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P. Licciardello (ed.), Consuetudo Camaldulensis. Rodulphi Constitutiones

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CHRONIQUES ET COMPTES RENDUS 291

Numerosi i casi di diminutivi che nello stile di Rosvita rappresentano uno degli aspetti più caratteristici : carminulum (v. 13), candidolus (v. 185), diecula (v. 395), gemmula

(Prologus //, v. 1), gratiola (vv. 132, 208, 239, 337, 370,432, 446, 465), libellum (Proio-

gus /, vv, 15, 28, Prologus //, v. 14 ), locellum (vv. 568, 627, 1179), morula (v. 1171),

munusculum (vv. 132, 465), nigellus (v. 182), ocellus (Prologus //, v. 7), partícula (v. 499), plebecula (v. 402), popellus (vv. 55, 130), precula (v. 276), praepauculus (v. 435), tempusculum (v. 372), verbulum (v. 436), versiculum (v. 83). Nei Gesta la carat­ teristica dei diminutivi è quella di essere « in numero minore rispetto ai poemi agiografici, e quasi sempre con una valenza semanticamente inespressiva, segno che la loro utilizza­ zione è legata soprattutto alla necessità metrica » (p. LXXXI). Allo stesso modo sono scar­ samente presenti i composti nominali «caratteristici dello stile elevato (...) assenti nei drammi, rari nei due poemi epici, praticamente esclusivi dei poemi agiografici » (p. LXXXII). Sono tuttavia da segnalare altithronus (Prologus //, v. 3, 693), heiliger (v. 50), mellifluus (v. 1178), omnipotens (v. 1145), stelliger (v. 60), tutti già attestati nella poesia classica e in quella cristiana. Tra le evoluzioni semantiche dei vocaboli classici riferiti a cariche ‘profane’ vanno menzionati senior (col significato di ‘signore’ in senso feudale ai vv. 439,658, l ì 84), comes (vv. 176,209,279,506), dux (siacome ‘condottiero’ che come ‘duca’, ad es. ai vv. 6, 49 etc. ). Per due casi di scambio di declinazione (nebu-

lum invece del classico nebula al v. 556 e nota a p. 84 e aligenorum al v. 168) rinvio all’analisi dei passi e alla discussione delle varie posizioni degli interpreti (cfr. p. LXXXIII). Altrettanto analitica è poi la sezione dell’Introduzione che tratta della versificazione del poema (p. LXXXV e sgg.) e delle reminiscenze di poeti classici, cri­ stiani e medievali quali ad esempio Virgilio, Orazio, Stazio, Lucano, Silio Italico, Pruden­ zio, Iuvenco, Boezio, Venanzio Fortunato, Aldhelmo, Beda, Alenino, Walafrido Strabono, il Waltharius, il Poeta Sassone, i Gesta Apollonii (cfr. pp. LXXXVIII e sgg.). Le numerose note al testo (pp. 61-89) offrono un esame dettagliato delle iuncturae dei Gesta e dei poemi agiografici di Rosvita attestate in fonti classiche e medievali (cfr. pp. GII e sgg.).

Il volume è completato da una bibliografìa (pp. CVII-CX) e da indici degli studiosi citati (pp. 93-95), degli autori e delle opere citate (pp. 97-99), dei nomi propri e dei luoghi (pp. 101-104).

Alberto B a r t ò l a

Consuetudo Camaldulensis. Rodulphi Constitutione s. Liber Eremitice Regule. Edizione critica e traduzione a cura di Pierluigi L i c c i a r d e l l o , Firenze : SISMEL • Edizioni del Galluzzo, 2004 (Edizione Nazionale dei Testi Mediolatini 8 - Serie II. 4), pp. CXXXII-144.

L’edizione di Pierluigi Licciardello pubblica il testo critico delle Rodulphi Constitu­

tione s (RC) e del Liber Eremitice Regule (LER). I due testi si pongono alle origini del

corpus delle costituzioni dei monaci Benedettini Camaldolesi e rappresentano la più antica codificazione degli usi e delle consuetudini di vita di quella comunità. Tanto le

Constitutiones quanto il L iber sono state a lungo attribuite a Rodolfo I, quarto priore di Camaldoli (dal 1074 al 1088/89). La prima parte dell’introduzione illustra le soluzioni proposte degli storici per la datazione e l’attribuzione dei due testi e rimette in discus­ sione la ‘tesi unitaria’ che a partire dal secolo xm li ha considerati come opera dello

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stesso autore (.La prima consuetudine cam aldolese, pp. IX-XIX). Nel capitolo Autori e

datazioni (pp. XXI-XLVI) viene invece risolto il « problema principale dei due primi testi legislativi camaldolesi » (p. XXI) attribuendo le Constitutiones al priore generale Rodolfo I e il Liber Eremitice Vite al priore generale Rodolfo II-III (attestato dalla docu­ mentazione dal febbraio 1152 al gennaio 1158 e per pochi mesi del 1180). La data di composizione delle Constitutiones viene « ristretta ad un arco di tempo che va dal 1076 al 1081/1082» (p. XXII). La data della redazione del Liber è invece più problematica e viene proposta alla seconda metà del secolo xn (dopo il 1158 e prima del 1176/1180: cfr. p. XLVI).

Da un punto di vista dei contenuti le Constitutiones si dividono in otto brevi capitoli e «si presentano formalmente come una charta o p agin a» indirizzata «ai confratelli dell’eremo di Camaldoli e allo stesso tempo ad un alto dignitario ecclesiastico, proba­ bilmente papa Gregorio VII» (p. XLVII). L’interesse prioritario dell’autore consiste nello « scrivere la storia delle origini dell’eremo di Camaldoli e definirne giuridicamente i rapporti con la sottostante dipendenza di Fontebuono » (p. XLVII). Il carattere del

Liber Eremitice Vite si distingue invece « nettamente dalle RC per la sua struttura più complessa e per non essere solo una normativa giuridica, ma anche un testo spirituale, teologico, esegetico» (p. LVII) opera di un autore profondamente influenzato dalla cultura della tradizione monastica e dalla teologia biblico-patristica del secolo xn. Non è quindi casuale il fatto che V incipit del Liber qualifichi Rodolfo II-III come eximius

doctor. Nelle pagine a lui dedicate (pp. XXIII-XL) sono pertanto evidenziati il suo inte­ resse per i libri (p. XXIII) e una « competenza filosofico-teologica » (p. XLIII) rilevabile dal prospetto dei nomi dei maggiori autori della tradizione ascetica, patristica e mona­ stica menzionati alle pp. LXIX-LXX dell’Introduzione e ne\YIndice delle opere e delle

citazioni (pp. 125-132). I nomi ricorrenti sono quelli di Agostino e dello pseudo- Agostino, Benedetto da Norcia, Bernardo di Clairvaux, Boezio, Bruno di Segni, Cassio- doro, Eusebio Gallicano, lo pseudo-Giovanni Crisostomo, Girolamo, Gregorio Magno e lo pseudo-Gregorio Magno, Massimiano, Pier Damiani, Prospero d’Aquitania, Prudenzio, Rabano Mauro, Seneca e le Vitae Patrum. Nell’identificazione delle fonti e dei loci similes è però senz’altro da precisare l’attribuzione a Rabano Mauro che Licciar- dello fa delle Allegoriae in universam Scripturam (cfr. p. LXX, p. 101 nota 7 a LER XLIII e p. 102 n. 9 a LER XLIV). L’opera — pubblicata in effetti tra gli scritti dell’a­ bate di Fulda nel tomo CXII della Patrologia Latina (Paris 1878, dall’edizione di Colonia del 1626) — è invece da ascrivere al cisterciense Guarniero di Rochefort ( Wamerius de Rocca Forte, G amerius de Rupeforti t post 1216), nono abate di Clair­ vaux e vescovo di Langres (sull’argomento si vedano, fra l ’altro, A. W i l m a r t , Les A llé­ gories sur VÉcriture attribuées à Raban M aur, in Revue Bénédictine, 32 (1920), pp. 47- 56 ; Id., Un répertoire d'exégèse com posé en Angleterre vers le début du x u f siècle, in

M ém orial Lagrange, Paris, 1940, pp. 307-346 : a p. 339 ; Olga W e i j e r s , Dictionnaires et répertoires au moyen âge. Une étude de vocabulaire, Tumhout, 1991 - CIVICIMA IV, p. 187).

Oltre che dal Liber la formazione scolastica di Rodolfo e il suo gusto per l ’allego- rizzazione sono note dal Tractatus de inventione corporis beatissim i Apolenaris che gli viene attribuito (Modena, Bibl. Estense, lat. X. P. 4. 9 [sec. xv] - cfr. BHL 626-631), e dalla stesura di una Expositio super Tobiam (deperdita) attestata dalla tarda testimo­ nianza del catalogo della biblioteca del monastero di Camaldoli del 1406 (cfr. p. XLIV). I Prolegomeni ecdotici all’edizione studiano La tradizione manoscritta (pp. LXXV- XCIX) e Le edizioni (pp. C-CXI) delle Rodulphi Constitutiones e del L iber Eremitice

Vite. I due testi normativi — opera di autori diversi e scritti a distanza di circa un secolo l’uno dall’altro — sono traditi insieme nei quattro testimoni noti che vengono utilizzati

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per l’edizione : A (Arezzo, Biblioteca Città di Arezzo 333, ff. lr-29r - proveniente da Camaldoli e datato fine see. xii-xm sec.), C (Camaldoli, Archivio del Monastero, San Michele di Murano 627 p. II [olim Anecdota Camaldul. t. XII p. II], ff. 17r-42r - codex

descriptus di A, proveniente dal monastero camaldolese di S. Michele di Murano, datato intorno al 1749 e utilizzato da Giovanni Battista Mittarelli e Anseimo Costadoni nella

editio princeps delle Constitutiones e del Liber pubblicata nel III tomo degli Annales

Camaldulenses stampati a Venezia nel 1758), F (Frascati, Archivio del S. Eremo, ms. CA (n. 292, olim 101), ff. 2r-24v - datato alla prima metà del see. xvi e appartenuto ai libri del beato Paolo Giustiniani [1476-1528], presente a Camaldoli dal 1510 al 1520 nonché fondatore della Congregazione eremitica Camaldolese di Montecorona), A (Namur, Facultés Universitaires Notre-Dame de la Paix, Bibliothèque Universitaire Moretus-Plantin, s.s. [Consuetudines Camaldulenses], ff. 18r-40r - proveniente da Camaldoli e datato fine xm-xiv sec.).

Attraverso un’analisi ampia e minuziosa dei rapporti tra i quattro testimoni (pp. LXXXV-XCIX) l ’editore ricostruisce l’esistenza di un archetipo comune (co) e presenta uno stemma tripartito costituito da A, F e A (p. XCIX). Il codice C, essendo copia diretta di A (e latore di un certo numero di errori singolari in aggiunta a quelli di archetipo in comune con l’antigrafo), ai fini della constitutio del testo assume una posi­ zione marginale ma pur sempre utile per la restituzione del testo mancante in A a causa di due lacune meccaniche (cfr. pp. LXXXVIII e CIV e n. 69). Dopo una rassegna (pp. C-CIV) di tutte le peculiarità delle precedenti edizioni (Mittarelli-Costadoni : 1758 ; Fulvio Crosara : 1970; D. Derceux: 1994 [tesi inedita] ; Giuseppe Vedovato : 1994), i prolegomeni all’edizione vengono chiusi dall’esame delle varianti grafiche delle Consti­

tutione s e del Liber (pp. CV-CX). Per lo studio di tutti i fenomeni grafici (vocalismo, aspirazione, consonantismo, assimilazione, dissimilazione, geminazione e scempia­ m e lo ) l’editore considera solo i testimoni A e A, medievali e provenienti da ambiente camaldolese, mentre esclude i tardi F e C, di minore interesse essendo stati esemplati in base a criteri di normalizzazione che hanno alterato il testo dell’archetipo.

Da un punto di vista linguistico rivestono un interesse del tutto particolare « alcune lezioni, attestate in modo concorde dalla tradizione manoscritta (...) erronee solo appa­ rentemente, in quanto si tratterebbe di errori secondo la grammatica e il lessico classico, ma non secondo la grammatica e il lessico mediolatino » (p. CIV n. 70). Tra i casi di cui viene data esemplificazione si possono ricordare i seguenti: Rodulphi Constitutiones [= RC] II 1 : reverentissimi (superlativo dall’aggettivo reverens, attivo) al posto di reve­

rendissimi (dal gerundivo reverendus, passivo) ; uso del pronome relativo qui riferito al sostantivo hospitium (neutro nel latino classico) considerato a volte come maschile (RC V 32 : hospitium suum, quod est) altre come neutro (RC III 22 e RC VII 4 : hospitio

qui dicitur) ; RC V 26 : silentium studere invece di silentio studere (secondo la sintassi classica) ; numquam al posto di unquam dopo un verbo reggente (interdicimus) di senso negativo (RC VII 1-2: interdicimus omnibus fratribus qui hic D eo servierint, ut nullo

umquam in tempore etc.) ; reficiunt usato in modo intransitivo (RC V 28 : quando ad

nonam comuniter reficiunt) ; eius invece di suum (Liber Eremitice Vite [= LER] XXXIX 9 : in os eius) ; scambio tra pronome determinativo e aggettivo possessivo (LER XLI 4 :

nec foveam us hostem concedendo sibi (invece di ei) superflua ; e LER XLIII 4 : qui (...)

ipsum prosequitur, et tamquam inflictum iaculum sibi (invece di ei) magis imprimere

conatur).

L’edizione dei testi (le RC alle pp. 2-21 ; il LER alle pp. 22-81) è data con traduzione italiana e fronte. L’apparato critico è di tipo misto (positivo e negativo insieme) e viene dato in calce al testo latino ; le note storico-filologiche di corredo vengono invece pubblicate a parte (per le RC alle pp. 83-88 ; per il LER alle pp. 88-107). Il rapporto tra

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i due testi normativi viene chiarito da tre Tabelle di confronto (pp. CXIII-CXIV : tra le consuetudini delle RC e quelle del LER, tra le consuetudini del LER e quelle delle RC, pratica del digiuno durante l’anno secondo gli Opuse. XIV e XV di Pier Damiani, le RC e il LER). Sono presenti Bibliografia (pp. CXV-CXXXI), indice dei nomi propri e di persona (pp. 111-115), dei nomi di luogo (pp. 117-119), degli studiosi (pp. 121-123), delle opere e delle citazioni (pp. 125-132), delle parole e dei concetti-chiave (pp. 133-

141), dei manoscritti e dei documenti (p. 143).

Alberto Ba r t ò l a

B o n c o m p a g n o d a S ig n a , D e malo senectutis et senii. Un manuale duecentesco sulla vecchiaia. Edizione critica e traduzione a cura di Paolo G a r b in i, Firenze : SISMEL • Edizioni del Galluzzo, 2004 (Edizione Nazionale dei Testi Mediolatini 10 - Serie II. 5), pp. LXXX-38.

L’edizione del De malo senectutis et senii di Boncompagno da Signa curata da Paolo Garbini — prima in assoluto da un punto di vista critico e filologico — pubblica con traduzione italiana a fronte il testo dell’ultima opera del più rappresentativo maestro di grammatica e retorica attivo tra la fine del see. xii e la prima metà del xm. Nella crono­ logia degli scritti di Boncompagno il D e malo si configura come una tarda e amara riflessione sulla vecchiaia scritta in contrapposizione ai temi del D e senectute di Cice­ rone «con cui si misura per antifrasi (...) rovesciando l’ottimismo ciceroniano con uno sguardo sul mondo che da irenico si fa ironico » (p. LUI). Sul piano dei contenuti il De

malo va invece ricondotto, insieme con YAm icitia, la Rota Veneris (ca. 1194-1195) e il

Liber de obsidione Ancone (in tre redazioni, tra il 1198 e il 1201), alla « produzione stra­ vagante » (p. XV) realizzata da Boncompagno non in funzione del suo magistero di retore esercitato a Bologna (dal 1194 al 1215, e di nuovo a partire dal 1235), a Vicenza (1206) e a Padova (1226 o 1227). L’esigua tradizione manoscritta del trattatello — dedi­ cato al vescovo di Firenze Ardingo (in carica dal 1231 al 1249), ma scritto «più a ridosso del 1235 che del 1240» (p. X) — è costituita da quattro testimoni : F (Firenze, Bibi. Naz. Centr., Conv. Soppr. B 9, 1780, ff. 11 Or-112r- datato al see. xiv, miscellaneo, appartenuto al convento servita della SS. Annunziata), S (Salamanca, Biblioteca Univer­ sitaria, 2613, ff. 126v-128v - datato al see. xiv e interamente dedicato a opere di Boncompagno [.Boncompagnus, Notule auree, Palma, X Tabule salutacionum, Brevilo-

quium incompleto, De corona, Rota Veneris]), V (Venezia, Bibl. Naz. Marciana, lat. VI 67, ff. 84r-86v - composito e datato ai secc. xiv-xv, utilizzato da Francesco Novali nell’edizione del 1892 del De malo), e B (Brugge, Grootseminarie, 113/78, ff. 198r-202r - datato al see. xv e con attribuzione del D e malo a Petrarca).

L’attento esame di B — « latore di un testo che presenta tracce di una insistita rias­ settatura stilistica che, intervenendo soprattutto sulla sintassi e talvolta sul lessico mira a ripulire il dettato da ridondanze o involuzioni espressive, e insieme a sostituire elementi» (pp. LXI-LXII) — dà come conseguenza la sua eliminazione «per quanto concerne la restituzione del testo di Boncompagno » (p. LXV). L’edizione del D e malo viene pertanto condotta utilizzando i codici F, S e V, risultanti praticamente « tutti indi- pendenti l ’uno dall’altro » (cfr. I rapporti tra i manoscritti, pp. LXVII-LXIX : a p. LXVII e stemma codicum a p. LXIX). L’apparato viene organizzato in due sezioni: apparato di tradizione nel quale vengono registrati errori e varianti dei quattro testimoni ;

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