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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MILANO

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Academic year: 2022

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MILANO Facoltà di Medicina e Chirurgia

Corso di Laurea in Ostetricia

Cancro e gravidanza: management ostetrico

Relatore:

Dott.ssa Giovanna Scarfone

Correlatore:

Ost. Desiree Errante

Tesi di laurea di:

Zamira Costa Matricola 767526

Anno Accademico 2011/2012

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INDICE

RIASSUNTO…….………..pag 1 ABSTRACT………....pag 2 INTRODUZIONE………pag 3 SCOPO DELLA TESI………pag 6

1. EPIDEMIOLOGIA DEI TUMORI IN GRAVIDANZA………...pag.7

2. PATOLOGIE TUMORALI IN GRAVIDANZA……….pag.10 2.1 TUMORE DELLA MAMMELLA………..pag.10 2.2 CARCINOMA DELLA CERVICE UTERINA………...pag.13

3. METODICHE DIAGNOSTICHE………...pag.16 3.1 GLI ULTRASUONI………...pag.16 3.2 I RAGGI X………..pag.17 3.3 LA RISONANZA MAGNETICA………...pag.22

4. TRATTAMENTI POSSIBILI……….pag.24 4.1 TERAPIA CHIRURGICA……….pag.24 4.2 CHEMIOTERAPIA………...pag.25 4.2.1 IMPIANTO………..pag.26 4.2.2 I TRIMESTRE………pag.26 4.2.3 II E III TRIMESTRE………...pag.27 4.2.4 A LUNGO TERMINE………pag.27 4.3 RADIOTERAPIA………..pag.28 4.4 CONTROLLO DEI SINTOMI………...pag.29

5. TIMING E MODALITA’ DEL PARTO ……….pag.31

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6. ALLATTAMENTO IN DONNE CON TUMORE……….pag.34 6.1 IN CORSO DI CHEMIOTERAPIA……….pag.36 6.2 IN TERAPIA CON ANTIEMETICI………..pag.39

7. MANAGEMENT OSTETRICO……….pag.40 7.1 L’OSTETRICA NELLA CONSULENZA PRECONCEZIONALE…………...pag.40 7.2 NEL I TRIMESTRE………...pag.42 7.3 NELLA DIAGNOSI PRENATALE………..pag.43 7.4 NEL II E III TRIMESTRE……….pag.43 7.5 INTERVENTI ASSISTENZIALI CHE PUO’ ATTIVARE L’OSTETRICA…...pag44

8. CONCLUSIONI………...pag.47

9. BIBLIOGRAFIA………..pag.49

10. SITOLOGIA………...pag.56

11. RINGRAZIAMENTI...pag.57

(4)

1 RIASSUNTO

Il management di una gravidanza associata al tumore è molto difficile e richiede la compartecipazione di figure professionali differenti. L’esatta incidenza di tumore in gravidanza è ancora da determinare con precisione; si stima si aggiri attorno ad 1 caso su 1000 gravidanze, ma è destinata ad aumentare in considerazione della sempre maggiore frequenza di gravidanze in età avanzata che va caratterizzando la società moderna. Le metodiche diagnostiche utilizzate sono gli ultrasuoni, i raggi x e la risonanza magnetica.

I trattamenti variano in base alla tipologia e alla localizzazione del tumore.

Essi possono essere: il trattamento chirurgico che ad es. nel tumore alla mammella diagnosticato nel primo trimestre potrebbe consistere nella mastectomia radicale modificata; il trattamento chemioterapico come adiuvante durante il secondo e il terzo trimestre con il minimo rischio per il feto; e la radioterapia assolutamente controindicata durante la gravidanza a causa del rischio di lesioni per il feto. Una volta che la modalità di trattamento appropriato viene scelta, la sua attuazione non può essere ritardata a causa della gravidanza. Il timing del parto andrà dunque attentamente valutato durante il counseling tra operatore e coppia e andrà considerata ogni volontà della donna riguardo la gravidanza stessa. L’ostetrica in tal senso potrà attuare un’assistenza mirata al problema, attraverso un supporto psicologico costante e personalizzato per ogni singolo caso. La figura dell’ostetrica sarà infatti presente durante tutto il percorso che riguarda: la visita pre- concezionale, la diagnosi prenatale, l’assistenza al parto e nel puerperio.

Infatti sarebbe opportuno protrarre tale assistenza mirata e personalizzata anche durante il puerperio, soprattutto in quei casi di pazienti in corso di chemioterapia o con terapia ultimata che possono comunque intraprendere un allattamento sicuro per mamma e bambino. In tal senso sono state valutate nuove condizioni per cui l’ allattamento risulta possibile.

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2 ABSTRACT

The managment of pregnancy associated to cancer is very difficult and it needs the sharing of different professional figures. The exact incidence of cancer during the pregnancy is still to be determinated with precision; they estimate it is about 1 case on 100 pregnancies but it can increase for the bigger frequency of pregnancies of elderly women in modern society.

The most used diagnostic methods are ultrasound, x-rays and magnetic resonance imaging. The treatments are different according to the typology and to the cancer’s location. They can be: the surgical treatment modified radical mastectomy in case of the breast cancer diagnosed in the first trimester, the adjuvant chemiotherapy during the second and third trimester with the minimum risk for foetus and radiotherapy absolutely contraindicated during pregnancy for the injury risk for the foetus. When the right treating way is chosen its carrying out cannot be delayed for the pregnancy.

The birth date will be carefully evaluated during the doctor and the couple’s counselling and the woman’s decision will be considered. Midwives can carry out a targeted assistance to the problem, through a personal and constant psychological support for each case. The figure of the midwife will be always present during the preconceptional visit, the prenatal diagnosis attendance at birth and in puerperium. It would be suitable to go on this assistance during the puerperium above all when there are patients who are under chemotherapy or in case of a completed therapy so they can start a sure breastfeeding .In this sense new conditions for a possible feeding have been evaluated.

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3 INTRODUZIONE

Cancro e gravidanza. Da sempre, queste due parole accostate sono state lette come tanti altri ossimori comuni: bianco e nero, dolce e salato, vita e morte. Parole di significato opposto che si contraddicono a vicenda. La parola gravidanza infatti evoca il concetto di inizio della vita, nascita, mentre la parola cancro ha da sempre suscitato un certo timore, rappresentando spesso il concetto di fine, di termine di vita. Per l’immaginario collettivo è ancora così: un connubio impossibile, un paradosso filosofico e biologico, una tragedia per la madre, il partner e l’intera famiglia.

Eppure gli ultimi due decenni sono stati caratterizzati da un’evoluzione della cultura nell’oncologia ginecologica mirante soprattutto alla diagnosi precoce delle neoplasie della mammella, della cervice uterina, dell’ovaio e degli altri tumori genitali, ma anche alla ricerca di modalità terapeutiche (chirurgiche e mediche) di sempre più elevata efficacia e, nei limiti del possibile, tendenti a conservare la fertilità nelle pazienti in età riproduttiva o premenarcale. Nel caso di una gravidanza associata al tumore è stata poi acquisita una preziosa esperienza grazie alla quale modificando il trattamento senza conseguenze per la prognosi materna si è riusciti, in un’elevata percentuale di casi, a raggiungere l’età gestazionale che garantiva buone probabilità per la nascita di un neonato vitale, privo di danni dovuti alle terapie fatte di necessità alla madre e nel quale controlli prolungati per anni hanno dimostrato che nessun danno strutturale o funzionale imputabile ai trattamenti era riscontrabile in età infantile e adolescenziale (G. Pescetto et al.,2009).

Il numero di casi di neoplasia maligna durante la gravidanza è in crescita in quanto sta aumentando sempre di più l'età in cui le donne hanno il primo figlio, e il cancro è una malattia la cui incidenza aumenta proprio con l'età (http://www.airc.it, Il cancro in gravidanza: verso la cura giusta; 08/11/2011).

Qualunque tumore maligno può verificarsi in gravidanza, ma i più comuni sono: il tumore della cervice uterina, il tumore della mammella, il melanoma, i linfomi e le leucemie (European Commission,1999).

La diagnosi di tale patologia rappresenta una sfida difficile per la donna, la famiglia e lo staff medico. La consapevolezza della gravidanza e della neoplasia solleva numerosi problemi psicologici ed etici (Int J Gynecol Cancer. 2009 May). Essendo una neoplasia caratterizzata dalla compresenza di madre e feto è necessaria più che mai la collaborazione di un team multidisciplinare: l’oncologo chirurgo, l’oncologo medico, l’ostetrico, il neonatologo, lo psicologo, per la gestione ottimale del singolo caso clinico e per la personalizzazione del timing e della modalità del parto.

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4 E’ importante sottolineare che durante la valutazione clinica della paziente si considerano: l’effetto della gravidanza sul tumore, l’effetto del tumore sulla gravidanza, gli effetti collaterali della terapia medica o altra terapia, l’efficacia della stessa sulla paziente e il desiderio della paziente di conoscere al meglio l’evolversi della propria gravidanza in termini di effetti avversi sul feto. Non è descritto in letteratura, per la relativa rarità dell’evento e per l’assenza di studi prospettici, un protocollo di diagnosi e cura dei casi di tumore in gravidanza;

allo stesso modo, solo piccoli studi retrospettivi o case reports valutano la sicurezza dei differenti farmaci chemioterapici in gravidanza (European Commission,1999; Sophine et al.,2011).

Grazie all’impegno della ricerca in tale settore si può dire che oggi questa idea di associare la parola cancro al concetto di morte è infondata, perché in molti casi esistono modi e terapie per tenere sotto controllo la malattia senza danni a madre e/o feto.

L’argomento ha sempre suscitato in me molta curiosità a motivo della familiarità del tumore alla mammella che ha colpito gran parte delle donne della mia famiglia. Ho avuto modo di comprendere in modo più chiaro elementi della fisiopatologia che porta alla formazione neoplastica proprio durante il terzo anno del corso di laurea in ostetricia. La dottoressa G.

Scarfone, infatti, ha esposto nel corso del primo trimestre argomentazioni relative alle diverse neoplasie genitali femminili. Tale occasione mi ha permesso di fare ricerche più approfondite e di proporre infine tale argomento come quello su cui avrei voluto incentrare la mia tesi di laurea. Il percorso non è stato semplice in quanto il materiale presente in rete e, più in generale, su cui si è scritto è poco. Mancano studi prospettici che valutino gli outcome materni e fetali dopo un cancro durante la gravidanza e manca materiale su un aspetto che a me in quanto neo ostetrica interessa maggiormente: linee guida che possano orientare le figure professionali verso un’assistenza mirata alla donna affetta da tale patologia. La formazione che abbiamo ricevuto dall’ università ci ha permesso di imparare diverse tipologie di assistenza, che si tratti di un parto vaginale spontaneo, di un taglio cesareo, di un intervento ginecologico, di un’emergenza ostetrica o di un allattamento difficoltoso, ma nulla si è ancora detto dell’assistenza di cui necessita una donna colpita da neoplasia maligna. Una donna che non ha solo il cancro ma che sta anche affrontando una gravidanza, che sta attraversando un periodo che per la maggior parte delle altre donne è roseo e felice. Il supporto psicologico, oltre che pratico, ha un ruolo fondamentale per infondere in loro più sicurezza e consapevolezza che oggi di cancro, anche in gravidanza, si può guarire. Recenti studi hanno permesso inoltre di aprire una nuova frontiera anche per il puerperio: l’allattamento che fino a pochi anni fa, in corso di chemioterapia era assolutamente sconsigliato, è

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5 possibile in una buona percentuale di donne trattate. Per questo un grande capitolo presente nell’elaborato riguarda l’allattamento nelle donne a terapia ultimata e il management ostetrico in diverse fasi della gravidanza associata a neoplasia maligna.

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6 SCOPO DELLA TESI

L’elaborato darà risposta ai seguenti quesiti:

1) Quale neoplasia maligna colpisce maggiormente le donne in gravidanza?

2) Quali metodiche diagnostiche si possono utilizzare in donne gravide?

3) Quali trattamenti sono possibili in gravidanza?

4) Quale percorso affronta la donna nella scelta del timing e della modalità del parto?

5) Si può allattare in corso di chemioterapia o al termine?

6) Che tipo di assistenza offre l’ostetrica a tali donne?

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1. EPIDEMIOLOGIA DEI TUMORI IN GRAVIDANZA

Si stima che 1 su 1000 gravidanze è complicata dal cancro; tale incidenza è destinata ad aumentare in considerazione della sempre maggiore frequenza di gravidanze in età avanzata che va caratterizzan

moderna (European Commission,1999).

maggioranza dei tumori aumenta con l’età.

(Tabella 1.1)

(Tabella 1.1. Incidenza dei tumori che aumenta in funzione dell’età

I tumori che più comunemente

che hanno la maggiore incidenza nell’età riproduttiva della donna e cioè il tumore della mammella, il tumore della cervice uterina, il melanoma, il linfoma e la leucemia. L’incidenza/1000 gravidanze del tumore della

EPIDEMIOLOGIA DEI TUMORI IN GRAVIDANZA

Si stima che 1 su 1000 gravidanze è complicata dal cancro; tale incidenza è destinata ad aumentare in considerazione della sempre maggiore frequenza di gravidanze in età avanzata che va caratterizzan

(European Commission,1999). Infatti l’incidenza della maggioranza dei tumori aumenta con l’età.

(Tabella 1.1. Incidenza dei tumori che aumenta in funzione dell’età Concessa dal Dott. F.Parazzini)

I tumori che più comunemente si presentano in gravidanza sono quelli che hanno la maggiore incidenza nell’età riproduttiva della donna e cioè il tumore della mammella, il tumore della cervice uterina, il melanoma, il linfoma e la leucemia. L’incidenza/1000 gravidanze del tumore della

7 EPIDEMIOLOGIA DEI TUMORI IN GRAVIDANZA

Si stima che 1 su 1000 gravidanze è complicata dal cancro; tale incidenza è destinata ad aumentare in considerazione della sempre maggiore frequenza di gravidanze in età avanzata che va caratterizzando la società Infatti l’incidenza della

(Tabella 1.1. Incidenza dei tumori che aumenta in funzione dell’età

si presentano in gravidanza sono quelli che hanno la maggiore incidenza nell’età riproduttiva della donna e cioè il tumore della mammella, il tumore della cervice uterina, il melanoma, il linfoma e la leucemia. L’incidenza/1000 gravidanze del tumore della

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mammella è di 0.3

al.,AmJObGyn. 2003), de

2003), di leucemia 0.1 (Smith et al AmJObstetGynecol,2003). I dati risultano essere

appartenenti alla stessa classe d’età.

E’ possibile dunque osservare l’andamento del tempo, in Italia

considerazione e il periodo di riferimento.

(Tabella 1.2)

(T

Si presuppone, dall’analisi di dati precedenti, che l’incidenza/1000 gravidanze di tumore aumenterà a causa dell’aumento dell’età in cui la mammella è di 0.3-0.1 (Pavlidis 2002), della cervice di 0.1 (Smith et

AmJObGyn. 2003), dell’ovaio 0.01-0.03 (Smith et al.,

2003), di leucemia 0.1 (Smith et al AmJObstetGynecol,2003). I dati risultano essere simili sia in donne gravide che in donne non gravide appartenenti alla stessa classe d’età.

E’ possibile dunque osservare l’andamento dell’incidenza nel corso del in Italia, valutando la classe d’età delle donne prese in considerazione e il periodo di riferimento.

(Tabella 1.2 . Concessa dal Dott.F. Parazzini)

Si presuppone, dall’analisi di dati precedenti, che l’incidenza/1000 gravidanze di tumore aumenterà a causa dell’aumento dell’età in cui la

8 lla cervice di 0.1 (Smith et 0.03 (Smith et al.,AmJObGyn.

2003), di leucemia 0.1 (Smith et al AmJObstetGynecol,2003). I dati onne non gravide

l’incidenza nel corso del valutando la classe d’età delle donne prese in

abella 1.2 . Concessa dal Dott.F. Parazzini)

Si presuppone, dall’analisi di dati precedenti, che l’incidenza/1000 gravidanze di tumore aumenterà a causa dell’aumento dell’età in cui la

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donna concepisce il primo figlio e a causa dell’aumento dell’inci tumori in età giovanile, soprattutto cancr

melanomi.

È interessante anche osservare come sia variata nel corso degli anni dal 2002 al 2008 l’età materna in relazione alla prima gravidanza.

(Tabella 1.3)

(Tabell

donna concepisce il primo figlio e a causa dell’aumento dell’inci

tumori in età giovanile, soprattutto cancro alla mammella, linfomi,

È interessante anche osservare come sia variata nel corso degli anni dal 2002 al 2008 l’età materna in relazione alla prima gravidanza.

(Tabella 1.3. Concessa dal Dott. F. Parazzini)

9 donna concepisce il primo figlio e a causa dell’aumento dell’incidenza di o alla mammella, linfomi,

È interessante anche osservare come sia variata nel corso degli anni dal 2002 al 2008 l’età materna in relazione alla prima gravidanza.

a 1.3. Concessa dal Dott. F. Parazzini)

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10 2. PATOLOGIE TUMORALI IN GRAVIDANZA

Diversi studi retrospettivi hanno dimostrato che l’età media della madre al momento della diagnosi di cancro durante la gravidanza è 33-34 anni e che l’età gestazionale soprattutto per il tumore della mammella è di 17-25 settimane gestazionali (Eur J cancer, 2010).

I più frequenti sono il tumore della mammella e il tumore della cervice uterina.

2.1 Tumore della mammella

Si definisce tumore della mammella associato alla gravidanza il tumore la cui diagnosi viene effettuata in gravidanza o entro il primo anno dal parto.

Tale tumore colpisce approssimativamente 1 gravidanza su 3000 ed è il secondo tumore maligno più frequente (Navrozoglou I et al.,2008). L’età media delle donne colpite da tale tumore è compresa tra i 32 e i 38 anni.

La neoplasia maligna della mammella in gravidanza e la maggior parte dei tumori alla mammella in donne al di sotto dei 40 anni, è diagnosticata attraverso la palpazione di un nodulo atipico (Molckovsky A. et al.,2008).

Diventa così imperativo, alla prima visita ostetrica, effettuare un accurato esame della mammella e incoraggiare la donna a continuare un’auto- esaminazione nel corso di tutta la gravidanza. Buona parte delle donne affette da tale tumore in gravidanza riscontrano infatti masse doloranti alla palpazione con relativo ispessimento della cute (Theriault R. et al.,2007).

Fare diagnosi di carcinoma della mammella in una donna gravida è più difficile che nella donna non gravida. La donna in gravidanza subisce al- cuni cambiamenti ormonali per cui le mammelle aumentano di volume e rendono alla donna stessa e al medico difficoltosa la diagnosi di noduli sospetti. Il tumore della mammella può essere mascherato anche da eventi fisiologici quali l’ingorgo mammario che rende difficile riconoscere la presenza di una tumefazione. Comunque, ogni massa, solida o cistica, a carico della mammella deve essere esaminata e la diagno-

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11 stica/trattamento non deve essere ritardata (Russo et al.,2004).

L’approccio clinico dipende da molti fattori, tra cui l’età gestazionale, il tipo, la sede, le dimensioni e lo stadio del tumore, nonché la volontà della paziente.

Sono riportati di seguito due schemi riassuntivi relativi ai passi da com- piere per la diagnosi effettiva della patologia e il relativo trattamento nel I trimestre, nel II trimestre e nel tardo III trimestre.

(Tabella 2.1 e Tabella 2.2)

Work-up of Breast mass

(Tabella 2.1.) Work-up of Breast mass. Molockovsky A, Madarnas Y. Breast cancer in pregnancy, 2008

Breast mass palpated

Breast ultrasound

Benign Suspicious

Mammogram ± fine needle aspiration

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12 Managing Breast Cancer in Pregnancy

(Tabella 2.2). Molockovsky A, Madarnas Y. Breastcancer in pregnancy, 2008

Time of diagnosis Surgical Treatment

Adjuvant Treatment AfterDelivery

1 st trimester Modified

radical mastectomy

or

lumpectomy with axillary node dissection

2nd

trimesteradjuvantchemotherapy

±Radiation

± Hormone therapy

2nd trimester/early 3rd trimester Modified radical mastectomy

or

lumpectomy with axillary node dissection

±Adjuvantchemotherapy ±Radiation

±Hormone therapy

±Adjuvant chemotherapy

Late 3rd trimester Modified

radical mastectomy

or

lumpectomy with axillary node dissection

Adjuvant chemotherapy

±Radiation

±Hormone therapy

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13 Una volta fatta diagnosi di neoplasia maligna alla mammella in gravidanza è molto importante non rimandare il trattamento. Se la donna è vicina al termine di gravidanza, è ragionevole procedere prima con il parto e solo in seguito con il trattamento adeguato. Nel caso in cui fosse ancora lontano il termine sarebbe saggio procedere comunque con il trattamento adeguato.

Non ci sono infatti evidenze scientifiche per dimostrare che la fine della gravidanza nel primo o secondo trimestre influisca sulla prognosi (Lenhard MS. et al.,2008). L’intervento chirurgico è il trattamento d’elezione nella neoplasia maligna alla mammella diagnosticata in gravidanza ed operabile, con il quale si effettua una radicale mastectomia (Molockovsky A. et al.,2008).

I rischi dell’intervento relativi allo sviluppo fetale sono quelli derivanti dalla somministrazione di farmaci anestetizzanti per l’anestesia generale che di solito viene praticata in questo genere di interventi. Essa infatti può aumentare il rischio di aborto spontaneo nel primo trimestre (Molockovsky A.

et al.,2008).

La radioterapia è in genere controindicata in gravidanza per l’aumentato rischio di malformazioni fetali e di ritardi nello sviluppo neuro-cognitivo del feto. In ogni caso con pazienti presso il termine la radioterapia seguita da intervento chirurgico mirato può avere un ruolo importante nella conservazione di parte della mammella.

Gli agenti chemioterapici sono controindicati nel primo trimestre di gravidanza a causa dell’aumentato rischio di teratogenicità durante l’organogenesi. Dopo il primo trimestre (> 14 settimane gestazionali) la chemioterapia usata tipicamente nel trattamento della neoplasia maligna alla mammella al di fuori della gravidanza, non è associata a nessun aumento di rischio di malformazioni fetali (Molockovsky A. et al.,2008).

2.2 Carcinoma della cervice uterina

Il carcinoma della cervice uterina sta diventando meno frequente, grazie alle metodiche di screening (Pap-test) e alla vaccinazione contro l’infezione da

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14 HPV, virus ritenuto responsabile di più dell’80% delle forme invasive. In ogni caso, questa patologia si può sviluppare in corso di gravidanza e un Pap-test anomalo non deve essere attribuito alla gravidanza stessa, ma deve essere seguito dalla colposcopia ed eventuali biopsie. Se la biopsia rileva forme pre- invasive, la paziente prosegue la gravidanza e la modalità del parto non è correlata alla diagnosi di malattia. Il controllo post-partum si esegue almeno 6 settimane dopo e prevede normalmente il Pap-test. La diagnosi di carcinoma in situ impone di effettuare ulteriori indagini in corso di gravidanza. Può essere necessario eseguire una conizzazione della portio per escludere l’invasività. Può essere indicata l’isterectomia al momento del parto, nel caso di carcinoma della cervice invasivo. Pertanto, le ulteriori indagini possono essere rimandate fino al controllo delle 6 settimane, data in cui può essere istituito il trattamento appropriato (Int J Gynecol Cancer 2009 May).

Se giustificata, la conizzazione può essere protratta dopo il parto. Se diventa necessario effettuarla nel corso della gravidanza, l’ideale sarebbe nel secondo trimestre tra la 14° e la 20° settimana di gestazione, seguita dall’applicazione di un cerchiaggio cervicale. Le possibili complicanze di una conizzazione durante la gravidanza sono: emorragia, aborto, parto pretermine, infezioni, morte endouterina fetale. Per quanto riguarda l’aborto esso è riscontrato nel 33% dei casi di conizzazione nel primo trimestre.

La modalità terapeutica di intervento non varia tra donne con neoplasia maligna cervicale gravide e donne con la stessa patologia non gravide: è personalizzata, varia in base al trimestre di gestazione, tiene conto della volontà della donna di portare a termine la gravidanza, si basa sui principi enunciati dalla FIGO (International Federation of Gynecology).

Nel caso in cui alla donna fosse diagnosticato il carcinoma in situ o allo stadio 1A1 in assenza di coinvolgimento dello spazio linfovascolare (LVSI) non è indicato un trattamento aggiuntivo dopo la conizzazione. Nella gravida ai primi stadi della malattia (FIGO: IA2, IB1, 2A) diagnosticata dopo al 20°

settimana di gestazione, il trattamento può essere rimandato fino al raggiungimento di una maturazione fetale adeguata. In tal caso il trattamento consiste in un taglio cesareo d’elezione seguito da un’isterectomia totale con

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15 asportazione bilaterale dei linfonodi pelvici, se indicato un trattamento adiuvante radioterapico.

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16 3. METODICHE DIAGNOSTICHE

Una Commissione europea nel 1999 (Directive MED 100; European Commission,1999) ha ampiamente esaminato la problematica riguardante l’utilizzo delle radiazioni ionizzanti a scopo diagnostico in corso di gravidanza. Nello specifico l’articolo 3 della Direttiva elaborata stabilisce che tutte le indagini strumentali proposte al paziente debbano essere giustificate in vista di un preciso obiettivo diagnostico, tenendo conto della possibilità di accedere a metodiche alternative che non utilizzino radiazioni ionizzanti. Nel caso in cui fosse necessaria la somministrazione di quest’ultime, la Commissione proponeva di tener conto della minor dose possibile di razione da utilizzare per dar risposta al quesito diagnostico: “a dose a slow as reasonably achievable” (European Commission, 1999).

Ogni paziente deve essere ampiamente informata per giungere ad una conclusione largamente condivisa.

Come conferma la stessa Commissione, le metodiche diagnostiche che possono essere utilizzate in donne gravide sono molteplici, tra cui ricordiamo: i raggi X, gli ultrasuoni e la risonanza magnetica (European commission, 1999).

3.1 Gli ultrasuoni

Gli ultrasuoni sono delle onde meccaniche sonore. A differenza dei fenomeni acustici propriamente detti, le frequenze che caratterizzano gli ultrasuoni sono superiori a quelle mediamente udibili da un orecchio umano. La frequenza convenzionalmente utilizzata per discriminare onde soniche da onde ultrasoniche è fissata in 20 kHz. Lo stesso termine ultrasuono chiaramente indica ciò che è al di là (ultra) del suono, identificando con suono solo il fenomeno fisico udibile. Come ogni altro tipo di fenomeno ondulatorio gli ultrasuoni sono soggetti a fenomeni di riflessione, rifrazione e diffrazione e possono essere definiti mediante parametri quali la frequenza,

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17 la lunghezza d'onda, la velocità di propagazione, l'intensità (misurata in decibel), l'attenuazione (dovuta all'impedenza acustica del mezzo attraversato). Gli ultrasuoni utilizzati in ambito medico sono compresi tra 2 e 20 MegaHz (2-20x106Hz); la frequenza utilizzata è scelta tenendo conto che frequenze maggiori hanno maggiore potere risolutivo, ma penetrano meno in profondità. Solo gli ultrasuoni con un’elevata intensità possono potenzialmente causare danno d’organo. Gli ultrasuoni a bassa intensità utilizzati nel Real-Time imaging o comunque gli ultrasuoni a più alta intensità utilizzati nel Doppler imaging non hanno dimostrato effetti tossici sul feto (Dakins, 1991).

3.2 I raggi X

È nota come raggi X quella porzione dello spettro elettromagnetico con una lunghezza d'onda compresa approssimativamente tra 10 nanometri (nm) e 1/1000 di nanometro (1 picometro).

Raggi X e raggi gamma, come le radiazioni ionizzanti in genere, sono classificati dagli anni '70 secondo lo IARC (International Agency for Research on Cancer) come agenti cancerogeni noti, nell' impiego radiologico e tomografico, e al contempo uno dei metodi di indagine più utili. Prima di sottoporsi a esami inutili, occorre che un esperto valuti il rapporto rischi- benefici, evitando che l'eccesso diagnostico si trasformi in una concausa della malattia (Risk of cancer from diagnostic X-rays, 2004).

In base all’effetto prodotto dalla radiazione sul tipo di materiale cellulare (DNA versus non-DNA) e in base al tempo di esposizione, possono verificarsi i seguenti danni biologici: somatico, genetico e teratogeno. Il danno somatico è quello che si verifica sull’individuo che ha ricevuto la radiazione. Il danno genetico è quello che si verifica sulle cellule riproduttive (ovociti, spermatozoi) prima del concepimento. Il danno teratogeno è quello che si verifica sulle cellule embrionali e fetali coinvolte dall’irradiazione dopo il concepimento (ICRP, 1991). Si definisce effetto deterministico o effetto

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18 somatico non stocastico un effetto “non casuale” ma “determinato”, che si manifesta negli individui che abbiano ricevuto una dose superiore ad un certo livello di dose detto dose soglia. La gravità dell’effetto aumenta all’aumentare della dose (oltre la soglia): per questa ragione tali effetti vengono detti ad accrescimento. La soglia di dose varia fortemente a seconda dell’effetto considerato, ma è comunque elevata, dell’ordine del Gray. Inoltre gli effetti non stocastici si manifestano di regola come effetti precoci (tossicità acuta), cioè a breve distanza di tempo dopo l’irradiazione (dopo giorni, settimane).

Per effetti stocastici (o probabilistici) si intendono invece effetti tutto/niente, cioè non graduati, che non mostrano una soglia di dose al di sotto della quale sicuramente essi non compaiono, ma la cui probabilità di accadimento (ma non la cui gravità) dipende dalla dose assorbita. Per i soli scopi della radioprotezione e delle stime del rischio, si ipotizza una relazione lineare fra la dose assorbita e la probabilità dell’effetto. Gli effetti stocastici possono essere di tipo somatico (tumori solidi, leucemie) oppure di tipo genetico (mutazioni geniche, alterazioni cromosomiche).

L’American College of Obstetricians and Gynecologists (ACOG) nel 1995 ha redatto le seguenti linee guida per l’uso di raggi x, ultrasuoni, risonanza magnetica e radioisotopi nel corso della gravidanza (American College of Obstetricians and Gynecologists: Guidelines for diagnostic imaging during pregnancy. Committee Opinion No. 158, September 1995).

Guidelines for diagnostic imaging during pregnancy:

1. Le donne dovrebbero essere avvisate che l'esposizione ai raggi X è un procedimento diagnostico non dannoso per il feto. In particolare, l'esposizione a meno di 5 rad (0.05Gy / 5cGy) non è stata associata con un aumento di anomalie fetali o aborto.

2. Preoccupazione sui possibili effetti di alte dosi di esposizione alle radiazioni ionizzanti non sono controindicati alla diagnostica a raggi X poiché le procedure vengano eseguite sulla madre. Durante la gravidanza, le

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19 procedure di immagini non associati alle radiazioni ionizzanti, quali l'ecografia e la risonanza magnetica, si dovrebbero sostituire ai raggi X quando possibile.

3. L'ecografia e la risonanza magnetica non sono associati a noti effetti avversi fetali. Tuttavia, fino a quando non sono disponibili maggiori informazioni, la risonanza magnetica non è raccomandata nel primo trimestre.

4. La consultazione con un radiologo può essere utile per calcolare la dose stimata sul feto quando più raggi X vengono eseguiti su donna gravida.

5. L'uso di isotopi radioattivi di iodio è controindicato per l'uso terapeutico durante la gravidanza.

La gestione delle donne in gravidanza affette da tumore rappresenta una sfida notevole per l’approccio alla diagnosi, alla stadiazione della malattia, e per la scelta di terapie loco regionali e sistemiche. Per tutto il percorso di diagnosi e trattamento vi è la necessità di ottimizzare il trattamento della madre ma al tempo stesso di ridurre al minimo i rischi fetali. Poiché la sensibilità dei tessuti alle radiazioni dipende dal tasso di proliferazione e dalla differenziazione cellulare (maggiore sensibilità in caso di elevato tasso di proliferazione e bassa differenziazione), l’embrione e il feto rappresentano il corpo più sensibile agli effetti delle radiazioni soprattutto nelle prime fasi della gestazione (impianto, organogenesi). L’esposizione in utero ai raggi x è infatti associato ad un aumentato rischio di sviluppare una neoplasia maligna durante l’infanzia, in particolare la leucemia (Linet MS, 2009).

Le procedure diagnostiche regolarmente effettuate che forniscono una dose di radiazione inferiore a 100mGy (10cGy) non producono effetti deterministici; effetti stocastici sono possibili anche se improbabili. Il rischio globale è comunque di modesta entità: esso è quantificabile fra zero e uno/1.000 nati vivi per una dose embrio-fetale di 10 mGy nel primo trimestre

(23)

20 della gestazione (Brj. Radiol 1979). La tabella 3.1 riassume i possibili effetti sul feto in base alla dose di radiazioni ricevuta e alla settimana di gestazione in cui la donna è sottoposta a tale trattamento.

Potential Radiation Effects on the Fetus by Gestational Age and Radiation Exposure

Potential Effects by Radiation Exposure Gestationalage

(wk)

< 50 mGy 50-100 mGy >100 mGy

0-2 None None None

3-4 None Probably

none

Possiblesponatneousabortion

5-10 None Uncertain Possiblemalformation

11-17 None Uncertain Possible deficits in IQ or mental retardation

18-27 None None IQ deficits not detectable at

diagnostic doses

>27 None None None applicable to diagnostic medicine

(Tabella 3.1) RG • Volume 30 Number 5 Wieseler et al 1217.

Nella maggior parte delle indagini radiologiche dove utero e pelvi non sono esposte direttamente ai raggi x, la dose di radiazione alla quale utero e feto sono esposti è dovuta in parte alla dispersione dal tubo a raggi x ed in parte alle radiazioni disperse all’interno dell’organismo ed è inferiore a 1 mSv

(24)

21 (1mSv= 1mGy) (Dakins et al.,1991) come mostrato in Figura 3.I tratta da “A guide to foetal dose minimisation in computed tomography pulmonary angiography of the pregnant patient Volume 59 (2) 2012”.

(Figura 3.I Sources of radiation contributing to foetal dose with the addition of a lead shield on the abdomen).

Poiché questa radiazione, per quanto scarsamente rilevante dal punto di vista biologico sia comunque presente, la schermatura addominale e del compartimento fetale in corso di esposizione ai raggi x è utile per proteggere dalle radiazioni primarie dal tubo a raggi x ma resta comunque inefficace nei confronti delle radiazioni che si disperdono all’interno dell’organismo. L’uso della schermatura non è raccomandata in caso di indagini dentistiche considerata la distanza del tubo radiogeno dall’ addome.

Se l’esecuzione di una metodica strumentale a raggi x è necessaria in presenza di una paziente gravida, è sempre fondamentale dare risposta ai seguenti quesiti:

(25)

22 1. valutare sempre la possibilità di utilizzare metodiche alternative innocue per il feto (ultrasuoni, RMN);

2. se non è possibile ottenere le informazioni necessarie con metodiche alternative, posticipare l’esecuzione dell’esame dopo il parto se non per urgenza;

3. se l’esame è indifferibile (sospetto di neoplasia, politrauma, sospetto di embolia polmonare):

usare tutte le misure tecniche possibili per ridurre la dose;

prevedere l’entità della dose che verrà somministrata;

informare la paziente e il team medico coinvolto dei rischi associati alla metodica;

quantificare la dose somministrata durante l’indagine.

3.3 La risonanza magnetica

La risonanza magnetica nucleare (RMN) sfrutta gli effetti di un campo magnetico ad elevata intensità prodotto da un magnete. L’intensità del campo magnetico può variare da decimi di Tesla per piccole macchine dedicate allo studio delle articolazioni fino a 3 Tesla ed oltre per le macchine attualmente in commercio per scopi diagnostici.

L’aggettivo nucleare si riferisce al fatto che, il segnale di densità in RMN è dato dal nucleo atomico dell’elemento esaminato, mentre nelle più diffuse tecniche di imaging radiologico la densità radiografica è determinata dalle caratteristiche degli orbitali elettronici degli atomi colpiti dai raggi x. Le immagini che si ottengono con la RMN derivano dalle radiofrequenze emesse dai nuclei degli ioni idrogeno dopo che questi sono stati eccitati dalle radiofrequenze emesse dal magnete stesso. Le informazioni ottenute dalle immagini di RMN sono essenzialmente di natura diversa rispetto a quelle degli altri metodi di imaging infatti è possibile la discriminazione tra tessuti sulla base della loro composizione biochimica (contenuto in ioni idrogeno).

(26)

23 Le frequenze di ritorno sono differenti a seconda delle caratteristiche chimiche dei tessuti incontrati.

La RMN è generalmente considerata innocua per il paziente poiché non vengono utilizzate radiazioni ionizzanti come nel caso dei raggi x o degli isotopi radioattivi (American College of Radiology Standards, 1998).

I vantaggi che ne derivano dall’ utilizzo della RMN sono quelli relativi alla carenza di radiazioni ionizzanti, alla sua potenzialità in diversi ambiti, all’eccellente contrasto che è in grado di far ottenere nei tessuti molli (ObstetGynecol 2008; RadioGraphics 2007).

Nel 2007 l’ American College of Radiology ha stilato le raccomandazioni che regolano l’utilizzo della RMN solo quando i benefici risultano maggiori rispetto ai rischi che invece ne potrebbero derivare. Il rischio per il feto può sussistere soltanto per il calore sprigionato dal campo magnetico che si crea, soprattutto nel primo trimestre (AJR Am J Roentgenol 2004). Un altro rischio da considerare è il potenziale danno acustico che potrebbe derivarne.

Comunque, successivi studi d’indagine fanno sembrare questo rischio poco verosimile, in quanto il rumore risulterebbe attenuato dal liquido amniotico raggiungendo il feto a meno di 30 db (AJR Am J Roentgenol 2004).

Nel 1991, la commissione di sicurezza della Society of Magnetic Resonance Imaging sostiene che “la RMN può essere utilizzata nelle donne gravide nel caso in cui altre forme di diagnostica per immagini che utilizzano raggi non ionizzanti risultino inadeguati o se la diagnosi avrebbe altrimenti richiesto l’esposizione alle radiazioni ionizzanti. Le pazienti gravide dovrebbero essere informate del fatto che, ad oggi, non ci sono indicazioni che dimostrino che l’utilizzo clinico di immagini da risonanza magnetica in gravidanza abbia prodotto effetti deleteri” (Shellock FG et al.,Radiology 2004).

La presenza di protesi metalliche, clip vascolari, stent, peacemaker ed altri apparecchi medico-chirurgici metallici controindica l’esame.

(27)

24 4.TRATTAMENTI POSSIBILI

I trattamenti possibili da effettuare una volta fatta diagnosi di cancro sono: la terapia chirurgica, la chemioterapia, la radioterapia e tutti i trattamenti che permettano un controllo dei sintomi e degli effetti collaterali che da essi ne derivano.

4.1 La terapia chirurgica

L’incidenza di chirurgia non ostetrica in gravidanza è pari a 0,75-2%

(colecistite, appendicite, cisti ovarica) .

Il rischio di outcome avverso della gravidanza non sembra essere aumentato nelle pazienti che vengono sottoposte a procedure chirurgiche ed anestesiologiche non complicate. Questo rischio può aumentare in caso di complicanze legate alla patologia in atto o alle procedure (es. appendicite perforata con peritonite, polmonite ab ingestis).

Un recente studio pubblicato da Cohen- Kerem et al. nel 2005 riguardate una revisione di più di 12’000 casi di chirurgia non ostetrica in gravidanza concludeva che:

- Non era presente un aumentato rischio di aborto e anomalie congenite

- L’incidenza di parto pretermine era pari all’ 8,2%

- Era importante un’adeguata analgesia e tromboprofilassi nel post- operatorio

Ancora, rispetto alla sicurezza dell’anestesia in gravidanza, un recente studio pubblicato nel 2006 da Ni Mhuireachtaigh R et al. ribadisce che gli effetti sul feto sono correlati all’ipotensione, all’ipossia, all’ipotermia e all’alterazione del metabolismo glucidico che l’anestesia induce piuttosto

(28)

25 che all’uso stesso di farmaci. L’interpretazione del tracciato cardiotocografico deve quindi tenere conto di queste alterazioni fisiologiche. È utile proseguire il monitoraggio fetale anche terminato l’intervento perché l’anestesia può mascherare l’insorgenza di attività contrattile e quindi ritardare l’inizio di una terapia tocolitica, per questo la paziente una volta giunta in reparto continuerà il tracciato cardiotocografico supervisionato in continuo dall’ostetrica. Un’adeguata anestesia è necessaria perché è dimostrato che il dolore può essere fonte scatenante di un travaglio prematuro così come è necessaria la tromboprofilassi con eparina a basso peso molecolare per l’aumentato rischio correlato all’intervento chirurgico e la conseguente stasi venosa post-operatoria e allo stato di ipercoagulabilità indotto dalla gravidanza (Cheek et al.,2009).

4.2 La chemioterapia

La Chemioterapia consiste nell’impiego di farmaci che distruggono le cellule tumorali, di solito interrompendo la capacità delle cellule tumorali di crescere e di moltiplicarsi. Alcuni fattori sono importanti per la scelta di impiegare i farmaci antitumorali tra cui: il cambiamento della fisiologia materna e lo stadio di sviluppo fetale (Sophine et al., Marzo 2011).

La fisiologia materna: nella donna gravida si assiste a significativi cambiamenti a livello del volume plasmatico circolante, del metabolismo epatico, dell’affluenza di plasma ai reni, tutti elementi che vanno a interferire sul metabolismo dei farmaci assunti (Redmond,1985). La diminuzione di albumina nel plasma e l’ aumento di altre proteine dovuto agli alti livelli di estrogeni alterano il trasporto del farmaco nel torrente circolatorio e il loro assorbimento (Wiebe and Sipila,1994). Dunque diventa molto difficile stabilire con certezza la dose corretta di chemioterapia.

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26 Lo sviluppo fetale: la prima tappa dello sviluppo fetale è l’impianto che generalmente è collocato nelle 2 settimane che seguono il concepimento. Il periodo che segue nelle 8 settimane successive è l’organogenesi; dalla 9° alla 38° settimana si parla di fase fetale.

4.2.1 Impianto

L’impianto comprende il periodo che va dal concepimento ai primi 10 giorni di gestazione; le cellule totipotenti coinvolte in questa fase subiscono il fenomeno del tutto o nulla (all-or-nothing) e cioè, quando troppe cellule vengono danneggiate, si va incontro ad aborto spontaneo;

in caso contrario la gravidanza avrà decorso regolare senza complicanze.

4.2.2 I Trimestre

Insulti di tipo fisico o farmacologico durante queste settimane possono evolvere in gravi danni o malformazioni (Doll et al.,1989). La citotossicità degli agenti chemioterapici sulla sintesi degli acidi nucleici e sulla funzionalità dei microtubuli, sommata alla rapidità con cui avviene la divisione cellulare, rende questo periodo dello sviluppo fetale particolarmente suscettibile agli effetti della chemioterapia. Alla fine di questo periodo, la maggior parte degli organi dei grandi sistemi sono formati nonostante il feto sia lungo solamente circa 3 cm. Il passaggio transplacentare degli agenti chemioterapici dipende dalle loro caratteristiche fisiche e chimiche (Ring et al.,2005), anche se la presenza di una proteina normalmente espressa nella placenta umana (P- glicoproteina) può ridurre notevolmente il passaggio degli agenti antineoplastici (Smith et al.,1999). Ciò non significa che la chemioterapia dopo il primo trimestre sia esente da rischi: infatti, il sistema nervoso centrale (SNC), gli occhi, l’apparato genitale e il sistema emopoietico restano vulnerabili.

La maggior parte delle pazienti esposte alla chemioterapia durate il primo trimestre di gestazione esitano in aborto spontaneo o in malformazioni

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27 fetali (Ring et al.,2005; Giacalone et al.,1999). Un esempio è riportato da Paskulin et al. nel 2005 in cui si narra di una gravidanza scoperta solamente alla 16° settimana di gestazione in corso di chemioterapia con 5-fluorouracile, doxorubicina e cyclophosphamide (FAC). Il neonato era affetto da ventricolomegalia e valvola aortica bicuspide, patologie che possano avere una possibile relazione con la somministrazione di agenti chemioterapici nel corso del primo trimestre di gestazione. Secondo studi retrospettivi il rischio di malformazioni è compreso tra il 10% e il 20%

(Woo et al.,2003; Ebert et al.,1997; Zemlickis et al.,1992b; Doll et al.,1989) anche se risulta notevolmente aumentato nei casi in cui la chemioterapia venga usata in concomitanza con la radioterapia (Espie´

and Cuvier, 1998). Come dimostrato, dunque la chemioterapia nel primo trimestre è proibitiva.

4.2.3 II e III trimestre

Con la conclusione del primo trimestre, quando l’organogenesi è completa, è assai diffuso l’uso di chemioterapici citotossici in quanto non appaiono aumentati i rischi di malformazione. Infatti la percentuale di malformazioni congenite riscontrate dopo il loro utilizzo nel secondo e nel terzo trimestre risulta inferiore al 3% (Woo et al.,2003; Ebert et al. 1997;

Doll et al.,1989) cioè pari al rischio generico di malformazioni della popolazione totale (Kalter and Warkany, 1983).

4.2.4 A lungo termine

A lungo termine, l’esposizione in utero agli agenti chemioterapici può portare a degli effetti sul feto, riscontrabili durante l’adolescenza quali disfunzione gonadica e infertilità, anomalie nello sviluppo fisico e neurologico e mutazioni delle cellule germinali derivanti dalla carcinogenesi (Partridge and Garber, 2000).

La letteratura che riguarda la neoplasia maligna alla mammella descrive, sul follow-up dei bambini e sul loro sviluppo a lungo termine, risultati incoraggianti. E’ stato riportato un unico caso di cancro in bambino

(31)

28 esposto, in utero, alla cyclophosphamide nel primo trimestre di gestazione (Zemlickis et al. 1993). Il neonato nacque con malformazioni agli arti, la vena cava inferiore abnorme, atresia esofagea, e all’ età di 11 anni sviluppò una neoplasia maligna alla tiroide mentre a 14 anni il neuroblastoma. Suo fratello gemello nacque senza alcuna anomalia.

I dati che riguardano le caratteristiche dei travagli e dei parti in donne trattate con chemioterapia sono limitati a studi di casi-controllo con l’eccezione di due prospective series di pazienti con neoplasia maligna alla mammella (Cardonick E. et al.,2004) (Berry DL. Et al.,1999). Questi studi hanno rivelato che i bambini nati da donne sia con un cancro ematologico che non ematologico, esposti a chemioterapia in utero tendono a nascere prematuramente (Berry DL. Et al.,1999) (Aviles A. et al.,2001). Sebbene molti studi sembrano dimostrare solo una lieve riduzione del peso alla nascita, altri studi, effettuati su un campione di 84 gravide affette da cancro ematologico, riportano un peso perfettamente nella norma (Berry DL. Et al.,1999) (Aviles A. et al., 2001) (.Zemlickis D.

et al.,1992). I dati relativi al travaglio di parto e al parto stesso risultano essere limitati per il fatto che le donne gravide con neoplasia maligna generalmente partoriscono in un ospedale differente rispetto a quello in cui ricevono le terapie sistemiche, e per la natura retrospettiva della maggior parte dei casi presenti.

4.3 Radioterapia

La radioterapia è una terapia che consiste nell'utilizzo di radiazioni ionizzanti. È prassi comune combinare la radioterapia con la chirurgia, con la chemioterapia, con l'ormonoterapia e l'immunoterapia. Lo scopo esatto del trattamento (curativo, adiuvante, neoadiuvante, terapeutico o palliativo) dipenderà dal tipo di tumore, dalla sede e dallo stadio (Corvò R. et al., 2008).

(32)

29 Le radiazioni ionizzanti utilizzate in radioterapia sono in grado di danneggiare il DNA del tessuto bersaglio. Le cellule tumorali sono, in genere, scarsamente capaci di riparare i propri danni e quindi vanno incontro a morte cellulare. Per risparmiare i tessuti sani, ad esempio cute o organi che la radiazione deve superare per colpire il tumore, i fasci delle radiazioni vengono sagomati e rivolti da diverse angolazioni, intersecandosi nel centro della zona da trattare, dove perciò vi sarà un quantitativo di dose assorbita totale superiore che nelle parti adiacenti (Corvò R. et al.,2008).

Per tale motivo la radioterapia non è raccomandata in gravidanza.

Nei soggetti umani gli effetti più deleteri dell’irradiazione embrionale e fetale a dosaggi terapeutici variano da quelli deterministici (aborto, teratogenicità, ritardo mentale, IUGR) a quelli stocastici (leucemia e tumori dell’infanzia con un’incidenza pari a 2-3/1000 fino a 3-4/1000). Il rischio di occorrenza di tali effetti dipende dall’ epoca gestazionale in cui l’esposizione avviene ( Zemlickis et al., 1992).

4.4 Controllo dei sintomi

I sintomi e gli effetti collaterali materni derivanti dalla presenza della neoplasia e dall’eventuale uso in gravidanza di chemioterapici comprendono dolore, nausea, vomito, neutropenia e suscettibilità alle infezioni, fenomeni tromboembolici che richiedono un pronto intervento con terapia di supporto (antidolorifici, antiemetici, antibiotici, antitrombotici).

Il paracetamolo è sicuro in gravidanza e rappresenta l’analgesico di prima scelta. Gli oppiacei possono essere utilizzati in caso di dolore severo e se utilizzati vicino al parto è necessario avvertire i pediatri per le eventuali conseguenti crisi di astinenza del neonato (Kenyon et al., 2004).

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30 Nausea e vomito sono tipici nel primo trimestre della gravidanza così come in caso di neoplasia o in corso di chemioterapia. Gli agenti antiemetici di prima linea sono la metoclopramide e la prometazina che possono essere usati in combinazione. I suddetti antiemetici sono stati utilizzati diffusamente e non si sono dimostrati teratogeni sul feto (Kenyon et al., 2004).

La gravidanza è uno stato di aumentata suscettibilità alle infezioni. Le infezioni nei pazienti oncologici immunodepressi possono essere ancora più aggressive e perciò dovrebbero essere immediatamente trattate.

Quindi in caso di infezione in una gravidanza complicata dalla presenza di una neoplasia è importante non ritardare l’inizio di una terapia antibiotica. Fra gli antibiotici, la categoria delle penicilline risulta essere la categoria di prima scelta (Kenyon et al.,2004).

Utile l’impiego dei fattori di crescita in caso di neutropenia o dell’eritropoietina in caso di anemia persistente.

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31 5. TIMING E MODALITA’ DEL PARTO

Una delle pietre miliari del management ostetrico di gravidanze complicate da neoplasia è la decisione del timing e della modalità del parto che permettono di iniziare o comunque completare il trattamento del tumore.

La decisione del timing del parto dipende in gran parte dall’urgenza di iniziare un trattamento potenzialmente dannoso per il feto. Se la prognosi materna dovesse essere peggiorata dal ritardo dell’inizio dei trattamenti è di fondamentale importanza valutare l’ ipotesi di un’interruzione di gravidanza o di un parto pretermine. Tenendo conto del fatto che il limite di vitalità è la 24°

settimana di gestazione con un peso non inferiore ai 500 gr. le opzioni su cui riflettere saranno:

- Interrompere volontariamente la gravidanza al di sotto della 24°

settimana per iniziare il trattamento

- Indurre il travaglio pretermine per proseguire con le terapie - Iniziare il trattamento in gravidanza

Ovviamente ognuna di queste scelte andrà attentamente valutata dalla coppia e andrà considerato il desiderio della donna stessa riguardo alla gravidanza.

L’induzione di un travaglio è indicato esclusivamente nel caso in cui si voglia intraprendere un trattamento per la madre che risulti controindicato in corso di gravidanza. Se la paziente è sottoposta a chemioterapia, essa deve essere interrotta prima della 36° settimana così da non incorrere nel parto proprio nel periodo in cui madre e feto siano affetti da leucopenia secondaria alla chemioterapia. Il rischio infatti potrebbe riguardare maggiormente quei casi in cui la paziente dovesse essere sottoposta al taglio cesareo: la leucopenia aumenta il rischio che corionamniositi e infezioni varie aumentino il rischio di morbilità e mortalità materna (Erin A. Keyser et al.,2012).

Nel caso fosse necessaria una terapia chirurgica sarebbe meglio che quest’ultima fosse effettuata dopo il primo trimestre per ridurre al minimo il rischio di abortività.

(35)

32 Se fossero necessarie chemioterapia o radioterapia, sarebbe opportuno posticipare le stesse dopo il parto o se non fosse possibile aspettare, sarebbe meglio iniziare una chemioterapia con farmaci sicuri in gravidanza fino al raggiungimento della vitalità fetale; se l’epoca gestazionale fosse inferiore a 30 settimane e il trattamento potesse essere posticipato di alcune settimane sarebbe auspicabile attendere per ottimizzare l’outcome fetale. Ciò sarebbe particolarmente rilevante in caso di epoche gestazionali comprese fra la 24° e la 26° settimana poiché la sopravvivenza fetale aumenta del 3%

per ogni giorno in più trascorso dal feto in utero.

Nel caso si decidesse il parto tra la 24° e la 34° settimana andrà attentamente valutato anche il rischio di distress respiratorio del prematuro.

Infatti la NIH (The National Institutes of Health) ha delineato 7 punti che riguardano gli effetti dei corticosteroidi nella maturazione polmonare fetale (NIH consensus statement, volume 12, number 2, february 28-march 2,1994):

1. Età gestazionale compresa tra 24 e 34 settimane

2. Betametasone: 2 dosi da 12 mg ciascuna i.m a distanza di 24 ore 3. Desametasone: 4 dosi da 6 mg ciascuna i.m a distanza di 12 ore 4. Benefici neonatali: dalla fine del primo ciclo a distanza di 24 ore dalla

prima somministrazione fino ai 7 gg dopo l’inizio del trattamento 5. Riduce la mortalità neonatale per RDS e emorragia intraventricolare 6. PPROM: utilizzare i corticosteroidi solo in assenza di corionamniosite 7. Condizioni materne: in assenza di possibili effetti collaterali o con

l’imminenza di un parto pretermine

Dunque la somministrazione di steroidi antenatali riduce il rischio di distress respiratorio neonatale legato alla prematurità, emorragia intraventricolare e morte neonatale di nati al di sotto della 34° settimana favorendo la maturità polmonare. L’uso degli steroidi antenatale riduce inoltre la durata dei ricoveri in terapia intensiva neonatale (TIN). Se si decide per il parto fra la 24° e la 34° settimana la profilassi dell’ RDS (sindrome da distress respiratorio)

(36)

33 consiste nella somministrazione di betametasone 12 mg intramuscolo (due dosi nell’arco di 24h). L’effetto ottimale si ottiene dopo 24h fino a 7 giorni dalla somministrazione. Il desametasone è stato utilizzato con la medesima efficacia ma è stato segnalato essere associato ad un aumentato rischio di leucomalacia periventricolare rispetto al betametasone (Antenatal corticosteroids to prevent respiratory distress syndrome, 2004 RCOG Green top guideline No. 7).

Se non esistono controindicazioni ostetriche particolari per il tipo di tumore specifico, il parto vaginale rimane la scelta primaria. Soprattutto perché esso riduce il tempo di degenza, il rischio emorragico, il rischio tromboembolico, il rischio di infezioni ed in particolare infezione e deiscenza della ferita laparotomica soprattutto in caso di necessità di iniziare immediatamente una chemioterapia immunosoppressiva (Caesarean Section Clinical Guideline 2004).

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34 6. L’ALLATTAMENTO IN DONNE CON TUMORE

Ad un numero sempre crescente di donne, la neoplasia maligna viene diagnosticata in gravidanza o nel corso dell’allattamento. Generalmente, durante il trattamento sistemico antineoplastico, viene detto loro di sospendere l’allattamento, proprio per evitare una serie di effetti negativi sul neonato. In realtà sono inesistenti conclusioni certe in merito a tale quesito.

Sono stati condotti pochi studi per valutare quanto sia opportuno continuare l’allattamento durante o in seguito alla somministrazione di agenti chemioterapici e di farmaci citotossici.

Gli effetti positivi dell’allattamento sul neonato sono indiscussi: è un processo fisiologico che provvede nutrimento e protezione dalle infezioni e dai disordini immunologici (Raisler J. Et al.,1999; WHO Collaborative Study Team on the role of Breastfeeding on the prevention of infant mortality, Lancet 2000). E’

stato ampiamente dimostrato che il latte umano contiene differenti tipologie di agenti bioattivi che concorrono allo sviluppo delle difese neonatali, alla maturazione del tratto gastrointestinale e in generale danno benefici al lungo termine sull’infante (Walker A.,2010). Per di più, una serie di meta-analisi hanno dimostrato una riduzione dell’incidenza di tumori testicolari, gastrici e mammari negli adulti che hanno ricevuto il latte materno (Martin R. et al.,2005).

I benefici dell’allattamento sono riscontrabili anche nelle donne stesse che allattano, in quanto più è lungo il periodo di allattamento più diminuiscono i rischi di sviluppare neoplasia maligna ovarica e alla mammella (Rosenblatt KA et al.,1995;Thomas DB et al.,1993). Dunque, descritti brevemente i benefici derivanti dall’allattamento, viene spontaneo chiedersi quanto questi benefici possano valere anche per quelle donne che scoprono di essere affetta da neoplasia maligna durante la gravidanza o durante l’allattamento stesso. Porre fine ad un allattamento già ben avviato, una volta diagnosticata

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35 la neoplasia maligna, può avere svolte psicologiche non indifferenti: può aggravare il distress emozionale derivante dalla diagnosi di neoplasia stessa (Mehnert A et al.,2012). Bisognerà valutare attentamente la diffusione dei farmaci nel latte e il loro trasferimento nel neonato allattato, così da poter giungere ad una conclusione adeguata e personalizzata per la singola donna. I farmaci che possono passare nel latte delle donne affette da neoplasia maligna, in terapia sono: gli agenti chemioterapici, i farmaci antiemetici, e i trattamenti ormonali.

E’ comunemente riconosciuto che la secrezione di farmaco nel latte dipende da una serie di caratteristiche del farmaco tra le quali la liposolubilità, il peso molecolare, la ionizzazione, la concentrazione e l’emivita nel plasma materno. La quantità di ciascun farmaco presente nel plasma è l’elemento più importante per determinare l’ammontare di farmaco che verrà secreto nel latte (Begg EJ. et al.,2002). Nel caso in cui le molecole che costituiscono il farmaco abbiano un basso peso molecolare, il loro passaggio nel latte avviene per diffusione semplice indipendentemente dalla concentrazione del farmaco stesso. Infatti, molecole con un alto peso molecolare (≥ 600 Dalton) come l’eparina o gli anticorpi monoclonali, difficilmente si troveranno nel latte umano (Atkinson HC et al.,1988). Farmaci la cui parte frazionata abbia un alto legame con l’albumina sono presenti in quantità notevolmente ridotte nel latte umano rispetto a quei farmaci la cui parte frazionata sia per lo più libera.

Infine, il passaggio del farmaco nel latte dipende in larga misura anche dalla fase della lattazione in cui vengono assunti i farmaci dalla madre. Il plasma trasferito nel latte materno è maggiore durante la prima settimana del processo di lattazione a motivo della maggior quantità di “gap” presenti tra le cellule degli alveoli mammari. La stessa cosa si presenta anche nell’ultima parte dell’allattamento ovvero quando le ghiandole del tessuto mammario stanno subendo un involuzione e il latte prodotto diminuisce (Aurbach KG 1999). La maggior parte delle molecole secrete nel torrente circolatorio materno si ritrovano nel latte proprio in queste due fasi della lattazione.

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36 Nel prendere decisioni in merito al proseguire o all’interrompere l’allattamento, devono essere presi in considerazioni anche altri fattori. In primo luogo il tipo di farmaco che sarà presente nel latte, i rischi del neonato per la sua tossicità che dipende in gran parte dal volume di farmaco assorbito attraverso il latte, il metabolismo neonatale. Ad esempio, molti farmaci possono avere effetti locali a livello del tratto gastrointestinale per cui anche questo aspetto dovrebbe essere considerato.

Per la maggior parte dei farmaci è ormai possibile stimare la quantità di principio attivo trasferibile nel latte, tenendo conto della farmacocinetica specifica di ciascun elemento e del metabolismo materno (Hale T. et al.,2010; Begg EJ et al.,1993; Peccatori F. et al.,2012). Variazioni particolari del metabolismo riguardano quelle pazienti con neoplasia maligna la cui funzionalità renale o epatica è stata compromessa.

6.1 In corso di chemioterapia

Generalmente, l’allattamento in pazienti sottoposte a terapia chemioterapica è sconsigliato per paura della potenziale genotossicità nei confronti del neonato. D’altra parte, tale raccomandazione è supportata da evidenze scientifiche insufficienti presenti in limitati case-reports in cui è stata effettivamente riscontrata la presenza di farmaci chemioterapici nel latte.

Cisplatino, metotrexato, doxorubicina, etoposide, mitoxantrone, 5- fluorouracile sono i farmaci chemioterapici più utilizzati. Dai dati scarsi esistenti in merito, emerge che gli antimetaboliti appaiono relativamente innocui in quanto non passerebbero nel latte materno, mentre le antracicline e gli alchilanti, inclusi i composti del platino, andrebbero evitati.

E’ riportata di seguito una lista dei farmaci chemioterapici più utilizzati e la loro classe di appartenenza.

Cisplatino: Il cisplatino è un agente chemioterapico appartenente alla categoria dei farmaci generici. Si usa in particolare per il trattamento del

(40)

37 carcinoma del testicolo, della vescica, del polmone, dell’esofago, dello stomaco e dell’ovaio. Si può somministrare da solo, ma principalmente in associazione con altri farmaci chemioterapici.

Metotrexato: Il metotrexato è un agente chemioterapico appartenente alla classe dei farmaci generici. Si usa per il trattamento di molte neoplasie (leucemie, carcinoma della mammella, del polmone, della vescica e della cervice uterina; carcinoma epidermoide della testa e del collo). Il metotrexato si può somministrare da solo o in associazione con altri farmaci antitumorali.

Doxorubicina: La doxorubicina cloridrato (di seguito doxorubicina) è un antibiotico ad azione antitumorale appartenente al gruppo delle antracicline.

La doxorubicina si usa per il trattamento di diverse neoplasie, in particolare del carcinoma della mammella, del polmone a piccole cellule e dell’ovaio, dell’osteosarcoma, del sarcoma dei tessuti molli, dei linfomi di Hodgkin e non Hodgkin, del neuroblastoma e della leucemia linfoblastica e mieloblastica acuta. In passato era definita come adriamicina e il termine è ancora utilizzato da alcuni oncologi e infermieri.

Etoposide: L’etoposide è un agente chemioterapico appartenente alla categoria dei farmaci generici. Si usa soprattutto per il trattamento del carcinoma del polmone a piccole cellule, del testicolo, dei linfomi e della leucemia acuta non linfatica. Si usa anche in vari tumori pediatrici. Si somministra da solo o in associazione con altri farmaci chemioterapici. L'etoposide si presenta come liquido chiaro. È disponibile anche sotto forma di capsule rosa chiaro da 50 e 100 mg.

Mitoxantrone: Il mitoxantrone è un agente chemioterapico usato per il trattamento di diverse neoplasie, in particolare del carcinoma metastatico della mammella, della leucemia mieloide cronica, della leucemia acuta non linfocitica nell’adulto, del linfoma non Hodgkin e del carcinoma epatocellulare.

5-Fluorouracile: Il fluorouracile (5FU) è un agente chemioterapico appartenente alla classe dei farmaci cosiddetti antimetaboliti, sostanze che

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