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INFEZIONE DA HIV ED AIDS

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Academic year: 2022

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INFEZIONE DA HIV ED AIDS

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VIRUS HIV

HIV 1 ed HIV 2 appartengono alla famiglia dei Retroviridae, genere lentovirus.

• L’infezione da HIV provoca nell’ospite una progressiva compromissione delle difese

immunitarie, soprattutto della componente cellulo – mediata con pressocchè totale

inefficienza della risposta nei confronti del virus.

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VIRUS HIV

• Il virus HIV è rivestito da un envelope provvisto di alcune glicoproteine tra cui gp 120, responsabile dell’aggancio del virus alle cellule provviste del recettore CD4 e possiede un nucleocapside,

denominato core, che contiene il genoma (RNA

virale) in cui sono rappresentati i geni costitutivi gag, env e pol che rispettivamente codificano le proteine del core , p24 e p17, dell’envelope, gp 120, gp 41 e della trascrittasi inversa.

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VIRUS HIV

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VIRUS HIV

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VIRUS HIV

• Il genoma dell’HIV , oltre alle proteine codificate dai geni gag, pol ed env, codifica altre proteine non

strutturali con funzione regolatrice denominate tat, rev, nef, vif. Le funzioni di queste proteine sono a tutt’oggi oggetto di studio. Recentemente è stato attribuito alla proteina tat un ruolo importante nell’infettività del virus.

• I virus HIV 1 ed HIV 2 sono sierologicamente distinti.

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VIRUS HIV

• La penetrazione del virus HIV avviene mediante

l’interazione di una glicoproteina dell’env (gp 120) ed il

recettore elettivo rappresentato dai linfociti CD4, anche se recentemente è stato dimostrato che anche altre cellule (

monociti, macrofagi, linfociti B, cellule dendritiche, fibroblasti ) possano essere bersaglio del virus. All’interno della cellula, il virus utilizza l’enzima “trascriptasi inversa” per operare la

trascrizione del proprio RNA in DNA, che a sua volta si integra in forma provirale nel genoma cellulare. Una volta integrato, il DNA virale rimane permanentemente associato al genoma della cellula ospite, fino a che la cellula è in vita, in forma latente o rilasciando virioni.

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VIRUS HIV

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VIRUS HIV

• Il virus dell’HIV 1 è diffuso in tutto il mondo mentre la variante HIV 2 sembra essere

presente soltanto in alcune regioni dell’Africa equatoriale.

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VIRUS HIV

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VIRUS HIV

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VIRUS HIV

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VIRUS HIV

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VIRUS HIV

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VIRUS HIV

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VIRUS HIV

• Per un corretto inquadramento del problema epidemiologico è essenziale differenziare il numero dei casi di AIDS,

concordato secondo i parametri stabiliti dal Centre Disease Control (CDC) (vedi Tab.1), da quello dei casi di malati con infezione da HIV, senza i segni clinici necessari a codificare la definizione di AIDS.

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VIRUS HIV

• La trasmissione del virus avviene per via ematica, sessuale e materno-fetale.

• Il problema della sorveglianza mondiale dei casi di AIDS è legato a parametri dipendenti dai singoli

Paesi, dall’organizzazione sanitaria locale, dalle risorse economiche e dal personale impiegato.

• In generale i dati mondiali sono attendibili per

quanto riguarda i paesi industrializzati mentre sono spesso sottostimati in molte altre aree geografiche.

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VIRUS HIV

• Nelle statistiche italiane è importante l’osservazione relativa all’incremento

dell’infezione nel sesso femminile (negli anni 80 – 90 oltre l’80% dei casi di AIDS riguardava il sesso maschile) e della via di trasmissione eterosessuale.

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VIRUS HIV

• La storia naturale della malattia ha diversi momenti critici; il primo è al momento del contagio che corrisponde clinicamente alla

cosiddetta sindrome simil – mononucleosica. Il virus penetrato nell’organismo replica

attivamente e si diffonde ai vari organi e tessuti.

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VIRUS HIV

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VIRUS HIV

L’infezione primaria dura circa 2 – 3 mesi ed è seguita da una

cronicizzazione spesso asintomatica e di durata estremamente variabile che inizialmente non ha reso comprensibile l’evolvere del rapporto virus - organismo. Infatti, non era facile spiegare perché alcuni soggetti andavano rapidamente in AIDS (anche entro 2 anni dal contagio) mentre per altri il decorso durava molti anni. Successivamente è stata dimostrata l’esistenza dei “progressori rapidi” e dei “long term”, ovvero di individui in cui si ha una risposta immunologia più consistente con conseguente lento

decremento dei linfociti CD4 o addirittura di soggetti esposti al contagio ma non infettati.Quale sia il substrato immunitario che giustifica tale diversità evolutiva non è tutt’ora noto anche se sono stati ipotizzati

numerosi fattori come virus difettivi, ovvero meno aggressivi nei confronti dell’ospite, alterazioni di recettori , esposizione multipla, varianti della trascrittasi inversa prodottosi in fase di replicazione virale ed altri ancora.

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VIRUS HIV

• Dal 1996 in Italia così come in altri Paesi economicamente avanzati si è osservato un fenomeno che ha cambiato

l’evoluzione clinica del paziente HIV positivo; infatti con

l’introduzione delle terapie retrovirali è stata notevolmente modificata l’attesa di vita dei pazienti, si è ritardata

l’evoluzione dei soggetti infettati verso l’AIDS e si è osservato un marcato decremento dei decessi.

• I farmaci anti HIV immessi in commercio hanno lo scopo di

fermare la replicazione virale agendo su enzimi elaborati dalle particelle. I bersagli sono la trascrittasi inversa e la proteasi.

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CLASSIFICAZIONE DELLA MALATTIA DA HIV

Numero CD4 Categorie cliniche ---

• 500 A1 B1 C1

• 200 – 499 A2 B2 C2

• < 200 A3 B3 C3

• Le lettere A, B, e C identificano le condizioni di AIDS (definite sia da un punto di vista immunologico con CD4 < 200, sia in senso clinico con le malattie incluse nello schema tipo della classificazione AIDS)

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VIRUS HIV

• La diagnosi dell’infezione da HIV è sierologica e si basa sull’identificazione degli anticorpi specifici.

• I soggetti con infezione recente da HIV possono avere un

“periodo finestra” in cui, pur essendo infettanti ed avendo una attiva replicazione virale, risultano negativi ai test di screening perché non hanno ancora prodotto gli anticorpi specifici.

• La durata del periodo finestra è variabile; entro tre mesi dal contagio oltre il 50% dei pazienti risulta positivo al test, dopo sei mesi è positivo il 95% e soltanto in rari casi si ha una

sieroconversione entro un anno dall’infezione.

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VIRUS HIV

• Il test di screening per eccellenza utilizza la metodica E.L.I.S.A che presenta una sensibilità ed una specificità superiore al 99%. Falsi positivi si verificano in donne in

gravidanza, in soggetti vaccinati di recente contro l’influenza o l’epatite B, nei pazienti politrasfusi o con patologie

autoimmuni.

• Test E.L.I.S.A. falsi negativi, si verificano molto raramente, soprattutto nel “periodo finestra” o nell’ultima fase di

malattia quando la produzione anticorpale è molto bassa.

• La positività del campione al test E.L.I.S.A. deve essere confermata con test Western Blot.

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VIRUS HIV

• Altro test di screening può essere considerato il test E.L.F.A. che “cattura” la p 24 dell’antigene HIV.

Questa tecnica viene usata nella diagnostica precoce ed è utile nel ridurre il periodo finestra.

• Il test E.L.F.A. positivo deve essere confermato con un test standard (Western Blot o RIBA).

• Il test Western Blot conferma la presenza di anticorpi verso antigeni del virus HIV separati in bande distinte mediante elettroforesi proteica su strisce di nitrocellulosa.

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VIRUS HIV

• Un test Western Blot è considerato positivo quando sono presenti almeno due delle

seguenti bande:p 24, gp 41, gp 120/gp 160.

L’assenza di bande classifica il test come negativo.

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VIRUS HIV

• Se è presente una singola banda o altre bande non comprese tra quelle che definiscono la

positività del test questo viene considerato indeterminato.

• Test indeterminati possono rappresentare reazioni anticorpali aspecifiche o verificarsi durante il periodo finestra.

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VIRUS HIV

• Il test RIBA è anch’esso considerato un test di conferma e determina la presenza di

anticorpi verso HIV 1 ed HIV2.

• Il test di immunofluorescenza indiretta (IFA) , così come il Western Blot ed il RIBA,

conferma la presenza di anticorpi anti HIV nel siero.

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VIRUS HIV

• Negli Stati Uniti, sono poi adoperati test rapidi che per mezzo di metodiche E.L.I.S.A.

semplificate forniscono il risultato in pochi minuti. Tali test possono essere eseguiti su sangue, secrezioni orali e urine. I test risultati positivi con tali metodiche devono comunque essere necessariamente confermati con i test standard.

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VIRUS HIV

La “polymerase chain reaction” (PCR) ed i “branched chain DNA assay sono metodiche in grado di rilevare anche modeste quantità di acidi nucleici. Queste

metodiche sono adoperate sia per il dosaggio

“qualitativo” che permette una diagnosi precoce

dell’infezione, utile soprattutto nei neonati da madri HIV positive, che il dosaggio “quantitativo” che, con il quale attraverso la determinazione della carica

virale,è possibile monitorare la progressione della malattia e l’efficacia della terapia antivirale.

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