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Pubblicità commerciale e libertà di espressione nella giurisprudenza europa dei diritti dell'uomo

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Pubblicità commerciale e libertà di espressione nella giurisprudenza europa dei diritti dell'uomo

BOISSON DE CHAZOURNES, Laurence

BOISSON DE CHAZOURNES, Laurence. Pubblicità commerciale e libertà di espressione nella giurisprudenza europa dei diritti dell'uomo. In: Rapporto annuale sui problemi giuridici dell'informazione. 1986. p. 33-58

Available at:

http://archive-ouverte.unige.ch/unige:43011

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LAURENCE BOISSON DE CHAZOURNES

Pubblicità commerciale e libertà di espressione

nella giurisprudenza europea dei diritti dell'uomo

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SoMMARIO: 1. Introduzione. - 2. La pubblicità commerciale, parte integrante della libertà di espressione.- 2.1. La causa Pastore Xe Chiesa di Scientologia contro Svezia.- 2.2. La causa Liljenberg e altri contro Svezia. - 2.3. La causa dott. Barthold contro Repubblica Federale Tedesca.- 2.4. Osservazioni in prospettiva.- 3. Estensione della tutela attribuita alla pubblici- commerciale. - 3.1. Il rispetto delle condizioni dell'articolo 10- paragrafo 2. - 3.2. La pubblicità commerciale nel regime di autorizzazione delle società radiotelevisive. - 4. La pubblicità commerciale, garanzia di un'effettiva libertà di espressione?-4.1. La necessità di un finanziamento dei mezzi di comunicazione di massa. - 4.2. Circa gli obblighi dello Stato per assicurare il rispetto del diritto alla libertà di espressione.-4.3. Libera circolazione dei messaggi pubblicitari « indipendentemente dai confini geografici >> e televisione diretta via satellite.

1. INTRODUZIONE

Il diritto alla libertà di espressione è tutelato dall'articolo 10 della Con- venzione europea dei diritti dell'uomo (qui di seguito, la Convenzione) ( 1).

Tale articolo garantisce a chiunque abbia o meno la qualità di cittadino o residente dello Stato convenuto, la libertà di opinione e la libertà di ricevere e comunicare informazioni e idee indipendentemente dai confini geografi- ci"(2). La causa Handyside permise alla Corte europea dei diritti dell'uomo

Cl L'articolo 10 si legge come segue:

<< 1. Qualsiasi persona ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto comprende la libertà

di opinione e la libertà di ricevere o comunicare informazioni o idee senza che passa esserci ingerenza delle autorità e indipendentemente dai confini geografici. Il presente articolo non impedi- sce agli Stati di sottoporre le società radiotelevisive o cinematografiche ad un regime d'autoriz- zazione.

« 2. L'esercizio di tali libertà, che comporta doveri e responsabilità, puà essere sottoposto ad alcune formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni previste dalla legge, che rappresentano in una società democratica provvedimenti necessari alla sicurezza nazionale, all'integrità territoriale o alla sicurezza pubblica, alla difesa dell'ordine e alla prevenzione del crimine, alla tutela della saluee o della morale, alla tutela della reputazione o dei diritti altrui per impedire la divulgazione di informazioni confidenziali o per garantire l'autorità e l'imparzialità del potere giudiziario. »

(') Per un'analisi delle diverse forme di libertà di espressione e del diritto di ricercare informa- zioni nell'ambito della Convenzione, vedere G. MALINVERN! <<La libertà dell'informazione nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo e nel Patto relativo ai diritti civili e politici », Aspetti del diritto dei mass-media II, Fribourg, Edizioni Universitarie Fribourg Svizzera, pp. 184-188.

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(qui di seguito, la Corte) di riconoscerne il carattere fondamentale afferman- do che « la libertà di espressione costituisce uno dei presupposti essenziali » di una società democratica, « una delle condizioni fondamentali del suo progressa e della prosperità dei singoli » e).

L'oggetto di tale studio si riferisce al contenuto e all'applicazione del principio della libertà di espressione nell'ordinamento della Convenzione e prende particolarmente in considerazione il problema di sapere se tale princi- pio tutela ogni tipo di espressione, indipendentemente dal contenuto o dal mezzo usato e qualunque sia l'interesse del suo autore. Lo studio verterà in particolare sull'applicazione del principio della libertà di espressione nel messaggio pubblicitario, « vale a dire in tutte le dichiarazioni e comunicazio- ni diffuse dai mass-media che inducono ad un atto di natura commerciale - la pubblicità dei beni e servizi » (4). Anzitutto saranno analizzate l'applicazio- ne del principio della libertà di espressione al messaggio commerciale da parte della Commissione europea dei diritti dell'uomo (qui di seguito, la Commissione), la Corte (2) e le implicazioni che derivano da tale applicazio- ne e). In seguito sarà sottolineata l'importanza della pubblicità commerciale come garanzia materiale dell'effettiva libertà di espressione (4).

2. LA PUBBLICITÀ COMMERCIALE, PARTE INTEGRANTE DELLA LffiERTÀ DI ESPRESSIONE

Mentre la Commissione ha riconosciuto espressamente l'applicazione del principio della libertà di espressione nell'ambito commerciale, la Corte sem- bra aver adottato una posizione di attesa.

2.1. La causa Pastore X e Chiesa di Scientologia contra Svezia (')

In occasione dell'istanza Pastore X e Chiesa di Scientologia contra Sve- zia,presentatal'll febbraio 1977 ,la Commissionehaespressamenteammes-

Per uno studio completa sulla libertà di espressione vedere R. PINTO, La libertà d'informa:âo- ne e di opinione nel diritto internazionale, Parigi, Economica, 1984, 420 p.

(') Causa Handyside, sentenza del 7 dicembre 1976, Pubblicazioni della Corte europea dei diritti dell'uomo, Serie A, N" 24, & 49, p. 23.

(') Definizione data da Sir James FAWCETT nclla sua prefazionc alla relazione di A. LESTER e D. PANNICK intitolata << Pubblicità e libertà di espressione in Europa », pubblicata dalla Camera di Commercio Internazionale ncl 1984.

(') Causa Pastore Xe Chiesa di Scientologia contra Svezia, istanza N" 7805/77, decisionc del 5 maggio 1979, Decisioni e Relazioni, N• 16, pp. 75-81.

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so perla prima volta la tutela del messaggio a mezzo dell'articolo 10 tenen- do in considerazione la libertà di espressione.

Nel 197 3 la Chiesa di Scientologia pubblica sulla rivista che diffonde tra i suoi membri l'annuncio seguente: « L'attuale tecnica della Scientologia esige che voi possediate il vostro proprio E-metro. L'E-metro (elettrometro Hubbard) è uno strumento elettronico che misura lo stato d'anima e le sue variazioni. Non esiste purificazione senza E-metro. Prezzo: 850 cotone; per i membri stranieri il 20% di riduzione: 780 corone ». La Chiesa di Sciento- logia definisce l'E-metro « uno strumento religioso per la misurazione dello stato delle caratteristiche elettriche del campo statico che circonda il corpo e che si presume indichi se la persona che si confessa si è liberata dal peso spirituale dei suoi peccati ». La rivista è distribuita in 300 copie ai membri della Chiesa, ma l'annuncio mira ad invogliare l'acquisto di un E-metro non solo ai membri della Chiesa, ma anche a chi non lo è.

In seguito a diverse querele, 'l'Ombudsman' incaricato di tutelare i con- sumatori, porto la vertenza dinanzi al tribunale competente in materia di comportamenti commerciali sleali al fine di fare vietare l'uso di certe frasi nella stesura dell'annuncio. Il tribunale accoglie l'istanza perché ritiene l'an- nuncio ingannevole. Essendo stato rifiutato un ricorso, la Chiesa e uno dei suoi pastori invocano in particolare, davanti alla Comrnissione, la violazione del loro diritto alla libertà di espressione.

La Commissione ritiene che la decisione del tribw1ale svedese riguarda- va soltanto l'impiego di certi termini descrittivi dell'E-metro usati a scopi commerciali. Il tribunale non ha voluto impedire alla Chiesa di vendere gli E-metri e neanche di effettuare una semplice propaganda. Si tratta quindi di controllare la' giustificazione delle restrizioni imposte.

Confutando anzitutto la possibilità seconda cui le restrizioni, effettiv~­

mente apportate alla descrizione dell'E-metro, possono essere considerate un'ingerenza nella manifestazione di una convinzione religiosa attraverso le sue pratiche (espressione di riti religiosi ... ), la Commissione fa chiaramente

« la distinzione tra gli annunci il cui scopo è unicamente 'informare' o 'descrivere', e gli annunci commerciali che propongono la vendita di mer- ce ». Questi ultimi « esprimono ( ... ) piuttosto un desiderio di commercializ- zazione merci a scopi di lucro che una convinzione (religiosa) attraverso le sue pratiche (tutelata dall'articolo 9) ». In seguito, essa ammette che la categoria degli annunci a scopi di lucro sia tutelata dai principio della libertà di comunicare idee contenuto nell'articolo 10 della Convenzione e che, qualora vi sia ingerenza nell'esercizio di tale libertà, essa sia valutata tenen-

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do in considerazione il paragrafo 2 di tale articolo. In effetti, essa 'dichiara

«di clare ( ... ) importanza al fatto che le 'idee' sono state espresse nell'ambito di un annuncio a carattere commerciale. Anche se dell'avviso che 'il messag- gio, commerciale non è privato, come tale, della tutela prevista nel paragrafo 1 dell'articolo 10, la Commissione ritiene che esso debba beneficiarne in misura inferiore dell'espressione di idee 'politiche' ( ... ) ».

Il grado di tutela del « messaggio commerciale » sarà analizzato ulterior- mente.

2.2. La causa Liljenberg e altri contra Svezia (6)

Tale causa permise alla Commissione di confermare la sua posizione riguardo alla pubblicità commerciale.

Nel 1977, il sig. Liljenberg e la sig.ra Sjéistedt commercializzano in Svezia un prodotto chiamato MAX-I-FORM. Perla sua immissione in com- mercio, sostenendo le virtu nutritive di tale prodotto, essi hanna richiesto un'autorizzazione alle autorità incaricate di far rispettare la legislazione nel campo alimentare. Le avvertenze per l'usa del prodotto spiegano ai futuri utilizzatori che se usano MAX-I-FORM perla prima volta o dopa una lunga interruzione (un mese), essi dovrebbero prenderne tre compresse tre volte al giorno per dieci giorni e che durante detto periodo l'usa di altri medicinali puà essere ridotto o cessato. Il sig. Liljenberg e la sig.ra Sjéistedt trasmetto- no ai rivenditori, insieme al prodotto, articoli di giornali - di cui non sono autori- che vantano i meriti del MAX-I-FORM contra gli esaurimenti e l'insonnia.

Contemporaneamente a tale diffusione commerciale del MAX-I-FORM, vengono pubblicate interviste rilasciate dai sig. Liljenberg e dalla sig.ra Sjéistedt che esaltano le facoltà antidepressive del prodotto e implicitamente quindi, le sue virtu terapeutiche. Presa visione delle interviste, le autorità svedesi decidono di proibire la vendità del MAX-I-FORM non essendo stata rispettata la procedura di immissione sul mercato riguardante i prodotti farmaceutici. Gli interessati non tengono canto di tale proibizione, sostenen- do che il prodotto in questione poteva essere venduto come prodotto nutriti-

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) Causa Liljenberg e altri contra Svezia, istanza N• 9664/82, decisione del 1 marzo 1983, dispensa del Consiglio d'Europa, 19 p.

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vo essendo state ottenute le autorizzazioni in tale campo.

Per perseguire il sig. Liljenberg e la sig.ra Sjostedt davanti ai tribunali competenti, le autorità avanzano come prova le avvertenze per l'usa del prodotto MAX-I-FORM e invocano il fatto che gli interessati possedevano conoscenze mediche approfondite e sapevano che in Inghilterra il suddetto prodotto era stato registrato come prodotto farmaceutico. Le autorità svede- si hanno causa vinta perché è stata riconosciuta la violazione della legislazio- ne farmaceutica svedese. Tale condanna è confermata dalle giurisdizioni superiori.

Il sig. Liljenberg e la sig.ra Sjostedt presentano un'istanza alla Commis- sione, depositata il 13 gennaio 1982, in particolare per la violazione delloro diritto di diffondere informazioni ai giornalisti e delloro diritto di diffonde- re informazioni agli specialisti.

Cià che importa, nella fattispecie, è la natura e il contenuto dei messaggi trasmessi alla stampa. Questi sono ritenuti costitutivi di un'attività promozio- nale di vendita. La Commissione, riferendosi al giudizio dato a proposito della causa Pastore X e Chiesa di Scientologia contra Svezia, ricarda allora che la diffusione dei messaggi commerciali e le campagne promozionali di vendita sono tutelate dall'articolo 10 della Convenzione. La Commissione deve quindi esaminare, nella fattispecie, se le autorità potevano giustificare illoro intervento sulla base delle condizioni enunciate nel paragrafo 2 dell'ar- ticolo 10.

2.3. La causa dott. Barthold contra Repubblica Federale tedesca C)

Anche se gli organismi europei non hanna esplicitamente trattato in tale causa l'applicazione dell'articolo 10 all'espressione commerciale, questo caso è interessante nel quadro del presente studio perché vi furono evocati cliver- si aspetti legati a questa nuova applicazione dell'articolo 10.

Il 24 agosto 1978, un quotidiano di Amburgo pubblica un articolo che riporta le difficoltà incontrate durante la natte per ottenere l'assistenza di un veterinario. La giornalista racconta gli insuccessi notturni dei padroni di un

Cl Causa dott. Barthold contro Repubblica Federale Tedesca istanza N" 8734/79, relazione della Commissione approvata il 13 luglio 1983, dispensa del Consiglio d'Europa, 72 p.

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gatte ammalato che non erano riusciti ad ottenere un soccorso veterinario, eccettuato quelle del dottor Barthold.

Per sostenere le sue critiche a proposito dell'insufficienza di un pronto soccorso, la giornalista menziona un colloquio concesso dal dottor Barthold.

Quest'ultimo si dichiarava favorevole all'istituzione di un servizio regolare di assistenza per animali facendo presente, per giustificare la sua posizione, il numero di chiamate telefoniche da lui ricevute ogni nette e indicando duran- te il suo discorso che la sua clinica offriva già un servizio volontario di quel genere. L'articolo è illustrato da una foto del dottor Barthold e indica il nome della sua clinica.

Un'associazione che lotta contre la c.oncorrenza sleale, a seguito della pubblicazione di tale articolo, intenta un'azione legale contre il dottor Bar- thold. A parer suo la pubblicazione è punibile ai sensi degli articoli 1 e 7 della legge sulla concorrenza sleale perché la pubblicità in essa contenuta è vietata dal codice di deontologia vigente nei confronti del dottor Barthold.

Non avendo ottenuto alcuna soddisfazione, l'associazione ricorre in appelle.

La giurisdizione adita riconosce la violazione della legge per « il contributo cosciente ed essenziale dato alla pubblicazione che metteva in risalto (la) persona e (la) clinica (del dottor Barthold) », cià anche se l'articolo non è stato scritto su iniziativa del veterinario. Essa gli vieta di esprimersi in tal modo nei prossimi articoli.

1

Essendo stato respinto il suo ricorso dalla Corte Costituzionale, il 13 luglio 1979, il do tt. Barthold presenta una istanza alla Commissione per la violazione della sua libertà di espressione. In particolare egli reputa che le misure adottate nei suoi confronti gli impediscano di esprimere critiche giustificate in merito alla condotta dei suoi colleghi. Egli lamenta anche l'obbligo imposte ai veterinari di astenersi dalla forma di pubblicità a lui contesta ta.

Il governo tedesco, dal canto suo, fa notare che la disciplina degli obblighi della professione, ivi compresa la disciplina degli annunci pubblici-

tari o il divieto della pubblicità, non è di competenza dell'articolo 10 ma si riferisce all'esercizio del diritto alla libertà professionale, diritto costituziona- le che non trova equivalente nella Convenzione.

La Commissione ammette l'applicabilità dell'articolo 10 alla pubblicità commerciale, ma ritiene che l'articolo incriminato non costituisca una pubbli- cità nel senso usuale del termine, ma piuttosto una normale intervista giorna- listica contenente sia « elementi d'informazione » sia l'« espressione di una opinione ». Essa reputa che il veterinario non abbia avuto l'intenzione di

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utilizzare l'intervista per farsi pubblicità e che le informazioni fornite sulla sua identità costituiscano .un elemento essenziale dell'esercizio della libertà di espressione: l'esigenza dell'anonimato pet qualsiasi persona eserciti que- sto tipo di attività impedirebbe il suo intervento nel dibattito pubblico, mentre tale categoria di persane è particolarmente qualificata a farlo.

Non è quindi, sul piano della libertà di diffondere un messaggio commer- ciale che la Commissione valuta l'estensione delle restrizioni imposte dallo Stato, ma in merita alla libertà di esprimere le proprie idee e opinioni su un argomento di interesse generale.

Adita dalla Commissione, la Corte deve pronunciarsi sull'applicabilità dell'articolo 10. Essa ritiene che« l'enunciato delle vedute del dott. Barthold sulla necessità di un servizio veterinario notturno ad Amburgo, di cette informazioni e affermazioni riferite in particolare alla sua persona e al funzio- namento della sua clinica » sono componenti che, « connesse le une alle altre ( ... ), costituiscono un insieme al centra del quale figurano l'espressione di una 'opinione' e la comunicazione di 'informazioni' su un argomento d'interesse generale. Non si possono dissociare gli elementi che interessano sia la sostanza che il modo di formulazione e che, seconda le giurisdizioni tedesche, hanno un effetto pubblicitario. È tanta meno possibile visto che si trattava di un articolo scritto da una giornalista e non di un annuncio commerciale». La Corte conclude constatando « ( ... ) l'applicabilità dell'arti- colo 10 senza bisogno di ricercare, nella fattispecie, se la pubblicità in quanta tale beneficia o no della garanzia che esso assicura » (8).

La Corte non si è affatto pronunciata sull'applicabilità dell'articolo 10 alla pubblicità commerciale e quindi sull'estensione dei diritti dello Stato di fronte all'espressione commerciale. Anche se, nella fattispecie, essa reputava che non ci fosse pubblicità commerciale nel vero senso della parola, essa avrebbe potuto pronunciarsi su tale punto a mezzo di un obiter dictum, come aveva già fatto per altre questioni in alcune sentenze. Tale atteggiamento deve forse essere analizzato come posizione di attesa della Corte di fronte ad un problema che ha implicazioni economiche e finanziarie dl grossa impor- tanza?

(') Causa Barthold, istanza del 25 marzo 1985, dispensa dai Consiglio d'Europa, & 42, p. 17.

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2.4. Osservazioni in prospettiva

Nelle cause analizzate precedentemente, la Commissione ha ritenuto che la pubblicità commerciale è tutelata dai principio della libertà di espressione.

Le giustificazioni e i motivi addotti in favore di tale applicazione dell'artico- lo 10 portano alla formulazione di alcune osservazioni. Queste ultime si riferiscono anzitutto all'identificazione di un messaggio a scopi pubblicitari.

Il problema è importante perché l'estensione della tutela ai sensi dell'articoJo 10, e quindi l'estensione dei poteri dello Stato in tale campo, dipenderanno dalla definizione del contenuto delle informazioni trasmesse.

Gli organismi europei sembrano attribuire un'importanza determinante all'intenzione dell'autore di un eventuale messaggio a scopi pubblicitari quan- do questo non è contenuto in un annuncio commerciale C), ambito piu comune per la diffusione di tali messaggi. Essi possono essere considerati pubblicità se l'autore aveva l'intenzione, nel corso di una intervista o della redazione di un suo stesso articolo, di promuovere la vendita di beni o servizi. A questo punta, pero, rischiano di presentarsi i problemi generali in materia di prova e di presunzione di prova, relativi alla dimostrazione di un elemento intenzionale.

Se il messaggio commerciale riveste la forma di un annuncio pubblicita- rio, c'è automaticamente la tutela di tale messaggio da parte dell'articolo 10 della Convenzione? L'articolo 10 tutela la trasmissione di qualsiasi messag- gio pubblicitario a scopi commerciali, oppure il messaggio deve comportare elementi informativi, descrivere precisamente il prodotto o il servizio? Le decisioni della Commissione, avendo assimilato il regime degli annunci com- merciali a quello dei messaggi e idee commerciali, fanno presumere che qualsiasi messaggio pubblicitario a scopi commerciali, informative o non, descrittivo o non, possa beneficiare della tutela concessa dall'articolo 10.

L'applicabilità dell'articolo 10 alla pubblicità commerciale provoca conse- guenze sul piano della tutela attribuita a tale tipo di messaggi. In effetti, la legittimità delle restrizioni e limitazioni imposte dagli Stati deve allora esse- re valutata rispetto alle prescrizioni della Convenzione. Tale conseguenza assume tutta la sua importanza se si tiene conte dell'eterogeneità delle procedure dei paesi membri del Consiglio d'Europa relative alla pubblicità e la varietà delle forme di restrizione imposte dagli stessi Stati alla pubblicità.

È cosf, ad esempio, per le restrizioni apportate alla libertà dei membri di

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) Le cause Liljenberg e altri contro Svezia e Barthold testimoniano tale constatazione.

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alcune professioni di far conoscere i loro servizi ai consumatori ( 10), per le restrizioni concernenti il contenuto della pubblicità e in particolare per il divieto imposto ad alcuni mass-media di diffondere certe categorie di messag- gi pubblicitari, per il divieto della pubblicità comparativa o, ancora, per il divieto della pubblicità subliminale. A titolo di esempio possono essere anche citate le restrizioni quantitative imposte alla pubblicità televisiva (di- vieto generale o restrizioni imposte ad alcuni canali o imposte in funzione di un orario, ecc ... ).

Le possibilità di ingerenza delle autorità nel campo della pubblicità commerciale sono state esaminate dalla Commissione nelle cause Pastore X e Chiesa di Scientologia contro Svezia e Liljenberg e altri contro Svezia.

Questo stato della giurisprudenza della Commissione, benché embrionale, permette di valutare l'estensione della tutela attribuita alla pubblicità com- merciale e di interrogarsi sulle conseguenze pratiche di una simile tutela.

3. ESTENSIONE DELLA TUTELA ATTRIBUITA ALLA PUBBLICITÀ COMMERCIALE

Alcune restrizioni alla libertà di espressione possono essere fondate su disposizioni generali della Convenzione, come ad esempio la possibilità di deroga nel caso di un pericolo pubblico che minacci la vita della nazione (articolo 15), oppure la possibilità di importe restrizioni all'attività politica degli stranieri (articolo 16). Ma, a parte tali disposizioni generali, le uniche possibilità di limitare il rispetto del principio della libertà di espress1one sono riportate nel paragrafo 2 dell'articolo 10.

3 .1. Il rispetto delle condizioni dell'articolo 1 0 -par agrafa 2

L'ingerenza delle autorità rispetta l'articolo 10 solo se conforme alle esigenze del paragrafo 2 dl tale articolo, richiedendo quest'ultimo una « in- terpretazione precisa » (11).

Per essere lecita, una restrizione alla libertà di espressione di un indlvi- duo deve conformarsi a tre condizioni essenziali: « essa deve essere prevista dalla legge, ispirata da uno o piu scopi legittimi ai sensi dell'articolo 10 -

{'0

) Tale ora il problema nella causa Barthold.

(11

) Causa Sunday Times, sentenza del 16 aprile 1979, Pubblicazioni della Corte europea dei diritti dell'uomo, Serie A, N• 30, &65, p. 41; causa Barthold, op .cit., &43.

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paragrafo 2 e necessaria, in una società democratica, per il raggiungimento di tale 0 ta li scopi »

e

2).

Le cause Handyside

C

3) e Sunday Times ( 14) hanna permesso alla Corte di emettere due sentenze in cui essa ha precisato le implicazioni derivanti dal rispetto delle tre condizioni dell'articolo 10 - paragrafo 2 e ha definito alcuni principi di valutazione delloro rispetto. Occorre ricordare che dette cause si riferivano ad aspetti classici della libertà di espressione, la prima avente come oggetto il divieto di una pubblicazione giudicata oscena, la seconda riguardante i rapporti della stampa con il potere giudiziario e piu precisamente la censura giudiziaria. Ma il richiamo dei principi enunciati dalla Corte all'epoca di tali cause permetterà di circoscrivere meglio i partico- larismi e le ambiguità relative all'ingerenza dello Stato nel campo dell'espres- sione commerciale.

a) L'attentato alla libertà di espressione deve essere previsto dalla legge

L'ingerenza dello Stato deve avere una base nel diritto interno. Spetta allo Stato, in ci~scun caso di specie, di provare che una legge giustifica la_ sua ingerenza nell'esercizio del diritto alla libertà di espressione di un individuo.

Nella giurisprudenza degli organismi europei, in particolare dopo la sentenza Sunday Times ( 15), emerge dre alla nozio~e di legge corrisponde un concetto molto vasto. La nozione di legge fissata dall'articolo 10- paragrafo 2 puà essere definita rispetto a criteri formali, come quello dell'organismo autore della legge (parlamento, governo), come il criteria della procedura di approvazione della legge, o ancora il criteria dell'esistenza di una delegazio- ne legislativa

e

6).La legge puà anche essere definita rispetto a criteri materia- k la legge, ai sensi dell'articolo 10 - paragrafo 2, potrebbe essere una consuetudine, una creazione del Common Law.

Inoltre, al fine di assicurare all'individuo la maggiore certezza giuridica

(") Causa Sunday Times, op. cit., &45, p. 29; causa Barthold, op. cit., &43.

(13

) Causa Handyside, vedere nota(').

(") Causa Sunday Times, vedere nota (11).

(") Causa Sunday Times, op. cit. &47, p. 30.

(16

) Nella causa Barthold, ad esempio, la Corte ha ritenuto che nonostante il codice di deonto- logia sia fissato dall'Ordine dei veterinari e non direttamente dai Parlamento, « esso è analizzato ( ... ) in una 'legge' ai sensi dell'articolo 10-paragrafo 2 della Convenzione. La competenza dell'Ordi- ne ne! campo della deontologia deriva dal potere normativo autonomo di cui la professione veterinaria - come altre professioni liberali - gode tradizionalrnente nella Repubblica Federale Tedesca, per delega del legislatore », op. cit., &46, p. 18.

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PUBBLIC!TÀ COMMERCIALE E LlBERTÀ Dl ESPRESSIONE 45

possibile, gli organismi europei esigono che qualsiasi atto giuridico considera- ta legge ai sensi dell'articolo 10-paragrafo 2, risponda a due condizioni. La legge deve essere « sufficientemente accessibile: il cittadino deve poter di- sporre di informazioni sufficienti, nei casi di specie, sulle norme giuridiche applicabili ad un data caso ». La legge deve anche essere « enunciata con precisione per permettere al cittadino di regolare la sua condotta; egli, avvalendosi all'occorrenza di consigli adeguati, deve essere in grado di preve- dere in ragionevole misura, le conseguenze che possono derivare da un atto determinato, nei casi di specie » ( 17).

Nella causa Lilijenberg e altri contra Svezia, i richiedenti invocarono il mancato rispetto delle condizioni di accessibilità e prevedibilità da parte della legislazione farmaceutica svedese. Ma la Commissione ritenne che i richiedenti possedevano conoscenze farmaceutiche, sapevano che le autorità pubbliche consideravano la vendita del prodotto MAX-I-FORM una viola- zione della legislazione farmaceutica, e inoltre erano stati informati dalle autorità svedesi che il proseguimento della vendita del MAX-I-FORM, sen- za aver ottenuto un'autorizzazione di immissione sul mercato del prodotto farmaceutico, era illecito. Essa ne concluse che la legge nella fattispecie era sufficientemente accessibile per i richiedenti e che essi potevano prevedere le conseguenze della sua violazione

C

8). .

b) L'attentato alla libet"tà di espressione deve riguardare uno degli obiettivi legittimi elencati nell'articolo 10 - paragrafo 2

L'ingerenza delle autorità deve essere giustificata da dettami di sicurezza nazionale, di integrità territoriale o di sicurezza pubblica, di difesa dell'ordi- ne e di prevenzione del crimin<;:, di tutela della salute o della morale, di tutela della reputazione o dei diritti altrui, di prevenzione della rivelazione di informazioni confidenziali e di mantenimento dell'autorità e dell'imparzia- lità del potere giudiziario.

Alcune motivazioni di tale elenco sono suscettibili di essere invocate piu frequentemente di altre in materia di pubblicità commerciale. La giurispru- denza della Commissione è rivelatrice a tale riguardo.

Nella causa Liljenberg e altri contra Svezia, la Commissione ha ritenuto che il controllo della promozione della vendita di prodotti con acclusa descri-

(11

) Causa Sunday Times, op. cit., &49, p. 31.

(18

) Causa Liljenberg e altri contra Svezia, op. cit., p. 16.

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zione delle virtu terapeutiche adempie allo scopo di garantire i diritti dei consumatori, per la salute e la tutela dei diritti altrui ( 19).

Nella causa Pastore X e Chiesa di Scientologia contra Svezia, la Comrnis- sione ha ritenuto che la tutela dei diritti altrui comprendeva la tutela dei diritti dei consumatori e giustificava la richiesta delle autorità di modificare la stesura dell'annuncio commerciale sull'E-metro

C

0).

L'obiettivo della difesa dei diritti altrui appare legittimo se l'altrui è identificato e localizzato, ma anche se non lo è. Alcune procedure commer- ciali sleali, forme diverse di pubblicità ingannevole potrebbero essere vietate da qualunque Stato in funzione di tale obiettivo

C

1). Ci si pu à domandare se tale obiettivo giustifica anche il divieto della pubblicità comparativa - feno- mena presente in moiti paesi europei - quando questa non è né falsa, né ingannevole. Essa puà essere vietata in nome della tutela dei diritti altrui e della reputazione altrui, in questo caso i concorrenti dell'autore del messag- gio pubblicitario? Essa puà essere vietata per tutelare i diritti altrui, conside- rato che la procedura stessa della pubblicità comparativa è una forma di concorrenza illegale e sleale, e quindi senza tener canto dell'esattezza del contenuto dei messaggi pubblicitari? Tali domande rimangono al momento in sospeso. Ma, viste le procedure degli Stati europei essenzialmente restritti- ve riguardo all'ammissione della pubblicità comparativa, sembra che gli orga- nismi europei riconoscano agli Stati una grossa libertà nel decidere se auto- rizzarla o vietarla.

Uno Stato ricorrerà spesso anche ai principi di tutela della morale per giustificare il divieto di alcune pubblicità. Lo Stato potrebbe far ricorso a tali principi sia per giustificare il divieto della pubblicità il cui oggetto è considerato contrario alla morale, sia per vietare l'uso di mezzi contrari alla morale per promuovere la vendita di un servizio o di una merce qualsiasi.

Nella causa Handyside, la Corte ritenne che la legislazione sulle pubblicazio- ni oscene, in discussione in tale circostanza, aveva un'obiettivo legittimo, ossia la tutela della morale. Ne deriva che una legislazione nazionale che vietasse l'usa dei mezzi pubblicitari osceni e indecenti avrebbe un obiettivo legittimo riguardo all'articolo 10 - paragrafo 2, al pari di una legislazione

(") Ibid., p. 17.

(20

) Causa Pastore X e Chiesa di Scientologia contre Sve.zia, op. cit., p. 79.

(21

) In tai senso, G. COHEN-jONATHAN, « Libertà di espressione e pubblicità-L'articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo >>, da pubblicare nella Rivista di Diritto degli Affari Internazionali.

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PUBBLICITÀ COMMERCIALE E L!BERTÀ DI ESPRESSIONE 47

che vietasse la diffusione di messaggi pubblicitari riguardanti, per esempio, oggetti pornografici.

Occorre sottolineare che l'articolo 10 non permette alcuna giustificazio- ne di restrizione alla libertà di espressione per motivi sociali, culturali o economici (22). Le ingerenze dovute a ragioni di congiuntura economica, come ad esempio il calo di competitività di alcuni prodotti rispetto ad altri non potrebbero essere ammesse. Cosi, l'applicazione dell'articolo 10 all'attivi- tà pubblicitaria - categoria specifica di servizi economici - assicura al gioco della domanda e dell'offerta "in tale campo una maggiore tutela.

c) L'attentato alla libertà di espressione deve essere necessario in una società democratie a

Circa il rispetto di qu~sta terza condizione la Commissione ha sottolinea- to alcune particolarità legate all'applicazione del principio della libertà di espressione alla pubblicità commerciale.

L'aggiuntivo « necessario » ai sensi dell'articolo 10 - paragrafo 2 non è sinonimo di « indispensabile » ma non ha neanche l'elasticità dei termini

« ammissibile », « normale », « utile », « ragionevole » od « opportuno ».

Per conformarsi, quindi, a tale condizione di necessità, lo Stato deve stabili- te l'esistenza di « un bisogno sociale imperioso ». A tale scopo, lo Stato dispone dei un « margine di valutazione », vale a dire di un certo potere di valutazione per giudicare anzitutto se in ogni situazione c'è o meno un

« bisogno sociale imperioso »

C

3). Ma, tale potere non è illimitato perché gli organismi europei hanno il compito di controllare la legalità di qualsiasi manifestazione dello Stato in merito a tale « margine di valutazione ». Que- sto controllo' « riguarda .sia la finalità del provvedimento controversa che la sua 'necessità' » (24).

Occorre, a tale proposito, ricordare che la Corte ha ritenuto che « il potere nazionale di valutazione non ha identica ampiezza per ognuno degli scopi elencati nell'articolo 10-paragrafo 2 »

C

5). L'estensione della libertà di valutazione dipende dalle esigenze che il diritto interna e la procedura

(22

) A diff. dell'articolo 8 della Convenzione che valuta la possibilità di un'ingerenza di Stato nell'esercizio del diritto al rispetto della vita privata di un individuo, se essa è necessaria al

<< benessere economico del paese».

{'') Causa Handyside, op. cit., &48, p. 22.

(24

) 1 bid., &49, p. 23.

(") Causa Sunday Times, op. cit., &51, p. 36.

(17)

48 LAURENCE BOISSON DE CHAZOURNES

degli Stati partecipanti alla Convenzione impongono per il rispetto degli obiettivi enunciati nell'articolo 10-paragrafo 2. Si stabilisee cosi una distin- zione tra la tutela della morale per cui gli Stati europei hanna un concetto

«delle esigenze di quest'ultima (che) varia nel tempo e nello spazio » (la Corte ritenne che non si poteva « cogliere dai diritto interna dei diversi Stati contraenti una nozione europea uniforme della 'morale' ») e la tutela dell'au- torità del potere giudiziario per cui « una concordanza abbastanza vasta di vedute risulta dai diritto interna e dalla procedura degli Stati contraenti ». Ne consegue che il « margine di valutazione » riconosciuto allo Stato è piu discrezionale quando si tratta di tutelare l'autorità del potere giudiziario. Il controllo degli organismi europei è allora mena esteso nei casi di tutela della normale che nei casi di tutela dell'autorità giudiziaria (26).

La valutazione della proporzionalità del provvedimento restrittivo rispet- to all'obiettivo perseguito dalla Stato permette agli organisrni europei di verificare la necessità di tale provvedimento in una società democratica.

L'applicazione del criteria di necessità non puà avvenire in termini assoluti.

Devono essere valutati diversi fattori. Lo stesso vale peril « grado d'ingeren- za », per « la natura dell'interesse pubblico e la misura in cui esso richiede di essere tutelato nelle circostanze di specie »

e

7).

Dalle decisioni della Commissione relative alla pubblicità commerciale risulta che tale organismo riconosce allo Stato piu agevolazioni per provare la necessità di una restrizione alla libertà di comunicare un messaggio a scopi commerciali che per provare la necessità di un'ingerenza nell'espressio- ne di un messaggio di diverso tenore. In effetti la Commissione ritiene che il

« messaggio » commerciale debba beneficiare della tutela prevista nel para- grafo 1 dell'articolo 10, « in misura minore dell'espressione di idee 'politi- che' nel senso piu ampio, considerata in primis dai valori che rafforzano la nozione di libertà di espressione nella Convenzione » (28). Come si constata, la Commissione ammette che l'estensione del « margine di valutazione » di uno Stato per giustificare una restrizione dipende anche dai contenuto del messaggio comunicato.

La Commissi~ne giustifica tale differenziazione del grado di tutela dovu- to al carattere commerciale del messaggio spiegando di « aver preso in

('") Ibid., &51, p. 36.

(") Causa Pastore Xe Chiesa di Scientologia contra Svezia, op. cit., p. 79; causa Liljenberg e al tri contra Svezia, op. cit., p. 16.

(28 ) Ibid.

(18)

PUBBLICITÀ COMMERCIALE E LIBERTÀ Dl ESPRESSIONE 49

considerazione il fatto che la maggior parte degli Stati europei, avendo ratificato la Convenzione, hanno adottato disposizioni legislative che restrin- gono la libera drcolazione di 'idee' commerciali al fine di tutelare i consuma- tori dalle procedure ingannevoli e menzognere »

e

9). Ci si pu à interrogare sulla portata pratica di tale dillerenziazione nel regime di tutela.

È una forma di scappatoia lasciata agli Stati per controllare in maniera piu libera una materia essenzialmente economica? È un riconoscimento implicito della disparità delle legislazioni relative alla pubblicità e del fatto che le loro divergenze di regolamentazione non sono sempre attenuabili? A tale proposito possiamo rammentare le considerazioni formulate in merita alla pubblicità comparativa.

Il tentativo di uniformare le procedure nazionali relative alla pubblicità commerciale potrebbe allora essere ostacolato.

Nelle cause Pastore X e Chiesa di Scientologia contra Svezia, e Liljen- berg e altri contra Svezia, la Commissione ritenne che la condizione riguar- dante la necessità di un provvedimento di restrizione alla libertà di espressio- ne era soddisfatta. Nella prima, la Commissione attribuf importanza al fatto che quando le comunità religiose esercitano attività commerciali il consuma- tore è particolarmente sensibile alle loro argomentazioni di vendita, e al fatto che non era stato vietato ai richiedenti di fare pubblicità. Si vietava loro semplicemente l'usa di certe formulazioni

C

0). Nella seconda causa la Commissione reputà che i richiedenti, malgrado conoscessero le qualità terapeutiche del prodotto e avessero la possibilità di conformarsi alla legisla- zione in vigore, avevano deliberatamente scelto di continuare a vendere tale prodotto in maniera illecita. Inoltre, la Commissione ritenne che l'interesse pubblico in causa - la tutela della s~lute e dei diritti dei consumatori - è di regala un interesse pubblico importante» {'1).

La Commissione non ha detto esplicitamente di considerare che « chiun- que eserciti la sua libertà di espressione assume 'doveri e responsabilità' la cui estensione dipende dalla sua situazione e dal procedimento tecnico usa- ta » ( 32). Ma, nelle due decisioni che essa ha assunta a danno dei richiedenti, si evidenzia il loro stato sociale o professionale e l'influenza che il mezzo di

(29

) Causa Pastore X e Chiesa di Scientologia contro Svezia, op. cit., p. 80.

( '0 ) Ibid.

(") Causa Liljenberg e altri contro Svezia, op. cit., p. 17.

(") Causa Handyside, op. cit., &49, p. 23.

l .. Rapporlo cmnuale sui problemi giuridici del/'in/ormaz.iom!.

(19)

50 LAURENCE BOISSON DE CHAZOURNES

comunicazione da essi utilizzato era suscettibile di esercitare sui potenziali dien ti.

Nelle cause Pastore X e Chiesa di Scientologia contra Svezia, e Liljen- berg e altri contra Svezia, sembra che la Commissione abbia ragionato per postulati di cui essa non ha ancora definito con precisione le conseguenze.

In queste due decisioni, i parametri, circostanze e criteri presi in considera- zione dalla Commissione sono identificabili, ma non è ancora possibile com- prendere esattamente il grado di tutela attribuito ai messaggi pubblicitari.

3 .2. La pubblicità commerciale nel regime di autorizzazione delle società radio- televisive

La terza frase del paragrafo 1 dell'articolo 10 prevede disposizioni specia- li per le società radiotelevisive e cinematografiche

e

3). Lo Stato si vede

riconoscere la possibilità di sottoporre tali società ad un regime di autorizza- zione. L'estensione di tale potere statale interessa direttamente il nostro studio. ln effetti, si tratta di sapere se è conferita allo Stato soltanto la possibilità di concedere licenze di esercizio e di scegliere il metodo di orga- nizzazione delle attività radiotelevisive (monopolio di Stato, concessione esclusiva, concorrenza ... ), oppure se lo Stato puà anche regolare, sulla base di tale potere, l'esercizio di tali attività e cioè controllare il genere di trasmis- sioni diffuse e illoro contenuto materiale. In altri termini, occorre chiedersi se il regime di autorizzazione delle società radiotelevisive deroga in una misura piu o mena ampia al regime generale dei paragrafi 1 e 2 dell'articolo 10.

Tale riflessione interessa direttamente la fondatezza delle restrizioni qua- litative e quantitative imposte alla pubblicità radiotelevisiva da numerosi Stati europei.

Nella causa X e Associazione Z contra Regna Unito, la Commissione riconobbe allo Stato il diritto di controllare il genere di trasmissioni che potevano essere diffuse senza dover rispettare le condizioni dell'articolo 10-paragrafo 2. Sulla base dell'articolo 10, un capo di tale istanza richiedeva la condanna di una legislazione che impediva alla televisione commerciale di accettare la pubblicità di natura politica a pagamento. Per pronunciarsi, la Commissione tenne canto della diversità delle legislazioni nazionali in mate- ria di pubblicità radiotelevisiva, alcune di divieto totale, altre che l'autorizza-

(") Il regime delle società cinematografiche non è analizzato nell'ambito del presente studio.

(20)

PUBBUCITÀ COMMERCIALE E LIBERTÀ Dl ESPRESSIONE 51

no pur specificando i tipi di pubblicità consentiti. Essa ritenne « che le disposizioni dell'articolo 10 - paragrafo 1 dovrebbero essere interpretate in modo da permettere allo Stato, quando concede un'autorizzazione, l'esclusio- ne - come nella fattispecie - di alcune categorie specifiche di pubblici- tà »

e

4). La Commissione non ha deciso, quindi, che le restrizioni dovute al tipo di una trasmissione dovevano essere conformi alle condizioni previste dall'articolo 10-paragrafo 2. Ma tale decisione sarebbe stata identica se non si fosse trattato di una trasmissione pubblicitaria? E d'altro canto, tale decisione sarebbe stata la stessa se la Commissione avesse considerato la pubblicità commerciale parte integrante della libertà di espressione? È inte- ressante constatare a tale proposito, che il Governo britannico aveva sostenu- to la legittimità del suo divieto perché era conforme alle condizioni dell'arti- colo 10-paragrafo 2. Esso riteneva, quindi, che la pubblicità fosse tutelata dall'articolo 10. La Commissione, allora, non voile accogliere la sua argomen- tazione.

Una recente decisione della Commissione, assunta il 1 marzo 1982 a proposito della causa Associazione X contro Svezia, induce a considerare che la Commissione al momento attuale si pronuncierebbe diversamente. In effetti, essa ritenne che quando uno Stato sottopone le società radiotelevisi- ve ad un regime di autorizzazione, esso « deve rispondere ad un obbligo particolare al fine di tutelare sempre i diritti garantiti dall'articolo 10 della Convenzione »

e ' ).

Ne deriva che se lo Stato volesse impedire la diffusione di alcune trasmissioni a causa delloro tipo o delloro contenuto, la Commis- sione esigerebbe che esso per farlo si conformasse all'articolo 10-paragrafo 2. Attenti commentatori del regime della Convenzione ritengono che tale posizione è la sola che la Commissione possa adottare per assicurare il ris petto della libertà di espressione

C

6). Essi si basano principalmente sui motivi che hanno condotto nel 1950 all'adozione della terza frase del para- grafo 1 dell'articolo 10. Tali motivi erano di natura tecnica: il numero ridotto delle frequenze disponibili perla diffusione, ela necessità di affronta-

(") Causa X e Associazione Z contro Regno Unito, istanza N• 4515/70, decisione del 12 luglio 1971, Annuario della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, 1971, p. 547.

(") Causa Associazione X contra Svezia, istanza N" 9297/81, decisione del 1 marzo 1982, Decisioni e Relazioni, N"28, p. 209.

( '6

) In particolare, G. CoHEN-jONATHAN, op. cit.; H.P. FuRRER, «La procedura degli Stati membri del Consiglio d'Europa », La circolazione delle informazioni e il diritto internazionale, Società francese per il diritto internazionale, Simposio di Strasburgo, Parigi, Pédone, 1978, pp.

69-70.

(21)

52 LAURENCE BOISSON DE CHAZOURNES

re importanti investimenti da parte degli Stati per installare e pianificare le possibilità materiali di diffusione. Tale disposizione, dunque, non era stata concepita come un'eccezione al principio tutelato dall'articolo 10, ma come una possibilità lasciata allo Stato di organizzare a suo piacere il regime di esercizio di tali attività (monopolio di Stato, esercizio privato ... ). S'imporreb- be, quindi, il rispetto delle condizioni dell'articolo 10-paragrafo 2.

L'applicabilità del principio della libertà di espressione alla pubblicità

.televisiva rende opportune numerose domande, come ad esempio: uno Stato

potrà giustificare sulla base dell'articolo 10-paragrafo 2 il divieto della diffu- sione di messaggi pubblicitari di carattere politico? Quale sarebbe lo scopo legittimo di tale provvedimento? Sarebbe quello di tutelare quei partiti o movimenti politici che dispongono di scarse risorse finanziarie rispetto ad altri partiti che potrebbero procedere ad un passivo acquisto dei tempi di antenna? Come giustificare, sulla base dell' articolo 10 - paragrafo 2, il divieto dell'uso di alcune forme di frasi (problema della « lingua parlata » ), di dialetti o anche dell'uso di lingue diverse da quella nazionale? Come considerare l'influenza che il mezzo televisivo puè> esercitare sull'opinione pubblica se si rivelasse necessario impedire la diffusione di alcuni 'spot' pubblicitari oppure, piu semplicemente, richiedere una modifica della lora

;>

presentaz10ne ....

La valutazione della legittimità delle restrizioni quantitative relative alla pubblicità commerciale, sulla base dell'articolo 10, è delicata. Occorre accet- tare l'opinione seconda la quale questa categoria di restrizioni non si basereb- be su un « bisogno sociale imperioso », ai sensi dell'articolo 10-paragrafo 2?

Spetterebbe alle « forze del mercato assicurar(si) che un canale non ecceda il limite di tolleranza del telespettatore »

e

7), oppure occorre considerare le diffusioni radiotelevisive come servizi che assicurano una funzione pubbli- ca? Le restrizioni quantitative troverebbero allora una giustificazione « nella necessità di preservare la varietà dei programmi, l'equilibrio tra i diversi modi di espressione e nella necessità di non privare gli altri mass-media ( ... ) di risorse dovute alla pubblicità commerciale », cio conformemente allo scopo dell'articolo 10 che è quello « di attribuire tutto il valore al diritto effettivo ad una comunicazione pluralistica »

e

8).

Quest'ultima opinione sembra trovare conferma nella giurisprudenza del- la Commissione. A proposito della rivendicazione di un tempo di antenna

(J7) A. LESTER e D. PANNICK, op. cit., &29.

('") G. COHEN-JONATHAN, op. cit ..

(22)

PUBBLICITÀ COMMERCIALE E LIBERTÀ DI ESPRESSIONE 53

nelle precitate cause X e l'Associazione Z contro Regno Unito e Associazio- ne X contra Svezia, la Commissione ritenne « evidente che la libertà 'di comunicare informazioni e idee', contenuta nel diritto alla libertà di espres- sione garantito dall'articolo 10 della Convenzione, non puè essere interpreta- ta come se comportasse per qualsiasi privato cittadino o per qualsiasi orga- nizzazione un diritto generale e illimitato di beneficiare di tempi di antenna radiotelevisivi al fine di promuovere le sue idee ». Nondimeno, « il rifiuto di concedere un tempo di antenna ad uno o diversi gruppi specifici di persone

1 puè, in alcune circostanze, sollevare un problema ai sensi delll'articolo 10, solo o in relazione ali' articolo 14 della Convenzione »

C

9).

Se alcune restrizioni quantitative imposte alla pubblicità commerciale sono legittime ai fini di un'effettiva comunicazione pluralistica di idee, occor- re allora interrogarsi sui limiti della loro ampiezza. Tale problema potrà risolversi soltanto in seguito ad una riflessione piu approfondira sulla porta- ta degli obblighi che la condizione di garante di una libera comunicazione di idee impone allo Stato. Le domande provocate da tale riflessione saranno valutate ulteriormente dopo aver messo in evidenza il ruolo di garanzia materiale del rispetto della libertà di espressione assegnato da alcuni alla pubblicità commerciale.

L'applicabilità dell'articolo 10 alla pubblicità commerciale è stata analiz- zata in precedenza e alcune ambiguità e interrogativi relativi a tale applicazio- ne messi in evidenza. Si tratta ora di valutare le conseguenze di tale appli- cazione.

4. LA PUBBLICITÀ COMMERCIALE, GARANZIA DI UN'EFFETTIVA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE?

Dalla fine degli anni 70, il Consiglio d'Europa intensifica la sua azione in materia di mezzi di comunicazione. L'orientamento preso è quello definito dalla Dichiarazione sulla libertà di espressione e d'informazione, adottato dal Comitato dei Ministri il 29 aprile 1982 (40). Tale Dichiarazione ricarda

(") Causa Xe Associazione Z contro Regno Unito, op. cit., pp. 545 e 547; Causa Associazio- ne X contra Svezia, op. cit., p. 210.

Da notare che il rispetto dell'articolo 14 della Convenzione esige che non esista alcuna discriminazione ingiustificabile ne! godimento dei diritti garantiti dalla Convenzione.

( '0

) Bollettino d'informazione sulle attività giuridiche in seno al Consiglio d'Europa e negli Stati membri, gennaio 1983, pp. 50-51.

(23)

54 LAURENCE BOISSON DE CHAZOURNES

l'importanza del principio della libera circolazione delle informazioni e sotto- linea la necessità di incoraggiare attivamente la vadetà dei mezzi di comuni- cazione, pubblici e privati, e la pluralità delle fonti di informazione.

La prossima installazione della televisione diretta via satellite, della tele- visione via cava e della distribuzione via cava; i progetti d'instaurazione di uno spazio audiovisivo europeo e di creazione di un mercato comune della televisione dimostrando l'attualità di tale Dichiarazione di principi.

Senza la pubblicità, la moltiplicazione e la privatizzazione dei mezzi di comunicazione non potranno essere realizzate. Si possono cogliere allora le conseguenze legate all'applicazione dell'articolo 10 alla pubblicità commercia- le.

4.1. La necessità di un finanziamento dei mezzi di comunicazione di massa

In un'opinione concordante allegata alla sentenza della Corte relativa alla causa Barthold (41 ), il Giudice Pettiti lamenta va il fatto che la Corte non era stata « piu esplicita nei confronti della libertà di espressione nella misura in cui il richiedente reclamava di affrontare il problema della pubblicità commerciale ». Una delle sue motivazioni concerneva i legami esistenti tra la pubblicità e lo sviluppo e l'installazione di nuovi procedimenti tecnici (mer- cato comune della radiodiffusione, utilizzazione dei satelliti di comunicazio- ne ... ), perché questi «non possono essere compresi se non si tiene canto del fenomeno pubblicitario; ( ... ) vietare totalmente la pubblicità equivale a vieta- re il sistema audiovisivo privato privandolo dei suai sostegni economici ».

Le risorse legate alla diffusione di messaggi pubblicitari appaiono, in tale opinione, la garanzia materilale dello sviluppo dei mezzi di comunicazio- ne, la garanzia di una possibile circolazione delle informazioni tramite canali privati. La rivendicazioni dell'appartenenza del messaggio commerciale al campo della libertà di espressione risponde, come è evidente, ad una finalità economica.

Il Giudice Pettiti riconosce la necessità di un regolamento statale perché

« non si potrebbe concepire un sistema audio-visivo 'selvaggio'. Ma tale regime giuridico di limitazioni e restrizioni deve appoggiarsi su principi elaborati dalla Commissione nelle cause relative alla pubblicità e non rispop- dere solo a semplici opportunità.

(") Causa Barrhold, op. cit., pp. 27/28.

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