• Aucun résultat trouvé

Dissociazione dell’immobile e durata del diritto dissociato

Sottosezione II: L’immobile dissociato

C) Dissociazione dell’immobile e durata del diritto dissociato

l’Administration qui, tant en matière agricole qu’urbaine, est devenue, en quelque sorte, la règle. Une certaine survivance déformée des domaines éminents et utiles se manifeste donc. Le pouvoir sur le bien n’est plus direct puisqu’il s’avère trop souvent dépendant des décisions de l’autorité publique. La législation moderne recrée ainsi ce que le Code civil avait tant voulu éviter”.

285 Cfr., ex ceteris, per l'Italia, S. Bellomia, G. Pagliari, M. A. Sandulli (a cura di), Proprietà e

pianificazione del territorio, in A. Gambaro, U. Morello, Trattato dei diritti reali, vol. IV, Milano, 2012; per la Francia, J.-B. Auby, H. Périnet-Marquet, R. Noguellou, Droit de l’urbanisme et de la construction, X ed., Issy-les-Moulineaux, 2015.

286 Cfr. per es. A. Gambaro, La proprietà, Milano, 2017, pp. 312-314, pp. 328-329: "Le forme tecniche di perequazione possono essere varie, ma esse presentano un nucleo ideale comune in quanto implicano una scansione intellettuale e giuridica tra l'attribuzione della facoltà di procedere alla trasformazione dell'assetto fisico dei fondi (e dei beni edilizi), l'attribuzione della misura astratta di tale facoltà ed, infine, l'attribuzione della titolarità dei beni realizzati che può anche essere il frutto di vicende circolatorie riguardanti il jus aedificandi, come avviene tipicamente nel caso di un diritto di superficie nella forma della concessione ad aedificandum in base al quale il superficiario diviene proprietario dell'edificio costruito"; M. Magri, E. Schilhanick, Diritto di superficie, in P. Cendon (diretto da), Diritto italiano, Padova, 2006, pp. 253 ss.; H. Périnet-Marquet, Le droit de construire, thèse Poitiers, 1979, passim.

Si è osservato come con l’avvento della modernità e, in Francia, con l’ordine giuridico instaurato dalla Rivoluzione e poi dalla codificazione, il diritto di superficie, istituto potenzialmente sovversivo del nuovo ordine, sia stato guardato con un certo sospetto287: visto dagli studiosi ottocenteschi come “un’anomalia, un vizio nella legislazione”288, lontano dall’“ordine naturale delle cose”289, o meglio da quello che essi percepivano come tale in ragione della concezione di proprietà che caratterizzava l’ideologia del tempo, libera da vincoli che ne potessero compromettere o complicare il pieno commercio giuridico, necessario allo sviluppo capitalistico. La dissociazione dell’immobile era allora tollerata – nel quadro del principio della libertà contrattuale, ma con una certa tensione con il principio del

numerus clausus dei diritti reali – sotto forma di deroga ed eccezione ai principi

informatori della materia in quanto comunque rispondente ad alcune esigenze sociali difficilmente sopprimibili, soprattutto proprie del mondo rurale, ma via via anche nuovamente di quello urbano, in cui la crescita della popolazione cominciava a porre problemi di ottimizzazione dello spazio utilizzabile. Può tuttavia notarsi il carattere sin dall’origine limitato e contraddittorio dell’aura di eccezionalità associata alla superficie, carattere tale da improntare di sé il regime della prova, ma non da imporsi con altrettanta decisione in tema di durata del frazionamento spaziale dei titoli di appartenenza su uno stesso immobile. Quello del tempo è un tema che sono trasversalmente chiamate ad affrontare le varie teorie sulla natura della superficie, tanto in Francia quanto in Italia. Per cominciare dal modello d’oltralpe, se le impostazioni, più fedeli al diritto romano, ma minoritarie, che fanno del diritto di superficie un mero diritto reale di godimento sulla cosa altrui sboccano linearmente a sostenere la conseguenza di una sua durata necessariamente circoscritta nel tempo290, diverso è il discorso per le teorie, moniste o dualiste, che nel diritto di superficie

287 Cfr., ancora oggi, W. Dross, Droit des biens, II ed., Issy-les-Moulineaux, 2014, p. 30, nota 90: “tout incite à préférer le modèle du démembrement d’une utilité à celui d’une division matérielle de son objet”.

288

J.-E. Labbé, Note sous Cass. civ., 16 déc. 1873, in S., 1874, I, p. 458. 289

J.-B.-V. Proudhon, Traité des droits d’usufruit, d’usage, d’habitation et de superficie, t. VIII, Digione, 1825, pp. 548-549.

290 Nella dottrina di oggi, v. F. Zenati-Castaing, Propriété et droits réels: droit de superficie, in RTD

civ., 1995, p. 658: “L’exception que constituent les servitudes est due au caractère mineur de l’entrave qu’elles apportent à la propriété. Ce qu’il y a d’incompatible avec le régime des biens dans la perpétuité des droits sur la chose d’autrui, c’est qu’elle provoque l’expropriation du propriétaire et instaure un régime de propriété divisée”; F. Zenati-Castaing, T. Revet, Les biens, III ed., Parigi, 2008, p. 219; F. Dumont, La nature juridique du droit de superficie, thèse Lyon III, 2001.

identificano (solo o anche) una forma di proprietà, spazialmente limitata ma teoricamente completa di tutte le utilità dominicali, in quanto tale imprescrittibile e naturalmente perpetua… fatto salvo il titolo: l’eccezione è di non poco conto, vista la frequenza nel modello francese di diritti di superficie conferiti nel quadro di rapporti locativi, ordinari o anomali, il cui titolo convenzionale prevede il ritorno finale della proprietà delle costruzioni al domino del fondo. Inoltre, alcune voci tentano di temperare la dottrina dell'imprescrittibilità del diritto conferito291 proprio ragionando sulle soluzioni offerte dalle regole che affrontano le situazioni di patologia del rapporto fondato su un titolo convenzionale292. Le problematiche della sopravvivenza o meno del diritto anche in presenza di una distruzione o demolizione dell’opera nelle principali ricostruzioni teoriche della superficie in Francia saranno approfondite nel prosieguo. In questo paragrafo, basti osservare come, fatte salve le sfumature di problematizzazione che si sono accennate, le teorie dominanti in materia di superficie arrivino in un modo o nell’altro ad affermare il carattere naturalmente perpetuo del diritto di superficie, privilegiando le istanze rivolte a una stabilizzazione dello stesso, quale oggi fondamentale in particolare per un efficace dispiegarsi della tecnica della ripartizione volumetrica dello spazio, a discapito del dogma dell’esclusività del diritto del proprietario del fondo, sacrificandone l’interesse a un pieno riespandersi del suo diritto dominicale. Come osservato nell’introduzione storica, già nel corso del XIX secolo nella giurisprudenza si era consolidata una concezione del diritto di superficie come forma di proprietà, parziaria ma dotata di tutti gli attributi della

291

Al punto che, secondo J.-L. Tixier, Le bail à construction: de la théorie à la pratique, Parigi, 2006, p. 13, “si la perpétuité est de l’essence de la propriété, elle n’est pas de celle de la superficie, laquelle est le plus souvent temporaire”; C. Goyet, Le louage et la propriété à l’épreuve du crédit- bail et du bail superficiaire, Parigi, 1983, p. 119: “« Perpétuel par nature» puisqu’il est un droit de propriété, le droit de superficie est ici « temporaire par constitution »”. Solo una giurisprudenza risalente, mai diventata predominante, cercava di stroncare alla radice la concepibilità stessa di un tale diritto di proprietà temporalmente circoscritto: v. Cass. civ., 8 juill. 1851, D., 1851, I, 682. 292 Secondo C. Larroumet, Droit civil, t. II: les biens, droits réels principaux, V ed., Parigi, 2006, p. 446, nota 1: "Dans l'hypothèse où le titulaire d'un droit de jouissance sur le sol d'autrui n'exécuterait point l'obligation de construire qu'il aurait contractée, ce droit de jouissance pourrait rétroactivement disparaître par suite de la résolution du contrat qui l'a fait naître. Mais, il ne s'agit pas alors de l'extinction du droit de superficie par non-usage, puisque, par hypothèse, ce droit n'est pas encore né. Il s'agit de la disparition du droit de jouissance et de son accessoire, le droit de construire. Ce n'est que l'application du droit commun de la résolution des contrats pour inexécution", in quanto, per l'Autore, il diritto di superficie non viene a sorgere che con la realizzazione della costruzione, disponendo prima la controparte contrattuale del dominus soli soltanto di un diritto reale minore o di un diritto personale secondo il titolo (locazione semplice, enfiteutica, bail à construction, ecc.).

stessa, recependone quindi la non soggezione a prescrizione e la naturale perpetuità. Lo stesso orientamento risulta pure dalla giurisprudenza recente293.

Critiche all’idea dominante di un’inestinguibilità per non uso del diritto di superficie sono anche state argomentate, piuttosto che su fondamenti dogmatici, sulla base della stessa funzione economico-sociale dell’istituto in questione294; se si accetta il presupposto di una nozione larga della superficie, associata all'idea di un'attualizzazione nel mondo giuridico contemporaneo del principio del lavoro e della produttività rispetto alla situazione statica del titolare formale del fondo, il venir meno dell’esigenza produttiva e sociale a cui può risultare opportuno attribuire preminenza giuridica può ben spingere l’interprete e, ancor di più, de iure condendo, il legislatore, a recuperare l’interesse già compresso del proprietario del suolo, sia esso privato o pubblico, alla riespansione spaziale del proprio diritto295, con il vantaggio per la società della (ri)presa in carico da parte di un soggetto del soprassuolo eventualmente lasciato a se stesso dal superficiario.

La cessione di un diritto di superficie perpetuo, quando vertente sulla totalità del soprassuolo e non soltanto su alcuni suoi elementi, pone in generale l’interrogativo della funzione di una dissociazione definitiva della proprietà tale da poter svuotare il diritto del proprietario del suolo, con il rischio di un riapparire di forme di proprietà simboliche e prive di effettività che sono di serio intralcio al commercio giuridico. In effetti, in un numero preponderante dei casi, nel contesto d’oltralpe, il diritto è attribuito nella cornice di un rapporto di locazione di lunga durata, ma pur sempre sottoposto a un preciso termine. Nella casistica concreta, contratti di superficie in perpetuo finiranno nella gran maggioranza delle situazioni per essere soltanto parziali296, riferiti a singoli elementi del soprassuolo, o saranno concordati in

293

Cass. 3e civ., 6 mars 1991, n. 89-17786; CE, 30 nov. 2007, n. 271897.

294 V. J.-E. Labbé, Note sous Cass. req., 27 avr. 1891, in S., 1891, I, p. 370: “L’utilité pratique et persistante justifie et le droit de superficie et le droit de servitude. Si, pendant un long espace de temps, le superficiaire n’exerce pas son droit, le retour à l’unité de la propriété est souhaitable, et sera satisfait par l’extinction à raison du non-usage du droit de superficie, comme il en serait d’une servitude”; cfr. G. Marty, P. Raynaud, P. Jourdain, Les biens, Parigi, 1995, p. 240.

295 Cfr. L. Josserand, Cours de droit civil positif français, t. I, II ed., Parigi, 1932, pp. 944-945: “tandis que l’inaction du plein propriétaire ne profite à personne, celle du superficiaire bénéficie au propriétaire du sol; on conçoit donc que cette situation de fait, si elle vient à se prolonger pendant trente ans, devienne le droit”; contra, E. Larcher, Traité théorique et pratique des constructions élevées sur le terrain d’autrui, Parigi, 1894, pp. 295-296.

296 Con quella che è stata osservata come una correlazione inversa tra estensione del diritto di superficie nel tempo (a titolo temporaneo o perpetuo) e nello spazio (parziale o totale): v. C. Goyet,

presenza di un effettivo interesse economico a uno sfruttamento autonomo del sottosuolo o ancora, nel modello francese, s'inquadreranno perlopiù in un’operazione di scomposizione dello spazio in volumi oggetto di appropriazione privativa, frequente nel quadro della realizzazione di grandi insiemi immobiliari.

Nel panorama italiano attuale, a differenza del precedente codice del 1865 assai prossimo a quello francese297, la disciplina codicistica, con il sistema dei diritti reali quale positivizzato, offre un quadro più certo del rapporto tra diritto di superficie e fattore temporale. Anche in Italia si è osservato che "[q]uel che rappresenta un'eccezione per la proprietà, la sua temporaneità, è la norma per il diritto di superficie, nel senso che è destinato a rinnovarsi od a trovare la sua fine anticipata, la quale è un exitus predeterminato nel contesto di un rinnovamento che è il confine tra l'estinzione o la continuità: una volta perita la costruzione, si ripropone la proiezione evolutiva verso una nuova costruzione, oppure [...] la sua prescrizione per non uso ventennale"298. Il principio dell'accessione è tenuto fermo come regola generale del Codice e il diritto di superficie è recepito come (quantomeno la principale) eccezione a esso. A norma dell'articolo 954, il diritto reale di fare la costruzione sul suolo altrui si estingue, al pari degli altri diritti reali minori di godimento, per prescrizione per

Le louage et la propriété à l’épreuve du crédit-bail et du bail superficiaire, Parigi, 1983, p. 119; lo stesso Autore evidenzia la pochezza delle prerogative rimaste al proprietario del suolo dopo aver concesso un diritto di superficie totale: i benefici connessi al ritrovamento di un tesoro interrato, l’attitudine a essere destinatario del pagamento delle somme dovute dal vicino che voglia acquisire la comproprietà di un muro divisorio (art. 661 C.C.), dell’indennità di espropriazione del sotto-suolo o della rimunerazione in caso di sfruttamento da parte dello Stato o di un concessionario di una miniera in esso localizzata. In Italia, G. Balbi, Il diritto di superficie, Torino, 1947, p. 17, pone in senso dubitativo la questione se meriti protezione il desiderio del dominus soli di conservare un diritto di proprietà così menomato; M. Magri, E. Schilhanick, Diritto di superficie, in P. Cendon (diretto da), Diritto italiano, Padova, 2006, p. 184 prospettano d'introdurre l'obbligo di determinazione di un termine finale del rapporto; tali soluzioni, di ulteriore ridimensionamento della portata dell'istituto nell'ordinamento giuridico italiano, rischierebbero però di sminuire ulteriormente lo stesso, a fronte dei vantaggi che invece l'estrema flessibilità della superficie francese continua a testimoniare.

297

Nel cui vigore il problema della prova del diritto di superficie risultava cruciale; per la necessarietà dell'atto scritto per contrastare la presunzione di appartenenza dell'opera al proprietario del suolo e dimostrare la rinunzia all'accessione di quest'ultimo, v. Cass. Roma, 29 dicembre 1890, Il foro it., 1891, I, 348; Cass. Roma, ss.uu., 25 giugno 1892, Il foro it, 1892, I, 1160; contra, Cass. Roma, 16 luglio 1889, Il foro it., 1890, I, 863; cfr. Cass. civ., sez. II, 4 agosto 1943, n. 2008, MFI, 1943, 495.

298 A. Barca, C. Marvasi, La superficie, in P. Cendon (a cura di), Il diritto privato oggi, Milano, 2004, pp. 204-205.

effetto del non uso protratto per venti anni299: entro tale termine esso si sarà dovuto allora estinguere, o sarà sfociato nella proprietà della costruzione. Diverso è il discorso per quanto riguarda la costruzione già esistente sul fondo e alienata separatamente dal suolo, ovvero realizzatavi dal superficiario in virtù della concessione reale ad aedificandum: in mancanza di un termine, il diritto di proprietà sulla costruzione risulterà imprescrittibile, il che riporta la riflessione sulle critiche appena evidenziate in ambito francese sull'incerta funzione sociale di un tale assetto300, che rende il valore del suolo, salva la possibilità di sfruttamento delle utilità economiche del sottosuolo, quasi nullo, dipendente dalle sole, remote, possibilità di rinunzia o di perimento o di demolizione a cui non faccia seguito per vent'anni una ricostruzione da parte del superficiario301. E’ presente pure nella nostra giurisprudenza la riflessione su come la concessione edificatoria possa rendere il diritto del proprietario del suolo privo di ogni pratico contenuto, salvo il caso di perimento dell'opera, in cui tornando attuale il diritto di edificare – come avviene in ogni caso naturalmente secondo i sostenitori della teoria bipartita della superficie, ma non in caso di proprietà separata secondo i sostenitori della visione tripartita – con

299 A interrompere la prescrizione, secondo alcuni autori, basta l'inizio dell''opera: v. G. Balbi, Il

diritto di superficie, Torino, 1947, p. 161; G. Pugliese, Della superficie, in AA.VV., Libro terzo, della proprietà: art. 810-956, II ed., in Comm. Scialoja-Branca, Bologna, Roma, 1957, pp. 505-506, secondo il quale occorre però avere riguardo al tenore del titolo, per cui, per esempio, se esso delimita la specie o i caratteri della costruzione da erigere (senza che sia fisssato un termine per ultimare i lavori), il principio di opere interromperà la prescrizione, senza impedirla definitivamente in caso di successiva sospensione dei lavori, mentre saranno sufficienti a impedire la prescrizione anche opere lasciate a metà se il titolo consente il compimento di qualsiasi costruzione; altri richiedono il compimento dell'opera, o quantomeno delle sue parti essenziali: L. Salis, Superficie (diritto vigente), in Noviss. Dig. it., XVIII, Torino, 1971, p. 953; altri ancora sostengono posizioni intermedie: G. Pasetti Bombardella, Superficie (diritto privato), in Enc. dir., XLIII, Milano, 1990, pp. 1484-1485; la Cassazione si è recentemente espressa sulla questione: v. Cass. civ., sez. II, 7 aprile 2014, n. 8084, Rivista del notariato, 2014, II, 951: "Il diritto di superficie si estingue per non uso, ai sensi dell'art. 954, ult. comma, c.c., se entro il ventennio la costruzione non è edificata quanto meno nella struttura essenziale, non essendo sufficiente la realizzazione di opere intermedie (nella specie, pilastri in cemento armato e getti dei balconi del futuro appartamento); né la manutenzione di tali opere intermedie (nella specie, pitturazione dei ferri dei pilastri) interrompe la prescrizione, a tal fine occorrendo un avanzamento dell'attività edificatoria, che esprima il facere in cui si sostanzia il diritto di superficie".

300

Cfr., per l'Italia, le osservazioni di A. Chianale, Il diritto di superficie: epitomi giudiziarie ed occasioni perdute, nota a Cass. civ., sez. II, 13 febbraio 1993, n. 1844, in Giurisprudenza italiana, 1994, I, I, pp. 1851 ss.

301 U. Mattei, La proprietà, in R. Sacco (diretto da), Tratt. dir. civ.: i diritti reali, II, Torino, 2015, p. 299.

esso tornerà a operare il meccanismo della prescrizione estintiva302. Il conferimento di un diritto di superficie a termine dà invece luogo, sulla costruzione già esistente e alienata separatamente o realizzata dal superficiario, a un diritto di proprietà temporaneo303: se ne osserveranno più avanti le implicazioni nel quadro della teoria della proprietà. Naturalmente, la limitazione temporale del diritto del superficiario s'imporrà anche ai suoi aventi causa304.