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Le rôle des foedera dans la construction de l'Italie romaine

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Proceedings Chapter

Reference

Le rôle des foedera dans la construction de l'Italie romaine

SÁNCHEZ, Pierre, SANZ, Anthony-Marc

Abstract

La classification moderne des traités d'alliance militaire romains en deux catégories juridiquement distinctes ("traités égaux" / "traités inégaux") doit être abandonnée: les termes latins foedus aequum et foedus iniquum appartiennent au vocabulaire de la diplomatie et de la rhétorique, et non à celui du droit, et leur signification varie selon le contexte. Jusqu'à la veille de la première guerre punique (264-241), les Romains ont assuré leur domination sur la péninsule italienne en concluant des traités bilatéraux d'alliance militaire défensive avec les peuples de l'Italie centrale, dans lesquels chaque partie y trouvait son compte, quel que soit le détail des clauses, qui ont sans doute varié de cas en cas.

SÁNCHEZ, Pierre, SANZ, Anthony-Marc. Le rôle des foedera dans la construction de l'Italie romaine. In: Aberson, M. ; Biella, M.C. ; Di Fazio, M. ; Sánchez, P. & Wullschleger, M. Italia centrale e la creazione di una koiné culturale? I percorsi della "romanizzazione. Berne : Peter Lang, 2016.

Available at:

http://archive-ouverte.unige.ch/unige:88458

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MICHEL ABERSON

MARIA CRISTINA BIELLA MASSIMILIANO DI FAZIO PIERRE SÁNCHEZ

MANUELA WULLSCHLEGER (éds)

L’ITALIA CENTRALE E LA CREAZIONE DI UNA KOINÉ

CULTURALE ?

I PERCORSI DELLA

‘ROMANIZZAZIONE’

EGeA VOL.3

‘ROMANIZZAZIONE’

EGeA VOL.3

ABERSON, BIELLA, DI F AZIO, SÁNCHEZ, WULLSCHLEGER

Nel 2011 Michel Aberson, Maria Cristina Biella, Massimiliano Di Fazio e Manuela Wul- lschleger, due Italiani e due Svizzeri, due archeologi e due storici dell’antichità si sono in- contrati a Ginevra presso la Fondation Hardt pour l’étude de l’Antiquité classique e hanno deciso di intraprendere insieme un progetto audace: organizzare tre incontri di studio sui popoli dell’Italia centrale, prendendo in considerazione i diversi momenti della loro vicen- da storica, dall’indipendenza, passando per le loro relazioni con Roma e terminando con la (ri)costruzione delle loro identità all’interno del mondo romano.

Alla base del progetto, che ha subito trovato il supporto di molti colleghi e istituzioni, c’era l'idea di portare storici, archeologi, linguisti e specialisti di letteratura latina a collaborare per costruire insieme su questi argomenti un quadro dalle tinte a volte significativamente contrastanti.

Il presente volume, pubblicato con la collaborazione di Pierre Sánchez, è il risultato del secondo incontro di studi della serie E pluribus unum? L’Italia dalla frammentazione pre- romana all’unità augustea, tenutosi a Roma nel 2014 e incentrato sulle diverse modalità secondo le quali le variegate realtà preromane sono entrate a far parte dell’universo ro- mano. Il dibattito sulla “romanizzazione” è stato uno dei più intensi nel panorama scien- tifico degli ultimi decenni. Del concetto sono stati declinati tutti i possibili punti di vista, tutte le criticità, le debolezze. Nel presente volume, il focus è stato dettato da un voluto understatement. Si è scelto di accettare l’uso dell’etichetta “romanizzazione”, che infatti già dal titolo è stata posta tra virgolette, lasciando che i vari intervenuti fossero liberi di ridefinirla a loro piacimento. L’idea è stata poi quella di articolare il tema in una serie di tavole rotonde, ciascuna incentrata su tematiche specifiche, caratterizzanti del fenomeno

“romanizzatorio”: le dinamiche di integrazione e opposizione alla conquista dai punti di vista politico e istituzionale, le influenze reciproche a cui le diverse lingue e culture epigra- fiche sono stati soggetti, le strutture economiche e del territorio, l’integrazione religiosa e le produzioni artistiche e artigianali sono stati gli argomenti portanti del colloquio. Attorno a queste tavole rotonde, ciascuna coordinata da un discussant, si è cercato ancora una volta di radunare studiosi di formazione e classi di età diverse, alcuni più interessati alle realtà preromane e altri i cui interessi sono invece rivolti al mondo romano, nel tentativo di creare in questo modo ancora una volta il confronto dialogico tra diversi punti di vista.

www.peterlang.com PETER LANG

978-3-0343-2072-6 ISBN

9 7 8 3 0 3 4 3 2 0 7 2 6

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Direction : Lorenz E. Baumer, Philippe Collombert

Comité scientifique : Michel Aberson (Universités de Lausanne et de Genève),

Miroslav Novak (Universität Bern), Joachim Quack (Universität Heidelberg), François Queyrel (EPHE, Paris)

EGeA VOL.3

Comité scientifique du projet «E pluribus unum ? L’Italie, de la diversité préromaine à l’unité augustéenne» :

Michel Aberson (Université de Lausanne, Université de Genève), Lorenz Baumer (Uni-

versité de Genève), Maria Cristina Biella (University of Southampton, British School at

Rome), Edward Bispham (University of Oxford), Tim Cornell (University of Manchester),

Massimiliano Di Fazio (Università di Pavia), Maurizio Harari (Università di Pavia), Damien

Nelis (Université de Genève), Nicholas Purcell (University of Oxford), Christoph Riedweg

(Universität Zürich, ancien directeur de l’Institut Suisse de Rome), Pierre Sánchez (Uni-

versité de Genève), Federico Santangelo (University of Newcastle), Christopher Smith

(British School at Rome), Michel Tarpin (Université de Grenoble), Rudolf Wachter (Uni-

versité de Lausanne, Universität Basel), Manuela Wullschleger (Université de Genève,

Musée d’art et d’histoire de Genève).

(4)

PETER LANG

Bern · Berlin · Bruxelles · Frankfurt am Main · New York · Oxford · Wien

MICHEL ABERSON

MARIA CRISTINA BIELLA MASSIMILIANO DI FAZIO PIERRE SÁNCHEZ

MANUELA WULLSCHLEGER (éds)

L’ITALIA CENTRALE E LA CREAZIONE DI

UNA KOINÉ CULTURALE ? I PERCORSI DELLA

‘ROMANIZZAZIONE’

E PLURIBUS UNUM ?

L’ITALIE, DE LA DIVERSITÉ

PRÉROMAINE À L’UNITÉ

AUGUSTÉENNE, VOL. II

(5)

ISBN 978-3-0343-2072-6 br. ISBN 978-3-0343-2480-9 eBook

ISSN 2296-8628 br. ISSN 2296-8636 eBook

ISBN 978-3-0343-2482-3 MOBI ISBN 978-3-0343-2481-6 EPUB Cette publication a fait l’objet d’une évaluation par les pairs.

© Peter Lang SA, Editions scientifiques internationales, Berne 2016 Hochfeldstrasse 32, CH-3012 Berne, Suisse

info@peterlang.com, www.peterlang.com Tous droits réservés.

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Nous remercions les institutions, les fondations et les associations qui ont soutenu

le colloque et/ou la publication de ce volume :

(6)

V

Indice

Michel Aberson, MAriA cristinA biellA, MAssiMiliAno Di FAzio, Pierre sánchez, MAnuelA Wullschleger

Premessa 1

eDWArD bisPhAM

Una, nessuna o centomila romanizzazioni? 5

I. Integrazione e opposizione

Pierre sánchez, Anthony-MArc sAnz

Le rôle des foedera dans la construction de l’Italie romaine 17

John PAtterson

Elite networks in pre-Social War Italy 43

AltAy Coşkun

The Latin Rights of the Early and Middle Republic: a Pessimistic Assessment 57 loreDAnA cAPPelletti

L’elemento romano negli stati italici in età anteriore alla Guerra Sociale (90-88 a.C.) 73 AnDreA rAggi

Le concessioni di cittadinanza viritim prima della Guerra Sociale 85

sylvie PittiA

Conclusioni 97

II. Lingua e testi gillesvAn heeMs

Vers une koinè italienne? La langue latine au contact de ses voisines:

questions de méthode et réflexions autour du cas du «bilinguisme» étrusco-latin 105 enrico benelli

Culture epigrafiche in Italia fra IV e I secolo a.C.: alcune osservazioni 121 eMMAnuel DuPrAz

Le Tavole Iguvine e la questione della latinizzazione dell’Italia:

contatti con il latino nell’umbro del II sec. a.C.? 127

PAolo Poccetti

Conclusioni 143

(7)

VI

III. Strutture e territorio Gabriele Cifani

L’economia di Roma nella prima età repubblicana (V-IV secolo a.C.): alcune osservazioni 151 MiChel Tarpin

L’appropriation du territoire par Rome: conquête, deditio, foedus, confiscation 183 enzo lippolis

La città in Italia tra modelli ellenistici e politica romana 201

niCola TerrenaTo

Conclusioni 249

IV. Religione

GianluCa De sanCTis

Il “linguaggio” del politeismo e i percorsi della romanizzazione 257 olivierDe Cazanove

Offerte della e dall’Italia centrale.

Teste e uteri di terracotta come spie delle dinamiche di diffusione 273 Tesse D. sTek

‘Romanizzazione religiosa’ tra modello poliadico e processi culturali.

Dalla destrutturazione postcoloniale a nuove prospettive sull’impatto della conquista romana 291 ChrisTopher sMiTh

Conclusions 307

V. Arte e artigianato artistico Maurizio harari

Hellenismus in Mittelitalien, quarant’anni dopo. Un anticipo di Conclusioni 313 laura Maria MiCheTTi

Artigianato artistico e committenza privata in ambiente etrusco-italico

nell’età della romanizzazione tra integrazione e sopravvivenza 329 filippo DeMMa

Architetture della “conquista”: elementi per la ricostruzione di un dialogo culturale 365 fabrizio pesanDo

Architettura domestica e segmentazione sociale all’epoca della romanizzazione

dell’Italia antica: integrazione e omologazione 393

Mario Torelli

Riflessioni a margini del convegno 407

Discussione finale

Tavola rotonda 413

Indice

(8)

1

M

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A

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AriA

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AssiMiliAno

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AnuelA

W

ullschleger

Premessa

Il dibattito sulla “romanizzazione” è stato uno dei più intensi nel panorama scientifico degli ultimi decenni. L’elenco di contributi critici è ampio, e continua ancora a crescere1. Del concetto sono stati declinati tutti i possibili punti di vista, tutte le criticità, le debolezze. Se ne è fatta perfino una sorta di “cartina di tornasole” di certe storiche differenze tra tradizioni accademiche diverse. Si è arrivati, infine, a proporre di abolire il termine stesso, in quanto inadeguato o fuorviante.

In questo dibattito, come talvolta accade, è suc- cesso che ad un certo punto il focus si sia spostato sull’etichetta, in una disputa che assomiglia per certi versi a quelle dotte contese medievali tra nominalisti e realisti. Speculando in termini di

“imperialismo”, “colonialismo”, “post” e “anti- colonialismo”2, si è giunti a discutere ad un livello teorico molto raffinato, ma forse fin troppo alto:

talmente alto, da che si è finito talvolta per perdere di vista i dati, i fatti, le specificità.

Nel convegno che qui si introduce, il focus è stato dettato da un voluto understatement. Si è scelto di accettare l’uso dell’etichetta “romanizzazione”, che infatti già dal titolo dell’incontro di studi è posta tra virgolette, lasciando che i vari interve- nuti fossero liberi di ridefinirla a loro piacimento, di adottare una definizione corrente, o sempli- cemente di glissare. Questo nella convinzione che “un’etichetta è un’etichetta è un’etichetta”,

per dirla alla Gertrude Stein. Di conseguenza, abbiamo preferito dare la precedenza ai dati, alle analisi specifiche. Ma anche in questo caso, come in quello del primo convegno della nostra serie3, non mancava un’idea che fungesse da volano:

nel primo incontro ginevrino, era stata quella di mettere in dialogo su uno stesso popolo dell’Italia antica due studiosi di formazione e/o interessi diversi, storico e archeologico. In questo secon- do appuntamento, l’idea è stata invece quella di articolare il tema in una serie di tavole rotonde, ciascuna incentrata su tematiche specifiche che ci sono parse tra quelle più caratterizzanti del fenomeno “romanizzatorio”. La scelta è caduta sui concetti di “integrazione e opposizione” alla conquista letti dal punto di vista storico, sulle mo- dificazioni a cui lingua e testi sono stati soggetti, sulle variazioni nelle strutture economiche e del territorio, sugli aspetti di integrazione religiosa e infine su quelli legati alle produzioni artistiche e artigianali. Attorno a queste tavole rotonde, ciascuna coordinata da un discussant, abbiamo cercato di radunare studiosi di formazione e classi di età diverse, alcuni più interessati alle realtà preromane e altri i cui interessi sono invece rivolti al mondo romano, nel tentativo di creare in questo modo ancora una volta il confronto dialogico tra diversi punti di vista. Il focus geografico prescel- to è stato quello della penisola italiana. È infatti

1 Si vedano di recente e senza pretese di completezza versluys 2014; trAinA 2006.

2 Per una critica dei concetti di “imperialismo” e “co- lonialismo” applicati allo studio del mondo antico,

rimandiamo alle riflessioni di versluys 2014, p. 9 e ai contributi di discussione a questo lavoro contenuti nello stesso fascicolo.

3 Entre archéologie et histoire 2014, p. 1-3.

(9)

2

questa la “romanizzazione” che ci interessava:

l’incontro tra la cultura romana in espansione e le diverse realtà della penisola italica. Un incontro, questo, necessariamente diverso da quello tra Roma e le culture d’oltralpe (Gallia, Britannia, penisola iberica, Grecia), che invece è spesso al centro del dibattito teorico sulla “romanizza- zione”4. Ma si tratta forse di due fenomeni troppo distanti per essere confrontati: troppo diverse non solo le realtà sottomesse, ma troppo diversa la stessa potenza dominatrice, quella Roma che tra i secoli dell’espansione in Italia e la fase del traboc- care oltre i confini della penisola era cambiata, e non poco.

I risultati di questo esperimento sono stati partico- lari. Alcuni intervenuti, a margine del convegno, si sono detti solo parzialmente soddisfatti o in parte sconcertati proprio per quella mancanza di riflessione teorica di cui abbiamo detto. Ma ora, rivedendo i contributi riuniti e pubblicati, crediamo di poter dire che questo insieme di dati e riflessioni su singoli aspetti possa costituire una base su cui poter tornare a ragionare anche dal punto di vista teorico in maniera più serena e meditata, essendoci forse lasciati alle spalle costrutti teorici entrati nell’uso comune, frutto di assai acute intuizioni, ma a volte sostanziati da insiemi di dati in parte esili.

Ciò è stato a nostro avviso possibile grazie a due elementi in particolare. Il primo è il livello di ag- giornamento delle nostre conoscenze nei diversi campi in cui l’incontro tra Roma e i popoli italici si manifestò, aggiornamento di cui va reso merito agli studiosi che hanno partecipato. Il secondo è proprio il dibattito tra studiosi di formazione diversa, che hanno potuto dialogare e confron- tare le proprie idee, i propri strumenti, le proprie categorie fuori dalle tentazioni autoreferenziali che a volte gravano sui convegni troppo speciali- stici. Perché non si può non dare ragione ancora una volta ad un maestro come Fernand Braudel, quando già nel 1950 diceva: “non c’è scampo al di fuori del lavoro di équipe”5.

E ci piace ricordare che si è trattato di un lavoro di équipe che è emerso sin dalle fasi organizzati- ve del convegno e di cui non possiamo non dare conto con grande soddisfazione. Ci era parso sin da subito il caso che la scelta migliore per parlare di “romanizzazione” fosse quella di organizzare il convegno nel centro del potere, a Roma. Chiunque abbia avuto la fortuna di frequentare l’ambiente accademico romano, sa quanto una delle enormi ricchezze che lo contraddistinguono siano le Ac- cademie straniere. E ad alcune di esse ci siamo rivolti, ricevendo pieno supporto e ogni tipo di aiuto. E di questo aiuto siamo particolarmente grati, in un periodo che, come tutti sappiamo, non è felicissimo per le nostre ricerche. Il Convegno si è così potuto avvalere del sostegno incondizio- nato dell’Istituto Svizzero di Roma, della British School at Rome, del Koninklijk Nederlands Insti- tuut Rome e dell’École française de Rome.

La pubblicazione degli Atti è stata possibile gra- zie ai contributi dell’Università di Ginevra, in particolare dell’Unité d’Histoire ancienne, del Dé partement des sciences de l’Antiquité, della Faculté des Lettres (Fonds Casaubon), del Fonds général du Rectorat pour les publications e della Maison de l’His toire, dell’Università di Zurigo (Fonds für Altertumswissenschaft) e dell’Associa- tion des Membres et des Amis de l’Institut Suisse de Rome (AMA ISR).

Ancora una volta ci teniamo particolarmente a chiudere il volume con un ringraziamento sentito a tutti i membri del Comitato Scientifico del pro- getto E pluribus unum? L’Italia dalla frammenta- zione preromana all’unità augustea, che in questi anni hanno continuato a non farci mancare il loro sostegno, con preziosi spunti critici di riflessione e con i più disparati aiuti.

Michel Aberson Maria Cristina Biella Massimiliano Di Fazio Pierre Sánchez Manuela Wullschleger

M. Aberson, M. cristinA biellA, M. Di FAzio, P. sAnchez, M. Wullschleger

4 WoolF 1998; keAy & terrenAto 2001. 5 brAuDel 2003, p. 23.

(10)

3

Abbreviazioni bibliografiche

brAuDel 2003

F. brAuDel – Scritti sulla storia, Milano (= Écrits sur l’histoire, Paris 1969), 2003.

Entre archéologie et histoire 2014

Aberson (M.), biellA (M.c.), Di FAzio (M.), Wull-

schleger (M.) (ed.) – Entre archéologie et histoire:

dialogues sur divers peuples de l’Italie préromaine, Bern, 2014.

Premessa

keAy & terrenAto 2001

keAy (s.), terrenAto (n.) (eds.) – Italy and the West:

Comparative Issues on Romanization, Oxford, 2001.

trAinA 2006

trAinA (g.) – “Romanizzazione, ‘métissages’, ibri dità, Alcune riflessioni”, MEFRA, 118/1, 2006, p. 151-158.

versluys 2014

versluys (M.J.) – “Understanding objects in motion.

An archaeological dialogue on Romanization”, in Archaeological Dialogues, 21.1, 2014, p. 1-20.

WoolF 1998

WoolF (g.) – Becoming Roman: The Origin of Provincial Civilization in Gaul, Cambridge, 1998.

(11)

P

ierre

s

ánchez

, A

nthony

-M

Arc

s

Anz

Le rôle des foedera dans la construction de l’Italie romaine

et les Apuliens6, Naples7, Teanum Apulum8, Camérinum et Iguvium en Ombrie9, les Marses, les Péligniens, les Marrucins et les Frentans10, ainsi que les Vestins11 et les Picéniens12, Paestum et Vélia13, Rhégium14, Tarquinies15, Héraclée16, Locres17 et enfin Tarente18. On peut d’autre part postuler raisonnablement leur existence pour d’autres peuples et cités d’Italie19.

Aucun de ces traités ne nous est connu dans le détail de ses clauses par les sources littéraires ou épigraphiques. Pourtant, de nombreux Modernes ont estimé qu’il était possible d’en reconstituer le contenu en s’appuyant sur des documents paral- lèles, antérieurs ou postérieurs à la période consi- dérée ici. Selon eux, il y aurait eu deux sortes de traités: les foedera aequa, qui plaçaient Rome et certains de ses partenaires sur un pied d’égalité, Les traités d’alliance militaire (foedera) sont

généralement considérés par les Modernes comme l’un des instruments essentiels de l’affirmation de l’hégémonie de Rome sur l’Italie entre le IVe et le IIIe siècle, à côté des formules plus intégra- trices de l’incorporation civique ou de la coloni- sation latine. Sur l’ensemble de la période de la conquête de l’Italie par les Romains, on identifie en effet plus d’une vingtaine de peuples et de cités de la péninsule italienne ayant bénéficié de traités de ce type, dans des espaces fort divers et sans qu’aucune différence culturelle semble faire obstacle à leur conclusion. Sont explicitement attestés les traités avec les Latins1, les Samnites2, les Campaniens3, les Falisques4, les cités latines restées indépendantes après la dissolution de la Ligue, comme Tibur et Préneste5, les Lucaniens

1 En 358 (liv. 7.12.7).

2 En 354, plusieurs fois renouvelé par la suite (liv. 7.19.4; 7.30.4; 7.31.2; 8.2.1-4; 9.45.4; Per. 11.5; Dion. h. 15.7.2 [= 15 F Pittia]; 17/18.2.1 [= 17 A Pittia]; Flor. 1.11).

3 En 343 ou peu après (liv. 23.5.9; 31.31.10-11; Flor. 1.11).

4 En 343 (liv. 7.38.1).

5 Sans doute dès 338 (Pol. 6.14.8).

6 En 326 (liv. 8.25.2), et encore en 298 pour les premiers (liv. 10.12.1; Dion. h. 17/18.1.2 [= 17 A Pittia]).

7 En 326 (liv. 8.26.6; 35.16.3; 36.42.1; Pol. 6.14.8; cic. Balb. 21 et 55).

8 En 317 (liv. 9.20.7-8).

9 En 310 pour Camérinum (liv. 9.36.7-8; 28.45.20; cic. Balb. 46; vAl. MAx. 5.2.8); sans doute avant 295 pour Iguvium (cic. Balb. 46-47).

10 En 304 (DioD. 20.101.5; liv. 9.45.18), puis en 302/1 pour les seuls Marses (liv. 10.3.5).

11 En 302 (liv. 10.3.1).

12 En 299 (liv. 10.10.12).

13 Peut-être dès 293 pour Vélia. La date du traité avec Paestum, qui devint colonie latine dès 273, n’est pas connue (liv. 26.39.5; cic. Balb. 55).

14 Peut-être dès 282 (liv. 26.39.5; 35.16.3; 42.48.6-7).

15 Manifestement après 281 (AE 1951, 191).

16 À l’époque de la guerre pyrrhique (cic. Arch. 6; Balb.

21; 50).

17 Après 277 (Pol. 12.5.1-3; liv. 36.42.1-2; 42.48.6-7).

18 Vraisemblablement dès 272 (liv. 35.16.3).

19 Par exemple Nuceria Alfaterna en 308 (cic. Balb. 28) ou encore les Herniques d’Aletrium, Verulae et Feren- tinum en 306 (liv. 9.43.23). D’autres communautés ont pu en bénéficier, malgré les doutes d’oAkley

2005, p. 274 et de rich 2008, p. 51-75. Cf. sAnz 2013, p. 99-117 et 513-528 pour la défense de l’opinion tra- ditionnelle et la liste complète des accords militaires en dehors des foedera explicitement attestés.

(12)

18

du moins en droit si ce n’est en fait, et les foedera iniqua, qui sanctionnaient la hiérarchie existant en droit comme en fait entre Rome et ses autres alliés20.

D’après eux, le modèle pour tous les foedera aequa aurait été le foedus Cassianum conclu entre Rome et les Latins au tout début du Ve siècle av.

J.-C., qui ne contenait que des clauses réciproques garantissant les droits et fixant les devoirs des deux parties contractantes: après la proclamation de la paix et du principe d’une neutralité réci- proque, les dispositions proprement militaires y apparaissent en effet sous la forme d’un devoir d’assistance mutuelle en cas d’agression contre l’un des deux contractants par un tiers, ainsi que d’un partage équitable du butin21. Ces clauses d’alliance militaire défensive figurent également, avec des variantes, dans une série de traités conclus avec différentes communautés de l’Orient hellénique au IIe et au Ier siècle av. J.-C., dont un certain nombre sont épigraphiquement attestés22. Quant aux foedera iniqua, ils se seraient carac- térisés, toujours selon eux, par la présence de deux clauses unilatérales en faveur de Rome, à savoir, la clause «de majesté», qui contraignait

l’État partenaire à préserver la maiestas du peuple romain23, et la clause d’alliance militaire défensive et offensive, qui lui imposait d’avoir en toutes circonstances les mêmes amis et les mêmes ennemis que les Romains, ce qui revenait à lui interdire toute forme de politique extérieure indépendante24. Le traité de paix et d’alliance romano-étolien de 189 av. J.-C., qui comporte l’une et l’autre clause, aurait constitué l’exemple type du foedus iniquum25.

Les spécialistes de l’expansion romaine en Italie sont divisés en ce qui concerne la fréquence d’utilisation de l’une ou l’autre catégorie de traités dans le cadre de l’organisation de la péninsule: d’après les uns, la plupart des traités conclus par Rome au IVe et au IIIe siècle auraient été des foe- dera aequa26, mais selon d’autres, les Romains auraient par principe imposé des foedera iniqua à leurs partenaires italiens après les avoir soumis par les armes ou leur avoir imposé une deditio, sauf exceptions dûment signalées par les auteurs antiques27. Plusieurs historiens ont par ailleurs soutenu que les deux types d’alliés avaient fini par être traités de la même façon, les uns et les autres devant fournir des troupes à la demande et se plier Pierre sánchez, Anthony-MArc sAnz

20 Parmi les très nombreux savants qui ont adopté cette classification ou fait usage de ces appellations, cf.

MArQuArDt 18812, p. 45-46; beloch 1880, p. 194- 200; De sAnctis 1907, p. 451-452; täubler 1913, p. 44-86; PAis 1920, p. 408-409; beloch 1926, p. 190; horn 1930, p. 5-7, 91, 94, 98; heuss 19642, p. 62; DAhlheiM 1968, p. 60-64, 131, 135, 205-206, 273-274; ilAri 1974, p. 34-42; huMbert 1978, p. 82, 88-89, 97, 120-122, 167-170, 174-175; bengtson

1982, p. 49, 63, 119; herMon 1989, p. 146, 151, 168; BAronowski 1990, p. 345-369; AvrAM 1999, p. 87-93; kAntor 2013, p. 6844. Parmi les juristes, cf. FrezzA

1938, p. 369, 396; guArino 19877, § 41, 119 & 121; PArADisi 1954, p. 1-19, 39-46; gAuDeMet 1964, p. 700, 704-706; cAtAlAno 1965, p. 250, 266, n. 78; bAuMAn 1976, p. 20-22; toMulescu 1977, p. 424- 427; lurAschi 1979, p. 25-40; PlesciA 1994, p. 330- 335; bAlDus 1998, p. 199, 227-229, 269, 447-448, 461.

21 Dion. h. 6.95.2.

22 Cf. Mitchell 2005 pour l’ensemble du dossier. Sur la pratique diplomatique romaine en Orient aux derniers siècles de la République, cf. notamment FerrAry

1990. Celle-ci est désormais beaucoup mieux connue, en particulier grâce la publication récente du traité romano-lycien de 46 av. J.-C. par St. Mitchell, et grâce

à la découverte de nouveaux fragments, encore inédits, du traité avec Kibyra, qui permettent de fixer sa date (établissement de l’amitié et de la coopération militaire avec Rome dès 188, puis conclusion du foedus à Rome en 174 av. J.-C.).

23 cic. Balb. 35 (maiestatem populi Romani comiter con - seruanto); cf. cic. Balb. 37-38; liv. 38.11.2; Pol. 21.32a.2; Dig. 49.15.7 (= Procul. epist. 8); gunDel

1963; gAuDeMet 1964; bAuMAn 1976; giovAn-

nini 2008.

24 liv. 38.8.10 (ut eosdem quos populus Romanus ami- cos atque hostes habeant); cf. liv. 38.11.3; cic. fam.

12.15.2; De libero 1997.

25 Pol. 21.32a; liv. 38.11.

26 FrAccAro 1934, p. 197, 204; bADiAn 1958, p. 25-28; gunDel 1963, p. 319; heuss 19642, p. 62; DAhlheiM

1968, p. 119, n. 21; gAlsterer 1976, p. 101-102; hAn-

tos 1983, p. 167-181; BAronowski 1990, p. 365-366.

27 gelzer 1924, col. 951-952; hoMo 19532, p. 272-273; PigAniol 19776, p. 95-96; sherWin-White 19732, p. 119-133; McDonAlD 1944, p. 12; De MArtino

19732, p. 73-75, 108-109; Werner 1963, p. 445, 468- 469; toynbee 1965, p. 261-265; hArris 1971, p. 101- 107; sAlMon 1982, p. 68; stAveley 19892, p. 426; Mouritsen 1998, p. 43-44 et n. 21; Aigner-Foresti

2005, p. 113-114.

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19

à la volonté de Rome pour toutes les questions relatives à la guerre et à la paix28.

Des voix n’ont pas manqué de s’élever contre cette classification schématique des traités29, mais rares sont ceux qui ont osé contester le principe même d’une répartition des alliés militaires de Rome en deux catégories cloisonnées et juridiquement définies30. Rares sont ceux également qui ont vu dans ces foedera autre chose qu’un moyen pour Rome de dominer ses partenaires. Dans les pages qui suivent, nous commencerons par remettre en cause ce système de classification et de dénomi- nation des traités en analysant tous les passages antiques où apparaissent les adjectifs aequus et iniquus en relation explicite ou implicite avec un foedus (I)31, puis nous procéderons à un examen de l’usage et de l’interprétation que les Romains et leurs partenaires ont fait du foedus dans le cadre de la défense du Latium et de l’Italie centrale jusqu’à la veille de la deuxième guerre punique, afin d’en proposer une nouvelle lecture (II)32.

I. Foedus aequum et foedus iniquum : usages antiques

Foedus iniquum

Cette formule est un hapax; elle apparaît chez Tite-Live dans un discours qu’un notable chal- cidien aurait adressé en 192 aux ambassadeurs

étoliens qui invitaient sa cité à se joindre au sou- lèvement contre Rome aux côtés d’Antiochos III:

Nullam enim ciuitatem se in Graecia nosse quae aut praesidium habeat aut stipendium Romanis pendat aut foedere iniquo adligata quas nolit leges patiatur / «Il ne connaissait en Grèce aucune cité qui soit tenue par une garnison, ou qui paie tribut aux Romains, ou qui, enchaînée par un traité injuste, se plie à des lois dont elle ne veut pas»33.

Le sens de foedus iniquum ne fait aucun doute dans ce contexte: il s’agit d’un traité «défavo- rable» et donc considéré comme injuste par les al- liés; la formule ne correspond à aucune catégorie juridique prédéfinie par les Romains eux-mêmes, ainsi que l’avait déjà noté E. Badian («iniquum was hardly a suitable diplomatic term»)34, et elle ne donne pas d’indication sur le contenu de l’accord. Elle reflète simplement l’opinion des partenaires de Rome qui s’estimaient lésés par les traités qu’ils avaient conclus sous la contrainte.

Cette interprétation est corroborée par plusieurs passages de Tite-Live et de Cicéron relatifs à des échanges diplomatiques entre Rome et l’un ou l’autre de ses partenaires: les leges ou les condi- ciones proposées ou fixées par l’une des parties y sont considérées par l’autre partie comme iniquae, voire iniquissimae, c’est-à-dire particulièrement désavantageuses et injustes, ce qui conduit parfois à la rupture des négociations35. Ces deux auteurs savent qu’il existait des traités moins avantageux que d’autres pour les alliés, notamment ceux qui, d’après Cicéron, contenaient la fameuse clause Le rôle des foedera dans la construction de l’Italie romaine

28 MoMMsen 1887, p. 664 et n. 1-2; FrezzA 1969, p. 357; lurAschi 1979, p. 39; BAronowski 1990, p. 355; glADhill 2008, p. 49.

29 MAtthAei 1907, p. 183; bADiAn 1958, p. 26 et n. 2; ziegler 1972, p. 84-85; ilAri 1974, p. 39; lurAschi

1979, p. 25-26; hAntos 1983, p. 156-168; BAronowski

1990, p. 346; FerrAry 1990, p. 218 et n. 2; oAkley

2005, p. 273.

30 gruen 1984, p. 14-15, et glADhill 2008, p. 47-49, font figure d’exception.

31 Nous avons pris en compte les textes où figurent des formules du type pax aequa ou leges/condiciones aequae/iniquae (foederis).

32 Pour une remise en question du système traditionnel complémentaire à la nôtre, cf. kent 2012. Celui-ci met en avant la réputation des grands généraux romains

et les liens sociopolitiques entre les élites locales pour expliquer les coopérations militaires qui se sont nouées en Italie avant la première guerre punique; il rappelle par ailleurs que d’autres cités et peuples ont formé leurs propres réseaux d’alliances face à Rome, et que les changements d’allégeance ont été nombreux au IVe siècle.

33 liv. 35.46.10. Sauf indication contraire, toutes les tra- ductions des passages antiques cités sont personnelles.

34 bADiAn 1958, p. 26 et n. 2.

35 liv. 30.4.8 (iniquis per occasionem adiectis [i.e.

legibus]; débat entre Scipion et Syphax/Carthage); cic. Balb. 41 (non foedus sibi nobiscum <ictum> sed iniquissimas leges impositas a nobis esse arbitrabun- tur; point de vue des Gaditains); cf. aussi cic. Att.

8.11d.6; fam. 6.4.4; Phil. 2.37.

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ordonnant à la cité partenaire de préserver la majesté du peuple romain, mais ils emploient les adjectifs comparatifs superior et inferior – éga- lement sans valeur juridique – pour distinguer les deux types de traité ou décrire la condition respective des deux parties contractantes, et non la formule foedus iniquum36.

Leges aequae et leges iniquae foederis chez Virgile

Plusieurs vers de l’Énéide évoquant le traité de paix conclu entre Énée et Latinus intéressent notre propos: le roi Latinus s’engage à céder des terres aux Troyens, qui combattront désormais à ses côtés; en contrepartie, Énée renonce à la royauté et au commandement des armées au profit de son beau-père et il se retire avec son épouse dans une cité nouvellement bâtie; à la demande de Junon, il accepte également que les Troyens abandonnent leur nom, leur langue et leur costume afin d’adopter ceux des Latins37. Dans ce foedus, les clauses ne sont ni symétriques ni réciproques, et l’une des parties fait davantage de concessions que l’autre, mais Latinus et Énée n’en considèrent pas moins que ces leges sont aequae ou pares, car elles ont été élaborées d’un commun accord et à la satisfaction des deux adversaires réconciliés38. Ce traité est également évoqué par Didon, mais elle porte un jugement fort différent: elle estime qu’Énée, en cédant la royauté à Latinus et en renonçant au nom de Troyens, a souscrit à un traité de paix dont les clauses sont iniquae, c’est-à-dire défavorables et injustes39. Dans tous ces passages, les protagonistes expriment des jugements personnels et subjectifs: un seul et même foedus est considéré comme aequum par les uns et iniquum par les autres.

Les trois types de foedera dans le discours de Ménippos

En 193, Antiochos III, dont les relations avec Rome se détérioraient depuis plusieurs années, tenta d’obtenir un traité d’alliance militaire qui le protégerait d’une guerre dirigée contre lui. Son ambassadeur Ménippos commença son discours en rappelant qu’il existait trois sortes de traités:

Esse autem tria genera foederum quibus inter se paciscerentur amicitias ciuitates regesque. Unum, cum bello uictis dicerentur leges; ubi enim omnia ei qui armis plus posset dedita essent, quae ex iis habere uictos, quibus multari eos uelit, ipsius ius atque arbi- trium esse; alterum, cum pares bello aequo foedere in pacem atque amicitiam uenirent; tunc enim repeti reddique per conuentionem res et, si quarum turbata bello possessio sit, eas aut ex formula iuris antiqui aut ex partis utriusque commodo componi; tertium esse genus cum qui nunquam hostes fuerint ad amicitiam sociali foedere inter se iungendam coeant: eos neque dicere nec accipere leges; id enim uictoris et uicti esse /

«Or, il y a trois sortes de traités par lesquels les rois et les cités peuvent établir l’amitié entre eux. Premier cas de figure: les clauses sont dictées aux vaincus (par le vainqueur) à l’issue d’une guerre; en effet, une fois que toutes les possessions ont été remises entre les mains de celui qui l’a emporté par les armes, ce dernier décide selon le droit (de la guerre) et son libre arbitre ce qu’il laisse aux vaincus et ce qu’il veut leur enlever à titre d’indemnité. Deuxième cas de figure: n’étant pas parvenus à se départager par les armes, (des ennemis) en viennent à rétablir la paix et l’amitié par un traité conclu sur un pied d’égalité; dans ce cas, les possessions sont réclamées et restituées par une convention, et si l’une d’elles a été endommagée par la guerre, on s’arrange à son propos d’après la situa- tion juridique antérieure ou par un accord à l’amiable entre les deux parties. Troisième cas de figure: deux États qui n’ont jamais été ennemis s’unissent par un traité d’alliance militaire; dans ce cas, il ne s’agit ni de dicter ni de recevoir des lois – il n’en est ainsi qu’entre vainqueurs et vaincus»40.

36 cic. Balb. 35-36 (maiestatem populi Romani comiter conseruanto; id habet hanc uim, ut sit ille in foedere inferior … deinde cum alterius populi maiestas conse- ruari iubetur, de altero siletur, certe ille populus in superiore condicione causaque ponitur cuius maiestas foederis sanctione defenditur); cf. aussi Balb. 44 (ne ipsi Gaditani arbitrentur … inferius esse suum foedus quam ceterorum); liv. 1.52.4 (in eo foedere superior Romana res erat).

37 verg. Aen. 11.320-322 (discours de Latinus); 12.189- 194 (discours d’Énée); 12.821-828 (discours de Junon).

38 verg. Aen. 11.321-322 (foederis aequas / dicamus leges); 190-191 (paribus se legibus ambae / inuictae gentes aeterna in foedera mittant); cf. aussi liv. 8.5.4 (dabimus ut condiciones pacis feramus aequas utrisque; discours du Latin Annius au Sénat à la veille de la guerre latine: il propose la création d’un État unifié ayant Rome pour capitale).

39 verg. Aen. 4.618-620 (sub leges pacis iniquae); cf.

serv. Aen. 1.6 (iniqua enim pax est in qua nomen amittit ille qui uicit).

40 liv. 34.57.7-9.

Pierre sánchez, Anthony-MArc sAnz

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21

L’ambassadeur ne se réfère pas ici à trois catégo- ries de traités juridiquement distinctes; il énumère les différentes circonstances qui peuvent conduire deux États à s’unir par un foedus. Dans les deux premiers cas de figure envisagés, il s’agit de réta- blir la paix et l’amitié entre deux États à l’issue d’une guerre, alors que dans le troisième, l’état de paix et l’amitié existent déjà entre les deux par- ties, qui décident de les renforcer par une alliance militaire. Dans le premier cas de figure, c’est le vainqueur qui dicte les clauses au vaincu, alors que dans le deuxième et le troisième, le foedus est élaboré d’un commun accord entre les partenaires.

Le traité imposé par le vainqueur au vaincu après une deditio ne porte aucune épithète dans le dis- cours de Ménippos, et il ne serait pas légitime de lui accoler l’adjectif iniquum, comme on l’a fait parfois dans la littérature scientifique. Quant au foedus aequum, il ne correspond pas ici à un traité d’alliance militaire défensive – celui-ci est appelé foedus sociale – mais à un traité de paix entre deux adversaires qui ne sont pas parvenus à l’emporter sur le champ de bataille et qui décident de se res- tituer mutuellement ce qu’ils se sont pris pendant la guerre. Ce traité est subjectivement qualifié d’aequum par Ménippos car c’est un accord jugé équitable et acceptable par les deux adversaires, qui ont élaboré ses clauses en commun et sur un pied d’égalité, sans qu’il y ait ni vainqueur ni vaincu41. Le foedus aequum entre Hannibal et Locres En 215, les Locriens harcelés par les troupes carthaginoises acceptèrent d’ouvrir leurs portes à Hannibal, à condition qu’un traité soit conclu aequis legibus:

Hamilcarem Poenosque ea condicione ut foedus extemplo aequis legibus fieret in urbem acceperunt.

[…] Locrensibus iussu Hannibalis data pax ut liberi suis legibus uiuerent, urbs pateret Poenis, portus in potestate Locrensium esset, societas eo iure staret

ut Poenus Locrensem Locrensisque Poenum pace ac bello iuuaret / «[Les Locriens] reçurent alors Hamilcar et les Carthaginois dans la ville, pour autant qu’un traité à des conditions équitables soit immé- diatement conclu. […] Par ordre d’Hannibal, la paix fut accordée aux Locriens aux conditions suivantes: ils vivraient libres selon leurs propres lois; la ville serait ouverte aux Carthaginois; le port resterait au pouvoir des Locriens; l’alliance militaire stipulait que les Carthaginois devraient aider les Locriens en temps de paix et en temps de guerre, et les Locriens les Carthaginois»42.

Les Locriens n’étaient pas en position de force, mais ils savaient qu’Hannibal préférait négocier plutôt que de perdre du temps, de l’argent et des hommes à assiéger la ville, et c’est pourquoi ils s’estimaient en mesure de demander un foe- dus aequis legibus, c’est-à-dire un traité à des conditions «équitables» ou «avantageuses». On peut se demander s’ils ont réellement participé à l’élaboration des clauses sur un pied d’égalité, et l’on constate en tous cas que le traité définitif se présente sous la forme d’une paix accordée uni- latéralement par Hannibal. Certes, les clauses de l’alliance militaire, rédigées selon un modèle grec (pace ac bello), sont parfaitement symétriques, mais ce n’est pas le cas des autres clauses: les Locriens ont obtenu de conserver leur autonomie interne et le contrôle du port; en contrepartie, ils doivent accueillir dans la ville les armées car- thaginoises, ce qui ne représente pas une mince concession de leur part. On ignore si, après avoir subi la présence des troupes d’Hannibal, ils ont estimé avoir réellement obtenu un foedus aequum.

Foedus aequum et clause de majesté chez le juriste Proculus

Le juriste Proculus, actif sous les Julio-Claudiens, est le seul auteur antique à avoir explicitement tenté de ranger les alliés de Rome en deux caté- gories distinctes en se fondant sur l’absence ou

41 Cf. aussi dans le même sens liv. 42.25.10-11 (foedus cum patre ictum ad se nihil pertinere … nouom foedus si secum facere uellent, conuenire prius de condicio- nibus debere; si in animum inducerent, ut ex aequo foedus fieret, et se uisurum, quid sibi faciundum esset; lettre de Persée, qui exige la révision du traité conclu

avec son père Philippe); sil. itAl. Pun. 6.484-491 (pari libeat si pendere bellum / foedere et ex aequo geminas conscribere leges; discours de Régulus, qui invite le Sénat à refuser la proposition de paix des Carthaginois).

42 liv. 24.1.9 & 13.

Le rôle des foedera dans la construction de l’Italie romaine

(16)

22

la présence de la clause de majesté dans leurs traités:

Liber autem populus est is, qui nullius alterius populi potestati est subiectus: siue is foederatus est item, siue aequo foedere in amicitiam uenit siue foedere comprehensum est, ut is populus alterius populi maiestatem comiter conseruaret. Hoc enim adicitur, ut intellegatur alterum populum superiorem esse, non ut intellegatur alterum non esse liberum: et quemadmo- dum clientes nostros intellegimus liberos esse, etiamsi neque auctoritate neque dignitate neque uiribus nobis pares sunt, sic eos, qui maiestatem nostram comiter conseruare debent, liberos esse intellegendum est /

«Est libre un peuple qui n’est soumis au pouvoir d’aucun autre peuple: de même si c’est un peuple fédéré, peu importe qu’il entre dans l’amitié par un traité conclu sur un pied d’égalité, ou qu’on stipule dans le traité que ce peuple devra préserver avec obligeance la maiestas d’un autre peuple. En effet, on ajoute cette clause afin que l’on comprenne que l’un des deux peuples est supérieur, mais non pas que l’autre peuple n’est pas libre. De la même façon que nous considérons nos clients comme des personnes libres, même s’ils ne sont nos égaux ni par l’autorité, ni par la dignité ni par la puissance, de même il faut considérer comme libres ceux qui doivent préserver avec obligeance notre maiestas»43.

Cet extrait du Digeste a joué un rôle central dans l’élaboration du système de classification des traités chez les Modernes, mais l’interprétation qui en a été donnée jusqu’ici nous paraît sujette à caution. Tout d’abord, il faut noter que les foe- dera qui ne sont pas considérés comme aequa ne sont pas pour autant appelés iniqua: pour les définir, le juriste n’a pas d’autre solution que de citer in extenso la clause de majesté, et cela tend à prouver qu’il ne se réfère pas ici à une classifi- cation juridique et officielle en vigueur de longue date. Nous avons quelques raisons de penser qu’il dépend directement ici du pro Balbo, car le libellé de la clause de majesté est à la fois proche de celui qu’on lit chez Cicéron et différent de celui qu’on trouve dans le traité romano-étolien cité par Polybe et Tite-Live44; on peut donc supposer qu’il a également emprunté la formule foedus aequum au vocabulaire de la rhétorique et de la diploma-

tie en usage au dernier siècle de la République.

Ensuite, on constate qu’il n’est pas question de la clause «mêmes amis, mêmes ennemis» dans ce passage: la présence de la clause de majesté dans un traité suffit pour que Proculus ne le considère pas comme un foedus aequum, ce qui met défi- nitivement à mal le schéma traditionnel: si l’on s’en tient à la définition du juriste, les traités de la fin de la République conclus avec quelques communautés micrasiatiques (Cnide, Mytilène et les Lyciens), qui comportent à la fois les clauses réciproques de l’alliance militaire défensive et la clause de majesté, doivent être placés dans la catégorie des foedera qui ne sont pas aequa, et non dans une troisième catégorie mixte imaginée par quelques savants45. Enfin, la comparaison que Proculus effectue avec les rapports privés de clientèle montre que la hiérarchie établie par la clause de majesté entre Rome et certains de ses partenaires n’est pas de nature juridique: c’est par son autorité, par sa dignité et par sa puissance que l’État romain l’emporte sur ses partenaires, de la même façon qu’un patronus est supérieur à ses clientes. Le juriste affirme d’ailleurs qu’il n’y a aucune différence, du point de vue du droit, entre les divers peuples foederati: avec ou sans clause de majesté dans leurs traités, ils doivent être considérés comme des peuples libres, et cela signifie selon lui qu’ils ne sont soumis au pouvoir (potestas) d’aucun autre peuple.

Foedus aequum et l’organisation de l’Italie Aucun des passages examinés ci-dessus n’entre dans le système de classification moderne des trai- tés, et c’est à la lumière des résultats de l’enquête conduite jusqu’ici que nous devons examiner les textes qui font état de foedera aequa conclus entre Rome et certains peuples et cités de l’Italie: les Latins, Capoue, les Samnites, Camérinum et Héraclée. Nous terminerons par l’examen du cas de Teanum Apulum qui, d’après Tite-Live, n’était pas au bénéfice d’un foedus aequum.

43 Dig. 49.15.7.1 (= Procul. epist. 8).

44 cic. Balb. 35 (maiestatem populi Romani comiter con ser - uanto). Maiestas est associée à imperium chez liv. 38.11.2; on trouve ἀρχὴ καὶ δυναστεία chez Pol. 21.32a.2.

45 täubler 1913, p. 64-66, 427, 450-452; DAhlheiM

1968, p. 273-274; FerrAry 1990, p. 231-235. bAro-

nowski 1990, p. 366, avait déjà relevé ce point.

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23

Les Latins

D’après Tite-Live, la guerre romano-latine de 340- 338 qui conduisit à la dissolution de la Ligue latine aurait eu pour point de départ une divergence d’interprétation du traité conclu entre Rome et les Latins au début du Ve siècle et renouvelé en 358.

Comme il s’agissait d’un traité d’alliance militaire défensive exclusivement, les Latins estimaient qu’ils étaient libres de venir en aide aux Sidicins, attaqués par les Samnites46. Mais le Sénat leur signifia de ne pas faire la guerre aux Samnites, car ceux-ci étaient également alliés des Romains depuis peu47. C’est en réaction à cette exigence que le général latin L. Annius aurait prononcé un discours de protestation devant l’assemblée des Latins – il s’agit naturellement d’un discours fictif:

Nam si etiam nunc sub umbra foederis aequi seruitu- tem pati possumus, quid abest quin proditis Sidicinis non Romanorum solum sed Samnitium quoque dicto pareamus respondeamusque Romanis nos, ubi innue- rint, posituros arma? Sin autem tandem libertatis desiderium remordet animos, si foedus est, si societas aequatio iuris est, […] si socialis illis exercitus is est quo adiuncto duplicent uires suas, quem secernere ab se consules bellis propriis ponendis sumendisque nolint, cur non omnia aequantur? / «En effet, si nous pouvons encore, sous l’ombre d’un traité équitable, endurer l’esclavage, qu’est-ce qui nous empêche, après avoir trahi les Sidicins, d’obéir aux ordres, non seulement de Rome, mais aussi des Samnites, et de répondre aux Romains, dès qu’ils nous ferons signe, que nous poserons les armes? Mais si enfin un regret de liberté nous mord le cœur; s’il y a un traité; si une alliance militaire équivaut à une égalité de droits; […]

si l’armée alliée est telle pour eux qu’en se l’adjoignant, ils doublent leurs forces, et que les consuls refusent se s’en séparer pour entreprendre ou abandonner leurs propres guerres, pourquoi pas toutes choses égales entre nous?»48.

Les historiens modernes ont extrait de son contexte la formule sub umbra foederis aequi, qu’ils ont ensuite rapprochée des clauses de l’alliance militaire du foedus Cassianum citées par Denys d’Halicarnasse et d’un passage de Tite-Live

où il est dit que rien, dans le traité, n’interdisait aux Latins de faire la guerre à qui ils voulaient49; ils en ont déduit qu’un foedus aequum était un traité d’alliance militaire défensive qui ne comportait pas de clause unilatérale obligeant les partenaires de Rome à avoir les mêmes amis et les mêmes ennemis que les Romains. Cette reconstruction, séduisante à première vue, néglige le fait que ce foedus aequum devenu l’ombre de lui-même apparaît dans un discours exprimant le point de vue subjectif des Latins, et elle ne tient pas compte des autres parties du discours d’Annius. Pour lui, une coopération militaire fondée sur un foedus devrait être par principe équitable et considérer les deux partenaires sur un pied d’égalité, d’autant plus si ceux-ci fournissent le même nombre de soldats: c’est ce qu’indique la suite du passage, et notamment la formule si foedus est, si societas aequatio iuris est. Replacée dans ce contexte, la formule sub umbra foederis aequi révèle surtout le sentiment des Latins, qui avaient désormais l’impression d’être traités comme des sujets de Rome alors qu’ils avaient combattu à forces égales durant plus d’un siècle pour la défense du Latium.

Le point de vue d’Annius doit être comparé à celui du stratège achéen Lycortas, exprimé dans un discours adressé en 184 à un légat romain, qui reprochait aux Achéens le traitement cruel qu’ils avaient infligé aux Spartiates, qui étaient depuis peu membres de leur koinon: Lycortas estime qu’un traité d’amitié et d’alliance militaire crée en principe des droits et des devoirs équivalents pour les deux parties (si foedus ratum est, si societas et amicitia ex aequo obseruatur); il reconnaît cependant que Rome est dans les faits la puissance dominante en Grèce et que le traité conclu sur un pied d’égalité n’est qu’une illusion (specie, inquis, aequum est foedus: re apud Achaeos precaria libertas, apud Romanos etiam imperium est); il se borne donc à demander que les Achéens soient traités avec respect, dignité et équité, et non de la même manière que des ennemis vaincus (ne in

46 liv. 7.29.3-5; 8.1.8-10; 8.2.5-8.

47 liv. 7.19.4; 8.1.7-2.4 (traité romano-samnite); 8.2.9-13 (ambassade samnite à Rome); 8.5.1 (ordre du consul aux Latins de ne pas faire la guerre aux Samnites).

48 liv. 8.4.2-3.

49 Dion. h. 6.95.2; liv. 8.2.13 (in foedere Latinos nihil esse quod bellare cum quibus ipsi uelint pro - hibeant).

Le rôle des foedera dans la construction de l’Italie romaine

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