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Geografia universale e geografie nazionali nell’età degli Imper

CONCLUSION : DE LA FÉDÉRATION EUROPÉENNE A LA FÉDÉRATION GLOBALE

1. IL GLOBO E LE PARTI: DELLA GEOGRAFIA UNIVERSALE

1.1.5 Geografia universale e geografie nazionali nell’età degli Imper

de l’Amérique et de Besançon, se va joindre celle, plus terrible encore, de Morteau. Pitié, pitié pour nous ! Morteu va nous prendre notre industrie de par Élisée Reclus, et comme compensation le National ne nous donne que Vaduz. »141

Il geografo si affretta a rimediare al piccolo “incidente diplomatico” scrivendo al direttore del foglio svizzero, Louis Jeanrenard: « On me communique un article de votre journal, du 15 février, je crois, qui contient une critique d’une page de ma N.lle Géographie Universelle. Cette critique me paraît juste et je m’empresse de corriger mon texte sur le cliché d’après vos indications. »142 In realtà nella versione che compare sul volume definitivo compaiono le stesse frasi prese di mira dagli svizzeri, ma queste saranno modificate per la seconda edizione, dove Morteau potrebbe diventare non più la « rivale heureuse de Locle et La-Chaux-de-Fonds »143, ma solamente la « rivale », e non sarà più la principale stazione fra Besançon e Neuchâtel, ma « la principale station de passage de Besançon à Locle. »144

Possiamo concludere provvisoriamente, in attesa di verificare meglio nel testo della NGU, che dal punto di vista scientifico i principali riferimenti di Reclus, più che in qualsiasi altro intellettuale suo contemporaneo, stanno nel filone della geografia critica che nella prima metà del XIX secolo aveva visto emergere le figure di Humboldt e soprattutto Ritter. L’originalità del geografo anarchico è senz’altro quella di applicare al loro metodo elementi delle sue idee politiche, operazione per la quale strumenti come la storia di Michelet, la pedagogia di Pestalozzi, l’evoluzionismo di Darwin e Lyell, la scienza sociale di Proudhon gli sono utili per ricercare dei collegamenti coerenti fra l’ambito scientifico e l’ambito sociale.

1.1.5 Geografia universale e geografie nazionali nell’età degli Imperi

141 Varia : un peu de géographie, « Le Patriote Suisse : Journal Neuchâtelois », Jeudi 15 février

1877.

142 Archives de l’Etat de Neuchâtel, Dossiers personnels, Élisée Reclus, lettre d’É. Reclus à L.

Jeanrenard, 18 fév. 1877.

143 É. Reclus, NGU, vol. II, cit., p. 375.

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Se vogliamo collocare la NGU in un periodo storico ben definito non possiamo che rifarci a una periodizzazione di solito accettata dagli storici: quella dell’Età degli imperi,145 che Eric Hobsbawm fa partire dal 1875 e terminare al 1914 e che è anche l’ultima parte di quel “lungo Ottocento” iniziato con le “rivoluzioni borghesi” dal 1789 al 1848 e proseguito di qui agli anni ’70 del XIX secolo con il “trionfo della borghesia”, concetto a sua volta ampiamente condiviso.

La NGU, essendo uscita dal 1876 al 1894 con edizioni in altre lingue proseguite fino ai primi anni del Novecento, si colloca molto precisamente nella prima parte dell’età degli Imperi, periodo nel corso del quale si sviluppa la massima parte del lavoro di Reclus, attivo fino al 1905, come anche di tutti i suoi più stretti collaboratori, che muoiono prima della Grande Guerra, nel caso di Metchnikoff, Dragomanov, Lefrançais, De Gerando, Perron ed Elie Reclus, o comunque non producono più quasi nulla di significativo dal punto di vista scientifico dopo il 1914, come nel caso di Kropotkin e Paul Reclus.

Se vogliamo analizzare una delle caratteristiche di quest’epoca dal punto di vista di ciò che più interessa a un geografo, dobbiamo senz’altro sottolineare la spinta globalizzatrice che gli Imperi coloniali, in particolare quello inglese e francese, hanno dato al funzionamento del mondo. Se molti individuano la prima globalizzazione con il trattato di Tordesillas del 1494, legato alla prima espansione dei portoghesi e degli spagnoli, è assodato che nell’ultimo quarto del XIX secolo l’avanzata del colonialismo europeo, legata agli sviluppi delle tecnologie, segna un’accelerazione di questo processo. La crescente importanza delle reti ferroviarie, il telegrafo, la navigazione a vapore, l’apertura al traffico mondiale degli istmi di Suez e successivamente di Panama, pur non realizzando l’originaria utopia sociale sansimoniana, nondimeno ottengono come effetto il rimpicciolimento del globo, che comincia a essere attraversato in lungo e in largo da reti di comunicazione e trasporto sempre più veloci, fitte ed efficienti.

La geografia di Reclus, fin dalle sue prime opere come La Terre, dà conto di questi processi e la stessa NGU, nel tentativo di spiegare le poste in gioco di questa mondializzazione, accorda un grande spazio al funzionamento e alle

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prospettive delle vie di transito, costruendo una geografia in movimento, come è in movimento il mondo contemporaneo. Con già una certa attenzione a quelli che oggi si chiamerebbero “flussi immateriali”, cioè gli aspetti legati alla trasmissione delle informazioni e alla produzione di cultura. Ci occuperemo meglio di questo nel capitolo dedicato all’analisi dell’opera.

Un’altra caratteristica di questo periodo storico, per quanto riguarda l’Europa, é senza dubbio l’ascesa al suo interno della forma politico-territoriale dello stato nazionale, che si era imposto definitivamente con i processi che, dopo casi come l’indipendenza del Belgio e della Grecia, avevano portato poi all’unificazione delle due più importanti fra le nuove entità nazionali, cioè la Germania e l’Italia.

La nazione non si compone solo di un territorio, ma implica il riconoscimento di una comunità di cittadini che vi si identifichino in base di solito ad un’unità etnica e linguistica che spesso è anche religiosa. Nei territori dell’Europa Orientale e dei Balcani, in cui domina la forma più vecchia degli Imperi, quello Ottomano, quello Austro-ungarico e quello Russo, non basati sulle colonie, ma sul dominio di più regioni contigue, è evidente la contrapposizione fra il modello nazionale e questa forma politica ormai in crisi. Le differenti etnie slave e balcaniche rivendicano il principio della nazionalità per potersi rendere indipendenti, proprio perché spesso e volentieri la loro lingua e la loro religione differiscono da quella dei loro dominatori. Negli ambienti progressisti del resto dell’Europa, compresi quelli rivoluzionari, è abbastanza diffusa la solidarietà nei confronti di queste rivendicazioni.

Dunque uno dei lavori che compiono gli Stati nazionali è quello di costruire la loro identità e il loro riconoscimento. Lo fanno nelle forme simboliche degli inni, delle bandiere e delle feste nazionali, nel riconoscimento dei gruppi sociali di élite e delle professioni, lo fanno soprattutto nell’organizzazione dell’istruzione, gestita dallo Stato a partire dal livello primario, per rafforzare dall’alfabetizzazione fino ai gradi più alti della lingua e dell’identità della nazione. Le università sono sempre più legate allo stato, e discipline umanistiche come la storia e la geografia, che dell’Università cominciano a fare parte integrante, sono

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chiamate a consolidarne l’immagine a un livello più intellettuale. Nascono così le scuole nazionali nelle diverse discipline.

L’esempio che ci riguarda più da vicino è quello dell’introduzione dell’insegnamento della geografia nella Francia della Terza Repubblica, perché ci consente un parallelo fra il lavoro di Reclus e quello dei geografi suoi contemporanei, per collocare la sua opera in un contesto senza il quale diventa difficile comprenderla. In Francia l’insegnamento della geografia come disciplina autonoma entra nelle scuole superiori, e poco dopo nelle università, proprio in seguito alla pesante Défaite subita dai francesi nella guerra franco-prussiana del 1870, dalla quale si cerca di ricostruire in Francia un’identità nazionale repubblicana. Anche la Comune di Parigi ha forti contraccolpi sulla vita della nazione; fra quelli che ci interessano di più in questo momento l’allontanamento dalla Francia di geografi come appunto Reclus.

E’ molto forte, in quel periodo, l’idea che la superiorità militare prussiana dipendesse anche dal fatto che l’armata del Kaiser disponeva di migliori carte topografiche, vista la più solida tradizione di insegnamento della geografia non solo nelle università, ma anche nelle Accademie militari prussiane, mentre in Francia non c’erano più istituzioni all’avanguardia come poteva essere il Dépôt Général de la Guerre di epoca napoleonica. Naturalmente una simile spiegazione non può che giustificare molto parzialmente fatti storici di tale portata; lo stesso Reclus sfata in parte questo mito quando afferma proprio nel volume della NGU dedicato alla Germania che, se il livello dell’istruzione in generale era elevato, restavano limiti nell’accesso all’istruzione superiore. Nella fattispecie, « d’après certains panégyristes, on aurait pu s’imaginer la nation composée de savants : l’armée prussienne, traversant le Rhin, a été représentée comme une armée de géographes. On lui faisait trop d’honneur. » 146

Ma in ogni modo l’argomento ha presa e influisce sulla riforma del sistema educativo che la Terza Repubblica mette in opera già nei primi anni ’70 nella scuola secondaria, almeno per quanto riguarda la geografia, il cui insegnamento viene introdotto con la riforma del 1872. Nella sua istituzionalizzazione gioca un

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ruolo primario la figura di un geografo come Émile Levasseur, autore in quegli anni di un Rapport général sur l’enseignement de l’histoire et de la géographie, e di un progetto per L’Etude et l’enseignement de la géographie. Da quel momento, « la géographie ne quittera plus l’enseignement secondaire »147

Nel dare risposta a quello che è stato definito il défi allemand, al quale nell’ultimo quarto del XIX secolo si aggiungevano la sfida coloniale e il problema dell’organizzazione dell’istruzione pubblica repubblicana, « une sorte d’alliance fut conclue, du moins verbalement, entre la science et la république. Les termes - science- et -République-, très souvent juxtaposés, se servaient mutuellement de justification. »148 Questo a maggior ragione quando dalle scuole la geografia arriva a conquistare le Università, dove fra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento le cattedre e le tesi di geografia si moltiplicano, e la geografia universitaria francese si identifica progressivamente con quella che diventerà celebre come la grande scuola della géographie humaine.

Il caposcuola indiscusso di quest’ultima, Paul Vidal de la Blache (1844- 1918), titolare dell’insegnamento all’ENS e successivamente alla Sorbonne, inaugura nel 1873 il suo primo corso di geografia all’università di Nancy pronunciando un discorso in cui presenta l’Europa come il punto di partenza, per dei motivi che si collocano con molta precisione nel periodo in oggetto. « L’Europe est le théâtre sur lequel se jouent nos destinées, le principal marché qui s’ouvre à nos produits, l’objet par conséquent qu’il nous emporte le plus de connaître. »149 Il soggetto di questa conoscenza è un « noi » che si identifica con la nazione francese, alle prese con una difficile collocazione nel suo continente all’indomani di una sconfitta che ne ha ridimensionato il ruolo.

Ma nei confronti della Germania, come accennato prima, c’é anche ammirazione per i risultati scientifici ottenuti dal sistema accademico tedesco. E’ proprio Vidal uno dei primi che svolgono viaggi di studio dall’altra parte del Reno

147 P. Clerc, Émile Levasseur, un libéral en géographie, « L’Espace Géographique » 1 (2007), p.

82.

148 V. Berdoulay, La formation de l’école française de géographie, cit., p. 38.

149 P. Vidal de la Blache, La péninsule européenne, l’Océan et la Méditerranée : leçon d’ouverture

du cours d’histoire et géographie à la faculté de lettres de Nancy, Paris/Nancy, Berger-Levrault & Cie, 1873, p. 2.

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per conoscere meglio la scuola di geografi che aveva prodotto quel Paese, entrando in contatto con gli allievi, diretti e indiretti, di Ritter, che rimarrà per il geografo francese uno dei principali riferimenti, come già lo era stato nel periodo dei suoi studi. « An der Ecole française d’Athens liest er den Kosmos Alexander von Humboldts und Ritters Erdkunde – beide Lektüren üben auf ihn eine „influence profonde“ aus (…) Daher unternimmt Vidal 1874 eine Reise an das Geographische Institut in Gotha, begegnet Ferdinand von Richtofen in Berlin und Oscar Peschel in Leipzig. »150 Alcuni elementi della comune matrice ritteriana di Reclus e Vidal sono sottolineati anche da Marie-Claire Robic quando scrive che i due « émettent des jugements semblables sur la variabilité historique des relations entre le hommes et le milieu. Ils rejoignent en cela le géographe allemand Carl Ritter, qui est leur commun inspirateur, non exclusif d’ailleurs : Reclus a été l’auditeur du cours de Ritter à Berlin et a traduit l’une de ses leçons (…) tandis que Vidal, lecteur de Ritter depuis ses premières missions de chercheur à l’Ecole d’Athènes, s’en montre un connaisseur averti et n’hésite pas à lire les écrits de Reclus à l’aune des propos ritteriens. »151

Dal punto di vista scientifico dunque la scuola dei “vidaliani”, letta dai protagonisti della “riscoperta reclusiana” degli anni ’70-’80, in particolare i geografi di « Hérodote », come contrapposta alla geografia di Reclus, ha anche significativi punti di contatto con l’autore della NGU, proprio a partire dal fatto che lo stesso Vidal, contemporaneo di Reclus, ne condivide almeno in parte i riferimenti genealogici. C’è stato invece chi ha sostenuto, al contrario, che « parmi tous les géographes français, les vidaliens apparaissent comme des modestes et fidèles disciples de la géographie allemande. »152 Ovviamente un giudizio così perentorio non trova concorde gran parte della letteratura che si è occupata della géographie humaine, a partire dal classico lavoro di Lucien Febvre del 1922, La Terre et l’évolution humaine, in cui la scuola francese viene definita

150 G. Ahlbrecht, Preußenbaume und Bagdadbahn, Deutschland im Blick der französischen Geo-

Disziplinen (1821-2004), Passau, Verlag Karl Stutz, 2006, pp. 158-160.

151 M.-C. Robic, De la relativité … Élisée Reclus, Paul Vidal de la Blache et l’espace-temps, in R.

Creagh (ed.) et alii, Élisée Reclus – Paul Vidal de la Blache : Le Géographe, la cité et le monde, hier et aujourd’hui. Autour de 1905, Paris, L’Harmattan, 2009, pp. 306-307.

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in contrapposizione abbastanza netta rispetto alla scuola tedesca. In particolare Febvre “inventa” le categorie del possibilismo e del determinismo per distanziare nettamente la scuola francese da geografi come il citato Friedrich Ratzel.153

L’impostazione dei più recenti lavori degli storici della geografia francese tende a valutare di volta in volta l’apporto del transfer e il dialogo che ci può essere fra un autore come Vidal e un suo contemporaneo come Ratzel, ad esempio nell’individuazione dei metodi che lo porteranno alla redazione del Tableau de la Géographie de la France154, considerato il “classico” che va a codificare in qualche modo il genere della géographie humaine. « L’écriture du Tableau a donc joué le rôle de -pierre de touche- dans la lecture de Ratzel. Son nom ne figure pourtant pas parmi les références du livre (…) Quelques collègues géographes signalent, parmi les déplacements opérés par Vidal de la Blache, les distances qu’il prend avec les traditions historiques et en particulier avec l’inspiration allemande. »155

Nel più celebre degli scritti teorici vidaliani, i Principes de Géographie humaine, la storia dei tentativi di interpretare il mondo traccia una genealogia di concetti geografici di lungo periodo molto simile a quella reclusiana, risentendo a sua volta tanto della riscoperta straboniana quanto dell’influenza ritteriana. Secondo Vidal, ancora all’epoca delle scoperte geografiche della prima età moderna, « ceux qui, d' après ces données, essayaient de retracer des tableaux ou des –miroirs- du monde, ne se montrent en rien supérieurs à Strabon. »156 Quando, nel 1650, esce la geografia generale di Varenius, questa viene definita « l’œuvre la plus remarquable qui ait paru avant Ritter. »157

Dal punto di vista accademico, invece, è evidente che Reclus non può partecipare a questo processo di istituzionalizzazione della disciplina. L’autore della NGU proprio in quegli anni vive in esilio e sui problemi della Repubblica ha

153 Per una critica dell’impostazione di Febvre si veda F. Farinelli, Come Lucien Febvre inventò il

determinismo, in L. Febvre, La terra e l’evoluzione umana, Torino, Einaudi, 1981, pp. I-VL.

154 P. Vidal de la Blache, Tableau de la Géographie de la France, Paris, Hachette, 1903.

155 M.-C. Robic, Territorialiser la nation. Le Tableau entre géographie historique, géographie

politique et géographie humaine, in M.C. Robic (ed.) Le Tableau de la Géographie de la France de Paul Vidal de la Blache : dans le labyrinthe des formes, Paris, CTHS, 2000, p. 189.

156P. Vidal de la Blache, Principes de Géographie Humaine, Paris, Colin, 1922, p. 4. 157 Ibid.

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espresso un parere inequivocabile partecipando alla Comune: i geografi anarchici « furent tenus à l’écart du système universitaire français en raison de leur engagement politique et de leurs activités anarchistes, jugées subversives. »158 E’ evidente che questa distanza materiale si traduce in una distanza fra i due circoli scientifici.

Quello che ci sembra più significativo sottolineare per dare un contesto allo studio della NGU è in questo momento il contrasto fra geografia universale e geografie nazionali. Se da una parte un gruppo di intellettuali tendenzialmente apolidi, dalla composizione estremamente cosmopolita, produce una geografia universale che non dà un peso predominante ad alcuna contrada in particolare rispetto alle altre, dall’altra le scuole nazionali si organizzano nelle università e tendono ad avere, come propri “capolavori” geografici del periodo, le monografie destinate a rappresentare la propria nazione, e affermarne l’identità. In Europa questo processo culmina un po’ dappertutto in opere come Deutschland: Einfuhrung in Die Heimatkunde di Friedrich Ratzel, Britain and British Seas di Halford Mackinder. In Francia il “classico” per eccellenza è il citato Tableau, seguito dalle altrettanto classiche monografie regionali dei suoi allievi, destinate a fornire ciascuna una rappresentazione di una regione diversa del suolo francese.

Questo corrisponde a un diverso atteggiamento dei geografi nei confronti della realtà sociale loro contemporanea. Gli esponenti della géographie humaine saranno in buona parte nazionalisti e si schiereranno all’unanimità a favore dell’impegno bellico nella Grande Guerra, partecipando attivamente al Service Géographique de l’Armée. Anche gli allievi di Vidal produrranno la loro Géographie Universelle,159 opera tra l’altro ricca di elementi di intertestualità con quella reclusiana, ma questa uscirà nel periodo a cavallo fra le due guerre mondiali, in un contesto storico ormai differente: delle geografie universali quella di Reclus è l’unica che esce in questo fatidico quarantennio 1875-1914, in controtendenza rispetto al ruolo preponderante che prendono i nazionalismi.

158 V. Berdoulay, La formation de l’école française de géographie, cit., p. 171.

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L’opera si configura dunque anche come il grande sforzo volontaristico di dare un punto di vista sul mondo differente da quello che al momento predomina.

Di qui l’idea diffusa nella storia della geografia francese che « certains auteurs paraissent isolés en tant que géographes, comme Élisée Reclus. »160 Bisogna però fare attenzione, perché questo « isolamento » vale rispetto al circuito accademico, nella fattispecie francese: la rete di scienziati che fa capo a Reclus, come andiamo a vedere, gode di contatti editoriali e scientifici in diversi Paesi d’Europa, dando l’idea di un autore tutt’altro che isolato. Anche per quanto riguarda le Università, neppure a Reclus nei Paesi dell’esilio mancano le offerte: nel 1890 è il geografo che rifiuta una cattedra di geografia offerta dall’Università di Ginevra161 per non abbandonare il lavoro agli ultimi volumi della NGU. A Bruxelles, finita l’opera, Reclus si reca per accettare l’offerta dell’Université Libre, che solo in un secondo momento, a costo della rottura con i futuri fondatori dell’Université Nouvelle, gli revocherà la cattedra.162

Senza contare che i lavori di Reclus, stampati in tirature destinate a un pubblico relativamente vasto, sono letti attentamente anche dagli specialisti, fra cui i geografi della scuola francese. Sugli « Annales de géographie » fra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo questi dedicano all’autore della NGU, come hanno dimostrato studi recenti,163 un significativo numero di citazioni.

160 V. Berdoulay, La formation de l’école française de géographie, cit., p. 171.

161 BNF, DM, NAF, 22909, f 20, État et canton de Genève ; Bibliothèque de Genève (BGE), Ms.

1739, f 119, lettre d’E. Reclus à E. Ricard, 10 fév. 1890.

162 Si veda su questa vicenda A. Uyttebrouck, L’”Incident Reclus” vu à travers les archives

officielles de l’Université Libre de Bruxelles, “ Revue Belge de géographie ”, 1 (1986), pp. 23-52.

163 J.B. Arrault, La référence Reclus : pour une relecture des rapports entre Reclus et l’École

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