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Poeti e conferenzieri stranieri in Tessaglia in età ellenistica: l’epigramma funerario per Herillos figlio di Herodoros di Kalchedon

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Academic year: 2021

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HAL Id: hal-01674820

https://hal.archives-ouvertes.fr/hal-01674820

Submitted on 21 Jan 2020

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Poeti e conferenzieri stranieri in Tessaglia in età ellenistica: l’epigramma funerario per Herillos figlio di

Herodoros di Kalchedon

Eleonora Santin

To cite this version:

Eleonora Santin. Poeti e conferenzieri stranieri in Tessaglia in età ellenistica: l’epigramma funerario per Herillos figlio di Herodoros di Kalchedon. Francesco Camia, Lavinio Del Monaco, Michela Nocita.

Munus Laetitiae. Studi miscellanei offerti a Maria Letizia Lazzarini, Sapienza Università Editrice, pp.223-249, 2018. �hal-01674820�

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Collana Studi e Ricerche  70

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2018 Studi umanistici

Serie Antichistica

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2018

Munus Laetitiae

Studi miscellanei offerti a Maria Letizia Lazzarini

volume ii

a cura di

Francesco Camia, Lavinio Del Monaco, Michela Nocita

con la collaborazione di

Lucia D’Amore, Paola Grandinetti, Giulio Vallarino Studi umanistici

Serie Antichistica

(5)

Copyright © 2018

Sapienza Università Editrice Piazzale Aldo Moro 5 – 00185 Roma www.editricesapienza.it

editrice.sapienza@uniroma1.it

Iscrizione Registro Operatori Comunicazione n. 11420 ISBN 978-88-9377-073-6

Pubblicato a giugno 2018

Quest’opera è distribuita con licenza Creative Commons 3.0 diffusa in modalità open access.

In copertina: Lex sacra dal tempio di Casa Marafioti a Locri Epizefirii.

Comitato promotore:

Maria Letizia Caldelli, Francesco Camia, Gian Luca Gregori, Francesco Guizzi, Adolfo La Rocca, Enzo Lippolis, Elio Lo Cascio, Marco Maiuro, David Nonnis, Silvia Orlandi, John Thornton, Pietro Vannicelli.

Volume finanziato dal Dipartimento di Scienze dell’Antichità Sapienza Università di Roma.

(6)

Indice

d) Vitareligiosa

La statua della nassia Nikandre: kore o dea?

R. Di Cesare 11

Praxidike, le Praxidikai e la giustizia degli dei

I. Berti 27

Athena Ergane sull’Acropoli di Atene. Analisi delle testimonianze epigrafiche

F. Giovagnorio 43

Dediche effimere ad Artemide: tessili iscritti negli inventari di Brauron

D. Marchiandi 61

La ‘Lex Sacra von der Hallenstrasse’ e l’Asclepieio di Pergamo tra passato e presente

M. Melfi 95

Thiasos artokreonikos in Kenchreai

S. Zoumbaki 109

Oracoli apollinei da Hierapolis di Frigia

F. Guizzi 121

Monumento funerario e proprietà terriera. Note preliminari sul “doppio” sepolcro di una famiglia di Sidyma

S. Campanelli 145

e) sportecultura

Aspetti economici dell’agonismo sportivo greco in età arcaica e classica

L. D’Amore 175

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Munus Laetitiae Vi

Carriera e premi di uno sportivo di IV sec. a.C.

(Kleainetos di Argo): alcune ipotesi

A. Caruso 189

Novità su un rilievo di teatro antico (IG II/III³ 4, 636)

D. Summa 207

Poeti e conferenzieri stranieri in Tessaglia in età ellenistica:

l’epigramma funerario per Herillos figlio di Herodoros di Kalchedon

E. Santin 223

Plagiari per scelta, plagiari per tradizione: lo strano caso di Meleagro, di Cheremone e dell’epitafio di Aminta

M. Cilione 251

I vincitori dei Sebastà nell’anno 86 d.C.

E. Miranda De Martino 267

f) onomastica

Nomi poetici su un’iscrizione megarese arcaica (SEG 13, 300): uomini, eroi o navi?

L. Bettarini 289

Antroponimi femminili esprimenti il sentimento della felicità (e della prosperità) nelle iscrizioni greche: una rassegna preliminare

F. Camia 299

g) epigrafinascoste

Epigrafia povera: prima della pietra, invece della pietra

L. Criscuolo 317

Gemme e anelli: oggetti personali e di dono

G. Bevilacqua 339

h) epigrafiaeantiquaria

Le iscrizioni greche della collezione del cardinale Francesco Saverio de Zelada

M.L. Caldelli 361

“Nicodemo, arconte dei Siburesi”: la storia di un’epigrafe in lingua greca di Roma e della sua copia settecentesca

G. Tozzi 375

i) mondocoloniale

Nasso e Leontini, il problema dell’ecista

L. Braccesi 403

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Indice Vii

Enyò dalle Cicladi in Sicilia

F. Cordano 411

Le aspirazioni di una dea greca: Ἐνὑώ tra Omero e Naxos di Sicilia

A.C. Cassio 419

Dono tra φίλοι? Il graffito sulla pelike da Cuma (RC 142) attribuita ad Aison

P. Lombardi 423

<Σ>τηιος o ηιος? Su una corona d’oro iscritta dalla Magna Grecia a Delo

P. Poccetti 453

Entella tra i Cartaginesi e i Romani, ovvero da chi erano stati espulsi gli Entellini?

M. Lombardo 485

I Crotoniati lontani da Crotone

M. Nocita 499

Una singolare variante del segno di spirito aspro a Hipponion

L. Del Monaco 521

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Sono onorata di aver potuto contribuire al volume dedicato alla Pro- fessoressa Maria Letizia Lazzarini che ringrazio di tutto cuore per es- sere stata, durante gli anni del Dottorato all’Università “La Sapienza”, un’ottima Maestra, un punto di riferimento e un solido sostegno in ogni momento della mia ricerca.

In questo articolo si presenta l’edizione estesa, e aggiornata su base au- toptica, di un epigramma funerario per un poeta di Calcedone morto a Larisa, in Tessaglia. Il solo testo dell’iscrizione, senza figure e com- mento, è stato pubblicato da Athanasios Tziafalias nell’Archaiologikon Deltion del 1998 e ripreso alla lettera nelle riviste di aggiornamento del settore epigrafico. La contestualizzazione del documento condur- rà a una riflessione sulla presenza di poeti e conferenzieri stranieri in Tessaglia1 in età ellenistica2 evidenziata da una serie di monumenti di tipologia diversa. Tale documentazione, riguardante individui che insegnavano, praticavano e promuovevano le arti liberali, attesta un certo dinamismo nella vita culturale dei maggiori centri del territorio

1 Intesa, per i secoli ai quali ci riferiamo, come territorio geografico e non come unità politica, unità che di fatto non esisteva nel III e II a.C. per l’insieme delle città che saranno menzionate in questo articolo. Sulla situazione politica della Tessaglia nel III secolo, tra la dominazione macedone e il controllo esercitato dalla Lega Etolica sulle poleis meridionali, vd. Helly 2006b. Desidero inoltre ringraziare Bruno Helly, Gianfranco Agosti e Francesco Camia per il loro aiuto. La mia riconoscenza va infine al collega Athanasios Tziafalias per avermi concesso di pubblicare questa iscrizione rinvenuta in uno degli scavi da lui diretti.

2 Come noto, pioniera della ricerca su questo tema fu Margherita Guarducci (cfr. Guarducci 1926-1929); sugli artisti itineranti di età ellenistica si è andata successivamente creando una letteratura vasta, sia a carattere generale che focalizzata su singoli personaggi la cui attività è illustrata dai ritrovamenti epigrafici (vd. nt. 49).

Poeti e conferenzieri stranieri in Tessaglia in età ellenistica: l’epigramma funerario per Herillos figlio di Herodoros di Kalchedon

Eleonora Santin (CNRS, Lyon)

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Munus Laetitiae

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tessalo tra il III ed il II secolo a.C. dovuto a un rinnovato interesse delle istituzioni pubbliche verso l’educazione dei giovani e l’intrattenimento culturale dei cittadini.

Autopsia effettuata nel maggio 2016; ID dell’oggetto:

GHW 5652; calco: TH033993 (Figg. 1-2)

Luogo di ritrovamento: Larisa4, pietra rinvenuta all’inizio degli anni 90.

Città antica: Larisa, l’attribuzione è confermata da elementi testuali ine- quivocabili oltre che dal luogo di ritrovamento.

Monumento: grande stele di marmo grigio-bianco proveniente dalle cave di Gonnoi, danneggiata nell’angolo inferiore sinistro con cornice aggettante e coronamento ogivale leggermente sbrecciato sulla punta.

L’anthemion è scolpito secondo canoni definiti presso le officine lapida- rie di Gonnoi, ma adottati anche a Larisa; il rilievo, volutamente sem- plice, non è sviluppato nei diversi registri in ogni suo possibile dettaglio:

nel primo registro rappresentazione stilizzata di foglie d’acanto a cappe appuntite lungo il bordo superiore, nel secondo due spesse volute da cui si diparte uno stelo5.

Dimensioni (cm): h.169 e 174 (coronamento incluso); l. 37; sp. 8,50.

Layout: gli elementi onomastici del defunto (nome, patronimico e luo- go di origine) sono incisi appena sotto la cornice a caratteri di più grandi dimensioni, dopo una vacatio di 2-2,5 cm, segue un epigramma di sei versi distribuiti su altrettante linee e allineati a sinistra. Una dedica a Hermes Chthonios è stata incisa a 43,2 cm dall’ultima linea dell’epi- gramma, in prossimità del basamento della stele, a 5,2 cm dal bordo sinistro e a 8,8 cm dal destro.

Lettere (cm): h. 1,5-2 (ll. 1-2); 0,2-1 (ll. 3-8); 1,3-2 (l. 9).

3 Codici di identificazione dell’oggetto epigrafico negli archivi di Lyon, Laboratoire HiSoMA, Maison de l’Orient et de la Meditérranée.

4 Per un problema di impaginazione della rivista, in AD 48 B1 (1993) [1998], 258- 259, il monumento è stato inserito tra i reperti rinvenuti a Evangelismos Tempôn (gr. Ευαγγελισμός); negli inventari di magazzino dell’anno 1993, ho potuto constatare che la maggior parte delle iscrizioni attribuite a Evangelismos in questo volume dell’AD — fra cui due epigrammi, quello per Herillos ed un altro, lacunoso, per un giudice (inv. ΑΕΜΛ 93/54) — sono invece state ritrovate a Larisa. Riguardo alla stele trattata nel presente articolo, l’inventario riferisce soltanto che il luogo di provenienza della pietra è Larisa, mancano informazioni precise sulle circostanze e il luogo di ritrovamento.

5 Per la tipologia d’anthemion, vd. Helly 1973, II, planches XXXVI-XXXIX, in particolare la stele nr. 230.

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Interlinea (cm): h. 1,5 (ll. 1-2); 0,5 (ll. 3-8).

Scrittura: incisione non particolarmente curata, le lettere tendono a esse- re più spaziate all’inizio del rigo e si stringono progressivamente per sal- vaguardare la corrispondenza tra verso e linea. Contrasto modulare ben evidente tra le lettere rotonde (omicron, omega) e le altre. Alpha a barra orizzontale, sigma a quattro tratti con barre esterne decisamente aperte, phi con occhiello triangolare, rho a gagliardetto6, lettere triangolari in generale molto aperte, vd. delta, alpha, lambda e la forcella di ypsilon.

Luogo di conservazione: Larisa, magazzino alto (detto αρτοποιείο), accanto al teatro antico.

Inventario: ΑΕΜΛ 93/22.

Bibliografia: ed. del solo testo senza apparato e commento, A. Tziafa- lias, AD 48 B1, 1993 [1998], 258-259, nr. 64 (segnalata in BE 1999, nr.

302, ripresa senza modifiche da A. Chaniotis in SEG 47, 735).

Cfr. L. Dubois, BE 2000, nr. 52, traduzione francese e breve commento (= SEG 50, 524); Dana 2011, 482, nt. 206.

῞Ηριλλος Ἡροδώρου Καλχηδόνιος·

vacat

τὸν ξεῖνον ἁ Λάρισα τᾶι Πελασγίδι κάλυψε βώλωι καὶ ποταγορήσατο·

τὸν Ἡροδώρου προφρόνως ἐδεξάμαν 5

῞Ηριλλον, ἦ γὰρ οἶδα τὰν Καλχα̣δόνα εὔξεινον οὖσαν, ἅς πάτρας ἀείδετο,

αὐτόν τε πά[ν]τ̣α πρὸς χάριν τετραμμένον·

vacat

Ἑρμῆι Χθονίωι.

Note critiche

L. 1 ΗΡΙΛΛΟΣ lapis; Ἠρίλαος Tziafalias e gli altri che da lui dipendono.

L. 6 ΗΡΙΛΛΟΝ lapis; Ἠρίλαον, Tziafalias e gli altri; in Καλχαδόνα la barra del secondo alpha non è visibile, si distingue comunque chiara- mente una lettera triangolare; Καλχηδόνα, Tziafalias e gli altri.

6 La forma di rho è quella che Tracy (cfr. Tracy 2016, 2003 passim) designa come “pennant shaped”, attestato a partire dal V secolo a.C. e presente nella documentazione attica fino al III secolo a.C.

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Munus Laetitiae

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L. 7 ἇς Tziafalias, Chaniotis (SEG), Dubois.

L. 8 Dopo alpha, Ν non è più visibile e di T non resta che la parte infe- riore dell’asta verticale; πάντα Tziafalias e gli altri.

Metro: sei trimetri giambici (ll. 3-8)7 corretti dal punto di vista prosodi- co; nessuna soluzione dei longa; correptio attica in πάτρας.

Traduzione

Herillos figlio di Herodoros, di Kalchedon.

L’ospite straniero Larisa ricoprì della terra pelasgica e questo addio gli rivolse: “Ho accolto benevolmente il figlio di Herodoros, Herillos, infatti di certo so che Kalchedon, la patria che cantava, è ospitale e che egli si era interamente dedicato a gratificare (gli altri)8”.

A Hermes Chthonios.

Datazione: la forma dei caratteri ha indotto Tziafalias a datare l’iscri- zione al III secolo a.C., ipotesi che ritengo sostanzialmente corretta. Le barre aperte di sigma porterebbero ad alzare la cronologia, ma lo spicca- to contrasto modulare tra le lettere rotonde e gli altri caratteri è senz’al- tro caratteristico di iscrizioni di III secolo o posteriori9. Un’iscrizione databile con un buon margine di certezza al secondo venticinquennio del III secolo a.C., con caratteristiche paleografiche comparabili, è la traduzione greca degli editti XII e XIII di Aśoka10.

A Larisa, una scrittura simile si riscontra nell’epitafio in versi per Therson il quale, insieme all’epitafio per Herillos e a quello per Potala, forma una piccola serie di documenti funerari coevi rinvenuti a Larisa, scritti in prosa e versi, con caratteristiche comuni (vd. commento). La

7 Nella poesia epigrafica tessala d’età classico-ellenistica l’unico componimento in trimetri giambici è CEG 121 (Argoussa, IV a.C.), il trimetro si ritrova più tardi in due iscrizioni d’età imperiale, cfr. Peek 1974, nr. 31 (vd. anche Helly 1978, 131) e Peek 1974, nr. 39. (vd. anche Helly 1978, 13).

8 Diversa la traduzione di L. Dubois (vd. commento): L’hôte, Larissa l’a recouvert de la motte pélasgique et s’est adressée à lui: “Le fils d’Hèrodôros, Erilaos, c’est de grand cœur que je l’ai accueilli. Oui, car je sais bien que Chalcédoine est hospitalière et que lui s’appliquait en toutes choses à glorifier la patrie qu’il chantait.”.

9 Per questo tipo di scrittura, ovvero una maiuscola a contrasto modulare dove gli occhielli e le forme rotonde tendono a posizionarsi nella parte alta del rigo vd.

Guarducci 1967, 371; essa appare anche nelle scritture papiracee coeve, si veda in merito Del Corso 2010, 12 e p. 666 (pl. 6a).

10 Rougemont 2012, nr. 83.

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forma angolare di phi non deve trarre in inganno: nell’epitafio per He- rillos questo tipo di lettera, divenuta canonica in iscrizioni con caratteri angolari di età imperiale assai avanzata11, è una creazione estempora- nea del lapicida il quale tende, per suo stile personale, a realizzare oc- chielli angolati (vd.rho).

Commento

L’iscrizione si divide in tre parti: due linee in prosa recanti i dati ono- mastici del defunto, un epigramma di sei versi che contiene il messaggio d’addio della città a Herillos – una sorta di iscrizione nell’iscrizione – e una dedica a Hermes Chthonios. La sezione messa in maggior rilievo è quella in prosa, in quanto incisa a caratteri di più grandi dimensioni e interamente ripresa nella parte metrica12. Per comporre quest’ultima il poeta ha optato per il trimetro giambico, una scelta non banale a quest’epoca13, in cui nella poesia epigrammatica già prevale il distico elegiaco, forse dettata anche dal ritmo giambico delle componenti ono- mastiche del defunto, le quali sono state tutte riprese nei versi senza forzature prosodiche14. Non è escluso che l’epigramma sia stato scritto senza tener conto del testo in prosa e aggiunto, quando questo era già stato inciso sulla stele, apparentemente dalla stessa mano. Mi sembra tuttavia di poter dedurre, anche dal confronto con altri testi coevi, che il progetto epigrafico fosse unitario e che la ridondanza dei nomi propri fosse intenzionale. L’effetto voluto, quello di enfatizzare l’identità e le origini del personaggio, è funzionale all’importanza attribuita nei versi ai temi dell’ospitalità e dell’amor di patria. Probabilmente la scelta del metro, avvenuta su base onomastica, ha influito in qualche modo sulla struttura del testo. L’epigramma ha infatti una struttura narrativa mol- to particolare e inconsueta: il saluto estremo della città di Larisa a He-

11 Vd. Guarducci 1967, 383.

12 Sugli epigrammi in cui invece i dati del defunto, essendo espressi in un prescritto in prosa, sono omessi nel testo metrico, vd. Fantuzzi - Hunter 2004, 296.

13 Per l’uso del trimetro giambico nella poesia epigrafica dei secoli VIII-V si veda Kantzios 2005, 133-142.

14 Per la scelta del trimetro in un periodo in cui prevalgono i metri dattilici, in particolare il distico elegiaco, vd. Gentili 1967, 65 e Tsagalis 2008, 244. Un epigramma in trimetri di età ellenistica ben più tardo (I a.C./I d.C.) è attestato a Corcira, cfr. IG IX, 1 880, anch’esso ricorda un poeta, Mnaseas, che “aveva esplorato l’immortale tavoletta omerica”, ovvero che conosceva perfettamente gli scritti omerici.

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rillos, introdotto dai primi due versi, è reso tramite un discorso diretto15, pronunciato dalla polis stessa, assimilabile alla battuta di un dialogo tragico. Pur non essendo possibile reperire alcuna ripresa consapevole di passi noti, gli echi letterari del testo provengono essenzialmente, come vedremo nel commento ai singoli versi, dal dramma attico.

Particolare attenzione merita inoltre l’uso di colori dialettali distinti per le parti in prosa e per i versi. All’epoca in cui si può datare l’iscri- zione, questa distinzione denota intenzioni comunicative che possiamo interpretare in diversi modi. Negli epigrammi provenienti da località in cui si parla un dialetto non ionico-attico, fino alla fine del V secolo, l’alpha lungo viene generalmente mantenuto. Nel IV e III secolo si assi- ste invece ad un adeguamento alle forme del greco comune o ad un uso misto dialpha lungo e eta, e in quest’ultimo caso sono soprattutto i nomi propri a conservare il vocalismo locale; la poesia epigrafica tessala non si sottrae a questa tendenza generale16. Nell’epitafio per Herillos, vediamo invece che nelle due dediche in prosa il vocalismo, in η, segue la κοινή ionico-attica, mentre nella parte metrica si è optato per un dorico lette- rario che può essere visto sia come un omaggio alla patria di Herillos, Calcedone17, colonia megarese, sia come un tratto locale: la città di Lari- sa parla in prima persona usando una lingua letteraria che, pur essendo ben distinta dal dialetto, riflette, in parte, la pronuncia locale18.

Una commistione linguistica paragonabile a quella dell’epitafio per Herillos si riscontra nell’epitafio per Therson, inciso su una stele a coro- namento triangolare di marmo bianco rotta nella parte inferiore (h. 59;

l. 33; sp. 8,5) trovata a Larisa19, e in quello per Potala, inciso su una stele

15 Vd. Dubois, BE 2000, nr. 52.

16 Sull’incidenza del dialetto nella poesia epigrafica, con un’attenzione particolare per il caso tessalo, fondamentale resta il lavoro di Katherine Mickey (1981). Cfr. in particolare Chapter 3, III.1, 48-49 e Chapter 4, 114-172 (epigrammi di IV e III secolo a.C.).

17 Per questo tipo di omaggio linguistico da poeta a poeta si veda Theoc. Ep. 18 [Loeb] = AP 9, 600, v. 1-2, epigramma di Teocrito per Epicarmo (Ἅ τε φωνὰ Δώριος χὠνὴρ ὁ τὰν κωμῳδίαν εὑρὼν Ἐπίχαρμος, “Il dialetto è dorico, come pure l’uomo, Epicarmo, l’inventore della commedia”).

18 Altri epigrammi di III secolo in cui prevale α lungo sono Mickey 1981, C57 = CEG 647 (Fere, IV/III a.C.); ); CEG 650 (Tebe Ftia, IV/III a.C.); Mickey 1981, C55:

dialogo tra monumento e passante (Fere, IV/III a.C.); C51= GVI 1255 (Farsalo, prima metà del III a.C.); C49 = CEG 648 (Farsalo, prima metà del III a.C.); C45 = Decourt 1995, nr. 12. (Limnaion, II a.C.); C33 = GVI 840 (Demetrias, III/II a.C.).

19 L’inventario epigrafico non fornisce ulteriori dettagli su circostanze e luogo di ritrovamento.

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Poeti e conferenzieri stranieri in Tessaglia in età ellenistica 229

a coronamento triangolare, purtroppo perduta, rinvenuta nella necro- poli occidentale di Larisa.

Epitafio per Therson20:

Αἰνοπαθῆ Θέρσωνα πρὶν ἥβης μέτρον ἱκέσθαι Κρανόπολις μήτηρ τῶιδε τάφωι κτέρισεν.

Ἀπολλουνία Εὐδαμεία21

In basso a destra: Θέρσουν Θερσούνδαιος

La madre Kranopolis con questa tomba rese gli onori funebri a Therson morto tra terribili dolori, prima di raggiungere il fiore della giovinezza.

Apollounia figlia di Eudamos.

Thersoun figlio di Thersoundas.

Epitafio per Potala22:

Πουτάλα Πουταλεία κόρα, Τιτυρεία γυνά.

vacat

ὤλεο δὴ στυγερῶι θανάτωι προλιποῦσα τοκῆας Πωτάλα, ἐγ γαστρὸς κυμοτόκοις ὀδύναις·

οὔτε γυνὴ πάμπαν κεκλημένη οὔτε τι κούρη πένθος πατρὶ λίπες μητρί τε τῆι μελέαι.

vacat

Ἑρμάου Χθονίου.

Poutala figlia di Poutalos, moglie di Tityros.

Sei perita a causa di una terribile morte abbandonando i genitori, o Potala, nelle doglie del ventre, mentre partorivi, non completamente donna, ma neppure più ragazza, dolore hai lasciato al padre e all’in- felice madre.

A Hermes Chthonios.

20 Ed. A.Tziaphalias, AD 42 B1, 1987 [1992], 288, nr. 40 (SEG 42, 522 e Helly, BE 1993, nr. 321).

21 Questa terza linea del testo, l’epitafio per Apollounia, è stata incisa a caratteri leggermente più grandi appena sotto l’epigramma; si tratta probabilmente di una seconda persona di famiglia, morta nello stesso tempo o poco dopo.

22 Ed. Le Bas, Rev. Arch. 1844, 315; IG IX 2 638; GVI 1462; Mickey, C44.

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Munus Laetitiae

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Le iscrizioni per Herillos, Therson e Potala sono le uniche metriche funerarie databili al III secolo a.C. facenti parte del corpus di Larisa.

Esse presentano caratteristiche simili nella struttura e nella concezione del testo, la corrispondenza strutturale è lampante soprattutto nella cop- pia Herillos-Potala (dedica in prosa di due linee, versi, dedica a Hermes Chthonios su una sola linea), ma delle analogie si ravvisano anche nella ricerca di una distinzione linguistica netta tra le diverse unità testuali.

Sembrerebbe che per gli abitanti di Larisa si adotti la pratica più comu- ne, ovvero l’uso del dialetto locale nelle parti in prosa e di uno ionico- attico letterario nei versi, per Herillos, invece, si è invertita la polarità linguistica forse, come si è notato, in ragione delle sue origini.

L. 1-2 ῞Ηριλλος Ἡροδώρου | Καλχηδόνιος: le edizioni prece- denti, che dipendono tutte dalla lettura erronea di A. Tziafalias, si ri- feriscono all’epigramma per Ἠρίλαος (Erilaos)23, tuttavia il nome, ben leggibile, presente nell’epigramma di Larisa è ῞Ηριλλος. Attestato fino- ra nelle fonti epigrafiche in una lista di nomi di Cos (Iscr. di Cos, ED 199, l. 16), datata 197-159 a.C., questo antroponimo è altrimenti noto per essere stato portato da un filosofo stoico24. Quanto noto della vita e dell’opera del filosofo Herillos25 di Calcedone26 vissuto, come l’omoni- mo concittadino dell’epigramma, nel III secolo a.C., attivo verso il 280,

23 Questo antroponimo è effettivamente attestato, anche se la lettura resta da verificare sulla pietra, in un epitafio di età ellenistica proveniente da Kalchedon, vd. IKalchedon, nr. 4, (Ἡρίλαος̣ | Ἀνδρόκλεος); la forma scelta dagli autori di IKalchedon è Herilaos, con spirito aspro, e non Erilaos con spirito dolce. Come Herillos (nome del filosofo di Calcedone) e Heris (il citarista, cfr. IG XI, 2, 106, l. 18), Herilaos sarebbe quindi, secondo loro, un teoforico di Hera. Tuttavia, la possibilità che si tratti invece di un composto formato a partire dalla radice *ersi- (sollevare, incitare) + λαός, da trascrivere quindi Ἠρίλαος/Erilaos, mi sembra più convincente (cfr. Dobias-Lalou 1994, 201-202).

24 Conosciuto tramite Cicerone (Cic., Tusc. 5, 85 e Fin. 2, 35 e 43; 5, 23 e 73; Off. 1, 6) e Diogene Laerzio (Diog. Laert. 7, 37 e 165-166).

25 Brad, DNP, s v. Herillus; Nickel 2008, 86-89; Isnardi Parente 1989, 267 e 314-317 (con lista completa delle fonti antiche); Ioppolo 1985. Si veda inoltre Dana 2011, 287-288.

26 In Diog. Laert. 7, 37, Herillos è Καρχηδόνιος (di Cartagine). Per id. 7, 165, l. 1 gli editori più antichi (cfr. Von Arnim, SVF I, 2, 409 - vd. apparato - e 411 e Hicks 1925) accolgono la lezione Καρχηδόνιος, ma Ioppolo 1985, 58 nota che la buona lezione, attestata nel codice PL, giustificata in modo convincente da Von der Mühll 1963, 6-9 (seguito da Gigante 1976, 300 e nt. 82, 534), è invece Χαλχηδόνιος, concorde Isnardi Parente 1989, 314, nt. 98; così anche Robert 1964, 164 sulla base di ragioni onomastiche (frequenza dei nomi teoforici di Hera a Megara e nelle sue colonie) e Dana 2011, 282, 287 e 312-313. Nickel 2008 mantiene invece Καρχηδόνιος.

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si basa sopratutto sulla testimonianza di Diogene Laerzio. Discepolo non dissidente di Zenone, in gioventù particolarmente avvenente e, per questo, apprezzato dai coetanei e costretto da Zenone a tagliarsi i capel- li, Herillos aveva affermato che il fine ultimo dell’esistenza è la scienza, salvo poi ammettere che essa non è sempre l’unico fine, perchè questo dipende dalle circostanze; a lui sono attribuite diverse opere a carattere etico e un paio di trattati a tema mitologico, una Medea e un Hermes.

Come suo padre Ἡρόδωρος, ῞Ηριλλος porta un nome teoforico di Ἥρα27 con suffisso diminutivo –ιλλος28. Al piccolo gruppo di artisti itineranti attivi durante il III secolo a.C. aventi nomi teoforici di Hera appartiene anche un Ἧρις (Heris)29, citarista di Calcedone che parteci- pò ai giochi di Delo nel 282 a.C., citato nella lista di vincitori IG XI, 2, 106, l. 18 (κιθαριστής· Ἧρις Καλχηδόνιος).

L. 2 Καλχηδόνιος: con η (diverso da l. 6: Καλχα̣δόνα nella parte metrica), l’origine del defunto rappresenta un ulteriore dato a supporto dell’ipotesi (vd. nt. 26) che la lezione migliore dei manoscritti di Dio- gene Laerzio riguardanti il filosofo omonimo sia Χαλχηδόνιος e non Καρχηδόνιος, in quanto costituirebbe la seconda ricorrenza a Calcedo- ne di un nome raramente attestato e un’ulteriore attestazione di nome in Ἧρ- in un’area geografica (Calcedone, Bisazio) dove è già stata riscon- trata una certa concentrazione di antroponimi di questo tipo.

L. 3-4 τὸν ξεῖνον ἁ Λάρισα τᾶι Πελασγίδι | κάλυψε βώλωι: τὸν ξεῖνον, di Herillos viene messa in evidenza la situazione di straniero ospite, si noti inoltre il gioco di parole, chiaramente voluto, fra ξεῖνον e εὔξεινον (l. 7) che sono anche nella stessa posizione metrica; nelle iscrizioni inerenti ad un contesto internazionale, la città di Larisa viene menzionata specificandone la regione d’appartenenza tramite la formu- la ἀπὸ Λαρίσης τῆς Πελασγίδος necessaria per distinguerla dalle città omonime30; questa pratica è regolare nelle liste di vincitori agli Eleu- theria, gli agoni sportivi e poetico-musicali internazionali pantessalici istituiti all’inizio del II a.C. (cfr. e.g. IG IX 2 528, 530, 534; SEG 54, 560). Il poeta, che poteva conoscere questa formula, forse già diffusa

27 Su questi teoforici di Hera, Ἧρις ῞Ηριλλος, vd. Dobias-Lalou 1994, 201-203 (cfr.

BE 1994, 702).

28 Sui suffissi in -ίλος, -ιλος, -ιλλος, etc. si veda Locker 1933, 60-68 e OGS 2, 559-560.

29 Per questo nome e la sua diffusione nella zona di Bisanzio e Calcedone, cfr. Robert, Hellenica X, 35 et Robert 1964, 164.

30 Le varie città con nome Larisa sono elencate in Strabo 9, 5, 19.

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nel III secolo e utilizzata in altri contesti internazionali, agonali o d’altro genere, la dissimula e la trasforma nel verso, l’aggettivo Πελασγίδι è infatti riferito alla terra indicata con il termine alto βῶλος, il suolo lo- cale, la terra patria (cfr. Hdt. 2, 111, 3: πόλιν, ἣ νῦν καλέεται Ἐρυθρὴ βῶλος). Per l’uso di questo vocabolo in un contesto funerario vd. Plu.

Flam. 20, si vedano inoltre GVI 309.1 dove si riscontra il medesimo giro sintattico con dativo accompagnato dall’aggettivo geografico (τὴν κύνα Λεσβιακῆι βώλωι ὑπεθήκατο Βάλβος), GVI 1025.6 (Roma, II d.C.) dove βῶλος è soggetto dello stesso verbo, καλύπτω. Nella poesia fune- raria è più frequente l’uso preposizionale ὑπὸ βῶλον, cfr. le ricorrenze in Citti – Degani – Giangrande - Scarpa 1995, s.v. βῶλος.

L. 4 ποταγορήσατο: prefisso dor. per προσηγορήσατο; il verbo προσηγορέω, qui utilizzato al medio e senza complemento oggetto, è raro, se ne attesta l’uso nella tragedia attica in un passo controverso, Eur. Phoen. 989 (vd. commento ad loc. di Mastronarde 1994), ma so- prattutto in Soph. El. 1471 (vd. commento ad loc. di Finglass 2007, 536), τὸ ταῦθ’ ὁρᾶν τε καὶ προσηγορεῖν φίλως. In questo passaggio il verbo, che riprende le parole θρήνων τύχῃ del v. 1469 (τὸ συγγενές τοι γε κἀπ’ ἐμοῦ θρήνων τύχῃ), è impiegato in maniera assoluta con l’avverbio φίλως, nell’accezione di parlare benevolmente, dire addio (a un defunto) che ben si adatta al nostro contesto. Per i composti in -ᾱγορος -ηγορος (ex. προσήγορος “che rivolge la parola” o “al quale si può rivolgere la parola”, κατήγορος “accusatore”, etc.), vd.

Chantraine, Dictionnaire étymologique, s.v. ἀγορά, p. 13.

L. 5-6 τὸν Ἡροδώρου προφρόνως ἐδεξάμαν| ῞Ηριλλον: dal punto di vista narrativo l’epigramma per Herillos è un testo originale che non ricalca gli schemi più noti dello stile diretto e indiretto presenti nell’epigramma funerario31. Il discorso in prima persona pronunciato da una voce corale, quella della città, è introdotto da un paio di versi in terza persona. Larisa personificata pronuncia il suo estremo saluto a Herillos che non interpella alla seconda persona, come in un lamen- to, ma del quale parla alla terza persona. I versi 3-6 appaiono dunque come la sintesi estrema dell’elogio pronunciato da un rappresentante della polis durante i riti funebri32, rielaborato e ridotto ai suoi elementi

31 Sulla struttura narrativa dell’epigramma funerario: Tueller 2008; Tsagalis 2008, 216-260; Schmitz 2010; Vestrheim 2010, in particolare 75-78.

32 Sul rapporto tra epigramma, θρῆνος e ἐπιτάφιος λόγος vd. Alexiou 2002 e per Atene, Loraux 1981, 76-77.

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Poeti e conferenzieri stranieri in Tessaglia in età ellenistica 233

essenziali da un poeta anonimo al fine di fissarlo eternamente sulla pie- tra e renderlo visibile ai passanti33.

Mentre la frase introduttiva ai vv. 1-2 menziona l’avvenuta sepoltura e, indirettamente, la celebrazione delle pubbliche esequie34, mostrando che la città ha garantito all’ospite gli onori post mortem, il discorso diretto ricorda l’ultima parte della vita di Herillos, la buona accoglienza ricevuta in città al suo arrivo (προφρόνως ἐδεξάμαν)35, i suoi meriti di poeta.

Il nome del defunto in iperbato occupa una posizione enfatica all’i- nizio del verso 6.

L. 6-7 ἦ γὰρ οἶδα τὰν Καλχαδόνα | εὔξεινον οὖσαν: ἦ γὰρ indi- ca che la benevola accoglienza di Larisa è giustificata dalle informazioni fornite nelle subordinate oggettive; in Καλχαδόνα il vocalismo è in ᾱ, diversamente dalla parte in prosa.

La seconda parte del discorso della città è incentrata sull’elogio della patria di Herillos, Calcedone, la quale aveva dato prova certa (ἦ γὰρ οἶδα) di una benevolenza pari a quella di Larisa nell’accogliere gli stra- nieri, tessali o d’altra origine.

L. 7 ἅς πάτρας ἀείδετο: la relativa, riferita alla frase precedente, è un inciso in cui πάτρας è apposizione posposta al relativo, entram- bi sono all’accusativo plurale. L. Dubois (BE 2000, nr. 52), seguendo Tziafalias, legge ἇς πάτρας ἀείδετο: vi sarebbe quindi, se ben interpre- to, una prolessi e attrazione diretta del relativo, con inclusione nella re- lativa dell’antecedente (πάτρας), il quale sarebbe in caso genitivo per- chè retto da πρὸς χάριν36 al verso seguente. Il collega definisce a giusto

33 Il tema del lutto civile è particolarmente frequente nella poesia funeraria di ogni luogo e epoca e si esprime sia nei testi a committenza pubblica che privata.

In ambito tessalo, esso viene evocato in particolare in componimenti di alta età ellenistica: l’epigramma attribuito a Theodoridas per Phenarete (AP VII, 528, Larisa?, III a.C.) in cui, al v. 4, viene menzionata la città di Larisa: Λάρισσαν δὲ φίλην ἤκαχε καὶ τοκέας (“addolorò l’amata Larisa e i genitori”); l’epigramma per l’atleta Menon che non potè fregiare di corone la Tessaglia (CEG 643, Fere, seconda metà del IV a.C.), v. 4: οὕνεκα πένθος ἔχει πᾶσα πό̣λις φθιμένου (“l’intera città prova dolore per il defunto”); l’epigramma per la figlia di Admeto (Decourt 1995, Farsalo, inizio III a.C.), v. 1: [κ]ῆ̣δος̣ ἀ̣ε̣ί̣[μν]η̣στον πάσηι πόλει ἐνθάδε̣ [---]

(“lutto incancellabile per tutta la città qui ...”).

34 Cfr. Chaniotis, SEG 47, 735: “The Larisseans honored Erilaos with a public funeral”.

35 Anche se non esplicitamente dichiarato, è possibile che l’espressione generica προφρόνως ἐδεξάμαν alluda ad una cerimonia pubblica di accoglienza, per cui vd. Cinalli 2015.

36 Il costrutto πρὸς χάριν con genitivo è ben attestato e ricorda alcuni celebri passaggi tragici: Eur. Hel. 1273, καλῶς ἂν εἴη Μενέλεῴ τε πρὸς χάριν; Eur. Med. 537-

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Munus Laetitiae

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titolo “curioso” l’uso del medio, ἀείδετο, con valore transitivo. Questa forma, motivata forse dalla necessità in questa sede di due sillabe, la pri- ma delle quali obbligatoriamente breve, risulta problematica, in quanto un imperfetto medio transitivo di ἀείδω non sembra per ora attestato.

L. 8 αὐτόν τε πά[ν]τ̣α πρὸς χάριν τετραμμένον: l’elogio si sposta dalla città d’origine del defunto all’uomo di cui viene ricordata la dedi- zione totale alla professione di poeta (αὐτόν τε πάντα ... τετραμμένον).

Va notato che la costruzione sintattica del periodo che va da ἦ γὰρ οἶδα fino alla fine pone vari problemi. La soluzione che qui si adotta è diversa da quella di Dubois, la quale, a prima vista convince, ma urta contro un ostacolo non trascurabile: la congiunzione coordinativa τε di fatto crea una barriera tra la relativa e quella che, se accettiamo l’idea della prolessi, sarebbe la sua reggente. Per questa ragione, mi sembra che il testo debba essere letto in modo differente, legando la relativa all’oggettiva precedente (τὰν Καλχα̣δόνα εὔξεινον οὖσαν), conside- rando ἅς πάτρας un accusativo plurale enfatico/poetico37 motivato anche dall’implicita inclusione di Larisa come patria d’adozione cele- brata con canti (vd. infra) e l’espressione πρὸς χάριν, generalmente con dativo di persona38, come un sintagma autonomo (cfr. Soph. OT 1152 e id. Fr. 28 [Loeb]). Seguendo questa ipotesi, mi pare che la ragione del- la buona accoglienza riservata a Herillos dalla città di Larisa risulti più chiara e coerente: da un lato la patria che egli cantava era rinomata per la sua ospitalità verso gli stranieri (e Larisa non poteva essere da meno), dall’altro lui, Herillos, aveva consacrato la vita a far piacere al prossimo attraverso il mestiere di poeta.

La parentetica relativa potrebbe essere interpretata in modo ancora diverso39, considerando ἇς πάτρας un genitivo in attrazione e il verbo impersonale (si cantava, si celebrava). La traduzione sarebbe: “Calce- done, patria di cui si recitavano elogi”. Questa soluzione risolverebbe il problema della forma verbale, che sarebbe impiegata dall’autore senza forzature con un genitivo giustificato da un implicito riferimento al can- to (μέλος) attestato in autori classici, in particolare in Aristofane (vd. gli exempla ad vocem in DGE e LSJ).

538, καὶ δίκην ἐπίστασαι νόμοις τε χρῆσθαι μὴ πρὸς ἰσχύος χάριν; Soph. Ant.

908, Τίνος νόμου δὴ ταῦτα πρὸς χάριν λέγω.

37 Cfr. Humbert 1960, 22 e Künher - Gerth 1963, 18.

38 Eur. Hec. 257 (τοῖσι πολλοῖς πρὸς χάριν); id. Hel. 1281 (τῇδε πρὸς χάριν).

39 Devo questo suggerimento al collega Gianfranco Agosti.

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Poeti e conferenzieri stranieri in Tessaglia in età ellenistica 235

Sarei meno propensa ad accogliere questa lettura che annullerebbe ogni riferimento alla professione di Herillos, il cui nome, come abbiamo osservato, ci porta in un ambiente di saggi o artisti itineranti originari di Calcedone; la ragione della dedica pubblica dell’epigramma, enunciata solo nel secondo membro dell’infinitva, risulterebbe inoltre alquanto vaga.

Un’altra via, che non escludo in quanto non implicherebbe l’omis- sione del mestiere del defunto, e quindi del motivo della dedica pubbli- ca dell’epitafio, sarebbe quella del medio con un genitivo in attrazione:

“Calcedone, patria di cui egli cantava”.

L. 9 Ἑρμῆι Χθονίωι: questo tipo di formula è estremamente diffu- so nelle iscrizioni funerarie tessale, in modo particolare in Pelasgiotide;

la dedica a Hermes viene solitamente collocata dopo i dati onomastici del defunto come ultimo elemento testuale, in molti casi è sostituita, o accompagnata, da una figurina stilizzata e indica un’eroizzazione del defunto40. La cronologia dei monumenti sepolcrali dedicati a Hermes è compresa tra il IV/III a.C. e l’età romana. Le dediche più antiche (IV/

II a.C.) sono generalmente in dativo tessalico, Ἑρμάου Χθονίου (cfr.

e.g. SEG 42, 523; SEG 43, 275; SEG 45, 622; SEG 46, 649 e 652), le più recenti (dal III/II a.C. in poi) sono al dativo in -ῆι e –ωι (cfr. e.g.

IG IX 2, 841, 984, 1004-1005; SEG 42, 502). Nel nostro caso il greco comune è stato adottato per simmetria con la parte iniziale in prosa.

Il contesto

A. La ξενία di Larisa

Esplicitamente nominata, la polis parla al lettore per rivolgere un commiato di pietra a un ospite illustre, ma soprattutto per esibire, a più riprese, la sua ξενία41 (ll. 3-5: τὸν ξεῖνον ἁ Λάρισα ... κάλυψε;

προφρόνως ἐδεξάμαν ῞Ηριλλον). La preoccupazione principale della città pare essere quella di sdebitarsi nei confronti di Herillos e della sua città d’origine, Calcedone, con la quale potevano sussistere relazioni di

40 Per un’analisi approfondita di questo tipo di dediche si rinvia a Avagianou 2002.

41 Sull’accoglienza cittadina agli stranieri, la cerimonia degli ξένια e il lessico dell’ospitalità vd. Cinalli 2015. Sulla leggendaria ospitalità tessala in generale vd.

Mili 2015, 298-299, all’epoca delle grandi aristocrazie vd. Stamatopoulou 2007, 327 e Sprawski 1999, 55-58. Nell’ambito delle relazioni internazionali tra città tessale e straniere in età ellenistica si situa anche il fenomeno dei giudici stranieri, attestato in Tessaglia in numerosi documenti amministrativi a partire dal II secolo a.C., vd. la sintesi di Crowther 2006.

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Munus Laetitiae

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amicizia o parentela che purtroppo non sono confermate da altra fon- te. Dal testo (ll. 6-7: ἦ γὰρ οἶδα τὰν Καλχα̣δόνα εὔξεινον οὖσαν) si deduce che l’ospitalità di Calcedone era ben nota; resta da stabilire se questa affermazione sia motivata da una fama veicolata dai poemi celebrativi di Herillos o se si riferisca a precedenti concreti, ovvero a rapporti diplomatici tra Larisa e Calcedone tali da giustificare una cer- tezza simile; non è infatti improbabile che i versi di Herillos sigillassero, con un riferimento al passato mitico, il rinnovo di rapporti di φιλία o συγγένεια42.

Non è possibile stabilire se durante il III secolo vi fosse un movimen- to migratorio tra Calcedone e la Tessaglia, certo è significativo che gli unici due documenti epigrafici che menzionano cittadini di Calcedo- ne insediatisi temporaneamente o stabilmente in Tessaglia risalgano a questo periodo, uno è il nostro epigramma, l’altro una stele funeraria per un abitante di Calcedone, forse un militare insediatosi a Demetrias:

Ἀπολλόδωρος Διονυσίου Καλχηδόνιος43.

L’espressione ἅς πάτρας ἀείδετο (l.7) fa pensare che il defunto fos- se un poeta44. Non è da escludere che potesse risiedere in modo stabile a Larisa, ma lo ritengo poco probabile, dato che si insiste molto sul suo status di straniero e nessun membro della sua famiglia viene nominato nel testo. Herillos era, più verosimilmente, un poeta45 in soggiorno a Larisa per un periodo abbastanza lungo il quale, in cambio dei servizi

42 Sul tema delle parentele leggendarie nelle relazioni diplomatiche tra città si veda in particolare Jones 1999, sulle parentele leggendarie riferibili a città tessale, cfr. Curty 1995, nrr. 9 (tra le città della Beozia e Larisa), 17 (tra Larisa e Skotoussa), 18 (tra Larisa e Pepareto), 37 (tra i Tessali e Teos), vd. anche Helly 1973, vol. II, nr. 111 (tra Gonnoi e Magnesia sul Meandro, 206-203 a.C.), SEG 23, 448 (tra il koinon dei Tessali e Demetrias, II a.C) e il decreto per Bombos di Alessandria Troade (cit.

infra, vd. Helly 2006a).

43 Arvanitopoulos 1909, 282, nr. 69 (Demetrias, seconda metà del III a.C.).

44 La deduzione che Herillos fosse un poeta itinerante, o comunque un uomo di lettere capace di comporre versi accolto per un certo tempo a Larisa, si basa sull’interpretazione di un passaggio complesso del testo e può pertanto essere opinabile. Ritengo tuttavia che, al di là della sintassi, ragioni di carattere onomastico e storico enunciate nel commento consolidino questa ipotesi. Sulla presenza di uomini di cultura di Calcedone all’estero onorati in vita con un decreto o in morte con un epigramma vd. Dana 2011, 223-224, 283, 312 (a Delo, vd. IG XI 4618 e il citato IG XI, 2, 106, l.18), sui filosofi di Calcedone vd. 281-288. Di poeti pontici noti attivi in patria o fuori di essa si sono conservate tracce ben più numerose che di una presunta fama di Calcedone come città “cantata dai poeti”, vd. ancora Dana 2011, 224-228 e 266-268.

45 Cfr. Dubois, BE 2000: “un poète qui avait écrit des ouvrages pour célébrer les mythes de sa cité” e Chaniotis, SEG 50, 524.

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resi alla città e dei suoi meriti intellettuali, aveva meritato l’onore della pubblica sepoltura.

L’esistenza di un più celebre Herillos di Calcedone, il filosofo ricor- dato da Diogene Laerzio e Cicerone, induce a interrogarsi sull’identità dell’omonimo compatriota morto in Tessaglia. La pratica della poe- sia non è incompatibile con quella della filosofia e il nome Herillos è, come si è notato, estremamente raro. Tuttavia, i dati in nostro possesso non consentono di identificare l’Herillos morto a Larisa con il filosofo stoico. Dobbiamo invece constatare che nell’iscrizione di Larisa non si menziona alcuna attività filosofica, come sarebbe stato naturale fare qualora si fosse voluto rendere omaggio a un filosofo di spicco. Invece, tramite il verbo ἀείδω e il riferimento a un canto che narrava le sto- rie patrie, i versi fanno pensare che Herillos fosse un ποιητής ἐπῶν (poeta epico), non un semplice esecutore (ῥαψῳδός), ma un autore di testi nuovi46, un aedo che con il suo canto aveva allietato il pub- blico delle diverse poleis che lo avevano invitato. Questi poeti, oltre a scrivere inni in favore delle divinità delle città o dei santuari in cui si recavano, componevano anche poemi di carattere storico-mitologico (ποίημα ἐπικόν) e elogiativo (ἐγκώμιον ἐπικόν) alla gloria del popolo o della polis che li accoglieva per gratificare47 (cfr. πρὸς χάριν, l. 8) il pubblico e le autorità locali durante pubbliche esibizioni (ἐπιδείξεις).

Di Herillos si afferma che cantò la sua patria, Calcedone, ma non va dimenticato che chi parla è Larisa e che, anche se grammaticalmente il plurale enfatico non può che riferirsi a Calcedone, la sua era solo una delle “patrie” che il poeta cantava. Egli aveva certamente celebrato anche i miti e gli antenati di Larisa che lo aveva accolto, e forse ufficial- mente invitato, proprio a questo scopo.

Ragioni d’ordine onomastico e cronologico, esposte nel commento al testo, fanno ritenere che il filosofo menzionato dagli autori antichi e il poeta appartenessero alla stessa famiglia di Calcedone, i cui membri, vissuti durante il III secolo a.C., praticavano per tradizione professioni a carattere intellettuale e artistico (un poeta, un filosofo e un citaredo sono attestati nella documentazione epigrafica) e portavano nomi teoforici di Hera (Ἧρις ῞Ηριλλος, Ἡρόδωρος).

46 Per questa distinzione vd. in particolare Pallone 1984 e Giovannini 2005.

47 Cfr. Giovannini 2005, 637: l’autore insiste sul fatto che il ruolo di questi poeti epici era quello di far piacere all’uditorio ricordando e rielaborando storie e miti patri più o meno conosciuti.

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Grazie a questo epigramma, un nuovo dettaglio si aggiunge a quan- to già conosciamo sullo spazio concesso dalla città di Larisa alle perfor- mances di poeti locali e stranieri. Un piccolo gruppo di epigrammi fir- mati provenienti da Larisa di età ellenistica mostra che la città e i privati cittadini ingaggiavano poeti professionisti tessali o stranieri per scrivere versi da incidere su monumenti pubblici e privati48. Si trattava, in parte, di artisti itineranti49, di“eredi di Orfeo”che si spostavano di città in città, il cui talento era conosciuto anche grazie ai successi riportati ai concorsi locali o panellenici50.

B. Conferenzieri e poeti stranieri nello spazio regionale tessalo

L’epigramma funerario per Herillos viene a integrare, collocandosi sul versante degli uomini di lettere stranieri attivi in Tessaglia, il quadro tracciato da H. Bouvier, il quale si era invece concentrato sui poeti e i prosatori tessali che operarono in Tessaglia o altrove51. Questo contri- buto aveva fatto luce su un aspetto poco esplorato di una terra famo- sa più per i suoi tiranni, le sue incantatrici, le sue battaglie storiche e la sua cavalleria che per il suo fervore culturale. Dalle fonti letterarie apprendiamo invece che tra il VI e il IV secolo a.C. le ricche famiglie degli Scopadi, degli Alevadi e degli Echecratidi e le città tessale diedero ospitalità a poeti, filosofi e scienziati che viaggiarono per diffondere il loro insegnamento o per offrire i loro servizi in cambio di denaro. Tra questi basterà ricordare i poeti Simonide, Pindaro e Bacchilide, il filo-

48 Vd. Bouvier 1979, 258, Petrovic 2009, 202 e Santin - Tziafalias 2013, nrr. 1-4:

tra i poeti locali probabilmente Aphthonetos (nrr. 1-2, Larisa, metà del III a.C.) e Apollonios di Larisa (nr. 4, Larisa, seconda metà del I a.C.), straniero, di Tralle, era invece Herakleides (nr. 3, seconda metà del II a.C.).

49 Sui poeti itineranti si è andata creando un’ampia bibliografia: si vedano in particolare i vari contributi presenti in Rutherford, Hunter 2009. Allo studio di M. Guarducci si aggiungano almeno Chaniotis 2009, Tedeschi 2003, 116-117, Ferrandini Troisi 2006; sulle associazioni degli artisti di Dioniso vd. soprattutto Aneziri (2003, 2007, 2009) e Le Guen 2001.

50 Sulle feste religiose e agonali d’età ellenistica vd. Chaniotis 1995, per la Beozia vd. Manieri 2009. Nell’ambito delle feste locali, concorsi di ἐγκώμιον ἐπικόν e ἐπίγραμμα sono attestati nella lista di vincitori agli Stena IG IX 2, 531, ll. 44-48 (Larisa, fine I a.C.); per un quadro generale sui concorsi sportivi e poetico musicali in Tessaglia, vd. Gallis 1988, 217-235, per i concorsi di epoca arcaico-classica, vd.

Stamatopoulou 2007, 333-337.

51 Cfr. Bouvier 1979: gli stranieri accolti in Tessaglia sono citati in questo lavoro solo incidentalmente. Su Filone di Larisa vd. Brittain 2001.

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sofo Gorgia di Leontinoi e il medico Ippocrate di Cos52; gli ultimi due, come Herillos, trascorsero l’ultima parte della loro vita in Tessaglia e vi morirono entrambi negli anni 70 del IV secolo a.C.

Le fonti epigrafiche, tra cui il nostro epigramma, confermano che la Tessaglia non rimase a margine del movimento generale di poeti, fi- losofi, retori e conferenzieri che più tardi, in età ellenistica, percorsero il Mediterraneo in cerca di fama e fortuna recandosi nelle principali città ellenofone. Le poleis di Larisa e Lamia si mostrarono aperte alla circolazione di persone e di idee e invitarono ospiti stranieri, soprattutto poeti e filosofi, per promuovere l’educazione dei giovani e animare la vita culturale cittadina.

Nell’anno 170/169 (o 169/8) fu promulgato dalla città di Larisa il decreto doppio, prima di elogio (ll. 1-27) e successivamente di cittadi- nanza (ll. 28-38), in favore del filosofo ateniese Satyros figlio di Phili- nos53. Per alcuni anni, durante i quali condivise con gli abitanti le dure prove imposte dalla terza guerra macedonica (ll. 15-16), egli abitò in città, comportandosi in modo lodevole e irreprensibile e mettendo a di- sposizione le sue risorse in favore dei cittadini. Anche se non si accenna a lezioni da lui tenute al ginnasio o a conferenze pubbliche, è molto probabile che il filosofo, avendo soggiornato in città per lungo tempo, possa aver insegnato ai giovani e aver aiutato i cittadini a sopportare la guerra proprio trasmettendo la sua conoscenza.

Verso la metà del II secolo a.C.54, Larisa conferì la politeia a due Eoli di Alessandria Troade (ll. 13 e 35)55, Leukios figlio di Nikasias e Bombos figlio di Alkaios. Quest’ultimo soggiornò in città per un certo periodo e tenne conferenze pubbliche al ginnasio (ll. 14-15: ἐπιδείξις ἐν τοῦ γ[υμ]νασί[ου]); nelle sue opere, come pure nelle sue letture (a l. 16 la pietra è molto rovinata, ma si legge probabilmente ἀκροάσεις), ricordò i cittadini illustri di Larisa. Tramite la sua attività di conferenziere e i

52 Sulla tomba di Ippocrate (morto a Larisa verso il 370 a.C.) situata “sulla strada tra Gyrton e Larisa” e sull’epitafio inciso su di essa o di natura puramente letteraria, vd.

CEG 793 e Helly 1993, 3-17.

53 Tziafalias - Garcia-Ramon - Helly 2006, 436-456, ripreso in Helly 2007, 224-229 e Haake 2009.

54 In Helly 2006 la datazione proposta era 160-150 a.C., poi corretta in 150-140 in BE 2007, nr. 357.

55 Si segue qui l’edizione di Helly 2006 (cfr. SEG 56, 638). L’origine degli onorandi così formulata, Αἰολεὺς [ἀπ’ Ἀλεξαν]δρείας, è funzionale all’espressione del legame di consanguineità (συγγένεια) che gli abitanti di Larisa e di Alessandria potevano vantare a causa del loro passato mitico.

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