A NNALI DELLA
S CUOLA N ORMALE S UPERIORE DI P ISA Classe di Scienze
G IANFRANCO C IMMINO
Sulle equazioni lineari alle derivate parziali del secondo ordine di tipo ellittico sopra una superficie chiusa
Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa, Classe di Scienze 2
esérie, tome 7, n
o1 (1938), p. 73-96
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DEL
SECONDO ORDINE
DITIPO ELLITTICO SOPRA UNA SUPERFICIE CHIUSA
di GIANFRANCO CIMMINO
(Napoli).
Allo studio delle
equazioni
alle derivateparziali
su unasuperficie,
opiù generalmente
su unavarietà,
se siprescinde
dalle numerose ricercheriguardanti
le funzioni
potenziali
sullesuperficie
diRIEMANN,
e daquelle
sullaequazione
di BELTRAMI che si
presenta
nelproblema
dellarappresentazione
conforme diuna
superficie ordinaria,
non sono stati dedicatifinora,
perquanto sappia,
chepochi
lavori. Abbiamo da citare soltanto una estensionedell’ equazione
di BELTRAMI considerata daÉ.
PICARD(1),
unesempio
trattato da D. HILBERT(2),
che haesposto
il suo metodo della funzione dettaparametrice,
per il caso di una equa- zione lineare alle derivateparziali
del second’ ordine ditipo
ellitico sopra la sfera(3),
un lavoro di G. GIRAUD(4),
in cui la definizionedell’ equazione
è datain’ base a una metrica fissata sulla varietà e la risoluzione del
problema
vienericondotta a
quella
di unaequazione integrale,
mediante il consueto metodo della funzione di GREEN.Nella
presente
memoria siprecisa
anzitutto ingenerale
il concetto di equa- zione alle derivateparziali
sopra unasuperficie topologicamente
definita. Si estendepoi
al caso delleequazioni generali
ditipo
ellittico del secondo ordine sopra unasuperficie
chiusa un metodo ideato da R. CACCIOPPOLI(5),
per provare i teoremi di esistenzadegli integrali
abeliani sullesuperficie
di RIEMANNchiuse,
metodoche si basa su alcune
semplici
nozioni di analisi funzionale lineare e in cui nonsi fa ricorso nè alla funzione di
GREEN,
nè ad altre soluzioni fondamentali delgenere. ,
(1) Annales qeientifiques de 1’ École Normale Supérieure, III série, t. 25, pp. 9-17, (1909).
(2) Grundzüge einer allgemeinen Theorie der linearen Integralgleichungen, pp. 213-242.
(3) Il metodo della parametrice di D. HILBERT è stato poi esteso da O. HAUPT, nello studio
di un’ equazione a derivate parziali su una superficie di RIEMANN, Mathematische Annalen,
t. 88, pp. 136-150, (1922).
(4) Annales de la -Société polonaise de mathématique, t. XII, pp. 35-54, (1934).
(5) Rendiconti della R. Accademia delle Scienze Fisiche e Matematiche di Napoli, serie 4a,
vol. IV, pp. 49-54, (1934).
Al fine di
giungere
a taleestensione,
si dimostra unaproprietà integrale
per le soluzioni delleequazioni
alle derivateparziali considerate,
laquale
costituisceuna naturale
generalizzazione
dellaproprietà
espressa dal teorema della media di GAUSS per le funzioni armoniche.E,
alpari
dellaproprietà
di media delle funzioniarmoniche,
cos pure la dettaproprietà integrale
si riconosce come unaproprietà caratteristica,
nel senso che unafunzione, supposta
anche soltanto som- mabile insieme con una sua certapotenza,
se verificaquella proprietà
in tuttoun campo, non
può
checoincidere,
a meno eventualmente deipunti
di un insiemedi misura
nulla,
con una soluzionedell’equazione
a derivateparziali.
Dall’ indicata estensione del metodo di R. CACCIOPPOLI si deduce senza dif- ficoltà il teorema dell’ alternativa. E si osservi
che,
in talmaniera,
sigiunge
direttamente a teoremi esistenziali su una
superficie chiusa, laddove, volendo,
comesi fa
talvolta,
dedurli per mezzo delprocedimento
alternato di SCHWARZ dai teo- remi esistenzialipel
caso di unasuperficie aperta,
si dovrebbepreventivamente
trattare
questo
caso, introducendo cos una difficoltà estranea alproblema
sullasuperficie chiusa,
e cioèquella
di rendere verificata la condizione al contorno.Del modo di superare tale
difficoltà, quando
sivoglia applicare
il metodo delpresente
lavoro anche al caso dellesuperficie aperte,
mi propongo dioccuparmi
in una
prossima
ricerca.Infine,
è pure da rilevareche,
sequi,
persemplicità,
si considera il caso delleequazioni
in duevariabili,
l’ estensione al caso dipiù
variabili nonpresenta peraltro
nessuna sostanziale difficoltà.1. - Definizioni e
ipotesi
fonda,mentali.Sia una
superficie
chiusatopologicamente
definita(1).
Adogni punto
Pdi 8 si coordinano
dunque degli
intorni di P e in base aquesta
nozionesi
può
dare la definizione dipunto limite, punto interno, esterno,
frontiera perun insieme di
punti
di8,
equindi
la definizione di insiemeaperto (i
suddettiintorni riuscendo
particolari
insiemiaperti),
insieme chiuso equella
di funzionecontinua su S.
La
superficie S
sipuò ricoprire
per intero con un numero finito diintorni,
diciamo
è1f, ~z,....,
ciascuno deiquali, naturalmente,
sisovrapporrà
inparte
a
qualcuno
dei rimanenti. Stabilita unacorrispondenza biunivoca
e bicontinua1-’k
fra i
punti
P di ciascunc71,
e ipunti
di un dato insiemeaperto
A delpiano x, y,
si dirà che
gli
e lerk
forniscono unarappresentazione
I’ di S su A.È poi
sempre
possibile
fissare in ciascunodegli 3k
unaporzione
chiusa8k
di 8 inmaniera che le
S1, Sz,...., 8n
forniscano unadecomposizione
diS,
cioè siano duea due
prive
dipunti
interni comuni ed abbiano per somma la S.(6) Cfr. Il WEYL: Die Idee der Riemannschen Fläche, pp. 16-25.
In
seguito
considereremo soltantorappresentazioni
I’ taliche, allorquando
dire intorni
9h,
abbianopunti comuni,
detti Xh, yh, e Xk, yl, icorrispondenti
in A di uno stesso
punto
di Spensato
comeappartenente
una volta a e unavolta a nella
corrispondenza
biunivoca e bicontinua che ne consegue fragl’ in-
torni su A di e Xk, yk, le xh, yh siano funzioni continue insieme con le deri- vate
parziali
deiprimi
due ordinirispetto
alle Xlc, Ylc(e quindi
anche inversa-mente,
le xk, ykrispetto
alle xh,ytL).
Supporremo
che siaassegnata,
una volta pertutte,
una certarappresenta-
zione
1’
di taletipo,
e considereremo esclusivamenterappresentazioni
r diS,
taliche,
nellacorrispondenza
biunivoca e bicontinua intercedente fragl’ insiemi
for-mati dai
punti x, j
e x, y diA,
checorrispondono,
in unaI h
relativa a r e inuna
I" k
relativa ar,
a uno stessopunto
diS,
le x, y riescano funzioni dellex, i~
dotate di derivate
parziali prime
e seconde continue(e viceversa). Rappresenta-
zioni cosiffatte verranno dette
rappresentazioni regolari
di S.Chiameremo misurabili
gl’ insiemi
dipunti
E diS,
aiquali corrispondono
in
r (e quindi
anche inogni
altrarappresentazione regolare
1’ diS)
insiemimisurabili di A. E se
questi
ultimi sono tutti di misuranulla,
diremo che è dimisurà
nulla l’insieme E.Ad
ogni
funzioneg(P) assegnata
su Scorrispondono,
medianteI,
delle fun-zioni
qJk(X, y)
definitein A ;
è immediato che lag(P)
sarà continua in unpunto P
di S
quando,
e soloquando, una I ,
relativa a unarappresentazione regolare
r dialuogo
a una funzione continua nelpunto
x, y di Acorrispondente
a P. Seinoltre la
(pk(x, y)
è dotata di derivateparziali prime (o seconde)
continue in x, y, allora lacp(P)
si dirà dotata di derivateparziali prime (o seconde)
continue nelpunto
P di S.La
g(P)
si dirà sommabile snS,
se tali sono le991,(x, y)
ad essacorrispon-
denti mediante 1’ in A.
Questa nozione,
come leprecedenti,
nondipende,
eviden-.
temente,
dallarappresentazione regolare I’
adottata per S. Peraltro il valore del-l’integrale
dig(P)
suS,
o su un insieme misurabile di S(in particolare
lamisura dell’insieme
E),
nonpuò
definirsi in manieraindipendente
dalla rappre- sentazione I’.Precisamente,
indicando conEk, gl’ insiemi
diA, corrispondenti
nelle
7~
delleporzioni
di E contenute nellesingole
porremo per definizioneSia ora
F(E)
una funzione additivadegl’ insiemi
misurabili di S. LaF(E)
si dirà assolutamente continua su
S,
’se, perogni
successione di insiemi rnisu- rabiliE,
per cui tenda a zero lamisura (presa rispetto
ar,
equindi
anche lamisura presa
rispetto
a unaqualsiasi
altrarappresentazione regolare
riesce lim
F(E) = o.
AllaF(E),
mediante unarappresentazione regolare r,
cor-risponderanno
delle funzioni additive assolutamente continueFk(E)
in A. Lederivate di
queste
sono delle funzioniók(X, y)
sommabili in A. Le funzioniók.
verranno da noi anche indicate con l’ unica
lettera ò,
e si dirà che ó è la densitàdella
F(E)
relativa a r.Se x, y
e~~ y’
sono le coordinate deipunti
di A che hanno comecorrispon- dente, rispettivamente
in una7~
relativa a I" e in una relativa a un’ altrarappresentazione regolare
F’(che può
anche essere, inparticolare,
la stessa1’),
un medesimo
punto
di S comune ai due intorni3j’,
la densitàõ’ (x’, y’)
di
F(E)
relativa al’k’
si otterrà daquella o(x, y)
relativa aFh
mediante la relazione-
valida,
a meno eventualmente deipunti
di un insieme di misuranulla,
in tuttala
parte
comune a edè11/.
2. -
Equazioni
alle derivateparziali
su S.Sia u una funzione dotata di derivate
parziali prime
e seconde continue su Se siano
(k= 1, 2,...., n)
delle funzioni definite nell’ intornoà j~
di
S,
relativo a una certarappresentazione regolare
r di S su A. Consideriamc1’ espressione
a derivateparziali
con la
quale simboleggiamo
le diverseespressioni
a derivateparziali
definite inA, quando,
inogni
intorno~k
relativo aF,
ai coefficienti a,b,...., q
si sostituiscanobk,....,
qk e alla 1t la funzionedi x,
y cui essa si riduce inè1k
in base a F.Nella
parte
comune a due intornièlh, 3k
le duerappresentazioni n
farannocorrispondere
a uno stessopunto
di S duepunti
xh, Yh e di A. Cos siavranno due sistemi di valori dei
coefficienti;
noiesigeremo
chequesti
due sistemidi valori siano
legati
fra loro in maniera tale che risultidove al secondo membro la si
pensi
trasformata in unaespressione
a deri-vate
parziali rispetto
alle variabili mediante le formole di trasformazione che fanno passare dalle alle Xh, y~. Conformemente aciò, passando
da T’a un’ altra
rappresentazione regolare
definiremo la trasformata di in I"determinando i coefficienti
a’, b’,,..., q’
relativi a 7~ in manierache,
e x’ y’
le coordinate di duepunti
di Acorrispondenti
in 1~’ e 1’’rispettivamente
a un medesimo
punto
~’ diS,
risultiIn altri
termini, posto
i coefficienti di
2F,u
sonolegati
aquelli
di~~u
dalle relazioniEvidentemente,
per(2),
la relazione èreciproca.
Indicheremo brevemente con £u l’ insieme di tutte le
£ru (per
tutte le rappre- sentazioniregolari 1’),
oppure unaqualunque
di esse, e diremo che £u==0 è unaequazione
alle derivateparziali
su S.Dalle
(4)
risulta che il valore del discriminanteac- b2
èindipendente
dallarappresentazione regolare
I’allaquale
Lu vieneriferita,
ciò che consente di distin- guere leequazioni
alle derivateparziali
sullasuperficie
nei tretipi ellitico, iper-
bolico e
parabolico
alla maniera consueta.Consideriamo ora,
supponendo
la continuità in A anche per le derivateparziali prime
e secondedi a, b,
c e per le derivateparziali prime di l, m, l’espressione, aggiunta
della(1),
’In base alle
(4),
un facilecalcolo permette
di riconoscere che la dedotta dalla(5)
colpassaggio
da sarà purel’espressione aggiunta
della(3).
Pertanto la
può
chiamarsi su S. _La £u si dirà
autoaggiunta,
se i suoi coefficientirispetto
a r(e quindi
anche
rispetto
adogni
altrar)
coincidono ordinatamente conquelli
diPer avere un
semplice esempio
diequazione
alle derivateparziali
su unasuperficie ordinaria,
basta pensare alla classicaequazione
diBELTRAMI,
laquale
è
appunto autoaggiunta
e ditipo
ellittico.3. - Le funzioni additive d’ inaieme
legate
ann’ equazione
alle derivate par- ziali su S.In base alla data definizione dell’
espressione
alle derivateparziali
~usu S,
si vede
che,
secondoquanto
è stato osservato in fine del n.°1,
la Lupuò
consi-derarsi come una
densità,
relativa a una certa funzione additiva sullasuperficie.
Consideriamo ora,- indicando con p un
numero > 2,
la totalità delle funzioni additive d’insiemeF(E)
con densità di sommabile su S. Lospazio
P-1
funzionale costituito da
queste è, naturalmente, indipendente
dallapartico-
lare
rappresentazione regolare I’ prescelta
per S. Fissiamo in esso unametrica, dipendente
dallarappresentazione I,
definendo come distanza di funzioniF1 (E), F2(E),
di densitàrispettivamente 8i(P), b2(P),
laDefiniamo
poi
la relazione di limiteintendendo che essa
equivalga
aÈ
chiaro che il limite di una successione di funzioni dellospazio
funzionaleche consideriamo è ancora una funzione del medesimo
spazio,
sicchèquesto
èuno
spazio
lineare . metricocompleto.
Lo indicheremo con’¿_~-_’
.jJ -1
Consideriamo
poi
ancoraquel sottospazio
diche
siottiene, prendendo
p-1
tutte le funzioni
u(P),
continue insieme con le derivateparziali
deiprimi
dueordini
su S,
e, per ognuna diqueste,
la funzioneF(E)
che ha per densità ~.2c.Tale
sottospazio
verrà indicato con ~~’*.Indicheremo infine con 2;* il
sottospazio
formato da tutte le funzioni di .2;*e da tutte le funzioni
limiti,
nel senso adessospecificato,
di funzioniapparte-
’
nenti a 2-’*.
Fissata una funzione di p-ma
potenza
sommabilesu S, prendiamo
inesame il funzionale lineare definito in da
})-1
dove
ó(P)
indica al solito la densità dF(E).
Esso evidentemente nondipende
dalla
rappresentazione
I’ adottata perS, giacchè, passando
dallarappresenta-
zione I’ a un’ altra
T’,
si vienesemplicemente
ad operare una sostituzione divariabili
nell’ integrale
al secondo membro. -Ciò
posto,
enunciamo il teorema fondamentale relativo alleequazioni
ditipo ellittico,
che ciproponiamo
di provare inquanto
segue :Se il funzionale lineare
(9)
definito in2. , , è
zero per tutte leF(E)
di-Y*,
p-i
~ , ~
la
f(P) potrà
differire soltantoal più punti
di un insieme di misura nulla da 1tna soluzione vdell’equazione
A tale risultato
giungeremo dimostrando, anzitutto, che, nell’ ipotesi
delteorema,
la
f(P)
deve verificare una certaproprietà integrale analoga
aquella
della mediadi GAUSS per le funzioni armoniche. Successivamente proveremo che tale pro-
prietà integrale, prescindendo dagl’insiemi
di misuranulla,
è caratteristica per le soluzioni diDalla
proposizione
oraenunciata,
in base a noti teoremi di analisi funzionalelineare,
discende immediatamenteche,
sel’equazione
èpriva
di soluzioni diverse dallo zero, lospazio
-Y* ècompleto in --’
cioè 2* coincidecono
.- P-i p-i
Nel caso
contrario,
03A3* si compone di tutte le funzioni F di03A3p
che riesconoF /’/’
ortogonali
alle soluzioni non nulle v di cheverificano, cioè, la’ vdf=0.
o
s’ ,
Vedremo fra breve
(n. 7),
come da ciò si deduceagevolmente
il teorema dell’ alternativa per1’ equazione (1).
4. - Dimostrazione di una
proprietà integrale.
Da ora in
poi,
supporremo sempre che la(1)
sia ditipo ellittico,
che siacioè
ae - b2 > o,
e inoltre a, c semprepositivi,
per unaopportuna
scelta dellarappresentazione regolare
r. ,Fissata r in tal modo e detto
Po
unpunto
diS,
sia xo, yo ilpunto
di Acorrispondente
aPo
in una relativa a1-’;
detti ao,bo,
co, icorrispondenti
valori di a,
b,
c,poniamo
Sia
poi r
un valorepositivo
abbastanzapiccolo,
affinchè l’ ellisse di centro xo, yo,rappresentata dall’equazione (10)
per sia contenuta in A.Ciò
posto,
detto v un interopositivo arbitrario,
definiamo entro la detta ellisse la funzioney),
data da ~.~Estendiamo, poi,
la definizione della funzione all’ interasuperficie S, ponendola
zero in tutti i rimanenti
punti
di S. Con ciò si otterrà evidentemente una fun- zione continua con le derivateparziali prime
e secondesu S, giacchè,
come subito si
riconosce,
gv si annulla con le sueprime
duederivate,
pere2 =r2.
Supponiamo
adesso chef(P)
sia una funzione di p-mapotenza
sommabilesu S,
tale che il funzionale lineare(9)
sia sempre zero, per tutte leF(E)
di 2*.In
particolare
dovrà essere alloraove si in~ ‘ n i con
Eo
l’ellisse0~~~~.
Vogliamo
ora passare al limite per v nella(12).
Osserviamo anzitutto cheladdove
Operiamo
adesso la sostituzione di variabiliindicando A, rispettivamente
lelunghezze
divise per edegli
assimaggiore
e minore dell’ ellissi
(10)
el’ angolo
formato dall’ assemaggiore
--opportuna-
mente orientato - con l’asse x; sicchè
A,
riuscirannodipendenti
in manieracontinua da 2,’0, yo e saranno
legati
dalle relazioniTenendo
presente
che da(14)
e(15)
risultae
ponendo,
per brevità discrittura,
si trova cos
Poniamo ancora, per
abbreviare,
e osserviamo
che, quando e = °,
H si riduce ad come si vede dalle(15) ;
onde, supponendo -
come sempre faremo inseguito
-- l’esistenza di derivateparziali
continuepei coefficienti a, b, c,
la differenza2H-(aco-2bbo+cao)
si man-terrà limitata anche
quando Q-0.
QIn base a ciò e tenendo
presenti
le(13),
da(17)
si ricavapurchè
esista il limite al secondo membro. Ora noi proveremo chequesto
limite . --esiste,
fatta eccezione alpiù
per ipunti
xo, yo di un insieme di misura nulla su Ae per i valori di r di un insieme di misura nulla su un intervallo 0
con ro
opportunamente
limitato.A tale scopo, ricorriamo al
seguente
artificio. Poniamol’espressione
sotto al segno di limite al secondo membro di(19)
sipuò
scri-vere allora
oppure
anehe, integrando
perparti,
Ora
a
tende a oyo), quando
é -0,
tranne alpiù pei punti
xo, yofl
-di un insieme di misura
nulla ; 2
r2-g tende aquando e - r,
tranne alpiù pei
valori di r di un insieme di misura nulla. E d’ altraparte, quando
esistono i limitidi a e
di2 ~ ,
per Q - 0rispetti-
vamente,
essendoe~ r e-
Annali della Scuola Norm. Sup. - Pisa.
mentre in
questi integrali
le iunzioniintegrande,
per unE > 0 piccolo
apiacere,
tendono uniformemente a zero è facile
y2 ~2
riconoscere che il limite di
(21),
esiste ed è dato daResta con ciò dimostrato
quanto
avevamo affermato. E risulta inoltreche,
dall’annullarsi del lirnite
(19), qualunque
siano r nell’ intervalloe x,, yo in
A,
si deduce che f verificaquasi
ovunque in A laproprietà
integrale
u oper r
quasi
ovunque nell’intervalloNel caso
particolare
chel’espressione
a derivateparziali
~u si riduca ale
(15)
sipotranno
verificareponendo ~,=,u=I,
le(14)
diventano le equa- zioniparametriche
di una circonferenza e la(22)
si muta nella formola cheesprime
il teorema della media di GAUSS per le funzioni armoniche.5. -
Proprietà
di media per le soluzioni delleequazioni
alle derivate par- ziali del 2° ordine ditipo
ellittico.Definita
l’ aggiunta dell’ espressione
£u mediante la(5),
consideriamo una fun- zionev(x, y),
con derivateparziali prime
e seconde continuesu S,
soluzionedella e
applichiamo
la nota formola direciprocità
supponendo
che D sia la corona ellittica definita dadove è,
comeprima,
laquantità (10).
Poniamopoi u=log r
epassiamo
infine al limite per s-0.p
Si
perviene
in tal maniera(dando
ad H ilsignificato
che aveva nel numeroprecedente
edeseguendo
la sostituzione di variabili(14))
alla formolaseguente :
la
quale,
come subito siriconosce,
per non è altro che la(22)
con v alposto
di f. Perquesta ragione,
e perquanto
abbiamo osservato in fine del numeroprecedente,
chiameremo la(24)
laproprietà
di media per le soluzioni del-l’ equazione
Supponiamo
inversamente che lafunzione v,
con derivateparziali prime
e seconde continue
su S,
verifichi laproprietà
di media(24),
per tutti i valori di r sufficientementeprossimi
a zero. Ne segue, derivandorispetto
a r e tenendopresente 1’ espressione esplicita
di £log r
e data nella formola(22),
Dividiamo per r
questa relazione,
indi facciamo tendere r a0; applicando
la
regola
di de FHOSPITAL e ricordando le(14),
in base allequali
sono dacalcolarsi le derivate
rispetto
a ~O ; otteniamo cosMa il
primo
membro diquesta relazione,
come subito sivede,
badando alle(15), (16)
e(18),
non è altro che n - nelpunto
xo, yo.Se ne conclude allora che
proprietà
di media è caratteristica per le soluzionidell’ equazione
Ci tornerà
utile,
perquanto
segue, sostituire alla(24)
una formola dovefigu-
rino soltanto
integrali doppi.
Aciò, moltiplichiamo
per rprimo
e secondo membro.
. 2
di
(24), integrando poi rispetto
a r fra 0 e r, dividendo infineper - ;
2 otte-niamo cos
che si
può
scrivereanche,
indicandorispettivamente
conPo
eQ
ipunti
xo, yo e x, y,dove
essendo
sempre Q2
definita dalla(10).
6. - Caratterizzazione delle soluzioni in base alla
proprietà
di inedia. , Faremo da ora inpoi l’ipotesi (alquanto
sovrabbondante per i risultati cui intendiamopervenire,
ma assai utile al fine di unamaggiore rapidità
di espo-sizione)
che i coefficienti di Lu equelli
di nonchè i secondi membri delleequazioni
non omogenee~u=f,
siano dotati di derivateparziali
deiprimi
due ordini continue in A.
Ciò
posto, vogliamo
supporre chev(x, y)
sia una funzione di p-mapotenza
sommabile su S e che essa verifichi
quasi
ovunque la(24),
per rquasi
ovunque in un intervallo0 ~ r ~ ro
con ro sufficientementeprossimo
a zero, o, ciò che è lostesso,
la(25),
per tuttigli
r dell’ intervallo medesimo. Evogliamo
farvedere che
v(x, y) coinciderà,
tranne alpiù
neipunti
di un insieme di misuranulla,
con una funzione dotata di derivateparziali prime
e secondecontinue,
ondesegue, per
quanto
abbiamo detto nel numeroprecedente,
chev(x, y),
aprescindere dagli
insiemi di misuranulla,
è una soluzione diNotiamo anzitutto
che,
perl’ipotesi
fatta inprincipio,
la funzioneK(Po, Q),
definita da
(27)
perPo # Q, (e,
delpari,
l’ altra funzioneK(Po, Q),
che incon- treremopiù innanzi,
definita allo stesso modo come.K(Po, Q),
coi coefficientidell’ espressione aggiunta
alposto
diquelli
di£u),
sarà dotata in A di deri-vate
parziali prime
e seconde continuerispetto
alle coordinate diPo,
comerispetto
aquelle
diQ.
Dipiù,
indicando coi simboliD,
D2 delle derivazionirispettivamente
delprimo
e del secondo ordine(secondo
unaqualsiasi direzione,
o
coppia
didirezioni) rispetto
alpunto Po,
sussisteranno delle limitazioni deltipo
essendo N una costante abbastanza
grande
ePo, P,
contenuti in unOsserviamo ancora che il secondo
integrale
al secondo membro di(25)
saràuna funzione dotata di derivate
parziali prime
e secondecontinue,
ciòche,
nelleipotesi
di continuità e derivabilità fatte inprincipio
diquesto
numero, si riconosce immediatamente derivando sotto al segnod’integrale rispetto
alle xo, yo, dallequali
- per il tramitedelle x,
y definite dalle(14)
-dipende
la g,laddove,
com’ é subito
visto,
per la definizionedelle 2,
p, (o, dalla continuità delle derivateprime
e seconde deicoefficienti a, b,
c discendequella
delle derivateprime
e se-conde
delle x, y rispetto
alle xo, yo.Ne segue pure
che,
se una funzione z el’espressione
sono dotate di derivateparziali
deiprimi
due ordinicontinue,
lo stesso avverrà perl’integrale
come risulta dalla
(26),
dove si sostituisca z a v ed a g. - Premessoquesto,
laprima
conseguenza chepossiamo
trarre dalla(25)
è che vsarà
limitata ;
ciòdiscende,
in base a una notadisuguaglianza,
dal fatto che Kveri-fica la
prima
delle(28)
e che v è di p-mapotenza
sommabile con p > 2.Supporremo pertanto
la costante N scelta in modo cheil v I
resti inferiore ad essa in tutto ildominio 5,
nelquale
sia sempre contenuta l’ ellissiEo
relativa ad un valore di rcostante,
al variare di yo nell’ intorno di unpunto
arbitrariamenteprefissato.
Scomponiamo
ora ilprimo integrale
al secondo membro di(26)
nella differenzaÈ
chiaro che il secondo diquesti
dueintegrali
varia con continuità al variare diPo ; presi
infatti duepunti Po, P~
abbastanzaprossimi
fraloro,
riesceladdove al secondo membro la funzione
integranda
delprimo integrale
tendeuniformemente a zero con
PP,,
mentre nell’ altrointegrale
tende a zero la misuradel campo
d’integrazione,
restando limitata la funzioneintegranda.
Quanto
alprimo integrale
in(30),
detti60,
i cerchi di centriPo, P1
eraggi 3P0P1 rispettivamente,
è evidente chedove,
al secondomembro,
ilprimo integrale
tende a zero perPi-Po, perchè
la funzione
integranda
tende uniformemente a zero, mentregli
ultimi due inte-grali,
per laprima
delle(28)
edessendo 1 v N,
sonomaggiorati rispettivamente
da 2n -
· 3PoPs,
e 2n.2POPi.
Sicchè ilprimo integrale
in(30)
varia pure con continuità al variare diPo.
Onde si conclude intanto chev(P)
è una funzionecontinua.
Dalla continuità di
v(P)
discendepoi
che il secondointegrale
in(30)
ammettederivate
prime
continuerispetto
aPo ;
infatti la(31),
divisa perpresenta
il
rapporto
incrementaledecomposto
nella somma di duetermini,
deiquali
ilprimo,
per secondo una direzione arbitrariamenteprefissata,
converge al limiteJI DK(Po, Q)v(Q)dQ,
mentre il secondo tende a unintegrale
di lineag)’-Eo
con funzione
integranda
continua. ,D’altra
parte,
dalla(32),
indicando con P unpunto
delsegmento
ricordando la seconda delle
(28)
e osservandoche,
perQ
esterno a@o,
riesce2PQ > Po Q,
si deduce cheper due costanti
h,
h’opportunamente scelte,
onde inparticolare
ilprimo integrale
in
(30)
è una funzione diPo
che verifica una condizione di HÓLDER con espo- nente 1 arbitrario.È
facile riconoscere allora chev(P)
è dotata di derivateparziali prime
e che
queste
sono fornite dalla formulaalla
quale
siperviene,
mediantepassaggio
allimite,
dalla formola stessa scritta coirapporti
incrementali inluogo
dellederivate,
tenendopresente
chev(P),
perquanto
abbiamoprovato,
verificherà unadisuguaglianza
deltipo
(e quindi
inparticolare
.Una condizione di HOLDER conesponente
arbitrariominore di
1),
e ricordando chel’ integrale (29), quando z =1, -ammette,
perquanto
abbiamo
osservato,
derivate continue.Da
(34)
e(35)
e dalla seconda delle(28)
risultainoltre,
per lagià
ricordatadisuguaglianza,
che lederivate prime
di v sono limitate.Giunti a
questo punto,
sipuò
osservare che dalla(26),
scritta nella forma(25),
si deducono formole
analoghe
per le derivateparziali prime
della v, derivando la(25) rispetto
a xoed yo,
laddove è lecito derivare anche sotto il segno d’ in-tegrale,
tenendopresente
che la v è ivi funzione delle xo, yo,composta
mediantele
x(xo, yo)
ey(xo, yo)
definite dalle(14).
E
poichè
le x, y hanno derivate deiprimi
due ordini continuerispetto
alle xo, yo, sipotrà ripetere
lo stessoragionamento
oraesposto,
aproposito
delprimo
inte-grale
in(26),
ai nuoviintegrali
dello stessotipo,
contenenti le derivateparziali
di v, che vengono a
presentarsi
nel derivare sotto al segnod’integrale
in(25).
Da tale
ragionamento
si ricavadunque
che esistono anche le derivate par- ziali seconde della v e che esse sono limitate. ,Infine,
dalle formole per le derivate seconde di v, che siottengono
derivandodue volte nelle
(25),
si deduce che le derivate medesime sonocontinue, ragionando
allo stesso modo come abbiamo fatto
più
sopra, per riconoscere la continuità div(P).
A dimostrare che
v(P)
ammette derivate seconde limitate sipuò giungere
anche per un’ altra
via, analoga
aquella seguita più
sopra per le derivateprime.
Si prova anzitutto che la
v(P)
verifica una condizione deltipo
dove indica una derivazione
rispetto
aPo
secondo la direzione indi siriconosce,
mediante unpassaggio
allimite,
che vale la formoladove,
al secondomembro,
ilprimo
termine ha senso per la terza delle(28)
eper
(36),
il secondo e il terzo hanno sensoperchè l’ integrale (23), quando
per z si ponga una costante o una funzionelineare,
riesce una funzione diPo
dotatadi derivate
parziali prime
e secondecontinue,
comegià
si è detto.Raccogliendo
il risultato diquesto
numero conquello
del numeroprecedente, possiamo
enunciare il teorema :Supposto
che i coefficienti difu, quelli
di e la densità g sianodotati di derivate
parziali prime
e secondecontinue, ogni
funzionev(P), supposta
soltanto di p-mapotenza
sonimabile(p> 2),
che verifichi la pro-prietà
di media(24)
per tuttigli
r sufficientementeprossimi
a zero, saràdotata di derivate
parziali prime
e seconde continue e verificheràl’equazione 01Z£,v= g.
Da
questo teorema,
in base al risultato del n.O4,
discende immediatamente chesussiste il teorema enunciato nel n.O 3..
7. - Il teorema dell’ alternativa.
Da
quanto precede possiamo
dedurre senza difficoltà il teorema dell’ alterna-tiva nella forma
seguente :
.Se
l’equazione aggiunta
omogenea non ammette soluzioni diverse dallo zero suS, l’equazione
data ammettesoluzione, qualunque
siala densità
f,
con derivateparziali dei primi
due ordinicontinue;
se laammette soluzíoni diverse dallo zero, fra
queste
ve ne sarà soltanto unnumero finito di Linearnzente
indipendenti
ví, v2,...., vs, el’equazione
ammetterrà soluzione
quando,
e soloquando,
f èortogonale
a vi, V2,...., Vs su S(7).
Cominciamo a esaminare la
prima
alternativa :supponiamo, cioè,
chel’ equa.
zione non abbia su S altra soluzione che lo zero.
Il teorema del n.O
3,
come abbiamo iviesplicitamente osservato,
ci assicura allora che 03A3* coincide con 03A3 l, .p-i
Pertanto
qualunque
sia la funzione F di 2 p , sipuò
sempre trovare una p-isuccessione di funzioni
Fk
di2*,
che ha per limite(nel
sensospecificato
al n.O3)
la F. Diciamo f la densità di F e
ók. quella
diFk.
Adogni Fk,
per la defini- zione stessa di2:*, corrisponde
una funzione dotata di derivateparziali prime
e seconde
continue,
per cuiVogliamo
ora provareche, nell’ ipotesi
del teorema suf,
dalla successione delle sipuò
sempreestrarre
una sottosuccessione uniformementeconvergente
verso una soluzione u di
£u==f, supponendo,
inprimo luogo,
che le Uk sianoequilimitate
su S. Aciò, applichiamo
la(26),
scambiando £ con M eponendo
ukin
luogo
di v ; abbiamo cos la formoladove K si ottiene da
(27),
sostituendovi ai coefficienti di ~quelli rispettivi
di(7) Si noti che f è qu una densità (n.o 1 fine) e la condizione di ortogonalità su S fra
una funzione e una densità è indipendente dalla rappresentazione r, a differenza della con-
dizione di ortogonalità fra due funzioni, come la (43), che s’ introduce in seguito per artificio di dimostrazione.
Poichè,
d’ altraparte,
sussiste la relazione di limiteè chiaro che il secondo termine al secondo membro di
(38)
converge uniforme-mente,
per verso1’ (( G(Po, Q)f(Q)dQ.
Quanto
alprimo termine,
se, per N abbastanzagrande, riesce
qua-lunque
siak, possiamo applicare
ad esso le deduzioni del numeroprecedente, scomponendolo
nella differenzaanalogamente
aquanto
abbiamo fatto con la(30) ;
dall’eguaglianza corrispondente
alla
(31)
riconosciamo allora cheè,
uniformemente al variaredi k,
mentre dalle
disuguaglianze analoghe
alle(32), (33)
si vede che sussiste unacondizione del
tipo
con le
costanti h,
h’indipendenti
da k.Da tutto ciò risulta che le ~~ sono uniformemente
continue,
equindi,
comeavevamo
affermato,
dalla successione delle uk sipuò
estrarre una successione uniformementeconvergente. È
chiaro allora che la funzione limite2c(P)
verifi-cherà
1’ equazione
limite della
(38).
Ne segue, per il teorema del numero
precedente applicato all’ equazione
che la
u(I»
è dotata di derivateparziali prime
e seconde continue e verifica codestaequazione.
Supponiamo
ora invece che le uk non sianoequilimitate.
Detto alloraMk
ilmassimo
di wk ) 1 su S, sostituendo,
ove occorra, alla successione delle uk una suasottosuccessione,
sipuò
supporre che siaLe funzioni ’x’ y
hanno tutte per massimo modulo su 8
l’unità;
esse sonoquindi equilimitate,
epertanto potremo applicare
ilragionamento precedente all’ equazione
che si ottiene da(38)
dividendone tutti i termini perMk.
Ne segue che dalla successione delleu4
sipuò
estrarre una sottosuccessione uniformementex
convergente ;
diciamo u la relativa funzione limite : essa verificherà 1’equazione
che si ottiene
passando
al limite per k- oc nella(38), dopo
averne diviso perMk primo
e secondomembro,
cioèl’equazione
Ciò prova, per il teorema del numero
precedente,
cheú(P)
è una soluzione del-l’equazione ~===0;
nè laú(P) può
essere identicamente zero,giacchè,
per il modo come è statadefinita,
il massimo del suo modulo su S dev’ essere l’unità.Dunque,
il caso che le ul, non sianoequilimitate
sipuò presentare
soltantose esistono soluzioni non identicamente nulle
dell’ equazione
omogenea iù=0.Proviamo ora che fra tali soluzioni ve ne
potrà
essere soltanto un numerofinito di lineamente
indipendenti.
Se infatti ve ne fosseroinfinite, potremmo
co-struire una successione
ú1, U2,....,
tale cheogni
soluzione di ~ú=0 sia unacombinazione lineare delle
ùj, ú2,....,
successione che sipuò
sempre supporreortogonalizzata
e normalizzata alla manieraseguente
Ma
poichè
leuk(P)
sono alloraequilimitate
e verificano la(41),
sipotrà
estrarre da esse una successione uniformemente
convergente
versoun’.altra
solu-zione di
(41) (e quindi
soluzione anche diiù=0),
laquale,
per laprima
delle
(42),
dovrebbe essereortogonale
a tutte leúk(P)
e per la seconda nonpuò
essere identicamentenulla,
ciò che contraddice ilsupposto
che dalleUlc(P),
mediante combinazioni lineari finite o
infinite,
siottengano
tutte le soluzionidell’
equazione
omogeneaCiò
posto,
ammesso che la £ù=0 sia dotata di soluzioni non identicamentenulle, possiamo
determinarne un numero finitoú1, úz,..·., ús
verificanti le(42)
e tali che
ogni
altra soluzione di sia una combinazione lineare diqueste.
Sottraendo
allora,
ove occorra, da ciascuna delle funzioni della successione Uk sopra considerata unaopportuna
combinazione lineare delleUl’ ~2,...., us,
sipotrà
sempre ottenere una successione uk dello stesso