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 Religione e monarchia in Francia durante l’Ancien Régime 

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 Religione e monarchia in Francia durante l’Ancien

Régime 

Alain Tallon

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collana europa ricerche - 17

promossa dalla Fondazione ambrosiana paolo Vi

Per l’occasione della XXXI Settimana europea della Fon-dazione Ambrosiana Paolo VI di Gazzada, sulla storia reli-giosa comparata di Francia, Germania e Italia (2009), ha preso avvio questa Storia religiosa della Francia, ancora mancante fra i volumi della collana, sotto la direzione de-gli storici francesi Catherine Vincent e Alain Tallon. La pubblicazione colma una lacuna – non esisteva sino ad ora una storia religiosa della Francia in italiano – e propone una sintesi delle manifestazioni del cristianesimo in Francia, dalle origini ad oggi, non una semplice veduta d’insieme, ma nemmeno una trattazione troppo erudita da scoraggiare dei lettori non specialisti, desiderosi soprat-tutto di trovarvi una informazione chiara e aggiornata. Tenendo conto del profondo rinnovamento della storiogra-fia francese negli ultimi cinquant’anni, pur collocandosi nel solco delle grandi opere che l’hanno preceduto, que-sto libro propone i più recenti risultati delle ricerche e dei continui progressi registrati nel campo specifico della sto-ria religiosa, grazie all’ausilio delle scienze umane e socia-li, facendo riferimento all’archeologia, all’iconografia, alla storia delle eresie, della spiritualità, della cultura e del libro, e, seguendo la strada aperta da Gabriel Le Bras e da Alphonse Dupront, alla sociologia e all’antropologia. Questa impresa, frutto di una “fusione di generazioni” – gli autori sono rappresentanti eminenti della generazione che ha rinnovato la storia religiosa in Francia, fra il 1960 e il 1990, e storici della «nouvelle vague», ora alla guida degli istituti di ricerca e delle riviste di settore –, presenta un carattere classico e insieme innovativo: la considera-zione dei fenomeni di lunga durata e delle specificità di ciascun periodo abbraccia l’insieme delle manifestazioni religiose, dominanti o minoritarie, ortodosse o devianti, senza dimenticare il clero, ponendo l’accento nella linea di Jean Delumeau sul vissuto religioso dei laici, in ogni epoca la stragrande maggioranza dei fedeli, ma per lungo tempo trascurati dalle storie della Chiesa tradizionali.

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Storia religiosa

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Europa ricerche

17

Collana promossa dalla

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Si ringraziano

per la concessione del patronato e di un contributo,

e Ministero per i Beni e le Attività Culturali per la concessione di contributi che hanno reso possibile la realizzazione

della XXXI settimana europea «Nel cuore dell’Europa:

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Storia religiosa

della Francia

II volume

Sotto la direzione di

Catherine Vincent

e

Alain Tallon

A cura di

Luciano Vaccaro

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ISBN 978-88-805-97-

La presentazione di André Vauchez

e i contributi di Françoise Prévot e Jean-Hervé Foulon sono stati tradotti da Sandro Chierici.

I contributi di Bruno Dumézil, Michel Sot, Charles Mériaux, Fabrice Delivré,

Catherine Vincent, Marc Venard, Didier Boisson, Jean-Louis Quantin, Dominique Julia,

Oliver Poncet, Alain Tallon, Jacques-Olivier Boudon, Claude Prudhomme e Denis Pelletier

sono stati tradotti da Enrica Merlo.

I contributi di Denise Riche, Jean-Louis Biget, André Vauchez e Sylvain Milbach

sono stati tradotti da Alessandra Benabbi. Il contributo di Bernard Dompnier è stato tradotto da Alessandro Serra. I contributi di Yves Krumenacker e Guillaume Cuchet

sono stati tradotti da Antonella Gallino.

I contributi di Jean-Marie Mayeur e Florian Michel sono stati tradotti da Emanuela Locatelli.

In copertina: Chiesa abbaziale di Saint-Denis (secc. XII-XIII), Parigi

(foto di Fabio Scirea).

Copyright © 0 - ITL spa - Via Antonio da Recanate,  - 0 Milano Proprietà letteraria riservata - Printed in Italy

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Alain Tallon

Religione e monarchia in Francia

durante l’Ancien Régime

La riflessione storiografica francese sullo Stato moderno, nonostante la sua peculiare ricchezza non è riuscita a integrare completamente la nozione, nata in Germania, di confessio-nalizzazione. Le ragioni sono molteplici. Malgrado il carat-tere pionieristico e la celebrità dei Re taumaturghi di Marc Bloch (1924), si deve innanzitutto notare che i molti studi di antropologia storica compiuti posteriormente in Francia han-no lasciato un po’ da parte l’analisi delle idee politiche e ancor più il legame tra queste idee e il sentimento religioso: ne deriva la relativa assenza nella tradizione storiografica francese, fino a poco tempo fa, di grandi lavori dedicati specificamente a concetti come quello di ragion di Stato, di religione monarchi-ca o di religione del re, assenza ancor più macroscopimonarchi-ca se si fa un paragone con le tradizioni germaniche o anglosassoni.

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essenzialmente al 1950 e 1960, nel nostro paese è stata tradot-ta e realmente discussa solo vent’anni dopo.

Potremmo citare molti altri esempi. È un fenomeno gene-rale nell’editoria francese, e ha particolarmente contribuito a isolare, e quindi a impoverire, una ricerca storica sulle idee politiche, che in Francia non ha una tradizione universitaria consolidata come in altri paesi. Questo handicap è aggrava-to, per quanto riguarda più specificamente il nostro tema, dall’assenza di un insegnamento universitario della teologia nelle università statali – in cui si elabora l’essenziale della ricerca storica francese – che rende molto difficile lo studio delle «teologie politiche», riprendendo una definizione che, in un’interpretazione più strettamente dottrinale rispetto al suo utilizzo da parte di Ernst Kantorowicz o Carl Schmitt, è da poco comparsa, timidamente, nella storiografia francese dell’epoca moderna1.

Più che una storia delle idee politico-teologiche, la storio-grafia francese dell’epoca moderna si è nella maggior parte dei casi orientata verso una presentazione dialettica di questi aspetti mediante un approccio monografico, in particolare in occasione di avvenimenti chiave, dalla funzione di rivelatori, che permettono di identificare tensioni ed evoluzioni profon-de in questo complesso rapporto tra politico e sacro: i regicidi del 1589 e del 1610, la conversione di Enrico IV, la «Journée des Dupes» (giornata degli ingannati), dove Richelieu vince il cosiddetto partito devoto, la nascita miracolosa del delfi-no Louis Dieudonné ecc.2. Certi personaggi hanno attirato

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evenemenziale o biografico, anzi può addirittura confonder-si con esso. Lo studio dei grandi santuari della monarchia, Reims, Saint-Denis naturalmente3, ma anche altri luoghi o

devozioni meno evidenti, come i santuari mariani o i «culti civici»4, completa questo aspetto monografico della

storio-grafia francese sulla religione monarchica. Una monarchia evangelica

Quest’ultima subisce un mutamento maggiore con il regno di Francesco I, che vede un reale cambiamento nei rapporti fra politica e religione così come si erano definiti nel Medioevo. Anne-Marie Lecoq nel suo François Ier imaginaire,

pubblica-to nel 1987, aveva permesso di definirne i caratteri principali5.

Se si possono trovare agevolmente dei precedenti nel regno di Carlo VIII, l’avvento di François d’Angoulême porta a una messa in scena del tutto inedita per contenuto e ampiezza della religione monarchica, che sconvolge gli antichi equilibri fis-sati dalla monarchia medievale. Certo, i vecchi riti che distin-guevano i due corpi del re perdurano, ma Anne-Marie Lecoq ha efficacemente dimostrato che il monarca e il suo entourage insistono ancora sul legame personale del sovrano con Cristo, un legame che si spinge fino all’identificazione in una Chri-stomimesis fino a quel momento sconosciuta: «Il carattere di re “cristianissimo” attribuito a Francesco I nell’immaginario contemporaneo è quindi legato, come in passato, al ruolo af-fidatogli nei destini del mondo secondo la divina Provvidenza e alla morale che sta alla base di tutte le sue azioni. Ma è legato anche ai rapporti personali di ordine mistico e quasi magico che intratterrebbe con le potenze celesti. Ecco un ele-mento nuovo, destinato ad avere un completo sviluppo durante il regno di Enrico III»6. L’influenza francescana, anch’essa

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A tutte le testimonianze raccolte da Anne-Marie Lecoq, se ne può aggiungere un’altra, assai rivelatrice: il ritratto realizzato da Jean Clouet nel 1518, e recentemente acqui-sito dal Louvre, di Francesco I come san Giovanni Batti-sta, certamente influenzato dal San Giovanni Battista che Leonardo da Vinci aveva portato in Francia. Raramente il legame privilegiato del sovrano con Cristo, che è incarica-to di precedere e annunciare, è staincarica-to rappresentaincarica-to in modo così diretto. Il ritorno del tempo messianico iniziato dal re di Francia non è certamente un tema nuovo, ma qui è ripre-so in un modo molto più radicalmente perripre-sonale, rispetto ai predecessori di Francesco. La presenza un po’ incongrua nel quadro di un pappagallo in secondo piano si può spiegare con il classico gioco di parole su «papagallus», papa francese. Un papa francese che nella tradizione gioachimita rivisitata dai circoli francofili dell’epoca delle guerre d’Italia, soprat-tutto a Milano intorno all’agostiniana Arcangela Panigarola, si identifica con il papa angelico incaricato di restaurare la purezza originale della Chiesa. È nota l’influenza di queste profezie sui Briçonnet, in particolare su Denis, al quale la suora milanese aveva promesso la tiara.

Se il modello dei re dell’Antico Testamento continua a es-sere vivissimo e permette di spingere sulla scelta della Fran-cia come nuovo Israele8, è sempre più incalzante il modello

di una monarchia evangelica, con il compito di restaurare il regno di Cristo nella Chiesa e nello Stato, e di un re profeta la cui vicinanza personale con il Signore è equivalente a quella del Battista o degli Apostoli. Lo sviluppo di questi temi segna la storia della monarchia francese da Francesco I a Luigi XIV, con variazioni che, naturalmente, avremo occasione di citare, ma il tema dominante rimane quello del re come riflesso di Cristo sulla terra, unito a lui da una predilezione particolare, che riguarda tanto la sua persona quanto la sua funzione.

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devozione al Bambino Gesù che segna la nascita del delfino nel 1638 e i primi anni del piccolo Louis Dieudonné. Ragione di Stato e religione monarchica

Esplorata da numerosi studi, a cominciare da quelli di Denis Crouzet, questa religione monarchica si sviluppa anche nel contesto particolare di un’affermazione del politico non soltanto come sfera autonoma, ma perfino superiore a tutte le strutture di inquadramento morale e sociale. Come accade spesso, la pratica precede la teoria, e se si dovrà attendere il periodo delle guerre di Religione, ossia l’inizio del XVII seco-lo, per lo sviluppo di dottrine che preconizzano la superiorità dello Stato monarchico su qualsiasi altra entità o principio; la prima metà del XVI secolo vede realizzarsi gran parte dei fon-damenti di questo potere assoluto, dal concordato di Bologna all’apparato fiscale e amministrativo che le guerre contro gli Absburgo obbligano ad attuare, talvolta con violenza. Proprio in quel periodo si formano anche le grandi alleanze con poten-ze protestanti e musulmane e le prime e vigorose denunce di questi legami intessuti con gli eretici e gli infedeli.

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da quelle parti»9. Della Palla fece allora notare a Francesco I

che le profezie, perfino false, che fanno della spada di Fran-cia quella di Dio, sono utili politicamente: la storia offre bene degli esempi in cui «simili opinioni di religione ne’ popoli habbino facilitato le vettorie a’ capitani degli exerciti»10.

Secondo Della Palla, che riporta l’episodio alla Signo-ria di Firenze, qualche anno dopo, il re sembra convinto da quella lezione, più vicina al cinismo machiavellico che alla morale evangelica, e ormai parlava rispettosamente del pro-feta come di un martire.

Questo cinismo viene denunciato, non senza ragione, da-gli avversari dei re, che ne notano le manifestazioni nella sua politica di alleanza con i Turchi o i protestanti, e di controllo piuttosto dispotico sull’apparato ecclesiastico gallicano. Du-rante il regno di Francesco I si assiste allo sviluppo parallelo di una religione monarchica dalla nuova ampiezza e di una pratica politica che, per fare presto e forse per metterla in ca-ricatura, tende ad affrancarsi dagli obblighi religiosi, o alme-no clericali e confessionali, dentro e fuori del regalme-no. E certa-mente possiamo vedere un legame di causa-effetto tra i due fenomeni: la sacralizzazione della persona del re giustifica la sua indipendenza politica. Ma è nello stesso tono dei pane-girici della regalità, che ad esempio difendono il concordato affermando, come Jean Du Tillet, che nel passato il governo della Chiesa da parte dei re ha preservato quest’ultima dalla corruzione che i papi hanno diffuso nel clero11.

Allo stesso tempo però questo sviluppo parallelo provoca una vera e propria rimessa in causa morale e religiosa della politica. Si può quindi sottolineare la delusione di Guillau-me Postel di fronte a Francesco I, e poi a Enrico II dopo la crisi gallicana del 1551: il «dotto e folle Postel» finisce per proiettare tutte le sue aspettative su Filippo II, sperando che sia un re cristiano in grado di imporsi all’intero universo12. A

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ragione, quando scrisse a Enrico II durante la crisi gallica-na del 1551: «Figallica-nalmente voi sete più che Papa nelli vostri Regni»13. Anche se in realtà le pratiche volte ad accordare

benefici sono più complicate14, è comunque vero che il papa

come sovrano temporale ha negli Stati della Chiesa un diritto di nomina meno ampio rispetto al re nel regno di Francia.

La storiografia francese, forse in mancanza di termini di paragone, ha profondamente sottovalutato l’aspetto esorbi-tante di quel potere15. Che tuttavia non sfuggiva ai

contempo-ranei: l’opposizione interna al concordato, anch’essa sottova-lutata dagli storici, fu profonda e duratura. Ha costituito una forma di identità istituzionale che si è creata la sua autonomia rispetto a una monarchia che aveva esagerato prendendo pos-sesso dell’apparato ecclesiastico. Questa identità si ritrova, naturalmente, all’interno della Chiesa gallicana, che appro-fitta dell’indebolimento del potere reale durante le guerre di Religione per dotarsi di istituzioni proprie16, ma anche, in

altro modo, all’interno del Parlamento. Entrambi – e questa similitudine forse spiega le loro frequenti rivalità – diventano i conservatori della vecchia ideologia monarchica di un re protettore delle libertà ecclesiastiche.

Gallicanismi e monarchia

Nel caso dei parlamentari, questa tradizione fonda lo Sta-to proprio sul rifiuSta-to della ragion di StaSta-to17, ma si oppone

an-che a una forma di autorità trascendente an-che la nuova religio-ne monarchica sta sviluppando. Il gallicanismo parlamentare ha potuto così vedere nella tradizione, messa in rilievo dalla storia critica cui sono legati i suoi sostenitori, un mezzo per contenere le pretese del Papato post-tridentino, che tende a liberarsi di quei limiti tradizionali affermando l’origine tra-scendente e assoluta del suo potere18, ma un simile utilizzo

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ecclesiastico, sono in grado di sviluppare, sia relativamente alla ragion di Stato, sia alla nuova «religione monarchica», una religione di Stato, intesa nel senso quasi tridentino di un serbatoio codificato di tradizioni, la cui interpretazione da parte delle istanze incaricate di vegliare su di esso – Chiesa gallicana, concili, parlamento, secondo i punti di vista – ne arricchisce il significato e ne accresce l’importanza.

Questi gallicanismi mettono volentieri l’accento sulle con-traddizioni che possono esistere tra l’affermazione, da parte della monarchia, del suo carattere cristianissimo, o cristico, e una pratica politica denunciata come cinica e brutale. La mo-narchia tende a rispondere, facendo dell’autorità dello Stato la garanzia dell’ordine cristiano nella società e nella Chiesa cor-rotta dal clero. Questo argomento viene ripreso pesantemen-te nelle difese del concordato presentapesantemen-te duranpesantemen-te il regno di Francesco I ed Enrico II, ma non riesce a essere convincente, tanto il potere sembra rappresentare un freno a qualsiasi reale riforma di tali abusi. Le guerre di Religione danno un signi-ficato nuovo alla tesi del re, che ormai ha fatto dell’autorità dello Stato il mezzo per ristabilire la pace civile e la concordia politica tra i sudditi, prima tappa per ripristinare, sempre sotto l’egida del monarca, la concordia religiosa fra i cristiani.

Un sogno simile può ispirare simpatia fra i sostenitori di diversi gallicanismi, soprattutto nei circoli parlamenta-ri, ma anche suscitare diffidenze, maggioritarie tra il clero gallicano, rispetto al possibile rafforzamento del controllo reale sulla Chiesa, che qualcuno intravvede dietro i progetti di riconciliazione. In particolare si scontra con il nuovo fe-nomeno di radicalizzazione confessionale che, ben lungi dal-l’essere attenuata dalla politica reale della concordia, sembra invece nutrirsene per giustificare la sua intransigenza. L’odio rigorosamente parallelo che Caterina de’ Medici provoca nei due fratelli nemici delle Riforme religiose ne è un efficace esempio. La sua politica pacificatrice di uno Stato che im-pone a tutti l’armonia cristiana, magistralmente studiata da Denis Crouzet19, si fa risalire nei due campi, cattolico e

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avrebbe cercato di strumentalizzare le passioni religiose per meglio consolidare il proprio potere, e non si sarebbe mai preoccupata della salvezza del suo popolo. La politica reli-giosa di Enrico III, che tuttavia era più propensa a un catto-licesimo dimostrativo, suscita la stessa incomprensione. E si conclude con il violento rifiuto, da parte di una grande fetta del cattolicesimo francese, della monarchia francese come arbitro del conflitto religioso o perfino come garante di una pace pubblica vista come complicità con l’eresia.

Il periodo della Lega

La Lega è forse il momento della storia moderna francese la cui interpretazione è stata più radicalmente rivista in que-sti ultimi trent’anni. E rimane ancora l’oggetto di ricerche fe-conde e di divergenze d’opinione talvolta perfino virulente20.

Rispetto al nostro tema, la Lega rifiuta nettamente qualsiasi idea di una logica politica propria, indipendente dall’econo-mia della salvezza collettiva. Non è tuttavia facile qualifica-re la concezione qualifica-religiosa dei rapporti fra Stato e qualifica-religione, tanto più che non ha nulla di monolitico. L’opposizione a Enrico III in parte spiega la stigmatizzazione del modello penitenziale da lui proposto, denunciato come perfettamente ipocrita, ma forse ancor più di una monarchia sacrale come quella sviluppatasi dopo Francesco I. Certamente la mistica del re-sacerdote ha potuto fare la sua fuggevole comparsa con il cardinale Carlo di Borbone, il re Carlo X della Lega, ma a causa della mancanza di carisma, di cui l’infelice era totalmente sprovvisto, e anche per la breve durata – morì il 9 maggio 1590 – non ha avuto un reale impatto.

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Anche la ricezione dei decreti del Concilio di Trento come leggi del regno, vecchia rivendicazione romana, viene elusa e la decisione in questo senso degli Stati generali della Le-ga non è scevra da preoccupazioni Le-gallicane. Il desiderio di mantenere le libertà della Chiesa francese nei confronti di Roma è presente in almeno una parte delle correnti della Lega stessa, e ha tanto più peso quanto più le relazioni del-la Santa Unione con il Papato non sono le più cordiali. Né monarchia cristica, evangelica o penitenziale, quale avevano potuto promuovere gli ultimi Valois, né Stato confessiona-le sui nuovi modelli sviluppati nel mondo cattolico dopo il Concilio di Trento: la Lega sembra definire i rapporti fra Stato e religione attraverso una serie di rifiuti che traducono la sua nostalgia di una società cristiana, compromessa dalla frattura religiosa e dalla confessionalizzazione.

Il periodo della Lega è anche quello in cui la religione del re emerge come questione politica della massima impor-tanza. Certamente a partire dagli anni 1560 la politica della concordia aveva fatto nascere molti sospetti sull’ortodossia personale dei sovrani, soprattutto di Caterina de’ Medici. Gli ambasciatori cattolici se ne fanno eco, a cominciare dagli agenti spagnoli22. A Roma, il Sant’Ufficio non perde

occa-sione di ottenere informazioni sulle credenze religiose della regina madre e del suo entourage, e i nunzi non esitano a rim-proverarle la frequentazione di eretici, o la colpevole com-piacenza nei loro riguardi, in termini a volte violentissimi23.

Sotto Enrico III, il tentativo di messa in scena della fede del sovrano, il suo coinvolgimento personale in manifestazioni spettacolari di pietà per creare attorno a lui una vera e propria comunità sacrale falliscono quasi completamente24. L’accusa

di ipocrisia, che viene comunemente mossa contro Caterina de’ Medici e più ancora contro suo figlio, mostra efficace-mente quanto la buona fede personale del sovrano ormai sia tenuta sott’occhio dai sudditi, un’evoluzione importantissima dai tempi di Francesco I o Enrico II.

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di Enrico IV dopo la conversione. L’interpretazione di questo avvenimento è sempre problematica in una prospettiva come la nostra, quella del rapporto fra politica e religione: la si deve considerare come la vittoria surrettizia di una legge di catto-licità che i partigiani del primo re Borbone avevano sempre rifiutato? Michaël Wolfe insiste sul fatto che l’abito bianco da penitente indossato dal sovrano durante l’abiura non porta le insegne reali, che servivano a distinguere il sovrano dalla persona privata che si umilia25. E tuttavia il re deve ormai

far fede della sua sincerità personale con un comportamento pubblico, ma anche privato, più conforme ai nuovi modelli religiosi. Lo scandalo provocato dalle molte scappatelle del Vert-Galant, da Gabrielle d’Estrée a Charlotte de Montmo-rency, non è più limitato all’aneddotica scabrosa, come ai tempi dei Valois, ma riguarda la sfera politica.

Una monarchia devota

Il nuovo ruolo pubblico acquisito dalla fede privata del sovrano e dalla sua moralità è espresso chiaramente dalla funzione, ormai di primo piano presso la corte, del confes-sore reale. È una specie di svolta confessionale nei rapporti fra Stato e religione, accentuata dalla politica volontarista di adattamento gallicano della Riforma tridentina nelle sue ver-sioni mediterranee e il desiderio di integrarla, alla fine, nella religione monarchica26. La monarchia evangelica del

Rina-scimento cede il passo alla monarchia devota dell’età baroc-ca, che d’altronde conserva i tratti della prima. Enrico III aveva dato il via a questa evoluzione, Enrico IV la conferma e Luigi XIII la realizza pienamente.

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il sostegno incondizionato ai gruppi devoti più attivi, come la Compagnie du Saint-Sacrement, una vita privata la cui castità rende felici gli agiografi e un desiderio di giustizia che lo mette alla pari con san Luigi27: il re di Francia porta così a

compimento l’evoluzione verso la monarchia devota, che ha ancora accenti messianici. Ma, come un secolo prima con la monarchia evangelica di Francesco I, il cui apogeo ideolo-gico coincise con la violenta affermazione della tutela dello Stato e con una politica estera cinica, il fiorire della regalità devota corrisponde anche alla realizzazione di una politica tacciata apertamente di machiavellismo dai suoi avversari, nel regno e fuori di esso. Con Richelieu, la ragion di Stato – e questa volta il termine è onnipresente – sembra aver ormai soffocato la vocazione cristiana della monarchia.

La contraddizione di questa monarchia devota che però attua una politica machiavellica di pura affermazione della sua potenza viene sottolineata proprio da quel momento e rap-presenta un vero e proprio problema di interpretazione, che gli storici hanno cercato di risolvere in diversi modi. Per la III Repubblica, Richelieu faceva parte senza alcuna difficoltà del pantheon dei fondatori dello Stato e della nazione, la sua lotta contro le potenze cattoliche non poteva far altro che aumen-tare la sua gloria. Nello studio più accurato di Étienne Thuau si considerava sempre il cardinale, la sua politica e i consensi intellettuali che aveva suscitato come l’incarnazione del trion-fo della ragion di Stato sulla vecchia concezione cristiana dell’esercizio del potere, ripresa dalla Chiesa tridentina28. A

poco a poco, questa identificazione della politica di Richelieu con la ragion di Stato è diventata più problematica. Nel 1972, William Church la manteneva ancora, ma con l’idea che forse il cardinale avesse suo malgrado contribuito a questa laiciz-zazione della politica francese, mentre pensava di servire gli interessi del cattolicesimo combattendo per quelli del re di Francia29. Sarebbe toccato a uno storico tedesco, Jörg

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Questa immagine di un Richelieu ispirato da temi con-fessionali in modo più determinante di quanto la storiografia laica non avesse percepito si impone negli studi più recenti sul cardinale o sui suoi collaboratori31. Questi studi insistono

sull’adesione incondizionata del cardinale – e in tal senso non fa altro che seguire la volontà del suo maestro – al progetto de-voto di riforma cristiana della società e alla sua compatibilità con una politica di esaltazione del regno di Francia, nuova Ge-rusalemme32. La nozione di laicizzazione dello Stato, e anche

quella più neutra di secolarizzazione, non sembrano avere più nessuna rilevanza per comprendere le evoluzioni dei rapporti tra politica e religione all’inizio del XVII secolo.

Rimane forse da esaminare la questione di una simile revisione storiografica rispetto al periodo successivo: la si può applicare alla politica di Mazzarino o di Luigi XIV? La fede del successore di Richelieu, la sua concezione della re-ligione e del suo ruolo nello Stato e nella società sono ambiti di ricerca assolutamente vergini. La sua diffidenza verso i devoti è accertata, seppure controbilanciata dalla simpatia che Anna d’Austria, in questo senso vera erede di Luigi XIII e di Richelieu, continua a dimostrare loro. Tuttavia, in man-canza di studi più approfonditi, per il momento non si può far altro che tornare sulla presentazione tradizionale che viene fatta dell’azione del cardinale italiano: l’affermazione di una politica cristiana passa in secondo piano all’interno del paese e quasi sparisce per quanto riguarda gli impegni esteri della Francia. Mazzarino rappresenterebbe dunque il momento in cui la ragione di Stato la fa da padrona, affrancata da qual-siasi obiettivo confessionale, o scrupolo religioso.

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viene più rimessa in questione, dato che è inteso, una volta per tutte, che gli scopi della politica reale sono buoni. Il resto dipende solo dalle circostanze e dal pragmatismo»33. Questo

accordo tra ragione di Stato e volontà divina forse spiega la scomparsa delle tensioni politiche rispetto a questa nozione e annuncia la svolta degli inizi del XVIII secolo.

Conclusioni

Per concludere questo studio troppo rapido, la questio-ne principale sembra proprio, riguardo al tema che abbia-mo trattato, il fatto che la storiografia francese recente si sia sbarazzata del concetto di laicizzazione, del tutto ana-cronistico per quel periodo34. Ma non ha rinunciato a quel

riflesso quasi innato, e comunque in larga parte inconscio, degli intellettuali francesi, che vedono nello Stato soprattutto un’alternativa alla Chiesa. Questa alternativa non passa più attraverso il trionfo della ragione politica sulla fede religiosa, ma attraverso un transfert di sacralità.

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di Marcel Gauchet si è decisamente imposta tra gli specialisti francesi della prima modernità, che la ritengono la migliore presentazione dello sconvolgimento prodottosi tra il XVI e il XVII secolo, il passaggio da una religione reale ancora integrata al quadro ecclesiastico a una religione dello Stato, indipendente o piuttosto autosufficiente.

E tuttavia questo trasferimento della sacralità della Chie-sa nello Stato solleva ancora un certo numero di questioni, e per prima quella dell’«eccezione francese» in un’Europa in cui non si nota da nessun’altra parte un simile scivolamen-to verso questa religione dello Stascivolamen-to così come la definisce Marcel Gauchet. Non accade niente di simile in Spagna, in Inghilterra o in Svezia, regni che si possono prendere a paragone, e nemmeno nell’Impero o in Italia, e la frammen-tazione politica non basta a spiegare il contrasto. Il fatto non turba più di tanto gli storici francesi, abituati a un solido gallocentrismo, ma questo isolamento pone comunque un problema, tanto più che l’eccezione francese permette alla nostra storiografia di eludere una questione che si è posta riguardo a tutti gli altri Stati europei dello stesso periodo: in che misura la costruzione confessionale ha pesato sullo sviluppo dello Stato moderno, ossia sull’apparizione di for-me di coscienza nazionale?

Un articolo di Heinz Schilling, che traccia un panorama europeo dei rapporti tra identità nazionale e confessionaliz-zazione, evita prudentemente il caso francese36. Con ciò non

facendo altro che dimostrare l’assenza di qualsiasi ricerca sulla monarchia francese come Stato confessionale. In Ger-mania, in Italia, in Spagna questa nozione non soltanto ha nutrito la ricerca storiografica da decenni, ma è persino ri-portata sui libri di scuola. Nella storiografia che verte sulla Francia, la nozione di Stato confessionale, quando è citata, viene immediatamente smentita per dimostrare come lo Sta-to, «fine religioso di per sé», abbia saputo dominare le pas-sioni confessionali e imporre la propria legittimità sacrale.

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di confessionalizzazione conduce a vere e proprie aporie storiografiche. È così che la revoca dell’editto di Nantes ha sostituito la notte di San Bartolomeo come dimostrazione principale di quanto nella storia sia inspiegabile, di quanto non sia pensabile se non in termini di fanatismo, di barba-rie e, alla fine, di assurdità37. Tuttavia esistono modi per

spiegare questa revoca, al di là della cattiva influenza di Madame de Maintenon o della bigotteria di un re che sta invecchiando. L’ordine di revoca, per scioccante e brutale che sia, diventa comprensibile nel quadro di uno Stato con-fessionale il quale ritiene che suo compito principale sia la salvezza del suo popolo secondo le norme di fede e di com-portamento dettate dalla Chiesa alla quale aderisce. Il fatto che la monarchia francese abbia subìto la stessa evoluzione degli altri Stati europei della prima modernità manda forse in frantumi l’idea di un’eccezione francese e obbliga sicu-ramente a ripensare l’eventuale trasferimento di sacralità in un quadro più strettamente confessionale.

Una revisione simile potrebbe anche far rivedere la no-zione stessa di sacralità che, malgrado un’approssimano-zione concettuale assai diffusa, la storiografia francese sembra es-senzialmente riprendere da Alphonse Dupront38. Dupront si

è in primo luogo dedicato allo studio di un sacro immanente, mentre le diverse confessioni religiose del XVI secolo pri-vilegiano un rapporto trascendente. Ci si può domandare se questo «immanentismo» che domina l’antropologia religiosa così come viene praticata dagli storici francesi non sia il prin-cipale ostacolo alla comprensione di una sacralità politica trascendente in cui si riconciliano la confessionalizzazione cattolica e l’assolutismo monarchico39. L’impossibilità di una

vera e propria sacralizzazione del potere nel contesto di una società cristiana, sottolineata da Alain Boureau40, viene

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Note

1 Stéphane-Marie Morgain, La théologie politique de Pierre de

Bérulle (1598-1629), Publisud, Paris 2001; Sylvio De Franceschi, La crise théologico-politique du premier âge baroque: antiromanisme doctrinal, pouvoir pastoral et raison du prince; le Saint-Siège face au prisme français (1606-1627), École française de Rome, Roma

2009; Bernard Bourdin, La genèse théologico-politique de l’État

moderne: la controverse de Jacques Ier d’Angleterre avec le cardinal

Bellarmin, Presses universitaires de France, Paris 2004 (Fondements

de la politique).

2 Roland Mousnier, L’assassinat d’Henri IV, Gallimard, Paris

1964, (Trente journées qui ont fait la France); Denis Crouzet, Les

guerriers de Dieu. La violence au temps des troubles de religion vers 1525-vers 1610, Champ Vallon, Seyssel 1990 (Époques); Nicolas

Le Roux, Un régicide au nom de Dieu. L’assassinat d’Henri III. 1er

août 1589, Gallimard, Paris 2006 (Les journées qui ont fait la

Fran-ce); Michael Wolfe, The conversion of Henri IV, politics, power and

religious belief in early modern France, Harvard University Press,

Cambridge (Mass.) 1993: Georges Pagès, Autour du «Grand

ora-ge»: Richelieu et Marillac, deux politiques, «Revue historique», 179,

1937, pp. 62-97 (questo articolo non è mai stato veramente superato, forse in mancanza di uno studio approfondito della problematica sul «partito devoto» negli anni Venti del XVII secolo); Jean Meyer, La

naissance de Louis XIV, 1638, éd. Complexes, Bruxelles 1989 (La

mémoire des siècles).

3 Si deve tuttavia notare che i capitoli dei Lieux de mémoires diretti

da Pierre Nora (Gallimard, Paris 1984-1992 [Bibliothèque illustrée des histoires]) dedicati ai «santuari reali» e a «Reims, città del sacro» sono stati affidati ai medievisti Colette Beaune e Jacques Le Goff. Su Saint-Denis, Jean-Marie Le Gall, Le mythe de Saint Denis entre

Re-naissance et Révolution, Champ Vallon, Seyssel 2007 (Époques),.

4 Bruno Maës, Le roi, la vierge et la nation: pèlerinages et

iden-tité nationale entre guerre de Cent ans et Révolution, Publisud,

Pa-ris 2003 (La France au fil des siècles). Un esempio interessante di intensificazione delle devozioni urbane da parte della monarchia si trova in Thierry Amalou, Le lys et la mitre: loyalisme monarchique

et pouvoir épiscopal pendant les guerres de Religion, 1580-1610,

CTHS, Paris 2007.

5 Anne-Marie Lecoq, François Ier imaginaire. Symbolique et

politique à l’aube de la Renaissance française, Macula, Paris 1987

(Art et Histoire).

6 Ibidem, p. 482.

7 Colette Beaune, De Télesphore à Guillaume Postel. La

(25)

profetismo gioachimita tra Quattrocento e Cinquecento. Atti del III congresso internazionale di studi gioachimiti, S. Giovanni in Fiore, 17-21 settembre 1989, a cura di G.L. Potestà, Marietti,

Ge-nova 1991, pp. 195-208.

8 Alexandre Y. Haran, Le lys et le globe. Messianisme

dynasti-que et rêve impérial en France aux XVIe et XVIIe siècles, Champ

Vallon, Seyssel 2000 (Époques), pp. 141 ss.: Myriam Yardeni, La

notion de peuple élu dans le patriotisme français du XVIe au XVIIIe

siècle, in Enquêtes sur l’identité de la «nation France» de la Re-naissance aux Lumières, Champ Vallon, Seyssel 20004 (Époques),

pp. 112-125.

9 Lorenzo Polizzotto, Caroline Elam, La unione de’ gigli con

gigli. Two documents on Florence, France and the Savonarolan Mil-lenarian Tradition, in «Rinascimento», II s., 31, 1991, pp. 258-259.

10 Ibidem.

11 Alain Tallon, Conscience nationale et sentiment religieux en

France au XVIe siècle, Presses universitaires de France, Paris 2002

(Le nœud gordien), p. 92.

12 Guillaume Postel, Paralipomènes de la vie de François Ier, a

cura di François Secret, Ed. Archè, Milano 1989; Guillaume Postel, Jehan Boulaese, De summopere (1566) et Le miracle de Laon (1566), a cura di Irena Backus, Droz, Genève 1995 (Études de philologie et d’histoire, 47).

13 Lettera del 4 settembre 1551, Correspondance des nonces en

France Dandino, Della Torre et Trivultio (1546-1551), a cura di Jean

Lestocquoy, Presses de l’Université Grégorienne-E. de Boccard, Ro-me-Paris 1966, p. 524.

14 Olivier Poncet, La France et le pouvoir pontifical (1595-1661).

L’esprit des institutions, École française de Rome, Roma 2011.

15 Lo riporta correttamente la sintesi di Fanny Cosandey e Robert

Descimon, L’absolutisme en France. Histoire et historiographie, Le Seuil, Paris 2002 (Point Histoire), che dedica soltanto poche righe al concordato, p. 99.

16 Si veda Pierre Blet, Le clergé du Grand Siècle en ses

assem-blées, 1615-1715, Les Éditions du Cerf, Paris 1995 (Histoire

religieu-se de la France, 7), che fa una sintesi dei lavori precedenti dell’autore sullo stesso argomento.

17 Joël Cornette, La mélancolie du pouvoir: Omer Talon et le

procès de la raison d’État, Fayard, Paris 1998.

18 Jotham Parsons, The Church in the Republic. Gallicanism and

Political Ideology in Renaissance France, The Catholic University

of America Press, Washington 2004.

19 Denis Crouzet, Le haut cœur de Catherine de Médicis, Albin

Michel, Paris 2006.

(26)

Robert Descimon e José Javier Ruiz Ibañez, Les Ligueurs de l’exil. Le

refuge catholique français après 1594, Champ Vallon, Seyssel 2005.

21 Alain Tallon, Inquisition romaine et monarchie française au

XVIe siècle, in Inquisition et pouvoir. Colloque d’Aix-en-Provence,

24-26 octobre 2002, a cura di Gabriel Audisio, Publications de

l’Uni-versité de Provence, Aix-en-Provence 2004, pp. 311-312

22 Si veda ad esempio il rapporto dell’agente

dell’ambasciato-re di Filippo II, Frances de Alava, Gaspadell’ambasciato-re Barchino, in Archivo

documental español, t. 7, Real Academia de la Historia, Madrid

1953, pp. 98 ss.

23 Si veda l’udienza della fine del 1570 concessa al protonotaro

Francesco Bramante, inviato di Pio V, che con il suo rendiconto ha veramente sconfortato la regina, Charles Hirschauer, La politique

de saint Pie V en France (1566-1572), E. de Boccard, Paris 1922

(Bibliothèque des Écoles françaises d’Athènes et de Rome, 120), pp. 140 ss. Si veda, più estesamente, Alain Tallon, Catherine de Médicis

et la papauté, in Chiesa cattolica e mondo moderno. Scritti in onore di Paolo Prodi, a cura di Adriano Prosperi, Pierangelo Schiera,

Ga-briella Zarri, Il Mulino, Bologna 2007, pp. 421-436.

24 Tallon, Conscience nationale et sentiment religieux en France,

pp. 125 ss.

25 Wolfe, The conversion of Henri IV, pp. 147 ss.

26 Sull’esempio dei Gesuiti, Eric Nelson, The Jesuits and the

Monarchy. Catholic Reform and Political Authority in Fran-ce (1590-1615), Ashgate-Institutum Historicum Societatis Iesu,

Aldershot-Rome 2005 (Catholic Christendom, 1300-1700).

27 Alexandre Y. Haran, Louis le Juste à travers les oraisons

funèbres: roi-sauveur et monarque providentiel, in Pouvoirs, con-testations et comportements dans l’Europe moderne. Mélanges en l’honneur du professeur Yves-Marie Bercé, dir. Bernard Barbiche,

Jean-Pierre Poussou e Alain Tallon, Presses de l’université Paris-Sorbonne, Paris 2005, pp. 247-262.

28 Étienne Thuau, Raison d’État et pensée politique à l’époque de

Richelieu, Armand Colin, Paris 1966.

29 William F. Church, Richelieu and Reason of State, Princeton

University Press, Princeton 1972. Sulle modifiche portate dalle sto-riografie straniere all’imagine di Richelieu, vedere Joseph Bergin,

Three Faces of Richelieu: a Historiographical Essay, in «French

History», 23, 2009, pp. 517-536.

30 Jörg Wollenberg, Les trois Richelieu. Servir Dieu, le roi et la

raison, I ed. tedesca 1977 (Richelieu: Staats-räson und Kirchenin-teresse: Zur Legitimation der Politik des Kardinalpremier), F.X. de

Guibert, Paris 1995.

31 Si vedano i lavori di Françoise Hildesheimer, Relectures de

(27)

È particolarmente illuminante la biografia di padre Joseph scritta da Benoist Pierre, Le Père Joseph. L’Éminence grise de Richelieu, Perrin, Paris 2007.

32 Si deve nuovamente fare riferimento ai lavori di Myriam

Yar-deni e Alexandre Haran citati alla nota 8.

33 Olivier Chaline, Le règne de Louis XIV, Flammarion, Paris

2005, p. 160.

34 La nozione di autonomia del politico, che ha potuto prendere

il suo posto, non ha lo stesso sapore anacronistico nella misura in cui lo Stato persegue i propri fini, ma condizionati dall’ambito confes-sionale, Olivier Christin, La paix de religion. L’autonomisation de la

raison politique au XVIe siècle, Seuil, Paris 1997.

35 Marcel Gauchet, L’État au miroir de la raison d’État: la France

et la chrétienté, in Raison et déraison d’État. Théoriciens et théories de la raison d’État aux XVIe et XVIIe siècles, a cura di Yves-Charles

Zarka, Presses universitaires de France, Paris 1994, pp. 207-208.

36 Heinz Schilling, Nationale Identität und Konfession in der

europäischen Neuzeit, in Nationale und kulturelle Identität. Studien zur Entwicklung des kollectiven Bewußtseins in der Neuzeit, a cura di

Bernhardt Giesen, Suhrkamp Verlag, Frankfurt 1991, pp. 191-252.

37 Era necessario dedicarsi a uno studio comparativo

dell’anni-versario della revoca nel 1985 e di quella dell’editto stesso nel 1998. Mentre la seconda commemorazione ha premesso un vero e proprio lavoro di revisione storiografica segnato da numerose pubblicazioni di altissimo livello (si veda le recensione bibliografica di Marc Venard,

Un édit bien enregistré, le quatrième centenaire de l’édit de Nantes,

in «Revue d’histoire de l’Église de France», 87, 2001, pp. 27-45), quella della revoca è stata soprattutto un «memoriale» e ha esaltato in senso atemporale la libertà contro il dispotismo.

38 Alphonse Dupront, Du Sacré. Croisades et pèlerinages,

ima-ges et langaima-ges, Gallimard, Paris 1987 (Bibliothèque des histoires).

39 La divergenza tra un approccio immanente e uno trascendente

al sacro viene discussa a proposito della Parigi della Lega da Ann W. Ramsey, Liturgy, politics and salvation. The Catholic Ligue in

Paris and the Nature of Catholic Reform, 1540-1630, University of

Rochester Press, Rochester 1999.

40 Alain Boureau, Le simple corps du roi. L’impossible sacralité

des rois français XVe-XVIIIe siècles, Éd. de Paris, Paris 1988 (Le

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«Europa Ricerche» nuova serie (Ed. ITL - Centro Ambrosiano)

1. L’Europa e l’evangelizzazione del Nuovo Mondo, a cura di L. Vaccaro, ITL-Centro Ambrosiano, Milano 1995, pp. 376. Autori: F. Citterio, F. Cantù, F. Morales Padrón, J. López Gay

(37)

3. Storia religiosa della Svizzera, a cura di F. Citterio e L. Vaccaro, ITL-Centro Ambrosiano, Milano 1996, pp. 512. Autori: G. Bedouelle, V. Reinhardt, H. Maurer, F. Morenzoni, G. Chiesi, N. Morard, M.R. Silini, A. Moretti, R. Bodenmann, C. di Filippo Bareggi, C. Santschi, U. Fink, M. Turchetti, F. Panzera, F. Python, V. Conzemius, Ph. Chenaux, C. Cattaneo, R. Astorri, F. Beretta, P. Burri, W. Vogler, P. Braun, G. Rumi. 4. Storia religiosa dell’Austria, a cura di F. Citterio e L. Vaccaro,

ITL-Centro Ambrosiano, Milano 1997, pp. 524.

Autori: C. Mozzarelli, R. Härtel, W. Maleczek, J. Rainer, D.

(38)

5. Storia religiosa della Spagna, a cura di A. Borromeo, ITL-Centro Ambrosiano, Milano 1998, pp. 520.

Autori: F. Citterio, L. Vaccaro, A. Borromeo, L. Navarra, J.

Fernández Conde, A. Mur Raurell, F. Cantù, M. Marcocchi, A. Caprioli, J.I. Tellechea Idígoras, A.D. Wright, Q. Aldea, H. Kamen, J.L. González Novalín, F. Vian, V. Gérard Powell, M. Barrio Gozalo, J. Martín Tejedor, J. Andrés Gallego.

6. Storia religiosa di Belgio, Olanda e Lussemburgo, a cura di L. Vaccaro, ITL-Centro Ambrosiano, Milano 2000, 2 voll., pp. 648. Autori: P. Macchi, J.A. de Kok, R. Aubert, D. Misonne, J.

(39)

7. Storia religiosa dell’Irlanda, a cura di L. Vaccaro e C.M. Pellizzi, ITL-Centro Ambrosiano, Milano 2001, pp. 592. Autori: P. Macchi, D.A. Kerr SM, A. Morganti, A.P. Smyth, M.T. Flanagan, J.A. Watt, M. Sughi, B. Bradshaw SM, D.C. Downey, C. Lennon, R. Gillespie, H. Fenning OP, D. Keogh, E. Larkin, G. Moran, M.N. Harris, D.N. Doyle, K. Milne, T. Bartlett, M. Hurley SJ, J.S. Donnelly Junior, C.M. Pellizzi, F.J. MacKiernan, S.B. Brady. 8. Storia religiosa della Grecia, a cura di L. Vaccaro, ITL-Centro Ambrosiano, Milano 2002, pp. 528.

Autori: G. Fedalto, M. Simonetti, A. Carile, E. Follieri, G.

(40)

9. L’Europa dei pellegrini, a cura di L. Vaccaro, ITL-Centro Ambrosiano, Milano 2004, pp. 496.

Autori: G. Colombo, N. Bux, F. Cardini, C. Alzati, M.

Loconsole, K. Elm, A. Benvenuti, Th. Szabó, G. Otranto, G. Signori, A. Fucelli, F. Grimaldi, L. Zanzi, G. Palumbo, E. Fattorini, L. Scaraffia, S.K. Samir SJ, M. Garzaniti.

10. L’Europa e l’evangelizzazione delle Indie Orientali, a cura di L. Vaccaro, ITL-Centro Ambrosiano, Milano 2005, pp. 552.

Autori: L. Vaccaro, J.P. Oliveira e Costa, A. Tamburello, E.

(41)

11. Storia religiosa dell’Ucraina, a cura di L. Vaccaro, ITL-Centro Ambrosiano, Milano 2007, pp. 552.

Autori: G. Colombo, S. Graciotti, I. Ševčenko, Ch. Hannick,

V. Peri, G. Podskalsky SJ, G. Pasini, E. Morini, E. Ch. Suttner, A. Joukovsky, H. Łaszkiewicz, G. Brogi Bercoff, I. Skochylyas, M. Martini, A. Krawchuk, B.A. Gudziak, O. Pachlovska, E. Rybałt, L. Quercioli Mincer.

12. Storia religiosa di Croazia e Slovenia, a cura di L. Vaccaro, ITL-Centro Ambrosiano, Milano 2008, pp. 504.

Autori: G. Colombo, S. Graciotti, G. Cuscito, J. Neralić, M.

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13. Storia religiosa di Serbia e Bulgaria, a cura di L. Vaccaro, ITL-Centro Ambrosiano, Milano 2008, pp. 456.

Autori: L. Mistò, S. Graciotti, C. Alzati, C. Diddi, A. Džurova,

G. Podskalsky SJ, V. Gjuzelev, T. Subotin-Golubović, Ch. Hannick, G. Fedalto, K. Pavlikianov, W.R. Veder, A. Naumow, J. Jerkov, R. Tolomeo, A. Pitassio, E. Sgambati, R. Morozzo della Rocca.

14. Storia religiosa dell’Islam nei Balcani, a cura di L. Vaccaro, ITL-Centro Ambrosiano, Milano 2008, pp. 552.

Autori: L. Mistò, S. Graciotti, A. Carile, P.L. Branca, I. Ortayli,

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15. Storia religiosa dell’Armenia, a cura di L. Vaccaro e B.L. Zekiyan, ITL-Centro Ambrosiano, Milano 2010, pp. 496. Autori: P. Macchi (†), Garegin II, Aram I, Nerses Bedros

XIX, B.L. Zekiyan, G. Dédéyan, G. Uluhogian, Y. Petrosyan, A. Manoukian, A. Granian, R. Siranian, H. Tchilingirian, M.K. Krikorian, V. Calzolai, A. Ferrari, C. Gugerotti, M.D. Findikyan, K. Barsamian, A. Manoukian (†), G. Casnati, A. Alpago Novello (†), A. Pensa, A. Kerovpyan.

16. L’Europa e la sua espansione religiosa nel continente

nordamericano, a cura di L. Vaccaro, ITL-Centro Ambrosiano,

Milano 2012, pp. 704.

Autori: L. Mistò, C. Alzati, L. Codignola, B. Plongeron, O.

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17. Storia religiosa della Francia, sotto la direzione di C. Vincent e A. Tallon, a cura di L. Vaccaro, ITL-Centro Ambrosiano, Milano 2013, pp. 662.

Autori: A. Vauchez, F. Prévot, B. Dumézil, M. Sot, Ch.

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Prima serie (Ed. La Casa di Matriona)

I volumi sono disponibili solo presso la Fondazione Ambrosiana Paolo VI - Villa Cagnola - 21045 Gazzada (Va) - tel. 0039-0332-462104 / fax 0039-0332-463463 Storia religiosa dei popoli balcanici, a cura di L. Vaccaro, La Casa di Matriona, Milano 1983, pp. 288 (ESAURITO). Autori: L. Vaccaro, C. Colombo, W. Rubin, R. Manselli, V. Peri, M. Clinet, D. Kokša, A. Rádovic, F.V. Mareš, T. Špidlík, G. Vodopivec, A. Alpago Novello, M. Jezernik, G. Eldarov, J. Tomko.

Storia religiosa della Russia, a cura di L. Vaccaro, La Casa di

Matriona, Milano 1984, 19882, pp. 296.

Autori: L. Vaccaro, M. Marusyn, J. Kraicar, A. Piovano, S. Senyk,

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Storia religiosa della Polonia, a cura di L. Vaccaro, La Casa di

Matriona, Milano 1985, pp. 288.

Autori: L. Vaccaro, L. Caprioli, W. Rubin, J. Kłoczowski, Z.

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Storia religiosa dei popoli baltici, a cura di A. Caprioli e L. Vaccaro,

La Casa di Matriona, Milano 1987, pp. 328.

Autori: C.M. Martini, A. Bačkis, P. Rabikauskas, V. Salo, S.

Kučinskis, V. Pupinis, G. Gobber, K.J. Čeginskas, S. Lozoraitis, V. Kazlauskas, O. Cavalleri, L. Tulaba.

Storia religiosa dell’Inghilterra, a cura di A. Caprioli e L. Vaccaro,

La Casa di Matriona, Milano 1991, pp. 384.

Autori: A. Caprioli, L. Vaccaro, A. Borromeo, Ch. Burns, D.

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Storia religiosa dell’Ungheria, a cura di A. Caprioli e L. Vaccaro, La Casa di Matriona, Milano 1992, pp. 324. Autori: A. Caprioli, L. Vaccaro, L. Kada, Á. Somorjai, C. Alzati, G. Érszegi, E. Pasztor, J. Török, E. Fügedi, B. Holl, Zs. Erdélyi, L. Pasztor, K. Péter, F. Szabó SJ, P. Sárközy, L. Katus, P. Ruzicska, G. Hajnóczi, L. Dankó, G. Békés OSB, L. Lukács, A. Moretti.

L’unità multiforme. Oriente e Occidente nella riflessione di Giovanni Paolo II, a cura di C. Alzati e P. Locati, La Casa di

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Finito di stampare nel febbraio del 2013 da Arti Grafiche TIBILETTI s.n.c.

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collana europa ricerche - 17

promossa dalla Fondazione ambrosiana paolo Vi

Per l’occasione della XXXI Settimana europea della Fon-dazione Ambrosiana Paolo VI di Gazzada, sulla storia reli-giosa comparata di Francia, Germania e Italia (2009), ha preso avvio questa Storia religiosa della Francia, ancora mancante fra i volumi della collana, sotto la direzione de-gli storici francesi Catherine Vincent e Alain Tallon. La pubblicazione colma una lacuna – non esisteva sino ad ora una storia religiosa della Francia in italiano – e propone una sintesi delle manifestazioni del cristianesimo in Francia, dalle origini ad oggi, non una semplice veduta d’insieme, ma nemmeno una trattazione troppo erudita da scoraggiare dei lettori non specialisti, desiderosi soprat-tutto di trovarvi una informazione chiara e aggiornata. Tenendo conto del profondo rinnovamento della storiogra-fia francese negli ultimi cinquant’anni, pur collocandosi nel solco delle grandi opere che l’hanno preceduto, que-sto libro propone i più recenti risultati delle ricerche e dei continui progressi registrati nel campo specifico della sto-ria religiosa, grazie all’ausilio delle scienze umane e socia-li, facendo riferimento all’archeologia, all’iconografia, alla storia delle eresie, della spiritualità, della cultura e del libro, e, seguendo la strada aperta da Gabriel Le Bras e da Alphonse Dupront, alla sociologia e all’antropologia. Questa impresa, frutto di una “fusione di generazioni” – gli autori sono rappresentanti eminenti della generazione che ha rinnovato la storia religiosa in Francia, fra il 1960 e il 1990, e storici della «nouvelle vague», ora alla guida degli istituti di ricerca e delle riviste di settore –, presenta un carattere classico e insieme innovativo: la considera-zione dei fenomeni di lunga durata e delle specificità di ciascun periodo abbraccia l’insieme delle manifestazioni religiose, dominanti o minoritarie, ortodosse o devianti, senza dimenticare il clero, ponendo l’accento nella linea di Jean Delumeau sul vissuto religioso dei laici, in ogni epoca la stragrande maggioranza dei fedeli, ma per lungo tempo trascurati dalle storie della Chiesa tradizionali.

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Storia religiosa

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