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Novità linguistiche nei documenti latini dell’Italia meridionale dalla fine dell’VIII all’ultimo quarto dell’XI secolo. Il caso del Codex Diplomaticus Cavensis

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(1)

dell’Italia meridionale

dalla fine dell’vm

all’ultimo quarto dell’xi secolo.

Il caso del Codex Diplomaticus Cavensis

Il lasso di tempo che va dalla fine dell’vm all’ultimo quarto dell’xi secolo rappresenta per la letteratura latina medievale un periodo assai fecondo. Sono questi i secoli in cui, per effetto di eventi culturali di grande rilevanza (la rina­ scita carolina nel ix, quella ottomana nella seconda metà del x e, a tacer d’altro, la fondazione delle prime università nell’xi), la produzione letteraria in latino raggiunge livelli molto elevati, sia per quantità che per varietà e qualità.

Ad uno sguardo d’insieme, ciò che caratterizza sotto il profilo linguistico la ricca massa di testi letterari prodotti in quest’arco di tempo è che essa è stata realizzata nel segno della continuità e dell’innovazione. Se sostanziale è, infatti, la continuità grafica e morfosintattica del latino della produzione letteraria con il latino della tradizione scolastica tardoantica (ripristinato e ritornato in auge grazie alla riforma carolina), lo stesso non si può dire per il lessico, che presenta elementi più o meno consistenti di novità, a seconda della natura delle opere e della volontà e della capacità, per così dire, « creativa » di questo o di quell’autore in ambito lessicale.

Trattandosi di testi letterari, i neologismi sia semasiologici che semantici presenti in questi testi sono per lo più di conio dotto. Quando non sono il frutto di traslitterazioni dal greco o dall’ebraico, essi sono assai spesso parole composte dalla giustapposizione di termini già esistenti nel latino letterario o create grazie all’uso di suffissi e prefissi nominali e verbali. Nei testi letterari possono trovare accoglienza anche termini e espressioni della lingua parlata, sentiti o come estranei al latino letterario o come non latini. Rispetto a questi volgarismi l’autore di un testo letterario prende, però, quasi sempre le distanze, introducendoli con il noto qui (o quod) vulgo dicitur oppure con espressioni sim ilil.

1 Cf. F. Biv il l e, « Qui vulgo diciîur... Formes “vulgaires” de la création lexicale en latin», in

Latin vulgaire - latin tardif IV, cur. L. Ca lleb a t, Hildesheim, 1995, p. 193-203, e M. Pa r is se, « Quod vulgo dicitur : la latinisation des noms communs dans les chartes », Médiévales 42 (2002) p. 45-52.

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14 ANTONIO DE PRISCO

In un breve ma denso saggio intitolato Des néologismes en latin médiéval : approche statistique et répartition linguistique, pubblicato una ventina di anni fa 2, Anne-Marie Bautier e Monique Duchet-Suchaux hanno, tra l’altro, ben illustrato i meccanismi della creazione lessicale nel latino medievale, soprat­ tutto quello letterario, con dovizia di esempi tratti dai fascicoli già allora editi (relativi ai lemmi L - Panis) del Novum Glossarium mediae latinitatis3. In questo stesso saggio le due studiose fanno notare altresì che «en ce qui concerne les néologismes fondés sur les anciens dialectes des péninsules ibérique et italique, c’est également le vocabulaire de la pratique, les chartes et les minutes notariales qui en apportent le plus grand nombre » e aggiungono, non senza un certo rammarico, che i « dépouillements, en regard de l’immen­ sité des sources de ces pays, se révèlent très lacunaires » (p. 59). Il che equivale a dire che, mentre le novità del latino letterario di area spagnola e italiana sono ben rappresentate e documentate nel Novum Glossarium grazie agli spogli sicu­ ramente più esaustivi e accurati dei testi letterari di queste due aree, lo stesso non si può dire dell’altra faccia del latino medievale, quello cioè documentario, delle medesime aree, nonostante esso sia, senza dubbio, assai più ricco di novità sia sul piano grafico che morfosintattico e lessicale.

Si tratta - converrà ricordarlo - del latino con cui, nel corso del medioevo, è stata redatta in tutta la vasta area della Romània una copiosa messe di docu­ menti, soprattutto privati. Per le sue caratteristiche grafiche, morfosintattiche e lessicali questo latino è stato per troppo tempo considerato come un cumulo di grossolani errori, frutto della più o meno crassa ignoranza grammaticale dei redattori dei documenti e, appunto perché considerato tale, esso è stato tenuto in scarsa considerazione dagli studiosi di latino medievale 4. Si è dovuto atten­ dere la seconda metà del secolo scorso perché il latino dei documenti privati fosse inquadrato in un’ottica nuova, sicuramente più scientifica e, pertanto, più convincente.

In Italia sono stati soprattutto gli studi di due filologi romanzi, Francesco Sabatini5 e d’Arco Silvio Avalle6, a dimostrare che il latino dei documenti, soprattutto privati, rappresenta il consapevole tentativo di dare vita ad un tipo di lingua scritta intermedia tra la lingua letteraria e quella parlata, al fine di agevolare al livello socioculturale più basso la comunicazione mediante l’atto scritto là dove esso era ancora necessario nei rapporti sociali. Questo nuovo tipo di lingua scritta, battezzata dal Sabatini con il nome di scripta latina rustica, appare soprattutto in alcune ben determinate parti dei documenti. Chi,

2 Cf. ALMA 44-45 (1985) p. 43-63.

3 Cf. Novum Glossarium mediae latinitatis ab anno DCCC usque ad annum MCC, Hafniae, poi Genève, 1957- ; sono stati finora pubblicati i fascicoli relativi alle lettere L, M, N, O, P (fino a

pingo).

4 Cf. A. D e P r is c o , Il latino tardoantico e altomedievale, Roma, 1991, p . 121-155.

5 Cf. F. Saba tin i, « Esigenze di realismo e dislocazione morfologica in testi preromanzi »,

RCCM1 (1965) p. 972-998, e « Dalla “scripta latina rustica” alle “scriptae” romanze », SM 9 (1968)

p. 320-358.

6 Cf. d’Ar c o Silvio Av a lle, Latino « circa romançum » e « rustica romana lingua », Padova,

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infatti, scorre gli atti notarili, redatti sia in area italiana che francese o spagnola, si accorge subito dello scarto linguistico esistente tra le cosiddette parti di formulario di queste carte (protocollo ed escatocollo) e le parti libere (sostanzialmente il dispositivo dell’atto, in cui si descrivono la natura, la consistenza ed i confini di un bene immobile venduto, donato o permutato, oppure si redige un inventario di arredi o di derrate, o anche si mettono a verbale dichiarazioni rese dai convenuti alla stipula di un atto). Mentre nelle parti di formulario l’estensore del documento cerca di mantenersi fedele alla lingua della tradizione scolastica, impegnando fino in fondo le sue conoscenze grammaticali (il più delle volte, peraltro, assai modeste) per evitare di defor­ mare formule di antica data impresse nella sua memoria, nelle parti libere dell’atto il redattore è preso dalla preoccupazione inversa, quella cioè di regi­ strare sul piano della scrittura quanto egli udiva dalla viva voce dei convenuti alla stipula dell’atto. Accade così che un’esigenza di realismo espressivo recu­ peri all’interno della scripta latina rustica non solo una gran massa di voca­ boli e forme del parlato relativi a oggetti e concetti della vita domestica, dei campi, del mercato propri dell’area di provenienza degli atti, ma anche, nel caso di messa a verbale di deposizioni rese da testimoni, recuperi strutture morfologiche e sintattiche nonché spiccati tratti fonetici della lingua parlata da chi queste testimonianze rendeva.

Sul piano pratico, un’operazione di questo tipo comportava la possibilità da parte di un illetterato, attore nella stipula di un atto, di comprendere pienamente espressioni di preciso impegno per lui o mediante la lettura diretta del disposi­ tivo dell’atto, qualora egli avesse comunque un minimo di istruzione, o tramite la lettura fattane da altri nel caso, più frequente, che egli fosse del tutto analfa­ beta. Autentica novità nel complesso panorama della fenomenologia dell’uso scritto del latino nel corso del medioevo, la scripta latina rustica riveste una particolare importanza per avere bene assolto al compito di agevolare le esigenze pratiche della comunicazione mediante l’atto scritto in un periodo di crescente divaricazione tra lingua letteraria e lingua parlata. È dalla graduale evoluzione di queste scritture mixtae di elementi attinti dalla lingua della tradi­ zione orale e da quella della tradizione scolastica che nasceranno, infatti, le scriptae romanze, grazie alla progressiva riduzione ed eliminazione degli elementi formali e inerti del latino letterario.

Buona prova di sé, tra la fine dell’vm e l’ultimo quarto dell’xi secolo, la scripta latina rustica ha dato anche nell’Italia meridionale. Lo dimostrano le migliaia di documenti conservati in archivi pubblici e privati, editi a tutt’oggi solo in parte, in raccolte più o meno ampie a carattere locale, regionale o trans­ regionale. Per citare solo alcune di queste raccolte, al primo tipo appartengono il Codex Diplomaticus Cajetanus7 e il Codex Diplomaticus Amalphitanus8, al

7 Edito dai monaci di Montecassino tra il 1887 e il 1960, raccoglie in 3 volumi i documenti redatti nel piccolo Ducato di Gaeta tra il 787 e il 1399.

8 Edito da R. Fil a n g ie r i, raccoglie in due volumi (Napoli, 1917 e 1951) i documenti amalfitani redatti tra il 907 e il 1332.

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16 ANTONIO DE PRISCO

secondo appartiene il Codex Diplomaticus Barensis 9, al terzo il Codex Diplo- maticus Cavensis10 [= CDC].

È su quest’ultimo corpus che vorrei brevemente soffermarmi. Esso contiene l’edizione di 1669 documenti, prevalentemente privati, redatti tra il 792 e il 1080, provenienti da tutte le attuali regioni dell’Italia meridionale. Fanno parte questi documenti del cospicuo fondo pergamenaceo dell’Archivio della badia della SS. Trinità di Cava dei Tirrenin , ricco di circa 15.000 pergamene latine (di cui 2.047 risalgono ai secoli vm-xi), un fondo costituitosi in virtù anche delle moltissime donazioni di beni immobili (tra cui numerose chiese e mona­ steri 12), sparsi per l’Italia meridionale, che prìncipi, vescovi e privati fecero alla badia di Cava già nel corso dell’xi secolo13.

Se ho speso qualche parola in più sulla natura e la consistenza quantitativa del CDC, è perché, proprio per la sua la natura di corpus transregionale, esso meglio di altre raccolte ci consente di intravedere, come attraverso un velo, la complessa situazione linguistica dell’Italia meridionale quale si era venuta a determinare, nel suo insieme, nell’arco di tempo che va dalla fine dell’vni all’ultimo quarto dell’xi secolo14 ; inoltre, data la gran quantità di documenti in esso editi, meglio di altre raccolte il CDC ci informa sulle numerose novità grafiche, morfosintattiche e lessicali intervenute, per interferenza della lingua parlata, nel latino scritto dell’area di provenienza dei documenti (soprattutto l’attuale Campania, ma anche la Puglia e, in misura minore, la Basilicata e la Calabria). Molte di queste novità, benché già segnalate da Vincenzo De Bartho- lomaeis15 e da Alessandro Sepulcri16 per i primi otto volumi del CDC e da chi

9 Pubblicato a Bari a partire dal 1897, contiene l ’edizione dei fondi documentari medievali conservati negli archivi delle maggiori e minori città della Puglia. Giunto nel 1975 al suo X X volume, ha mutato il titolo in Codice Diplomatico Pugliese. Il documento più antico di questa raccolta risale all’anno 897.

10 D ei 10 volumi a tutt’oggi pubblicati, i primi 8 sono stati editi da M. Morcaldi - M. Schiami

- S. De Stefano (Napoli-Milano-Pisa, 1873-1893) e gli ultimi 2 da S. Leone - G. Vitolo (Cava dei Tirreni, 1984 e 1990).

11 Per un’accurata descrizione di quest’archivio si veda G. V ito lo , « L’archivio della badia della SS. Trinità di Cava», in Minima cavensia. Studi in margine al IX volume del « Codex Diplomaticus Cavensis », cur. S. Leone - G. V ito lo , Salerno, 1983, p. 191-200.

12 Secondo l ’uso del tempo, all’atto della donazione di un bene im mobile si donavano anche tutti i documenti relativi a quel bene, documenti particolarmente numerosi in caso di donazione di chiese o monasteri, che possedevano, a loro volta, la documentazione relativa ai propri beni im m o­ bili (atti di donazioni, compravendite, permute, concessioni).

13 Segno questo, peraltro, del grande prestigio religioso di cui questa comunità monastica godette già pochi anni dopo la sua fondazione, avvenuta ad opera di sant’Alferio intorno al 1020 (cf. S. Leone, « La data di fondazione della badia di Cava», in Minima cavensia, op. cit., p. 45-59).

14 Si veda a tal proposito A.Varvaro, «Appunti sulla situazione linguistica d ell’Italia meridio­ nale nel sec. xi (in margine ai voll. IX e X del Codice cávense) », in Scrittura e produzione docu­ mentaria nel Mezzogiorno longobardo, cur. G. Vitolo - F. Mottola, Cava dei Tirreni, 1991, p. 41-54.

15 Cf. V. De Bartholomaeis, « Contributo alla conoscenza d e’ dialetti dell’Italia meridionale n e’ secoli anteriori al xm. 1. Spoglio del “Codex Diplomaticus Cavensis” », AGI 15 (1899-1901) p. 247-274 e p. 327-362.

16 Cf. A. Sepulcri, « Nuovi rilievi sul “Codex Diplomaticus Cavensis” », SM 2 (1906-1907) p. 417-445.

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scrive per gli ultimi due volumi17, non sono registrate nei lessici generali attual­ mente disponibili della latinità medievale, sia quelli completi18 sia quelli ancora in fie r i19 ; ma non lo sono neppure nel lessico della latinità medievale italiana, il Latinitatis Italicae Medii Aevi Lexicon20 [= LIMAEL], che, per i suoi limiti cronologici (476-1022), registra solo alcune delle novità linguistiche presenti nei primi quattro volumi del CDC, quelli che contengono i documenti redatti tra il 792 e il 1018.

Per dare un’idea, solo un’idea, del gran numero di neologismi (per lo più semantici, ma anche semasiologici o semplicemente grafici) presenti nel CDC e non ancora attestati nei lessici mediolatini, riporto qui di seguito, in ordine alfabetico, alcuni di questi neologismi inizianti per «a, b, c» e per « 1 », le lettere sui cui lemmi siamo meglio informati, grazie al Mittellateinisches Wörterbuch [= MW] per « a, b, c » e al Novum Glossarium [= NG] per la « 1 » : abscentare, africains, africactianus, anastasimon, appiczare, arcuscellus, assuma; baccia, bersaturia, bittulum, bocchale, bolumbra, bommer, botana, bucticina ; calzare, calzari, cammarella, capessuni, catanicticon, catoius, cercetum, cercla, cerza, concolina, costineus, crucicla, cupa, cupus ; lenola, licina, liciniano, lingnizza, lumbone.

Alcuni di questi vocaboli sono da considerarsi dei semplici neologismi, per così dire, grafici o morfologici, presentando essi o nuove grafie o mutamenti di genere o di declinazione di vocaboli già attestati. È questo il caso di :

- abscentare, variante grafica di absentare 21 ; nel significato di « nascondere » ricorre più volte nella formula celare et abscentare (che fa da pendant all’altra formula osten-

dere et monstrare) a proposito di documenti comprovanti la proprietà di un bene :

vol. IX, p. 119 (Salerno, a. 1067) dicens ei ut ipse Constantinus et Purpura genetrix eius

habuissent et haberent munimina ipsius ecclesiae pertinentia que per eos fuissent celata et abscentata.

17 Cf. A. De Pr is c o, «Lexicon», in Codex Diplomaticus Cavensis IX, a cura di S. Leone -

G. Vit o l o, Cava dei Tirreni, 1984, p. 447-502 e in Codex Diplomaticus Cavensis X, a cura di S. Le o n e - G. Vit o l o, Cava dei Tirreni, 1990, p. 351-392.

18 Mi riferisco ai dizionari di C. Du Ca n g e, Glossarium mediae et infimae latinitatis, Niort,

1883-1887 [= DUC], di J. F. Nie r m e y e r, Mediae latinitatis lexicon minus, Leiden, 1954-1976, e di

A. Bl a is e, Lexicon latinitatis medii aevi, praesertim ad res ecclesiasticas investigandas pertinens,

Tumhout, 1975.

19 Come il già citato (vedi nota 3) Novum Glossarium mediae latinitatis e il Mittellateinisches

Wörterbuch bis zum ausgehenden 13. Jahrhundert, München, 1967-, di cui sono stati finora pubbli­

cati i fascicoli relativi alle lettere A, B, C, D, E (fino a efficientia).

20 Cf. F. Ar n a l d i - P. Sm ir a g l ia, Latinitatis Italicae Medii Aevi Lexicon (saec. v ex. - saec. xi in.). Editio altera, Firenze, 2001. Questa seconda edizione contiene il lessico base più la prima serie

di Addenda. E in corso una seconda serie di Addenda, di cui sono stati pubblicati i primi due fasci­ coli in ALMA 60 (2002) p. 20-76 (a-byzanzius) e 61 (2003) p. 7-63 (caballarius-covix).

21 Absentare si legge in vol. X, p.144 (Napoli, a. 1074) tibi... supradicte chartule que aput nos

exinde habemus... ostendere et monstrare debeamus ad relegendum et... illa abscondere et absen­ tare non debeamus per nullum modum.

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18 ANTONIO DE PRISCO

- assunia, variante grafica di axungia \ ricorre nell’usuale significato di «sugna,

grasso di maiale usato in cucina » : voi. VII, p. 52 (Salerno, a. 1047) ego dedi modo eorum adiutorium pro conciandum ipsum molinum quadraginta auri tárenos et modium

unum de grano et medium modiolum de fa b e et medium assunia et due salme de vinum

et unum pecoru et fuste de ferrum et una securiccla et anella tres.

- taccia, variante grafica di vacca ; nel significato di « vacca, mucca » ricorre più volte in uno stesso documento : voi. VII, p. 67 (Nocera, a. 1047) declaro ego Concilio presbìter quia modo abeo unum parium de baccie, ut amodo a presentís sint a d vestra pote state, una genka abente pilo rubio ... et de ipsa alia taccia, que remanserit et filiis que fecerit, cum illa lavorare usque in diebus vite mee.

- bocchale, variante grafica di buccale, attestato in DUC, ricorre anche con la grafìa

voccale nel significato di « imboccatura del canale del mulino : vol. V, p. 133 (Vietri sul

Mare, a. 1027) molinum conciatum et hedificatum cum mole nobe et cum omni ordine et pertinentia sua et cum bocchale et canale et cum husibus aquarum ; vol. VI, p. 5 (Salerno, a. 1034) si infra ipso constitutum necessum ibi fu erit mole, seu canale, vel

voccale ad ipsum molinum, nos ... dedimus ei unum aureum tari pro adiutorium.

- bommer, variante grafica di vom er, presenta l’aggeminazione della «m » tipica del dialetto napoletano ; ricorre nel significato di « vomere » anche nella forma bommiri : vol. II, p.236 (Salerno, a. 986) scepto mannarie et bommiri e t zappe ; vol. Vili, p. 210 (Cava, a. 1063) zappas quinqué, bommeres duo, potatarias quattuor, fa lces sex, serram unam.

- calzare, variante grafica di calceare ; ricorre nel significato di « calzare, fornire di calzature » : vol. V, p. 201 (Amalfi, a. 1031) vos ilium nutricare et vestire et calzare

debeatis iusta ratione et secundum vestram possivilitatem .

- calzari, altra forma di calcearium, attestato in LIMAEL con il significato di « calzari, scarpe » : vol. V, p. 142 (Salerno, a. 1028) iudico, ut dentur ipse tres filii mei vel eorum eredes ad ipsa filia mea, qui est infirma, si non m aritaberit . . . d e tertio in tertio annum dua p ari de calzari.

- cammarella, diminutivo di camara, attestato in MW con la grafia camarella (senza l’aggeminazione della « m ») e con il significato di « cameretta, stanzetta » : vol. V, p. 211 (Salerno, a. 1031) tradidit ipso puteum ... et de super facian t cammarella.

- catoius, dal greco Kaiouôaîoç, è variante grafica di catodeus attestato in LIMAEL ; ricorre più volte nello stesso documento con il significato di « piccolo locale a piano terra » : vol. V, p. 208 (Capaccio, a. 1031) donabimus (scil. casam) cum introitu et exitu et vice de via sua ... ingrediendum et regrediendum a super in ipso solario quam et in ipso catoiu cum omnia vestra utilitate p e r ipsa regia de ipso catoiu, quod commune abuimus cum predictus Petrus clericus et tale vicem inde abeatis p e r ipsa regia de ipso

catoium vos iamdicto Remediu et Beraldu ingrediendum et regrediendum.

- cercetum, variante grafica di quercetum \ ricorre nel significato di « bosco di querce, querceto » : voi. Vili, p. 281 (Nocera, a. 1064) clarificaberunt se ipse m ater et filii abere... peciam cum insitetum et castanietum et cercetum.

- cercla, variante grafica di circla, attestato in LIMAEL (s.v. circulus) ; ricorre anche con la grafia cercha nel significato di « cerchi da botte » : vol. IV, p. 68 (Angri, a. 1006)

demus ego et meis eredibus annualiter p e r vindemie ad p a rs ipsius archiepiscopii ad conciandum ipse bucti dua cercla bona, ud sufficiant a d ipse bucti ad conciandum ;

vol. V, p. 44 (Nocera, a. 1021) p e r annum, quando meruerit, p a rs ipsius archiepiscopii adiubemus ibidem ad conciandum organea da binum ipsius archiepiscopii, et pro

(7)

- cerza, variante grafica di quertia, attestato in LIMAEL ; ricorre con il significato di « quercia » : vol. VI, p. 56 (Mercato San Severino, a. 1036) tradidit nobis ... una clusuria

de terra cum arbustu et aliquante cerze.

- crucicla, variante grafica di crucicula, attestato in LIMAEL ; ricorre con il signifi­ cato di «piccola croce, crocetta » in un inventario di arredo sacro : vol. Vili, p. 38 (Salerno, a. 1058) cruciclas argénteas tres, unam ex eis cum catenulis argentéis, cruci-

cías ereas tres, cruces argénteas quattuor, duas ex eis cum gemmis, cruces ligneas tres auro depictas.

- licina, derivato da (quercus) ilicina, « leccio », con l’aferesi della « i », ricorre con lo stesso significato in due documenti dello stesso anno, della stessa area e vergati dallo stesso notaio: vol. Vili, 164 (Salerno, a. 1061) de subtus inde retraversando (scil. fine)

angulum in da occidente usque in piczu de ipso primo monte ubi erat licina in capite ;

vol. Vili, p. 174 (Salerno, a. 1061) potestatem habeant ...de predicto loco apsidere per

omnem annum palos quantum sufflciad in ipsa vinea, scepto palos de quertie maiori et licine que ibi sunt. È attestato anche come toponimo : vol. X, p. 150 (Salerno, a. 1075) a parte septemtrionis est finis medio vallone quod de la Licina dicitur22.

- lingnizza, variante grafica di lingnitius, attestato in LIMAEL (s.v. lignicius)\ ricorre con il significato di « ligneo, di legno » : voi. VII, p. 35 (Nocera, a. 1047) dona-

vimus ... inclita una pecia de terra cum casa lingnizza.

Sono da considerarsi veri e propri neologismi tutti gli altri vocaboli dell’elenco su riportato. Alcuni di essi sono coniati da parole latine mediante suffissi. È questo il caso di :

- africatus e africactianus 23, che compare nei nostri documenti, accanto ad afri-

canus, in un elenco di arredo liturgico : vol. VI, p. 225 (Salerno, a. 1043) cortine due, planete due... panni serici africati, zani dui da coperire altare ; voi. vili, p. 38 (Salerno,

a. 1058) sindonem unam ad acum, sindones africactiana séricas quinqué, sindonem de

zendato auro textam.

- arcuscellus, diminutivo di arcus, con il significato di « arco di piccola apertura,

archetto » ricorre due volte nello stesso documento : vol. Vili, p. 192 (Salerno, a. 1062)

super arcuscellum voltum super ipsas scalas... pariete fabricato, qui super ipsum arcu- scellum fabricatum est.

- bittulum, forse da vitta, ricorre nello stesso documento, nella descrizione di un

corredo femminile, anche con la grafia vittulo ; si tratta probabilmente di una « fascia o nastro per capelli » 24 : vol. II, p. 96 (Salerno, a. 976) causa que fuit ipsius uxori mee,

idest unum camisulatum feminile et unum faciolum et unum bittulum et una flectola... camisu et faciolum et vittulo et flectola.

- bucticina, diminutivo da buctis, ricorre con il significato di « piccola botte, botti­

cella » : Vili, p. 209 (Salerno, a. 1063) buctes maiores tres et minores septem, bucticina

quattuor, tinellas decem.

22 Da licina deriva inoltre il toponimo Liciniano, che designa, forse proprio per la presenza di un lecceto, una località fuori Salerno : vol. II, p. 222 (Salerno, a. 985) clarefacio abere rebus intus

anc salernitanam civitatem et foras locis ubi dicitur liciniano et sepi et trivi.

23 È presente anche con la grafia africazzanus (voi. VII, p. 112, Salerno, a. 1049 panni serici

africazzani tres de altare), africaczanus (vol. IX, p. 5, Salerno, a. 1065 sindones africaczanas séricas quinqué) e afreaczanus (vol. Vili, p. 66, Amalfi, a. 1058 sindones quinqué de serico afreaczanó).

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20 ANTONIO DE PRISCO

- concolina, diminutivo di conca, ricorre in un elenco di suppellettile sacra con il significato di « concolina, bacinella» : vol. Vili, p. 54 (Salerno, a. 1057) in ipsa ecclesia offeruimus ... sindones sex et panno serico, calice unum de argentu, manule serico unum, concolina una, recentario uno, sicclitellum.

- costineus, da costa («fianco, lato»), ricorre con il significato di « attiguo » :

vol. Vili, p. 75 (Capua, a. 1058) unu capite tenet (scil. finis) in terra que est costìnea de

puteum que ibi fodila esse videtur.

- lenola, diminutivo di laena, ha il significato di « piccola coperta, copertina

per il letto » : voi. VII, p. 61 (Salerno, a. 1047) volo u t ... siad benumdatum unum pan- num meum, quod habeo de brachia triginta et una colcetra et una lenola, et pretium, quod inde fuerit tultum ... siat datum pro meis salutis hanime p e r pauperes et sacer­ dotes.

- lumbone, accrescitivo di lumbus, ricorre più volte con il significato di « dorso di

monte » : vol. VI, p. 18 (Cilento, a. 1034) traversante (sci\. fine) ipso ballotte et lumbone

qui hibi est ; vol. IX, p. 269 (Salerno, a. 1070) qualiter ascendit (scil. finis) p e r medium

lumbone et p e r eum mensurad passus triginta septem.

Alcuni neologismi sono, invece, il frutto di traslitterazioni di vocaboli greci. È questo il caso di :

- anastasimon, ricorre nell’espressione biblion anastasimon (traslitterazione di ßißXiov ávaaxáaipov) nella descrizione di un elenco di libri liturgici in dotazione ad una chiesa di rito greco di Vietri sul Mare, con il significato di « libro contenente il canone per la celebrazione della Pasqua » 25 : vol. Vili, p. 38 (Salerno, a. 1058) spalte-

rium unum, biblion panigiricon unum, catanicticon et anastasimon duos, tetra angelum

unum. 26

- botana, dal greco ßoTdvrj (« erba »), ricorre più volte, una delle quali con la grafia

butane, nel lungo elenco delle sindones (tovaglie ad uso liturgico) in dotazione alla già

citata chiesa di rito greco di Vietri sul Mare, con il significato di « steli o racemi di gramigna », usati come motivo decorativo : vol. Vili, p. 38 (Salerno, a. 1058) sindonem sericam inbestutam et alias duas sindones séricas et aliam sindonem seriaticam a d inta-

liatum et duas sindones de sparamagna cum botanis de panno, sindonem unam a d acu,

sindones africaczanas séricas quinqué, sindonem de zendato auro textam, sindonem de zendato cum botana ; vol. Vili, p. 66 (Amalfi, a. 1058) unam sindonem de siriceo inbe­ stutam et alias duas sindones siriaticas et aliam sindonem siriaticam in intallatum, et

duas sindones de sparamango cum butane de pannu et sindonem unam adaco et

sindones quinqué de serico afreaczano et aliam sindonem de zendato auro textam et

aliam sindonem de zendato cum botana.

- catanicticon, ricorre nell’espressione biblion catanicticon (traslitterazione di ßißXiov KaiavuKTtKÓv) nella descrizione dell’elenco dei libri liturgici in dotazione alla chiesa di rito greco di Vietri sul Mare, con il significato di « libro contenente un canone penitenziale » 27 : vol. Vili, p. 38 (Salerno, a. 1058) spalterium unum, biblion p an igi­

ricon unum, catanicticon et anastasimon duos, tetra angelum unum.

25 Cf. L. Cl u g n et, Dictionnaire grec-français des noms liturgiques en usage dans l ’Église grecque, Paris, 1985, s.v. àvacruâaipoç.

26 Questo elenco è riportato anche in altri due documenti : vol. Vili, p. 67 (Amalfi, a. 1058) e vol. IX, p. 5 (Salerno, a. 1065).

(9)

Di origine non latina sono, inoltre, neologismi quali :

- appiczare, interpretato dagli editori (adn. ad loc.) nel senso di «conterm inare»,

ricorre in una descrizione di beni immobili ed è detto di un luogo che confina con un altro. Si tratta certamente di un termine della lingua parlata, presente in varie forme nei dialetti dell’Italia meridionale e sopravvissuto nell’italiano « appizzare » con il significato di « conficcare, conficcarsi ; attaccare, attaccarsi » 28. Il redattore del docu­ mento ha voluto come precisare il significato di questo verbo, accostandolo, in iunctura,

al verbo coniungere (che qui ha valore riflessivo): vol. V, p. 53 (Salerno, a. 1022)

una (scil. p ecia) cum arbustum vitatum et pom is et pergola de binea coniuncta de una parte a d ipso flubio Forino et sicut salit ab ipso flubio et appiczad et coniungit in via publica.

- bolumbra, designa una qualità di qualità fico29 e ricorre anche con la grafia

columbri. La diversa grafia potrebbe essere la spia della diversa pronuncia del termine

nelle due diverse aree di provenienza dei documenti : vol. Vili, p. 174 (Salerno, a. 1061)

in ipsa terra vacua ... pastenent ficus, pera, bolumbra, cerasa, seu aliis arboribus fru- ctiferis ; vol. V, p. 55 (Avellino, a. 1022) ficu autem da seccare seckemus p er omnis annum, et m edietatem secke in p a rs ipsius ecclesie illut demus intus anc civitatem : simi­ liter et columbri et pruna, sive damascina que ibi fuerit, ipsa medietate intus anc civi­ tatem in pars ipsius ecclesie demus.

- bersaturia, ricorre con varie grafie in un contesto, riportato da più documenti, che

allude alla caccia. Vicino a bersare, bersatio, bersator, tutti registrati nel MW30, potrebbe designare il luogo in cui si svolgeva il tipo di caccia denominato bersatio :

vol. IX, p. 71 (Salerno, a. 1066) terris cum vineis et castanetis et quertietis et silbis et plagariis et fondis (pro flondis) et bersaturiis suis in montibus quam in planis ; vol. IX, p. 113 (Salerno, a. 1067) clarificavit sibi pertinere vicem in bersatoriis et flondis quod sunt in eodem loco in plaio ipsius m ontis\ vol. IX, p. 274 (Salerno, a. 1067) habere res ... quae erant terrae cum vineis et castanetis et quercetis et silvae et plagariae et flondae

et versaturiae suae in montibus et planis.

Un caso a sé è costituito da capessuni, vocabolo dal significato incerto. Per il De Bartholomaeis potrebbe trattarsi di una «specie di cavallo»31. Il termine ricorre in un elenco di animali facenti parte dei beni di una chiesa di Capaccio: voi. VII, p. 198 (Salerno, a. 1053) backe due cu m filii dui, dua paria de vovi cum omnia illorum para- turia, asini quattuor, iomenta unam... capre undecim, edos septem, capessuni tres, obes tres, peculiu unum, et de porci scurie due et porca scuri tres. Poiché gli animali sembrano censiti per famiglia di appartenza (bovini, equini, ovini e suini) verrebbe di pensare più ad un ovino che ad un equino. Potrebbe anche trattarsi di un errore di lettura o di stampa per caperruni, termine che nel dialetto napoletano ha il significato di « caproni » 32

28 Cf. S. Ba t t a g l ia, Grande dizionario della lingua italiana, Torino, 1961-2002, s.v. appizzare

(dove questa voce è ritenuta variante meridionale di appicciare, di etimo incerto) e M. Co r tellazzo

- P. Zo l l i, Dizionario etimologico della lingua italiana, Bologna, 1979-1988, s.v. appiccare.

29 Per il D e B a r t h o l o m a e i s (art. cit., p. 333) si tratterebbe del « fico volumbrella ».

30 II MW attribuisce a bersare il significato di « venari telis in silvis », a bersatio di « venatio

telis in silvis exercita », a bersator di « venator venationem telis in silvis exercens ».

31 Cf. V. D e B a r t h o l o m a e i s , art. cit., p. 335.

32 Cf. E. Rocco, Vocabolario del dialetto napoletano, Napoli, 1891, s.v. caparrone, dove sono registrate anche le varianti caperrone e caparrune.

(10)

22 ANTONIO DE PRISCO

Neologismi semasiologici sono da considerarsi, infine, alcuni vocaboli che ricorrono in un’accezione non attestata. È questo il caso di :

- cupa, con significato di « grotta » o « gola di monte » 33 : vol. IX, p. 367 (Taranto, a. 1072) descendens (sdì. finis) ... usque a d ipsa cupa que Lauritus dicitur.

- cupus, con il significato di « oscuro, chiuso » 34 ; ricorre nell’espressione fenestras cupas facere, cioè « rendere cieche le finestre »35 : vol. V, p. 58 (Salerno, a. 1022) omni tempore parietem ipsum commune abeamus, et p e r partes capora de trabes et de lingua in ipso parietem mittamus, et abeamus iusta ratione nos a parte nostra quod est a p a rs occidentis, et ille a parte sua quod est ab oriente, et in illa et in illa partes facian t in

ipso pariete fenestras cupas iusta ratione, sicut meruerit, aliam foram en in ipso

parietem p e r partes non faciamus, unde una p a rs ad alia aspicere possant.

Antonio De Prisco

Università di Verona

33 Con questi significati il termine ricorre frequentemente nella toponomastica dell’Italia centro-meridionale : cf. C. Battisti- G. Al e s s io, Dizionario etimologico italiano, Firenze, 1950-

1957, s.v. cupa e cupus.

34 II termine è attestato dal MW, ma con l’accezione di «profundus, amplus, spatiosus » e di « abditus, latens». Sia S. Battaglia, op. cit., che C. Ba t t ist i- G. Al e s s io, op. cit., s.v. cupo, lo

fanno derivare da cupa.

35 L’espressione è così spiegata dagli editori (adn. ad loc.) : « idest fenestras tegmine ita adum-

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