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Tra Milano e Firenze : Cristoforo Landino volgarizzatore dei "Rerum gestarum Francisci Sphortiae commentarii" di Giovanni Simonetta: edizione critica della "Sforziada" di Cristoforo Landino

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Tra Milano e Firenze.

Cristoforo Landino volgarizzatore dei Rerum gestarum Francisci Sphortiae commentarii

di Giovanni Simonetta

Edizione critica della Sforziada di Cristoforo Landino

Danila Scalmazzi

(Cugnasco – Gerra)

2021

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Thèse de doctorat présentée à la Faculté des lettres et des sciences humaines de l’Université de Fribourg (Suisse) Approuvée par la Faculté des lettres et des sciences humaines sur proposition des Professeurs Edoardo Fumagalli (premier rapporteur)

et Francesco Somaini (deuxième rapporteur)

Fribourg, le 22 octobre 2019

La Doyenne Prof. Bernadette Charlier

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II

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III M E D I O E V I

N o v i s s i m a

Collana diretta da Paolo Borsa e Roberto Tagliani

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IV

La collana «Medioevi» prende vita da un’idea di Paolo Borsa e Roberto Tagliani e dalla disponibilità dell’editore Nicola Cavalli per Ledizioni. Si compone di due sezioni. La prima – Monumenta – si pone l’obiettivo di riproporre al pubblico degli studiosi e all’attenzione delle biblioteche alcune tra le opere più rilevanti della medievistica letteraria, filologica e linguistica d’area romanza, italiana e latina: strumenti, saggi, edizioni di testi tuttora fondamentali nel panorama scientifico – pur nell’avanzare dei progressi delle produzioni scientifiche di settore – ma ormai di difficile reperibilità sul mercato librario. Accanto a questa, la sezione Novissima si propone come sede editoriale moderna e dinamica, disponibile a ospitare e promuovere lavori di valore, nella convinzione che sia utile offrire alla comunità degli studiosi una pluralità d’oc- casioni di confronto e di diffusione del sapere scientifico negli ambiti disciplinari cui la collana è dedicata, favorendo l’incontro tra le diverse generazioni di ricercatori che, a vario titolo, ope- rano nel mondo accademico e della saggistica specializzata.

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V

Danila Scalmazzi

Tra Milano e Firenze.

Cristoforo Landino volgarizzatore dei Rerum gestarum Francisci Sphortiae

commentarii di Giovanni Simonetta

Edizione critica della Sforziada di Cristoforo Landino

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Tesi di Dottorato presentata alla

Facoltà di Lettere dell’Università di Friburgo (Svizzera) sotto la direzione del Prof. Edoardo Fumagalli

Approvata dalla Facoltà di Lettere su proposta dei Professori Edoardo Fumagalli (primo relatore) e Francesco Somaini (secondo relatore),

con il Prof. Christian Genetelli presidente della giuria

Friburgo, 22 ottobre 2019 Prof.ssa Bernadette Charlier, Decana

ISBN 978-88-5526-440-2

I ed. 2021

LEDIZIONI – LEDIPUBLISHING Via Boselli, 10 20136 Milano, Italia

‹www.ledizioni.it›

La presente opera è rilasciata nei termini della licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0),

il cui testo integrale è disponibile alla pagina web

‹https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0/›

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VII

S

OMMARIO

Ringraziamenti ...IX

INTRODUZIONE

I. GIOVANNI SIMONETTA E I COMMENTARII: STORIA E VICENDE DI UN AUTORE E DELLA SUA OPERA

1. « ... ad fine che se lega et non perissa la memoria delle cose facte per quello illustrissimo principe »: le origini dei ‘Rerum gestarum Francisci Sphortiae commentarii’ di Giovanni Simonetta ...XV

2. Nell’officina dell’autore: sulla stesura dei ‘Commentarii’ di Giovanni Simonetta, con un manoscritto ritrovato ...XXXIV

3. Dagli emendamenti non autorizzati alla ‘princeps’: la nuova veste dei ‘Commentarii’ ...LII

4. Dalla seconda edizione al compendio: storia di una polemica ...LXXIV

II. TRA MILANO E FIRENZE: LA SFORZIADA DI CRISTOFORO LANDINO

1. Dalla commissione all’invio ...XCI

2. La ‘Sforziada’ a Milano ...CI

3. Nell’officina del Landino ...CXXI

4. Le postille del manoscritto ambrosiano ...CXXVI

5. A difesa del vero: le battaglie del Simonetta ...CLVII

III. ICOMMENTARII, LA SFORZIADA E LA STORIOGRAFIA UMANISTICA

1. Alle origini dei ‘commentarii’ ...CLXXIX

2. Storiografia umanistica a Milano ...CLXXXVI

3. Nell’orbita milanese ...CCVII

4. Tra il Crivelli e il Simonetta ...CCXVII

5. I ‘Commentarii’ del Simonetta ...CCXX

Bibliografia ...CCXXVII

Nota al testo ...CCXLVII

CRISTOFORO LANDINO, Sforziada ...1 APPENDICE:tavola dei contenuti ...521

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VIII

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IX Ringraziamenti

Gli anni dedicati alla ricerca che affido a queste pagine sono stati ricchi di incontri e di insegnamenti; nella consapevolezza di non poterne restituire un elenco completo, non voglio comunque rinunciare al piacere di esprimere la mia profonda gratitudine verso coloro che piú mi hanno dato.

Edoardo Fumagalli, innanzi tutto, da sempre guida insostituibile nello studio.

Ha seguito questo lavoro con cura e attenzione costanti, offrendomi innumere- voli spunti di riflessione.

Francesco Somaini, i cui preziosi suggerimenti hanno svelato insospettati per- corsi di ricerca.

Marco Petoletti e Massimo Rodella, per avermi accompagnata nella scoperta dei tesori dell’Ambrosiana.

Jeroen De Keyser, esperto conoscitore di Francesco Filelfo, sempre genero- samente disponibile e aperto a proficui momenti di scambio.

Elisabetta Falck, grazie alla quale ho potuto studiare nel dettaglio il prezioso manoscritto latino dei Commentarii del Simonetta; e Maurizio Romanò, curatore della biblioteca della famiglia Falck. Accanto a loro desidero ricordare Cecilia Collalto Giustiniani Recanati Falck, che ho avuto la fortuna di riuscire a cono- scere prima che lasciasse i suoi cari e alla cui gentilezza devo il mio primo incon- tro con il manoscritto dei Commentarii.

Paolo Borsa e Roberto Tagliani, per aver accolto questo lavoro nella collana

« Medioevi » di Ledizioni.

Mirella Ferrari, Simone Albonico, Francesca Pasut, Maria Nadia Covini, Mar- zia Pontone, Angelo Piacentini, Rachele Pollini-Widmer, Flavio Zappa, Paolo Ostinelli, i friburghesi Christian Genetelli, Guido Pedrojetta e Uberto Motta: fra i vari professori, ricercatori e studiosi con i quali sono stata in contatto per i piú vari motivi desidero ringraziare almeno loro.

E Pietro Martini, Michela Manente, Nicola Serafini, Sandra Clerc, Corinna Bielic, Sara Pacaccio, il gruppo di Friburgo e quello della Scuola dottorale di Studi italiani: sapete perché.

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X

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XI

INTRODUZIONE

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XII

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XIII

Nam quis nescit primam esse historiae legem, ne quid falsi dicere audeat? Deinde ne quid veri non audeat? Ne qua suspicio gratiae sit in scribendo? Ne qua simultatis?

Haec scilicet fundamenta nota sunt omnibus.

M.T.CICERO, De Oratore, II, 62

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XIV

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XV I

GIOVANNI SIMONETTA E I COMMENTARII:

STORIA E VICENDE DI UN AUTORE E DELLA SUA OPERA

1. « ... ad fine che se lega et non perissa la memoria delle cose facte per quello illustrissimo principe »: le origini dei ‘Rerum gestarum Francisci Sphortiae commentarii’ di Giovanni Si- monetta

Archivio di Stato di Milano (ASMi), Registri delle missive, 155, c. 4v:1 Ioanni Simonete

Per satisfare ad quelli che hanno interceduto presso noi in favore tuo et aciò che possi ancora piú commodamente et con mancho spesa vivere da qui inanze, siamo con- tenti et cusí per questa te concedemo libera facultà et licentia che ad tuo piaciere tu ti possi levare da Vercelle, dove te havemo dato le confine, et venire a le tue possessione che hai nel Ducato de questa nostra cità, et cossí andare stare per tutti li lochi che te parirà d’esso Ducato, purché non intri in Melano né li aproximi per quatro miglia da canto alcuno. Mediolani, ut supra [scil. XVI Novembris 1481].

Per Barbavariam B. C.

ASMi, Registri ducali, 181, c. 194v:

Concessus est buletinus passus Ioanni Symonete. Datum ut supra [scil. Mediolani, die XXII Novembris 1481].

Per Carolum B. C.

Nell’autunno del 1481 i due documenti redatti da Carlo Barbavara, membro della cancelleria ducale, e siglati da Bartolomeo Calco, primo segretario, giunti a noi in copia registrata, sancivano l’inizio di un nuovo capitolo della vita di Gio- vanni Simonetta, per quanto gli intimassero di non avvicinarsi troppo alla città di Milano.

Un anno prima, il 1 novembre 1480, il duca Gian Galeazzo Maria Sforza aveva ordinato al castellano di Pavia di liberare dal carcere il Simonetta, prigio- niero dal settembre del 1479, obbligandolo però a scegliere un luogo di confino

1 Per i documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Milano si riporta, quando disponibile, la numerazione delle carte piú antica e non quella piú recente timbrata con inchiostro nero, o annotata a mano, al centro del margine inferiore di ogni facciata.

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XVI

ove recarsi al piú presto e dal quale non avrebbe potuto muoversi senza per- messo ducale: il Simonetta scelse Vercelli.1 Appena due giorni prima, il 30 otto- bre 1480, Cicco Simonetta – il potente fratello di Giovanni, col quale aveva con- diviso la prigionia; colui che dal 1477 al 1479 era stato di fatto il reggente del Ducato milanese, l’« uomo per prudenza e per lunga pratica eccellentissimo »2 – era stato decapitato sul rivellino del castello di Pavia rivolto verso il parco, por- tando ad esecuzione la condanna capitale pronunciata dal capitano di giustizia Borino Colli e approvata da Ludovico il Moro in nome del giovane duca Gian Galeazzo.3

1 Cfr. ASMi, Registri ducali, 115, c. 69v: « Castellano Papie. Siamo contenti et volimo et per questa nostra noi commettemo debiate liberamente relaxare de presone et mettere in sua libertate Zoanne Simoneta, destenuto presso voi in quello nostro castello; al quale, come serà relaxato, demo licentia, et cossí gli lo farite intendere, possa andare alle sue possessione ad dare ordine ad li facti suoi per dí dodece, non approximandosi ad Milano ad sei milia, et, passati dicti dí dodeci, infra dí octo che immediate sequiranno, sii reducto dove li parirà fuora del dominio nostro, pur che ’l non vada in le terre de’ Venetiani; qual loco li deputamo per confine et da esso non se habia ad partire senza nostra speciale licentia, sotto pena de rebellione. Mediolani, primo No- vembris 1480. Per Papien[sem], B[artholomeus] C[halchus]. Io. Galeaz subscripsit, nomine illu- strissimi ducis tantum ».

2 N. MACHIAVELLI, Istorie fiorentine, VIII, 18.

3 Per le vicende storico-biografiche dei fratelli Simonetta ancora oggi uno dei principali studi di riferimento è la parte iniziale, pp. III-XXV, della lunga Prefazione di Giovanni Soranzo alla pro- pria edizione dei Commentarii del Simonetta (Johannis SIMONETAE Rerum gestarum Francisci Sfortiae Mediolanensium ducis commentarii, a cura di Giovanni Soranzo, in Rerum Italicarum Scriptores2, t. XXI p. II, Bologna, Zanichelli, 1932-1959; in seguito SORANZO). Nonostante le numerose correzioni e migliorie apportate allo studio di Soranzo dalle ricerche successive, la grande quantità di fonti archivistiche sfruttate dallo studioso (alcune delle quali nel frattempo scomparse) fa del suo sag- gio una preziosa fonte di informazioni. Fondamentale anche il recente volume di M. N. COVINI, Potere, ricchezza e distinzione a Milano nel Quattrocento. Nuove ricerche su Cicco Simonetta, Milano, Bruno Mondadori, 2018, che ha il pregio di unire una ricca serie di informazioni di prima mano, desunte da documenti d’archivio in buona parte ancora inediti, a una bibliografia aggiornata; cfr. anche M. N. COVINI, Simonetta, Cicco e Simonetta, Giovanni, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana fondato da Giovanni Treccani, vol. 92 (2018), pp. 740-4 e 749-51; M. N. COVINI,L’assimilazione dei forestieri nelle élites della Milano sforzesca. La vicenda dei Si- monetta di Calabria, in Milano città delle culture, a cura di M.V. Calvi e E. Perassi, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2015, pp. 175-182. Nell’Ottocento Carlo Redaelli radunò cinque cartelle di documenti su Cicco Simonetta (una cartella di originali, membranacei e cartacei, e quattro cartelle di trascrizioni e appunti del Redaelli) utilizzati come base del suo Della vita di Cico Simonetta Segre- tario dei Duchi di Milano Francesco Primo Sforza, Galeazzo Maria, e Giovanni Galeazzo Maria Sforza.

Libri V, in « Annali universali di statistica, economia pubblica, storia, viaggi e commercio », 20 (1829), fasc. 59, pp. 170-76; 20 (1829), fasc. 60, pp. 263-78; 21 (1829), fasc. 61, pp. 25-39; 22 (1829), fasc. 64-5, pp. 194-233; 23 (1830), fasc. 66, pp. 84-97; 24 (1830), fasc. 71-2, pp. 181-92;

29 (1831), fasc. 86-7, pp. 248-58. Le ‘carte Redaelli’, un tempo conservate presso l’Archivio Sto- rico Civico di Milano e consultate ad esempio anche da Giovanni Soranzo, andarono perdute nel corso dei bombardamenti dell’agosto del 1943, come riferitomi dal personale dell’Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana. Sorte migliore ebbero due cartelle di documenti relativi ai Simonetta radunati nel secondo Ottocento da Luigi Osio e conservati presso l’Archivio di Stato di Milano, Miscellanea storica, 9a e 9b (« Sezione storica – Uomini celebri, documenti re- lativi a Cicco Simonetta e alla di lui famiglia »), in buona parte editi da C. MAGENTA, I Visconti e gli Sforza nel castello di Pavia, e loro attinenze con la Certosa e la storia cittadina, 2 voll., Milano, Hoepli,

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XVII

I Simonetta erano originari delle terre calabresi di Caccuri e Policastro, feudi inclusi nella dote che Polissena Ruffo, figlia di Carlo conte di Montalto, portò con sé nel 1418 quando sposò il diciassettenne Francesco Sforza, futuro duca di Milano.1 Cicco e Giovanni nacquero tra il primo e il secondo decennio del XV secolo da Antonio de Gucia di Caccuri e Margherita Simonetta; vennero introdotti presso lo Sforza dallo zio materno, Angelo Simonetta, nativo di Policastro, il quale pure fu al servizio del condottiere, dagli anni Venti alla propria morte nel 1472.2

Francesco, detto Cicco, nacque verso il 1410. Durante la sua giovinezza cala- brese ricevette una buona educazione ed ebbe modo di studiare, oltre al latino, forse anche il greco.3 A detta del Redaelli, biografo ottocentesco di Cicco, egli

1883; vi sono contenute anche le carte del processo a Cicco, al quale vennero imputati trenta capi d’accusa (cfr. cartella 9a; C. DE ROSMINI, Dell’istoria di Milano, 4 tt., Milano, Tipografia Ma- nini e Rivolta, 1820, t. IV, pp. 190-215).

1 Le nozze furono celebrate a Rossano il 23 ottobre 1418, ma già l’anno seguente Polissena e la figlioletta Antonia morirono in circostanze oscure; cfr. A. MENNITI IPPOLITO, Francesco I Sforza, in Dizionario Biografico degli Italiani, cit., vol. 50 (1998), pp. 1-15, a p. 1.

2 Cfr. SORANZO, pp. III-IV, ma da integrare con M. N. COVINI, La patente perfetta. I privilegi accordati ai Simonetta dagli Sforza, in Cittadinanza e mestieri. Radicamento urbano e integrazione cittadina nell’età delle signorie, a cura di B. Del Bo, Roma, Viella, 2014, pp. 179-206, alle pp. 190-4; COVINI, L’assimilazione dei forestieri, cit., p. 176; COVINI, Potere, ricchezza e distinzione, cit., pp. 11-13 e 28-35:

Angelo era lo zio materno (avunculus), non paterno (patruus), dei fratelli Simonetta, che assunsero il cognome Simonetta solo in seguito, in virtú della posizione eminente dello zio presso lo Sforza:

nei documenti degli anni Trenta e Quaranta Cicco si sottoscriveva infatti « Cichus filius Antonii de Ghucia de Chachurio », oppure « Cichus Calaber » o « Cichus de Policastro », sebbene alcune voci lo volessero nativo non di Policastro ma della piú modesta Caccuri; anche nel testamento del 16 febbraio 1461 (ASMi, Notarile, 638) Cicco Simonetta definisce esplicitamente Angelo suo avunculus. La lastra tombale di Angelo Simonetta è ancora visibile nella chiesa di Santa Maria del Carmine di Milano, nella cappella gentilizia dedicata all’Annunciata edificata nel 1457. Nella me- desima chiesa Cicco, in base al testamento del 1473, fece avviare i lavori di costruzione di una cappella da dedicare a S. Francesco; nel 1479, all’epoca dell’arresto dei Simonetta, i lavori erano avanzati, ma Cicco volle essere sepolto « in ecclesia Sancti Apolinaris extra et prope muros civi- tatis Papie », come disposto nel testamento del 28 ottobre 1480 rogato da Agostino Gravanago

« in castro magno civitatis Papie, videlicet in quadam camera superiori respondente deversus ducale zardinum », pochi giorni prima dell’esecuzione capitale (cfr. COVINI, Potere, ricchezza e di- stinzione, cit., pp. 66-7 e 71-3; V. FORCELLA, Iscrizioni delle chiese e degli altri edifici di Milano dal secolo VIII ai giorni nostri, 12 voll., Milano, Bortolotti, 1889-1893, vol. I 1889, pp. 365-6 per Cicco, vol.

IV 1890, p. 139 per Angelo; MAGENTA, I Visconti e gli Sforza, cit., vol. II, pp. 432-4, per l’edizione di una copia coeva del testamento del 1480, conservata in ASMi, Miscellanea storica, 9a).

3 Non è possibile dimostrare che Cicco avesse studiato presso i monaci basiliani di Rossano, come a suo tempo sostenuto da REDAELLI,Della vita di Cico Simonetta, cit., 20 (1829), fasc. 60, pp. 264-5, e poi da SORANZO, p. IV. L’Argelati afferma che Pier Candido Decembrio gli inviò delle traduzioni di autori greci « ut de illis pro sua in Graeco idiomate peritia sententiam ferat », e lo dice coinvolto dal Decembrio e da Francesco Filelfo in una disputa implicante dei versi di Omero (cfr. F. ARGELATI, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium, 2 tt., Milano, in Aedibus Palatinis, 1745, t. 2, coll. 2165-6); tuttavia nella biblioteca di Cicco non figuravano libri in lingua greca che non fossero riconducibili agli studi dei figli (il Filelfo insegnò latino, greco e storia a Gian Gia- como). Cfr. COVINI, Potere, ricchezza e distinzione, cit., p. 61 e n.

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XVIII

proseguí la formazione nel campo delle leggi e si laureò in diritto civile e cano- nico.1 Grazie allo zio Angelo entrò ben presto al servizio di Francesco Sforza e nel 1444 si sottoscriveva ufficialmente come cancelliere e segretario.2 Quando nel 1450 Francesco Sforza prese il governo di Milano, Cicco divenne membro del consiglio ducale; in quello stesso anno lo Sforza creò la cancelleria ducale, situata nella corte dell’Arengo e detta anche cancelleria segreta, organismo di- pendente direttamente dal duca, al cui comando venne posto Cicco come primo segretario, carica che mantenne poi per quasi un trentennio.3

1 Cfr. REDAELLI,Della vita di Cico Simonetta, cit., p. 263; COVINI, Potere, ricchezza e distinzione, cit., p. 61: « se avesse seguito regolari studi di diritto, avrebbe potuto facilmente farsi addottorare ex privilegio da un qualsiasi collegio dottorale cittadino, cosa che non fece mai. Dunque fu solo no- taio, non giurista ».

2 Cfr. SORANZO, p. IV; I Diari di Cicco Simonetta, a cura di Alfio Rosario Natale, Milano, Giuffrè, 1962, p. XIII.

3 Cfr. G. IANZITI, Humanistic Historiography under the Sforzas. Politics and Propaganda in Fifteenth- century Milan, Oxford, Clarendon Press, 1988, pp. 152-3: « The ducal chancery was specifically created by Francesco Sforza soon after his takeover of Milan in 1450. Directly responsible to the Duke, it handled all matters pertaining to the governing of the state. These ranged from the routine business of granting safe-conducts, to handling appointments to offices, to the raising and paying of armies. The chief task was, nevertheless, the conduct of diplomacy, and as such the ducal chancery was the centre of the complex network of diplomatic relations so often cited by modern students as the basis of Renaissance statecraft. [...] the cancelleria ducale was headed by a first secretary whose task it was to act as trait d’union between the Duke and his personal chan- cery. Important matters passed through the first secretary to the Duke and back again. In matters which did not require the Duke’s personal attention, the first secretary took charge, making decisions in consultation with the Consiglio segreto, formulating policy, and distributing work amongst the employees of the chancery. These were divided into two main categories: secretaries and chancellors. Of these, the secretaries were by far the more important. They shared admini- strative responsibility with the first secretary; often it was they who, under orders from their chief, dictated letters, received foreign ambassadors, or set forth instructions for Milanese lega- tes. [...] As might be expected, the main burden of the actual work of copying fell upon the second category of chancery employees, the chancellors. Their duties are clearly set forth in the Ordines, capitula et statuta ducalis cancellariae compiled by the co-founder of the ducal chancery, Cicco Simonetta, in 1453, and reformulated in 1465. [...] They [scil. i segretari e i cancellieri] were assisted by a small number of scribes and helpers ». Cfr. anche F. LEVEROTTI, ‘Diligentia, obedien- tia, fides, taciturnitas... cum modestia’. La cancelleria segreta nel ducato sforzesco, in « Ricerche storiche », 24 (1994), pp. 305-35; F. LEVEROTTI, Gli officiali del ducato sforzesco, in Gli officiali negli Stati italiani del Quattrocento, « Annali della Scuola normale superiore di Pisa », s. IV, Quaderni, 1 (1997), pp.

17-77; F. LEVEROTTI, La cancelleria segreta da Ludovico il Moro a Luigi XII, in Milano e Luigi XII.

Ricerche sul primo dominio francese in Lombardia (1499 – 1512), a cura di Letizia Arcangeli, Milano, Franco Angeli, 2002, pp. 221-53; F. LEVEROTTI, La cancelleria dei Visconti e degli Sforza signori di Milano, in Chancelleries et chanceliers des princes à la fin du Moyen Âge. Actes de la table ronde de Chambéry, 5 et 6 octobre 2006, sous la direction de Guido Castelnuovo et Olivier Mattéoni, Chambéry, Uni- versité de Savoie, 2011, pp. 39-52; F. SENATORE, Uno mundo de carta. Forme e strutture della diplo- mazia sforzesca, Napoli, Liguori, 1998; F. SENATORE, Ai confini del ‘mundo de carta’. Origine e diffusione della lettera cancelleresca italiana (XIII-XVI secolo), in « Reti Medievali Rivista », 10 (2009), pp. 239- 91. Cicco Simonetta è raffigurato in un bassorilievo situato sulla facciata del Duomo di Como (COVINI, Potere, ricchezza e distinzione, cit., p. 79, propone di datare l’effigie agli anni Settanta del Quattrocento); è visibile anche nella miniatura che precede l’Opusculum de impedimentis matrimonii ratione consanguinitatis et affinitatis habita di Girolamo Mangiaria (Parigi, Bibliothèque Nationale de

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XIX

Giovanni Simonetta, nato verso il 1420, entrò al servizio di Francesco Sforza nel 1444, secondo quanto egli stesso dichiara nel Proemio dei Commentarii.1 Il suo percorso professionale fu molto simile a quello del fratello, ma rispetto a quest’ultimo rimase un gradino piú in basso: nominato dapprima cancelliere all’interno della cancelleria ducale, salí poi al rango di segretario, divenendo co- munque una delle figure piú importanti nella cancelleria, l’uomo al quale Cicco non esitava a rivolgersi per trattare faccende delicate in cui si richiedevano di- screzione e segretezza.2

I Simonetta e i loro discendenti ottennero il 15 maggio 1450 la cittadinanza milanese e l’esenzione da ogni imposta.3 Il 24 febbraio 1455 la cittadinanza venne poi estesa a tutte e dieci le città del dominio ducale (Milano, Pavia, Cremona, Parma, Piacenza, Alessandria, Tortona, Lodi, Novara e Como) e alle relative terre, dove i Simonetta poterono godere di ogni diritto e privilegio a prescindere da qualsiasi altro statuto o decreto. Vennero inoltre confermate e ampliate le vaste immunità fiscali ottenute in precedenza, esentandoli da ogni onere; il tutto con effetto retroattivo dal primo ingresso di Francesco Sforza a Milano, il 26 febbraio 1450.4

Forti dei privilegi ottenuti, i Simonetta, in particolare lo zio Angelo e Cicco, acquistarono case, palazzi, beni immobili e proprietà fondiarie nei territori del Ducato di Milano; altri terreni e benefici vennero concessi loro direttamente da- gli Sforza in cambio dei servigi prestati.5

Il cospicuo patrimonio cosí accumulato, rinforzato da una serie di matrimoni attentamente studiati per intrecciare parentele importanti,6 consentí ai Simonetta

France, ms. lat. 4586), ritratto in piedi alla sinistra del duca Galeazzo Maria Sforza, con alcune carte in mano.

1 Cfr. SORANZO, p. CXI, rr. 27-8: « ab anno incipiens quarto et vigesimo usque in quartum et quadragesimum supra millesimum et quadringentesimum christiani Natalis, quo anno accersitus ad eum me contuli »; qui p. 12, rr. 2-4: « cominciando dall’anno del christiano Natale vigesimo quarto sopra millequactrocento insino nel quadragesimo quarto, nel quale anno io da quello chiamato mi conferi[i] ».

2 Cfr. G. IANZITI, A Humanist Historian and His Documents: Giovanni Simonetta, Secretary to the Sforzas, in « Renaissance Quarterly », 34 (1981), n. 4, pp. 491-516, a p. 496; IANZITI, Humanistic Historiography, cit., p. 154.

3 Cfr. SORANZO, p. IV, n. 2. L’atto è incluso in quello dell’acquisto dei beni dell’eredità Caimi dall’Ospedale Maggiore, 20 febbraio 1459, conservato in ASMi, Notarile, 637 (cfr. COVINI, Po- tere, ricchezza e distinzione, cit., pp. 77-8).

4 Per il privilegio del 1455 accordato ai Simonetta e conservato presso l’ASMi, Registri ducali, 134, cc. 300r – 301v, cfr. COVINI, La patente perfetta, cit., in particolare le pp. 179-83; COVINI, Potere, ricchezza e distinzione, cit., p. 77; COVINI,L’assimilazione dei forestieri, cit., p. 177.

5 Cfr. SORANZO, pp. III-IV e VI; COVINI, La patente perfetta, cit., pp. 194-7; COVINI, Potere, ric- chezza e distinzione, cit., pp. 56-60 e 75-194; COVINI,L’assimilazione dei forestieri, cit., pp. 177-8.

6 Angelo Simonetta sposò Francesca di Cecchino della Scala di Verona: la figlia Bianca andò in sposa a Carlo Sforza, figlio naturale del duca Galeazzo Maria, mentre il figlio Gentile fu ca- meriere d’onore presso il duca e tenne un pubblico ufficio a Pavia. Cicco Simonetta sposò nel

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XX

di diventare dei veri e propri mecenati. Cicco fu amico e protettore di Francesco Filelfo,1 e molti uomini di lettere gli dedicarono le loro opere.2

Seppur in misura inferiore rispetto al fratello, anche Giovanni Simonetta ebbe importanti contatti coi letterati che frequentavano la corte milanese: come si ve- drà, chiese al Filelfo di leggere i Commentarii prima di pubblicarli; Pietro Giustino Filelfo, pronipote di Francesco, dedicò al Simonetta l’edizione dei Commentarii di

1451 Elisabetta Visconti, figlia di Gasparino e di Caterina di Guidetto Castiglioni, dalla quale ebbe otto figli: Gian Giacomo (n. 29 settembre 1452, tenuto a battesimo da Federico da Mon- tefeltro); un secondo figlio nato nel 1455 e morto in fasce; Margherita (n. 1456); Antonio Fede- rico (n. 1458); Sigismondo (n. 1459, tenuto a battesimo da Sigismondo Pandolfo Malatesta);

Lodovico (n. 1460); Ippolita (n. 1461) e Cecilia (n. 1464). Da una concubina, Giacomina da Lodi, ebbe due figli: Guido Antonio (n. 1451) e Gian Francesco (n. 1453). Anche i figli di Cicco ebbero delle ottime sistemazioni: Gian Giacomo, umanista allievo di Francesco Filelfo e bibliofilo, fu attivo all’interno della cancelleria ducale e venne impiegato dalla corte anche per missioni private;

Ippolita sposò Gaudenzio Colonna, conte di Matsch, capitano generale di Sigismondo duca d’Austria; Antonio sposò Beatrice Sanvitale-Pallavicini (figlia di Francesca di Orlando Pallavi- cini) e fu pure nella cancelleria ducale; Margherita fu sposa di Guido Galeotto Torelli, conte di Guastalla, e Cecilia sposò il poeta Gaspare Ambrogio Visconti (su Cecilia e Gaspare Visconti cfr. E. ROSSETTI, Sotto il segno della vipera. L’agnazione viscontea nel Rinascimento, episodi di una commit- tenza di famiglie (1480 – 1520), Milano, Nexo, 2013, pp. 39-49); Lodovico fu canonico del Duomo di Milano e Sigismondo, pure stretto collaboratore di Cicco, divenne maestro di camera di papa Alessandro VI. Giovanni Simonetta si sposò due volte: la prima nel 1457 con Margherita della ricca famiglia dei Meravigli, che però morí di febbri nel 1459 (e poco dopo la stessa sorte toccò anche a una figlioletta); la seconda volta nel 1461 con Caterina, figlia del segretario ducale Mar- colino Barbavara e di Donnina Casati (quest’ultima da Soranzo erroneamente indicata quale terza moglie del Simonetta). Giovanni Simonetta e Caterina Barbavara ebbero dieci figli: Giacomo venne nominato vescovo di Pesaro da Clemente VII e cardinale, nel 1535, da Paolo III; Barto- lomeo fu poeta latino, Francesco segretario ducale, Alessandro uomo d’arme, nominato conte palatino da Carlo V; altri figli furono Girolamo, Pietro Battista, Paolo, Filippo e le sorelle Battista e Margherita. Da Angelina Marchesi, nei primi anni Cinquanta, Giovanni Simonetta ebbe il figlio naturale Bernardino, che divenne dotto canonista ed ebbe frequenti dissidi col padre. Andrea Simonetta, fratello di Cicco e Giovanni e come loro al servizio di Francesco Sforza, fu castellano di Monza dal 1450 al 1479 ed ebbe quali figli Giovanni, Giacomo Filippo giurisperito, Gian Antonio, Giacinto, Bonifacio, monaco cisterciense, e Giacomo Filippo cappellano ducale. Non era invece fratello di Cicco, Giovanni e Andrea, ma loro cugino, Matteo. Cfr. SORANZO, pp. III- V e IX;COVINI, Potere, ricchezza e distinzione, cit., pp. 14-44; COVINI,L’assimilazione dei forestieri, cit., pp. 178-82; COVINI, Simonetta, Cicco e Simonetta, Giovanni, in Dizionario Biografico degli Italiani, cit.

1 Presso l’ASMi, Autografi, 127, Filelfo Francesco, si conservano diverse lettere in cui l’uma- nista (che il 25 luglio 1467 dice di aver compiuto 70 anni) chiede aiuti pecuniari oppure altri favori a Cicco Simonetta, chiamandolo compater e firmandosi allo stesso modo, o al duca di Mi- lano. In una lettera a Gerardo Cerruti del 10 ottobre 1471 Cicco scrive: « Del facto del Philelfo me pare che habiati facto bene ad non lassare scrivere al signore né da messer Iohanne né da altri, perché ’l è da haverli compassione, imperò che tra per la necessità, tra per la vechieza, hormay è fora del birlo. La littera che esso messer Philelfo ha scritto lí me pare che non sii né honesta né conveniente, pur, como è dicto, gli è da havere compassione » (ASMi, ibid.). Per l’epistolario del Filelfo si veda ora F. FILELFO, Collected Letters. Epistolarum Libri XLVIII, critical edition by Jeroen De Keyser, 4 voll., Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2015.

2 Per un elenco delle opere dedicate a Cicco cfr. M. PEDRALLI, Novo, grande, coverto e ferrato. Gli inventari di biblioteca e la cultura a Milano nel Quattrocento, Milano, Vita e Pensiero, 2002, pp. 505-6, in nota; SORANZO,pp. VI-VII; M. SIMONETTA, Rinascimento segreto. Il mondo del segretario da Petrarca a Machiavelli, Milano, Franco Angeli, 2004, pp. 131-7.

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XXI

Cesare stampati da Antonio Zarotto nel 1477 e nel 1490 si occupò personal- mente degli aspetti economici relativi alla pubblicazione della princeps della Sfor- ziada di Cristoforo Landino, volgarizzamento dei Commentarii del Simonetta.1 Nel 1466, alla morte di Francesco Sforza, la vedova Bianca Maria Visconti volle che Cicco l’affiancasse nel governo del Ducato in assenza del nuovo duca, suo figlio Galeazzo Maria Sforza, all’epoca impegnato in una campagna militare in Francia; quest’ultimo confermò poi Cicco nella carica di primo segretario e consigliere segreto suo e della madre.2 Il ruolo e i compiti di Giovanni in quel periodo appaiono chiaramente da una sua lettera autografa del 1467 indirizzata al duca e conservata presso l’Archivio di Stato di Milano: Galeazzo si era lamen- tato del Simonetta perché, mentre si trovava impegnato in Romagna in una guerra contro Bartolomeo Colleoni, non era stato tenuto al corrente della situa- zione nel Ducato. Queste le parole del Simonetta in propria difesa:3

Illustrissimo Segnore. Et hersera al tardo per una littera de Cecho mio fradello et questa matina per Zohanne de Castelnovà ho inteso che la Excellentia Vostra se dole de mi per non haverla advisata de le occurrentie de qua, dicendo de mi molte parole le quale non curo replicare però che me sonno state et scripte et referite secondo la Ex- cellentia Vostra le ha dicte. A la quale respondendo dico che la Excellentia Vostra pò et dire et fare verso mi quello li pare et piace, come quello li son servitore; ma me rencresce che, facendo con fede et sollicitudine quello che ho facto et fo continuamente qui per

1 Cfr. SORANZO, p. X; A. GANDA, Pietro Giustino Filelfo editore della ‘Sforziade’ di Giovanni Simonetta (Milano, 1490), in Studi in memoria di Paola Medioli Masotti, a cura di Franca Magnani, Napoli, Lof- fredo Editore, 1995, pp. 73-86.

2 Cfr. SORANZO, p. V. La campagna militare di Galeazzo Maria in Francia in aiuto del re Luigi XI e il suo avventuroso rientro a Milano dopo la morte di Francesco Sforza l’8 marzo 1466 sono descritti nel trentunesimo e ultimo libro dei Commentarii e del volgarizzamento.

3 ASMi, Autografi, 155, Simonetta Giovanni, 13 luglio 1467; per quanto il fondo Autografi dell’ASMi contenga anche documenti che autografi non sono, in questo caso la mano è quella del Simonetta (cfr. infra, p. XXVIII, n. 1). Menzionano questo documento anche SORANZO, p.

VIII, n. 1; IANZITI, A Humanist Historian, cit., pp. 496-9, poi ripreso in IANZITI, Humanistic Histo- riography, cit., pp. 154-7, dove si citano diversi dispacci risalenti alla primavera-estate del 1467; M.

N. COVINI, L’esercito del duca: organizzazione militare e istituzioni al tempo degli Sforza (1450-1480), Roma, Istituto storico italiano per il Medioevo, 1998, p. 213; SIMONETTA, Rinascimento segreto, cit., p. 121. Dovendo restare fuori Milano per diversi mesi, il duca Galeazzo Maria aveva presso di sé una propria cancelleria itinerante, della quale facevano parte Cicco, alcuni cancellieri e di- versi consiglieri, tesorieri e ministri delle finanze; Giovanni Simonetta era quindi il suo principale contatto a Milano, dove la cancelleria aveva quale referente prioritario la duchessa Bianca Maria Visconti, con la quale non mancarono gli attriti (anche sulla stessa campagna di Romagna, come ricorda IANZITI, Humanistic Historiography, cit., p. 155, n. 11: « Bianca Maria strongly disagreed with her son’s decision to depart for the Romagna »); cfr. COVINI, L’esercito del duca, cit., pp. 199- 218, con diversi dettagli sui vari fronti bellici e la situazione politica dell’epoca, inclusa la campa- gna militare in Romagna del 1467 combattuta tra Milano, Firenze e Napoli da una parte e il Colleoni e Venezia dall’altra.

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XXII

lo Stato de la Excellentia Vostra, come ognuno me ne pò rendere bon testimonio, non me pareva meritare reprehensione né le parole che essa Vostra Segnoria ha dicto de mi, ma piú tosto commendatione et merito, attento che da poy che la Excellentia Vostra s’è partita de qui, per far el mio debito et per exeguire li soy comandamenti che me fece a cavallo andando verso Maregnano, sempre l’ho tenuta advisata de le cose sonno oc- corse, s’ella ha lecto le mie littere, et ultra de questo me son studiato che per la via de Madonna vostra madre ancora sete stato d’ogni cosa piccola, mezana et grande advisata continuamente, et, scrivendo la Soa Excellentia, me pareva superfluo scrivere ancora mi quello medesmo. Ultra de questo, me son sforzato che tanto presso la prefata Madonna quanto presso questi vostri magistrati quelle cose ha scripto la Segnoria Vostra siano state exeguite, zoè quelle che sonno passate per mie mano, et, se la voluntà vostra in tucto non è stata exeguita, è stato in le cose pertinente al denaro; nel resto non è passato ponto la metà data per la Segnoria Vostra. Et de questo la Segnoria Vostra ne debbe restare molto ben contenta che, siando absente come è, ella sia obedita et temuta come ella fusse presente, ché questo non se faceva cossí ad unguem nel tempo del Segnore vostro padre.

Io so’ el primo vengo in corte la matina et so’ l’ultimo me parta; non vado a solazo in loco veruno come fanno tucti quelli de questa corte, maxime li dí de le feste. El mio camino è sempre da casa mia a corte, che posso dire essere una quintana; tucti li fastidi et cose recrescevole me vengono a le spalle, et Madonna ancora me le apica a le spalle.

Li soy cancelleri non se impazano non ma de expedire supplicatione et cose de emolo- mento et le cose particulare de la Segnoria Sua, et a mi tucte le cose del Stato vostro et de li vostri soldati che sonno in queste parte bisogna solicitarle et expedirle con gran faticha, dove è necessario dica de molte bosie, che non è mia arte; pur me gli adapto per ben del Stato vostro. Et se ’l non fusse may altro da fare che attendere a le cose de Zenoa, le quale sonno continue et de soa natura recrescevole, el è pur una gran faticha et grande rencrescimento, maximamente ché non li sonno li deputati come sonno stati per lo passato et per expedirle me è necessario quando andare al conseglio secreto, quando a quello de iustitia, quando havere insieme domine Zohan Iacomo Rizo et do- mine Rafaello, che l’uno et l’altro de loro de raro li posso havere, però che domine Zohan Iacomo qui sta poco et domine Rafaello de li X dí li sey è infermo.

Le littere che ve sonno scripte in nome de la Segnora Vostra Madonna ad mi sonno imposte et per la Segnoria Soa sola et per questi del conseglio secreto, quando se con- sultano le cose nel suo loco, et per questi altri deputati de sopra, et qui sempre me son sforzato far in modo che la Segnoria Vostra sempre sia stata advisata continuamente d’ogni cosa, come ha possuto vedere. Se per usare mi questi modi et questa diligentia, ché tucto è in beneficio del Stato vostro, pare a la Segnoria Vostra che io non faza bene et che sia cancellero de Madonna vostra madre et non vostro, la Segnoria Vostra me ha ad comandare et advisare, perché quando intenda la voluntà vostra quella ad unguem exeguirò, advisandola che non so’ de sí poco animo et vile che voglia essere piú tosto cancellero de una madonna che de uno segnore, et quanto ad mi seria piú tosto venuto et seguito la Segnoria Vostra in ogni loco che essere restato qui, la quale io spero me debia far del bene.

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XXIII

De le cose particulare et de quello se dice et se fa io non ho scripto troppo spesso a la Segnoria Vostra perché non me è accaduto scrivere cose de substantia; zanze et fra- sche non mi pare de scrivere, né de questo so che se cura la Segnoria Vostra, ma solo de cose importano, nel che so’ stato et sto attento continuamente. Se possono ben dire et fare de le cose che non le poria sapere, perché ad ogni cosa non me posso trovare né ancora li son domandato, et pur spero che non passeranno cose importante al Stato et ben vostro che per qualche via non le senta o in tucto o in parte; ma ben conforto la Segnoria Vostra a star de bono animo de le cose de qua, perché elle passano molto piú regulate che se li fusti presente. [...] Altro non me occorre al presente se non che me recomando a la Excellentia Vostra, pregandola me voglia advisare de la receptione de questa et advisarme de li modi ho a tenere de qui inanzi, perché se ho fallato non voria fallare piú de qui inanzi. Datum Mediolani, die XIII Julii 1467.

Excellentie Vestre servitor Johannes Symoneta La cancelleria segreta era inoltre implicata in una questione di fondamentale importanza per il regime sforzesco sin dai tempi della presa di Milano da parte di Francesco Sforza: quella dell’investitura imperiale.1 Nel 1394 il segretario di Gian Galeazzo Visconti, Uberto Decembrio, e il vescovo di Novara, Pietro Fi- largo (futuro antipapa Alessandro V), si erano recati a Praga presso l’imperatore Venceslao per un’importante missione diplomatica in seguito alla quale, l’anno successivo, dietro compenso di 100’000 fiorini d’oro, l’imperatore aveva con- cesso al Visconti il titolo ducale.2 Tale titolo passò poi a Giovanni Maria Visconti (assassinato nel 1412) e quindi a suo fratello Filippo Maria, il quale morí nel 1447 senza eredi maschi: restava infatti solo Bianca Maria Visconti, sua figlia naturale e poi legittimata.3 Nonostante Francesco Sforza avesse sposato quest’ultima nel 14414 e fosse stato acclamato e incoronato duca dal popolo di Milano nel 1450, l’imperatore, ora Federico III, si rifiutò di confermare su di lui il privilegio ducale

1 Cfr. F. CUSIN, L’Impero e la successione degli Sforza ai Visconti, in « Archivio Storico Lombardo », n. s., 1 (1936), fasc. 1-2, pp. 3-116; F. CUSIN, Le aspirazioni straniere sul ducato di Milano e l’investitura imperiale (1450-1454), ibid., fasc. 3-4, pp. 277-369; F. CUSIN, Le relazioni tra l’Impero ed il ducato di Milano dalla pace di Lodi alla morte di Francesco Sforza (1454-1466), in « Archivio Storico Lombardo », n. s., 3 (1938), fasc. 1-2, pp. 3-110.

2 Il diploma di Venceslao datato 11 maggio 1395 concedeva a Gian Galeazzo Visconti il titolo di duca di Milano; quello del 13 ottobre 1396 estendeva il titolo ducale del Visconti a tutte le altre città in suo possesso. Cfr. CUSIN, L’Impero e la successione, cit., pp. 46-7; A. GAMBERINI, Gian Galeazzo Visconti, in Dizionario Biografico degli Italiani, cit., vol. 54 (2000), pp. 383-91, a p. 387;

CUSIN, L’Impero e la successione, cit., pp. 46-7; SIMONETTA, Rinascimento segreto, cit., pp. 13 e 40.

3 Nell’atto di legittimazione concesso dall’imperatore Sigismondo il 21 luglio 1426, Bianca Ma- ria veniva però espressamente esclusa dal diritto di ereditare beni del Ducato (cfr. CUSIN, L’Im- pero e la successione, cit., pp. 7-8 e 66-7).

4 Cfr. MENNITI IPPOLITO, Francesco I Sforza, cit., p. 3: il contratto di nozze venne stipulato nel 1432 e il matrimonio fu celebrato a Cremona nel 1441.

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XXIV

conferito in precedenza ai Visconti: il Ducato di Milano era un feudo imperiale, e come tale, estinta la famiglia Visconti, doveva tornare all’Impero.1

La faccenda non era priva di pericolose conseguenze: da un lato l’imperatore avrebbe potuto rivendicare in qualsiasi momento la signoria di Milano, e quindi spodestare gli Sforza; dall’altro v’erano anche le pretese della casa d’Orléans, in virtú delle nozze contratte nel 1387 da Valentina Visconti, sorellastra di Filippo Maria, con Luigi d’Orléans;2 infine anche Alfonso d’Aragona reclamava il Du- cato, adducendo una presunta volontà testamentaria di Filippo Maria di cui però non si trovò valida prova.3

Due viaggi dell’imperatore in Italia, in realtà senza particolari conseguenze politiche, contribuirono a rendere piú urgente la questione dell’investitura: uno nel 1452, al tempo di Francesco Sforza;4 l’altro nel 1468-69, quando oltre allo Sforza era già scomparsa anche Bianca Maria Visconti, anello di congiunzione

1 Cfr. CUSIN, L’Impero e la successione, cit., pp. 48-9. Nel periodo della Repubblica Ambrosiana il popolo milanese, in virtú della Pace di Costanza siglata il 25 giugno 1183 tra Federico Barbarossa e la Lega Lombarda, non mancò di reclamare i propri diritti sulla città di Milano: i giuristi milanesi ritenevano infatti che la signoria su Milano dovesse, morto il Visconti, tornare al popolo. Si noti che Francesco Sforza non rinnegò mai il diritto del popolo milanese di eleggere i propri signori (cfr. CUSIN, L’Impero e la successione, cit., pp. 23-49). Una copia della Pace di Costanza è trascritta, assieme ad altri privilegi (tra cui quelli dell’imperatore Venceslao), in ASMi, Registri ducali, 2, cc.

123v – 127r.

2 Nel proprio testamento Gian Galeazzo Visconti avrebbe stabilito una successione fedecom- missaria in linea femminile: in mancanza di eredi diretti maschi il Ducato sarebbe dovuto passare alla figlia, Valentina Visconti. Tale disposizione (vera o falsa che fosse) venne sfruttata dai pre- tendenti orleanesi al Ducato nel corso del XV secolo (cfr. CUSIN, L’Impero e la successione, cit., p.

50).

3 Filippo Maria Visconti morí senza lasciare disposizioni (come affermato anche dalla stessa Bianca Maria: cfr. ASMi, Potenze estere, Alemagna, 569: Giovanni Ulesi, segretario ducale, a Francesco Sforza, 10 settembre 1457). Il falso testamento fu forse compilato dalla parte bracce- sca, favorevole ad Alfonso, nel castello di Porta Giovia poche ore dopo la morte del duca Filippo Maria e in seguito immediatamente distrutto, tanto che nessuno osò mai presentarne una copia valida; lo stesso Simonetta ne smentisce la validità (SORANZO, p. 180, rr. 15-34; qui p. 194, rr. 4- 23, in particolare rr. 18-23: « Tra queste contentioni Philippo morí, non lo stimando lui. Niente- dimeno furono alcuni e’ quali, per favore della sua parte, nel volgo seminorono che lui haveva constituito che tucto ’l suo imperio fussi transferito in Alphonso; altri, a’ quali è da prestare piú fede, affermano che lui, sentendosi al tucto morire, dixe che volentieri vorrebbe che doppo sua morte ogni cosa rovinassi; ma a noi nessuna di queste due cose pare probabile »); cfr. CUSIN, L’Impero e la successione, cit., pp. 6 e 54-59; MENNITI IPPOLITO, Francesco I Sforza, cit., p. 8; G.

IANZITI, The ‘Commentaries’ of Giovanni Simonetta: History and Propaganda in Sforza Milan (1450-1490), in Altro polo. A volume of Italian Renaissance studies, Sidney, Frederick May Foundation for Italian Studies, University of Sidney, 1982, pp. 79-98, a p. 82.

4 Nei Commentarii il Simonetta non va oltre un breve accenno nel libro XXIV, ripreso nel vol- garizzamento a p. 437, r. 29. Dettagli su questo viaggio e sull’incoronazione a Roma di Federico III in CUSIN, Le aspirazioni straniere, cit., pp. 333-55.

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XXV

tra Visconti e Sforza,1 e Milano era retta da Galeazzo Maria Sforza.2 Inoltre, nel 1473, un incontro a Treviri tra l’imperatore e il duca di Borgogna allertò ulterior- mente Galeazzo Maria, poiché sembrava che Federico III avesse intenzione di servirsi di Carlo il Temerario per impossessarsi di Milano. La conseguenza diretta di questi avvenimenti fu una lunga serie di trattative tra lo Sforza e l’imperatore per ottenere l’investitura ufficiale, trattative senza successo e il cui culmine si registrò tra il 1473 e il 1476, anno dell’assassinio del duca di Milano.3

Galeazzo Maria fondò le proprie rivendicazioni su due aspetti principali: il proprio legame di sangue coi Visconti e, in secondo luogo, la figura di Francesco Sforza, ricercando nelle gesta e nei trionfi politici e militari di suo padre gli argo- menti che legittimassero le pretese degli Sforza sul Ducato di Milano. Già all’epoca di Francesco Sforza la propaganda sforzesca aveva insistito su diversi punti a favore del condottiere: le nozze con Bianca Maria Visconti e l’essere stato adottato da Filippo Maria;4 una presunta donazione del Ducato, nel 1446, da parte dello stesso duca Filippo (atto che avrebbe inoltre invalidato il testamento in favore di Alfonso d’Aragona);5 il potere conferitogli dal popolo milanese in

1 Bianca Maria Visconti morí nel 1468 all’età di quarantadue anni; si sospettò una sua morte per avvelenamento (cfr. IANZITI, Humanistic Historiography, cit., p. 133 e n. 15, con rimando alle parole dello storico sforzesco Bernardino Corio, Historia patria, ed. 1503, fasc. N VIIIr: « Si disse [che] piú de veneno che de naturale egritudine fusse morta »).

2 Cfr. IANZITI, Humanistic Historiography, cit., pp. 132-3; C. SANTORO, Gli Sforza, Milano, Dall’Oglio, 1968, pp. 130-1, dove si menziona un promemoria del 4 gennaio 1469 di Galeazzo Maria per il proprio ambasciatore Tommaso da Rieti, al quale ordina di riferire all’imperatore che « essendo electo et creato signore et duca de esso Stato et Ducato da tutti li nostri populi de questo dominio et cossí essendo da la sanctità del papa et da tutti li signori et signorie de Italia et fora de Italia reputato duca de Milano, manteneremo el nome, dignità e reputatione nostra » (ASMi, Potenze estere, Roma, 66, n. 70): per Galeazzo Maria si trattava quindi di ottenere dall’im- peratore il riconoscimento di quella che era già una realtà di fatto.

3 Le ambizioni di Galeazzo Maria si spinsero poi ben oltre quelle del padre: « the negotiations for the investiture became the basis of a vast set of plans to establish the Sforzas as a leading force in the politics north of the Alps » (IANZITI, Humanistic Historiography, cit., p. 135; si vedano in generale le pp. 131-5 per maggiori dettagli).

4 Cfr. SORANZO, p. 35, rr. 8-16 (anno 1432) e pp. 108, r. 45 – 109, r. 3 (anno 1441); qui p. 48, rr. 8-12 (anno 1432): « per opera di Martino, Philippo, el quale nessuno figliuolo maschio havea, per adoptione se lo fece figliuolo et acceptòllo nella casa de’ Visconti con tucti e’ suoi descen- denti, et dettegli in moglie Bianca Maria, sua unica figliuola, et donògli Castellaccio, Bosco et Fregarolo, castella d’Alexandria, et uno stendardo nel quale era dipincta una panthera »; e p. 120, rr. 32-6 (anno 1441): « Interim el duca, non meno cupido della pace di lui, la Bianca con grande apparato et numerosa di nobili cittadini et cortigiani moltitudine haveva a Cremona mandata, acciò che a un medesimo tempo et el matrimonio havessi sua perfectione et Cremona gli fusse in nome di dota consegnata. Furono celebrate le nozze el giorno vigesimo quarto d’octobre ».

5 Nei Commentarii la donazione del Ducato (in realtà un falso fatto fabbricare dallo stesso Fran- cesco Sforza, di cui una copia si trova presso l’ASMi, Registri ducali, 2, cc. 105r – 107v, datato 10 novembre 1446; cfr. CUSIN, L’Impero e la successione, cit., pp. 6-7 e 53-66) viene menzionata solo di sfuggita in un paio di occasioni (cfr. SORANZO, p. 247, rr. 28-38 e pp. 251, r. 45 – 252, r.

2; qui pp. 273, r. 27 – 274, r. 2: « [Francesco Sforza] ancora si ricordava che e’ Melanesi con

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XXVI

occasione dell’incoronazione ufficiale nel marzo del 1450.1 Tuttavia nessuno di questi argomenti aveva mai rivestito alcuna validità giuridica agli occhi dell’im- peratore. Per questo motivo sin dalla conquista sforzesca di Milano la cancelleria ducale aveva cominciato a raccogliere tutto il materiale possibile che dimostrasse i meriti del condottiere divenuto duca e ne facesse la base delle sue rivendicazioni politiche; allo stesso tempo era nato l’interesse verso la redazione di opere sto- riografiche che celebrassero le gesta dello Sforza.2

temerario impeto, morto Philippo, haveano occupato quello imperio el quale di ragione s’appar- tenea a•llui | perché venti anni avanti Philippo l’haveva adoptato et datogli in moglie la figliuola, né haveva o maschio o femina piú figliuoli che la Bianca, et non molto innanzi che partissi di vita era notissimo a tucti che lui glien’haveva facto dono doppo la morte, benché nel furore della morte si diceva che altrimenti havessi disposto, ma questo non in uno modo ma in piú si diceva »;

e p. 279, rr. 1-5: « et finalmente [Francesco Sforza] aggiunse che tucto quello che Philippo teneva di ragione s’apparteneva a•llui, et perché epso glien’haveva donato et perché lui et la moglie et e’

figliuoli come heredi succedevono, per la qual cosa se lui con l’arme, poiché ogn’altra via gli era tolta, adomandava quello che di ragione era suo, a nessuno faceva ingiuria »), ma spesso e volen- tieri il Simonetta sottolinea che il Ducato apparteneva de iure hereditario allo Sforza, concetto ri- badito anche dal Landino nel Proemio al volgarizzamento (cfr. qui p. 5, r. 12).

1 Cfr. SORANZO, pp. 340, r. 16 – 346, r. 33; qui pp. 380, r. 9 – 383, r. 29, in particolare p. 383, rr. 8-18: « Dipoi, sedendo con la moglie et già electo duca di Melano, fu ornato della ducale degnità et Guarniero Castilioneo, huomo di gran consiglio et non di minore eloquentia, fece le parole et a una voce tucti gridorono: “Viva el duca!”. Dipoi da tucte le porti furono electi cittadini et facti syndaci, e’ quali in nome della città giurorono summessione et perpetua fede et conse- gnorongli lo sceptro dello imperio, la spada, lo stendardo, le chiavi delle porti et el suggello el quale gli antecedenti duchi usorono; et da quel tempo in qua con l’auctorità del popolo fu sempre chiamato duca da tucte le nationi excepto che da Federigo tertio imperadore, el quale, essendo morto Philippo sanza figliuoli, diceva quella signoria appartenersi allo Imperio, et excepto Carlo re di Francia, el quale affermava che ’l duca d’Orliense suo parente de iure succedeva a Philippo » (una copia dell’atto di traslazione dei poteri, datato 11 marzo 1450, è in ASMi, Registri ducali, 2, cc. 107v – 109v). Si noti che per l’imperatore il suffragio del popolo non aveva valore legale poiché tale diritto sarebbe stato perso nel momento in cui era stato costituito per la prima volta il Ducato di Milano, nel 1395 (cfr. CUSIN, L’Impero e la successione, cit., pp. 71-2 e 88).

2 Cfr. G. IANZITI, Patronage and the Production of History: the Case of Quattrocento Milan, in Patronage, Art, and Society in Renaissance Italy, edited by F. W. Kent and Patricia Simons with J. C. Eade, Oxford-Canberra, Clarendon Press, 1987, pp. 299-311, alle pp. 304-5; IANZITI, The ‘Commenta- ries’, cit., pp. 82-3; ibid., p. 83: « the chancery had to concern itself not only with the preservation and classification of documents, but also with their illustration as concrete proof of Sforza’s glorious deeds. In this context, it is not surprising to discover that the chancery turned to history as the best means of expressing such ideas. Indications of chancery efforts to promote a huma- nist history of the Sforzas date from the 1450s. In 1459, Giannantonio Campano was approa- ched by Sforza officials interested in encouraging him to write a history of Francesco Sforza. As far as we know, nothing came of these negotiations. More fruitful were Sforza’s dealings with the most prominent humanist historian of the day, Flavio Biondo. In a letter dateable to 1454, Sforza urged Biondo to continue his Decades beyond the year 1440 where the version published in 1453 came to a stop. In the expectation that this continuation would centre on his own career, Sforza promised to furnish documentary materials which would serve as its basis. These latter were obviously to be prepared by the chancery. But while Biondo laboured on this project, the Sforza chancery had already begun to produce its own history as part of the general effort to justify the new regime: Lodrisio Crivelli, humanist, jurist and employee in the chancery, set out to write a history of the Sforzas which deliberately reflected the influence of Biondo. Crivelli’s

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XXVII

Alla morte di Francesco Sforza e in particolare poi negli anni Settanta, Ga- leazzo Maria, nonostante potesse vantare la discendenza diretta dai Visconti tra- mite sua madre, continuò a insistere con egual enfasi sul valore di suo padre.

Ecco quindi che, soprattutto negli anni cruciali delle trattative con l’imperatore, parallelamente all’attività diplomatica si riaccese l’interesse per la produzione sto- riografica; ancora una volta la cancelleria segreta fu il ricettacolo di numerosi materiali e informazioni sfruttabili a fini storico-propagandistici, se non addirit- tura costruiti ad hoc.1 All’interno di questo panorama, i Commentarii del Simonetta fornirono una versione ‘ufficiale’ del passato finalizzata al sostegno della causa sforzesca, una dimostrazione dei meriti di Francesco Sforza nell’ottica del diritto dei suoi discendenti al governo e al titolo di duca di Milano; il grande rilievo dato nell’opera agli anni 1447-50, quelli della guerra tra lo Sforza e la Repubblica Am- brosiana per il controllo della città, tredici libri sui trentuno totali, non fu certo casuale.2 Tuttavia è doveroso fare alcune precisazioni.

È ancora una volta l’Archivo di Stato di Milano a fornire un documento di grande rilevanza che dimostra come il Simonetta non fosse stato ufficialmente

work came to an abrupt halt when he was forced to quit Milan in 1463. The death of Biondo in the same year contibuted to a general lull in the historiographical activity promoted by the chan- cery. It was only some years later that Giovanni Simonetta inherited these earlier projects in which, as a prominent figure in the administration, he had probably had a hand ». Cfr. COVINI, L’esercito del duca, cit., pp. 161-72, per quella che l’autrice definisce la “leggenda sforzesca”; ibid., p. 161: « La cancelleria [...] fu uno dei maggiori centri di elaborazione della propaganda, che è senz’altro da considerare una delle motivazioni principali dell’operare quotidiano di segretari e cancellieri »; ibid., p. 162, parlando di Francesco Sforza: « I cancellieri ducali e buon numero di intellettuali si diedero da fare per celebrarne la figura di condottiero saggio, paterno e valoroso, le cui doti militari si erano trasferite nel governo di uno Stato potente, esteso e, si sperava, avviato ad alti destini. Gli uomini della cancelleria e gli umanisti impegnati in questo programma cele- brativo ritenevano che i successi militari del condottiero e la stessa conquista del dominio fossero un potente elemento propagandistico utile per esaltare le sue doti di governo. La fama indiscussa e la reputazione dello Sforza vengono quindi attentamente coltivate e celebrate, e la propaganda della cancelleria ducale se ne serve come contrappeso alla carenza di fondamenti legittimi del suo dominio, proponendo l’autorità e il carisma di capitano come sostituto dei valori dinastici e del mancato riconoscimento imperiale »; seguono infatti questa linea di principio la Vita di Muzio Attendolo Sforza di Antonio Minuti, il De vita rebusque gestis Francisci Sfortiae di Lodrisio Crivelli, la Vita Francisci Sfortiae di Pier Candido Decembrio (il quale vi sostiene che Bianca Maria fosse l’erede designata di Filippo Maria Visconti, mentre nella Vita Philippi Mariae Vicecomitis aveva detto che l’erede era Alfonso d’Aragona), il poema Sphortias di Francesco Filelfo e i Commentarii del Simonetta.

1 Come avvenne nel caso del progetto storiografico, poi fallito, del Crivelli, nel quale furono coinvolti molti funzionari della cancelleria; cfr. IANZITI, Humanistic Historiography, cit., pp. 137-8.

Sul De vita del Crivelli cfr. IANZITI, Humanistic Historiography, cit., pp. 103-26; G. IANZITI, From Flavio Biondo to Lodrisio Crivelli. The Beginnings of Humanistic Historiography in Sforza Milan, in « Rina- scimento », 20(1980), pp. 3-39.

2 Cfr. IANZITI, Humanistic Historiography, cit., pp. 138-9; IANZITI, The ‘Commentaries’, cit., p. 83;

S. ALBONICO, Appunti su Ludovico il Moro e le lettere, in Ludovicus dux, a cura di Luisa Giordano, Vigevano, Diakronia, 1995, pp. 66-91, a p. 76.

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