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ARTheque - STEF - ENS Cachan | Concetti ed insegnamento nella scuola elementare : quale interazione tra concetti « spontanei » e concetti appresi sistematicamente

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CONCETTI ED INSEGNAMENTO NELLA SCUOLA ELEMENTARE : QUALE INTERAZIONE

TRA CONCETTI "SPONTANEI" E CONCETTI APPRESI SISTEHATICAMENTE

Clotilde PONTECORVO, Paola CRIVELLI, Paolo HAZZOLI Gruppo Universita - Scuola

Instituto di Fisica Universita di Roma

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1. f'.~_un curricolo__~~_educazione cog"itiva i"tegrata.

Il contesta di ricerca-intervento entra cui si ~ andato sviluppando

il problema di cui 1'8rlerem" qlJi è quello di un progetto di educ~zione scientifica di base definita come educazione cognitiva Întegrata, cioè

co-me cducazione alla conORcenza in tutte le possibili dimensioni che essa pllÔ

assumere per un bambino durante il corso della sua formazione di base (quel la che è coperta dai cinque anni della scuola elementare e dai tre anni deT la scuola media) (Cfr. GrlJppo Universiti-Scuola, 1979).

La nozione di integra"ione - di per sé ambigua e polisemica - ci è

servira da guida in qllesti anni per ripensare criticamente ad una serie di contrapposizioni che, a livel10 diverso, caratterizzano di frequente il di-scorsn educativo e tendono a polarizzarlo intorno a coppie di opposti i l l mo

di che non risllitano affatto fruttuosi: ad esempio, la contrapposizione tri

individuale e sociale, tra problemi e discipline, trd ~rte come attivita

espressiva e scienza come attività conoscitiva, tra scienze naturali e scien ze umane, tra lingua e matematica, tra ricerca teorica e pratica

edueativa.-Sono contrapposizioni che operano ovviamente a diversi livelli e che abbia-mo elencato in forma disordinata per mettere in evidenza come il nostro grul: po di ricerca, che si chiama Gruppo Università-Scuola, si è proposto, nella sua stessa composizione, di superare la netta distinzione che oppone i teorici dell'educazione coloro che pensano, studiano, scrivono, propongono -ai pratici, cioè agli insegnanti che vivono quotidianamente il rapporto edu cativo e che realizzano "ella pratica le idee dell'educazione. E' fin dall~ sue origini (nel 1973) che il gruppo è composto da insegnanti di diversi li-velli di scolariti e da ricercatori di vari campi di indagine (fisica, bio-logia, matematica, storia, scienze sociali, pedagogia,. psicologia) con 10 obiettivo, espresso gii dalla presenza di cornpetenze iniziali molto diverse nei partecipanti alla ricerca, di impostare in modo integrato un clJrricolo di educazione cognitiva per la scuola elementare, che invece di partire dal le contrapposizioni prima elencate muovesse dal principio della multidimen= sionalità dell'esperienza umana e quindi della forrnazione di base e cercas-se in questo ambito connessioni e distinzioni menO superficiali e pio utili sul piano educativo.

Una delle polarizzazioni che si ritrova all'interno dei singoli con-tenuti disciplinari e che ha caratterizzato in modo particolare il dibatti-to sul ~innovamentodei curricoli intorno agli anni '60 è quella tra metodi e contenuti 0 concetti. si tratta ovviamente di una vecchia diatriba in cam

po educativo (si pensi ai contributi essenziali di Dewey) che contrappone

r

falJtori di un'educazione tutta centra ta sul metodo della scienza - a lorD volta in polemica contro un insegnamento ripetitivo di tante nozioni ed in-formazioni - e i fautori di un'educazione che si preoccupi di far acquisire ai bambini i concetti fondamentali, le cosidette idee-chiave delle diverse discipline scientifiche. Non vogliamo qui entrare nella storia e nel merito di 'luesta contrapposizione (per cui rinviamo a Pontecorvo, 1978). Rilevbmo solo i limiti di un approccio esclusivamente metodologico all'educazione cn-gnitiva: perchi esistono molti dubbi ed incertezze su quale sia ii metndn della scienza e se sia possibile parlare un metodo generalizzato, e perchi si tende cosi a sottovalutare che la guida alla ricerca non è data dal me--todo, bensi dal quadro di riferimento concettuale {piO 0 meno definitol en

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in~pgnare metodi, qllRnto di porre dpi problemi nelle situazioni ~dlJrntivp, pd nf[rire delle pDssibilitl di gpneralizzazione e di formalizzazinne a partire dalle snluzioni che il bamhino dft ai problemi.

Vna conrll1sione pTovvisoria dunque, utilizzahile e verificahilp ~ul pi,1no f'ducativo, è che la tnptodologia di una specifieo campo di indagine n0fl ~ isolRbile da] contesta a cui si riferisee: c'ê tJnR relnzionp strett~ tr;l l'ullél e l'nitro, nel Sf'IlSn che né il metodo viene applic<ltD 0 inscgn<l--to indirpndentemente dal CAmpo disciplinare a cui si rife.risce, né l'insÎp---me dpi concetti di un dato campo disciplinare possono pEsere isolati da1 C(~lltf'sto deIl'indfl~jne in cui sono stati c05truiti e vanna riuti liz?-;tti.

C'~ poi un altro punto che ~ spesso sottinteso nella discussione me-todn--concetti. 1 sostenitori della rilevanza dei metodo della ricerc,1 han-no giustamente pclemizzato contra la metodologia didattica tradizionale dei )" lezione-interrogazione (ancora notevolmente prevalente!); i più recent(-""lutatori dei concetti criticano il modo in cui 01\ insegnamento basato sul metodo realizzi veramente un "apprendimento per scoperta", e si limiti in-"ece a scimmiottare la vera attività di ricerca, rivolgendosi a problemi trnppo limitati, di Interesse solo pratico, e svalutando il ruolo dei model 10. In agni casa ci si accusa reciprocamente di usare una didattica inadE'---guata all'obiettivo: ed è importante perché in educazione non conta solo

cià che si propane, ma se e come 10 si realizza. La coerenza tra fini e

mezzi non ~ mai abbastanza sottolineata: nel lavoro educativo, i mezzi so-no tanto strettamente legati al fine, che quest'ultimo so-non puà essere

rag-gilJnto se i mezzi non sono ad eSSD congruenti.

2. ~ali concetti per l'ins~gnamentoelementare.

A questo punto dovrebbe risultare chiara che non vagi iamo qui occupar ci di concetti in alternativa al metodo dei conoscere scientifico, ma piut tasta considerare, nel contesta di un'educazione cognitiva integrata, come PU0 avvenire la concettualizzazione, che casa puè significare, se e come sia possibile distinguere diversi livelli ed aspetti nella formazione-uti-lizzazione dei concetti, quali rapporti si stabiliscono tra i concetti quo-tidiani dei bambino e quelli che gli propane la 5coola.

Di concetti si puà parlare in moiti modi, per parafrasare Aristotele. Una prima specificazione che svilllppammo abbastanza presto nell'impostazio ne dei lavoro di ricerca fu quella di pari are di "organizzatori cognitiviTI ,

in parte mlltuando il termine degli organizzatori anticipati di Allsubci ma sganciandolo dal contesta più ristretto di apprendimento di materiale ver-hale a cui quello studioso si riferisce (AuslIbel, 1960 e 1968): si vol le

cast designare la funzione di organizzazione delle conoscenze che i concet-ti svolgono in agni caSD.

Qu.sts fllnzione organizzativs ~ variabile in rapporto al livello di generalità e al tipa di concette), ma è c-omunquc prE'~ente: sia che si

trat-ti di c(lncetti riferibili ad oggetti concreti, preSft1~i nel1'esperienzR qllO

tidiRna; 0 di roncetti riferibili a categorie a div0Lb' 1ivell.i di sovraor= dinazione e quindi piG 0 mena estensivi; 0 di concetti relazionali in sen-S0 stretto, come Sono per 10 pin quelli che si utilizzano nelle scienze e che riglJRrdano rapporti, processi, Înterazioni (:Id es., equilibrio, forza, evoluzione, ambiente, Rocjet~, cultllra); 0 ancora qlJelli di carattere 8nco-ra piQ llniversale che si utilizzano in moIti contesti diversi (ad es.,

CRU-sa]ità, sviluppo, struttu?-a-ftlflzione, continuit5-discontinuità, vari::Lnza--invarianza, ecc.).

Posto che si 8SSUffi;t come punta di. partenza l'individllazione di alcu-ni nndi coneettuali essenziali (il ehe non ~ sempre agevole, soprattuttn in 111ei spttori mpno formalizzati di eonoseen?a, quali quelle delle scien-7.e lImane), il nostro intereSRe fond;lmentale è '11Je1lo di capire meglio in

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che modo il bambino, a conr~atto con III Rerie complessa di sollecitazioni cul turali che gli vengono dalla seuola, si costruisce una sua personale cono -sconza dei mondo, riuscendo a capire e ad agire nei vari contesti della real tCi in cui opera. Le idee e i nessi fondamentali dei diversi campi di indagi= ne hanno un reale potere esr1icativo sono se il soggetto li padroneggia in modo tale da poterie utilizcnre per procedere nella conoscenza: se non solo

sono compresi 0 appresi, ma loche jJnpiegati per prevedere, conoscere, epie-gare, inferire, generalizzare.

3. Il contributo della ricerea psicologica.

Vorremmo rapidamente esaminare a questo punta il contributo che la ricercq psil'ologica sui con~ctti ha apportat0, per vedere in che modo eBso pOSS·1 esSere utilizzato e riesaminato nella prospettiva di un intervento

edtJcativo fi!lalizzato, 4ual'~ quelle scolastica. La questione ~ stata per la pi~ affronatata in psicologia in riferimento all'acquisizione di sistemi di ~lassificazioneartificiali, in situazinni di laboratorio molto lontane da quelle della rea!tà quotidiana in cui ha luogo i l modo usuale di conoscs te dd barnbino e dell'3dulto. Inoltre l'ipotesi che h" a Lungo dDminato la-~ ri,erca psicologica ~ che il concetto ~ lIn qualche tipa di risposta comune n diverse enti~â che viene acquisita in virtil di un elemento comune pres en te in tutte le entitâ considerata. Di latta se si ripercorre mentalmente -'1"esto ambito di ricerca - dagli esperirnenti di Hull con gli ideograrnmi ci neci. di Smoke con deI le particolari configurazioni spaziali, di Bruner con

i r::artoncinÎ diversificati in base alla combinazione di quattro tipi di at-tribllti - si puô arrivare a concludere che:

a) in ogoi caso si chiede ai soggetti di identificare un qualche tipo di elemento comune, "ia che si tratti di uoa parte di nna figura, di una proprietà percettiva, di una relazione spaziale, di una relazione logica; b) si presuppone sempre che l'operazione mentale essenziale sia quella

del-l'astrazione dei tratti comuni presenti negli stimoli, anche se questa posizione è stata oggi rivista e aggiornata (cfr. Zimmerman, 1979); c) si è data sernpre prevalenza agli aspetti percettivi, di "fonna", dello

stimolo, anche in correlazione con il tipo di rnateriale preordinato usa-to negli esperimenti, il che ha portausa-to a sotusa-tovalutare tutusa-to ciè che ri g\larda la "funzione", intesa come tipi diversi di rapporto che i l concet

to stabilisce con altri.

-In questo settore della ricerca psicologica, ci sembra che un salto decisivo si è avuto con le ricerche della Rosch (1976; 1978), la quale si è

posta il problema di stabilire la forma che hanno i concetti della vita quo tidiana: studiando quindi non tanto le procedure e le strategie, che seguo~ no i Hoggetti quando devono arrivare a scoprire i "concetti" proposti dalla sperimentatore, quanto cercando piuttosto di caratterizzare le nozioni che i soggetti si sono costt\liti sul mondo reale nei suai elementi determinanti essenziali. Un aspetto importante delle ricerche della Rosch è l'assumere

come punta di partenza che il monda contiene "case intlins~camerlte separa-te", strutturate in base al verificarsi di correlazioni precise: ad esempio,

è più probabile che abbiano le Ali creature con piume che quelle con pel1 le cia, in quanto esistono m~ggioriprobabilità di certe correlazioni tra at--tributi. Questo presupposto è anche verificato nel fatto che esistono nel nostro modo prevalente di organizzarci le conoscenze dei concetti riferibi-li a "oggetti di base" (basic abjects), i quariferibi-li - rispetto Alle categorie sovraordinate e sottordinate, ad esempio 'mobilio' e 'seggiola da cucina' rispetto a 'seggiola' che è un "concetto base" - sono più facili da appren-dere e assai più utilizzati nel linguaggio corrente, danno il massimo di in formazione con il minimo sforzo: sono la forma di rappresentazione cogniti= va che informa maggiormente per mezzo di una singola irnmagine concreta.

Inoltre, all'interno di un qualsiasi tipo di categoria, esiste il J:T"~_~otipo il quale rappresenta la tendenza centrale della distTÏbuzione deI

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le caratteristiche che definiscono l'appartenenza ad uns categoria: è quel memhro l'rototipo della categoria che ha il massimo numero di attributi in comune con gli altri. comprende un consiatente numero di attività motorie proprie della categoria, ha maggiore somiglianza e identificabilità di for-me (e ovviofor-mente il minima di tutto cio in comune con i for-membri di altre ca tegorie). Viene cosi esplicitamente richiamata e verificata empiricamente-la concezione di Wittgenstein (1953) che l'appartenenza categoriale è deter minata da una "rassomiglianza di famiglia" e non ha un carattere dicotomico. non è data cioè dall'unione 0 dall'intersezione degli attributi perchè non esistono necessariamente attributi comuni a tutti i membri: i confini delle categorie non sono affatto rigidi e ben delimitati. ma notevolmente sfumati e sovrapposti l'uno sull'altro.

ci Interessa sottolineare questa idea dei confini labili e delle possibilità di sovrapposizione, al di là dello specifico modello verificato dalla Rosch che chiarisce bene soprattutto le caratteristiche dei concetti dei basic objects e delle categorie sopraordinate e sottordinate ad essi ri feribili. per" due ragioni: 1) è un sistema conoscitivo che è presente sia --nell' adulto che nel bambino, per cui non si giustificano nette contrappOST-zioni di tipo evolutivo; 2) puô spiegare 10 sviluppo e la trasformazione an che di altri tipi di concetti, proprio perchè introduce un elemento di con= tinuità (il grado di appartenenza, di "prototipicalità").

4. La formazione delle strutture relazionali: il nucleo funzionale. ciô che risulta essenziale per un qualsiasi tipo di concetto è la presenza di un quadro di riferimento di qualche tipo, che porta progressi-vamente alla costruzione di una rete di relazioni: il problema è quello di capire come si sviluppano tali relazioni e quali sono gli elementi conosci-tivi che le costituiscono.

Il bambino che entra nelle scuola elementare ha già una notevole co noscenza "pratica" dei mondo (oltre che linguistica) e dispone di un siste= ma conoscitivo, in rapido accrescimento e sviluppo, che risponde sempre me gl io ail' es igenza di ridurre i l grado di novi tà e non familiari tà della -realtà di oggetti, eventi, persone: il sua sistema di concetti serve a orga nizzare, interpretare, prevedere, e include dei modelli che hanno una eleva ta coerenza interna, con cui l'insegnamento sistematico deve fare i conti. Portiamo solo un esempio: prima di iniziare un lavoro di biologia deI corpo umano con ragazzi di quarta elementare, abbiamo potuto constatare che essi disponevano già di modelli solidi e coerenti della struttura e deI funziona mento dei corpo umano. Alcuni, dopo aver disegnato il corpo umano, ci hannu spiegato come si rappresentano la digestione per mezzo di due dicotomizza-zioni: la prima rigllarda le cose, di cui quelle "buone" ("le proteine") so-no assimilate dallo stomaco, mentre le "cattive" soso-no elaborate ed evacuate dall' intestino; la seconda riguarda la corrispondenza tra sistema di evacua

zione diverso per t11iquidi" e lfsolidi" e un qualche sistema di distribuzio=

ne interno che manda per due vie diverse liquldi e solidi ingeriti; i l che non toglie che sussistano dei "problemi di confine" per creme e budini!

In questo quadro il formarsi dei concetti va visto come un processo di base, che è indipendente dal livel10 di complessità e di generalità del-le conoscenze implicate. Esso sembra essere caratterizzato da una struttura relazionale, che puo essere di tipo diverso: nel bambino piccolo sono gli schemi senso-motori che permettono l'identific;zione degli oggetti all'in-terno di una organizzazione delle azioni e dei luro nessi spaziali e tempo rali, per cui la somiglian7.a tra le case è deten,inata dalla somiglianza -delle azioni che si compiono su di esse. Anche in seguito si tratti di

sche-mi caratterizzati dal raggruppnmento più 0 me no organico di un inr-ieme

rr-4?sperien7,e, emozioni, conoscenzp, relazioni, azionl, che co~tituisconogli

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Un buon modello di descrizione-interpretazione di questo procesRo di base in prospettiva evolutiva è dato dalla Nelson (1976: 1978) che iden-tifica tre elementi essenziali nella costruzione primaria di un concetto, ritrovabili anche nei bambini più grandi e negli adulti:

a) il costituirsi di una structura esperenziale (event structure) che è ca-ratterizzata dall'insieme, in parte casuale, di tutte le relazioni e fun zioni che caratterizzano la situazione in rapporto aIl 'individuo (ad es., la palla che è tirata dalla mamma, che passa al bambino, che rotola, che sta nella cesta dei giochi, ecc.);

b) la stabilirsi di un contesto spaziale e temporale (script) che definisce la sequenza di eventi ricorrenti e la loro localizzazione: cio richiama il modo di concettualizzare di alcune tribù australiane (citato da Lévy-Bruhl, 1922), i qunli chiamano con la stesso nome cio che proviene da una piccala valle, sia essa sasso, pianta, frutto, oppure cio che era avven~

ta in una certa epoca;

c) la progressiva scoperta di tratti percettivi specifici e identificanti. Su questa base si arriva alla costruzione di un nucleo funzionale deI concetto, che in conseguenza dell 'interazione ripetuta con cose e persa ne, puo acquis ire nuave relaziani essenziali e perdere quelle trappo speci= fiche e proprie di particolari contesti. Va comunque tenuto presente che cio che è saliente e significativo per il bambino pua non esserlo per l'adul to, 0 meglio puo non corrispondere deI tutto alla definizione più generale -di quel concetto. Il che equivale a sottolineare il carattere in-dividuale, idiasincratico deI concetto che è dipendente dall'esperienza rielaborata deI singolo individuo: il nucleo funzionale puo es sere natevolmente variabile da un saggetto all'altro. Tuttavia gli individui parlano e "negoziano i signi-ficati" nella lingua parlata, per cui i concetti sono in parte condivisi, all'interno di un gruppo 0 di una comunità, sis per la mediazione

comunica-tiva e linguistica sia per la somiglianza esperienziale - culturale ma anche legata alla comune appartenenza slla specie umana - data dall'uniformità nel modo di apparire delle cose, nel modo di utilizzarle. Questa comunalità di esperienza, che riguarda sia il mondo sia il nostro apparato percettivo, non deve essere trascurata per evitare di cadere in non giustificati

soggettivi-smi.

Fin dalle origini il concetto contiene una organizzazione di cono-scenze sia di tipo funzionale-relazionale, sia di tipo percettivo: gli attri buti identificanti permettono di prevedere le funzioni e rendono possibile -una progressiva decontestualizzazione. Risulta particolarmente importante la "funzione" come criterio di aggruppamento e di organizzazione concettua-le, e quindi come base per il formarsi (intensione) dei concetti; la "forma" invece è cio che rende possibile il generalizzarsi (estensione) deI concet-to. Fra l'altro, in una prospettiva fisica sulla realtà, puo es sere tanto importante partire dalle "funzioni", intese come comportamenti, reazioni, cambiamenti, quanta dalle proprietà visibili, anche se tra le due pas sono

esserci importanti correlazioni.

5. Conoscenza pratica e conoscenza linguistica: parole, concetti,

definizio-ni.

l problemi che si pongono a qllesto punta sono molteplici. In form" schematica, ci chiediamo:

1) quai'. l'influenza dell'uso e dello svilllppo deI lungua~gio;

2) SE:' i concetti nascono in relazione a un qundro eRperienziale, come avvie

ne la loro progressiva decontestualizzazione;

]) quale effetto svolge l'insegnamento, nei suoi m<'todi e contenl1ti, nelln sviluppo concettuale deI bambino.

E' Evidente che i l bambino che entra nella sClIola elementare hA giil

una notevole conoscenza esperienziale, "pratica", mil ha anche una notevolp

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prodm:ione e di comprensione della lingua parlata. Fra le due "conoscenz,," si stabilisce una fitta rete di nessi: la conoscenza pratira, nota Miller (1978), è indispensabile per valutare la possibilità di certi eventi e qlli." di la plausibilità di certe âffermazioni, ed è presente anche nel processo di comprensione dei messaggi linguistici. Per altro usare le stesse parole non garantisce sulla concordanza dei significati, e la padronanza 0 l'usa

di rerte parole non è sempre sufficiente per chiarire il livello concettlla le. Una confusione tipica avviene quando persone diverse usano stesse para le con significati diversi, 0 per differenza di esperienza (adulto-bamhin~),

a per scarto culturale, anche in senso antropologico, a per divergenza di campi di studio, quando si usano termini uguali ma la rete concettuale che li def lnisce è diversa (si pensi a "equilibrio" in diverse prospettive scien tifiche).

Con i l linguaggio si introduce una dimensione "sociale" nell'organiz zazione cognitiva deI bambino: perché i termini, i significati condivisi -delle parole sono socialmente definiti, sono più stabili, l'd hanno un ambi-to di riferimenambi-to meglio circoscritambi-to, rispetambi-to a quelli personali deI bam-bina (Katz, 1972, ha distinto tra i concetti semant ici dei bambini, che so-no "larghi", e quelli dell' adulto che soso-no più ristretti nei loro elementi definitori). E' questo il ruolo che Vygotskij (1966) attribuiva al linguag-gio nella formazione dei concetti, per cui, prima di divenire "simbolo" deI concetto, la parola è uno strumento per l'astrazione, la sintesi, la simbo-lizzazione dei tratti essenziali. Il linguaggio segna uno specifico livello di azione sociale nell'individuo: per questo esso assume un ruolo centrale nella ttasmissione educativa, proprio perché influenza il modo in cui si or-ganizzano e si sistemano le proprie conoscenze della realtà. Cert~attraver so la comunicazione !inguistica il bambino impara a "restringere" il nucleo deI sua concetto originario e ad identificarlo con la definizione linguisti-ca corrente, ma nell'imparare ad usare le parol~ nella loro definizione

50-cialmente accettata e condivisa, contemporaneamente mantiene l'cl accresce quel sua personale e ricco materiale esperienzia!e che è predittivo, flessi-bile, aperto aIle nuove esperienze.

Se è cosi non possiamo più considerare come unico "pensare per con-cetti" quello che Vygotskij considerava come 10 stadio conclusivo della for mazione dei concetti: una forma di pensiero consistente nell'organizzare sI-stenli g~rarchici basati sulla sovraordinazione e quindi sulla struttura di generalizzazione. Certo il bambino dispone sempre di più di strutture gerar-chiche cii tipo categoriaie e si basa in modo sempre "iù efficace sulle rela zioni logiche tra i concetti: ma è anche vero che questa nuova organizzazio ne è già presente nell'età precedente, l'che es sa riceve un impûlso partic; lare dall'esperienza scolastica, purché quest'ultima non si sovrapponga se; 7a interagire al sistema cognitivo deI bambino (come sembra avvenga per i -bambini cosidetti svantaggiati). Cio porta a ritenere che coesistano nel bam bina - e per moIti versi anche nel pensiero adulto, ~e non intervengono par~ ticolari esigenze definitorie - il piano della sua conoscenza esperienziale, che continua a svilupparsi anche dopa l'inizio della scolarità, e il piano di un'organizzazione categoriale e gerarchica (seconda alcuni componenziale) che è presente nel sistema ling11istico e che viene trasmessa attraverso la comunicazione: mentre all' inizio, il sua stesso 1 inguaggio ed i significati che la caratterizzano corrispondono perfett""'ente alla sua rete concettuale, costruita intorno al nucleo azione-funzione € basa ta sulla sua esperienza sog gettiva, sllccessivamente i l sistema lessicale, che include l' organizzadone _. categnriale, interagisce con il sistema personale dei bambino.

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fi. L'influenza della scolarizzazione.

j.'influenza generale della scalarizzazione è stata rilevata da più

BtJtori anche se con accentllaziooi diverse.

Vygotskij (1966) - "el ben nota confronto tra concetti spontanei e concetti scientifici - identifica la sistematicità come caratteristica pro-pria dei concetti che il bambino si forma per effetto dell'istruzione scola stica: essi sono più consapevali e meglio padroneggianti sul piano definito-rio, perché possiedono un sistema gerarchico di interrelazioni e sono appre-si in modo appre-sistematico (il processo di apprendimellto di quelli scientif1ci è dall 'alto verso il basso, dall'astratto al concreto; mentre di quelli spon tanei ~ dal basso verso l'alto, dal concreto all'astratto). -Non convinee pero l'attribuzione automatica di una mancanza di sis te-maticità e di consapevolczza ai concetti che si [ormano al di fuori dei pr~

cessa intenzionale di istruzione, e viceversa l'assegnazione sicura di siste

maticità e di consapevolezza agli altri: se fosse cosl, non si spiegherehbe~ ro le difficoltà che si incontrano per far raggiungere agli allievi una rea-le padronanza nei concetti scientifici. Il rischio è che la sistematicità "resti" solo deI maestro 0 deI testo, ma non venga fatta propria dall

'allie-co. Spesso si constata piuttosto che il ragionamento spontaneo dei bambino ha una coerenza superiore rispetto a quello appreso, perché è costruito e ricostruito (potremmo dire "accomodato") in continuazione dal soggetto; per converso il concetto appreso a scuola è assorbito senza là minima preoccupa zione di coerenza e di utilizzazione interpretativa. -D'altra parte, come possiamo rilevare la presenza di queste differen-ze nell'organizzazione cognitiva? Noi abbiamo tentato di far la - in alcune classi di quarta elementare - chiedendo ai ragazzi di dare le definizioni di alcune parole di cui conoscevano il significato: parole riferite ad ogget ti usuali, a relazioni di parentela, a concetti appresi nell'ambito dello -studio delle scienze e della storia. Chiedendo delle definizioni c'è ovvia-mente il rischio di misurare più le conoscenze verbali che il modo di pensa re. Tuttavia si possono ricavare delle informazioni significative per il la voro ulteriore, come è i l casa ad esempio delle definizioni di "liquida", ar gomento su cui non hanno ancora fatto esperienze scolastiche finalizzate: do mina il prototipo di liquido, che è l'acqua, di cui di conseguenza indicano-le caratteristiche ma quelindicano-le specifiche (l'essere potabiindicano-le, frizzante, dis-setante, ecc.); un certo numero indica pera delle caratteristiche di compor-tamento che si avvicinano ad una possibile analisi' scientifica (l'essere squagliata, sciolta, il poterci passare in mezzo, il non potersî prendere); un ini~io di rete concettuale su cui potrebbe interagire positivamente l'in

tervento educativo.

-Certo,di alcuni concetti si pua saper dare una migliore definizione, proprio perché si sono appresi in questo modo attraverso una conoscenza les-sicale: ma c'è il rischio che questa conoscenza resti solo lessicale e non

divenga concettuale, sia solo di "parole" e non di "cose". ci pare infatti

utile introdurre una distinzione tra "lessicoH

ed "enciclopedia": tra COno-seere ed apprendere l'usa corretto delle parole, la loro definizione, i rap-parti gerarchici ed avere una ricca conoscenza delle cose, dei loro intrec-ciarsi, dei vari modi di interpretarle in riferimento a contesti, situazio-ni, tempi diversi. Ciascuno di noi (adulto a bambino) dispone di \In "~uo" lessico e di una "sua" enciclopedia: non è pero detta che nel rnomento che ettiviamo il primo (quando chiediamo parole, significati, definizioni), ~i~ possibile avere anche informazioni sulla seconda. Va ri levato che per effet to della seolarizzazione ed in particolare per le richieste che SIII piano

-delle proced\lre operative e mentali richiede la comprensione-prodl1zione di lingua scritta, il bambino impara a "confinare il significato nel testo" (OIson, 1979), ed aderire al significato letterale ed esplicitato di cio che gli viene cornunicato. Ql1esta differenzn si trova nella diversa strategie

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definitoria che ussno bambini di diversa etâ: i piO piccoli si riferiscnnn a casi tipiei, a prntntipi personali, mentre i piO grandi cercano di identi-fieare i tratti caratteristici e distintivi, anche se nOn rinunciano - come abbiamo potuta constatare - ad indicare una molteplicità di elementi aggilln-tivi che evidentemente rimangono per loro significaaggilln-tivi. Di nuovn pero ha un senso imparare una "strategia di definizione" in vista di un obiettivo di conoscenza: per stabilire distinzioni, per tagliere ambiguità nella

COmU-nicazionej non tanto evidentemente per memorizzare le definizioni "g iuste",

cnme talvolta chiednno le prove di intelligenza.

7. Pensare per complessi e rassomiglianze di famiglia.

Quali caratteristiche puo avere la mappa concettuale che il bambinn della scuola elementare si viene costruendo attraverso una serie di intera-zioni linguistiche e cognitive?

Possiamo supporre che abbia le stesse caratteristiche che i modelli di memoria oggi attribuiscono agli adulti (Norman, 1973): una rete cioè i cui nodi sianc concetti ed eventi definiti.~erle relazioni con altri, sulla cui base si stabiliscono strutture di significato.

Vygotskij ha tentato in qualche modo di caratterizzarla quando ha con-trapposto i concetti spontanei a quelli scientifici: tuttavia ha attribuito ai primi una "assenza di sistema" che non persuade e che introduce un elemen-to di discontinuità cosi netelemen-to che non è facile giustificare. Eppure 10 stes SO autore ha individuato un "pensare per complessi" che comunque corrisponde ad un livello di relazioni tra significati con caratteristiche specifiche dei sistema linguistico, e non è asistematico; in questo modo di pen sare o~ getti ed eventi sono riuniti sulla base di legami concreti e fattuali, piO che logici ed astratti; i l "complesso" è un raggruppamento sulla base della partecipazione alla stessa operazione pratica, della cooperaiione funziona-le ed è un tipo di legame che ha m61ti··dscontri heUa vita pratica, nei con cetti quotidiani degli adulti.

Anche questo modo di pensare costituisce un sistema, anche se fluido: ha quindi una diversa sistematicità. La stessa fluidità si ritrova nei con-cetti degli adulti, come ha dimostrato la Rosch verificando la presenza di concetti basati sulle rassomiglianze di famiglia. Questa nozione scaturisce dalla nota argomentazione di Wittgenstein, secondo la quale il significato di un termine e di un concetto viene costruito, utilizzato, compreso nel lin-guaggio quotidiano senza che i suoi referenti (concreti 0 astratti) debbano

essere di necessità connessi tra loro dai cosidetti "elementi comuni": essi possono es sere tenuti insierne da una rassomiglianza di famiglia, in quanta Sono "imparentati" l'uno con l'altro in moiti modi diversi, producendo una rete complicata di somiglianze che si sovrappongono e si incrociano a vic en-da.

C'è quindi una continuità tra modalità di pensiero infantile ed adul-ta. Il principio della rassomiglianza di famiglia puo rappresentare una al-ternativa esplicativa rispetto ad un'interpretazione dei concetti basata sul-la presenza-assenza di alcuni attributi criteriali. Questa via sernbra avere maggiori possibilità di dar conto di come sono acquisite e progressivarnente

svi luppa tè complesse nozioni di carat t'ere concet tua le (pensiamo a "Stato"

"giustizia", Itenergia", " gravità", ecc.) che nOn sono né acquisibili né

de-finibili con delle procedure di classificazione, anche se il loro potere esplicativo ed euristico è funzione della progressiva acquisizione di ulte-riori e più cornplesse relazioni, anche categoriali, con altri elementi Con-cettuali, co si come si presentano nei sisterni di conoscenze organizzate che sono le discipline, in cui concetti e termini, già utilizzati a livello quo-tidiano, .cquistano nUove valenze e possibilità di U80.

La nozione di Wittgenstein che i concetti non sono necessariamente chiusi entro confini ben delimitati. ma possono avere contorni sfumati, puo

(10)

clare conta deI modo in cui li veniamo costruendo, ampl iando, trasformando:

il rhe corrisponde meglio alla storia psicologica dell'individuo, ma ~nche

J quella della mentaliti colle~tiva, della cultura di un grurro, di un c.~

po di ricerc;q.

Questa concezione delle parole e dei concetti, che si caratterizzrt

per una non rigidit~dei confiTli e per una continua trasformazione interna,

dovllta aIl' influenza permanente deI "gioco linguistico" (Wittgenstein, 1953)

sia sul bambino sia sull'adulto, richiama la concezione di VygotRkij (1974)

deI linguaggio e deI pensiero, per cui 10 sviluppo procede nel senso di una

sempre maggiore interiorizzazione di cià che prima era solo lIesterno": di

qui l'importanza cognitiva, da nai ampiamente verificata, della discussione

per la riorganizzazione concettuale e per le abilità di regionam~dei barn hini.

E' nelle situszioni educative istituzionalizzate che ha luogo l'incon tro-scontro tra la realtl linguistico-cognitiva di un soggetto che ha gil una padronanza di un insieme fluidamente interrelato di concetti e parole e l'apparato concettuale-terminologico proprio di una prospettiva discipli-nare: è in esse che andrebbero meglio studiate le trasformazioni dei concet ti "spontanei" dei bambini che hanno luogo attraverso il contatto con i di= versi campi scientifici, come pure le modaliti di acquisizione dei concetti "nuovi" attraverso l' interazione verbale, il l'avol'o diretto su material i ade

guati, l_a comunicazione scritta.

8. Conseguenze sul piano della trasmissione di contenuti eoncettuali speci-fic i.

Il punto di arrivo di questo excursus è che non si puo semplicistica-mente supporre ehe l'insegnamento scolastico trasmetta i suoi modi di orga-nizzazione delle conoscenze al bambino, come se questi non avesse già un si stema conoseitivo e come se tale sistema fosse totalmente sostituibile. CiÔ che avviene di fatto in moIti casi è una sovrapposizione tra contenuti-pro-cedure scolastiche rispetto a quelli che preesistono e che continuano a svi-lupparsi.

Per queste ragioni, nel proporre delle linee di lavoro su diversi con tenuti di educazione cognitiva in elassi di scuola elementare (si tratta di-tre 4e classi), ei stiamo preoccupando di diagnosticare meglio il tipo di elaborazione concettuale di cui già dispongono i bambini. Il problema meto-dologico di quali strumenti servirsi per acquis ire elementi informativi va-lidi ed educativamente utilizzabili ei è continuamente presente. La nostra scelta attuale è qllella di rivolgerci ad una pluralità di mezzi di indagi-ne-intervento: domande collettive, nella forma di normali richieste di ri-sposta scritta da parte dell' insegnante; interviste singole 0 a piccoli grup

pi; esperienze conoscitive di motivazione (con animaii, giochi, visite, 8t-~­

tività varie); sollecitazione di processi metacognitivi di presa di coscicn

za di "cià che si sa su"; discussioni in, classe, poco gl1idRte ed accu

rata-mente registrate, di vario tipo.

Presentiamo rapidamente i contenuti-metodi proposti in Cjl.leste clé1ssi

per il lavoro dell'snno scolastico in corso:

1 - un lavoro di storia sulla vita'4uotidiana nel Medioevo, can particolare rigllardo al lavaro agricolo, all'alimenUI7.ione, ail,. corte ed alla vita dc-i

cont.1:dini, che si pane 11obiettivo di dar lorD informazioni di prima

m;Hl(l Clttclverso un contatto diretto con lE' fonti (scritte, métteriali, lC'onogri1fi

che) ppr far C'ogliere nessi, formulare ipotesi di SpiE.:'g.1zione, o;etre il ~pn=

sn dei rarnhiamento come prnC'esso continuo-discontinua.

2 - lTn lavoro di biologia sugli insetti, bagnto sl!11'0SSrrvnziolle in rlGs-ge di espmplari vTVTe~~rti~--wTI'~I~cl ta in C;1mp.:lgna per raccog1i('fne ;:t1tr1,

(' Rul loro allevnmento in terrarium: l'obif'ttivo è di sollpritare

(11)

ni concettuali significative.

1 - Un lavora di "fisica" su ~i1ibrioe forze: si parte dal gioco de11'al talena, mirando a far fare previsioni e verifiche, controllo di v2riabili, rappresontazioni achematiche, per poi passare aIle bilance a bracci costrui

ce dai bambini stes si alla scopo di portarli alla scoperta della l.~ge (ch~ :11~uni intuiscono giâ in modo ~mpir.ico)i passaggîo a forze attraverso

sfnr-Z{l (tiyo alla fnne, spingere~ tirsre, ecc.); poi ls.voro sul pes:J con gio('h:ï

COll gli elastici DR una verifies precedente risulta che la lote nozione di

equilibrio è legata al1' inatabilidi (lo star€: in bi.lico su una corda, 0 il r.:en2re in bilicn tplalcoss)~ ma in qualcuno e'è l'idea deiltugu~j.gli8:'j1zact'?! p280 rd êH1che da1.Le. dist~'n'li:" de.l fulcro e9pr.esso pero come H-:: en ::. ro de]!~ 88:H : ta percezione dell'equ:U.ibrio si ha nei momenti critiCIJ per~hé,

(.j\13n--de siha pau ra. di 'perderio'l~si sente la contrapposizione dell~ far~.e. Con queste c~a.ssi lavoria.mo tJistematicamente solo da tre mesi .3 que

8tO progranlma: fon·n; solo adesso caminciamo a rEndetTi conto di quali Li p

1

-:i strumenti sono più adeguat1 à fat'ci capire gli5'ch~mi concetuGli dei ban1

:,ini e di COffie intervenire Su di eRsi. Questo fatto dei com~!endere da par= te dell'insegnante ci sembra eS$en~ialeed è molto spesso sottovalutato: molti iosegnanti cercano subito";' e trappo presto - di dare infot'mazioni,

di. rispondere aIle richie"te, di dire 0 fare cose, e si preoccupano molto

meno di interpretare ci5 che dice il bambino per capire da questo che tipo di schema concettuale si è fatto, quale rete di concetti si va cOGtruendo. Se ruanca questo momenta di diagnosi e di riflessione successiva, le in for-mazioni che i bambini prendono dalla SCUOlll rischiano di "appiceicarsi" soltanto ai loro schemi precedenti senza interagire e senza trasformarli. Quello che vorremmo cap ire meglio èche cosa specialmente producono queste esperienze scolastiehe, come interagiscono con conoscenze preesistenti -- apprese in altro modo ed organi.zzate dal bambino; l'idea di base èche cio che il bambino già sa determina il modo in cui raccoglie l'ulteriore informazione, che pero 1,;" scuola pue "indirizzare" la sua attenzione a rie laborazione personale, evitando tuttavia di sovrapporre "parole" a "espe-'-rienze" (conoscenza lessicale e conoscenza pratiea), ma creando occasione di nuove e~per~enze~

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