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L'umanista e il cardinale: parametri per una interpretazione storica della biblioteca di Pietro Bembo

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L'umanista e il cardinale: parametri per una interpretazione storica della biblioteca di Pietro Bembo

DANZI, Massimo

Abstract

Le Catalogue de la bibliothèque de Pietro Bembo qui nous est arrivé (ms. Additional 565 de l'University library de Cambridge) a été rédigé par le juriste Jean Matal (Janus Metellus) en 1545, dans la résidence romaine de l'Humaniste devenu, entre temps, cardinal. C'est un catalogue exceptionnel avant tout pour la richesse de détails que Matal nous donne en décrivant les oeuvres appartenues à Bembo; puis pour son contenu s'agissant de textes (éditions, textes glosés et manuscrits) en six langues, y compris l' hébreux et d'autres langues anciennes. Soupçonnée depuis toujours d'être la bibliothèque particulière la plus riche et la plus importante de l'Italie du premier Cinquecento (Girolamo Tiraboschi, Pierre de Nolhac, Carlo Dionisotti), on en voit finalement les implications culturelles et politiques pour la culture italienne du Cinquecento et dans l'Europe de la Réforme. Après l' édition par mes soins du catalogue ("La biblioteca del cardinal Pietro Bembo", Genève, Droz, 2005), cet article interprète maintenant le riche matériel libraire de Bembo à la lumière des discussions religieuses et [...]

DANZI, Massimo. L'umanista e il cardinale: parametri per una interpretazione storica della biblioteca di Pietro Bembo. In: Sabba, F. Le biblioteche private come paradigma bibliografico . Roma : Bulzoni, 2008. p. 29-45

Available at:

http://archive-ouverte.unige.ch/unige:26091

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Massimo Danzi

L'UMANISTA E lL CARDINALE: PARAMETRI PER UN'INTERPRETAZIONE STORICA DELLA BIBLIOTECA DI PIETRO BEMBO

1. Si puà cominciare con una considerazione, credo, pacificamente accolta:

difficile è pensare, nel Cinquecento, a una personalità della cultura italiana che più di Bembo abbia unito cultura umanistica e formazione ecclesiastica. A distanza di secoli, è facile indulgere all'idea che la prima naturaliter si coniugasse alla secon- da e che insomma il cardinalato, cui Bembo guarda presto ma che ottiene tardi, fosse nel 1539 traguardo ovvio. Che non fosse cosi e che, anzi, quel cardinale ri- sultasse sgradito a molti, lo dicono le opposizioni interne al Sacra Collegio, di cui resta traccia nell'epistolario e che amareggiarono l'umanista.

,· Sulle opposizioni a quella promozione è tomato di recente Massimo Firpo trattando di Vittore Soranzo, che del Bembo fu segretario e fini- come è noto- nelle maglie dell' lnquisizione 1Duplici ne erano le ragioni: da un lata le ris erve colpivano la persona (un «poeta circondato da figli illegittimi e ancora capace di inamorarsi a settant'anni della donna che aveva sostituito [nel suo cuore] l'adora- ta Morosina») 2; dall'altro l'opera, di carattere prettamente letterario, con rime, dialoghi amorosi, una grammatica del volgare, la storia di Venezia, e perfino un dialoghetto De Aetna, ma senza l'ombra della religione.

È nota l'uscita, in quel1539, di Gian Pietro Carafa, da tre anni cardinale e prin- cipale oppositore che, rivolto al Farnese, esclama: «Padre santo, noi non habbi(a)mo in collegio di bisogno di huomini che sappiano fare i sonetti» 3L' opposizione del fu- tura e temibile Paolo IV (1555) non nasceva dai nulla. Procedeva parallela alla con- siderazione che i Protestanti mostravano ormai per Bembo: Lutero in testa che, nelle Tischreden fin dal 1536, lo aveva ritratto con onore, isolandolo sullo sfondo di una Roma «sentina di vizi». E in quello stesso anno, Vittoria Colonna interveniva pressa il Pontefice per perorare la causa del cardinalato di Bembo4Tre anni dopo, tuttavia,

1 Massimo FIRPO. Viuore Soranzo vescovo ed eretico. Riforma della Chiesa e inquisizione nell'Italia del Cinquecento. Roma-Bari; Laterza, 2006, p. 48-50.

2 Massimo FlRPO. Vinore Soranzo cit., p. 50.

3 La citazione, tratta dai ms. Vaticano Ottob. lat. 2684, c. 393r, è in: Massimo FIRPo. Pa- squinate romane del Cinquecento. «Rivista storica italiana>>, XCVI (1984) p. 614. Cfr. anche Gi- gliola FRAGNITO. ln Museo e in villa. Saggi sul Rinascimento perduto. Venezia; Arsenale. 1988, p. 29 e Massimo FIRPO. Vittore Soranzo cit., p. 50.

4 Carlo DIONISOTTI. Appunti sul Bembo e su Vittoria Colonna [1981], in: Carlo Dionisotti.

Scritti sul Bembo. A cura di Claudio Vela. Torino; Einaudi. 2002, p. 129.

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nell'imminenza della promozione il fronte del no si allargava e Girolamo Aleandro, da Vienna, avvettiva il Famese con queste parole: «tenghi per certo et in verbo veri- tatis, io le giuro che tal promotione sarà di moita edificatione in tutte le nationi ultra- montane et presertim questa di Germania» 5La posizione di questi intransigenti ai danni di uno degli intellettuali più in vista del mondo cattolico annunciava- oggi sap- piamo - la considerazione in cui sarebbero state tenute le humanae litterae a metà del secolo e in cio l'epoca del Cru·afa si profilava ormai diversa dal pontificato famesia- no. Vent'anni prima, Paolo III Famese aveva esordito con tutt'altra, strategica opera- zione di cooptazione intellettuale, che aveva portato nell'alveo della istituzione ai suoi più alti livelli una serie di uomini dalla spiccata sensibilità umanistica e religiosa e quel processo aveva finito per investire lo stessa figura di Bembo. Rispetto allungo pontificato clementine (1523-1534), quello successive e anche più lungo del Famese (1534-1549) doveva ricostruire un prestigio politico e intellettuale che il Sacco impe- riale del '27 prima, e il diffondersi delle idee riformate poi avevano fortemente scos- . so. Di Ii, una politica che nel breve giro di un quinquennio promuoveva al cardinala- to personalità come Contarini (1535), Sadoleto e Reginald Pole (1536), Fregoso (1539) o Gregorio Cortese e Tommaso Badia (1542), aperte al confronte con le nuo- ve idee e convinte della necessità di riforme che restituissero, dall'intemo, autorevo- lezza all'istituzione. In questo elima, la linea dura di Carafa, Aleandro e amici non passava e il vecchio Bembo si ritrovava, settantenne, a vestire i panni del cardinale.

Gli storici del Cinquecento hanno insistito sulla novità di queste aperture, che non si spiegano fuori dell'emergenza in cui si trova la Chiesa in quella prima metà del secolo. La tragedia del Sacco e il propagarsi delle inquietudini religiose sono- come oggi è acquisito- due fatti, che mutano sostanzialmente il rapporte dell'isti- tuzione ecclesiastica con il mondo umanistico., spingendo il papato, alla metà degli anni Trenta, ad un più intense dialogo, che tuttavia è di breve durata. All'inizio del decennie successive, il fallimento di Ratisbona e, a breve giro di mesi, l'Istituzione del primo Tribunale dell'Inquisizione annunciavano il nuovo elima, cha avrebbe ca- ratterizzato, nel solco di una più severa «ortodossia», la seconda patte del secolo.

Ricordato cio, si deve pero ammettere che una tale congiunzione di studia hu- manitatis e riforma ecclesiale non era prima di Bembo, né sarà dopo per tutto il se- colo al centra della politica papale delle nomine, altre essendo le ragioni di carrie- ra di un cardinale. Qui, il discorso deve allargarsi ricordando che, se è solo un'ipo- tesi la candidatura cardinalizia del Petrarca verso il1350, è certo invece l'appoggio che a quella del Poliziano aveva inutilmente dato, da Firenze, Piero de' Medici. Né illongevo Petrarca, perdue decenni a servizio del cru·dinale Giovanni Colonna 6, né il massimo filologo del Quattrocento, Poliziano, morto a quarant'anni e due mesi

5 Lettera da Vienna del22 aprile 1539, cit. in Paolo SIMONCELLI. Pietro Bembo e l'evange- lismo italiano. «Critica storica», xv (1978) p. 6.

6 Ernest Hatch WILKINS. Life of Petrarch. Chicago; The University of Chicago. 1961 (Vita del Peu·arca e Laformazione del «Canzoniere». A cura di Remo Ceserani. 2 ed. italiana. Mila- no; Feltrinelli. 1970, p. 24-25).

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nel 94, avrebbero ottenuto la dignità 7La ünea che la mancata loro promozione traccia ha in certo modo carattere paradigmatico e trova conferma, nel secolo suc- ces ivo, neU'umani ta che più di tutti si impone aUora all'Europa perché è noto il rifiuto ru Erasmo alla proposta che, nell'e tate deJ 1535 in pieno periodo farnesia- no, lo vuole tra i principi della Chiesa romana 8.

2. Nell'ambito della corte pontificia, la storiografia del nostro Cinquecento insiste oggi più che nel passato sulla figura dei «principi della Chiesa», facendone i reagenti di contesti e pratiche culturali e poli tiche che esulano di molto da quella 'ritràtti tica' ufficiale delle funzioni affidata per ecoli, entro una traruzione giuri- dico-canonistica, ai testi De Cardin.alatu indagati per esempio dalla Soldi Rondi- ni ni 9Cosl ben oltre le ilinamiche interne al Sacro Collegio ela rualettica imposta dai rapporti col pontefice da un lato e con i vescovi dall'altro studiati per esempio dai Reinhard 10, del carrunale hanno interessato aJtri aspetti: la 1icchezza e i reddi- ti 11, Jo sfarzo e le commitenze artistiche 12 la stessa composizione sociale del ceto eterogeneo più del previsto 13, o il fenomeno della famiglia cardinalizia, vero tato nello tato. È nota la .rilevanza ru quest'ultima truttura, testimoruata da ~n censi- mento degli anni del Sacco che a Roma registra 21 famiglie cardinalizie (e si trat- ta delle sole cmti ca.rdinalizie che ri iedono in città), pari a un 7% della popola- zione. AncÇ>ra, la figura sociale dei principes ecclesiae ha interessato in ordine al funzionamento gerarchico e ociale delle corti cardinalizie 1~ o peril ruolo politico

7 Carlo DJONISOITI. Geografia e storia della letteratura italiana. 2 ed. Torino; Einaudi.

1971, p. 65-66.

8 Augustin RENAUDET. Érasme et l'Italie. Préface de Silvana Seidel Menchi. 2èrne éd. cor- rigée. Genève; Droz. 1998, p. 407.

9 Gigliola SoLDt RONDlNlNl. ll Tractatus De principibus di Martino GaraJI da Lodi. Con l'edizione critica della rubrica De principibus. Vaœse-Milano; Cisalprno. 1968, e Ead. Perla storia del cardinalato nel secolo xv (con l'edizione defu·attato De cardinalatu di Martin Garati da Lodi). «Memorie dell'lstiruto lombardo-Accadernia di Scienze e lettere», classe di lettere e filosofin, scieuze morali e storiche, xxxm ( 1973) 1, p. 3-86.

10 Wolfgang REINHARD. Struttura del Sacra Collegio fra la fine del xv e la fine del XVI se- cola, in Citlll italiane del '500 fra Rijorma e Comroriforma. Att:i del Convegno intemazi.onàle di Studi, Lucca, 13-15 ottobre 1983. Lucca; Fazzini. 1988, p. 257-265.

11 David Sanderson CHAMSBRS. A Renaissance Cardinal and his Wordly Goods: The Will and lnvemory of Francesco Gonzaga ( 1444-1483). London; The Warburg lnstitute University of London. 1992.

11 Patricia FALGUJÈRF..S. La cité fictive. Les collections de cardinaux. à Rome. au XVIe siècle, in Le Carrache et les décors profanes. Actes du colloque organisé par l École française de Ro- me (Rome, 2-4 octobre \986). Roma; École française de Rome. 1988, p. 215-333. 0, per esem- pio, Marco GALLO (a cura di). 1 cardinali di Santa Romant1 Chiesa col/ezionisti e mecenat/. Ro- ma; Associazione culturale Shakespeare and Company 2. 200J ( oprattuLto, peril Cinquecento, gli interventi di David Frapiccini e di Laura Testa).

13 Barbara McCLUNG HALLMANN. ltalian Cardinals, Reform and the Church as Property, 1492-1563. Berkeley; University of Califomia Press. 1985.

14 Deny HAY. The Renaissance Cardinal!.·: Clwrch, State, Culture. «Synthesis>>, 3 (1976) p. 35-46 e Gigliola FRAGNITO. Le corti cardinalizie nella Roma del Cinquecento. «Ri vista stori- ca italiana>>, CVI (1994) 1, p. l-41, e &d. Le corli cardinalizie nella prima metà del Cinquecen-

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e diplomatico del cardinale nel contesta di singole realtà e a fronte delle inquietu- dini religiose e della politica repressiva inaugurata dall'Inquisizione: pensa alla Modena del cardinal Morane e alla pubblicazione, che Firpo e scuola hanno dato, dei processi inquisitoriali che lo riguardano (1981 e ss.) o riguardano personaggi come Camesecchi (1998 e ss.) e Soranzo (2004 e ss.), quest'ultimo familiare di Bembo.

Per altro verso, la centralità riconosciuta dagli storici in ambito trattatistico al De cardinalatu di Paolo Cortese (1510), ha stimolato ricerche in ulteriori direzioni, tutte in varia modo documentate entro quell'ampia enciclopedica trattazione. Ab- biamo cosi avuto studi sulla cultura musicale del cardinale, come quelli di PiiTotta 15; sull'architettura ela domus cardinalizia di Weil-Garris e D'Arnica, della Curcio o di Monciatti 16 e, ovviamente, sulle biblioteche e i libri (con la Labowsky, Montecchi, la Bianca, ela scuola di Miglio) 17 perché Cmtese fa della biblioteca l'elemento cen- trale della magnificentia dei nuovi principi della Chiesa. Né sono mancati studi su aspetti anche più quotidiani e familiari della vita dei cardinali, come per esempio il cibo ela mensa, fatti oggetto di un contributo di Hwtubise del1980 18

Ricordata, certo per difetto, la ragnatela di interessi in cui va inserito anche l'aspetto della cultura libraria del cardinale, e prima di toccare alcuni paradigmi

to: da Paolo Cortesi a Francesco Priscianese. <<Miscellanea St~rica della Valdelsa>>, cvm (2002) 3, p. 49-62.

15 Nino PIRROTIA. Musical and Cultural Tendencies in ]5th-Century Italy. <<Journal of the American Musicological Society>>, 19 (1966) 2, p. 127-161 (alle p. 146 e sgg., la traduzione dei passi sulla musica del De cardinalatu di Cortese).

16 Importante, anche per le ampie traduzioni dal Cmtese, il contributo di Kathleen WEIL- GARRIS- John D' AMICO. The Renaissance Cardinal's idea Palace: a Chapter from Cortesi's De Cardinalatu, in Studies in Italian Art and Architecture ]5th through 18th Centuries, I [Edited by

H. A. Millon]. ("Memoirs of the American Academy in Rome", 35). Roma/Cambridge; Mass.

1980, p. 45-123. Del D'Arnica, poi, sulle catTiere ecclesiastiche degli umanisti, si veda al mena Renaissance Humanism in Papal Rome. Humanists and Churchmen on the Eve of the Reformer.

Baltimore-London; The John Hopkins U.P. 1983. Di Giovanna CuRera. Per una biblioteca idea- le. Note perla storia e l'uso, in Scrittura, biblioteche estampa a Roma neZ Quattrocento. Aspet- ti e problemi. Atti del seminario 1-2 giugno 1979. A cura di Concetta Bianca, Paola Farenga, Giuseppe Lombardi, Antonio G. Luciani e Massimo Miglio. Città del Vaticano; Biblioteca Apo- stolica Vaticana, Scuola Vaticana di Paleografia, Diplomatica e Archivistica. 1980, p. 85-101. A cura di Alessio MONClATil è apparso «Domus et splendida Palatia>>. Residenze papali e cardi- nalizie a Roma fra Xlii e xv secolo. Atti della giomata di studio, Pisa, Scuola Normale Superio- re, 14 novembre 2002. Pisa; Edizioni della Normale. 2004.

17 Cfr. Lotte LABOWSKY. Bessarion's Library and the Biblioteca Marciana. Six early In- ventories. Roma; Edizioni di Storia e Letteratura. 1979. Di Giorgio MoNTECCHl. Cardinali e bi- blioteche. <<Società e storia>>, 45-46 (1989) p. 729-739. Di Concetta BIANCA, almeno Laforma- zione della biblioteca latina del Bessarione, in Scrittura, Biblioteche estampa a Romane Quat- trocellto, cit., p. 103-165 e Ead. (in collaborazione con Paolo Cherubini, Anna Esposito, Angela Lanconelli, Giuseppe Lombardi, Antonio G. Luciani, Montserrat Moli Frigola, Flavia Onofri, Annamaria Torroncelli). Materiali e ipotesi perle biblioteche cardinalizie, ivi, p. 73-84; Eadem.

Marcello Cervini e Vittoria Colonna. <<Lettere italiane>>, XLV (1993) 3, p. 427-439.

18 Pierre HURTUB!SE. La table d'un cardinal de la Renaissance. Aspects de la cuisine et de l'hospitalité à Rome au milieu du xvre siècle. <<Mélanges d'archéologie et d'histoire de l'Ecole française de Rome», 92 (1980) p. 249-282.

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utili all'interpretazione della biblioteca di Bembo, va detto che l'attenzione porta- ta alla «biblioteca cardinalizia» sull' onda del testo di Cortese non sembra essersi prolungata, almeno nel secolo di Bembo, all'interpretazione storica dei singoli in- dividui. È mancata non dirà l'attenzione per l'aspetto librario di tale o tal'altra bi- blioteca, ma forse la tensione verso illoro significato storico e le idee che veicola- vano. Anche in ottime sintesi, quali perla Roma del periodo hanno dato Miglio, Sen·ai e rispettive scuole (penso all'intervento, recentemente riproposto, del com- pianto Pino Lombardi) 19, a fronte delle attenzioni che ipoteca la Biblioteca Vatica- na dopo Sisto IV non è facile trovare qualcosa di altrettanto ampio e intenso nel- l'ambito delle specifiche biblioteche cardinalizie.

Due recenti rassegne di Paravicini-Bagliani, per il tardo Medioevo, e di Pe- trucci 20 per i secoli seguenti, hanno portato Serrai, nella VI volume della sua Sto- ria della bibliografia (Roma, Bulzoni. 11 vol. in 12 tomi 1988-2001) a discutere la legittimità stessa dell'etichetta di 'biblioteca cardinalizia'. Nel capitolo dedicato a queste biblioteche, si legge:

Ritenere che le Biblioteche Cardinalizie posseggano un'impronta mar- cata sul piano ideologico, con riferimenti sia scientifici che religiosi e politi- ci, ci sembra un atteggiamento ermeneutico troppo netto e audace; se tali bi- blioteche servivano ai !oro possessori anche da armamentario concettuale, non si puà dire che, in questa funzione, le Biblioteche Cardinalizie si distin- guessero sostanzialmente da quelle dei personaggi laici, ché medesimi erano gli ingredienti documentari, vuoi di Diritto vuoi di Antiquaria, vuoi di Storia vuoi di Teologia, vuoi di Belle Lettere vuoi di Bibliografia 21.

La condanna colpisce, naturalmente, la «specie», non i singoli individui che Serrai ospita e descrive nella Storia della bibliografia. Ma tanto basta ad avvertir- ci di quali siano, oggi, alcuni terni di riflessione per chi imprende a ragionare sui lib ri di un cardinale.

Tornando a Bembo, tutti ricordiamo il monito affidato da Dionisotti al suo Chierici e laici nella letteratura italiana del Cinquecento nel1960 (poi raccolto in Geografia e storia della letteratura italiana del 1967) 22, seconda cui non si puà

19 Giuseppe LoMBARD!. Libri e i tituzioni a Roma: diffusione e organizzazione, in Roma nel Rinascimento. A cu rn di Antonio Pinelli. Bari; La terza. 2007 (I ed. 2001 ), p. 267-290.

JO Agostino PARAVJCINI-BAGUAN!. Le biblioteche cardinalizie (secc. Xlii-XV), in lluoghi del- la memoria s rittll. Manoscritri, incmzaboli, libri a stampa di Biblioteche Statali ltaliane, dire-

~•one scientifica Guglielmo Cavallo. Roma; 1 tltuto Poligrafico e Zecca dello Stato-Libreria del- lo Stato. 1994, p. 295-301; Armando Pl:rrRucct. 1 libri della porpora, .ivi, p. 303-309.

11 Alfredo SERRAI. J catafoghi delle biblioteche cardlnalizie, in Storia della bibliograji.a, Vl.

s:'Oria e cri/ica della Catalogaûone Bibliograji.ca. A CW'a di Gabriella Miggiano. Roma; Bulzo-

111. 1997. p. 604.

22 Cito la ristampa dell971: Carlo DJONISOTII. Geografia e storia della Letteratura italia- na. Torino; Einaudi. 1971, p. 55-88.

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fare storia della cultura italiana, almeno fino alla rivoluzione francese e al dominio napoleonico, senza misurarsi con la presenza decisiva della Chiesa:

Bisogna accettare il fatto - affermava lo storico - che questa storia [la storia letteraria d'Italia] è per più secoli inseparabile, cosi perla sua grandez- za come perla sua miseria, non per l'una o per l'altra soltanto, dalla presenza attiva e responsabile della Chiesa 23.

La citazione era d'obbligo trattando qui di un umanista divenuto cardinale.

Ma quello critto importa va anche per altro e, cioè, perla con iderazione nuova di cui era fatto oggetlo il De cardinalatu di Cortese, a quell'altezza un piatto che o- .lo pochi simi tudio i - di vocazione storici della Chie a- avevano degustato co- me Jedin, fin da.! 1946 entro la Mi cellanea Mercati, e Paschini ne11a monografia

ui Corte e24Dionisotti Jeggeva il trattato come l'altra faccia di quella laica civiltà di corte, illustrata in quegli te si anrti dai Cortegiano del Castiglione. Oggi quel confronto fra corte ignorile e curiale fra COitegiano e cardinale nonché pas ato in giudicato si è andato nutrendo di indagini importanti ulla corte pootificia e sul- la famiglia cardinalizia, su cui non occotTe qui insistere.

Basti avere ricordato il quadro generale, perché questo anche legittima Jo stu- dio delle biblioteche, comprese quelle "cardinalizie". Ma con un corollario: che per Bembo, la cui cultura per più di trent anni partecipa di quella duplice tradizio- ne, distinguere fra 1 uman.i ta e il cardinale non si pub, avendo l'umanista mirato presto alla carriera ecclesiastica e non avendo poi disme so jJ cardinale, l'abito umanistico che era stato uo. Al di là del cardinalato, che nel 1539 puo a umer i come obiettivo ma anche in certo modo estrinseco spartiacque biografico, separa- re insomma quelle due culture sm·ebbe un po' come voler distinguere, entro un te- sto decisivo per la riforma della Chiesa come il Con ilium de emendanda ecclesia del 1537, i singoli apporti che furono di Contarini, Carafa Cortese, Gibertl e altri.

Del resto, la biblioteca 'romana' ci mostra che testi che, per interessee contenuto, andrebbero riferiti al cardinale appartennero a Bembo prima della promozione, mentre opere di carattere nettamente umanistico affluirono nella biblioteca anche dopo il 1539, in parallelo con interessi che, fino all'ultimo, anche da cardinale, Bembo non cessà di coltivare.

23 lvi. p. 88.

z.o Hubeti JEr>rN. Vorschliige und Eruwiilfe zw· Kardinalsreform [ 1935], in Kirche des Glau- hens Kirche der Geschichte. Ausgewah/te lwfsiilze und Vortriige, Bd. n. Konzi/ und Kirchen- reform. Freiburg-Basel-Wien· Herder. 1966, p. 118-147 (Proposte e progelfi di riforma del Col- legio cardinalizio in Chie a dellafede, chiesa della storia: aggi scelti. Con un aggio intro- dunivo di Giu eppe AJbcrigo. Brescia; Morcelliana. 1972, p. 156-192) e Pio PA CIIINl. Unafa- miglia di curiali ne/la Roma del Quattrocemo: f Cortesi. «Rivista di loria della Chiesa in Tta- lia», XI (1957) 1, p. 1-48.

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Sulla figura del cardinale a quest'epoca, Massimo Firpo ha dato, qualche de- cennio fa, un a v asta sintesi in un volume miscellaneo sul Rinascimento 25Da es sa appare come l'eccellenza culturale fosse raramente motivo di una promozione car- dinalizia. Anche nel Cinquecento, non mancarono cardinali di grande cultura, co- me furono un Adriano Castellesi, un Oliviero Ca~·afa, un Domenico Grimani, o an- che un Egidio da Viterbo; ma essi non costituiscono la norma né al tempo di Bem- bo né a que llo del fonda tore della Vaticana, Sisto IV 26. Anche una figura come il Bibbiena, sopravvissuto oggi quasi solo per la sua opera letteraria, non fu allora promosso cardinale peri meriti della Calandria 27. Nel Cinquecento, insomma, co- me ha osservato Dionisotti:

se anche visibile è [ ... ] la tendenza dell' aristocrazia umanistica italiana a fare del beneficia ecclesiastico, del vescovado e, seconda le ambizioni e speranze, del cardinalato il proprio obiettivo, non risulta [ ... ] una conispon- dente disposizione della Chiesa a far buoni i titoli umanistici e letterari al più alto livello della CaiTiera ecclesiastica 28

Il cardinalato a Bembo, con la motivazione che ne sottolineava l'eccellenza letteraria ( «doctrina et eloquentia nostrae aetatis facile princeps»), face va dunque di lui un caso, in certo modo, a parte. E, che più importa, implicava un messaggio nuo- vo, e più generale, della Chiesa farnesiana, che in tal modo riconosceva la centra- lità di un'élite intellettuale nel salvataggio e nella Iiforma dell'Istituzione e il con- seguente nuovo molo degli studia humanitatis in quella missione 29Qui sta l' esem- plarità storica di Bembo, umanista e cardinale, in anni che vedono l'acuirsi della crisi religiosa e il suo sfocia~·e, a Trento, nella separazione dei campi. E se l'impos- sibilità di separare vicende dei laici e operato dell'istituzione ecclesiastica trova in lui una conferma assoluta, sarei p01tato a credere che a prendere coscienza di quel- )' implicazione Dionisotti stesso giungesse attraverso illungo studio dedicato all 'u- manista veneziano e al contesta in cui opero (cinquant'anni esatti separano l'edi- z.ione delle Prose della volgar Zingua dagli Appunti sul Bembo e su Vittoria Colon- na) 30Una fedeltà entro la quale, la ristampa delle Opere di Bembo per sua cura nel- • lo stesso anno di Chierici e laici (1960), appare davvero il naturale contrappunto.

3. La prospettiva per accedere alla cultura libresca di Bembo sottintende, ov- viamente, il volume del 2005 in cui ho ricostmito la biblioteca 'romana' del cardi-

25 Massimo FIRPO. Il cardinale in L'uomo del Rinascimento. A cura di Eugenio Garin. Ba- ri; Laterza. 1995, p. 75-131 (ed. orig. 1988).

26 lvi, p. 85-86.

27 Carlo DIONISOTII. Geograjia e storia cit., p. 85.

28 Ibidem.

29 lvi, p. 163 e Massimo FIRPO. Vittore Sm·anzo cit., p. 50.

30 Pietro BEMBO. Prose della volgar lingua di P. Bembo. A cura di Carlo Dionisotti. Tari- no; Utet. 1931, e Carlo DIONfSOTII. Appunti sul Bembo e su Vittoria Colonna cit., p. 115-140.

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nale 31Ll, tuttavia, centrale era l'edizione del catalogo e il suo commento e meno una valutazione generale delle posizioni ideologico-religiose delletterato. Venen- do ai 'paradigmi' che guidano ora l'accesso alla biblioteca, dirà del fascino che su- bisco per quella «ricerca globale di storia delle civiltà e della società ( o della men- talità collettiva, se si preferisce) indagata attraverso la storia del libro», che trent'anni fa Armando Petrucci riconosceva, parlando degli studi di Jean Martin e François Furet, come un a linea promettente di ricerca 32Un modo nuovo d 'inda- gine, giudicava allora Petrucci, che

travalicava di gran lunga i confini ristretti della storia dell'editoria e del libro per invadere animosamente i tenitori non ancora ben definiti della sto- lia delle idee 33.

Nello studio del posizionamento del cardinale a fronte delle controversie reli- giose e politiche di quegli anni, il passaggio dalla biblioteca all'universo ideologi- co di Bembo è, come sempre, rischioso. Già Pearl Kibre, che nel1936 aveva dato il catalogo della biblioteca di Pico della Mirandola, ritomando dieci anni dopo sul problema dell'apporto intellettuale che viene dalla studio delle biblioteche osser- vava, ad un primo livello, che se anche

the mere possession of a work does not mean that its owner had read or assimiled its contents,[ ... ] this fact when taken in conjunction with other evi- dence can do much to throw light on te available resources and mental pabu- lum of an era 34

Per Bembo la tentazione di collegare universo librario e storia culturale è for- se anche più forte, per le grandi questioni che attraversano la società e la Chiesa in quegli annie perla rilevanza e il ruolo che furono suoi. Negli ultimi decenni, gli storici del nostro Cinquecento religioso hanno sempre più collegato la sua figura agli ambienti «spirituali» ed «evangelici», in cui nuotano come pesci colleghi e amici suoi fin dagli anni veneziani. Uomini come Tommaso Giustiniani e Vincen- zo Quirini, autori, nel 1513, del Libellus ad Leonem X anticipano le ansie di «spi- rituali» veri come Contarini, Sadoleto, Fregoso, la Colonna o il cardinal Pole: que- sti ultimi andati poi a fonnare il gruppo dei «radicali» di Viterbo.

Il problema del posizionamento di Bembo è, oggi ancora, aperto dopo la du- ra recensione di Vittorio Cian a uno studio del Morsolin, apparsa nel 1885 sulle

31 Massimo DANZJ. La biblioteca del cardinal Pietro Bembo. Ginevra; Droz. 2005.

32 Libri, lettori e pubblico nell'Europa maderna. Guida storica e critica. A cura di Arman- do Petrucci. Bari; Laterza. 1977, p. XI.

33 lvi, p. xv.

34 Pearl KJBRE. The Intellectual Interests reflected in Libraries of the Fourteenth and Fifteenth Centuries, «Journal of the History of Ideas», vn (1946) 3, p. 259.

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pagine del «Giornale storico della letteratura italiana». L'abate vicentino av eva concluso nel suo studio per la «perfetta ortodossia» di Bembo e Ci an, occupato a correggere i numerosi svarioni del libro, non aveva toccato che tangenzialmente il nodo delle posizioni di Bembo, osservando tuttavia che né Bembo era stato propriamente un laico prima del cardinalato, avendo preso gli ordini minori, né ave va poi abbandonato del tutto gli studi prof ani 35Certo, - con cl udeva - «le op- posizioni sorte contro la sua promozione al cardinalato, per quanto probabilmen- te esagerate a bello studio, dovevano necessariamente riferirsi, almeno in parte, alla non perfetta ortodossia del candidato» 36Do po Ci an la posizione spirituale di Bembo restava aperta anche nel suo migliore allievo, Carlo Dionisotti, tra tutti certo colui che meglio avrebbe potuto affrontarla compiutamente. È questo un punto che, per aver pesato sugli studi storici e letterari successivi, merita consi- derazione.

Nell947, per l'insistenze di Arnaldo Momigliano e Alessandro Passerin d'En- trèves, Dionisotti approdava a Oxford come italianista e s'imbatteva nel carteggio Priuli-Beccadelli, importante perla storia religiosa del Cinquecento. L'anno dopo nella Miscellanea Pia Paschini un suo contributo lasciava intendere il progetto, provato ora dalla conispondenza con De Luca, di pubblicare il carteggio 37lvi ca- deva il giudizio su Carlo Gualtemzzi, amico fraterno e a lungo segretario di Bem- bo, definito:

sensibile pur come Jaico alle nuove istanze religiose, e fedelissimo al Po- le e a tutti i suoi, ma sempre su di una linea di umanistica prudenza, che era anche del suo Bembo e, da più antica data e con più rigore, del Sadoleto 38

Pur attorniato da chi stava facendo scelte radicali in materia di fede, Gualte- ruzzi non aveva avvertito, secondo Dionisotti,

il minimo sospetto d'una possibile taccia d'eresia per quegli amici suoi e del Beccadelli [il gruppo di Reginald Pole]; c'era [stata] anzi fino all'ulti- mo un'assoluta fiducia ( ... ) nella ]oro ascesa cristiana; e c'era [stata la fidu- cia] anche nel caso del Camesecchi, anche se in una lettera del 31 agosto 1565 al Beccadelli, il Gualteruzzi dichiara di non poter più, per ovvie' ragioni di prudenza, corrispondere direttamente col comune amico. (ibid. 257)

35 Vittorio ClAN recensione a: Bernardo MORSOUN. La ortodossia di Pietro Bembo. Saggio [estratto dagli Atti del R. Istit. Veneto, t. III, serie IV- Venezia, 1885], «Giornale storico della let- teratura italiana», v (1885) p. 438-439.

36 lvi, p. 440.

37 Edita da Vincenzo FERA. Tra Piemontesi ad Oxford. La Lectureship di Dionisotti, in Car- lo Dionisotti. Geografia e storia di uno studioso. A cura di Edoardo Fumagalli. Roma; Edizioni di Storia e Letteratura. 2001, p. 69-118.

38 Carlo DIONISOTII. Monumenti Beccadelli, in Miscellanea Pio Paschini. Studi di storia ecclesiastica, II. ("Lateranum", n.s., 15). Roma; Facultas Theologica Pontificii Athenaei. 1949, p. 251-268.

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Dionisotti difese poi sempre questa posizione, per la quale Bembo, Gualte- mzzi e compagni restavano fino all 'ultimo non tacciabili di cedimenti spirituali.

L'edizione del carteggio Priuli-Beccadelli promessa a De Luca perà non usd e, a un certo punto, lo stesso progetto di pubblicazione cessà di interessarlo. Vincenzo Fera, che ha fatto la storia di quelle ricerche oxoniensi, ha osservato perfettamen- te come «la galleria dei personaggi di cui si è occupato [Dionisotti], con Aldo Ma- nuzio al primo posto, consegna sempre paradigmi morali e civili ancora proponi- bili» per lo studioso 39Credo che in questa anamnesi possa riconoscersi anche la ragione di quell'abbandono e mi pare che lo stesso si leghi al giudizio di radicale ripulsa che lo storico venne maturando, durante le ricerche, nei confronti di Priuli e compagni. Sette anni dopo (3 febbraio 1955), Dionisotti cosl spiegava a De Lu- ca l' abbandono dell' impresa:

Fatte le debite proporzioni tra questa e l'Italia del Cinquecento, a me Priuli e compagni fanno ora l'effetto che mi fan Calamandrei e compagni e Viterbo «Il Ponte» di quell'età. E mi viene la pelle d'oca. [ ... ] posso anche andare a Ratisbona con Contarini [allusione alla missione di riconciliazione con la quale C. tento, nel maggio 1541, un ultimo accordo con Melantone, poi rivelatosi inutile], ma lui morto buonanotte: chiudo bottega. Polo, l'inglese [ ... ] è veramente un mauvais maître 40

E poche righe sotto rincarava la dose:

Quel mio giudizio mirava [ ... ] al gruppo di Viterbo, a Polo e ai suoi. E fra questi suoi anche sono naturalmente [ ... ] disposto a distinguere. Ma deb- bo dirti che a tutt'oggi il Priuli mi sembra distiguendo il più sinistro e squal- lido e avverso dell'intiero gruppo. E il più superbamente meschino, dove a Polo non si puo ne gare un a parvenza di drammaticità e grandezza [ ... ]. Gli al- tri no. E Priuli staal Contarini come Soranzo al Bembo. Meglio perderli che

trovarli. (ivi, 40) ·

Un giudizio senza appello, dunque, peril quale concordo con Firpo che non possa dimenticarsi il contesta di radicale confronta ideologico che caratterizzà quell'immediato dopoguerra 41

Su questioni di fede di questo o quel personaggio Dionisotti ha consegnato la sua opinione forse più alla corrispondenza privata che all'opera pubblica. E tutta- via, almeno due valutazioni dei sentimenti religiosi di Bembo e compagni si col- gono nello studio che accompagna l'Orazione ai nobili di Lucca del Guidiccioni (1945) e nei più tardi Appunti sul Bembo e su Vittoria Colonna del 1981. Nel pri- mo contributo, relativo a Lucca (un centro che "fu in Italia la città evangelica per

39 Vincenzo FERA. Tra la Scuola storica e la lezione di Croce: Dionisotti e la letteratura umanistica, in: Carlo Dionisotti. Geografia e storia di uno studioso cit., p. 39.

40 Vincenzo FERA. Tra la Scuola storica ela lezione di Croce cit., p. 40.

41 Massimo FIRPO. Vittore Soranzo cit., p. 10-11.

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eccellenza") 42 è ripetuto l'in vito a non confondere il rifiuto per la condotta profa- na dei religiosi, l'enorme ammirazione perla predicazione dell'Ochino o l'amici- zia per Fregoso, Contarini, Colonna e altri spirituali con l' adesione alle idee rifor- mate, che non fu né di Guidiccioni né di altri. N el seconda, lo storico richiama l' o- pinione espressa da Bembo a Gualteruzzi nel novembre 1538 sul problema della giustificazione, in cui sottolineato il ruolo delle «buone opere» Bembo si smarca dunque dalla «giustificazione per sola fede» che l'ambiente del Pole e della Co- lonna condivideva con i Protes tan ti 43

Parallelamente, si accompagna va nello storico 1 'idea che il dissenso religioso fosse, in Italia, tutto sommato un fatto ristretto a pochi. Anni dopo, ricordando due studiosi diversamente per lui importanti come Paschini [1978] e Cantimori [1998], Dionisotti lamentava la sproporzione di ricerche dedicate al dissenso religioso ri- spetto a quelle dedicate alle opinioni dominanti. Con le sue parole:

la sproporzionata stima di ogni dubbio e dissenso di individui singoli e di piccoli gruppi, e [ ... ] l'altrettanto sproporzionata disistima, cosl della fe- deltà che 1 'assoluta maggioranza degli Italiani, nel Cinquecento e oltre, serbà alla Chiesa di Roma, come del poderoso sforza prodotto allora dalla stessa Chiesa per sostenere una guena di tanta mole, rinnovandosi, difendendosi e offendendo.

Queste parole si leggono nel ricardo di Monsignor Paschini 44 e segnano, cre- do, la distanza che separava lo storico dagli orientamenti che la ricerca aveva in quest'ambito maturato dopo gli Eretici italiani del Cinquecento di Cantimori (1939). Trent'anni dopo i suoi Eretici, lo stesso Cantimori era tm·nato sull'idea di un dissenso limitato nella società italiana, che anche era di Dionisotti, in qualche modo contestandola. Nel contributo su Le idee religiose del Cinquecento, finnato peril V volume della Letteratura italiana di Garzanti (1967), scriveva:

Il movimento ereticale (ne! senso anche di radicalismo spiritualistico e anabattistico) si sta rivelando, attraverso gli studi più recenti, sempre più va- sto e prof on do di quanto non si sapesse o sospettasse qualche decennio fa 45

42 Giovanni GuiDICCIONI. L' urazione ai· nobili d Lucca. A cura di Carlo Dionisotti. Roma;

lstituto grafico tiberino e Officine grafiche di Tivoli. 1945, p. 57.

43 Carlo DIONISOITI. Appunti sul Bembo e su Vittoria Colonna cit., p. 131.

44 Carlo DIONLSOITI, Pio Paschini e la Chie sa di Roma nel Quattro e Cinquecento [ 19781, in Ricordi della Scuola italiana. Roma; Edizioni di Storia e Letteratura. 1998, p. 429-430.

45 Delio CANTTMORI. Le idee religiose del Cinquecento, in Storia della Letteratura italiana.

Vol. v, dir. da Natalino Sapegno e Emilio Cecchi. Milano; Garzanti. 1967, p. 42. La stessa idea è anche in altti stmici della Rifonna: si veda quanto scrive, da ultimo, sulla base della documenta- zione processuale raccolta, Carlo DE FREDE. Tipografi editori lib rai italiani coinvolti in processi di eresia. «Atti dell'Accademia pontaniana>>, n.s., LVI (2007) p. 168: «Conviene qui notare che se era in quel secolo [il Cinquecento] cosl facile essere sospettati e denunciati, i sistemi e i mezzi polizie- schi erano lenti ed incerti e, attraverso le maglie piuttosto rade dell'inquisizione, moite persane so- spettate riuscivano a scappare ed evitavano cosl il processo ela pena. Cio serve a convincerci che

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Rari- ho detto- sono stati i pronunciamenti dionisottiani in materia di fede, nella sua opera, e per lo più confinati al dialogo privato. Per questo motiva, mi de- cida a citare una lettera ricevuta a seguito di un contributo in cui anticipavo la li- sta dei libri ebraici di Bembo 46, che sarebbero poi entrati nel volume sulla biblio- teca. Quella sezione, ricca di più di una cinquantina di testi in ebraico e dunque, in Italia, inferiore solo al patrimonio ebraico di Pico della Mirandola, mi aveva par- tata a toccare del significato che quella cultura aveva negli anni della Riforma.

Dionisotti mostrava di non credere a un nessa fra ebraismo di Bembo e riforma e ribadiva il rifiuto per una interpretazione che associasse Bembo, Sadoleto e amici con evangelici e spirituali o peggio 'eretici'. La lettera iniziava stigmatizzando i moderni cacciatori di eretici (ma l'allusione era a uno studio particolare):

questi modemi laicelli- scriveva- che vanno a gara con Carafa Ghi- sl[i]eri e gli altri inquistori nella caccia degli eretici

e proseguiva:

Credo che Bembo, nominato cardinale, avesse toccato il cielo col dito.

Cosi anche il collega Sadoleto. Erano giunti a una meta, agognata per più di vent'anni. Credo che la nomina di un Soranzo a coadiuatore ne! vescovado di Bergamo [17 giugno 1544] faccia prova del fondamentale ottimismo e scetti- cismo di Bembo, ai limiti della cecità, non di una sua adesione alla riforma.

Insomma non ho cambiato idea da quando lavoravo a Oxford sul carteggio Priuli-Beccadelli poco meno di 50 anni fa. Ma per l'appunto non ho più, da allora, fatto ricerca e riflessione su quel punto. Bisogna, come sempre, rico- minciare ex-nova 47

Il giudizio del massimo storico della nostra letteratura e la reticenza ad af- frontare le posizioni di Bembo e amici in termini di dissenso hanna lasciato im- portanti tracee nel seguito portando a privilegiare senz'altro l'opera letteraria. An- che qui, l'opinione di Cantimori divergeva:

Gli studiosi, anche modemi- scriveva ne! capitolo su Le idee religiose dell967- hanno preferito dedicarsi a rilevare, sottolineare, descrivere e ana- lizzare gli scritti, in prosa e in rima, dei grandi e più conosciuti autori: dal Guicciardini [ ... ]a Vittoria Colonna, a Sannazzaro a Michelangelo Buonarro- ti e cosi via. Ma sottolineare il sentimento religioso dei grandi poeti è una co- sa; altro è ricercare scritti di carattere devoto o esprimenti sentimenti religio- si, composti da autori noti in letteratura per altri motivi 48

il numero degli italiani guadagnati alle idee protestanti fu più grosso che non sembri sulla base del- le rivelazioni offerte agli storici dalla documentazione di arresti, processi e condanne>>.

46 Massimo DANZI. Cuttura ebraica di Pietro Bembo, in Per Cesare Bozzetti. Studi difilo- logia e letteratura italiana. A cura di Simone Albonico, Andrea Comboni, Giorgio Panizza, Claudio Vela. Mi lano; Mondadori. 1996, p. 283-307.

47 Lettera da Londra, del 3 marzo 1995.

48 Delia CANTIMORI. Le idee religiose del Cinquecento cit., p. 10.

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Dleci anni dopo, l'osservazione dello storico ravennate era trasferita a Bembo da Paolo Simoncelli, che in un contributo intitolato Pietro Bembo e l'evangelismo italiano lamentava come la critica e la storiografia avessero privilegiato l'opera letteraria di Bembo a scapito dell' «approfondimento dei suoi atteggiamenti più schiettamente storico-religiosi» 49ln Bembo, Simoncelü individuava prima «Un netto passaggio dal poeta allo spuituale» e, in base all'ammirazione per I'Ochino e ai rapporti col gmppo della Colonna, del Pole, del Fregoso faceva poi di lui uno dei capi degli «spirituali»: «la posizione poHtica-religiosa del Bembo- scriveva- appare saldamente legata al gruppo «SpiritlJale», che anzi, assieme al Contarini Po- lee Fregoso sembrava dirigere» 50Conferma di queste sceltc pareva la vicenda di Soranzo e il suo soggiorno a Napoli, nel circolo valdesiano, che-a giudizio dello storico-<<non poteva avvenire senza l'esplicito consenso del Bembo» (ivi, 6). Sic- ché la scelta poi di Bembo, «che pi~ impmdeote non avrebbe potuta essere», di farne, ne! giugno 1544, il «coadiutore» del Vescovado di Bergamo (ivi, 46).

Ho fin qui affrontato, molto semplificando, il tema di una valutazione del po- sizionamento di Bembo sullo sfondo delle nuove idee religiose. E certo nuova ri- flessione importerebbe l'adesiooe sua e di Contarini alla dottrina della 'giustifica- zione per soJa fede' (la dottrina de justificatione). Come prova al di fuori d'ogni dubbio una lettera spedüa al Giustiniani 51, Contarini vi aveva aderito in privato fin dai 1523, ma tomava ad accettarla pubblicamente ne! 1542 a Ratisbona. Bembo, lo ha mostrato Simoncelli e ribadito Firpo, vi accede invece solo in vecchiaia e pro- babilmente proprio attraverso la mediazione del Soranzo52Nessuno di questi mo- menti, che perla data assumono significati molto diversi, basta a fare di loro dei riformati. In tempi del resto, nei quali ancora la Chiesa non si era pronunciata uf- ficialmente su questioni di fede, a questa posizione poteva giungere un pubblico vario, anche privo di specifiche nozioni teologiche come mostra il caso di Galasso Ariosto, fratello di Ludovico, fatto conoscere da Gigüola Fragnito 53L'adesione del Contarini, privata prima pubblica poi, fu dunque in qualche modo il prezzo da pagare per raggiungere l'accordo con Melantone ed evitare cosl la rottura. Badan- do alla valenza polilica dell'accordo portato a casa dall'amatissimo Contarini, Bembo dovette credere, ottimisticamente, che il Concillo, di cui era partitario, po- tesse darne ratifica. Gli eventi successivi mostrano quanto entrambi si erano sba-

49 Paolo StMONCEl-1.1. Pietro Bembo e l'evangelismo iraliano cit., p. 1.

~lvi, p. 19. L'anicolonon compare nel successivo Evangelismo italiano del Cinquecento.

Questione religiosa e nicodemismo politico. Roma; lstituto storico italinno per I'Età modema e contemporanea. 1979, che ruuavia ne riprcndc vari clementi.

'1

La si veda citata in Gigliola F'RAONITO./n Museo e in villa. Saggi sul Rint1scimellfo per- duto cit., p. 24-25.

Jl Paolo SrMONCP.I.Lt. Pietro Bembo e l'evangelismo iwliano, cil., p. 2.1-22 e 26 e Massimo FlRt•o. Viuore Soranzo cit., p. 107.

Jl Gigliola FRAONITO.Imomo tilla «religione» dell'Ariosto: i dubbi del Bembo e le creden- u dei /ratello Ga/osso. «LcUerc italiane», XLIV (1992) p. 231.

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gliati in quella valutazione, che tuttavia importa perché mostra come a quella data i giochi apparissero, nelle speranze loro, ancora aperti.

Se questa è, a grandi linee, la situazione, va detto che il dibattito storiografi- co sulle posizioni di Bembo e di altri è proceduto fino a oggi nell'assenza di ogni considerazione per libri e biblioteche. Quella di Bembo, fotografata da un inven- tario che per tempo di redazione (1545) subito evoca l'apertura a Trento del Con- cilio, è fra tutte oggi la più importante nonché fra le poche biblioteche di cui siano a quest'epoca documentabili con esattezza anche le singole, minime entrate. Ov- via è dunque la costatazione che essa sottenda quanto ho richiamato di quei più ge- nerali dibattiti di fede come di altri argomenti, che toccarono l'uomo e l'umanista.

4. Vorrei dunque concludere sui libri e sull'apporto che ora essi danno al di- battito storiografico in ordine al problema delle idee bembesche in materia di reli- gione e ragionerà, non per singoli casi, ma necessariamente per aree disciplinari.

Sorprende nella biblioteca 'romana' del cardinale l'assenza di testi volgari, suoi come di altri. Sappiamo infatti che, anche in vecchiaia, Bembo continuà a la- vorare alle opere sue, avendo in animo di dame una nuova edizione, come anche continuà in parallelo a nutrire interesse per la letteratura volgare. Ma di suo la bi- blioteca solo annovera le lettere, presumibilmente latine. Per questi come per altri testi, le assenze possono naturalmente spiegarsi, in parte, con il trasferimento dei materiali da Padova a Roma, e con le perdite che inevitabilmente un simile trasfe- rimento dovette comportare. Qualcosa poi, nell'esclusione dei testi in volgare, avrà contato anche lo scarso interesse del compilatore, il giurista francese Jean Matai, che redigendo l'inventario della biblioteca doveva essere più interessato ad altri ambiti disciplinari che non la poesia ela letteratura volgare. Ma, l'una e l'al- tra ragione non bastano a spiegare quel vuoto, in un inventario redatto in vitae- con ogni verosimiglianza- sotto gli occhi di Bembo. Vien piuttosto da pensare al- la considerazione che ogni umanista mostra, da Petrarca in su, al momento di se- pararsi dalla propria biblioteca, perla parte volgare, che è solitamente scorporata dal resto e tenuta in famiglia più che fatta pubblica 54Bembo aveva col volgare il rapporto che sappiamo, ma l'inventariazione dei suoi libri avveniva quando aveva ormai 75 anni ed è lecito credere che, se non nelle intenzioni, nei fatti almeno avesse valore testamentario: anche nellasciare di lui un'immagine severa, di car- dinale-umanista piuttosto che di poeta volgare. A tale immagine, naturalmente, la sezione ebraica, seconda in Italia solo a quella di Pico, non faceva ostacolo; come

54 Su questo punta si vedano le considerazioni di Giuseppe BILLANOVICH. Biblioteche di dotti e letteratura italiana tra il Trecento e il Quattrocento, in AA.VV. Studi e problemi di critica testuale. Convegno di Studi difilologia italiana neZ centenario della Commissione peri Testi di lingua. Balogna; Commissione peri Testi di lingua. 1961, p. 335-336 e Armando PETRUCCI. Le biblioteche antiche, in Letteratura italiana. Diretta da Alberto Asor Rosa. Vol. n. Produzione e consuma. Torino; Einaudi. 1983, p. 536-537.

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Mancavano invece all'appello, o Matai non le registrava, le opere sia del Pe- trarca spirituale (De secreta conflictu curarum mearum, De ocio religiosorum, De vita solitaria, De remediis utriusque fortuna, ecc.), «la cui incidenza nelle espe- rienza esistenziale e spirituale di tante figure inquiete del Cinquecento religioso rimane tutta da mettere in luce» 55, sia quelle di Erasmo, intellettuale per il quale - al di là del dibattito suU' imitatio latina - la stima era stata alta e reciproca e i rap- porti diretti: nell a Venezia di Aldo ali' inizio del secolo, come nell' accoglienza da- ta trent'anni dopa nella sua casa di Padova a un allievo del grande olandese, il dot- to e cosmopolita viaggiatore portoghese Darniao de Gois 56lnsieme alle opere di Darniao, non mancavano quelle di vari erasrniani, attivi in luoghi e ambiti diversi, attraverso l'Europa. Qui basteranno tre esempi, tra altri: la grammatica greca di Francisco de Vergara (Alcala de Henares 1537), le praecationes greche di Manuel Gabalas (Anversa 1536), preghiere greche fatte latine da traduttori erasrniani elu- terani, o infine le opere di un teologo come Ambrogio Quistelli (Venezia 1537)57

A queste, si accompagnavano testi conte_!P._p_granei segnati da una chiara in- quietudine religiosa: i Problemata di Francesco Zorzi (Venezia 1536), le Paraphrases sui salmi del Flaminio (Padova 1538), i commenti paolini di Gio- vanni Crisostomo tradotti da una figura al limite dell'eterodossia come il benedet- tino Luciano degli Ottoni (Brescia 1538-1539), l'Apologia di un martire dell'in- quisizione come Aonio Paleario (1536) o, infine, quel Dialogo dell'unione spiri- tuale di Dio con l'anima del francescano Bartolomeo da Castello (Perugia 1538), che in più punti trapassava illimite dell' ortodossia 58

Che cosa condividesse Bembo di quelle idee è domanda che non puo essere elusa a conclusione di un intervento che pone al centra la questione dell'interpre- tazione della biblioteca, riproposta al dibattito storiografico dall'inventario di Ma- tai. Già ho detto del elima, non del tutto chiuso alla circolazione e alla discussione in questi anni preconciliari; occorreva prudenza certo, come i carteggi del tempo ci mostrano e, non bastando, la prudenza poteva in alcuni sconfinare in atteggia- menti di aperto nicodernismo. Vorrei pero portare l'attenzione su un altro fatto, e cioè sul modo in cui umanisti di questo livello leggevano testi religiosi, anche ete- rodossi.

11 problema di 'come' si leggeva implica ovviamente l'interpretazione stori- co-culturale che delle presenze libresche noi possiamo dare e, dunque, la nostra

55 Gigliola F'RAGNITO. In Museo e in villa cit., p. 15.

56 Massimo DANZI. La biblioteca del cardinal Pietro Bembo cit., p. 74-77, 133-138.

57 Peril Vergara, si veda: ivi, p. 85-86 e 223-226; peril Gabalas: ivi, p. 73-74 e 163-164 e per Quistelli: ivi, p. 176-178.

5ll Per lo Zorzi, i veda: Massimo DANZl. La biblioteca de cardinal Pietro Bembo cit., p.

204-206; per Flaminio: ivi, p. 146-148; peril commento paoUno dell'Ottoni: ivi, p. 165-167; per Aonio Paleario e Bartolomeo da Castello rispettivamcnte: ivi, p. 310-311, 313-315.

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