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I trattatelli "De accentu" e "De orthographia" di Fra Bartolomeo da S.Concordio nel testo e nelle fonti dottrinali

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(1)

T TRATTATELLI

« DE

ACCENTU » e « DE

ORTHOGRAPHIA

»

DI FRA BARTOLOMEO DA S . CONCORDIO

NEL TESTO E NELLE FONTI DOTTRINALI ,

Quando il recensore di un testo latino del medio evo, specia-lmente se questo appartiene ai secoli tardi e a territorio roman-zo, ha sostanzialmente fissato la lezione sui codici manoscritti , dopo avere approfondito il pensiero dell'autore nelle singol e parti e studiato le sue consuetudini di lingua e di stile, non d i rado si trova a dover ancora risolvere alcune spinose question i ortografiche : compito ultimo ed ingrato, come quello che, pur riguardando la superficie del testo, é aggravato dai non pochi dubbi via via rampollati dalle contraddizioni stesse dei mano -scritti, le quali non possono essere sempre sanate col metod o positivo della critica testuale .

Se ne vede la ragione in questo fatto, che, mentre per gli altr i più importanti aspetti si può dire che la latinità dotta del bass o medio evo abbia raggiunta la sua unità, nel campo ortografic o invece troviamo per lo una continua oscillazione fra du e direttive opposte : da una parte le consuetudine grafiche regio-nali e la diversa prassi scrittoria, dall'altra le regole razioregio-nali in buona parte analogiche od etimologiche, desunte dai testi d i studio che nella scuola superiore di grammatica avevano

acquis-tato maggiore autorità . Per ritrovare l'osservanza di quest e regole si dovrà naturalmente prescindere dal latino dei notari , dei chiosatori di testi, e di

quant'

altri scrivono con intento pratico e perciò largamente indulgono al volgarismo ed a consue

(2)

2

tudini scrittorie irrazionali, ed attenersi alle opere

di

autor i forniti di soda dottrina, la cui mentalità, formatasi al rigor e dialettico della filosofia e del giure, doveva ricercare ordine e congruenza anche nell'ortografia .

Per queste opere si presenta ben legittimo il dubbio che no n poche delle disformità ortografiche risultanti dall'esame de i manoscritti non risalgano all'autografo, ma si siano via vi a inserite e moltiplicate nelle trascrizioni di amanuensi semidotti . Il dubbio si rafforza quando si sia identificato come principal e fonte ortografica del basso medio evo il testo che vi avev a maggiore diffusione ed autorità per gli studi superiori, l'Insti-tatio granmaaticadi Prisciano : essa in Italia serve di fondament o primo ai lessici di Papia, Uguccione e Giovanni da Genova, e nell'Università di Parigi, colla sua impostazione filosofica de l problema grammaticale delle parti del discorso (lo stoicism o aveva lasciato tracce indelebili nell'indirizzo della grammatica greca, a cui il Cesariense si attiene), serve di appoggio

ai

maes-tri della <cgrammatica speculativa » . Appunto studiando quest o ampio trattato ricco di magistrale dottrina, ed usando i grandi lessici del tempo, che da esso dipendevano, gli uomini colt i imparavano ad evitare, oltre che nei vocaboli, anche nell'orto-grafia, i volgarismi, che nella progressiva unificazione dell e lingue romanze erano sempre più sentiti come perturbatori dell a tradizione latina, mentre a chi era pago d'una comune ed ele-mentare istruzione bastava una delle numerose grammati-chette compilate per la scuola inferiore sulle tracce del Donattms minor, nelle quali non si dava alcuna regola ortografica .

A questa lacuna intese rimediare qualche maestro, mettend o insieme alcune norme corredate di esempi . Ma che non se ne sentisse veramente il bisogno lo dice il frutto assai modest o che il Thurot ha tratto in questo campo dalla sua vasta ricerc a di manoscritti grammaticali nelle biblioteche francesi (i) : egli ha trovato solo tre scritti degni d'essere segnalati coll'estratt o di alcuni passi, di tre altri contentandosi di indicare l'esistenza (2) . r . Notices et extraits de divers manuscrits latins pour servir ìt l'histoire des doctrines grammaticales au moyen age, t. XXII di Notices et Extraits de la

bibliothèque impériale etautres bibliothèques, Paris, 1868, pp . 12, 39, 4 8 .

2 . Sono anonimi : uno attribuito al sec . X dipendente da Isidoro (p . 11) ; un secondo scritto in versi, del sec . XIV (p . 49) ; un terzo dello stesso secolo , accompagnato da regole di accentuazione (p. 44) .

(3)

3

Di quelli, due appartengono allo scorcio del sec . XIII, e ne cono -sciamo il nome degli autori : maestri italiani entrambi, un « ma-gister Parisius de Altedo comitatus Bononie », altrimenti ignoto , che scrive per mettere in guardia i notari sui loro comun i errori (1), ed un ben noto scrittore latino e volgare di buon gust o e di soda dottrina, Bartolomeo di S . Concordio . Mentre la fonte di un trattatello anonimo, che il Thurot assegna al sec . X, può essere oggetto di ricerca, è certo che quella dei due maestri ita-liani (a quanto desumo anche dai pochi passi citati del Thuro t per il primo) è l'Institutio di Prisciano . È verosimile che un a ricerca metodica nelle biblioteche italiane, per la propension e dei nostri dotti agli studi grammaticali, sarebbe più fruttuosa (2) .

Bartolomeo da S . Concordi o maestro di grammatica e di retorica .

L'attenzione di chi studia la latinità degli scrittori del '20oe

'300italiano — e tutti pensano ai tre Toscani che furono grandis-simi — si deve fermare particolarmente sull'operetta ortogra-fica di Fra Bartolomeo, che fu loro contemporaneo ( 1262 - 1347 )

e corregionale e può darci buona testimonianza delle consueti

-r, Egli dedica il suo trattato ad un (a Baldo notarlo suo compatri », e a propo-sito della lettera h nota : (icirca dictiones aspirantes, vel non, multum soien t

tabelliones errare » ('Tnunar, op . cit ., pag . 142) .

2 . Della fine del secolo XIII sono l'ortografia di Syon, celebre maestro dell o Studio di Vercelli (morto nel Iz9o), colla quale apre il sui (Doctrinale novum ) (ceci . della bibl . Capitolare di Novara [64] CXXXVI), e quella anonima de l cod . Ashburnhamiano 244 ; è di poco più tardiva il commento ortografic o del famoso astrologo Cecco d ' Ascoli (morto nel 1327) a 52 versi memoriali , che A . BBLTIAMItrascrisse dal cod . 9.3 della Queriniana di Brescia (Studi Me _ dievali, II, zgo6, p . 515 egg.) .IIBeltrami crede autore di quei versi memorial i il Syon, benchè il codice (lueriniano li attribuisca a un a quidam Simon

e alcuni si trovino citati in grammatiche anteriori al secolo XIII e, strettamente legaticonic sono al metodo ciel <ïDoctrinale » del Villadei, mostrino un' origin e

piuttosto francese, perchè francese è la tradizione delle opere didascaliche i n versi, mentre quequella italiana è delle opere in prosa . Un terzo di quei versi si trovano già nell'ortografia dello Pseudo-Foca, dal SABBADINI assegnata al secolo XI (Rivista di filologia e istruzione classica,XXVIII, 1900, p . 534 sgg •) ,

colla quale ha notevoli affinità quella di Folchino Borfoni, maestro cremones e della fine del secolo XIV (cfr F . GISISALBEix1,in Archivum Romanicum, V, 1921 , p . 53 1 ) . Notevolmente più antica mostra d'essere quella delle quattro ampi e ortografie contenute nel codice Laurenziano del primo Quattrocento, Ashb . 1893, App ., che occupa i ff . 68-81 ed è commento dei versi memoriali del que-riniano,

(4)

4

dini grafiche nella Toscana del suo tempo : quelle dei dotti di cu i ci mostra le consuetudini razionali dello scrivere indicandon e le fonti, e quelle che considera comuni ed erronee c cerca d i raddrizzare colle sue regole . La sua testimonianza ci può esser e di non piccola utilità per risolvere i dubbi che sorgono nello sta -bilire la forma ortografica di un testo latino conten]poranco , specie se sia toscano ; e non senza ragione il Rajna espresse i l suo rammarico, nel pubblicare l'edizione critica del De Vulgar i

Eloquentia, di (cnon avere cercato abbastanza » il trattatello de l maestro pisano .

Che fra Bartolomeo sia stato maestro di grammatica è rimas -to igno-to agli indaga-tori della sua vita . La fama di lui è legat a nel medio evo soprattutto ad un' opera di teologia morale, l a

Summa de rasibus conscieiatiae di cui si conservano molte copi e

manoscritte, e nel testo latino e in quello volgarizzato, diffuso , questo, col titolo di 'Pisanella' o di 'Maestruzzo' ; dura fin o ai tempi nostri per la nota raccolta di pensieri morali di scrittor i antichi, sacri e profani, intitolata ((De documeIttis cantiquoriena » ,

dall' autore stesso volgarizzata ed intitolata Annnaestrament i

degli antichi . Già questa ci porta nel campo letterario, mentr e

la versione dei testi classici ci mostra la finezza del suo gusto ; i suoi pregi di sobrietà, chiarezza, efficacia nella lingua e nell o stile sono anche superati nelle versioni della Catilinaria e dell a

Giugurtina sallustiane . In lui siamo dunque condotti ad ammirar e

l'attento studioso della forma latina ; e però non ci stupisc e di trovare riunite in un codice romano, il Casanatense 311— S i direbbe di proposito— la documentazione della sua operosit à di maestro di grammatica e di retorica latina, cioè un' ampi a esposizione della Poetria nova di Gualfredo di Vinsauf,glosse chiar e e minuziose intorno ad un' Ars metrica in versi e i due tratta-telli (i) di accentuazione e di ortografia dei quali particolarment e ci occupiamo . Tutta questa produzione didascalica, tratta in parte forse dagli appunti lasciati dal maestro stesso, deve appartener e alle sua prima operosità didattica, chè fra Bartolomeo non pu ò esser giunto alle cattedre di filosofia, di teologia e di diritt o canonico e civile (2) se non per gradi, cominciando dall'insegna -i . La sola lez-ione(leiDe accento fu pubblicata, senza sussidio d ' altro codice ,

daM . LGNCHA\TINDEGUBERNATIS, inArchivunz Ronzazzicunt(VIII, p . 167 sgg .) .

(5)

5

mento grammaticale e passando per quello della rettorica, se -condo la tradizione della regola domenicana, e in generale degl i ordini religiosi . Uomo tutto dedito agli studi e maestro eccel-lente anche dei giovanetti agli appare nel ritratto che ne fa l a cronaca antica ciel convento di S . Caterina(i), dalla quale appren-diamo che già insegnava nel 1305 ad Arezzo . I due trattatelli quindi, dedicati «sociorum instructioni », saranno stati compost i sullo scorcio del secolo XIII o intorno al principio del XIV . Ch e dipendano poi da Prisciano troveremo cosa assai ovvia pensando che le scuole domenicane, che in questo periodo avevano il primato nell'alta cultura per la filosofia e la teologia, non dove -vano essere da meno negli studi grammaticali, nei quali era som-ma autorità, come s'è detto, la grammatica priscianea per i l suo indirizzo dialettico : il Catholicoli (che contiene la maggiore grammatica del tempo, compilata su Prisciano, ed il rifaciment o ed emendamento, condotto colla guida dello stesso autore, de l lessico di Uguccione) era stato composto pochi anni prima (1286 ) da un altro domenicano, Giovanni da Genova .

La dottrina ortografica esposta da Fra Bartolomeo .

I trattatelli De accento e De orthographia formano nell'intent o del compilatore, secondo tradizione stessa (2), qualche cosa d i unitario, come appare anche dal periodetto di trapasso tra l'un o e l'altro . Interesse maggiore ha per noi il secondo ; ma anche il primo può essere utile per la divisione o meno di alcune parol e composte e per determinare in qualche caso dubbio la lezion e

di un testo che mostri l ' osservanza del «cursus » ritmico . Fra Bartolomeo limita espressamente le regole dell' accentua-zione alla prosa, poichè quelle della poesia erano regolate dall a scansione secondo le varie esigenze del metro (cfr . THUROT , OP . Cit ., p . 134) . Sua fonte principale è il trattato De accentibu s attribuito a Prisciano a cui si richiama (§ 4) ; ma poichè vi si

I . F . 33oNniNI, Chronica antique conven.tus S . Catharinae de Pisis (Archivi o

Storico Italiano, vol . VI, p . 523) .

2 . Conars lectoriapare si comprendesse le norme di accentuazione, di

quanti-tà e di ortografia : cfr, i cenni che si hanno nei codici citati del THUROT,apag .

(6)

6

espone una dottrina di accentuazione latina, secondo l'uso an-tico e in relazione con quella greca, se ne serve solo per trasce-gliere esempi di parole latine con accenti di eccezione rispett o alla pronuncia della scuola italiana, che differiva de quella

fran-cese (cfr TIIUROT, OP . Cit ., pp . 392 sgg .) .

Sull'intrinseco valore della dottrina ortografica, diremo ch e essa mira ad esporre con ordine e chiarezza le norme che racco-glie da ogni parte dell'opera di Prisciano . Ma questa non ha un a vera trattazione ortografica, bensì una specie di fonetica e d i dottrina genetica delle forme, dalle quali fra Bartolomeo scegli e ciò che serve meglio al suo scopo, che è di mostrare a chi scriv e latino quale sia la grafia corretta, secondo l'arte di grammatic a e cioè prevalentemente secondo il criterio etimologico, con quell e assimilazioni e le eccezionali dissimilazioni che Prisciano ammet-teva per la composizione delle parole . Accanto alla ragion e d'arte egli prende in considerazione anche l ' <cusus » moderno

e particolarmente quello della Curia romana (§ TA), quando la etimologia è contraddetta dalla forma grafica ormai entrat a nelle consuetudini . Ma, pur mostrando di concepire la lingua lati na come letterariamente viva e non ancora come imitazione del l'antica, poco concede, e a malincuore, a ciò che esce fuori dall'or -dine razionale . E questo egli vuole ben valutato ; tanto da ri-prendere Uguccione, la cui opera lessicale da un secolo godev a di una fortuna sempre crescente (I), per l'etimologia e la grafi a di litera che trova in contraddizione colla quantità della i . Con Uguccione altra autorità per l'ususdei moderni era ilDoclriiiale di Alessandro da Villadei .

Per giudicare sulla originalità delle sue osservazioni e dell a scelta che fa delle leggi priscianee a fini ortografici, bisognerebb e fare esaurienti raffronti conaltri testi contemporani . Tutti hann o indubbiamente qualche cosa di frammentario ed empirico . E non poteva essere diversamente, perchè ormai dopo il secolo X paion o dimenticati Cassiodoro, Beda, che colle loro trattazioni orto -grafiche ampie ed organiche, attinte a buone fonti antiche ,

1 . Per la fortuna delleDerivationes (e del Catholicon) si può vedere il mio

Saggio d ' inventario bibliografico (Roma, istituto di Studi Romani, 1936), nel

quale ho fatto conoscere quasi zoo codici manoscritti di» elle varie bibliotech e d'Europa .

(7)

7 avevano cercato di salvare dalla invadente corruzione le form e del latino ; ed anche Alcuino, che attingendo ad essi chiarisc e in viva forma didattica la stessa materia . Rimane sempre i n auge l'enciclopedia isidoriana ; ma la dottrina ortografica vi è ridotta ad un capitoletto (Etymol .

I,

xxvii) disorganico di

avvertenze, da cui dipendono o a cui s'ispirano in parte i §§ u e

14

di fra Bartolomeo .

Il metodo di questo e degli altri di cui abbiamo fatto menzion e ha carattere solo medievale, si fonda cioè sulle leggi priscianee , adattandole in parte all' « usus modernorum », ed ha una tra-dizione d'insegnamento element are, dimostrate dai versi memo-riali che si trovano in vari testi ortografici, e anche nel nostr o (§§ 3, 5, q), dei quali il più antico è quello dello Pseudo-Foca . Attraverso la ricerca di una razionale conformità e collo studi o obietivo delli autori antichi, si giungerà all'indirizzo umanistico , che comincia ad affermarsi, in questo campo, con Vittorino d a Feltre, con Gasparo Barsizza e con Guarino Veronese ; ma in questi stessi il metodo medievale non è ancora del tutto bandito .

I

manoscritti .

Qualche difficoltà presenterebbe la ricostruzione del testo , se ci si limitasse ai codici miscellanei di varia materia gramma-ticale, 311 della Biblioteca Casanatense di Roma, e 15o dell a Riccardiana di Firenze, appartenenti alla prima meta del '400 , poichè essi mostrano in varia maniera le tracce di un successiv o adattamento all'uso scolastico . I1 Riccardiano, opera lacunos a e scorrettissima di copista ignorante e trascurato, ci attest a chiaramente la tendenza ad abbreviare le regole e a ridurre gli esempi e l'insieme dell'opera stessa, poichè

il

De accento fu consapevolmente tralasciato (nella copia che abbiamo o i n un suo ascendente), pur rimanendo immutato il primo period o del Deorthographia, che ad esso si richiama come a parte

integrante . I1 Casanatense invece ci dà una redazione ordinata, nel -l'insieme corretta, ma alquanto più ampia, e ci lascia il dubbi o che essa rappresenti la tendenza opposta, quella cioé di maestr o che abbia voluto compiere, chiarendo meglio i1 pensiero e richia-mandosi anche alle fonti .

(8)

8

Nazionale di Parigi, L . 4348, di contenuto grammaticale e d a attribuirsi al secolo XIV . Esso ci offre una redazione chiara e nel complesso corretta quanto quella del Casanatense, m a notevolmente più semplice ; inoltre in varie parti più vicina , massime nell'ordinamento dei §§

II

e 14, a quella del Riccar-diano . Cosi questo codice, da solo insufficientissimo, messa a confronto la sua lezione con quella degli altri due, ci rende u n buon servigio, confermandoci nell'opinione che la redazione de l

Parigino è assai probabilmente la originaria .

Originaria appare anche di fronte a quella del Casanatense con cui quasi sempre s'accorda, salvo nella diversa conclusion e del § 7 e nei suoi vari supplementi . Questi sono messi per chiarire le rubriche ; per indicare i s verissimos autores », cioè l'autoritàdi e grammatici su cui sono fondate o con cui sono integrate le regol e (Prisciano, Uguccione, Isidoro) ; per aggiungere qualche ecce-zione (§§ 4, 5), ricorrendo in un caso (§ 5) all'autorità d'Isi-doro, pur essendo contrastante con quella fondamentale d i Prisciano ; per corredare di regola gli esempi desumendola dal l'uso priscianeo (§ § 7, 8), citato anche per combatterne uno scor -retto invalso nel medio evo (§ 7) ; per rendere, con qualche parola integrativa, più perfetta la forma . C'è qualche cosa che evidentemente contrasta con ciò che può essere direttament e uscito dalla penna di un intelligente maestro di scuola che mir i ad una lineare e chiara dottrina senza sfoggio di fonti, senz a ridondanze o contraddizioni . Ma non si pud negare che, cos ì rassettata, l'operetta ha aspetto più forbito e ordinato ; e consi-derando che essa entra in un codice scolastico, probabilment e domenicano, e fa parte di quella silloge di scritti retorico-gram-maticali che ne comprende, in nitida e ordinata scrittura, i prim i due terzi e pare voglia essere omaggio alla prima operosit à didattica di un maestro divenuto poi insigne, non parrà inoppor-tuno che questi complementi figurino, chiusi tra parentesi an-golari, nel testo, come autorevole attestazione della sua fortun a e come atti a mettere in luce la chiara semplicità della reda-zione originaria . Come originaria quella del Parigino appar e anche, più che nel raggruppamento delle aspirate (§ 12) — dove par di vedere un compromesso fra la tendenza etimologica e l'ordine alfafetico, seguito senza tentennamenti da CR — nella

(9)

9 distinzione (in cui s'accorda anche il Riccardiano) del paragraf o ii, intitolato «De scribendis diversimode » dal paragrafo 14 ,

« De quibusdam dictionibus dubiis », benchè la materia non si a così differenziata da non far pensare che si sia trovato poi prati-camente opportuna per la scuola la fusione nell'unico elenc o alfabetico di voci che porta il Casanatense colla rubrica «D e pluribus dictionibus dubiis » .

La tendenza del Riccardiano ad abbreviare regole ed esempli-ficazione è manifesta nei §§ 6, 7,

io,

ir ;

ma lo è pure un' arbi-traria amplificazione nel § 2, dove per la regola che vuole l'as-similazione della b quando le preposizioni ab ob sub si trovin o in composizione con parole comincianti dalle lettere c, /, s, In, p , s'aggiunge a queste la r : ciò che pare un tentativo a correggere , trasformando in regola quella che Bartolomeo dà come ecce-zione, per conformarsi meglio alla parola di Prisciano : «1'quoqu e sequente plerumque [b] in eam convertitur » . (Si veda il passo

intero citato tra le /osati di questo paragrafo) .

Ho detto che i codici Parigino e Casanatense ci presentan o redazioni nel loro complesso corrette ; ma non certo al punt o da conformarsi pienamente nell'ortografia alle regole espost e nel trattatello, benchè non si avvicinino alla ignorante sciat-teria del Riccardiano, che quasi sempre le contraddice nel mo-mento stesso che le enuncia ; tanta era la incertezza e tant o comune l'arbitrio in questa materia ! Ho creduto pertanto do -versi restituire la coerenza tra regola e prassi anche là dove pe r se stessa la lezione manoscritta non lo autorizzerebbe, e scioglier e secondo le norme ortografiche di fra Bartolomeo i compendi . Potrebbe sembrare incerto se l'autore usasse secondo la ragion e etimologica la c o la t quando tali lettere sino seguite dallaico n altra vocale, vedendo che il Parigino si attiene indebitament e alla c dove il Casanatense usa in modo corretto la t . Credo s i possa ritenere per certo che fra Bartolomeo si attenesse all a etimologia, poichè è un principio fondamentale delle sue regol e e in qualche modo la differenziazione etimologica fra la t e la c

è implicita da quanto espone nel § i . Una regola etimologic a dà a questo proposito Giovanni da Genova nel Catholicon .

(10)

10

I TESTI LATIN I

I

Incipit tractatus de dictionibus proferendis <sive accentu, edilus a fratre Bartholomeo de Pisis ordinis Predicatorum > .

§ i . —De proferendis in prosa dictionibus sociorum instruc-tioni volens intendere, brevem studebo compilare tractatum .

gaia vero in dictionibus monosillabis non videtur difficultas 5

esse, ideo de ipsis pretermictendum est . De aliis vero sciendu m quod quedam sunt que acuuntur sive accentuatur in ultim a sillaba, ut Cheriibin, quedam in penultima, ut amare, queda m in antepenultima, ut tunica .

§ z . —In ultima acuuntur ista . In primis omnia barbara

io

que non declinantur secundum declinationem latinam, ut alle-luia, Yesus et similia . Ex quo nota quoti si declines hic Iuda , -de,non acuitur ultima ; sed si dicashic Iarda, huius Iuda acuitu r ultima . TJnde in nominativo vocativo et ablativo potest acu i et non acui, secundum quod diversimocle intelligitur declinari, 15

sed in genitivo dativo et accusativo necessario acuitur quia non declinantur latine, et idem dicendum est de hoc nomine E//ra-taet similibus .

§ 3 — Item acuitur in ultima hec cl .ictio

una,

pro `simul' . Item in c desinentia omnia acuuntur ut perdue, re fac, illuc 2 0

et haie, quod tarnen frequentius monosillabum ponitur . Sed

excipitur hoc adverbium donec .

In e acuuntur ista, scilicetponep'epositio et parie interiectio . In

i

acuitur hey, quamvis, ut frequentius, monosillabum

pona-tur . a 5

In l omnia habentia e ante 1, ut Michael, et propria in ul u t

Saul .

In m acuitur palane .

Innacuuntur ista : firoin, exin,dein cum similibus ; et omni a

desinentia in on, ut Salomon, Symeon, preter Symon et Triton . 3 0 I . 3 sotiorum C

6 pretermittendum C

13-14 sed- ultima omise C 24 ut frequencius P ut frequentius C 26 habencia P 29 omnia omise C 30 Simeon . . . Simon C

(11)

1 1

In o acuitur hoc verbum satisdo in onori voce in qua do, das

monosillabum est, ut satisda, satisdor et huius modi ; et omni a adverbia localia a nominibus vel pronominibus <descendentia> , ut eo, illo et allo cum similibus .

In -as omnia nomina pertinentia ad gentem seu patriam, ut

s

Ravennas ; et culas et hoc adverbium alias .

In-esomnia propria que sunt prime declinationis, utManasses ;

sedRabsaceset Eu/rates, cum sint tertie, non acuuntur nisi decli-naretur Eu/rates, -en, quia tunc non declinatur modo latino .

In -is omnia composita a

fo,

fis, que acuuntur in omnibus i o

vocibus in quibus

fo,

fis monosillabum est, ut rate/is, calefit .

In -us hoc nomea cuius, cula, cuium .

In t omnia pronomina quibus additur -met, ut egomet, tuniet

et omnes interiectiones ut atat .

In u omnes interiectiones, ut lieu, quod tarnen frequentius I s

monosillabum ponitur .

Item nota quod cuicumque dictioni adiungitur vile, ve, ne ,

ipsa dictio acuitur in ultima sillaba ut dixitque, legisne, comuni -terne, ergone, 75utasne .

§ q. . — Ista sunt que acuuntur in penultima .

2 0 In a : platea, medea, chorea, et quedam que habent i ante a ,

que acuuntur usu, ut Priscianus dicit in tractatu de accent u ut cancellarla . Similiter et numeralia composita a tria, ut vigin-titria et trigintatria .

In e : utraque, pleraque et satisdare, licet in versu habeant 2 5 penultiram brevem .

In i : vocativi apocopati ut Virgili .

In o : ntuneralia composita a duo, ut vigintiduo .

In s : vicecomes et archicoqus et isti genitivi scilicet illias ,

istius, iq5sius, utrius, neutrius, et solins et hec dictio satis f acis . 30

§ 5. — Ista sunt que acuuntur in antepenultima, scilicet omnia composita a quando, iode, intus et longe, ut siquando , deinde, deintus, delonge, et similia . Adduntur et deincepset deor-sum, secunduin quosdam .

§ 6. — Hiis di.ctis, de omnibus aliis datur talis regula : In 35 mini dictione bisillaba acuitur prima, ut pater, mater et honor ;

8 Rassaces C z i estomise C calefit fitP 13 et timet C 15 fr e quencius P 35 talis datur C sed tarnen PC

(12)

12

in omni dictione trisillaba vel supra, si penultima est longa, ipsa acuitur, ut natura ; sed si penultima est brevis, sive communis ,

tunc antepenultima acuitur, ut dominus et tenebra . Exhoc not a

quod in istis dictionibus [at]tameu si quominus, tantomagi s semiduplex et huiuusmodi debet accentuari antepenultima, cum

penultima sit brevis sive comunis . Posset tarnen accentuar i penultima sì intelligantur esse due partes,ut tanto magis ethuius

modi .

(Explicit tractatus de accentu> . I I

Incipit <tractat7,as de dictionibus scribendis sine dej orthographia , {editus a /ratre Barlholomeo de Pisis ord . pred .> .

Post tractatum de dictionibus proferendis restat ut de scri-bendis aliqua breviter videamus <prout per verissirnos autore s

probata sunt> .

§ i . De verbabibu s

In primis igitur notandum est quod omne verbale desinens in -io debet scribi per illas litteras per quas scribitur supinunl a quo descendit . Unde si in supino sit t, et in verbali erit, u t

amatwn, amatio ; si sit s, erit et in verbali, ut passion, passio ;

et similiter si sit c et t simul, ut lectum, lectio ; dictum, dictio . Pe r

quod patet quod male scribitur proba[c]tio, [r]actio et similia , que sine c debent scribi .

§ 2 . (De rraaatationibus litterarum et Primo) de mutatione b. Nota quod prepositiones desinentes in b, ut ab, ob et sub, si componantur cum dictione incipiente ab aliqua istarum quinque II . 11-12 Incipit ortografiabartholomey de concordia depisis ord . pred . R 13 proferendisornise P

14aliquid R

§ 1. 17 omnia verbalia desinentes in tio) debent R 18-19 suppinum . . , suppinoR 22probacio uictioP, probatioetactioC, probatio et (incompendio )

actio R

§ 2. 24 de mutation (b) omiseR, (b) omise P

26 componatur ab aliqu a

. . . ih]arum sex literarum ic f g in prtR

5

1 0

T 5

20

(13)

13

litterarum e f s m P mutant b in illam licteram, ut succedo , o~cio, supplico et similia . Sed predicta regula exceptionem recipit . Primo quidem in ab, quia sequente f, transit bin u, ut

au/ero, aufug•io ; et sequente p, transit b in s, ut asporto . Ali a exceptio est in <prepositione) ob, quia sequente c assumitu r etiam s, ut obscurus et obcenus, et sequente pr, manet b, u t

obprobrium . Et in omitto et operio abicitur b . In tertia preposi-tione, scilicet sub, non est exceptio . Si vero tres predicte preposi-tiones componantur cum dictionibus incipientibus ab alüs licte-ris semper manet b, ut abdico, abrado, obaitor, subdolus et simi-sia, preter arripio et surripio teste Prisciano . Sed srtistineo et

sustollo non a sub sed a sursum sunt composita, et scribuntu r sine b et cum s et t.

3 . De mutatione d .

Nota quod in ista prepositione ad composita cum dictione 1 5 incipiente ab luis licteris versus :

t« Cor fra-grans le-nis pi-ra sal-tans d sibi mutant », id es t mutatur d in illam litteram, ut accedo et cetera, praeterquam in hoc verbo adsum ad differentiam assus, a, um, et etiam preter quando post s sequeretur alia consonans : tune enim 2 0 subtrahitur d, ut asto et ascribo . Item nota quod d mutatur i n c iii quicgaaid et quicquam, teste Prisciano .

§ 4 . De rnrctat.ione n .

Nota quod in istis prepositionibus in et cum si componantu r a dictione incipiente ab l vel r mutant n in illam ut colligo, 2 5 corripa'o et:irrumpo .<Sed et quandoque mutatur ning, utignoro> .

3-13 Primo quidem in ( ab) quia sequente (p) transit (b) in 's & , ut(asporto )

et (appello ) (correggi )aspello)) causa differentia (aporto ) (corr. (apporto)) et (appello) . Item sequente (r) non mutatur )b), ut (abrogo) et (abrado) . Ite m sequente )f) transit (b) in (u) ut (aufero) et (auffugio) . Similiter causa differenti e alfa exceptio est in prepositione [ob] quia sequente assummitur etiam s, ut obscenus) et (obscireus) (corr. )obscurus)) et sequente (r) non mutatur, ut

obruo) et ( subruo) . In )operio) et omicto [abicitur (b)] . In tertiam prepositio-nem [(sub ) . . . (sustineo ' . . .] quia componitu etiam [a] )[s]ursum ) et (teneo) R 4 (auffero ) . . . transit in )s) P

§ 3. 14 De mutatione (d) omise P, (d) omise R

15 cumposita R Ig in hoc verbo (adversum'

so preter omise R 21-22 Item nota . . . Prisciano omiseR § 4. 24 in et con PC, in et g R 5 IO

(14)

14

§ 5 . De litteris se simul non pa,tientibus .

M vel p vel b numquam vult n fore pre se : illius ergo loco si vis bene dicere clic m, ut imbutus, imperator, comarativum , immuto et similia . E contr a

«C, d, q, /, t numquam vult m fore pre se . Illius ergo loco sempernipse loco » :

ut Anchises, tamtundem, inquino, an/ractus et similia, <preter umquam et numquam, tamtum et quamtum et praeter quedar preterita, ut hic statim babes .

§ 6 . De subtractione c .

Nota quod ante xnon potest poni c ; uncle scribi debet pinxi

pictum, fmxi factum, et similiter anxius, sanxi et omnia talia .

§ 7. De subtractione p .

<Nota quod p numquam potest poni in fine alicuius sillabe , si sequens sillaba incipiat ab n . Uncle secundum Priscianur> r 5 sine p omnia talia debent scribi, ut auturnnus, alumnus , calumnior, columua, damnum, erumna, ymnus, sagitta,

solen-nis, somas et tento, quando est frequentativum huius verb i

teneo ; sed pro temptando cum p scribitur, licet in quibusda m

predictorum usus cum p scribat.

20 § 8. De assumptione p.

<S?.cundum Priscianum in amni preterito vel supino in quo § 5. I se omise R, pacientibus P 7 inquior R (Anchises) (anfractus) 1 inquinat) C et similia omise R .

io fnC la rubrica del § 8 «De assumption e p » precede quella del § 6 .

§ 6. Nota . . . debet (anxius) (pinzi) et (finxi) sine (à, licet habeat(c)in supino, ut (pictum) et (factum) et similia C. X ubi ponetur (e precedens remove(n) -tur, ut (pinxi) ( pictum), (finii) (fictum) et similia, nain non potest poni ante x ;

debet ergo scribi (anxius) (anxi) R

§ 7. 16-19 . Sine p debent scribi i[s]ta : ( autonnus) ( calumnior) 'colunnai (erunna) (dannum) ( ymnus) ( sagipta) I sollennis) (connus) et (tento) . . . sed pr o tomptado (corr . (temptando) R il vesto del § è omesso da R

17 'solemnis) P «8-so ettento. . .scribat omise C ed aggiunse : condemno) (contemno) et similia . Et in hoc eodem Hughiccio concordat, nam si computes non potes interponere C § 8. Ista verba scribuntur in preteritis aut in supinis per p inter duas

5

(15)

1 5

post m sequitur t vel s debet interponip, ut corno corn si comp-tum, et huiusmodi . Et quidem> ista sunt verba que, cum no n

habeant p in presenti, assumunt illud in preterito aut supino : cambio campsi campsum, corno compri, comptum, demo demps i

demptum, emo emi emptum, promo prompsi promptum, sumo 5 sumpsi sumptum, temno tempsi temptum cum eorum compositis .

Assumunt etiam p loco b nubo nupsi nuptum, scribo scripsi scriptum et labor laberis lapsus sum .

§ 9 . De subtractione s .

«Ex precedente, cadit s de parte sequente» , ut extat, exanguis, exurgo et similia .

§ io . De scripturis que non proferuntur .

Scribe ditilege di, si vis urbanus haberi ; et simile est de ist o

pronomine is ea id in plurali nominativo . Sedhic hec: hoc in plu-rali scribitur hi he hec, sed in dativo hiis et profertur his . Item 1 5

«circum composita vocali si comitetur , m non profertur, sed sola figura tenetur » ,

ut circumeo et circumago et similia . Item ista preterita repperit , reppulit, rettulit, cum sit re longa, per geminum p vel tscrib i debent, sed non proferri .

20

§ ii . De scribendis diversimode .

Scribitur abnuo, id est 'denego', sed annuo, id est 'consentio ) cive 'significo), 'monstro a ;

consonantes positum : 'compsi ssum' (comps comptum', 'dempsi demptum ) t emi emptum' 'prompsi promptum' 'sumpsi sumptum' . Adsummunt etiam 'p ) loco non (cioe 'b' sotto un 'i ') inter consonantes 'nubo nupsi' 'scribo scribi s scripsi scriptum' et ceteraR

§ Io . 12 De hiis que scribuntur et non proferuntur C .

14-15 in plural e numero scribitur 'hi he hoc) sed dativum R

15 in dativo vero 'hiis' C

18 et circumago et similia omise R 19 rettulit omise R et non proferri. Item 'reicio' et 'obiicio) et similia per duo 'r' (corr . (i)) debet scribi debent teste Prisciano . Sed hii versus ducunt sic R

In C i §§x1 e 14 diPR sono fusi in uno solo, che col titolo«De pluribus dictio-nibus dubiis n contiene in ordine alfabetico le voci dell ' uno e dell'altro (con qualche supplemento, che metto tra ( >) : comincia con 'Abbas' per duo b scri-bitur, e finisce con 'Vis' nomenet 'vis' verbum ; sed 'vix' adverbium .

§ x1 . R ha solo le voci 'amicto-admicto', 'amnis-anis', 'aptum-actum' , 'aut -haud), 'amo -hamo', '[h]ora', 'hostis-ostium', 'auctor-actor-auctor', 'comptentuscontentus', 'molirimollire', 'profectioprofessio', 'quodque', 'consumo -consummo' .

23 'signo cive monstro) C

(16)

16

amitto, id est (perda> sine d ; sed admitto pro >recipiendo > 'peccando>et >relaxando>, cum d .

amnis pro >fluvio> sed annis pro >temporibus> .

amo, as ; sed hamus et hamo, as, id est >hamo capio>,<cumh) ; apturn pro >aptitudine>; sed actum ab (agendo) ;

aut, coniunctio ; sed baud, id est 'non) ;

ardor, sine c, id est (poeta), seu quilibet 'doctor> vel >autenti-cator> qui autoritatem dat vel promittit ; sed actor ab 'agendo ( aliquid sive 'causando' ; porro auctor, id est 'augmentator> ;

coatemptus, id est >despectus> per m et p, sed contentus, id est (quietatus( per n sine p. <Sed nota quod conternno in present i non habet p sed mn, in preterito vero et supino habet, ut

con-tempsi contemptum ; contendo vero et contentio per n sine m e t p scribuntur> ;

Tora pro tempore ; alias semper sine h ;

hostia pro 'sacrificio>, et hostis, is, hostes, ium ; sed ostium pr o

>ostio domus> et 'ostiensis episcopus> sine h ;

justus nomen ; sed juxta prepositio ;

lasso, id est >fatigo> ; sed laxo pro 'relaxando>, et lapsus a Tabor, eris> ;

ntoliri, id est 'conari> ; sed mollire et molliripro >molli/icando > ,

per duo l ;

uitor, id est 'conor>, visus sum ; sed >nitor>, iciest >appodio>,

nixes sum, solo usu .,

notas, a, um, a >nosco> ; sed > nothus>, quidam 'ventus>, sive 'filius illegitimus> ;

numquid per d ut Ysidorus dicit ; sed inquit per t. ;

profectio, id est 'procedere>, a 'proficiscor>, siriliter etiam a

'proficio> ; sed pro f essio a 'profiteor> ;

r (amitto( R

>admicto> pro 'recipiendo> per >d>et > relaxando>R

4

>ha-mo> id est >capio> CR

5 sed >aptum> ab (agendo( R

ti 'aut> . . . >haud> . . .

omise C > aut> idest (non)R

7 sed quilibet R

vel omiseR 8

auctorita-tern C aûtm R promictit R 9 sine causando R ro >Comptentus> i . >despectus> per(p) sed >contentus> i . >quietatus> sine'p> . Sic etiam >contentio > i .

'despitio > ; sed ( contendo( pro >lictigando> sine (p) R

15 ora . . . sine (b) R

16 >is, hostes, ium) omise C >hostis, tis, hostes R

z8 iuxta PC 24 solo usu omise C

28 vel etiam a'proficio> R

29 a profiteur sine c ; sic etiam >comptentio> id est >despicìo> ; sed >contendo> pro >lictigando> sine p R

5

x o

1 5

2 ö

(17)

1 7 qd', sive (quod) relativuln ; sed

coniunctio ; similiter % , sive (que) relativum ; sed dg. pro coniunctione ; solo tamen usu, nam

in pa,palibus licteris scribitur qd ' coniunctio per f et d ;

rector a (rego) ; sed rhetor, id est (rhetoricus) ; sagitta per duo t ; sed Egiptus per p et t ;

sumo, is, et consumo, isperuI1u111912 ; sed hec summa, e et con

-summo, as per duo m ;

vis nomen et vis verbum ; sed vix adverbium .

12, De aspiratis.

Habe t

bid e

habita t

hemus he bet heres hei

hic hymen hyrcu s interiectio inde hactenus hasta herba hems hem

hyena

hinnulus hyspidu s haurit heret herb

kyat hylaris hinnit hyster 1 5 homo honor, hornet honor hor a

sed (onus( sine (h)

pro (tempore(

hospes hostia hostis humerus humus

humilis humet pro (sacrificio (

et qu.edam barbara. Ceterum in medio aspirantur composita a predictis, ut exhibeo et cetera . Item aspirantur in medio michi ,

nichil, traho, reprehendo et alia barbara parum curanda .

2 0

13 . De y .

In omnibus barbaris ponitur y loco i et in eisdem scribitur phy loco fi .

s-3 [qd' sive (quod (]relativum. Sed [

5 ]

coniunctio similiter

sive q relativum [pro] conìunctione solo tarnen usu nam in papalibus literis scribitur [qd'] pro coniunctione R

2 sed pro et coniunctio C

7 per summa R § 12. (« De haspiratis s . Hec indubitanter haspirantur C In C vi sono le stes-se voci P, coll'aggiunta di(haspiro),in cinque colonne e in ordine al/abetico . In R le voci sono pure disposte alfabeticamente ; mancano (habitat>, (hactenus) , (heret) . C heri ) , (hiat) ( hispidus) (horret> (hortor ) (hospes) (humilis ) ; ne è esclusa la voc e

(haspiro) di C

so indeomise C

12 habet P htRheysenza interiecti o R himen hircusCR inde omise C 14 hylena R 15 haurire hinicit hilaro fist R

16 sed (onus sine (h( omisero CR

17 pro sacrificio omise P humanus R s 8 haspirantur C § 13. 23 eidem C phi R . 5 ro 2

(18)

18

14 . De quibusdam dictioni bus dubiis . Abbas per duo b scribitur ;

abundo sineIt, exab et unda ;

capella per unum p : prima enim est brevis in omni signiflca-tione ;

5

(caput per t, sed apud per d> ;

domnus a )dominus), remota i per syncopam ;

edifico sine h, ab 'ede' ;

legitinius per unum t et sinep ; nam secundabrevis ;

lictera : secundum Huguccionem sine c et per unicum t ; sed r o contra est quod haberet primam brevem, ut patet per regula s metrorum et per eius derivationem ; unde cum prima sit longa , debetscribi lictera,quasi 'lecta', et sic tenet Romana curia . Se d

plerumque per duo t,scribitur, causa eufonie .

mitto per duot, teste Prisciano <libro XI> ;

1 5

omicto sine b, nam prima brevis ;

ofiortetper unump,nam primabrevis ;sedo pportunusper duop secundum Doctrinalem ;

quattuor per duo t ; sed (quater) et iquatcrnus) per unum t ;

sed per t, ut Ysidorus probat in primo Ethimologiarum ; 2 0

solennis, id est 'actus solennis), per unum l et duo n, a isolus ) et (annus) ;

soticitus per unuml et a (solon), id est multuln, et (citas) ;

sup[p]leo [per duo p], supinum, supremum per unum

<tamtum et qua7ntumin medio debent scribi per in, ut Ysido- 2 5 rus probat in libro primo Ethimologiarum> .

Et hec de orthografia tamquarn rnagis et comunius occurren-tia sive dubia dicta sufficiant .

Explicit orthografta fratris Baytholomei pisani de sancto Concoy-dio oydinis pyedicatoruna .

§ 14 . 2 abas R scribitur omisero PR

4 enim omise R est omise P omnibus significationibus R 7 dns a dno R

remotas (i) per sincopam CR. 8 abede R

9 sine p et per unum t C

io litera per unum t

teste Prisciano senza il resto R

11 brevem, tam per regulas metroru m quam etiam per derivationem P

16 omito P omicto R 19 per unicu m t C 20 set per 't) P

21 id est actus solennis omise C

23 soli-citus . . . citas omise C

a solonP

solitus per unum 1, et a (solus ) et ( citus) sine a R

2~l supremum omise R

(per l ' emenclauzenlo e l'integra -zione della le-zione in noscritta cfr . la regola del § 2 e Prisciano, 1 . IX, 53 )

25 debet C

27 ortografia CR

28 sineR dicta omise R

29-30 omise R ortografia C

pisani de sancto Concordio omise C

(19)

1 9 LE FONTI DELLA DOTTRIN A

ACCENTUATIVA ED ORTOGRAFICA

I

'Tractatus de dictionibus proferendis> .

§ 2. — La regola sulla pronuncia ossitonica delle parole straniere che non hanno declinazione latina à medievale . I3 sorta dalla pronun-cia delle parole ebraiche trovate nella S . Scrittura : a queste soltant o si riducono gli esempi citati da fra Bartolomeo e dai grammatic i esaminati dal THUROT (op . Cit ., pp . 400 sg) .

Anche Giovanni da Genova vuole Ef frata (cioè Ephrata) (pe r

geminum /), ma coll'accento sulla terzultima .

§ 3. — PRISCIANI Inst . Gram ., 1 . XV, 17 (ediz . M . HERTZ ; KEIL , Gram. Lat ., vol . III, p. 74, 15) : « Derivativa pronominum ilhc, istîc, hûc, ilhac, hinc, illinc, istinc, hîtc, istdc, illdc . . . omnia vel

natura vel positrone producunt extremam syllabam, excepto donee

et in fine circumflectuntur, si vocalem longam habuerint natura ». Pare riflettere l'uso della scuola medievale italiana l'ossitonismo di groin, exin, dein, di alcuni nomi ebraici declinabili e delle inte-riezioni .

[PRISCIANII De accentibus liber (ediZ . M . HERTZ ; KEIL, Gram. Lat ., vol . III, p . 520, 25) :

«cTres quidem res accentuum regulas conturbant, distinguend i ratio, pronuntiandi ambiguitas atque necessitas . Sed qualiter hae c fiant intimandum est . Ratio namque distinguendi legem accentuu m saepe conturbat, si quis pronuntians dicat pomi et ergó, quod apu d

Latinos in ultima syllaba nisi discretionis causa accentus poni non pofest : ex hoc est quod diximus pond et ergó . Ideo pond dicimus, ne putetur verbum esse imperativi modi, hoc est pône ; ergó ide o dicimus ne putetur coniunctio rationalis quod est érgo . Ambiguita s vero pronuntiandi legem accentuum saepe conturbat siquis dica t

interealoci : qui nescit, alteram partem dicat interea, alteram loci, quod non separatim sed sub uno accentu pronuntiandum est ne am-biguitatem in sermone faciat . Necessitas pronuntiationis regula m corrumpit, ut puta siquis dicat in primis doctus, addat que coniunc-tionem dicatque doctusque, ecce in pronuntiatione accentum mutavit , cum non in secunda syllaba sed in prima accentum habere debuit . Sunt quidem syllabae tres in quibus accentus producitur que ve ne ,

ut itc que quando adverbium est ; quando vero coniunctio ítaque dici -mus ».

(20)

Ibid ., p . 528, 17 : « Illa pronornina, quae in ultimis accentum

ser-vant, sicuti huit, nostras vestras, ideo haec apud modernos ita habent , quia apud antiquissimos huicce et nostratis vestratis declinabatur : retinent namque accentum in ultimo quem habebant in paenultimo . Et non solum haec erant apud eos, verum etiam multa alfa, qua e differentiae causa vel solo usu dicebantur, ut cegomet feci' : me t namque adiectio syllabica est in 'ego >, ut in aliis ne ce, ut illiccin e

huinsce . Adverbia . . . si o (terminantur), causa differentiae in ultimo

servant accentum, ut fals6 ; si a similiter, ut una, ne putetur esse no -men ; si as, in ultimo, ut alias,ne nomen esse videatur ; si c, in ultimo , ut illîc . . . Praepositio in fine semper accentum servat ut aped, anté .

Interiectio vero nullam certam regulam servat ; tarnen in fine et in medio acuetur, ut fiapaé, évax

Ibid ., p . 524, g : «Notantur pauca masculini generis propria partira a nominibus civitatum propriis translata, quae per syncopam proferr i videntur, dum accentum in ultima servant syllaba, quod est contr a regulam Latinorum, ut Larinds, Maecenas, Arpinds ; sed in vetus-timis libris inveniuntur proferri >Larinatis> >Maecenatis >, > Arpinatis > pro >Larinas>, > Maecenas>, >Arpinas' ; unde, subtracta t, accentu s remansit » .

§ 4 . — Ibid ., p, 522, 6 : «Notantur auteur pleraque quac i voca-lem longam habent ante vocavoca-lem, ut philoso7hia, Papa, quemadmo-dum unum verbum fio, quod solum i ante o productam habet » .

PRISCIANī Inst . Grani ., 1 . V, 62-64 (vol . II, p . 181, 5) : « omni a

enim nomina vel pronornina quae genitivum in >ius> terminant , debent hunc communem habere trium generum . . . Nec solum tarnen in declinationibus nominum hoc contingit, sed etiam in accentibus , ut >utérque utrcíque utrúmque>, >plerúsque pleraque plerítmque > fernininum enim, quamvis paenultima brevis sit, accentum tarnen in ea habuit acutum, sicut masculinum et neutrum » .

Ibid., 1 . VIII,35 (vol . II, p . 402, ro) : « Si vero > facio> verbo vel >fio >

integris manentibus aliud verbum infinitum ante ea componatur, non solum significationes et coniugationes integrar eis servamus , sed etiam accentus, ut > calefâcio, calefcícis, calefâcit>, > tepefcício tepe-fâcis tepefâcit' : in secunda enim et tertia persona paenultima s acuimus, quamvis sunt breves . Similiter > calefio, cale/is, cale/it >, > tepefio tepefis tepefit> finales servant accentus in secunda et terti a persona quos habent in simplicibuss .

Ibid ., 1 . VII, 18 (vol. II, p .302,6) : ccIuniores autem gaudentes

bre-vitate per abscisionem extremae literae protulerunt pro >Virgilie ' >Virgili' et pro 'Mercurio' 'Mercuri> . . . unde accentus perfecti voca-tivi in his servatur » .

(21)

2 1 Contro la pronuncia archicóquus è la regola del De accentibus, p . 522, I Composita vero eandem sibi pronuntiationem defendunt quam habent in simplicitate, ut 'côncava' 'transfuga' : 'fu' enim in simplicitate brevis est et ideo 'transfuga' et non 'transfúga' dicimus » . Bartolomeo forse si atteneva all' Institutio grammatica, che vuole si legga, come s'è visto, (calefccis' e'tepefâcis>, dando a questo esempio valore estensivo come di norma analogica ; ma è più probabile ch e usasse un testo del De accentibus privo della seconda parte di que l passo, la quale spiega l'ambigua e non ovvia accezione del1' « in sim-plicitateD .

§ 5 . — PRISGIANI Inst . Gram ., 1 . XV, io (vol . III, 67, io) : « Déinde, si%binde, 5érinde, éxinde, próinde, . .,antepaenultima m

habent acutam, vel quia per adiectionem habent de . . . vel magi s quia praepositiones separatae gravantur, ut coniunctae esse ostendan-tur, acutum in his assumpserunt accentum, quomodo et coniunc-tio si et ne adverbium, cum praeponuntur 'quando' ut sîquando ,

néquando ; nam ali quando differentiae causa ab aliquó.nto, quod

consimilem sonum habere videntur, acuit antepaenultimam » .

I I

'Tractatus de dictionibus scribendis' .

§ 2 . — PRISCIANI Inst. Gram ., 1 . I, 44 (vol . II, 34, 8) : « B transit

in c, ut .'occurro', 'succurro' ; in f, ut officio' 'sufficio', 'suffio' ; in g : 'suggero' ; in m : « summitto', 'globes, glomus' ; in p : 'suppono' ; in r 'surri5io', 'arripio' ; in s : 'iubeo, russi' . Nani 'suscipio', 'sustuli '

a 'susum' vel 'sursum' adverbio composita sunt, unde 'subtinnio ' et 'subcurnbo' . 'Suspicor' quoque et 'suspicio' a 'susum' vel 'sursum ' componuntur, sed abiciunt unam s quia non potest duplicari conso-nans alia subsequente consonante, quomodo nec antecedente, nis i sit muta ante liquidam, ut 'supplex', 'suffragor', 'sufflo', 'effluo', 'effrin -go'» .

Ibid ., I . II, 5 (vol . II, 46, 7) : « Composita quoque sunt a

praeposi-tionibus in b desinentibus et aliis dicpraeposi-tionibus a b incipientibus, u t 'subbibo' . Quae tarnen consonans c sequente solet plerumque in earn mutasi, ut occido', 'occumbo', 'succino', 'succido'. In quibusdam tarnen pro 'ab>, 'abs' praepositio cum dictionibus a e incipientibus

componitur, ut 'abscondo', 'abscedo', 'abscido > . Obquoque est quando

(22)

22

'obscenus' . F etiam sequente in eamdem convertitur b vel in u voca-lem, ut officio', offundo, 'sufficio', suffero', 'sufiìo' ; similiter 'aufero' , aufugio', ne si affero', 'affugio' dicamus, per 'adfero' et adfugio ) accipiantur . G quoque sequente in earn transit b, ut 'suggero' , 'oggannio', nec non etiamrrtut 'summitto' . Praeterea bntitto'dicimus pro 'ommitto' : Terentius in Adelphis [I, 118] : Omitte mulierem » ; Horatius in secundo Sermonum [II, v, 26] : ccAut spem deponas au t partem inlusus ornittas D . Idem patitur p sequente ut bppono',

sup-pono' . R quoque sequente plerumque in earn convertitur, ut arri-pio', 'surripio> ; in quibusdam autem manet immutabilis, ut abrogo' ,

abrado' ; et puto differentiae causa, ne si 'arrogo' et 'arrado' dicamus , dubium sit ab anadpraepositio sit quae mutavit suam consonante m in r . Aliis autem quibuscumque literis sequentibus integra mallet b

Ibid .,1 .XIV,42 (voi . III, p . 47, 22) : aA bstam in cornpositione quam in appositione consonantibus solet praeponi, sed ab omnibus i n cornpositione praeponitur literis absque e vel q vel t, ub abduco' , affatur' — nam binf est conversa—, 'aufero' — in quo b in u couver-titur, tam euphoniac quam differentiae causa, ne si 'affero' dicas a b ad et (fen)) componi videatur —, 'abluo, abnego', 'arripao' — inquo b in r convertitur — , 'asporto', -- in quo b in s commutatur, sicut e t 'aspello', differentiae causa, ne si apporto et appello dicamus ab a d composita existimentur ».

§ 3 . — Ibid ., 1 . II, 7 (vol . II, p . 47, 20) : (( Ilaec ipsa consonans (cl) inadpraepositione mutatur sequente c vel g vel p vel t ut 4 :accumbo' , 'accido', 'aggero', 'appello', 'attingo', 4rttinet' ; f quoque sequent e rationabilius : affectus' ; l : 'allido' ; r : 'arrideo' ; n : 'annuo' ; s : 'assiduus' . Subtrahitur etiam in quibusclarn cum sequens dictio a gn vel sp vel sc incipit, ut agnitus', 'aspectus', 'ascendo' . Allis enim sequentibus literis integra manet in compositione, ut 'aclbibo', 'adhae -reo', 'admitto', 'adquiro', advoco' . Frequenter tarnen invenimus f vel l vel n velr vel s sequentibus d scriptarn, ut 'adfatur', 'adhzdo' , 'adrideo' 'adnitor', 'adsisto', 'adsumo' . Errore tarnen scriptorum ho e fieri puto quam ratione ; nani que sit differentia euphoniae, ut, cum eadem consonans sit sequens, in alüs transferatur d, in alüs non, scire non possum, ut cum dicam 'affectus', 'allido', et 'assiduus', bene sonet, cum autem 'affatur' 'alludo' 'assisto' male ».

Ibid ., 1 . I, 45 (vol . II, p . 35, 1) «D transit in c, ut 'accidia', quïc-quana' in g 'aggero' ; in l 'allido' ; in p : 'appono' ; in r 'arrideo' , 'meridies' . . . Transit etiam in s : assideo', 'rado rasi', 'suadeo suasi' in duas quoque s, ut 'cedo cessi', 'fodio, fossus' ; in t : 'attinet', 'at-tingo', attamino' . Haec eadem tarnen frequenter interponitur

(23)

compo-23

sitis hiatus causa prohibendi, ut 'redigo', 'redarguo', 'prodest' ; sub-trahitur etiam cum sequens sillaba ab s et alia consonante incipit , ut 'aspiro', 'aspicio', 'ascendo', 'asto' ».

§ 4. — Ibid ., 1 . I, 39-4o (vol . II,P .30-31, 21) :« Transit n etiam in l ut 'anus ullus' . . . similiter 'collega', 'colligo', 'illido', 'collido' . Transit in m, sequentibus b vel2,auctore Plinio et Papiriano et Probo, ut

'imbibo', 'imbellis>, 'imbutus', 'immineo', 'immitto', 'immotus', 'im-probus', 'im7erator', 'impello' . . . Transit etiam in r ut 'corrigo', 'cor-rumpo', 'irrito> D .

§ 5. —Ibid ., 1 . II, 9 (vol . II p . 49, 7) : « In m invenitur syllaba de-sinens in media dictione quando sequens a b vel p vel alterantincipit , ut 'Cambyses', 'ambo', 'imperium', 'comparo', 'summus', 'Hammon' .

Inn terminatur antecedens sillaba sequentibus c vel d velfvel g vel altera n, velqvel r, ut quibusdam placet, vel s, vel t, vel i,velu,etiam pro consonantibus positis, vel x

Ibid ., 1 . I, 38 (vol . II, p . 29, 16) : «Mtransit in n, et maxime d vel c vel t vel q sequentibus, ut 'tantum tantundem', 'idem identidem' ,

'eorum eorundem>, 'num nuncubi' et, ut Plinio placet, 'nunquis' ,

'numquam', 'anceps' pro 'amceps' . Am enim praepositio f vel c vel q sequeni:ibus in n mutat na : 'an/ractus>, 'ancisus' 'anquiro', vocali

vero sequente intercipit b : 'ambitus', 'ambesus', 'ambustus', 'am-bages', nec non etiam in 'comburo combustus' idem fit D .

Le eccezioni introdotte nella redazione del cod . Casanatense di

tamtum quointum sono desunte da Isidoro (cfr . le fonti del § 14) , mentre è implicita le propensione di Prisciano per la grafia num-quam) .

§ G . —Ibid ., 1 . I, 43 (vol . II, p . 33, 19) : «Quotienscumque 'ex ' praepositio praeponitur composita dictionibus a vocalibus incipien-tibus vel abhisquattuor consonantibus, hoc est c p t s, integra manet ,

ut 'exaro', 'exeo', 'exigo', 'exoleo', 'exuro', 'excutio', 'expeto', extra -ho>, 'exsequor', 'exspes > , in quo videmur contra Graecorum facer e consuetudinem . Illi enim s sequente numquam x praeponunt sed k pro ea, ut &a-rams . Melius ergo nos quoque x solam ponimus quae ocum obtinet cs, cuius rationem non solum ipse sonus aurium iudi-cio possit reddere, sed etiam hoc quod geminari s aliqua consonante antecedente minime potest : geminari autem videtur post consonan-tern six antecedente, quae loco cs fungitur, ipsa consequatur, ut

ex-sequiae, exsequor » .

§ 7 . — Fra Bartolomeo attesta, pur condamnandolo, l ' uso del mpninvece di mn in alcune delle parole citate : certamente dampnum ,

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codici . Un' attestazione abbastanza antica si ha solo per dampnu i z nel Glossario latino-greco : «dampnum, quod et de clerivatis dicendum est D . A scrivere « dampnum » avrà indotto anche l'etimo-logia 8wlrâv'q, data da Isidoro, (Etym . XVIII, viii, i) .

Uguccione pare si attenga di preferenza al nesso mpn nelle

Deri-vationes . Il testo più antico, Laur . XXVII sin . 5, scrive ambiguament e

« emano )) ; contēno, is, psi, uncle contemptus, us, et hic

contemp-tuosusD . Giovanni da Genova, che più attentamente ha studiat o

Prisciano, evita sempre nel Catholicon l'inserzione della p in queste voc i

contenenti il nesso mn . L'inserzione invece è comunissima nell ' uso dei notari fiorentini, anche colti, contemporanei di fra Bartolomeo . Per la grafia di tento frequentativo era presente Uguccione : « Tento , as, avi, are, frequentativum, quasi frequenter tenere et explorareD .

§ 8 . —PRISCIANI Instit . Gram ., 1 . X, 37 (vol . II, p . 528, 5) : (Verba) in 'mo' desinentia, si vocalis longa antecedat, o' in 'psi ' conversa proferunt praeteritum, ut 'promo prompsi', 'demo dempsi' ,

'como compsi' . Haec autem 'si' in 'turn' convertentia faciunt supina ,

ut 'sumo sumpsi sumptum', 'promo prompsi promptum', 'denso clemp-si demptum', 'tomo compclemp-si comptum'D .

Ibid ., 1 . XI, 36 (vol . II, p . J72, Io) : « In 'ptus' exeunt participio preteriti passiva, cum activa eiusclem temporis in 'pi' vel in 'psi ' vel in 'mi' terminantur, ut 'copi captus', 'coepi coeptus', 'rupi raptus ' 'scalpsi scalptus','compsi comptus',(sumpsi sumptus', prompsi promp-tus', 'dempsi demppromp-tus', 'scripsi scrippromp-tus', 'nupsi nupta s . . . In 'psus ' unum invenio a deponenti 'labor' : 'lapsus' .

§ g . — Cfr . il passo di Prisciano citato per il § 6 .

§ Io.

ALRXANDRI DE VILLADEI Doc&inale (ediz . Reichling), v .

2306 :

«Hi profers et di ; debet tarnen i clubla scribiD .

PRISCIANI Inst . Gram ., 1 . II, 2 (vol . II, p . q.5, q.) : aSi antecedens syllaba terminet in consonantem, necesse est etiam sequentem a consonantem incipere, ut 'artus' 'illo' 'arduus', nisi sit compositum , ut 'abeo', 'adeo', 'pereo' . Herodianus tarnen de orthographia ostendi t rationalius esse sonoriusque, quantum ad ipsam votis prolationern , in compositis quoque simplicium regulam in ordinandis syllabaru m literis servare . Obicitur tarnen huic . . . : 'circumeo' et 'circumago' et

similia non paterentur elisionem m in pronuntiatione, si transiret in sequentem syllabam mD .

§ ir . Invece che amitto rimane incerto se si deva leggere ammitto per la regola del § 2 . L ' assimilazione di abm- in amm- è abbastanza frequente nei codici medievali .

(25)

2 5 Per autor la fonte è Uguccione : « Augeo, es auxi, auctunz, i. ampli-ficare, augmenturn dare ; inde auctor i . augmentator, et debet scribi cura u . et c . Quando vero significat autentizn, id est autoritatezzz est comunis generis et debet scribi sine c, ut hic et hec autor, e derivatu r ab autentiin . Item invenitur quoddam verbum defectivum sc. avito, es i . 1ígo, as ; et inde autor i . ligator, similiter comunis generis et sin e c . Secundum primam significationcm imperatores proprie debent dic i

auctores ab augendo rempublicam . Secundum secumdam

significatio-nern philosophi et inventores artium, ut Plato, Aristoteles, Priscianu s et quelibet magne persone debent dici autores . Secundum tertia m Virgilius, Lucanus et ceteri poete debent dici autores, quia ligave-runt carmina sua pedibus et metris D. (Cod . Laur . XXVII sin . 5) .

Per numquid (come per caput e set nel § 14) il grammatico de l basso medio evo insiste sulla necessità di ben distinguere la t dalla a' , corne ripetutamente aveva fatto più secoli prima Isidoro (alla cui autorità si richiama) nelle Etymol . (§ I-xxvii, 1-3, 22, 24.) : la degra-dazione della dentale è antico fenomeno volgare .

Per l'usus in papalibus licteris di particolari compendi, che distin-guano il quod e il que pronomi dalle congiunzioni che hanno in latino la stessa forma cfr . la Collezione paleografica vaticana (facsimili) , Milano 1905 .

§ 12. — Grande era l ' incertezza in tutto il medio evo nell'uso delle aspirate . È da notare che nell' elenco di fra Bartolomeo tutte l e voci hanno debitamente ii segno dell'aspirata : evidentemente erano , pochi gli esempi sicuri (« hec indubitanter haspirantur » scrive il Casa -natense, mettendo il piede in fallo proprio col verbo haspiro) ; i dubb i rimanevano per molte parole . Anche per i dotti, quasi tutti ignari d i greco, suonava assai oscura (cfr THUROT, odi . Cit ., p . 146) questa legg e di Prisciano, I . I, 2q. (vol . II, p . 18, 15) : «Aspiratio ante vocales om-nes poni potest, post consonantes autem quattuor tantummodo , more Graecorum : c, t, p, r, ut >habeo > >Herennius', >heros >, >hiems > (homo), (humus), > Hyla s > , >Chremes > >Thraso > , >Philippu s > (Pyrrhus) . . . Graecorum dottissimi singulas fecerunt eas quoque literas » .

§ 13. — Ibid., I, 9 (vol . II, p . 96, 8) : «Utimur etiam y Graecoru m

causa nominum » (P. 36, 17) : « Y et z in Graecis tantummodo ponun-tur dictionibus » .

§ 14. — Per litera con una sola t voluta da Uguccione è da risalire a Prisciano che la adotta per una pseudoetimologia che il lessicografo accoglie, ripetendo quasi le stesse parole del grammatico (l . I, 3, vol . I, p . 6, 12) : « Dicitur autem (litera) vel quasi (legitera) quod legend i iter praebeat, vel a lituris, ut quibusdam placet, quod plerumque in

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2 6

ceratis tabulis antiqui scribere solebant D . Alla derivazione da lino

Iltunz fra Bartolomeo oppone quella da le?o leclum, facendosi fort e

della ragione quantitativa .

Mentre per lictera fra Bartolomeo mostra di accettare l ' autorit à dell'uso fattone nella Curia Romana, riprova l ' uso di trasformare contro l'etimologia la doppia t in ct, comunissimo e quasi legge negli scrittori colti fiorentini, soprattutto per mitto e composti . E però riprova mieto per mitto, « causa eufonie » ; ma sente il bisogno d i richiamare l'autorità di Prisciano,1 .X, 48 (vol. II p . 537, 14) : «

gemi-nata vero t ante o unum [verbum] 'mitto misi' D .

Per on'tto senza b e senza assimilazione cfr . il passo di Priscian o citato per il § 2 .

Per tantum e quantum con m nel mezzo è richiamato Isidoro (Etym . XXVII, 25) : «Tamtus et quamtus in medio m habent . De tam enim e t

quam, unde et quamtitas, quamtus et tamtusD .Ma è regola data dal sol o

Casanatense, e però da ritenere come arbitrario supplemento . Per oportet-opportumes sono richiamati i versi delDoctrinale di Ales-sandro da Villadei 1914 sg . :

«'Op) brevis, veluti 'sopor' atque 'soporus', 'oportet' . . .

opportunus' 'opperior' tibi 5 duplicabunt .u

Supleo. . . per unum p dànno concordemente i codici, ma l

'attesta-zione ortografica 'suppleo supplevi' di Prisciano (1 . IX, 53, vol . II , p . 488, 56) e la regola per i composti di sub data nel § 2 ci rendon o certi che il passo ha bisogno di emendamento .

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