo secondario neldibattito pubblico.Esso, infatti,appare dominato dall’effettiva realizzazione delle città metropolitane,annunciate e attese sin daglianniNovanta.

Il capitolo si focalizza, innanzitutto, sullo stato di attuazione delle dieci città metropolitane,ricostruendo le fasi salienti delprocesso e soffermandosi ad analizzarne i risultatiparziali,l’elezione degliorganie la redazione e adozione deglistatuti.Ilprocesso statutario siè svolto in anticipo rispetto alla definizione delle leggiregionalidiriordino istituzionale,che a fine luglio 2015 risultavano approvate in Toscana,Umbria,Marche, Liguria,Calabria e Lombardia.Questa anticipazione,dovuta alla legge n.56,ha prodotto deglistatutidaitoniinterlocutori,neiqualila riforma siannuncia nelle sue linee generaliin attesa di compiersi con i successivi interventi delle regioni e dello stato. Il processo di innovazione deisistemidigoverno locale attualmente in atto,in effetti,è lungo e complesso e coinvolge:1.le città metropolitane;2.le rispettive regionidiappartenenza,che devono provvedere al riordino istituzionale e ad adeguare la legislazione nelle materie di loro competenza;3.lo stato,che deve individuare le risorse umane,strumentalie organizzative,e che condiziona l’attuazione della riforma con drasticiprovvedimentifinanziari(cfr.legge di stabilità peril2015).

Nelcomplesso glistatutipresentano un certo grado didifferenziazione rispetto alle specificità deiterritorimetropolitani:quelliapprovatimostrano una eterogeneità che riflette le diversità territorialie/o demografiche,ma anche le diverse esperienze istituzionalio le modalità scelte per la loro estensione.Fra le differenze siregistra sicuramente l’opzione a favore dell’elezione diretta delsindaco e delconsiglio metropolitano (statutidiMilano,Roma e Napoli),che implica l’interpretazione della fase attuale come transitoria,in attesa della definizione compiuta delsistema elettorale.Tuttiglialtristatuticonfermano ilsistema a

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elezione indiretta utilizzato in questa fase diavvio della riforma,mostrando diprivilegiare una opzione cooperativa/associativa, che attribuisce alla città metropolitana un ruolo di coordinamento delle funzionideicomunie diraccordo fra interessie attorilocali.

Dalpunto divista delsistema digoverno,ilprocesso statutario evidenzia quindiuna oscillazione fra un modello dicittà metropolitana intesa come luogo dicoordinamento e di rappresentanza deicomuni,e un modello dicittà metropolitana come ente politico autonomo. Ildualismo riflette le passate esperienze internazionaliin materia diorganismimetropolitani, ma rende manifesta una esitazionedifondo che sembra essere un tratto caratteristico diquesta fase,in cuiogniscelta possibile appare sospesa fra riproposizione delle vecchie province e accoglimento delle opportunità diinnovazione offerte dalla legge n.56.

La forte relazione tra città metropolitane e province è difatto scritta nella legge che fissa i confini delle città metropolitane entro i rispettivi territori provinciali. Se questa decisione sispiega con ilbisogno diuscire rapidamente da un lungo stallo istituzionale,essa non pare efficace per l’individuazione diterritorifunzionalmente integrati,manifestando i proprilimiti per eccesso o per difetto,come sivede neicasidiTorino e diFirenze.Queste riflessionimostrano come,in parallelo all’applicazione della riforma,sia necessario rinnovare e riconcettualizzare la lettura dei territori metropolitani, per identificare le condizioni di partenza nelle quali in ogni contesto locale si può radicare (e a cui si può adattare) l’innovazione istituzionale,ma anche permettere a fuoco le capacità cognitive e iltalento di ciascun territorio.

Fra le molteplicifunzioniche la legge n.56 attribuisce alle città metropolitane le più rilevanti sono la pianificazione strategica, la pianificazione territoriale generale, la strutturazione disistemicoordinatidigestione deiservizipubblici e la mobilità e viabilità. L’introduzione delPiano strategico metropolitano (Psm) rappresenta l’elemento dinovità rispetto alle funzionitradizionalmente attribuite aglientidiarea vasta nelsistema italiano di pianificazione. Una novità controversa poiché, rendendo obbligatoria la pianificazione strategica con un orizzonte temporale disolitre anni,la istituzionalizza facendole perdere il suo fondamentale carattere divolontarietà e trasformando ilPiano strategico da strumento digovernancea elemento delnuovo sistema digovernmentterritoriale.

La natura diatto diindirizzo delPiano strategico metropolitano e l’idea che ilPiano territoriale generale metropolitano (Ptgm) in qualche misura integrie in parte sostituisca pianidisettore e componentidelpiano urbanistico comunale,esplicitata in alcunistatuti (Milano, Bologna, Firenze), sembrano spostare l’asse fondamentale del sistema di pianificazione alla scala dell’area vasta metropolitana,cuisiattribuisce un essenziale compito dipianificazione generale.Neglistatuti,che individuano la stessa necessità diforte coerenza fra pianificazione strategica e urbanistica, il ruolo del Piano territoriale generale metropolitano sembra interpretato nelle forme più consuete di un Piano territoriale di coordinamento provinciale (Ptcp).

Anche nella definizione delle funzionilegate algoverno delterritorio neglistatutisi riflette la fondamentale ambivalenza fra coordinamento e governo che è un tratto caratteristico diquesta fase.Entro questa oscillazione sicolloca l’opportunità diuna revisione radicale, da parte di ciascuna regione, del proprio sistema di governo del territorio,

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