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Omissione di referto

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Academic year: 2022

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Omissione di referto

• Art. 365 c.p.

• Chiunque, avendo nell’esercizio di una professione sanitaria prestata la propria assistenza o opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto per il quale debba procedere d’ufficio, omette o ritarda di riferirne all’Autorità , è punito con multa.

• Referto

• Una denuncia obbligatoria che ha lo scopo di portare a conoscenza dell’Autorità giudiziaria “tutti i fatti lesivi dell’integrità psicofisica che configurino un delitto perseguibile di ufficio”.

• Indica:

• La persona alla quale è stata prestata assistenza e, se possibile, le sue

generalità e le condizioni del luogo, dei tempi dell’intervento e del modo e dei mezzi con i quali è stato commesso il fatto nonché degli effetti causati o causabili.

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Soggetti tenuti al referto

• Sono gli esercenti la professione sanitaria “che abbiano prestato la propria assistenza o opera”.

• Per opera s’intende ogni attività sanitaria che abbia finalità di

accertamento, indipendentemente da ogni scopo terapeutico che si sostanza nella diagnosi medica

• Per assistenza s’intende ogni atto con finalità terapeutica.

• La Cassazione ha precisato che l’obbligo del referto “sussiste in relazione ai casi che abbiano almeno la possibilità concreta di presentare i caratteri di un delitto perseguibile d’ufficio”.

• Questa disposizione non si applica quando il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento penale. Il referto fa parte del novero delle notizie criminis, come la denuncia o la querela.

• Reato di pericolo contro l’attività giudiziaria.

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Omicidio colposo

• ART.598 C. P.

• Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito alla reclusione da 6 mesi a 5 anni.

• Il soggetto del reato non vuole intenzionalmente

commettere il reato ma l’evento si verifica ugualmente a causa di negligenza, imperizia, imprudenza ovvero per inosservanza di leggi, ordini, regolamenti e discipline

• Nesso di causalità tra la condotta del soggetto e l’evento

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Lesioni personali

ART. 582 C.P.

Chiunque cagiona ad alcuno

lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo e nella mente, è punito con la reclusione da 3 a 6 anni

ART. 590 C.P.

Chiunque cagiona ad altri,

per colpa, una lesione personale è punito con la reclusione fino a 3 mesi o multa.

Le lesioni possono essere lievissime e lievi, gravi e gravissime.

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(5)

Sequestro di persona

• ART. 605 C.P.

• Chiunque priva taluno della libertà personale è punito con la reclusione da 6 mesi ad 8 anni.

• Si attua

• In danno di un ascendente o discendente o coniuge

• O di pubblico ufficiale, con abuso inerente alle sue funzioni

• Per un periodo di tempo giuridicamente apprezzabile

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Violenza privata

• ART. 610 c.p.

• Chiunque con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è

punito con la reclusione fino a 4 anni.

• Si tratta di un reato

• Generico

• comune

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Abbandono di persone minori o incapaci

• L’art. 591 c.p. recita testualmente:

• “ chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia o per altra causa, di provvedere a se stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere la cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni”.

• Pena

• reclusione da uno a sei anni se dal fatto deriva una lesione personale

• reclusione da tre ad otto anni se dal fatto ne deriva la morte

• Soggetto attivo del reato è colui che “ha la custodia” o “deve avere cura”.

• È un reato, quindi, che presuppone un preesistente rapporto di custodia o di cura e non può, nonostante la dizione letterale del codice, essere

commesso da “chiunque”.

(8)

In ambito della professione infermieristica

Rapporto di cura deriva da precise fonti normative

Art. 1, secondo comma, D.M. n. 739/1994 che rientra tra le principali funzioni della professione infermieristica “l’assistenza dei malati e dei disabili di tutte le età”.

Nell’ordinamento professionale previgente, il D.P.R. n. 225/1974 (c.d.

mansionario) attribuiva all’infermiere “l’assistenza completa dell’infermo”. In particolare, l’art. 3 del citato mansionario che attribuiva alle vigilatrici d’infanzia compiti di “custodia” dei minori affidati.

È un tipico reato a condotta omissiva e consistente nell’abbandonare o nel non esercitare la custodia e la cura alle quali si è obbligati.

Ai fini della configurabilità del reato, per la giurisprudenza:

“l’esposizione a pericolo della persona abbandonata può essere anche meramente virtuale e non resta esclusa né dalla temporaneità della condotta determinante l’abbandono, né dalla possibilità di eventuali soccorsi”.

Ad esempio: si è ritenuto colpevole un infermiere in servizio presso un istituto per anziani che in più occasioni non aveva fornito ai ricoverati le prestazioni

assistenziali e terapeutiche cui era tenuto, esponendo così a rischio la loro salute.

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Integra, inoltre, gli estremi del reato di abbandono di persone incapaci

• “il repentino allontanamento di tutte le infermiere di una casa di ricovero per anziani e menomati psichici, essendo irrilevante, ai fini della sussistenza dello

stato di pericolo per l’incolumità delle persone predette la presenza in loco di inservienti

• (ausiliari) *…+, o i successivi interventi che

consentono di evitare l’aggravamento dei ricoverati”.

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Interruzione di pubblico servizio

L’art. 340 c.p. “Interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità” recita testualmente:

“Chiunque, fuori dei casi preveduti da particolari disposizioni cagiona un’interruzione o turba la regolarità di un ufficio o di un servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità è punito con la reclusione fino ad un anno. I capi promotori o organizzatori sono puniti con la reclusione da un anno a cinque anni”

Soggetto attivo può essere “chiunque” cagioni l’interruzione o la turbativa di un servizio, quindi non soltanto un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio.

Si integrano gli estremi del reato quando vi siano la coscienza e la volontà di cagionare l’interruzione.

È un reato sussidiario, in quanto viene meno se vi sono gli estremi

di reati più specifici previsti da altre norme del Codice penale.

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CASISTICA

Una infermiera dell’ospedale Cattinara di Trieste durante il servizio notturno si era adagiata su un

“giaciglio (due sgabelli ricoperti da indumenti o lenzuola) appositamente predisposto” come da accertamento nel corso di un’ispezione da parte della caposala.

La Corte suprema ha confermato la sentenza di assoluzione pronunciata dal Pretore di Trieste in quanto l’art. 340 c.p. no richiede la “potenzialità” del turbamento del pubblico servizio, bensì l’effettività del turbamento.

Effettività che non c’è stata dimostrata anche dall’aver provveduto,prima di sdraiarsi, ad erogare assistenza ad alcuni pazienti.

Inoltre, ha notato la Cassazione, l’infermiera “dal punto in cui si trovava, poteva agevolmente percepire il segnale acustico delle chiamate degli ammalati” e come è stato riscontrato ella non

“dormiva profondamente”, ma era soltanto “adagiata e appisolata”.

Il comportamento dell’infermiera non è quindi passibile di sanzione penale, ma può però integrare gli estremi di una responsabilità di carattere disciplinare.

Corte di Cassazione,IV sez. ,

sentenza n. 25 del 5 gennaio 1995

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….ALTRA CASISTICA.

Un tossicodipendente, nel servizio di pronto soccorso di un

ospedale, aveva rifiutato la terapia proposta e si era sdraiato nel corridoio, sì da impedire il transito verso gli ambulatori e l’accesso alla sala di urgenza, venendone allontanato dall’intervento di due agenti di polizia.

La Corte ha precisato che tale episodio non ripetuto *…+ potrà aver provocato irritazione, ma non si dimostra idoneo a turbare la

regolarità di una qualunque prestazione del servizio sanitario.

Corte di Cassazione, IV sez. ,

sentenza n. 25 del 5 gennaio 1995

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VIOLENZA SESSUALE

• NORMATIVA PREVIGENTE (1930/1996)

• Il reato di violenza sessuale era rubricato come delitto contro la “morale pubblica e il buon costume”.

• In particolare, vi erano quattro distinti delitti contro la libertà sessuale:

• la violenza carnale

• gli atti di libidine violenti

• la seduzione con promessa di matrimonio

• il ratto

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Limite distintivo

Secondo il codice penale:

per violenza carnale s’intendeva “congiunzione carnale abusiva o violenza”.

Ai fini della configurabilità del reato:

non era necessario la penetrazione totale, ma sufficiente una introduzione parziale dell’organo genitale del soggetto attivo nel corpo dell’altro.

Concetto di penetrazione non doveva e non deve intendersi nel senso restrittivo di introduzione in una cavità sessualmente deputata, ma costituiva “congiunzione carnale” e “non semplici atti di libidine sia il coito anale che quello orale”.

per atti di libidine violenti, invece, nella presenza o meno della penetrazione.

Ai fini della configurabilità del reato:

previsto, per esclusione, dall’art. 521 c.p. che prevedeva la commissione del reato a carico di chi commetteva “…. atti di libidine diversi dalla congiunzione carnale”.

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