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Il contesto culturale dell'evengelista Luca

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Il contesto culturale dell'evengelista Luca

GIOVANNINI, Adalberto

GIOVANNINI, Adalberto. Il contesto culturale dell'evengelista Luca. In: Trionai, L. & Zecchini, G.

La cultura storica nei primi due secoli dell'impero romano . Roma : "L'Erma" di Bretschneider, 2005.

Available at:

http://archive-ouverte.unige.ch/unige:94619

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UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE

LA CUL TURA STORICA NEI PRIMI DUE SECOLI DELL'IMPERO ROMANO

ESTRATTO

a cura di

LUCIO TROIANI e GIUSEPPE ZECCHINI

Alle radici della casa comune europea

volume quinto

«L'ERMA» di BRETSCHNEIDER

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IL CONTESTO CULTURALE DELL'EVANGELISTA LUCA*

Nella ricerca modema l'Evangelista Luca viene considerato un ere­

de non soltanto della tradizione storiografica ebraica ma anche, e forse più ancora, della tradizione storiografica greca classica e soprattutto el­

lenistica, e l'influenza di questa tradizione greca spiegherebbe in parti­

colare le caratteristiche letterarie degli Atti degli Apostoli. Determinan­

ti, per questa concezione dell' opera di Luca, sono stati i lavori di Martin Dibelius e di Ekhard Plümacher 1: tutti e due rilevano che gli Atti sono una successione di episodi drammatici che il Plümacher mette in paral­

lelo con certi episodi drammatici nelle opere di Tito Livio e di Diodoro;

entrambi rilevano l'importanza dei discorsi negli Atti, che sarebbero do­

vuti all'influenza di Tucidide, di Senofonte e altri, e li mettono in paral­

lelo con i discorsi di Tito Livio, di Dionigi di Alicamasso e di Flavio Giuseppe; entrambi considerano i proemi di Luca una deliberata imita­

zione della letteratura storiografica ellenistica; insomma, Luca sarebbe un 'intellettuale' che scrive per un pubblico colto 2• Ritroviamo con aleu­

ne modificazioni la stessa interpretazione nel libro Der Zeuge der Zeu­

gen di Claus-Jürgen Thomton del19913: il Thomton definisce Luca un erede della "tragische Geschichtsschreibung" dell' età ellenistica, rin­

viando a un famoso articolo di F. W. Walbank, History and Tragedy, del 19604• A quanto so, c'è apparentemente unanimità a considerare Luca uno storiografo, o un biografo ben informato della tradizione storiogra­

fica greca e più particolarmente ellenistica, e che se ne sarebbe delibera­

temente inspirato 5•

Questo ritratto corrisponde perfettamente a Flavio Giuseppe, che

* Questo saggio è il frutto di un seminario di ricerca organizzato alcuni anni fa dai!' eminente spe­

cialista di Luca François Bovon, allora Professore all'Università di Ginevra.

1 Martin Dibelius, Aufsiitze zur Apostelgeschichte4 (Gëittingen 1961), cap. 1: Stilkritisches zur Apo­

stelgeschichte (p. 9-28) e cap. 9: Die Reden der Apostelgeschichte und die antike Geschichtsschreibung (p. 120-162); Eckhard Plümacher, Lukas als hellenistischer Schriftsteller. Studien zur Apostelgeschichte (Gëittingen 1972) e Lukas als griechischer Historiker, RE Suppl. XN (1974), col. 235-264.

2 Cos! esplicitamente Dibelius, op. cit., p. 80 e Plümacher, op. cit., p. 137.

3 Claus-Jürgen Thomton, Der Zeuge der Zeugen. Lukas als Historiker der Paulusreisen (Tübingen 1991), p. 355 sgg.

4 F. W. Walbank, Selected Papers (Cambridge 1985), pp. 224-241.

5 Cf. i contributi di Darryl W. Palmer e di Loveday C. A. Alexander in: Bruce W. Winter/Andrew D. Clarke (edd.), The Book of Acts in Its First Century Setting, vol. I (Grand Rapids/Carlisle 1993), pp.

1-29 e 31-63.

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190 ADALBERTO GIOV ANNINI

enumera nel suo libello contro Apione una serie di storiografi greci clas- . sici e ellenistici da Erodoto a Polibio e Strabone, e che aveva ovviarnen­

te l' arnbizione di creare un' opera di qualità uguale o anche superiore a quella dei suoi predecessori. Ma Luca non è Flavio Giuseppe e non è neppure un Tito Livio, nè Diodoro o Dionigi di Alicarnasso. Non parlo del contenuto e della finalità della sua opera, rna delle sue caratteristiche letterarie e stilistiche. Il Dibelius, il Plürnacher e il Thomton hanno di­

fatti ornesso di prendere in considerazione il fatto che 1' irnrnediatezza drarnrnatica degli episodi che costituiscono la rnaggior parte degli Atti è dovuta innanzitutto all'uso sisternatico che fa Luca del discorso diretto.

Luca fa "parlare" i protagonisti, che si esprirnono in dialoghi con do­

mande e risposte. 1 discorsi, generalrnente brevi, sono per la rnaggior parte risposte a dornande o ad accuse che suscitano spesso reazioni da parte delle persone presenti, sotto forma di dornande, di proteste o d'in­

sulti. Questo tratto cornpositivo dà al lettore il sentirnento di partecipare personalrnente alle scene descritte corne se fosse a teatro.

La storia dell'urnanità è, di per se, una tragedia, ed è pertanto natura­

le di ritrovare nella storiografia episodi drarnrnatici brevi o lunghi. La spedizione ateniese contro Siracusa narrata da Tucidide è, per prendere un esernpio tra tanti altri, una terribile tragedia della quale lo stratego Nicia è l'infortunato eroe principale. Moiti di noi conoscono, per pren­

dre un altro esernpio, l'articolo del Walbank <PIAIITITOLJ TP AfOI_Ll.OYMENOLJ, relativo alla fine del regno di Filippo V di Mace­

donia 6• E anche conforme al genere storiografico che l' autore inserisca nel suo racconto un discorso dell'uno o dell'altro dei protagonisti del drarnrna, discorsi di Nicia e altri nel caso della spedizione siciliana, di Filippo nel conflitto drarnrnatico che oppone i propri figli Perseo e De­

metrio. Ma, per il resto, la relazione è esclusivarnente narrativa: non vi sono nè dialoghi nè reazioni delle persone presenti espresse al discorso diretto. Eccezioni sono rarissime. Troviarno nell' opera di Erodoto alcuni dialoghi, che non sono tuttavia dei dialoghi drarnrnatici rna di tipo filo­

sofico corne il dialogo tra Creso e Solone sulla felicità (1 ,30-32) e il dia­

logo tra Serse e Artabane sulla durata della vita (7,46-52). Di tipo filoso­

fico ispirato dalla sofistica è anche il farnosissirno dialogo tra gli Atenie­

si e i Meli alla fine del quinto libro di Tucidide. Synofonte ricorre volen­

tieri al dialogo nelle sue opere, in particolare nelle Elleniche, rna questi dialoghi non hanno mai il carattere drarnrnatico dei dialoghi degli Atti7•

L'unico parallelo ch'io abbia trovato è l'Apologia di Socrate di Seno-

6 Selected Papers, p. 210-223.

7 Questo vale anche per i dialoghi in Pol. 18,7 e 18,37-38.

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IL CONTESTO CULTURALE DELL'EVANGELISTA LUCA 191 fonte, perché Senofonte inserisce, nella difesa di Socrate, le proteste dei giudici, ma lo fa sotta forma indiretta (Apol. 14 sg.).

Dobbiamo cercare in un' altra direzione. Luca ha scritto gli Atti per informare i suai lettori degli inizi della Chiesa e della missione apostoli­

ca di Paolo, alla quale ha lui stesso partecipato. 1 suoi lettori sono Ebrei ellenizzati o greci che panno accettato o sono disposti ad accettare il messaggio evangelico. E evidente o dovrebbe essere evidente che Luca non si rivolge più particolarmente a un' elite intellettuale, ma a tutti i ceti sociali dai più ricchi ai più poveri, dai più educati a colom che dispon­

gono solo di pochi rudimenti culturali. Ed è pertanto indispensabile, per ca pire l'opera di Luca, con os cere il contesto culturale dei suoi lettori, dai meno educati ai più colti. E questo contesto culturale dei suoi lettori è determinato dall'educazione che ricevavano i giovani, ricchi o poveri che fossero, nel mondo greco.

Bisogna innanzitutto ricordare che nel mondo greco l' educazione dei giovani era affare della polis, della città, che preparava i ragazzi e i giovani al loro mestiere di cittadini 8• Lo afferma già il poeta Simonide nel quinto secolo av. Chr.: TTÔÀLS" av8pa 8L8ci<JKEL (F 53 Diehl), e lo riba­

disce Strabone (1 , 2, 3, Cl5) al tempo di Augusto: TOÙS" TTa'i8as- aL Twv 'EÀÀ�vwv TTÔÀELS" TTŒL8Euouaw. Come sappiamo tutti, l' educazione gre­

ca era basata sul principio dell' equilibrio tra la mente e il corpo. L' edu­

cazione fisica si faceva al ginnasio sotto il controllo diretto della città tramite il ginnasiarco; l' educazione della mente si faceva nelle scuole (didaskaleia), che potevano essere private o pubbliche, ma che erano sia le une che le altre sottomesse alla legislazione della città. In Atene, per esempio, la legislazione attribuita a Solone regolava tra altro la festa delle Mouseia che costituiva l'esame di fino d'anno delle conoscenze

"musicali" degli allievi (Aeschin. 1 ,10); a Delfi, una donazione del re Attalo II di Pergamo fu dedicata al pagamento degli insegnanti dei ra­

gazzi (SylP. 672). Conosciamo anche la fondazione di una scuola a Mi­

leto (SylP. 577) e un'altra a Teo (SylP. 578). L'impressione generale è che, nel mondo greco, tutti i ragazzi di condizione libera abbiano fre­

quentato la scuola.

L'educazione della mente era chiamata "mousikè". Grazie soprattut­

to a Platane per l' età classica e ai papiri per l' età ellenistica e romana, conosciamo relativamente bene il contenuto dell'insegnamento dispen­

sato ai giovani Greci nei didaskaleia 9: imparavano naturalmente a leg-

8 Sull'educazione greca cf. W. Jaeger, Paideia, 3 vol. (Leipzig/Berlin 1936-1947), H. 1. Marron, Histoire de l'éducation dans l'Antiquité (Paris 1948), pp. 27-309 e M. P. Nilsson, Die hellenistische Schule (München 1955). Tutti e tre gli autori insistono sull'importanza decisiva dei poemi omerici nel­

l' educazione greca.

9 Cf. Marron, op. cit., p. 2 10 sgg. e Nilsson, op. cit., pp. 11-16 e 42-49.

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192 ADALBERTO GIOV ANNINI

gere e a scrivere, e facevano un p6 di matematica. Ma la parte di gran lunga più importante dell'insegnamento elementare greco era la memo­

rizzazione, la recitazione e l'interpretazione dei principali poeti greci, innanzitutto di Omero, di Esiodo e alcuni altri 10• Omero è stato sin dal­

l'età arcaica fino alla cristianizzazione dell'impero romano l'educatore per eccellenza dei Greci, e la conoscenza approfondita dei poemi omeri­

ci era la base culturale comune all'insieme del mondo greco. Un Greco poteva citare a memoria versi o brani interi dei poemi omerici, e poteva inversamente riconoscere senza difficoltà versi o brani omerici citati da al tri.

L'insegnamento "superiore" era privato ed era riservato ai ceti più abbienti. Sin dall'epoca arcaica, le materie preferite da questa elite so­

ciale erano quelle che preparavano alla vita pubblica, cioè la retorica e la filosofia. Dai quarto secolo in poi, il luogo privilegiato per l'insegna­

mento di queste discipline era il ginnasio: l' Accademia e il Liceo dove insegnarono Platone e Aristotele erano i due principali ginnasi di Atene.

All'età ellenistica il ginnasio, che era ali' origine riservato alla prepara­

zione fisica, divenne inoltre il principale centro intellettuale della città:

il ginnasio ellenistico descritto da Vitruvio era circondato sui quattro lati da un porticato destinato alla passeggiata e alla discussione, e fomito di esedre spaziose con sedili per i filosofi, i retori e altri intellettuali.

Ma 1' educazione mentale dei cittadini non si limita va alla scuola ele­

mentare e al ginnasio. Gli adulti mantenevano e completavano la loro educazione di base attraverso il teatro e gli agoni musicali. In tutte le cit­

tà greche venivano organizzate almeno una volta all'anno le Dionisia, feste in onore di Dioniso, dio delle vendemmie e della fertilità. Le Dio­

nisia erano cerimonie religiose e nello stesso tempo feste civiche e ma­

nifestazioni culturali alle quali venivano invitati tutti i cittadini 11• Queste feste duravano parecchi giomi durante i quali venivano rappresentate tragedie e commedie. Alla fine del primo secolo d.C. si rappresentavano di preferenza tragedie classiche che erano, secondo Dione di Prusa e Lu­

ciano, di molto superiori a quelle dei loro contemporanei 12• Un aneddoto riferito da Plutarco nella Vita di Nicia ( 29 ,3-5) illustra la popolarità del teatro, principalmente della tragedia, nella cultura greca: dopo la scon­

fitta ateniese davanti a Siracusa, i Siracusani, fervidi ammiratori delle tragedie di Euripide, liberarono i prigioneri ateniesi capaci di recitare brani delle sue ultime opere 13•

JO Lo ribadisce esplicitamenle Strabone nel passo citato ( 1, 2, 3, C15).

Il Cf. A. Pickard-Cambridge, The Dramatic Festivals of Athens (Oxford 1953).

12 Dio Or. 19,5 e 57, 1 1; Luc. Encom. Dem. 27 eDe Salt. 27.

13 Sembra che Euripide sia stato e rimasto l' autore tragico più stimato: cf. Arist. Ran. 53 (un soldato ateniese che legge l'Andromeda durante una spedizione militare) e Plut. Crasso 33 (un attore tragico che recita brani delle Baccanti a un banchetto alla corte dei Parti).

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IL CONTESTO CULTURALE DELL'EVANGELISTA LUCA 193 Gli agoni musicali erano, come gli agoni atletici, concorsi ai quali partecipavano artisti professionisti chiamati i technitai di Dioniso 14• Vi erano in questi agoni concorsi di musica strumentale, in particolare cita­

ra e flauto, recitazioni poetiche, innanzitutto di poesia epica, di tragedia e di commedia, e di musica corale. Gli agoni musicali più antichi e più famosi furono le Pitia de Delfi in onore di Apollo e le Grandi Panatenee di Atene fondate nel sesto secolo da Pisistrato. Alessandro Magna esporto in Oriente la tradizione degli agoni atletici e musicali, organiz­

zando diverse volte durante la sua spedizione splendidi concorsi, dei quali i più prestigiosi furono quelli di Memphis nel 332/1 e di Susa nel 323 15• A questi concorsi in vito i più famosi artisti del mon do greco, au­

leti, citaristi, attori tragici e rapsodi, cioè recitatori di poemi epici. Nel­

l' età ellenistica, i concorsi musicali, come i concorsi atletici, si moltepli­

carono dappertutto, sia in Oriente che nel Mediterraneo e persino a Roma 16• Sono da rilevare i Ptolemaia istituiti verso il 280 da Ptolemeo II. in onore di suo padre, i Leucophryenia di Magnesia al Meandro in Asia Minore, gli Asclepieia di Cos, i Niceforia di Pergamo e tanti altri:

la popolarità di questi agoni all' età di Luca è attestata da numerosi de­

creti in onore di artisti celebri 17 e anche dalla spedizione dell'imperatore Nerone in Grecia nel 67, spedizione nella quale partecipo a tutti gli ago­

ni panellenici.

Memorizzazione dei poemi omerici nella scuola elementare, parteci­

pazione alle rappresentazioni teatrali organizzate dalla città, partecipa­

zione ad agoni panellenici o locali, con recitazioni di poemi epici, di brani di tragedie e di commedie, e con concorsi di musica corale, queste erano le basi della cultura greca comune. Era, come vediamo, une cultu­

ra essenzialmente poetica e orale, e percio fondamentalmente differente della nostra, che è libresca: noi leggiamo i poeti, i Greci avevano Ornera in testa.

Ma c' è, tra la cultura greca e la nostra, un' altra differenza fondamen­

tale: 1' assoluta assenza della storia nell' educazione grec a, si a al livello elementare che al livello superiore. 1 Greci, anche i più colti, non legge­

vano Erodoto, non leggevano Tucidide, Senofonte o Polibio e, in manie­

ra generale, non s'interessavano del loro passato nel senso che intendia­

mo noi; avevano del loro passato una conoscenza estremamemte rudi­

mentale e imprecisa. L'illustra benissimo il libro di Rosalind Thomas

14 Cf. Brigitte Le Guen, Les associations de technites dionysiaques à l'époque hellénistique, 2 vol.

(Nancy 2001).

15 Arr. Anab. 3, 1,4; 6,28,3; 7, 14, 10. Seconda Plutarco, Aless. 4, 1 1, Alessandro preferiva i concorsi musicali ai concorsi atletici.

16 Cf. tra altri W.W. Tarn/G.T. Griffith, Hellenistic Civilization3 (London 1952), p. 113 sq.

17 Cf. oltre il libro citato di Le Guen, P. Ghiron-Bistagne, Recherches sur les acteurs dans la Grèce classique (Paris 1976).

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194 ADALBERTO GIOV ANNINI

sulla tradizione orale in Atene nel quarto secolo: al tempo di Isocrate e di Demostene, gli Ateniesi avevano del loro prestigioso passato un ri­

cardo estremamente limitato e fantasioso 18•

Possiamo ora tornare all'Evangelista Luca. Luca conosceva l'ara­

maico ed è possibile che 1' aramaico fosse stato la sua lin gua materna nel senso della prima lingua da lui parlata. Ma il suo greco dimostra chiara­

mente chf( ha imparato già da giovane a pensare e a scrivere in questa lingua 19• E molto significativo a questo riguardo il confronta di Luca con Flavio Giuseppe, che di ce di se stesso d'a ver imparato il greco sul tardi e con moita fatica, e di aver dovuto farsi aiutare nella redazione della Guerra Giudaica (Ant. 20,263 e c. Ap. 1 ,50). In effetti, il suo stile laborioso e pesante è lo stile di chi pensa in una lingua e poi traduce in un'altra. Il greco di Luca, semplice e naturale, è tutt'al contrario il greco di chi è stato educato da giovane a pensare e a scrivere in quell'idioma.

Cio significa che la cultura di Luca era basata, come quella dei suoi lettori, su di un'intima familiarità coi poemi omerici e probabilmente anche col teatro. Non si puo escludere che abbia inoltre acquisito una cultura intellettuale superiore, filosofica o retorica, ma non ho trovato niente, nei suoi scritti, che giustifichi tale ipotesi. Il confronta con Fla­

vio Giuseppe, che aveva almeno qualche nozione di filosofia greca e più particolarmente di Platone, è anche a questo riguardo significativo. Non si puo neanche trarre conclusioni dai fatto che fosse medico, perché que­

sta professione era allora essenzialmente pratica e non richiedeva neces­

sariamente un alto livello intellettuale 20•

Resta comunque il fatto che una conoscenza approfondita dei poemi omerici e accessoriamente del teatro bastano a spiegare le caratteristiche letterarie e stilistiche degli Atti. Come l' avevano rilevato il Dibelius e il Plümacher, la caratteristica principale degli Atti è la successione di epi­

sadi drammatici, di "Theaterszenen" seconda l' espressione del Dibelius, e questa dimensione drammatica delle scene è dovuta all'uso del discor­

so diretto con dialoghi e brevi discorsi. Chiunque abbia letto Ornera ri­

conoscerà senza difficoltà che questa descrizione del genere letterario degli Atti si puo applicare tale quale ai poemi omerici: sia l' Odissea che l' Iliade sono una successione di episodi drammatici nei quali prevalgo­

no i dialoghi e i brevi discorsi. Infatti, gli Atti sono, dai punto di vista letterario, una piccola epopea in prosa.

Gli interrogatorî ai quali vengono sottomessi gli apostoli sono tutta-

18 Rosalind Thomas, Oral Tradition and Written Record in Classical Athens (Cambridge 1984).

19 Cf. H. Cadbury, The Book of Acts in History (London 1955), p. 32 sgg.

20 Cf. I.E. Drabkin, On medical education in Greece and Rome, <<BHM>> 15 (1944), pp. 333-351; F.

Kudlien, Medical education in classical antiquity, in: C. D. O'Mal1ey (ed.), The History of Medical Edu­

cation (Berkeley ecc. 1970), p. 3-37.

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IL CONTESTO CULTURALE DELL'EV ANGELISTA LUCA 195 via un caso particolare. L'intensità drammatica di questi interrogatorî ri­

sulta dai confronta tra l' accusatore e l' accusato, dai pericolo che rninac­

cia l' accusato e dall' �tteggiamento e le reazioni generalmente ostili del­

le persane presenti. E il caso per esempio dell'interrogatorio di Stefano nel capitolo 7, alla fine del quale i membri del sinedrio esprimono con grida e esclamazioni la loro esasperazione; è il caso anche del discorso di Paolo a Gerusalemme nel capitolo 22, che suscita la rabbia, le vocife­

razioni e gesticolazioni degli Ebrei. Non ho trovato, nell'epopea ameri­

ca, situazioni di questo genere: è chiaro che non si possono considerare interrogatorî le domande tradizionali fatte dall'ospite allo straniero ve­

nuto a casa sua: "chi sei?", "da dove vieni?" o "che fai?''. Ne ho invece rinvenute almeno tre nella tragedia: l'interrogatorio di Antigone a opera di Creonte nella tragedia di Sofocle ( vv. 441 sgg.), il confronta tra Ore­

ste e Tindaro nell' Oreste di Euripide ( vv. 544 sgg.) e il processo dello stesso Oreste davanti ali' Areopago nelle Eumenidi di Eschilo ( vv.

566sgg.). Cogli interrogatorî negli Atti queste tre scene hanna in comune la tensione drammatica tra l'accusatore e l'accusato, il pericolo di morte per l' accusato e la partecipazione attiva del coro, che manifesta la sua simpatia per l'accusato nell' Antigone di Sofocle e nell' Oreste di Euripi­

de, mentre nelle Eumenidi di Eschilo il coro delle Erinni assume il ruolo di accusatore che è quello degli Ebrei negli Atti.

Un altro problema degli Atti, che ha suscitato nella ricerca un dibat­

tito a mio parere srnisurato, è l'usa del plurale "noi" nella seconda parte dell' opera, dai momento che Luca accompagna Paolo nella sua rnissio­

ne. Nella già citata monografia Der Zeuge der Zeugen, Claus-Jürgen Thornton dedica la maggior parte della sua opera a questa questione. Fa un elenco esaustivo dell'uso del "io" e del "noi" nella letteratura greca, in particolare nella storiografia e nei racconti di viaggio. Ma stranamen­

te ha trascurato il precedente e modello più evidente per chi conosce Omero: il racconto che Ulisse fa al suo ospite Alcinoo delle sue avven­

ture e disgrazie, racconto nel quale usa dall'inizio alla fine il plurale

"noi" per designare lui e i suoi compagni 21• 1 Greci che leggevano gli Atti non potevano fare altro che vedere un'analogia tra la rnissione di Paolo e le avventure di Ulisse, più particolarmente nell'episodio della tempesta e del naufragio.

C' è altro. Nel discorso agli Ateniesi, Paolo dice degli uornini che sono di origine divina TOÛ yàp Kat yÉvos È:Œf.LÉV (Atti 17,28). Come l'a­

veva già riconosciuto Clemente di Alessandria, Luca cita qui uno dei prirni versi dei Phainomena di Arato, un erudito del terzo secolo. 1 Phai-

21 Od. 9,39 sgg.; cf. anche il racconto di Ulis se a Eumeo della sua imaginaria spedizione ne! Medi­

terraneo orientale in Od. 14, 244 sgg.

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196 ADALBERTO GIOV ANNINI

nomena sono un trattato di astronomia in versi che descrive gli astri del firmamento. Le stelle e le constellazioni erano nell antichità e sono ri­

maste fino ai tempi modemi il calendario naturale indispensabile sia per i coltivatori che per i marinai. Questo spiega che l'opera di Arato sia sta­

ta nell' Antichità tra le opere più rinomate, non soltanto nei ceti più colti, ma anche nei ceti inferiori; non sorprende percià che Luca l'abbia cono­

sciuta e citata. Bisogna tuttavia rilevare che la convinzione che gli uomi­

ni siano di origine divina non è di Arato e non è neppure dovuta ai filo­

sofi come ritengono alcuni commentatori modemi 2 2• Risale di fatti all'a­

ristocrazia america, che si considerava di origine divina e vi vedeva una giustificazione della sua supremazia sociale. Gli eroi omerici vengono spesso qualificati di 8LoyEVELS", "discendenti di Zeus", e non era questa un' espressione metaforica: Idomeneo di Creta si credeva discendente di Zeus alla seconda generazione (Il. 13,449 -453), e ancora verso 500 a. C.

Ecateo di Mileto si pretendeva discendente di Zeus alla sedicesima ge­

nerazione (Her, 2,143,1 ). Particolarmente significativa è un'asserzione di Alcinoo nel canto 7 dell' Odissea: "siamo del loro sangue come i ci­

clapi e i giganti" 23• Arato, che aveva pubblicato un' edizione dell' Odis­

sea, conosceva evidentemente questi versi, come li conoscevano certa­

mente anche Luca e i suoi lettori.

E per finire, i proemi 24• Vorrei ricordare qui che i proemi non sono una specificità della storiografia. Proemi si fanno anche in poesia. Sia l' Iliade che l' Odissea cominciano con un proemio nel quale il poeta an­

nunca, il soggetto dell' epopea, l'ira di Achille per la prima, le sofferenze e gli infortuni di Ulisse per la seconda. C' è tuttavia tra Omero e Luca una differenza fondamentale che non è più una differenza letteraria e formale, ma una differenza di contenuto. Omero invoca le Muse perché parla di fatti e di eroi che crede reali, ma che appartengono a un mondo scomparso del quale non sa niente; lo dice esplicitamente nell'introdu­

zione al Catalogo delle Navi nel seconda canto dell' Iliade: "ditemi, o Muse, perché voi sapete tutto, mentre noi non sappiamo niente" (B 484-486). Nel proemio al V angelo Luca afferma tutt'al contrario di par­

lare di persane, di fatti e detti autentici e si distacca cosi, a moi avviso deliberatamente, dall' epopea: i fatti e detti che riporta sono veri perché

22 Cos} per es. Dibelius, op. cit. (n. 1), pp. 45-51.

23 Od. 7,205 sg.: crcpLŒLV Èyyû8Ev Ei fiÉ V.

24 Sul problema dei proemi, cf. la monografia recente di L.C.A. Alexander, The Preface to Luke's Gospel. Literary convention and social context in Luke 1.1-4 and Acts 1.1 (Cambridge 1993). La sua tesi, seconda cui i modelli di Luca sarebbero stati proemi di trattati scientifici, è tuttavia tu tt' altro che convincente: determinanti per l'interpretazione dei proemi di Luca non sono simi1itudini 1etterarie o ter­

minologiche, ma il con tenuto e lo scopo delle opere stesse, ed è chiara che l' intenzione di Luca è fonda­

meutalmeute differente da quella degli autori di trattati scientifici. L'au triee non tiene peraltro nessun conto dell'importanza dei poemi omerici, del teatro e degli agoni musicali nella cultura popolare greca (la sua asserzione, alla p. 176, che Luca non abbia conosciuto i poemi omerici è semplicemente assurda).

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IL CONTESTO CULTURALE DELL'EVANGELISTA LUCA 197 ha potuto informarsi presso testimoni oculari ( aÙTÔTTTm) e fededegni. E c'è qui un'altro precedente: Erodoto. Erodoto espone nella prima frase della sua opera il suo proposito: scrivere i risultati della sua inchiesta (lcnop( llS' àTTÔ8ELÇLs-) affinché non vengano dimenticati fatti gloriosi degni di essere tramandati alla posterità. Erodoto e Luca hanno in cornu­

ne che riferiscono di fatti passati che non hanno o che hanno solo in par­

te vissuti personalmente e per i quali dipendono, in assenza di una docu­

mentazione scritta, da testimoni orali.

L'inchiesta di Erodoto è una raccolta di testimonianze talvolta con­

tradittorie. L'opera di Luca è anch' essa il risultato di inchieste che l'au­

tore ha fatto presso testimoni e si potrebbe definirla anch'essa una laTou( llS' àTTÔ8ELÇLs-. Ma non credo che Luca abbia letto Erodoto: l'ana­

logia tra le due opere è dovuta d'un lato al fatto che tutti e due si trova­

rono confrontati a una missione simile, cioè raccogliere testimonianze per tramandare alla posterità fatti e detti degni di essere ricordati, e dal- 1' altro al fatto che erano tutti e due eredi della stes sa cultura basata sulla tradizione omerica e il teatro. Chi conosce questa tradizione capirà sen­

za difficoltà il contesto culturale di Erodoto e di Luca; chi non la cono­

sce non puo capire nè l'uno, nè l'altro.

ADALBERTO Grov ANNINI

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Nei pazienti con insufficienza renale, quale delle seguenti restrizioni dietetiche sembra più indicata per rallentare il declino della funzione renale:. A

A la comparsa di dolore nel territorio di distribuzione di un nervo leso B la paralisi dei piccoli muscoli della mano in una lesione del nervo ulnare C l'assenza di sudorazione

nelle lussazioni di ginocchio è frequente A* la rottura del legamento crociato anteriore B la rottura del tendine quadricipitale C la comparsa di una cisti di baker D tutte

E aumento e/o diminuzione della pressione parziale di anidride carbonica e dei bicarbonati in funzione dell'eziologia della