R ENDICONTI
del
S EMINARIO M ATEMATICO
della
U NIVERSITÀ DI P ADOVA
A NTONIO M ARINO G IOVANNI P RODI
La teoria di Morse per gli spazi di Hilbert.
Un’applicazione al problema della diramazione per operatori variazionali
Rendiconti del Seminario Matematico della Università di Padova, tome 41 (1968), p. 43-68
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PER GLI SPAZI DI HILBERT
UN’APPLICAZIONE AL PROBLEMA DELLA DIRAMAZIONE PER OPERATORI VARIAZIONALI
ANTONIO MARINO e GIOVANNI
PRODI *)
Questo
lavororiguarda
alcuniaspetti
della teoria di Morsenegli spazi
di Hilbert. Come è bennoto,
la teoria di Morse stabi- lisce relazioni fra certi caratteriomologici
di una varietà e il numerodei
punti
critici che una funzione differenziabile definita su essapossiede.
Si deve a E. H. Rothe
(Vd. : [9], [10]~ [11])
1’introduzione dei metodi di Morse per lo studio deipunti
critici delle funzioninegli spazi
di Hilbert. Il Rothe studiòsoprattutto problemi
di caratterelocale,
pergli scopi
dell’analisifunzionale,
e stabil uncollegamento,
per
gli operatori variazionali,
tra i numeri di Morse e ilgrado
diLeray-Schauder.
Negli
ultimianni,
la teoria di Morse è stata estesa in tutti i suoiaspetti principali
alle varietà modellate suspazi
di Hilberte di Banach.
Malgrado
la suaeleganza,
tuttavia - aquello
che cirisulta - la teoria ottenuta non ha avuto molte
applicazioni
allaanalisi funzionale : il
motivo, forse, può
essere cercato nel fatto che in moltiproblemi
è difficilegarantire
« apriori »
che ipunti
criticisiano non
degeneri,
come vuole la teoria di Morse.Indirizzo degli antori : Istituto Matematico dell’Università di Pisa.
*)
Lavoro eseguito nell’ambito del Gruppo di Ricerca N. 24 del C. N. R.(Comitato per la Matematica).
In
questo
lavoroapplichiamo
i metodi di Morse aproblemi
dicarattere
locale,
assumendo unpunto
di vista vicino aquello
diRothe. Consideriamo funzioni reali definite in un intorno
dell’origine
di uno
spazio
di Hilbertreale,
deltipo
dove A è un
parametro
reale e la funzione a ha ungradiente
Acompatto
con A(0)
=0 ; pertanto l’origine è,
inogni
caso, unpunto
critico.I
§§
1 e 2 hanno caratterepreparatorio
e richiamano risultati per lopiù
noti. Ci pare tuttavia interessante per lasemplicità
dellaesposizione
il calcolo deigruppi
di Morse per unpunto
critico nondegenere (teorema (2.4)).
Nel §
3riprendendo
una ricerca di Rothe e colmando alcune lacune che si trovano nellaesposizione
diquesto A., compiamo
unostudio dei
punti
critici isolati : sitratta,
insostanza,
di studiare igruppi
di Morse stando a distanza dalpunto
critico(anche
se adistanza non
troppo grande) :
è da notare che non sipostula
il ca-rattere non
degenere
delpunto
critico. Inoltre leipotesi
in cui cimettiamo sono
più generali
diquelle
del Rothe.Nel
§
4 vieneottenuta,
attraverso la teoria diMorse,
la dimo- strazione di un notevole teorema di Krasnosel’skii sull’esistenza diuna diramazione per un
operatore
variazionalecompatto.
Si trattadi un
importante problema
di analisifunzionale,
per cuil’impiego
della teoria di Morse appare
naturale ;
ineffetti,
la dimostrazione chepresentiamo
èpiù semplice
diquella
di Krasnosel’skii.Per
applicazioni
diquesto teorema, rimandiamo,
adesempio,
al lavoro
[7].
I contenuti dei
§§
3 e 4 sono del tuttoindipendenti.
Tra ledue
questioni
vi è solo affinità di metodo : in effetti sitratta,
inentrambi i
casi,
di realizzareomotopie
mediante le soluzioni di equa- zioni differenziali. Poichèlungo
le traiettorie la funzione deve con- servare il medesimo segno, occorre definirel’equazione
differenziale in modo tale che la varietàdegli
zeri della funzione sia una barriera che le traiettorie non possonooltrepassare.
1
i. Preinesse.
Esponiamo qui
alcuni risultati di carattere tecnico che ci sarannoutili nel
seguito.
Il
primo
lemma è un’estensione del notoprincipio
per cui unsistema differenziale è risolubile in
grande quando
sussista unamaggiorazione
apriori
per le sue soluzioni.LEMMA
(1.1).
Sia Q unaperto
di unospazio
di Banach B e siaF:
S.
B unoperatore
di classeC1 definito
in Q. Si consideri ilproblema
diCauchy
in un intervallo
[0, a[ (oppure [0, a]).
Si suppongache,
perogni t*,
con 0 t* a
(oppure
0 t* ca),
eventuale soluzione xdefinita
in
[0, t*[ [
sia tale che :l’insieme
(x (t) :
t E[0, t*[)
abbia chiusura contenuta in {~t’insieme
(F (x (t)) :
t E[0,
t*[)
sia limitato.Allora il
problema (1.2)
ammette una ed una sola soluzione nel- l’inteltvallo[0,
a[ (oppure, ri,gp., [0, a]).
DIM. E’ noto che per il
problema (1.2)
sussiste un teorema diesistenza e unicità locale
rispetto
at, qualunque
sia xo E Q : perquesto
basta tener
presente
che la continuità di F’ assicura il caratterelipschitziano
locale di F.Sia
dunque i
l’estremosuperiore
dei numeri t‘ tali che il pro- blema(1.2)
abbia una(ed
unasola)
soluzione in[0, t~ ~ .
Supponiamo
per assurdo che sia z a. Vediamo anzituttoche,
in
questa ipotesi,
esiste una ed una sola soluzione x che è definita in tutto l’intervallo[0, -t]. Infatti,
per la definizione di z, esiste una ed una sola soluzione x in[O, 1: ( .
Inoltre per le nostreipotesi
esiste unnumero .K tale che sia cioè
I dx
( )
dt pn
Pertanto esiste il limite :
lim x (t)
= x ; sempre per le nostreipotesi
A dx
deve essere x E Q.
Allora,
’ dato che ancheF (x t
ammette li-c
(
mite
(in B)
per t - i- , la soluzione x èprolungabile
a tutto 1’inter- vallo chiuso[0, z].
Ovviamente x è l’unica soluzione in[0, z].
Ora, giacchè
abbiamosupposto
za, possiamo applicare
ilteorema di esistenza e unicità
locale,
e concludere che esiste una eduna sola soluzione in tutto un intervallo
[0,
z’[con
r z’ Maquesto
èimpossibile
per il modo con cui abbiamo definito r.Il
seguente
lemma è un’estensione del ben noto teorema di di-pendenza
continua dai valori iniziali.LEMMA
(1.3).
Sia ancora F unoperatore
di classeC1 definito
inun
aperto Q di
unospazio
di Banach B e si supponga chel’equa-
zione
dx
= F(x)
ammetta mm una t soluzione ex definita ’
in0 [ ’ J a]
e soddi--sfacente
alla condizione = Allora sipuò
assegnacreun intorno Y del
punto ;0
tale chel’eqzcazione
ammette una(ed
una
sola)
soluzione in[0, al
perogni
dato iniziale xo E Y~. Tale solu-zione, inoltre,
1dipende
con continuità da xo nellatopologia
della con-vergenza
uniforme
in[0, a].
La dimostrazione si ottiene facilmente
procedendo
secondo unoschema ben noto : cioè osservando che la tesi sussiste per un inter- vallo
[0, ~]
con ~ abbastanzapiccolo, quindi
utilizzando lacompat-
tezza dell’intervallo
[0, a].
COROLLARIO. La soluzione del
problema
diCauchy,
come ap-plicazione
V X[0, a]
-+B,
è continua.2.
Punti critici
egruppi
diMorse.
Sia U un
aperto
di unospazio
di Hilbert sul corpo reale H.Sia b una funzione reale definita in IJ di classe come è noto
un
punto
xo E U viene detto critico se,posto B = grad b,
èB(xo)=0 ;
il valore c = b
(xo)
viene detto livello critico.Poniamo :
e
introduciamo, seguendo
l’ordine di idee di M.Morse,
igruppi
diomologia
relativasingolare,
a coefficienti in un fissato gruppo abeliano Q~ :Chiameremo
questi gruppi gruppi di
Morse relativi alpunto
critico xo . Osserviamo
che,
presa unaqualunque palla ~a =
=
(x: x -
xo ~I ~ ~}
che sia contenuta inU,
si ha perogni
intero n :Basta, infatti,
indicarecon Tra
ilcomplementare
di~a
in U eapplicare
laproprietà
diexeisione,
notando che èYa
= U- --
Vd
e chel’aperto
U- f1Ya
ha la sua chiusura interna ad U- -lxo) (nella topologia
relativa adU-).
Supponiamo
ora che la funzione b sia di classeC~1
e ammetta differenziale secondo nelpunto
xo.Questo
è una forma bilineare simmetrica che sipuò rappresentare
cos :(h, k)
--~(B’ (xo) h k),
doveB’ (xo)
è unoperatore
lineare continuo simmetrico.Supponiamo
ora che xo sia unpunto critico ;
il differenziale secondoin xo
vienedetto forma
Hessiana associata alpunto
critico xo . Si dice che xo è unpunto
critico nondegenere,
se la relativaforma Hessiana è non
degenere,
cioè sel’operatore
B’(xo)
è inverti-bile. È
evidente che ipunti
critici nondegeneri
sono isolati.Nel corso di
questo
lavoro noi consideriamo funzioni della formadefinite in un
aperto
TIcomprendente l’origine
esupponiamo
chequesta
sia unpunto
critico perbA,
con PoniamoA=grada, B~,
=grad b¡.
EssendoBA (x)
= Àr - A(x),
dovrà esserepertanto A(0)=O. Ovviamente,
l’interesse di considerare funzioni della forma(2.3)
risiede nelleparticolari ipotesi
che si fanno per a.I
principali
risultati verranno stabiliti sotto laseguente ipotesi : I potesi (K)
A =grad
a risulticompatto (cioè continuo,
e taleda
portare
insiemi limitati in insiemi a chi usuracompatta).
Osserviamo che
nell’ipotesi (K),
il differenziale(di Fréchet)
diA,
neipunti
in cuiesiste,
è unoperatore
linearecompatto.
Ci
proponiamo
ora di calcolare igruppi
di lVlorse per unpunto
critico non
degenere.
Vale ilseguente
teorema :TEOREMA
(2.4).
SiabA
unafunzione
di classeC~1
che ammettadifferenziale
secondo in 0 e che sia dellaforma (2.3),
con A> O,
dovea
soddisfa all’ipotesi (K).
Si supponga che ilpunto
0 siapunto
criticonon
degenere
perb~ ; allora,
detto r il numerodegli
autovalori diA’(O)
che
superano A (contati
con la relativamotteplicità)
si haessendo G il gruppo dei
coefficienti dell’omologia.
Di
questa proposizione
sono state date varie dimostrazioniperaltro,
inipotesi
dimaggiore regolarità
per la funzione : ne ci- tiamo una di S. Palais([6])
ad una di E. H. Rothe([12]
p.251).
La dimostrazione che
esponiamo
è abbastanza vicina aquest’ultima,
ma è
più semplice
epiù geometricamente
intuibile.Premettiamo un lemma
(noto
e, delresto,
abbastanzaovvio).
LEMMA
(2.5).
In unospazio
di Hilbert H si consideri laforma quadratica
x --~( T (x) x),
essendo T itnoperatore
lineare simmetricolimitato invertibile.
Allora esistono un
automorfismo
lineare e dueproiettori
or-togonali complementari P1’ P2
taliche, posto
Øx =~,
si ha :Inoltre
P,
è laproiezione
associata allaparte negativa
dellospettro
diT, P2
è laproiezione
associata allaparte positiva.
DIM. Possiamo porre T =
I T
sgn T. Occorre tenerepresente che,
nonappartenendo
lo 0 allospettro di ’1’,
la funzione di T : sgn T è ben definita e si ha essendoP1
ilpoiettore
associato alla
parte negativa
dellospettro, P2
associato allaparte positiva (Vd. [8] Cap. VII).
L’operatare T i
è un automorfismo diH,
e tale è pureI T ~’/2.
Allora si
può scrivere, ponendo
=T 1112@
Il lemma risulta cos dimostrato.
Siamo ora in
grado
di dimostrare il teorema(2.4).
La funzione(2.3)
sipuò
porre nella forma :dove r ha differenziali
primo
e secondo nulli nelpunto
0.Appli-
chiamo il lemma
(2.5)
tenendopresente che,
essendo 0punto
criticonon
degenere, l’operatore
A’(0)
risultainvertibile ;
esiste dun- que un automorfismo diH, 0,
che mutal’aperto
U in unaperto
ZT
e lafunzione b
in unafunzione 9A
cosrappresentabile
dove s è ancora una funzione con differenziali
primo
e secondonulli nel
punto 0, P1
eP1
sonoproiettori ortogonali complementari;
dal lemma
(2.5)
risulta che la dimensione diP1
èuguale
al numeror
degli
autovalorinegativi dell’operatore
~I - A’(0) (contati
conle
rispettive molteplicità),
cioè al numerodegli
autovalari di A’(0)
che superano A.
Conviene indicare con
I~1, H2
isottospazi
invarianti diPi
eP2,
9 eporre 1
=P1 l 2
=P2 ;
Cos sipuò
scrivere :Poniamo ~’ =
grad
s ; dalleproprietà
di s risulta che :Siano y e y numeri
positivi
tali cheEsiste una
palla V3
=~ : ~ C 8) 1
taleche,
perogni ~
EYa
si abbia :
Indichiamo con
U-
l’insieme(~ : b~, (~) 01,
cheè,
evidente-mente,
il trasformato di U-. ’Vogliamo
dimostrare che èpossibile eseguire
una retrazione diVa
suV3
n che subordini una retrazione diV3 n ZT-
suVc5
nu- n H1
e diVc5
nu- - (0)
suVa
nt-
n.B’1 - ~ (0).
Tale retra- zione sarà fornita dalla restrizione dellaproiezione P2
aVc5.
In-tanto,
dalla(2.6)
e dallaprima
delle(2.8)
riricava, per ~
EVá :
1) È possibile trovare un cambiamento di variabili (non lineare) che tra-
sformi la funzione nella forma quadratica : -
12 + I 212.
In questo consisteil ben noto lemma di Morse (che Palais
[7]
ha esteso agli spazi di Hilbert e hautilizzato per l’analisi dei punti critici non degeneri). Ma le dimostrazioni di
questo lemma a noi note esigono che la funzione sia di classe C3.
perciò gli
zeri dellafunzione bz
inPa
-(0)
sono tutti contenutinella
regione
Consideriamo ora, in
l’applicazione
cos
definita, posto sempre = 1 + 2 :
Poniamo inoltre
Si
trova,
consemplici
calcoli :perciò,
tenendo con-to della seconda delle
(2.8) :
se ne deduce che è non appena sia :
Se
questa disegua~glianza
è verificata inqualche punto
dell’in-tervallo
[0, 1],
essa lo è in un intervallo deltipo [0, t*] (t* 1).
Inquesto
caso, seè E U ,
cioè seè g; (, 0)
si haanche cp (, t) 0
per t E
[0, t*], dunque (~, t)
EZ7"
in[0, t*].
Consideriamo invece ipunti
dell’intervallo[t*, 1],
in cui varrà ladiseguaglianza opposta
della
(2.10).
Dalla(2.9)
si ricava:e dalla seconda delle
(2.7)
si ricava che in[t*, 1]
si ha inogni
caso p
(~, t)
~ 0.Dunque, l’applicazione y
definisce una retrazione(in
sensostretto)
div3
nu- su v3
nt- n H,;
si verifica immediatamenteche ’P
definisce anche una retrazione diVò
nff- - lo)
suVò
nU-
nn
H1 - (o).
Ora, v3
nH1
è unapalla
Brdi
unospazio
euclideo r-di-mensionale,
di cuipossiamo
indicare con 8r la frontiera. Allora siha,
perogni n,
Ma è noto
(cfr. [2] Cap. I)
che si ha :Il teorema
(2.4)
risulta coscompletamente
dimostrato.3.
Studio
deipunti
critici isolati.In
questo paragrafo
consideriamo una funzione deltipo
con a funzione di classe
e2,
definitanell’aperto
U =lx: ~~,
e tale che si
abbia, posto A
=grad a,
A(0)
= 0.Dunque
ilpunto
0 è critico per
b ; supponiamo
inoltre che sia a(0)
= 0.Il nostro scopo è
principalmente quello, già perseguito
dalRothe,
di studiare ilpunto
critico 0 e, inparticolore,
calcolarne igruppi
di Morse mediante ilcomportamento
della funzione b a di- stanza da esso.Premettiamo una definizione
DEFINIZIONE
(3.2).
Diremo chel’operatore A,
definito in un in- sieme TT c H verifica la condizione(condizione
dinon-radiatità)
nell’insieme Tc U,
con0 ~ T,
se in T A(x)
non è in alcunpunto parallelo
ad x.(In
altreparole, quali
che siano il numero realeed il
punto
x ET,
si ha A(x) ~ ~, x).
OSSERVAZIONE. La condizione
(YR)
in T sipuò esprimere
me-diante la
diseguaglianza :
(3.3) I A (x) 121
x12
-(A (x) ~ [ r)2 >
0qualunque
sia x E T.Poniamo :
Siamo ora in
grado
di enunciare il risultatoprincipale
di que- stoparagrafo :
TEOREMA
(3.4).
Si consideri in U lafunzione
b espressa dalla(3.1),
dove a è di classee2,
tale che a(0)
= 0 eche, posto
A =grad
a, sia A(0)
= 0.Per A
valga l’ipotesi (K)
e siasoddisfatta
inoltre la condizione(NR)
nell’insieme UO -(0) 2).
1Allora esiste un nuinero ó
> 0,
5 1:, tale chesia,
perogni
avendo indicacto con
Íir
il gruppo r-esimo diomologia
ridotta sin-gotacre.
2) Questa ipotesi, che il Rothe assume in una forma più restrittiva (cioè
con nn’nlteriore condizione di uniformità) è stata introdotta per la prima volta
da A. B. Brown (in dimensione finita, cfr.
[1]).
OSSERVAZIONE. La validità della condizione nell’insieme
(0), implica,
inparticolare,
chel’origine
non èpunto
di ac-cumulazione di
punti
critici che si trovino a livello nullo. In que- sto senso diciamo che ilpunto
0 è isolato.Peraltro,
le considera-zioni che
svolgiamo
si possonoapplicare
al caso in cui lo 0 siapunto
di accumulazione dipunti
critici(a
livelli# 0).
Si dimostrerà
più
avanti(cfr. § 4,
def. 4.2 e lemma4.7) che,
se1 non è
punto
di diramazione perl’operatore
A(in particolare,
se0 è
punto
critico nondegenere
per la funzioneb)
la condizione(NR)
è senz’altro
verificata,
neipunti
di U°(0)
che sono in un oppor-tuno intorno
dell’origine.
La dimostrazione del teorema si basa sul
seguente
lemma :LEMMA
(3.5).
Nelle stesseipotesi
del teorema(3.4)
esiste un~ > O, ~ 1:
tale che :spazio ( ~P8 - ~ (0»
f1 U- sia retrattibile sul suo sotto-spazio 83
fl U-a2)
lospazio Ya
fl contrattile.Prima di
compiere
la dimostrazione del lemma(3.5)
vediamocome dal lemma
(3.5)
segue il teorema(3.4) 3).
Dalla
(2.2)
e dall’affermazione del lemma(3.5)
si ricava :Ora,
laseguente
sequenza diomologia
ridotta è esatta(cfr.
[2 J,
teorema(8.4),
pag.20):
3) Questa deduzione si trova nel lavoro
[10]
di Rothe, salvol’impiego
del- l’omologia ridotta in luogo di quella ordinaria. (Questo accorgimento, che sem- plifica l’enunciato del teorema, ci è statosuggerito
dal prof. Martinelli).D’altra
parte, poichè,
per l’affermazianea2)
del lemma(3.5),
u- fl
Y8
ècontrattile,
siha,
perogni
n,ún ( ~
f1Tra) ,’~
o. Per-ciò l’omomorfismo
centrale,
nella sequenzascritta,
è un isomorfismo.Di
qui,
tenendo conto della(3.6),
si ottiene la tesi.La dimostrazione del lemma
(3.5)
verrà frazionata in alcuni lemmi.LEMMA.
(3.7). La funzione
a siadiffere ziabile
inogni
inoltre A =
grad ac
ammettadifferenziale (di Fréchet)
nelpunto 0, A’(o).
Sia A(0)
= 0. Sel’origine
èpunto
di acccumulazione per- l’in- sieme si haDIM. Essendo A
(0)
=09
si ha :Da
queste
relazioni si ottiene :Poichè
se x EUO,
si ha per definizione a(x) ( = 1
2x 2 I
si ot-tiene subito la tesi.
LEMMA.
(3.8).
Oltre alleipotesi
del lemmaprecedente,
si sup- ponga chel’operatore
Asoddisfi
alle condizioni(K)
e alla condizione nell’insieme UO -(0),
almeno in un intorno abbastanzapiccolo dell’ origine.
Allora esiste
0, (con ó 1’)
ed esistefunzione
realea
definita
in0, ~] , positiva, continua, monotona, infinitesima
al ten-dere a zero
dell’argomento,
tale che siabbia,
perRicordando la
(3.3)
sicomprende
subito che il lemma(3.8)
affermala validità della condizione
(NR)
in modouniforme,
inogni
insiemeDIM. Posto
determiniamo un 5
>
0 tale che :la
palla V3
sia contenuta in U inv3
fl(o) valga
la condizione inVd n
sia2
tenendo
presente
che l’ultima condizionepuò
essere verificata in virtù del lemma(3.7).
Si ricava facilmente la relazione :
Pertanto è necessario studiare
l’operatore
dimostriamo che esso
porta
i sottoinsiemi chiusi di .8 contenuti inv3
n U° -(0)
in insiemi chiusi.Sia, infatti,
8’ un chiuso di .g con-tenuto in
Vò
n(0),
e sia xn una successione dipunti
diU° - (0)
tale che lasuccessione yn
= A(xn)
- e sia con-vergente
verso un elementoy*.
Estratta una successionexnk
tale che A(xnk)
e é(xnk)
convergano, si ricava :Essendo p
( x nk) 2 ,
2 1 se ne deduce la convergenza diX"k
versoun elemento x‘ E K tale che A
(x*)
- e(x) x
=y*.
L’insieme fl U°
(0 C
y Cb)
vieneportato
in un sottoinsiemechiuso,
ilquale,
in virtù della condizione(NR)
non contienel’origine
ed ha
pertanto dall’origine
una distanzapositiva
La funzione v : y -~
y2 a2 (y)
verifica la(3.9) (tenuto
conto della(3.11)) ;
essa èpositiva, monotona,
infinitesima al tenderedell’argo-
mento a zero. Non è detto
(o, almeno,
non risulta dalla dimostra- zionesvolta)
che o sia continua : ma si vedeche, quando
non losia,
le si
può
sostituire una minorante continua che conservi tutte le altreproprietà
volute.Nei lemmi che seguono in
questo paragrafo
si considera la fun- zione o del lemmaprecedente, prolungata
a tutta la semiretta realepositiva
in modo da risultare continua.Questo prolungamento
vieneindicato ancora con o. Conserviamo al simbolo ó il
significato
dellemma
precedente
eponiamo w (x)
_ ~A (x) ~2 ~
x~2
-(A (x) ~ x)2.
LEMMA
(3.13).
Sianoverificate
tutte leipotesi
del lemma preee- dente e inoltre b sia d-i classee2
inA ltora esiste una
funzione
ZT -(0)
dielasse C’i uguale
a 1 nei
Punti
di unaperto
contenente l’insieme UO ft(0) ,
euguale
a 0 neipunti
di unaperto
contenente l’insieme(x :
x E U -(0), (.r)==0).
Di conseguenza è di classeC1 la funzione
cosdefi-
nita :
w
(x)
se w x 0
w
x .- 0 se w x - 0 inottre
w
nita
(x) = - 0 ()
= Ose w(x)= O ;
inoltre’M? (.r)
xW (x)
coincide con w
(x)-1
in tutto un intorno di U ° nV~5
-0 ~ .
DIM.. Consideriamo in
1R2
iseguenti
insiemi :E1
edjE7o
sono due insiemidisgiunti
in1R2
-(0)
e chiusi nella to-pologia
relativa. Esiste allora come è ben noto una funzione di classe C °° in’j1~2
-(0)
che vale 1 neipunti
diE1
e vale 0 neipunti
diEo .
La funzionew (r) = (r E U - (0) )
ha leproprietà
richieste. Infatti è di classeel
in U -10),
e inoltreSupponiamo
ora che sussistano tutte leipotesi
del teorema(3.4).
Sempre
nel caso in cui 0 siapunto
di accumulazione dell’in- siemeuo,
con i simboli del lemmaprecedente,
costruiamo il se-guente operatore
C : U -0 ~
--~ .g .(ricordiamo
che abbiamoposto
B =grad
b = I -A ).
Per il lemma
precedente l’operatore
C è di classee1.
Nel caso che 0 sia un
punto
isolato per y converremodi
prendere >
0 tale cheUa - (0)
noncontenga punti
di U° ex 4
porremo C
(x)
_ xl).
I
x1
LEMMA
(3.15).
Nelleipotesi
del teorema(3.4),
e con le notazioni sopraintrodotte,
si consideri in U -(0) l’equazione differenziale:
Per
ogni
2 con 0~ I xo c ~
essa ammette una ed una solasoluzione x
(t) soddisfacente
alla condizione iniziale x(0)
xo edefi-
4) Ma si può anche osservare che, in questo caso, la verifica della tesi del teorema (3.4) si presenta banale, dal momento che b conserva lo stesso segno in tutto in intorno del punto 0 (Almeno se la dimensione di H supera 1 !).
nita
nell’intervallo - xo 1,
ó- ] ;
tale soluzione ha leseguenti
... , ._., I I I. . _
DIM. L’esistenza e l’unicità della soluzione in
piccolo
risultanodal fatto che C è di classe
~1. Dall’espressione
di C risultaanche,
con
semplici
calcoli :Dunque, ogni
soluzione soddisfa alla relazione~1).
D’altraparte,
per
ogni soluzione x (t)
definita in un intervallo con- ~
C z1 ~ 0 ~
T2~ ~ 2013 !
xoIl
in virtù della la chiusura del- l’insieme(x (t»
è contenuta inU - (0),
e, come si riconosce dalla definizionedi C,
l’insiemeC (x (t»)
si mantiene limitato.Applicando
il lemma
(1.1), possiamo
affermare 1’esistenza di un’unica soluzione definita in tutto1’intervallo
- ~xo (, ~
-I Xo ].
Dimostriamo la
~82).
Siha,
perogni
soluzione x(t),
Ora,
se èb (x (t)) = 0,
cioè sex (t) E
U ° in tutto un intorno dix
(t)
è u~(x)
= 1 per il lemma(3.13). Dunque
in tutto un intornodi t è cc~
(x (t))
=1,
epertanto :
Dunque
in un intorno si ha b(x (t))
= 0. L’insieme:
b(x (t)) = 0),
essendo simultaneamente chiuso eaperto
nell’inter- vallo didefinizione,
coincide con esso, e ne segue laIndichiamo con V
l’applicazione
che fornisce la soluzione del nostroproblema : V (xo , t)
= x(t) (con x (0)
=xo) ; la ip
è definita nell’insieme~(xo, t) :
0i xo C ó,
~xo ( C t C ~ - ~
xo!)’
In virtùdel corollario del lemma
(1.3)
essa risulta continua.La dimostrazione del lemma
(3.5)
segue ora facimente. Dimo- striamo laa~).
Consideriamo,
a tale scopo,l’applicazione 9’: ( Y - 0 )
XX
[0, 1] --~ ( Ya - j0})
cos definitaEvidentemente,
essa ècontinua ;
inoltre si ha :per la
proprietà
dell’enunciato(3.15).
Se
poi
è ~I xo
=~, g~
è costanterispetto
a t.Dalla
fJ2)
si deduce che b(g (xo , t))
o si annulla perogni
t dellointervallo
[0, 1],
oppure conserva sempre il medesimo segno.Si conclude che g subordina una retrazione
(in
sensoforte)
di( Ya
- n U- suSf5
fl U-.Dimostriamo la
a2).
Consideriamo1’applicazione x : Vf5
X[o,1~
---~ Y~
cos definitaLa continuità
di X
nell’insieme«xo, t): I xo ~ o,
t unaconseguenza della continuità della y. La continuità sull’insieme ri- manente si deduce dalla
seguente relazione,
che discende dalla pro-prietà ~8 ) :
Si ha
x (o, t) = 0
perogni t E [0, 1] ;
inoltre sivede,
alla maniera diprima,
chet))
o si annulla perogni
tdell’intervallo
[0,1]
o conserva sempre il medesimo segno. Pertanto X subordina una contrazione dell’insiemeV~5
il U- nelpunto
0.Cos la dimostrazione del lemma
(3.5)
ècompleta.
4. Punti di diramazione per
operatori-gradiente.
Sia A un
operatore
definito in unaperto
U di unospazio
diHilbert
(o, più
ingenerale,
diBanach )
realeH,
contenente1’origine ;
sia
poi
A(0)
=0 ; pertanto,
perogni
numero reale Al’equazione :
possiede
la soluzione nulla. Richiamiamo laseguente
ben nota de-finizione :
DEF.
(4.2).
Si dice che il numero realelo
èpunto
di dirama- zione(o
dibiforcazione)
perl’operatore
A se inogni
intorno di0)
in1R
X H esistono soluzioni(A, x)
della(4.1 ),
conx ~
0.Si dimostra facilmente la
seguente proposizione (Vd. [7]).
TEOREMA
(4.3).
Se A è dotato didifferenziale
di Fréchet nelpunto 0,
A’(0),
l’insieme deipunti
di diramazione di A è contenuto nellospettro
di A’(0).
Inparticolare,
se A è risultandoeornpatto
anche A’(0), ogni punto
di diramazioneÀo
non nullo èautovalore per A’
(0).
Si
può
mostrare consemplici esempi (cfr. [4],
oppure[7])
chegli
autovalori di A’(0)
non sono necessariamentepunti
di dirama- zione per A. Una condizione suffcienteperchè questo
accada è chel’operatore
A siagradiente
di un funzionale:questo
è il contenuto di unimportante
teorema di Krasnosel’skii[3] [4].
Inquesto
para-grafo
noi riotterremo il teorema di Krasnosel’skii con un metodo basato sulla teoria diMorse ; precisamente,
proveremo ilseguente
TEOREMA
(4.4).
Sia afunzione
reale di elas.see2 de, finita
inun
aperto
U di uno di Hilbert realeH,
tale che 0 E U e chea
(0)
= 0. Posto A =grad
a, A siacompatto
e sia A(0)
= 0.Allora
ogni
autovalore non uullo di A’(0)
èpunto
di dirama-zione per A
5).
Poniamo :
Allora si ha
pertanto,
le soluziani della(4.1)
non sono altro che ipunti
criticidi Sia
dunque lo
un autovalore non nullo di A’(0); potremo
supporre, senza restrizione digeneralità,
che sialo >
0.La dimostrazione del teorema
(4.4)
segue dal lemma che oraesponiamo :
- LEMMA.
(4.5).
Sianosoddisfatte
tatte leipotesi
del teoreyrta(4.4).
Il numero
Ào >
0 non siapunto
di diramazione perl’operatore
A.Allora, posto :
per e e ó
positivi
abbastanzagli spazi
flYa
eVa
risultanoomeoinorfi,
co n unomeomorfismo
cheporta l’origine
nellaorigine.
Prima di passare alla dimostrazione del
lemma,
vediamo comeda esso si possa ottenere il teorema
(4.4).
Siadunque lo >
0 un autovalore di A’(0),
esupponiamo
per assurdo che20
non siapunto
di
diramazione ;
allora se e e 6 sonopresi
abbastanzapiccoli,
invirtù del
lemma,
devono valeregli
isomorfismi :Ma
questo
nonpuò
essereperchè,
se e è abbastanzapiccolo,
il
punto
0 èpunto
critico nondegenere
per e e il calcolo5) Le ipotesi di Krasnosel’skii sono più generali delle nostre quanto alla regolarità di a : egli suppone che in U a sia uniformemente differenziabile e che
~ = grad a sia differenziabile nel punto 0.
svolto
nel §
2(teorema (2.4))
ci dice che igruppi
di Morse non sonoisomorfi.
Per dimostrare il lemma
(4.5)
dovremopremettere
la dimostra-zione di altri lemmi. Cominciamo con l’introdurre alcuni simboli.
Consideriamo i
seguenti
sottoinsiemi di1R
Introduciamo la
proiezione P
di’IR
X lI su H eponiamo :
Si verifica immediatamente che
My
è chiuso nellatopologia
diU -
{O}.
Il
seguente
lemma è un’estensione del lemma(3.7).
LEMMA
(4.6).
Sia a unacfunzione
realedifferenziabile definita nell’aperto
U dellospazio
di HilbertH,
sia 0 EU,
a(0)
=0..L’ope-
ratore A =
grad
a abbiadifferenziale nell’origine
A’(0) ;
inoltresia A
(0)
= 0 e ilpunto (AO 0)
siapunto
di accumulazione per {~ inJR
X U. Si ponga sempre Lo( ) x - (A x I x)
allora è1R
X U. S ponga scmp’c e-
lxil ,
; alloraDIM. La dimostrazione è del tutto
analoga
aquella
del lemma(3.7).
Partendo dalla relazione :e tenendo
presente che,
per(A ) )
E S si ha ax - x 2 2 )
si ottienela relazione
che fornisce subito la tesi.
LEMMA
(4.7).
A.ssumiamo le stesseipotesi
del lemmaprecedente ;
in
supponiamo
chelo
non siapunto
di diramazione per A =grad
a.Allora esistono due nzcmeri
positivi
y,fi,
tali che Asoddisfi
allacondizione
(NR) (Vd. def. (3.2))
inlVlY
f1va. (In altre parote :
non esi-ste alcun x E
TTa
-(0),
tale che per esso sia = 0con ~ 1 A
-CY
e che A
(x)
siaparallelo
adx)
DIM. Per assurdo. Se la tesi non
sussiste,
esistono tre succes-sioni: xn E U -
{O}, Àn
E1R,
pn E1R
tali cheMoltiplicando
scalarmente laprima
relazione per xn si ottiene e = pn ;poiché (ln,
E D epoiché
lim(ln,
=(A0, 0),
sipuò
n-oo
applicare
il lemmaprecedente,
che ci da :Ma
questa
relazione ci dice che20
èpunto
didiramazione,
con-tro
l’ipotesi.
Il
seguente lemma, analogo
al(3.8),
stabilisce un carattere di uniformità per la condizione(NR).
LEMMA
(4.8).
Alleipotesi
del lemmaprecedente
siaggiunga l’ipo-
tesi
(K)
et’ipotesz : 20 >
0. Allora esistono due numeripositivi
y, ò(con Vs
cU)
ed unafunzione
reale adefinita in 0, ~ ], positiva,
con-tinua
monotona, in,finitesima
al tendere a zerodett’argomento,
ta,le chesi
abbia,
per- x EMy
f1~a :
DIM. Prendiamo due numeri
y, ó positivi
tali che inMy
f1~a valga l’ipotesi (NR) (cfr.
lemma(4.7))
e, nello stessotempo,
siaé (r) 20
(ciò
che èpossibile
in virtù del lemma( 4.6 ) ).
2
La dimostrazione si
completa
con lo stessoragionamento
fat-to per il lemma
(3.8),
cioè facendo vedere chel’operatore
x - A(x) -
- Q
(x)
xporta
i sottoinsiemi chiusi di H contenuti inMy
flva
insottoinsiemi chiusi di H.
Assumiamo
dunque
i numeri y e ó come dall’enunciato del lemma(4.8).
Sia 8 un numeropositivo
e minore di7 .
2 Sia 9 unafunzione
reale,
di variabilereale,
di classeC°°,
che assuma valore+
1 nell’intervallo[-
e,-~- e]
e che abbia ilsupporto
contenutonell’intervallo y ,
2-- y .
2Poniamo,
in TT -1°1 :
Osserviamo
che,
se 0 [i x -~
~ cu(x) ~
0, allora è - 72
Consideriamo ora
l’operatore
D : U- H cos definito :dove il denominatore
Si verifica facilmente che D è di classe
e1
in unaperto
con-tenente l’insieme
Tra
-(0).
6) Naturalmente per costruire la funzione con si può anche procedere come
nel lemma (3.13).
LEMMA
(4-11).
Con i simboli introdotti sopra, si consideri ne l.l’aperto IT l’equazione dife -enziale
Allora,
comunque siprenda
il numero , e ilpunto
x EVs
-(0) ,
la
(4.12)
ha un’unica soluzionesoddisfacente
dalla condizione ini- ziale x(A-)=
x. Ta,te soluzione esiste in tutta la retta’IR
everifica
larelazione
1
x(~,) ~ = i qualunque
sia A.DIM. Poichè
nell’aperto U
contenente xl’operatore
D è di clas-se
e1,
vale il teorema di esistenza e unicità locale. D’altraparte,
per
ogni
soluzione x(~,)
si ha :Dunque, ogni
soluzione ha normacostante, perciò
l’insieme(x (A»,
al variare di A nell’intervallo didefinizione,
ha chiusura con-tenuta in
~7 ; inoltre,
essendoco (x (A» =)=
O soloquando
èfi
v3,
si deduce dalla(4.9)
edall’espressione
di jD chesi mantiene limitato. In virtù del lemma
(1.1)
sipuò dunque
affer-mare 12esistenza della soluzione su tutta la retta
1R.
Passiamo ora alla seconda
parte
della tesi.Sia bi (x)
=O,
cioè_ _ ja
2I
.yp - e(
Bo2013
2/
dal mo-mento che si è
supposto I lo 2013 j inoltre, poichè l’argomento
di 0 non supera in valore
assoluto
2 esiste un intornodi x in cui si ha co
(x)
= 1.Pertanto,
in un intorno diA,
vale perD