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1 L’italiano in Svizzera

1.3 L’italiano parlato nella Svizzera italiana

1.3.1 L’italiano regionale ticinese (e del Moesano)

Come rilevato da Lurati (1976), negli anni ’70 l’italiano regionale ticinese (IRT) era caratterizzato dalla presenza di dialettismi, dalla grande frequenza di termini regionali, dalla tendenza all’ipercorrettismo e all’aulicità, dal conservatorismo e dall’influsso del francese e del tedesco11. Alcune delle caratteristiche appena elencate sono ancora riscontrabili oggi.

Dalla fine degli anni ’90, nella regione (in particolare nelle sue aree urbane) si parla però più                                                                                                                

10 Questa percezione mi è stata riferita da diverse persone provenienti dal Grigioni italiano. In merito al senso di identità dei valposchiavini (ma il discorso è verosimilmente valido anche per chi è nato nelle altre valli del Grigioni italiano) rispetto al resto del Paese, del Cantone, ma anche del canton Ticino, l’antropologa poschiavina Michela Nussio scrive ad esempio (http.www.questionidiidentita.blogspot.ch):

Esiste un senso d’appartenenza al Cantone dei Grigioni e alla Svizzera sempre però in termini di minoranza. […] La consapevolezza […] di appartenere a una minoranza nella minoranza rende ancora più forte il senso d’identità valposchiavina.

Esiste anche un senso d’appartenenza alla Svizzera italiana; la maggior parte, però, non riesce ad identificarsi nei ticinesi, i quali sono visti come diversi. Questo fatto è dovuto alla lontananza geografica dei due cantoni. Esistono anche altri fattori, di ordine soprattutto politico. Il Ticino è un altro cantone, ha quindi la propria autonomia e molte leggi proprie, si differenzia perciò molto da ciò a cui i valposchiavini, in quanto grigionesi, sono abituati. Il Canton Ticino, inoltre, per la sua forza politica ed economica superiore rispetto a quella delle valli grigionitaliane, è sentito come una maggioranza. Emerge di conseguenza il sentimento di inferiorità, dovuto soprattutto al poco coinvolgimento delle quattro valli nelle decisioni prese all’interno della Svizzera italiana.

11 Lurati (1976) sottolineava come tali elementi si presentassero con maggiore o minore frequenza a seconda dell’età, della classe sociale, del grado di dialettofonia, del sesso, dell’interlocutore, dell’argomento e del registro scritto o orale (Taddei Gheiler 2004:37).

italiano che dialetto, tendenza che con gli anni non ha fatto che accentuarsi: l’IRT si è così in parte de-regionalizzato (Taddei Gheiler 2004:37; 72).

Nella descrizione dei tratti che caratterizzano l’IRT ho volutamente tralasciato l’aspetto fonologico. Gran parte delle peculiarità considerate tipiche dell’IRT in tale ambito (e che erano state individuate da Bianconi e Berruto nel 1980) stanno infatti oggi scomparendo (Taddei Gheiler 2004:64).

Per quanto riguarda la morfosintassi, nei tratti comuni all’IRT e all’italiano settentrionale (tratti definiti ‘a diffusione pan-settentrionale’), Berruto aveva rilevato un uso poco frequente del passato remoto, l’uso sistematico degli articoli davanti ai nomi di persona, l’uso di perifrasi aspettuali quali “non stare (lì) a mandarmi” o “gli operai sono dietro a demolire il muro” (tratti che riprendono chiaramente costrutti dialettali). Per quanto concerne invece i tratti peculiari all’IRT, il linguista aveva ad esempio riscontrato l’uso di forme deittiche all’interno del gruppo nominale o come rafforzative del verbo (quella professione lì, quel libro qui, questi giovani qua, scritto su, far su, sporcar giù), che anche in questo caso sembrano ricalcare strutture dialettali, e l’uso di intercalari tipici del parlato, sia di origine italiana (come così, ecco, cioè, ecc.) che propri dell’italiano ticinese (bon, beh, inzoma, nèh) (Taddei Gheiler 2004:38-40).

È soprattutto sotto il profilo del lessico che emergono importanti differenze tra l’IRT e gli italiani regionali d’Italia. Tra le categorie individuate da Berruto12 (sulla base dei lavori di Lurati13, Bianconi14 e del Seminario di Friborgo) vi è ad esempio quella dei forestierismi, contenente numerosissimi prestiti e calchi dal tedesco e dal francese come, ad esempio, azione (offerta), comanda (ordinazione), riservazione (prenotazione) e reclamazione (reclamo). Vi è poi la grande categoria dei prestiti e dei calchi dal dialetto, altro serbatoio linguistico al quale l’IRT ha attinto numerosi lessemi negli anni, che comprende parole come calla neve (spazzaneve), palta (fango), ronco (area di terreno coltivato) e crescere (essere di troppo). Berruto ha quindi definito come ‘ticinesismi veri e propri’ i termini che non sono riconducibili né ad altre lingue né al dialetto e che nell’italiano d’Italia sono poco usati oppure vengono impiegati con un significato diverso, come ad esempio vuotatura (ritiro della posta)                                                                                                                

12 Si veda Berruto Gaetano (1980), Alcune considerazioni sull’italiano regionale ticinese in: Monica Beretta (a cura di), Lezioni ai corsi di aggiornamento di italiano, Bellinzona, Dip. della pubblica educazione, Uff.

dell’insegnamento medio.

13 Si veda Lurati Ottavio (1976), Dialetto e italiano regionale nella Svizzera italiana, cit. in Taddei Gheiler Franca (2004), L’italiano in Ticino. Dalla ‘questione della lingua’ alla linguistica ticinese: un secolo di dibattiti, in Moretti Bruno (a cura di) La terza lingua, Locarno, Armando Dadò pp. 37; 40-43

14 Si veda Bianconi Sandro (1980), Lingua matrigna: italiano e dialetto nella Svizzera italiana. Bologna: Il Mulino.

e vallerano (valligiano, abitante delle valli). Il linguista ha poi individuato una quarta categoria, quella dei settorialismi, nella quale rientrano molti dei termini che caratterizzano l’IRT (ma anche l’italiano amministrativo utilizzato in Svizzera), come ad esempio dipartimento (unità organizzativa per certi versi paragonabile ai ministeri italiani), istanza15 (grado di giudizio), cassa malati (assicurazione svizzera di previdenza sanitaria), nota (voto), esperimento (compito in classe), libretto (pagella) e classatore o classeur (raccoglitore). La quinta categoria consiste nei termini che derivano dal cosiddetto ‘italiano federale’ o ‘italiano elvetico’, quindi utilizzati in atti ufficiali o testi di altro tipo a diffusione nazionale, che sono stati generalmente creati per quelle che Taddei Gheiler (2004:42) definisce “questioni di omogeneità linguistica”. In questi casi il termine in italiano è in genere una traduzione di termini in uso in tedesco o in francese e insieme le tre versioni costituiscono le cosiddette

‘triplette pan-elvetiche’ tipiche dell’‘italiano federale’. Vi sono ad esempio buraliste (postale) / Bürolist / buralista (postale), termini usati per designare un impiegato postale che sta allo sportello; auto postale / Postauto | auto postale; e Postleitzahl | numéro postal d’acheminement / numero di avviamento postale. La sesta categoria comprende i particolarismi, ossia i termini che designano realtà che esistono solo nella cultura ticinese (e, mi permetterei di aggiungere, generalmente anche nella cultura del Grigioni italiano), e che sono di conseguenza poco o per nulla conosciuti o usati nell’italiano d’Italia, come ad esempio patriziato, attinenza, grotto e pattugliatori (per indicare i ragazzi che dirigono il traffico all’uscita della scuola). Vi sono poi i ‘ticinesismi semantici’, ovvero i termini usati anche in Italia ma che in Ticino (o nella Svizzera italiana più in generale) hanno un significato diverso, come ad esempio postulato, messaggio (proposta, istanza, comunicazione ufficiale), sorpasso (eccedenza) e prospetto (pieghevole illustrativo pubblicitario). Vi è inoltre la categoria dei gergalismi e paragergalismi, tipici soprattutto del linguaggio degli studenti o dei giovani in generale, come sfracca (mucchio), cito (zitto) e far su (imbrogliare), spesso derivanti dal dialetto. Infine vi è la categoria della fraseologia e delle locuzioni particolari, che comprende espressioni quali “a sbalzo” (a casaccio), “di sfroso” (termine dialettale per contrabbando), “essere/andare in sonnambula” e “a dipendenza di” (a causa di, in relazione a) (Taddei Gheiler 2004:40-43).

L’italiano regionale ticinese e del Moesano presenta dunque in generale tratti di origine dialettale, anche se più ridotti rispetto al passato, calchi e prestiti dal tedesco e dal francese e                                                                                                                

15 Quando in Italia si parla di giudizio di primo e di secondo grado, in Svizzera si parla invece di prima e di seconda istanza. Quando in Italia si parla di terzo grado (giudizio che spetta alla Corte di Cassazione) in Svizzera si parla di terza oppure di ultima istanza (e il giudizio spetta al Tribunale federale).

infine termini che o perché designano realtà proprie alla Svizzera, o per altri motivi, non esistono (o non hanno lo stesso significato) in Italia. Pure nelle varietà di italiano del Grigioni italiano si riscontrano tali caratteristiche, e spesso in misura maggiore, come si vedrà qui di seguito.